sabato 17 gennaio 2015

APPALTI: i principi giurisprudenziale consolidati in materia di verifica dell'anomalia dell'offerta (Cons., St., Sez. V, sentenza 16 gennaio 2015, n. 89).


APPALTI: 
i principi giurisprudenziale consolidati 
in materia di verifica dell'anomalia dell'offerta 
(Cons., St., Sez. V, 
sentenza 16 gennaio 2015, n. 89)



Leggendo rapidamente tutte le sentenze depositate dal Consiglio di Stato ieri, 16 gennaio 2015, la sentenza in esame mi sembra la più interessante, per il carattere ricostruttivo su una materia/istituto/fase - la verifica dell'anomalia dell'offerta - centrale nella disciplina degli appalti pubblici.


Massima

Nelle procedure per l'aggiudicazione di appalti pubblici l'esame delle giustificazioni presentate dal soggetto tenuto a dimostrare la non anomalia dell'offerta è vicenda che rientra nella discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, per cui soltanto in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto, il Giudice della legittimità può intervenire, restando per il resto la capacità di giudizio confinata entro i limiti dell'apprezzamento tecnico proprio di tale tipo di discrezionalità (C.d.S., Ad.Pl., 29 novembre 2012, n. 36; V, 26 settembre 2013, n. 4761; 18 agosto 2010, n. 5848; 23 novembre 2010, n. 8148; 22 febbraio 2011, n. 1090).
La giurisprudenza è altresì saldamente orientata nel senso che, nel caso di ricorso proposto avverso il giudizio di anomalia dell'offerta presentata in una pubblica gara, il Giudice amministrativo possa sindacare le valutazioni compiute dall’Amministrazione sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, mentre non possa, invece, operare autonomamente la verifica della congruità dell'offerta presentata e delle sue singole voci, sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio -non erroneo né illogico- formulato dall'organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto, giacché così facendo il Giudice invaderebbe una sfera propria della P.A. (C.d.S., IV, 27 giugno 2011, n. 3862; V, 28 ottobre 2010, n. 7631).
Viene precisato, infine, che il giudizio di verifica della congruità di un'offerta potenzialmente anomala ha natura globale e sintetica, vertendo sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme. L'attendibilità della offerta va valutata, cioè, nel suo complesso, e non con riferimento alle singole voci di prezzo ritenute incongrue, avulse dall’incidenza che potrebbero avere sull'offerta economica nel suo insieme (Ad.Pl. n. 36/2012 cit.; V, 14 giugno 2013, n. 3314; 1° ottobre 2010, n. 7262; 11 marzo 2010 n. 1414; IV, 22 marzo 2013, n. 1633; III, 14 febbraio 2012, n. 710): questo ferma restando la possibile rilevanza del giudizio di inattendibilità che dovesse investire voci che, per la loro importanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economica implausibile e, per l'effetto, insuscettibile di accettazione da parte dell’Amministrazione, in quanto insidiata da indici strutturali di carente affidabilità (V, 15 novembre 2012, n. 5703; 28 ottobre 2010, n. 7631).




INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7441 del 2014, proposto da Roma Capitale, rappresentata e difesa dall'Antonio Graziosi, domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove 21; 
contro
Soc. Trevio a r.l, rappresentata e difesa dall'avv. Riccardo Barberis, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, Via A. Pollaiolo 3; 
nei confronti di
Società Seprim dell'Ing.Santini Giuseppe s.a.s., rappresentata e difesa dall'avv. Pasquale Di Rienzo, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, viale Giuseppe Mazzini 11; 
e con l'intervento di
ad opponendum:
Soc.Cerere Immobiliare Appalti (CIA) a r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Di Ciollo, con domicilio eletto presso Pierluigi Panici in Roma, Via Germanico172; 

