venerdì 4 ottobre 2013

AFORISMI: "Mens discendo alitur".





AFORISMI:


E ricordatevi che 
(come dicono gli ingegneri di Tor Vergata) 


"MENS DISCENDO ALITUR"...

APPALTI: i "servizi legali" di cui all'Allegato II B n. 21 del D.Lgs. n. 163/06 sono sottoposti alla sola "evidenza minore" quando il contratto di prestazione d'opera intellettuale non s'inserisce all'interno di una più vasta attività d'assistenza legale alla P.A. (Cons. St., Sez. V, sentenza 11 maggio 2012 n. 2730).


APPALTI: 
i "servizi legali" 
di cui all'Allegato II B n. 21 del D.Lgs. n. 163/06 
sono sottoposti alla sola "evidenza minore" 
quando il contratto di prestazione d'opera intellettuale non s'inserisce all'interno 
di una più vasta attività d'assistenza legale alla P.A. (Cons. St., Sez. V, sentenza 11 maggio 2012 n. 2730). 



Il linguaggio e l'argomentare rivelano che la penna che ha scritto questa sentenza è di Caringella.
Come mi diceva un collega, è stata tuttavia una "rondine in cielo che non ha fatto primavera"


Massima

1.  La riconduzione dell’atto di conferimento del singolo incarico legale nella categoria dei “servizi legali” di cui all’allegato II B, n. 21, al codice dei contratti pubblici, è erronea, come il consequenziale precipitato dell’applicazione a tale fattispecie, ai sensi dell’articolo 20, delle norme di cui agli articoli 65, 68 e 225 del medesimo codice e dei principi valevoli per i contratti esclusi ai sensi dell’articolo 27.
L’assimilazione  non tene nel debito conto la differenza ontologica che connota l’espletamento del singolo incarico di patrocinio legale, occasionato da puntuali esigenze di difesa dell’ente locale, rispetto all’attività di assistenza e consulenza giuridica, caratterizzata dalla sussistenza di una specifica organizzazione, dalla complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata. 
Tali elementi di differenziazione consentono, infatti, di concludere che, diversamente dall’incarico di consulenza e di assistenza a contenuto complesso, inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulla base dei bisogni dell’ente, il conferimento del singolo incarico episodico, legato alla necessità contingente, non costituisca appalto di servizi legali ma integri un contatto d’opera intellettuale che esula dalla disciplina codicistica in materia di procedure di evidenza pubblica.
2.1  A sostegno dell’assunto depone, in prima battuta, il rilievo che le disposizioni che riguardano i “servizi legali” non rappresentano affatto una novità introdotta nell’ordinamento interno a seguito della direttiva 2004/18/CE, in quanto già il D.Lgs 17 marzo 1995, n. 157 (“Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi”), indicava, nell’allegato 2, una serie di servizi, tra cui i “servizi legali”, relativamente ai quali non si applicava la disciplina generale nella sua integralità ma solo alcune disposizioni del citato decreto legislativo e, segnatamente: l’eventuale pubblicazione dell’avvenuta aggiudicazione (art. 8, co. 3); l’obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di definire le “specifiche tecniche” del servizio nei capitolati d’oneri o nei documenti contrattuali relativi a ciascun appalto (art. 20), obbligo quest’ultimo, soggetto peraltro a deroghe (art. 21). 
Tutta una serie di servizi erano poi esclusi, in via integrale, dall’assoggettamento alle norme del decreto. Veniva precisato, inoltre, nell’ottavo “considerando” delle premesse alla direttiva 1992/50/CE, trasfusa nel citato D.Lgs. n. 157/1995, che “la prestazione di servizi è disciplinata dalla presente direttiva soltanto quando si fondi su contratti d'appalto; nel caso in cui la prestazione del servizio si fondi su altra base, quali leggi o regolamenti ovvero contratti di lavoro, detta prestazione esula dal campo d'applicazione della presente direttiva”.
2.2  Inoltre il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiede un elemento di specialità, per prestazione e per modalità organizzativa, rispetto alla mera prestazione di patrocinio legale. L’affidamento di servizi legali è, a questa stregua, configurabile allorquando l’oggetto del servizio non si esaurisca nel patrocinio legale a favore dell’Ente, ma si configuri quale modalità organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni, più complesso e articolato, che può anche comprendere la difesa giudiziale ma in essa non si esaurisce.
3.  Si può così affermare che, solo con riguardo ad un appalto così strutturato, l’obbligo del committente di indicare, adeguandole alla natura del servizio, le specifiche tecniche che consentono di definire l’oggetto dell’appalto e le modalità della prestazione, assume concreta valenza selettiva delle offerte presentate proprio nell’ambito di un servizio organizzato e strutturato.
Per converso, il contratto di conferimento del singolo e puntuale incarico legale, presidiato dalle specifiche disposizioni comunitarie volte a tutelare la libertà di stabilimento del prestatore in quanto lavoratore, non può soggiacere, neanche nei sensi di cui all’articolo 27 del D.Lgs. n. 163/06, ad una procedura concorsuale di stampo selettivo che si appalesa incompatibile con la struttura della fattispecie contrattuale, qualificata, alla luce dell’aleatorietà dell’iter del giudizio, dalla non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazioni e dalla conseguente assenza di basi oggettive sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione necessari in forza della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici.
Si deve aggiungere che, come osservato da attenta dottrina, l’attività del professionista nella difesa e nella rappresentanza dell’ente è prestazione d’opera professionale che non può essere qualificata in modo avulso dal contesto in cui si colloca, id est l’ambito dell’amministrazione della giustizia, settore statale distinto e speciale rispetto ai campi dell’attività amministrativa regolati del codice dei contratti pubblici.
4.  Resta inteso che l’attività di selezione del difensore dell’ente pubblico, pur non soggiacendo all’obbligo di espletamento di una procedura comparativa di stampo concorsuale, è soggetta ai principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione onde rendere possibile la decifrazione della congruità della scelta fiduciaria posta in atto rispetto al bisogno di difesa da appagare.

Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10038 del 2011, proposto dalla Provincia di Frosinone, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Provinciale, rappresentato e difeso dagli avv. Piergiorgio Galli e Giovanni Fontana, con domicilio eletto presso l’avv. Piergiorgio Galli in Roma, piazza Mignanelli, 3; 
contro
Fabio Tonelli, rappresentato e difeso dall'avv. Annalisa Di Giovanni, con domicilio eletto presso l’avv. Eugenio Picozza in Roma, via di San Basilio, n.61; 
nei confronti di
Massimiliano Fiorini, Daniela Di Sora; 
e con l'intervento di
ad opponendum:
Tre Esse Italia Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Maria Di Giovanni, con domicilio eletto presso Eugenio Picozza in Roma, via San Basilio, 61;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA: SEZIONE I n. 00604/2011, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO INCARICO DIFESA LEGALE NEL GIUDIZIO IMPUGNATIVO DEL LODO ARBITRALE DEL 7 APRILE 2010 NEL PROCEDIMENTO INTRODOTTO DA TRE ESSE ITALIA S.R.L. CONTRO LA PROVINCIA DI FROSINONE