sul ricorso numero di registro generale 7448 del 2014, proposto dalla Seprim dell'Ing.Giuseppe Santini s.a.s., rappresentata, difesa e domiciliata come sopra; 
contro
Impresa Trevio S.r.l., rappresentata, difesa e domiciliata come sopra; 
nei confronti di
Roma Capitale, rappresentata, difesa e domiciliata come sopra;
Cerere Immobiliare (CIA) s.r.l., rappresentata, difesa e domiciliata come sopra; 
per la riforma
entrambi gli appelli:
della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II n. 8058/2014, resa tra le parti, concernente affidamento lavori di manutenzione ordinaria, sorveglianza e pronto intervento di opere d'arte stradali di rilievo.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Soc. Trevio a r.l., della Società Seprim dell'Ing.Santini Giuseppe s.a.s., di Roma Capitale e della Cerere Immobiliare (CIA) S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2014 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Antonio Graziosi, Riccardo Barberis e Pasquale Di Rienzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Roma Capitale pubblicava in data 19 aprile 2013 il bando di gara per l’affidamento, mediante procedura aperta, dei lavori per la manutenzione ordinaria, sorveglianza e pronto intervento delle opere stradali di rilievo ricadenti nei Municipi dall’XI al XX, in carico al Dipartimento sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana, per l’annualità 2013.
A seguito della seduta di gara dedicata alla valutazione delle offerte economiche risultava provvisoriamente aggiudicataria dell’appalto la Tecnolavori s.r.l. (ribasso del 56,438%), e seconda classificata la Domasco s.r.l. (ribasso del 56,37%).
La Stazione appaltante, avvalendosi della facoltà di valutare la congruità delle offerte, ai sensi dell’art. 86, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, anche al di là della cerchia di quelle da valutare indefettibilmente ai sensi del comma 1 del medesimo articolo, richiedeva per iscritto le giustificazioni di cui all’art. 87 del Codice a tutte le concorrenti.
All’esito della susseguente, generalizzata verifica di congruità l’Amministrazione addiveniva con la determina n. 190 del 19 febbraio 2014 all’aggiudicazione definitiva della commessa in favore della Soc. Seprim dell'Ing Santini Giuseppe S.a.s., ultima graduata con un ribasso del 28,175 %, mentre tutte le altre partecipanti venivano escluse per reputata anomalia delle loro rispettive offerte.
Avverso tali atti veniva proposto ricorso al T.A.R. per il Lazio dalla Trevio s.r.l. (di seguito, la TREVIO), una delle concorrenti la cui offerta era stata giudicata anomala, proponente un ribasso del 51 %.
La ricorrente con il proprio gravame, articolato su quattro motivi, impugnava anche i verbali di gara della Commissione deputata alla verifica della congruità delle offerte e le conclusioni espresse dal responsabile del procedimento sulla medesima valutazione.
Roma Capitale e la società controinteressata, costituitesi in giudizio, opponevano sulla base di analoghe controdeduzioni l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.
Interveniva inoltre ad opponendum la Cerere Immobiliare Appalti CIA S.r.l. (di seguito, la CERERE), che riferiva di avere impugnato con separato ricorso i medesimi provvedimenti oggetto del giudizio.
La ricorrente a seguito del deposito documentale effettuato da Roma Capitale proponeva motivi aggiunti avverso i provvedimenti già impugnati.
All’esito del giudizio il T.A.R. adìto, con la sentenza in epigrafe, accoglieva il ricorso della TREVIO, ravvisando la fondatezza dei seguenti profili di doglianza:
- la Commissione preposta non avrebbe tenuto conto delle giustificazioni anticipate dalla ricorrente con la nota del 13 settembre 2013 e sviluppate nell’ambito del contraddittorio svoltosi il successivo giorno 16;
- il giudizio di anomalia dell’offerta della TREVIO posto a base della sua esclusione non sarebbe stato sorretto da una motivazione neppure minimamente articolata:
- poiché il verbale del contraddittorio recava un giudizio positivo sull’offerta della ricorrente, l’operato dell’Amministrazione sarebbe stato affetto anche dai vizi di illogicità e contraddittorietà;
- infine, il Comune aveva operato sulla base di un’analisi comparativa della media delle offerte, laddove avrebbe dovuto specificamente motivare sugli squilibri imputabili proprio all’offerta della ricorrente.
Avverso la sentenza annullatoria emessa dal T.A.R. venivano proposti i presenti due appelli dell’Amministrazione e dell’aggiudicataria, che con percorsi argomentativi convergenti contestavano la fondatezza dei motivi del ricorso avversario accolti, concludendo per il rigetto dell’impugnativa di prime cure in riforma della sentenza in appello.
Ciascuna delle due appellanti si costituiva in giudizio anche, con atto di stile, nel procedimento promosso dal parallelo appello dell’altra.
Anche nel presente grado si costituiva in giudizio, inoltre, la CERERE, che instava per la conferma della sentenza di primo grado con il rigetto degli appelli.
L’originaria ricorrente, dal canto suo, resisteva agli appelli con due successive memorie.
La medesima, oltre a riproporre le proprie deduzioni di primo grado rimaste assorbite, eccepiva l’inammissibilità dei motivi d’appello sul rilievo di fondo che i presunti vizi della propria offerta di gara non fossero emersi nella deputata sede del procedimento di verifica della sua congruità, iter che non avrebbe invece evidenziato alcuno squilibrio dell’offerta.
La TREVIO faceva risalire l’inammissibilità degli appelli anche all’ulteriore circostanza che dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado il Comune aveva disposto, con nota del 4 settembre 2014, una nuova verifica di congruità sulla propria offerta, verifica che si assumeva essere terminata con esito favorevole alla deducente.
Infine, la TREVIO eccepiva l’improponibilità, l’inammissibilità, e comunque l’infondatezza dell’intervento della CERERE.
L’aggiudicataria replicava alle deduzioni dell’originaria ricorrente con una conclusiva memoria, con la quale eccepiva l’inammissibilità di talune delle deduzioni avversarie, in quanto motivi estranei al contenuto dell’originario ricorso introduttivo, e comunque opponeva l’infondatezza degli argomenti della TREVIO, insistendo per l’accoglimento del proprio appello.
Alla pubblica udienza del 25 novembre 2014 le due impugnative sono state trattenute in decisione.
1a Osserva in via preliminare la Sezione che occorre disporre la riunione degli appelli in esame, siccome proposti avverso la stessa sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 96, comma 1, CPA.
1b Sempre in via preliminare, va rilevato che non risultano intervenuti nuovi provvedimenti dell’Amministrazione sul tema della congruità dell’offerta economica dell’originaria ricorrente. Ne consegue l’infondatezza dell’eccezione in rito da questa dedotta muovendo dal presupposto esattamente opposto, il quale è rimasto indimostrato.
1c Va invece dichiarata, in accoglimento di un’altra eccezione della medesima TREVIO, l’inammissibilità dell’intervento spiegato nel primo grado di giudizio.
La CERERE, autonomo concorrente nella gara di cui si tratta collocatosi in posizione deteriore rispetto alla TREVIO, e già autore di autonoma impugnativa, nel proprio interesse, avverso l’esito della procedura, ha spiegato in questo diverso giudizio un intervento da essa definito adopponendum.
Poiché, dunque, la medesima CERERE aveva già promosso un apposito giudizio per la tutela delle proprie pretese discendenti dalla sua partecipazione alla gara, l’unico senso possibile del suo atto di intervento successivamente spiegato nell’ambito del presente contenzioso, attivato dalla TREVIO, sarebbe stato quello funzionale alla conferma del giudizio di anomalia che aveva colpito la (poziore) offerta di quest’ultima concorrente.
Il fatto è, tuttavia, che l’intervento di cui si tratta introduceva, in realtà, un thema decidendum suo proprio. E la prospettiva connotante l’intervento non era quella del sostegno -come si conviene ad un intervento adesivo dipendente- della posizione di un’altra parte processuale (quale che essa fosse), bensì inequivocabilmente quella della difesa diretta delle sole ragioni individuali della CERERE, con la denunzia delle illegittimità che l’avrebbero specificamente lesa.
L’interveniente, infatti, lungi dal controdedurre ai rilievi del ricorrente (come sarebbe stato congeniale allo schema proprio della sua forma, solo accessoria, di intervento), ha avanzato, in posizione di sostanziale indifferenza rispetto a tali rilievi, delle censure autonome avverso l’iter procedurale e le valutazioni conclusive dell’Amministrazione, rivendicando, in particolare :
- la congruità della propria offerta;
- la “minore congruità della offerta della ditta TREVIO rispetto alla ditta CERERE”;
- il “carattere maggiormente vantaggioso dell’offerta della CERERE … rispetto a quella della Soc. TREVIO”.
Ne consegue che lo schema dell’intervento è stato utilizzato, in modo del tutto atipico ed improprio, perseguendo l’obiettivo che (anche) la controversia inter alios venisse definita ad esclusivo vantaggio dell’interveniente. E questo, attraverso una sorta di “doppione” del ricorso già spiegato dalla stessa interveniente, riproponendo sic et simpliciter doglianze già dedottevi oppure aggiungendone di ulteriori, le quali avrebbero dovuto invece essere formulate nella sede propria e con le forme di rito.
Senza dire che le censure che la stessa parte ha indi mosso in questo grado avverso la sentenza in epigrafe, con il proprio atto di costituzione, addebitandole degli errores in procedendo e /o injudicando, avrebbero richiesto la proposizione da parte sua di un appello incidentale, dal momento che la parte ha speso in concreto, in giudizio, una posizione giuridica autonoma (cfr. l’art. 102 cpv. C.P.A.).
L’intervento va pertanto dichiarato inammissibile.
Le doglianze proprie della CERERE potranno essere vagliate solo, ove ritualmente dedottevi, nell’ambito dell’apposito, distinto giudizio da essa instaurato a suo tempo avverso l’Amministrazione e l’aggiudicataria.
2 Venendo al merito di causa, gli appelli in epigrafe sono fondati.
Il punto dal quale occorre muovere è senz’altro quello del valore giuridico da riconoscere ai contenuti espressi in calce al verbale di contraddittorio, i quali escludono la congruità dell’offerta economica dell’originaria ricorrente.
2a A questo riguardo occorre ricordare come il primo Giudice sia partito, nelle sue riflessioni, dalla ineccepibile considerazione che segue.