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fabio Tonelli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2012 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Guzzo, per delega dell'Avv. Fontana, e Annalisa Di Giovanni, per delega dell'Avv. Pietro M. Di Giovanni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. La Provincia di Frosinone, soccombente in un giudizio arbitrale rispetto alla società Tre Esse Italia, con deliberazione della giunta municipale n. 176 dell’8 giugno 2010, affidava ai controinteressati Avv.ti Massimiliano Fiorini e Daniela Di Sora incarico finalizzato all’impugnazione del lodo arbitrale pronunciato in data 7 aprile 2010.
L’avvocato Fabio Tonelli proponeva ricorso avverso l’affidamento diretto dell’incarico legale, chiedendo al Tribunale di prime cure: a) l’annullamento, previa sospensione, della summenzionata deliberazione; b) la declaratoria d’inefficacia e/o privazione di effetti di qualsiasi atto di natura pattizia intercorso tra l’Amministrazione e i controinteressati; c) la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Il ricorrente articolava, in seguito, motivi aggiunti volti ad ottenere l’annullamento del regolamento di cui alla delibera G.P. n. 282 del 29.7.2007 (“Regolamento per la disciplina delle procedure comparative propedeutiche al conferimento degli incarichi esterni e per l’osservanza degli obblighi di pubblicità”), nella parte in cui all’art 1, comma 2, escludeva il ricorso alla “procedura comparativa” per “gli incarichi conferiti per il patrocinio e la difesa in giudizio dell’amministrazione”.
Con la sentenza appellata i Primi Giudici, muovendo dall’assunto della sussumibilità dell’atto di cofermento dell’incarico legale nel novero dei “servizi legali” di cui all’allegato II B del codice dei contratti pubblici e della conseguente violazione dei principi di evidenza pubblica operanti per siffatti affidamenti, hanno accolto il ricorso e, per l’effetto, hanno annullato, nei limiti dell’interesse del ricorrente, gli atti impugnati, condannando altresì la Provincia di Frosinone al risarcimento dei danni
La Provincia di Frosinone propone appello con il quale contesta gli argomenti posti a fondamento della sentenza di primo grado.
Si sono costituiti in giudizio l’originario ricorrente e l’interventore ad opponendum in epigrafe specificato.
Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
All’udienza del 13 aprile 2012 la causa è trattenuta per la decisione.
2. L’appello è fondato.
2.1. I Primi giudici hanno posto a fondamento del decisum di accoglimento l’assunto della riconduzione dell’atto di conferimento del singolo incarico legale nella categoria dei “servizi legali” di cui all’allegato II B, n. 21, al codice dei contratti pubblici, traendo da tale premessa i precipitato dell’applicazione a tale fattispecie, ai sensi dell’articolo 20, delle norme di cui agli articoli 65, 68 e 225 del medesimo codice e dei principi valevoli per i contratti esclusi ai sensi dell’articolo 27.
Il Tribunale ha mostrato, in tal guisa, di aderire all’orientamento ermeneutico secondo cui tanto l’attività di assistenza e consulenza giuridica di carattere continuativo quanto il conferimento del singolo incarico di patrocinio legale sarebbero annoverabili nell’unica ed omnicomprensiva nozione di “servizi legali” di cui al punto 21 dell’allegato II B del Codice degli appalti.
A sostegno della tesi il Tribunale ha valorizzato l’ampiezza della nozione di appalto di servizi abbracciata dal codice, comprensiva anche di affidamenti a beneficio di liberi professionisti oltre che di imprenditori, in una con la considerazione che il riferimento letterale ai “servizi”, sarebbe sintomatico, con l’uso del plurale, della volontà di comprendere sia il caso del conferimento del singolo incarico che l’ipotesi dell’attribuzione, in termini generali, di un incarico di consulenza-difesa dell’ente per un determinato periodo di tempo. Il Tribunale ha soggiunto che alla differenziazione delle due fattispecie non è dato pervenire per il tramite della valorizzazione del carattere fiduciario del singolo incarico, posto che l’intuitus personae è tratto che permea in modo identico e indefettibile qualsiasi incarico professionale, ivi compreso quello sostanziantesi nell’affidamento del complesso delle attività di consulenza e di patrocinio per un certo periodo di tempo.
2.2. La Sezione, in adesione ai rilievi svolti dall’appellante, reputa che l’assimilazione sostenuta dal Tribunale non tenga nel debito conto la differenza ontologica che, ai fini della qualificazione giuridica delle fattispecie e delle ricadute ad essa conseguenti in materia di soggezione alla disciplina recata dal codice dei contratti pubblici, connota l’ espletamento del singolo incarico di patrocinio legale, occasionato da puntuali esigenze di difesa dell’ente locale, rispetto all’attività di assistenza e consulenza giuridica, caratterizzata dalla sussistenza di una specifica organizzazione, dalla complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata. Tali elementi di differenziazione consentono, infatti, di concludere che, diversamente dall’incarico di consulenza e di assistenza a contenuto complesso, inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulla base dei bisogni dell’ente, il conferimento del singolo incarico episodico, legato alla necessità contingente, non costituisca appalto di servizi legali ma integri un contatto d’opera intellettuale che esula dalla disciplina codicistica in materia di procedure di evidenza pubblica.
2.2.1. A sostegno dell’assunto depone, in prima battuta, il rilievo che le disposizioni che riguardano i “servizi legali” non rappresentano affatto una novità introdotta nell’ordinamento interno a seguito della direttiva 2004/18/CE, in quanto già il D.Lgs 17 marzo 1995, n. 157 (“Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi”), indicava, nell’allegato 2, una serie di servizi, tra cui i “servizi legali”, relativamente ai quali non si applicava la disciplina generale nella sua integralità ma solo alcune disposizioni del citato decreto legislativo e, segnatamente: l’eventuale pubblicazione dell’avvenuta aggiudicazione (art. 8, co. 3); l’obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di definire le “specifiche tecniche” del servizio nei capitolati d’oneri o nei documenti contrattuali relativi a ciascun appalto (art. 20), obbligo quest’ultimo, soggetto peraltro a deroghe (art. 21). Tutta una serie di servizi erano poi esclusi, in via integrale, dall’assoggettamento alle norme del decreto. Veniva precisato, inoltre, nell’ottavo “considerando” delle premesse alla direttiva 1992/50/CE, trasfusa nel citato D.Lgs. n. 157/1995, che “la prestazione di servizi è disciplinata dalla presente direttiva soltanto quando si fondi su contratti d'appalto; nel caso in cui la prestazione del servizio si fondi su altra base, quali leggi o regolamenti ovvero contratti di lavoro, detta prestazione esula dal campo d'applicazione della presente direttiva”.
2.2.2. Detto dato storico consente di lumeggiare la riproposizione della nozione di servizi legali nella legislazione, comunitaria e nazionale, successiva, nel senso di limitare l’ambito di operatività della categoria al soli affidamenti di servizi legali conferiti mediante un appalto- ossia un contratto caratterizzato da un quid pluris, sotto il profilo dell’organizzazione, della continuità e della complessità - rispetto al contratto di conferimento dell’incarico difensivo specifico, integrante mero contratto d’ opera intellettuale, species del genus contratto di lavoro autonomocome tale esulante dalla nozione di contratto di appalto ratione materiaeabbracciata dal legislatore comunitario. In altre parole, il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiede un elemento di specialità, per prestazione e per modalità organizzativa, rispetto alla mera prestazione di patrocinio legale. L’affidamento di servizi legali è, a questa stregua, configurabile allorquando l’oggetto del servizio non si esaurisca nel patrocinio legale a favore dell’Ente, ma si configuri quale modalità organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni, più complesso e articolato, che può anche comprendere la difesa giudiziale ma in essa non si esaurisce (cfr.determinazione n. 4 del 7 luglio 2011, dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori,. Servizi e Forniture).
2.2.3.In tal senso depone, sul piano normativo, anche la prescrizione che, per l’affidamento di tali servizi, pretende l’indicazione delle specifiche tecniche fissate dal committente (art. 68 del codice), così configurando la condizione, non compatibile con un mero contratto di patrocinio legale isolato, per permettere l’apertura dell’appalto alla concorrenza (cfr. il ventinovesimo “considerando” alla direttiva n. 18 del 2004). Ed ancora, una conferma in tal senso può desumersi dal quarantasettesimo “considerando” della medesima direttiva n. 18/2004 alla stregua dei condivisibili rilevi svolti da Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Balilicata deliberazione n. 19/2009. “Posto che negli appalti pubblici di servizi, i criteri di aggiudicazione non devono influire sull'applicazione delle disposizioni nazionali relative alla rimunerazione di taluni servizi, quali ad esempio le prestazioni degli architetti, degli ingegneri o degli avvocati”, il prezzo di tali servizi, così determinato, di per sé solo, non sarebbe idoneo a garantire quella valutazione delle offerte in condizioni di effettiva concorrenza, che ammette soltanto l'applicazione di uno dei due criteri di aggiudicazione, quello del prezzo più basso e quello della offerta economicamente più vantaggiosa. Da quanto precede non sembra, dunque, che il legislatore comunitario si sia preoccupato di regolare le modalità di affidamento dei contratti del tutto esclusi dall’ambito della disciplina degli appalti pubblici. Tra questi, il contratto di lavoro autonomo avente a oggetto il patrocinio legale, stipulato con un’amministrazione aggiudicatrice”.
2.2.4. Le norme di tema di appalti di servizi vengono, in definitiva, in rilievo quando il professionista sia chiamato a organizzare e strutturare una prestazione, altrimenti atteggiantesi a mera prestazione di lavoro autonomo in un servizio (nella fattispecie, legale), da adeguare alle utilità indicate dall’ente, per un determinato arco temporale e per un corrispettivo determinato.
Si può così affermare, in adesione alla parabola argomentativa a tracciata dalla richiamata deliberazione n. 19/2009 della Corte dei conti, sez. reg. Basilicata, che, solo con riguardo ad un appalto così strutturato, l’obbligo del committente di indicare, adeguandole alla natura del servizio, le specifiche tecniche che consentono di definire l’oggetto dell’appalto e le modalità della prestazione, assume concreta valenza selettiva delle offerte presentate proprio nell’ambito di un servizio organizzato e strutturato.
Per converso, il contratto di conferimento del singolo e puntuale incarico legale, presidiato dalle specifiche disposizioni comunitarie volte a tutelare la libertà di stabilimento del prestatore in quanto lavoratore, non può soggiacere, neanche nei sensi di cui all’articolo 27 del codice dei contratti pubblici, ad una procedura concorsuale di stampo selettivo che si appalesa incompatibile con la struttura della fattispecie contrattuale, qualificata, alla luce dell’aleatorietà dell’iter del giudizio, dalla non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazioni e dalla conseguente assenza di basi oggettive sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione necessari in forza della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici.
Lo stesso codice dei contratti pubblici, nel dettare una specifica disciplina, di natura speciale, dei servizi di ingegneria e di architettura volta a enucleare un sistema di qualificazione e di selezione per determinate tipologie di prestazioni d’opera, conferma l’inesistenza di un principio generale di equiparazione tra singole prestazioni d’opera e servizi intesi come complesso organizzato di utilità erogate con prestazioni ripetute ed organizzate.
Si deve aggiungere che, come osservato da attenta dottrina, l’attività del professionista nella difesa e nella rappresentanza dell’ente è prestazione d’opera professionale che non può essere qualificata in modo avulso dal contesto in cui si colloca, id est l’ambito dell’amministrazione della giustizia, settore statale distinto e speciale rispetto ai campi dell’attività amministrativa regolati del codice dei contratti pubblici.
Resta inteso che l’attività di selezione del difensore dell’ente pubblico, pur non soggiacendo all’obbligo di espletamento di una procedura comparativa di stampo concorsuale, è soggetta ai principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione onde rendere possibile la decifrazione della congruità della scelta fiduciaria posta in atto rispetto al bisogno di difesa da appagare.
2.2.5. Alla stregua dei rilievi che precedono deve essere accolto il motivo di appello voto a censurare il capo della sentenza che ha accolto il motivo di ricorso diretto a censurare l’omesso espletamento della procedura di evidenza pubblica.
2.3. E’ infondato anche il motivo d’appello diretto contestare il capo della sentenza appellata con cui i Primi Giudici hanno sancito la violazione del principio che attribuisce al dirigente ratione materiae competente il compito di scegliere il legale e, comunque, di autorizzare il conferimento del patrocinio legale.
La Sezione non ravvisa ragione di discostarsi dall’orientamento interpretativo secondo cui compete al Sindaco o al Presidente della Provincia, ai sensi del D.lgs. n. 267/2000, quale organo di rappresentanza dell’ente, il conferimento della procura alle liti del difensore senza la necessità di alcuna preventiva autorizzazione (Cons. St., Sez. VI, 1° ottobre 2008, n. 4744; Cons. St., Sez. VI, 9 giugno 2006, n. 3452; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 5 dicembre 2006 n. 10402; Cass. civ., Sez. Un., 10 dicembre 2002, n. 17550).
3 L’appello merita, in definitiva, accoglimento per i motivi assorbenti fin qui esaminati.
Ne consegue la riforma della sentenza appellata, con l’integrale reiezione del ricorso di primo grado anche con riguardo alla domanda risarcitoria.
Novità e complessità delle questioni affrontate giustificano la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


mercoledì 2 ottobre 2013

CULTURA: Van Gogh ed il "disegnare a parole".


CULTURA: 
Van Gogh 
ed il "disegnare a parole".


"Sai, 
disegnare a parole è anch'esso un'arte, 
che a volte tradisce una forza nascosta e dormiente, 
come piccoli fili di fumo grigio o blu 
svelano l'esistenza in un fuoco nel focolare".
(Lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo)



RESPONSABILITA' CONTABILE: è irrilevante la qualifica soggettiva del soggetto; la giurisdizione della Corte dei Corti si fonda sulla natura dell'attività esercitata e sulla provenienza del denaro (Corte dei Conti, Sez. Giuris. Lazio, sentenza 15 luglio 2013 n. 539).


RESPONSABILITA' CONTABILE:
 è irrilevante la qualifica soggettiva del soggetto; 
la giurisdizione della Corte dei Corti 
si fonda sulla natura dell'attività esercitata 
e sulla provenienza del denaro 
(Corte dei Conti, Sez. Giuris. Lazio, 
sentenza 15 luglio 2013 n. 539). 


La Corte dei Conti utilizza, comunque, un lessico che è più vicino alle grida di manzoniana memoria che all'italiano (anche solo) novecentesco.


Massima


1.  In via generale, quanto alla materia oggetto del giudizio (concessione di contributi finanziari pubblici ex lege 488/92 a società privata), ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, in ragione del sempre più frequente operare dell'amministrazione al di fuori degli schemi del regolamento di contabilità di Stato e tramite soggetti in essa non organicamente inseriti, è irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato.
Il criterio per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è infatti spostato dalla qualità del soggetto - che può ben essere un privato o un ente pubblico non economico - alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato cuisiano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla P.A. alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, esso realizza un danno per l'ente pubblico - anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore - di cui deve rispondere davanti al giudice contabile ( Cass. SS.UU., ord. n. 4511 del 2006 ).
2.  Tale principio è stato  ribadito più di recente dalla stessa Cassazione a Sezioni Unite con sent. n. 4309 del 23.2.2010, in cui si è tra l’altro affermato - in via generale - che “L’affidamento, da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno da esso controllato, della gestione di un servizio pubblico integra una relazione funzionale incentrata sull’inserimento del soggetto stesso nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico e ne implica, conseguentemente, lo assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, a prescindere dalla natura privatistica dello stesso soggetto e dello strumento contrattuale con il quale si sia costituito e attuato il rapporto [...], anche se l’estraneo venga investito solo di fatto dello svolgimento di una data attività in favore della P.A. [...] e pure se difetti di una gestione del danaro secondo moduli contabili di tipo pubblico o secondo procedure di rendicontazione proprie della giurisdizione contabile in senso stretto [...].
Lo stesso dicasi per l’accertamento della responsabilità erariale conseguente all’illecito e indebito utilizzo, da parte di una società privata, di finanziamenti pubblici [...] ovvero per la responsabilità in cui può incorrere il concessionario privato di un pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investe il privato dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli la qualifica di organo indiretto della amministrazione, onde egli agisce per le finalità proprie di quest’ultima [...].”.
3.  Infine, la giurisdizione della Corte dei conti in subjecta materia postulabile inoltre non solo con riferimento all’ente ed alla società cui siano erogati (indebitamente) fondi pubblici distratti dalle finalità perseguiti dalla legge mediante la concessione dei contributi, ma anche ai suoi amministratori di diritto o di fatto.


Sentenza per esteso

                                                       INTESTAZIONE
                                                                              [...]

                                                                        SENTENZA 
nel giudizio iscritto al n.71932 del registro di Segreteria, promosso dalla Procura regionale con
atto di citazione in riassunzione depositato il 28.5.2012, nei confronti di L. F. nata a Vietri sul Mare il 20.10.1932;
Udìto - nella pubblica udienza del 9 luglio 2013, con l’assistenza della dott.ssa Cirillo, previa relazione del Cons. Enrico Torri - il Pubblico Ministero dott. Antonio Giuseppone; non costituta la
parte convenuta;
Esaminati gli atti di causa.

         SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con l’atto in epigrafe la Procura regionale - vista la sentenza n. 247 del 20 marzo 2012, con la quale la Sezione terza giurisdizionale di appello della Corte dei conti, riconoscendo sussistente la giurisdizione della Corte dei conti, ha annullato la sentenza n.2064/2009 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, ed ha stabilito il rinvio della causa al giudice di primo grado - ha citato in riassunzione la signora L. F. a comparire davanti a questa Sezione giurisdizionale territoriale della Corte dei conti, chiedendone la condanna al pagamento in favore del Ministero delle Attività Pr oduttive, della somma di € 83.270,41, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
Questi i fatti e gli argomenti posti dalla Procura a fondamento della pretesa.
Con nota n. 3538 del 20.06.2007, il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressioni Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza di Roma, inviava alla Procura regionale copia della notizia di reato trasmessa dagli Ispettori del Ministero delle Attività Produttive incaricati di effettuare controlli presso la Ditta SIEM - Società Industriale Elettro Meccanica S.r.l. - di Anagni (FR); da tale notizia è emerso che la società, in data 27.2.1998, aveva p resentato domanda di ammissione alle agevolazioni di cui alla legge n.488/1992 per un programma di investimento da realizzare in Anagni, ottenendo dal Ministero delle Attività Produttive un decreto di concessione di contributo n.b3/CD/9/103978 del 30.10.2001; dai controlli espletati è emerso che le dichiarazioni rese al fine di ottenere le erogazioni non corrispondevano alle scritture contabili della società; sulla base di tale notizia, la Procura reg ionale delegava per gli ulteriori accertamenti il Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Frosinone che, in data 28.4.2008, con nota n.5228/13968/UN, trasmetteva un dettagliato rapporto da cui risulta quanto segue; la SIEM S.r.l. aveva presentato due domande, in data 5.4.2000 (1° e 2° SAL) e in data 06/07/2000 (SAL finale), comprensive di dichiarazioni sostitutive di atto notorio, al fine di ottenere il contributo; in tali atti veniva dichiarato che la fattura n.52 del 20.02.2000, emessa dalla ditta La Bella Service s.n.c. per un importo complessivo di lire 132.000.000, relativa a beni acquistati direttamente dalla SIEM, era stata regolarmente quietanzata, o comunque interamente pagata alla data del 29.03.2000; inoltre, con le note nn.2594 e 2595, entrambe del 3.10.2000, la Prominvestment S.p.A. ( Banca Concessionaria ) comunicava che, a mezzo della Banca Commerciale Italiana erano stati bonificati, in favore della SIEM Srl, una prima quota di contributo di lire 84.860.000, ed una seconda quota di contributo di lire 76.374.000, per un totale di lire 161.234.000 (pari ad € 83.270,41).
Deduce il Requirente che dalla suddetta ispezione ministeriale è emerso che le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società non corrispondevano a quanto di fatto rilevato nelle sue scritture contabili; con riferimento in particolare alla fattura n.52 del 29.03.2000 emessa dalla ditta La Bella Service snc, asseritamente pagata per intero alla data del 29.3.2000, è stato accertato che il pagamento della somma indicata in fattura, non risultava ancora ultimato entro le sopra indicate date (05.04.2000 e 6.7.2000) delle domande di richiesta della prima e della seconda quota del contributo; tale requisito risultava decisivo ai fini della concessione dell'erogazione, con il conseguente venir meno  di  un  presupposto  per  l’erogazione  di  €  83.270 ,41;  il  Nucleo  Polizia  Tributaria  di Frosinone, sulla base delle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà datate 05.4.2000 e 06.07.2000, ha individuato quale responsabile del danno erariale la sig.ra L. F., nella qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazi one della società beneficiaria  dell'agevolazione la quale con le sue false dichiarazioni  ha disatteso i requisiti essenziali per l’erogazione.
La Procura regionale – rappresentato di aver notificato in data 12.06.2008 invito a dedurre alla sig.ra L. F., la quale non ha depositato deduzioni difensive – chiede in conclusione che la convenuta risponda in questa sede, a titolo di dolo, di un danno pari ad € 83.270,41, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
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In esito a precedente udienza pubblica del 27 novembre 2012 - nel corso della quale il Pubblico Ministero, dopo aver premesso che nella specie non emergono distorsioni nell’utilizzo del pubblico denaro, salva l’eventuale rilevanza penale delle dichiarazioni della convenuta, si è rimesso nel merito alle valutazioni della Corte - questa Sezione giurisdizionale territoriale, con ordinanza n. 417/6.12.2012, riteneva necessario acquisire agli atti del processo: a) gli esiti del procedimento di revoca dell’agevolazione finanziaria in esame, del cui avvio è cenno nella nota del Ministero delle Attività Produttive / Direzione Generale Coordiname nto Incentivi alle Imprese / Ufficio B 3 del 2006 indirizzata alla Prominvestment spa, nonché dell’eventuale procedura di recupero delle somme oggetto delle erogazioni della prima quota (pari a lire 84.860.000 ) e della seconda quota del contributo ( pari a lire 76.374.000 ) nei confronti della Ditta SIEM (Società I ndustriale Elettro Meccanica S.r.l.) di Anagni; ciò con specifico riferimento all’oggetto del presente giudizio, ovvero all’ inserimento nel secondo SAL della fattura n. 52/2000 della Ditta “ La Bella Service”, il cui completo pagamento è avvenuto in data successiva a quella delle dichiarazioni rilasciate dalla convenuta per il primo e il secondo SAL; b) nonchè, alla luce delle risultanze di cui al punto che precede, l’esito della comunicazione della notizia di reato a carico della sig.ra L. F. inoltrata alla Procura della Repubblica di Velletri dal Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressioni Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza di Roma.
In esecuzione dell’ordinanza che precede, in data 8 marzo 2013 la Procura regionale ha depositato presso la Sezione “ la documentazione pervenuta a seguito delle numerose richieste indirizzate al Ministero dello Sviluppo Economico, nonché un rapporto della Guardia di Finanza in merito alle pendenze penali a carico della sig.ra L. F.”.
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Nell’odierna pubblica udienza - non costituitasi la parte convenuta, di cui si dichiara la contumacia - il Pubblico Ministero, nel prendere atto della revoca parziale del contributo pubblico concesso alla Ditta SIEM di Anagni, ha insistito per la condanna della sig.ra L. F. al pagamento della somma di € 14.560,64, pari all’ importo oggetto della procedura di recupero da parte dell’amministrazione (compresa la rivalutazione monetaria e gli interessi legali), rimettendosi alle decisioni della Corte per quanto attiene alla somma complessiva di cui si è chiesta condanna nell’atto di citazione.
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        MOTIVI DELLA DECISIONE