In via preliminare il Collegio ritiene che nessun rilievo possano assumere in questa sede le «perplessità» della società ricorrente in merito alla documentazione depositata da Roma Capitale e, in particolare, in merito alla copia del verbale di contraddittorio in data 16 settembre 2013, che risulterebbe diversa dalla copia del verbale medesimo in precedenza consegnata alla ricorrente. Infatti la società ricorrente per dimostrare la non genuinità di tale documento avrebbe dovuto proporre una querela di falso ai sensi dell’art. 8, comma 2, cod. proc. amm..”
2b Il Tribunale, pur avendo avviato la propria disamina con la premessa indicata, ha però mancato di trarre dal relativo capo di decisione (che, va pure notato, non è stato gravato) le sue logiche conseguenze.
In altre parole, il T.A.R. non ha tenuto conto della circostanza che proprio nei contenuti redatti in calce al verbale di contraddittorio, i quali si esprimevano in senso critico rispetto alla congruità dell’offerta della TREVIO, andava identificata la motivazione del giudizio di anomalia oggetto d’impugnativa.
L’accaduto emerge, del resto, con sufficiente chiarezza da una considerazione complessiva della documentazione in atti.
Il verbale del contraddittorio consegnato in copia all’azienda dava conto unicamente delle osservazioni da questa svolte al cospetto dell’ufficio, e di quant’altro avvenuto nell’unità di tempo considerata alla presenza dello stesso concorrente. Laddove le considerazioni conclusive dell’Amministrazione in ordine alla sostenibilità dell’offerta in scrutinio erano state invece espresse -mediante apposizione in calce al detto verbale- solo in seguito, dopo l’incontro, all’esito delle necessarie riflessioni e di tutti gli approfondimenti occorrenti alla bisogna.
Che la sequenza degli eventi sia stata quella esposta non solo è desumibile dagli stessi documenti già indicati, ma risulta comprovato dal “Verbale di chiusura delle verifiche di congruità” in atti. Questo, infatti, alla pag. 9, dà appunto atto che (solo) “al termine dei contraddittori la Commissione ha proceduto alla verifica di ogni singola offerta”, e di seguito ricostruisce in maniera minuziosa (pagg. 9-10) i passaggi logici della laboriosa operazione complessivamente posta in essere.
Lo stesso provvedimento conclusivo assunto dall’Amministrazione si richiama in modo diffuso al descrittomodus procedendi (ricostruito nei suoi passaggi essenziali specialmente nelle pagg. 10-12 del provvedimento), per giunta precisando che le offerte economiche scrutinate, tra cui quella dell’originaria ricorrente, erano state “ritenute anormalmente basse per le motivazioni dettagliatamente riportate nei rispettivi Verbali di contraddittorio e nel Verbale di chiusura delle verifiche di conguità” (pag. 12).
Da qui la definitiva conferma che proprio nelle dette valutazioni risiedeva la motivazione del giudizio di anomalia che ha colpito -tra le altre, anche - l’offerta dell’originaria ricorrente.
Sicché per ciò stesso cade l’eccezione di inammissibilità dei motivi d’appello sollevata dall’originaria ricorrente sul rilievo che i “presunti vizi della offerta TREVIO” richiamati dalle appellanti non sarebbero “maistati eccepiti” nel procedimento di verifica di congruità, atteso che anche questa eccezione si basa sull’infondato assunto che le argomentazioni in calce al verbale del contraddittorio sarebbero state estranee al procedimento.
3 Orbene, la valorizzazione delle considerazioni riportate in calce al verbale conduce inevitabilmente, già di per se stessa, alla conclusione dell’infondatezza di quasi tutte le censure all’azione di Roma Capitale convalidate dalla sentenza in epigrafe.
3a L’esistenza della relativa motivazione dimostra per ciò stesso l’inconsistenza della critica per cui il giudizio di anomalia dell’offerta della TREVIO non sarebbe stato sorretto da una motivazione neppure minimamente articolata.
3b Lo stesso vale per la censura di illogicità e contraddittorietà dell’azione del Comune, critica costruita sul presupposto che il verbale del contraddittorio recasse un giudizio positivo sull’offerta della ricorrente. Come si è detto, infatti, il verbale si limitava a registrare le deduzioni che l’impresa aveva sottoposto all’ufficio, il quale nell’immediato non aveva tuttavia espresso in proposito valutazioni di sorta (anche perché sarebbe stato assai arduo, per la Commissione, esprimere giudizi contestuali per un numero, oltretutto, tanto alto di offerte).
Come è già emerso, solo “al termine dei contraddittori la Commissione ha proceduto alla verifica di ogni singola offerta”, con i tempi tecnici necessari alla bisogna.
3c L’esistenza dell’approfondita motivazione espressa in calce al suddetto verbale denota, inoltre, come la Commissione abbia tenuto conto anche delle giustificazioni svolte dall’impresa nell’ambito del procedimento, pur nell’economia della sua più ampia ed approfondita disamina complessiva della congruità dell’offerta.
3d Resta da dire della critica riflettente il fatto che il Comune aveva operato sulla base di un’analisi comparativa della media delle offerte, laddove avrebbe dovuto specificamente motivare sugli squilibri che erano propri dell’offerta della ricorrente.
Anche questa censura si rivela infondata.
La diffusa motivazione svolta dall’Amministrazione ha evidenziato, in realtà, molteplici criticità specifiche dell’offerta della TREVIO, dando così inequivocabile dimostrazione che proprio quest’ultima ha costituito l’oggetto della relativa istruttoria amministrativa, che era intesa appunto alla diretta analisi delle caratteristiche sue proprie.
Come si desume, invero, sia dal “Verbale di chiusura delle verifiche di congruità” che dal provvedimento finale, la metodologia seguita è stata la seguente.