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In via generale, quanto alla materia oggetto del giudizio (concessione di contributi finanziari pubblici ex lege 488/92 a società privata), si osserva che, ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, in ragione del sempre più frequente operare dell'amministrazione al di fuori degli schemi del regolamento di contabilità di Stato e tramite soggetti in essa non organicamente inseriti, è irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato; il criterio per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è infatti spostato dalla qualità del soggetto - che può ben essere un privato o un ente pubblico non economico - alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato cuisiano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla P.A. alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite , esso realizza un danno per l'ente pubblico - anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore - di cui deve rispondere davanti al giudice contabile ( Cass. SS.UU., ord. n. 4511 del 2006 ); principio ribadito più di recente dalla stessa Cassazione a Sezioni Unite con sent. n. 4309 del 23.2.2010, in cui si è tra l’altro affermato - in via generale - che “ L’ affidamento, da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno da esso controllato, della gestione di un servizio pubblico integra una relazione funzionale incentrata sull’inserimento del soggetto stesso nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico e ne implica, conseguentemente, lo assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, a prescindere dalla natura privatistica dello stesso soggetto e dello strumento contrattuale con il quale si sia costituito e attuato il rapporto (SS.UU. 27 settembre 2006 n. 20886, 1 aprile 2008 n. 8409, 1 marzo 2006 n. 4511, 19 febbraio 2004 n. 3351), anche se l’estraneo venga investito solo di fatto dello svolgimento di una data attività in favore della P.A. (SS.UU. 9 settembre 2008 n. 22652) e pure se difetti di una gestione del danaro secondo moduli contabili di tipo pubblico o secondo procedure di rendicontazione proprie della giurisdizione contabile in senso stretto (SS.UU. 12 ottobre 2004 n. 20132). Lo stesso dicasi per l’accertamento della responsabilità erariale conseguente all’ illecito e indebito utilizzo, da parte di una società privata, di finanziamenti pubblici (SS.UU. 5 giugno 2008 n. 14825 e n. 4511/06 cit.) ovvero per la responsabilità in cui può incorrere il concessionar io privato di un pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investe il privato dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli la qualifica di organo indiretto della amministrazione, onde egli agisce per le finalità proprie di quest’ultima (SS.UU. n. 4112 /07 cit.).”; giurisdizione della Corte dei conti in subjecta materia postulabile inoltre non solo con riferimento all’ente ed alla società cui siano erogati (indebitamente) fondi pubblici distratti dalle finalità perseguiti dalla legge mediante la concessione dei contributi, ma anche ai suoi amministratori di diritto o di fatto ( cfr. Cass. SS.UU. ord. n. 1781/2011).
Nel merito, anche in esito alle acquisizione istruttorie di cui all’ordinanza n. 417/2012, è emerso che, per la fattispecie oggetto di giudizio – relativa a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rese in data 5.4.2000 e 6.7.2000 dalla sig.ra L. F. in qualità di Presidente del consiglio di amministrazione della SIEM Società Industriale Elet tro Meccanica srl con contestuale richiesta della prima quota e della seconda quota del contributo pubblico di cui alla legge n. 488/1992, e con particolare riferimento al mancato integrale pagamento della fattura n. 52 del 29.2.2000 emessa dalla ditta La Bella Service snc alla data delle suddette dichiarazioni - il relativo procedimento penale in cui la sig.ra Lubrano era indagata (in esito a denuncia della Guardia di Finanza del 10 marzo 2006 ) per il reato di cui all’art. 640 bis cod. pen. ( Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ) è stato archiviato, su richiesta del P.M., dal GIP del Tribunale ordinario di Frosinone in data 1.9.2006, ai sensi degli artt. 408 e ss. del cpp., ovvero per infondatezza della notizia di reato.
Dalla lettura della documentazione amministrativa versata in atti si evince invero che la suddetta fattura è stata comunque pagata in modo dilazionato, e saldata in via definitiva in data 5 ottobre 2000, anziché entro le due date di cui alle dichiarazioni che precedono: 5.4.2000 ( I e II SAL ) e 6.7.2000 ( SAL finale ); in particolare, dai controlli effettuati dagli ispettori del Ministero dello Sviluppo Economico sui libri contabili e sulla documentazione bancaria relativa alla società è emerso che la fattura n. 52 del 29.2.2000 emessa dalla ditta La Bella Service snc ( di importo pari a lire 132.000.000 comprensivo di IVA ) è stata pagata alla data del 29.3.2000 per un importo di lire 22.000.000, e alla data del 6.7.2000 ( SAL finale ) per lire 92.412.000; siccome sostanzialmente confermato nella Relazione conclusiva della Guardia di Finanza Nucleo di Polizia Tributaria di Frosinone del 28.4.2008.
Deduce la Procura regionale, sulla scorta della Relazione della Guardia di Finanza, che la convenuta sia responsabile di un danno erariale pari alle due quote di contributo bonificate a favore della SIEM srl dalla Prominvestement a mezzo della Banca Commerciale Italiana nell’importo complessivo di lire 161.234000 ( € 83.270,71 ): pri ma quota di contributo lire 84.860.000 ( € 43.826,53 ); secondo quota di contributo lire 76.374.000 ( € 39.443,88 ); ciò in quanto la medesima “…. con le sue false dichiarazioni, ha disatteso i requisiti essenziali per la erogazione del contributo ricevuto …” siccome leggesi nell’atto di citazione.
Tuttavia nella fattispecie, dopo il decreto di concessione in via definitiva delle agevolazioni in questione alla ditta SIEM srl ( DM n. B/3/CD/103978 del 30.10.2001 ), ed in esito alla citata verifica ispettiva del 27/28 aprile del 2005, il Ministero competente con nota n. 1040142 del 21.2.2006 comunicava l’avvio del procedimento di revoca relativo all’agevolazione in questione ( con riferimento, tra l’altro, anche alla suddetta fattura n. 52/2000 ), invitando la Banca concessionaria (Prominvestement spa ) “ a relazionare in merito … alle spese da riconoscere ammissibili ai fini di una eventuale rideterminazione del contributo concesso …”; cui seguiva nota della Prominvestement spa del 14.7.2006 indirizzata al Ministero dello Sviluppo Economico, in cui (quanto alla fattura della ditta La Bella, il cui numero peraltro risulta ivi erroneamente indicato) si riteneva “ ammissibile, alla data del 29.3.2000 di attestazione del primo SAL da parte dell’impresa, la sola quota parte imponibile pari a lire 18.333.333 afferente il primo pagamento, corrispondente a lire 22.000.000, della fattura in questione, effettuato tramite assegno bancario incassato dal fornitore con valuta 6.3.2000”.
[...]
In conclusione, dall'esame del complessivo svolgimento amministrativo [...] sono emersi: a) l'assenza di elementi dolosi nella condotta posta in essere nella circostanza dalla convenuta siccome evidenziati dalla archiviazione del procedimento penale; b) la natura meramente amministrativa delle irregolarità poste in essere dalla medesima con una  condotta che, ancorchè negligente, non appare come gravemente colposa alla luce delle risultanze di causa [...]; c) l'assenza della prova da parte della Procura [...] di un danno per l'erario riveniente dalla condotta della convenuta; d) l'assenza di elemento di prova su eventuali distorsioni nell'utilizzo del pubblico denaro [...].
Ne consegue l'assoluzione della convenuta. [...].



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Per Questi  Motivi

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE  LAZIO
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    ASSOLVE
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La sig.ra L. F. dalle pretese di cui all’atto di citazione in epigrafe.
Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 9 luglio 2013.

martedì 1 ottobre 2013

GIURISDIZIONE & RESPONSABILITA' P.A.: i termini dei procedimenti concorsuali sono ordinatori, ma in caso di abnormità del ritardo e di effettivo consequenziale danno, la P.A. è tenuta al risarcimento delle differenze retributive rivalutate (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, sentenza 15 maggio 2012 n. 4382).



RIPARTO DI GIURISDIZIONE 
& RESPONSABILITA' P.A.:
 i termini dei procedimenti concorsuali sono ordinatori, ma in caso di abnormità del ritardo 
e di effettivo consequenziale danno, 
la P.A. è tenuta al risarcimento 
delle differenze retributive rivalutate 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 
sentenza 15 maggio 2012 n. 4382).


Massima

1.  La giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo, a partire dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7/2005, 
La soddisfazione di un interesse pretensivo leso in capo al soggetto privato dal ritardo nell’adozione da parte dell’Amministrazione di un richiesto provvedimento può consistere in una riparazione per equivalente (in sostanza, in un risarcimento del danno) solo allorché la mancata o ritardata adozione dell’atto richiesto abbia comportato un pregiudizio al bene della vita che sottende l’interesse pretensivo medesimo, in rapporto all’interesse pubblico al quale quest’ultimo si giustappone e ciò accade nel solo caso in cui il provvedimento richiesto e non adottato, ovvero adottato in ritardo, si configuri come favorevole per il privato istante, e non anche laddove esso compendi un rigetto dell’istanza presentata dal privato medesimo.
E’ stato, poi, osservato che l’introduzione dell’art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, da parte della legge n. 69/2009.
2. A presupposto di una richiesta di danno da ritardo risarcibile, debba essersi, innanzitutto, verificata la sussistenza della lesione alla sfera giuridica del soggetto direttamente connessa alla violazione delle regole procedimentali, “altra” rispetto al mero fattore “tempo”, assumendo, invece, quest’ultimo rilevanza al fine della verifica del nesso causale tra il fatto e la lesione.
Se, dunque, il fattore “tempo” costituisce la causa di ulteriori e differenti danni rispetto al bene della vita oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione, è evidente, con riferimento al caso che ne occupa, nessuna rilevanza ha stabilire se il ricorrente, in possesso dei titoli al momento dell’indizione della procedura concorsuale per ottenere il passaggio di livello, avesse diritto a conservare tale titolo anche una volta cessato dal servizio.
3.  Quanto alla fattispecie concreta, è rilevante, ai fini della presente controversia, il fatto che il lungo lasso di tempo intercorso tra la pubblicazione del bando di concorso (8 aprile 1993) e l’adozione degli atti conclusivi della procedura (12 e 14 gennaio 2004) ha costituito l’impedimento al verificarsi dell’ampliamento della sfera giuridica del ricorrente, che, pure valutato favorevolmente, con un punteggio che gli avrebbe consentito di essere inserito tra i vincitori della procedura e di conseguire un livello superiore, non ha poi materialmente conseguito la progressione economica, essendo cessato dal servizio il 1° aprile 2002.
3.1 Più in particolare: i termini stabiliti per l'espletamento dei concorsi devono ritenersi ordinatori e, ove questi decorrano inutilmente, hanno il solo effetto di attualizzare un potere di sostituzione, totale o parziale, della commissione in capo all’Amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale.
3.2  Nel caso di specie, invero, la procedura si è conclusa, ma, al di là della natura dei termini previsti per il completamento della stessa, è evidente l’abnormità del periodo di durata delle operazioni concorsuali, completata in oltre un decennio (1993- 2004).
3.3  E’ ben vero che la procedura è stata oggetto di due annullamenti in autotutela, ma, tenuto anche conto di tali aggravamenti procedimentali, che di per sé potrebbero giustificare un allungamento dei ragionevoli tempi di durata del procedimento, non appare comunque giustificabile il complessivo comportamento osservato.
Attesa, dunque, la sussistenza del nesso di causalità tra l’enorme ritardo colpevolmente accumulato nell’ambito del procedimento concorsuale e la mancata progressione economica a causa della esclusione del ricorrente dalla graduatoria dei vincitori, perché ormai collocato a riposo, sussistono i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria avanzata, in cui, peraltro, è stata doviziosamente quantificata la perdita patrimoniale subita.
4.  Sul punto, ritiene il Collegio che correttamente il danno subito dal ricorrente deve essere ragguagliato alle differenze stipendiali tra il livello posseduto e quello che avrebbe dovuto essere attribuito con efficacia retroattiva; è, inoltre, indubitabile che tale perdita stipendiale abbia avuto effetti anche con riferimento al trattamento pensionistico in godimento del ricorrente riferito, naturalmente, al livello rivestito all’atto del collocamento in congedo.
A tali fini, pertanto, il Cnr dovrà corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, una somma da calcolarsi sulla base delle differenze retributive, tenendo conto di quanto percepito effettivamente e quello che gli sarebbe stato corrisposto per il periodo 1° luglio 1989 – data a partire dalla quale avrebbe dovuto retroagire, ai sensi del combinato disposto del bando di concorso e dell’art. 14, del d.P.R. n. 171 del 1991, l’attribuzione del IV livello del profilo di funzionario di amministrazione – 1 ° aprile 2002 - data della cessazione dal servizio del ricorrente; inoltre, a tale somma deve essere aggiunto anche l'ammontare delle contribuzioni pensionistiche.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3191 del 2004, proposto da: Selli Alberto, rappresentato e difeso dagli avv. ti Francesco De Leonardis e Anna Romano, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi in Roma, via Germanico, 172; 
contro
il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Cnr, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
Bozzato Luigi, non costituitosi in giudizio; 
per l'annullamento
del provvedimento n. 1934868 del 12 gennaio 2004, comunicato il 14 gennaio 2004, di approvazione della graduatoria del concorso interno per titoli a n. 41 posti di IV livello professionale, profilo “Funzionario di amministrazione”, nella parte in cui dispone l’esclusione del ricorrente in quanto cessato dal servizio;
per l’accertamento del diritto all’inserimento in graduatoria nella posizione che verrà determinata a seguito dell’esame dei titoli allegato alla domanda di ammissione;
nonché per l’accertamento del diritto al risarcimento dei danni sofferti, con consequenziale condanna alla ricostruzione giuridica della carriera del ricorrente nel profilo professionale “Funzionario di amministrazione “ IV livello, a far data dal 1° luglio 1989, ed la pagamento delle relative differenze retributive;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Cnr;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2011 il Cons. Donatella Scala e udito, altresì, l’avv. De Leonardis per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame il ricorrente, già dipendente del resistente Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, ha introdotto due distinte azioni: la prima di annullamento del provvedimento di approvazione della graduatoria finale del concorso interno per titoli a 41 posti di IV livello professionale “profilo Funzionario di amministrazione”, nella parte in cui si dispone l’esclusione del medesimo in quanto cessato dal servizio nelle more dell’espletamento della procedura; la seconda, di accertamento del diritto al risarcimento del danno sofferto a causa del ritardo con cui è stata conclusa la procedura concorsuale de qua.