La Commissione ha operato dapprima una serie di confronti, esaminando ciascuna offerta alla luce dei prezzi recati dalla Tabella del Provveditorato alle Opere Pubbliche, ma anche (effettivamente) in base al valore medio di tutti i prezzi elementari della generalità delle offerte ammesse, nonché a quello del costo complessivo delle principali lavorazioni a base di gara. E in una seconda fase ha proceduto, appunto, all’analisi specifica di ciascuna offerta.
Se è vero, quindi, che l’Amministrazione, nel corso della propria laboriosa istruttoria, si è orientata anche alla luce del dato estrinseco di un’analisi comparativa della media delle offerte, a tale circostanza non può però riconoscersi alcuna attitudine viziante.
La motivazione del giudizio di anomalia impugnato è comunque, difatti, correttamente impostata -come si è detto- sui contenuti propri dell’offerta in discussione: e il principio di conservazione non permetterebbe di reputarla inficiata dalla presenza, in seno al complessivo percorso istruttorio seguito dal Comune, anche di valutazioni ulteriori.
L’esame degli atti di causa denota, inoltre, che l’impiego da parte dell’Amministrazione dell’analisi comparativa delle offerte è valso solo ad primo orientamento istruttorio, introduttivo alla vera e propria analisi dei contenuti di queste ultime. Esso è infatti servito, con l’impiego della Tabella del Provveditorato OO.PP., ad acquisire indicatori utili a porre in risalto le voci maggiormente sospette (a guisa, è stato detto, di “griglia di attenzione”), per poter poi concentrare l’analisi, nel prosieguo, su queste ultime, e indi sull’offerta nel suo insieme.
L’istruttoria compiuta risulta, pertanto, indenne da vizi di legittimità.
4 Una volta accertata l’infondatezza dei motivi dell’originario ricorso accolti dal primo Giudice, restano da esaminare quelli che il T.A.R. ha invece assorbito, e sono stati in questa sede riproposti.
Tali motivi concernono ex professo il tema della congruità dell’offerta della ricorrente.
4a La Sezione, peraltro, ritiene opportuno fare in merito delle precisazioni preliminari, per meglio ricordare la particolare condizione cui la Stazione appaltante si è trovata di fronte, e dar così ragione della peculiarità della situazione, indubbiamente singolare, venutasi a creare nel caso concreto.
La gara oggetto di causa era stata indetta con il metodo dell’aggiudicazione al massimo ribasso, previa esclusione automatica delle offerte anomale.
Le molte offerte pervenute alla Stazione appaltante esprimevano un valore medio dei ribassi estremamente elevato, al punto che: la soglia di anomalia era stata determinata in misura superiore al 50 % ; solo tre concorrenti avevano formulato un ribasso inferiore al 40 % ; la commessa sarebbe stata aggiudicata, se non si fosse proceduto ad un’estensione delle verifiche di anomalia, ad un offerente che aveva proposto un ribasso superiore al 56 % . Il prezzo a base d’asta era stato parametrato, peraltro, sulla Tariffa comunale per le opere edili ed impiantistiche, con procedimento che è rimasto immune da critiche.
Tutto ciò ha motivato la decisione dell’Amministrazione di avviare una generalizzata verifica di sostenibilità delle offerte ricevute, potendosi nutrire seri sospetti sulla loro serietà (con il conseguente pericolo che le concorrenti mirassero solo ad acquisire la commessa a qualunque condizione, per poi recuperare margini di utile attraverso prestazioni alla collettività del tutto scadenti).
Un consistente numero di concorrenti (quasi la metà) si è peraltro sottratto alla verifica, omettendo di presentare le giustificazioni richieste o di sottoporsi al contraddittorio (e solo, a quanto consta, due tra le rimanenti ditte, oltre venti, tra cui appunto la TREVIO, risultano avere contestato in giudizio la valutazione di anomalia che le ha colpite).
Il procedimento complessivo di valutazione della sostenibilità delle offerte è durato circa 12 mesi, passando attraverso più di trenta sedute.
Conclusivamente, l’aggiudicazione è andata alla concorrente che aveva offerto il ribasso meno marcato, che comunque era basato su una percentuale prossima al trenta per cento, e perciò integrava un ribasso decisamente cospicuo.
4b La Sezione ritiene a questo punto opportuno rammentare le principali acquisizioni giurisprudenziali che connotano il sindacato giudiziale esercitabile in questa materia, le quali possono essere così sintetizzate.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di appalti pubblici l'esame delle giustificazioni presentate dal soggetto tenuto a dimostrare la non anomalia dell'offerta è vicenda che rientra nella discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, per cui soltanto in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto, il Giudice della legittimità può intervenire, restando per il resto la capacità di giudizio confinata entro i limiti dell'apprezzamento tecnico proprio di tale tipo di discrezionalità (C.d.S., Ad.Pl., 29 novembre 2012, n. 36; V, 26 settembre 2013, n. 4761; 18 agosto 2010, n. 5848; 23 novembre 2010, n. 8148; 22 febbraio 2011, n. 1090).