Con sentenza non definitiva n. 1425/2011 del 15 febbraio 2011, la Sezione ha rilevato, quanto al primo capo di impugnativa, che la procedura concorsuale in controversia riguardava la mera progressione economica, attraverso l’attribuzione di un superiore livello economico, senza passaggio ad un diverso e superiore profilo professionale, ossia senza novazione oggettiva del rapporto di lavoro, ed ha, pertanto, in via pregiudiziale, dichiarato, in parte qua, l’inammissibilità di tale domanda per difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto riservata alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità ed i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).
Con la decisione parziale sopra richiamata, la Sezione è passata all’esame del secondo capo di domanda, relativa all’istanza risarcitoria da ritardo, dando atto dell’autonomia di questa rispetto all’azione impugnatoria, e precisando che: “Rileva il Collegio che a seguito dell’introduzione dell’art. 2-bis nella legge 241 del 1990, ad opera della lettera c), comma 1, dell’art. 7, legge 18 giugno 2009, n. 69, le pubbliche amministrazioni sono ora tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento; l’art. 133 del codice del processo amministrativo indica, poi, tra le materie che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, le controversie in materia di risarcimento del danno per le ipotesi dall’art. 2 bis, legge 241 del 1990. Ritiene, peraltro, il Collegio che la violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non comporta di per sé l’illegittimità dell’atto adottato tardivamente, in quanto le conseguenze che il legislatore fa scaturire sotto il profilo della responsabilità civile della P.A. sono strettamente correlate alla inosservanza dei termini procedimentali ovvero al ritardo con cui l’amministrazione conclude il procedimento. Ed invero, è solo la legge che può riconnettere alla violazione di un termine procedimentale valenza di vizio inficiante l’atto tardivamente adottato, ciò che avviene nelle specifiche ipotesi in cui il termine di conclusione del procedimento (ad esempio in tema di procedimento disciplinare) ha natura perentoria, e l’atto tardivo diviene atto ex se illegittimo. Il legislatore del 2009 non ha, peraltro, individuato un ulteriore profilo di illegittimità dell’atto amministrativo, e dunque il ritardo non può essere considerato un vizio in sé dell’atto ma è un presupposto che può determinare, in concorso con altre condizioni, una possibile forma di responsabilità risarcitoria della amministrazione. Da tali considerazioni discende che il ricorso, in parte qua, è ammissibile in quanto l’adito Tribunale è il giudice esclusivamente competente a valutare le controversie ex art. 2 bis, legge 241 del 1990. Il Collegio, peraltro, prima ancora di valutare la fondatezza dell’istanza risarcitoria, deve, prioritariamente, stabilire se il ricorrente abbia un concreto interesse ad accertare la sussistenza di un ritardo doloso o colposo nella conclusione della procedura concorsuale. Il ricorrente, invero, si duole, in sostanza che a causa del lungo lasso di tempo – ben 11 anni – occorso per la definizione della procedura concorsuale, non ha potuto conseguire il superiore livello, poiché medio tempore collocato a riposo. In punto di fatto, è pacifico che, a causa della esclusione del ricorrente dalla medesima procedura, l’Amministrazione non ha valutato i titoli allegati alla domanda di partecipazione e, pertanto, non è provato che il medesimo, ove non fosse stato escluso dalla graduatoria a causa del suo collocamento a riposo, avrebbe occupato all’interno della stessa una posizione utile. Si rende, pertanto, necessario che la resistente Amministrazione valuti, ora per allora, i titoli del ricorrente, alla stregua dei medesimi criteri a suo tempo utilizzati per gli altri concorrenti, onde appurare in quale posizione della graduatoria finale si sarebbe collocato il ricorrente. A tanto provvederà il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr – Dipartimento Servizi Tecnici e di Supporto, in persona del Direttore p.t. – che curerà il deposito presso la Segreteria della Sezione nel termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione della sentenza presso la sede reale della stessa Amministrazione, di cui è onerata parte ricorrente, dettagliata relazione circa la posizione che il ricorrente avrebbe occupato all’interno della finale graduatoria del concorso interno per titoli a n. 41 posti di IV livello professionale, profilo “Funzionario di amministrazione”. La trattazione del ricorso - e, con essa, ogni altra statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese di lite – è conseguentemente differita all'intervenuto espletamento degli indicati incombenti, all’udienza pubblica del 3 novembre 2011.”
In esecuzione di quanto disposto, in data 3 giugno 2011 l’Avvocatura erariale ha depositato la relazione del Cnr da cui è emerso che i titoli del ricorrente erano già stati valutati dalla Commissione e che il medesimo si era collocato all’undicesimo posto della graduatoria di merito, come da verbale n. 75 del 25 novembre 2003, pure depositato in atti, confermando che il mancato inserimento del medesimo nella graduatoria finale, giusta provvedimento in data 12 gennaio 2004, rettificato il 14 gennaio 2004, è stato determinato dalla cessazione dal servizio, medio tempore intervenuta.
E’, dunque, accertato, in punto di fatto, che una tempestiva conclusione dell’iter procedimentale avrebbe consentito al ricorrente di ottenere la sperata progressione economica, ora per allora, atteso che il concorso interno per titoli indetto nel 1993 riguardava 41 posti di IV livello, e che ai dipendenti rientranti nel novero dei vincitori, tra cui sarebbe potuto rientrare anche il ricorrente, è stato attribuito il superiore livello a far data dal 1° luglio 1989.
Deve essere precisato che la valutazione dell’istanza risarcitoria per il ritardo procedimentale prescinde dall’accertamento della legittimità del successivo depennamento del ricorrente dalla graduatoria finale di merito, questione su cui, peraltro, questo giudice non ha più competenza, mentre invece è necessario verificare la sussistenza, oltre che della avvenuta lesione della sfera giuridica del medesimo deducente, degli altri presupposti necessari a tali fini, quali il nesso causale tra il lamentato ritardo ed il danno che ne sarebbe scaturito ed il dolo o la colpa.
Sul punto è bene evidenziare che la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo, a partire dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7 del 15 settembre 2005, che ha precisato come, pur non potendosi escludere su di un piano di astratta logica che alla violazione da parte dell’Amministrazione dei termini di adempimento procedimentali ad essa assegnati dalla legge possano riconnettersi conseguenze negative per la P.A. medesima, anche di carattere patrimoniale, nondimeno la soddisfazione di un interesse pretensivo leso in capo al soggetto privato dal ritardo nell’adozione da parte dell’Amministrazione di un richiesto provvedimento può consistere in una riparazione per equivalente (in sostanza, in un risarcimento del danno) solo allorché la mancata o ritardata adozione dell’atto richiesto abbia comportato un pregiudizio al bene della vita che sottende l’interesse pretensivo medesimo, in rapporto all’interesse pubblico al quale quest’ultimo si giustappone e ciò accade nel solo caso in cui il provvedimento richiesto e non adottato, ovvero adottato in ritardo, si configuri come favorevole per il privato istante, e non anche laddove esso compendi un rigetto dell’istanza presentata dal privato medesimo.