La giurisprudenza è altresì saldamente orientata nel senso che, nel caso di ricorso proposto avverso il giudizio di anomalia dell'offerta presentata in una pubblica gara, il Giudice amministrativo possa sindacare le valutazioni compiute dall’Amministrazione sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, mentre non possa, invece, operare autonomamente la verifica della congruità dell'offerta presentata e delle sue singole voci, sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio -non erroneo né illogico- formulato dall'organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto, giacché così facendo il Giudice invaderebbe una sfera propria della P.A. (C.d.S., IV, 27 giugno 2011, n. 3862; V, 28 ottobre 2010, n. 7631).
Viene precisato, infine, che il giudizio di verifica della congruità di un'offerta potenzialmente anomala ha natura globale e sintetica, vertendo sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme. L'attendibilità della offerta va valutata, cioè, nel suo complesso, e non con riferimento alle singole voci di prezzo ritenute incongrue, avulse dall’incidenza che potrebbero avere sull'offerta economica nel suo insieme (Ad.Pl. n. 36/2012 cit.; V, 14 giugno 2013, n. 3314; 1° ottobre 2010, n. 7262; 11 marzo 2010 n. 1414; IV, 22 marzo 2013, n. 1633; III, 14 febbraio 2012, n. 710): questo ferma restando la possibile rilevanza del giudizio di inattendibilità che dovesse investire voci che, per la loro importanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economica implausibile e, per l'effetto, insuscettibile di accettazione da parte dell’Amministrazione, in quanto insidiata da indici strutturali di carente affidabilità (V, 15 novembre 2012, n. 5703; 28 ottobre 2010, n. 7631).
4c Tanto premesso, con maggiore aderenza alla fattispecie in controversia può essere osservato quanto segue.
L’analisi condotta in concreto dall’Amministrazione è stata approfondita e attentamente motivata.
La percentuale di ribasso offerta dall’appellata è decisamente ingente, superiore al 50 %, e il margine di utile che essa si è riservata, pari a 50.000 euro (il 5 %), è esiguo.
La concorrente, d’altra parte, non ha rivendicato in maniera puntuale di avere accesso ad alcuna particolare condizione agevolata, salvo che sul terreno del costo del personale (attraverso l’assunzione di lavoratori in mobilità): ma le criticità individuate nella sostenibilità della sua offerta prescindono sostanzialmente da quest’ultimo profilo.
Né l’appellata è pervenuta a dimostrare di poter disporre di metodiche produttive peculiari ed innovative.
4d La medesima nel primo grado di giudizio non ha contestato né la decisione della Stazione appaltante di sottoporre a verifica di anomalia la generalità delle offerte ricevute, né la sua valutazione circa la congruità dell’offerta dell’aggiudicataria definitiva. Le sue doglianze riguardavano unicamente la valutazione di anomalia che aveva colpito la propria offerta.
Ne consegue che i rilievi formulati in questo grado di giudizio che esorbitano da tale alveo non possono essere presi in considerazione, in quanto inammissibili motivi nuovi.
Ciò premesso, le deduzioni della TREVIO non permettono di ravvisare alcuna “manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza” nei giudizi espressi dalla Commissione.
La parte non assolve, infatti, il proprio impegnativo onere argomentativo di dimostrare che le valutazioni dell’Amministrazione sarebbero affette da vizi siffatti.
Essa, nel merito, si limita in sostanza a contrapporre alle impugnate valutazioni dell’Amministrazione delle proprie opinioni di segno opposto, ossia una rivendicazione di plausibilità e congruità delle sue previsioni. Con ciò, però, essa adopera un registro critico intrinsecamente inidoneo a far emergere a carico dell’avversata esclusione gli oggettivi vizi logici appena detti.
Da parte sua non sono stati svolti argomenti idonei a censurare il modo in cui la Stazione appaltante ha fatto uso del proprio potere di apprezzamento tecnico-discrezionale (e a dimostrare, fra l’altro, anche l’essenzialità dei suoi errori di valutazione ipoteticamente supposti).
Semmai, in sostanza, è stato chiesto al Giudice adìto di sostituire l’esercizio del suddetto potere amministrativo mediante il proprio, domandando in definitiva al primo di sindacare il merito delle valutazioni espresse dalla Stazione appaltante.
4e In particolare, con specifico riguardo alle valutazioni che hanno riguardato i c.d. prezzi elementari possono farsi comunque le seguenti osservazioni.
Dall’appellata non è stata addotta alcuna valida ragione per contestare l’applicabilità, nella vicenda, della tabella prezzi del Provveditorato alle Opere Pubbliche per il Lazio (tabella impiegata, tra l’altro, solo al netto di un’alea del 20 % ).
L’impresa si è limitata a far osservare che il bando richiamava a fondamento della gara, come si è già visto, i dati di una diversa fonte, ossia la Tariffa comunale per le opere edili ed impiantistiche. Il fatto è, però, che anche rispetto a tale fonte l’offerta in scrutinio si era segnalata, già in partenza, sempre per la marcata entità del suo ribasso. Sarebbe stato, allora, onere dell’appellata dimostrare in modo analitico, contro le apparenze, la reale funzionalità alle proprie tesi del diverso sistema di prezzi da essa invocato: ma nessun principio di dimostrazione è stato fornito neppure da questa angolazione.
Fatta questa prima puntualizzazione, occorre subito dire che l’offerta dell’appellata ha fatto segnare, alla luce della tabella del Provveditorato OO.PP., con ben 11 voci su 14 collocate al di sotto dei minimi registrati, un’elevatissima percentuale di non congruità (incongruità diffusa che i successivi raffronti compiuti in sede di analisi comparativa delle offerte si sono limitati a confermare).
L’offerente non ha fornito, inoltre, elementi suscettibili di inficiare la valutazione di sintesi ragionevolmente basata dall’Amministrazione sulle convergenze dei relativi indicatori: anche perché quando un valore è incongruo esso non cessa di essere tale sol perché l’offerente sia riuscito a procacciarsi un contratto allineato ad esso, contratto sul cui buon fine non potranno non rifluire le incertezze ingenerate dalla scarsa affidabilità del dato economico di partenza.
4f Ancora più evidente è, poi, il quadro delle valutazioni espresse dall’Amministrazione sulle “lavorazioni principali”.
Rispetto ad esse la Commissione ha illustrato a verbale in modo analitico e compiuto le ragioni specifiche per cui rispetto ad un elevato numero di voci (almeno 9) le criticità inizialmente individuate dovevano essere confermate anche all’esito dell’istruttoria procedimentale.
E le doglianze articolate in proposito dalla TREVIO presentano le carenze che sono state già anticipate nel precedente paragr. 4d.
4g Altro e decisivo profilo è, infine, quello della polizza richiesta ai concorrenti, tema sul quale occorre maggiormente intrattenersi.
La Commissione ha osservato che l’impresa aveva allegato un preventivo di polizza della compagnia Donau Vienna Insurance Group per un premio di importo annuale di 11.500 euro, importo da essa reputato sottostimato in quanto da confrontare con il costo medio, per il tipo di copertura richiesto, di 160.000 euro annui.
E’ stato rilevato, inoltre, che la polizza prevedeva un diritto di rivalsa della compagnia nei confronti dell’Amministrazione, ciò che non sarebbe stato ammissibile.
Ora, è agevole convenire con le appellanti che il riscontrato sottodimensionamento del premio della polizza, stante l’entità del differenziale in gioco, sarebbe, anche di per sé solo, già determinante ai fini di causa, data la limitatezza dell’utile (50mila euro) che l’appellata si riprometterebbe di trarre dalla commessa.
E nemmeno sul punto le doglianze dell’appellata risultano convincenti.
Questa ha dedotto solo in via del tutto generica ed apodittica che il valore medio di euro 160.000 non sarebbe congruo per l’appalto di cui trattasi, in quanto riferito a polizze per appalti di grande viabilità, con estensioni enormemente maggiori e incidenze di rischio superiori per entità di traffico, velocità, etc..
Quand’anche, comunque, la Sezione avesse riguardo, in luogo dell’ammontare appena detto, al più modesto importo di premio di 79.500 euro, ossia quello che il provvedimento impugnato ricollega al preventivo della Reale Mutua allegato dall’aggiudicataria, il differenziale rispetto al premio indicato dall’appellata non cesserebbe di essere tale da assorbire pienamente l’utile indicato da quest’ultima, e finanche una parte della sua voce di spese generali.
L’appellata deduce, inoltre, di essersi già avvalsa della medesima polizza ai fini di un proprio analogo contratto d’appalto con il Comune di Roma, onde la sua appropriatezza non avrebbe potuto essere messa in discussione.
La controinteressata ha peraltro posto in evidenza, senza incontrare obiezioni, la diversità delle caratteristiche del prodotto assicurativo rispettivamente richiesto dalle due procedure, e segnatamente i ben più elevati e articolati massimali richiesti dalla legge della presente gara rispetto alla precedente lex specialis. Sicché anche questo argomento dell’appellata deve essere disatteso.
Quanto alla dichiarazione confermativa della compagnia Donau esibita dall’appellata, quanto appena esposto fa sì che non esistano elementi sufficienti a poterla riferire ad un impegno pienamente satisfattivo delle specifiche prescrizioni proprie della presente gara.
Con riferimento, poi, al diritto di rivalsa della compagnia assicuratrice nei confronti dell’Amministrazione, l’appellata obietta che la Commissione non ha considerato che la sua polizza “contiene solo la pleonastica norma secondo la quale può rivalersi sul Comune solo in caso di «responsabilità accertata del Comune»”. Obiezione che non vale tuttavia a cancellare la difformità emersa tra polizza e disciplina di gara.
D’altra parte, se è vero che la necessità di munirsi della polizza in discussione “riguardava la fase esecutiva”, è però evidente che il costo in essa insito doveva essere valutato sin dalla formulazione dell’offerta di gara, ed assurgeva a posta significativa nell’ambito della relativa verifica di congruità.
4h In definitiva, poiché le considerazioni che precedono valgono a confermare l’impugnata valutazione di incongruità sotto profili già ampiamente sufficienti a sorreggerla e giustificarne il fondamento, non vi è luogo ad esaminare i minuti rilievi di parte appellata che residuerebbero, i quali si rivelano inidonei ad incidere sull’esito del giudizio e, pertanto, sprovvisti di interesse.
5 In conclusione gli appelli devono essere accolti, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, l’originario ricorso introduttivo va nel suo insieme respinto.
Si rinvengono, tuttavia, ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, li accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Dichiara inammissibile l’intervento della Cerere Immobiliare Appalti Cia S.r.l..
Compensa tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 25 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