E’ stato, poi, osservato che l’introduzione dell’art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, da parte della legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi della p.a., essendo ora espressamente stabilito che le pubbliche amministrazioni e i soggetti a queste equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa e colposa del termine di conclusione del procedimento, atteso che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il titolare dell’interesse pretensivo al provvedimento che si duole di avere patito un danno ingiusto da ritardo, deve provare con rigore le conseguenze patrimoniali negative che si sono verificate nella propria sfera giuridica patrimoniale in conseguenza del ritardo colpevole dell’amministrazione nel provvedere.
Ritiene, pertanto, il Collegio che, a presupposto di una richiesta di danno da ritardo risarcibile, debba essersi, innanzitutto, verificata la sussistenza della lesione alla sfera giuridica del soggetto direttamente connessa alla violazione delle regole procedimentali, “altra” rispetto al mero fattore “tempo”, assumendo, invece, quest’ultimo rilevanza al fine della verifica del nesso causale tra il fatto e la lesione.
Se, dunque, il fattore “tempo” costituisce la causa di ulteriori e differenti danni rispetto al bene della vita oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione, è evidente, con riferimento al caso che ne occupa, nessuna rilevanza ha stabilire se il ricorrente, in possesso dei titoli al momento dell’indizione della procedura concorsuale per ottenere il passaggio di livello, avesse diritto a conservare tale titolo anche una volta cessato dal servizio.
E’, invece, rilevante, ai fini della presente controversia, il fatto che il lungo lasso di tempo intercorso tra la pubblicazione del bando di concorso (8 aprile 1993) e l’adozione degli atti conclusivi della procedura (12 e 14 gennaio 2004) ha costituito l’impedimento al verificarsi dell’ampliamento della sfera giuridica del ricorrente, che, pure valutato favorevolmente, con un punteggio che gli avrebbe consentito di essere inserito tra i vincitori della procedura, non ha poi materialmente conseguito la progressione economica, essendo cessato dal servizio il 1° aprile 2002.
Il danno risarcibile, in tale prospettiva, è quello che si è realizzato nella sfera giuridica del ricorrente, quale diretta conseguenza della inosservanza dell’aspetto legato ai termini del procedimento, per non avere il medesimo conseguito il superiore livello, pure essendo in possesso dei requisiti previsti a tali fini dal bando di concorso, e pure avendo superato positivamente la fase di valutazione dei titoli nell’ambito di una procedura concorsuale indetta ad hoc.
Osserva il Collegio che, in generale, i termini stabiliti per l'espletamento dei concorsi devono ritenersi ordinatori e, ove questi decorrano inutilmente, hanno il solo effetto di attualizzare un potere di sostituzione, totale o parziale, della commissione in capo all’Amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale.
Nel caso di specie, invero, la procedura si è conclusa, ma, al di là della natura dei termini previsti per il completamento della stessa, é evidente l’abnormità del periodo di durata delle operazioni concorsuali, completata in oltre un decennio (1993- 2004), al di là, dunque, di ogni ragionevole aspettativa di cui il ricorrente era titolare all’epoca dell’indizione della stessa, in quanto in servizio attivo presso l’Ente resistente, e che ha raggiunto il collocamento a riposo solo nel 2002, dunque, dopo ben nove anni dall’inizio della stessa procedura concorsuale.
E’ ben vero che, come riferisce l’Avvocatura Generale dello Stato, la procedura è stata oggetto di due annullamenti in autotutela, ma, tenuto anche conto di tali aggravamenti procedimentali, che di per sé potrebbero giustificare un allungamento dei ragionevoli tempi di durata del procedimento, non appare comunque giustificabile - né sul punto nulla è stato addotto dalla parte resistente - il complessivo comportamento osservato, in relazione alla scansione temporale occorsa anche per il completamento dei due procedimenti di secondo grado, il primo avviato nel 1998, a distanza di cinque anni dall’inizio della procedura, ed il secondo, risalente al 2000, conclusosi finalmente nel 2004 con il provvedimento di approvazione della graduatoria finale.
Attesa, dunque, la sussistenza del nesso di causalità tra l’enorme ritardo colpevolmente accumulato nell’ambito del procedimento concorsuale e la mancata progressione economica a causa della esclusione del ricorrente dalla graduatoria dei vincitori, perché ormai collocato a riposo, sussistono i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria avanzata, in cui, peraltro, è stata doviziosamente quantificata la perdita patrimoniale subita.
Sul punto, ritiene il Collegio che correttamente il danno subito dal ricorrente deve essere ragguagliato alle differenze stipendiali tra il livello posseduto e quello che avrebbe dovuto essere attribuito con efficacia retroattiva; è, inoltre, indubitabile che tale perdita stipendiale abbia avuto effetti anche con riferimento al trattamento pensionistico in godimento del ricorrente riferito, naturalmente, al livello rivestito all’atto del collocamento in congedo.
A tali fini, pertanto, il Cnr dovrà corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, una somma da calcolarsi sulla base delle differenze retributive, tenendo conto di quanto percepito effettivamente e quello che gli sarebbe stato corrisposto per il periodo 1° luglio 1989 – data a partire dalla quale avrebbe dovuto retroagire, ai sensi del combinato disposto del bando di concorso e dell’art. 14, del d.P.R. n. 171 del 1991, l’attribuzione del IV livello del profilo di funzionario di amministrazione – 1 ° aprile 2002 - data della cessazione dal servizio del ricorrente; inoltre, a tale somma deve essere aggiunto anche l'ammontare delle contribuzioni pensionistiche che, in relazione a dette differenze retributive, l'Amministrazione avrebbe dovuto versare all'ente di previdenza obbligatoria.
Sulla somma dovuta complessivamente a titolo di risarcimento del danno, che costituisce un debito di valore, spettano la rivalutazione monetaria fino alla data del soddisfo, e gli interessi calcolati nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle singole scadenze mensili fino al soddisfo (Cass. civ., III, n. 5671/2010; Cons. Stato, IV, n. 2983/06).
In conclusione, deve essere accolta l’istanza risarcitoria introdotta dal ricorrente; le spese del giudizio seguono la soccombenza, giusta quanto in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in accoglimento della domanda risarcitoria ivi formulata, condanna il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, in persona del legale rappresentante p. t., al pagamento in favore del ricorrente, di una somma da calcolarsi secondo i criteri di cui in parte motiva, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, come per legge.
Condanna, altresì, il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, in persona del legale rappresentante p. t., alla refusione delle spese di lite in favore del ricorrente, liquidate forfetariamente nella somma di € 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Donatella Scala, Consigliere, Estensore
Rosa Perna, Primo Referendario


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)