venerdì 16 gennaio 2015

CONFERENZE: "Dalla giustizia amministrativa al Diritto Processuale Amministrativo" (Consiglio di Stato, Sala Pompeo, 15.01.2015, ore 16:00).


CONFERENZE: 
"Dalla Giustizia amministrativa 
al Diritto Processuale Amministrativo"
 (Consiglio di Stato, Sala di Pompeo - 
15.01.2015, ore 16:00)


Beh, a questo Convegno proprio non si può mancare.
Sono curioso di sapere, peraltro, se verrà toccato il tema della "riforma" dei rimedi giudiziali (di cui al d.P.R. n. 1199/1971), che fu stralciata dal Codice del Processo Amministrativo con scelta che, a posteriori, non fu troppo felice (l'ho sentito spesso dire anche al già Presidente De Lise).
Senza aprire il "vaso di Pandora" della tematica dei ricorsi amministrativi non giurisdizionali, può ben dirsi comunque che il passaggio dalla "Giustizia Amministrativa" al Diritto Processuale Amministrativo", per esser vero e significativo, non può obliterare una Riforma (basti pensare alla fase istruttoria, curata interamente dalla P.A., su cui si basa tutt'oggi il ricorso al Presidente della Repubblica, che solo al suo esito recupera le tutela processuali con il parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato).
A presto.




giovedì 15 gennaio 2015

ELEZIONI FORENSI: il T.A.R. capitolino torna sui suoi passi: si vota regolarmente (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, ordinanza 15 gennaio 2015, n. 151).


ELEZIONI FORENSI: 
il T.A.R. capitolino torna sui suoi passi: 
si vota regolarmente 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I,
 ordinanza 15 gennaio 2015, n. 151)


Su Altalex trovate l'ordinanza gemella n. 155/15 (principale ricorrente l'Associazione Nazionale Forense - A.N.F.).
Qui trovate la 151/15 (principale ricorrente l'Associazione Nazionale Avvocati Italiani - A.N.A.I.).
L'ordinanza è ben motivata: e svolte l'elezioni... Dubito altamente (direi sul piano "metagiuridico" più che "giuridico") dell'accoglimento del ricorso nel merito!

L'art. 28, commi 2 e 3 della L. n. 247/2012 (c.d. Legge professionale), recita: 
"2. I componenti del consiglio sono eletti dagli iscritti con voto segreto in base a regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite. Il regolamento deve prevedere, in ossequio all'articolo 51 della Costituzione, che il riparto dei consiglieri da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i generi. Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo dei consiglieri eletti. La disciplina del voto di preferenza deve prevedere la possibilità di esprimere un numero maggiore di preferenze se destinate ai due generi. Il regolamento provvede a disciplinare le modalità di formazione delle liste ed i casi di sostituzione in corso di mandato al fine di garantire il rispetto del criterio di riparto previsto dal presente comma. Hanno diritto al voto tutti coloro che risultano iscritti negli albi e negli elenchi dei dipendenti degli enti pubblici e dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti, il giorno antecedente l'inizio delle operazioni elettorali. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall'esercizio della professione.
"3. Ciascun elettore può esprimere un numero di voti non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondati per difetto".


Massima

Una corretta lettura dei commi 2 e 3 dell’art. 28, l. 31 dicembre 2012, n. 247, dei quali il Ministro, nell’impugnato Regolamento sulle modalità di elezione dei componenti dei Consigli degli ordini circondariali forensi di cui al decreto 10 novembre 2014, ha dato corretta attuazione;
Considerato che la questione sottesa alla materia del contendere è il rapporto tra il comma 2 e il comma 3 del citato art. 28, e cioè se, come sostiene parte ricorrente, gli stessi introducono disposizioni autonome tra loro - con la conseguenza che il Regolamento previsto dal comma 2 non può modificare la disciplina dettata ex lege dal successivo comma 3 perché non coperto da delega - oppure se il comma 2 introduce una deroga alla previsione del successivo comma 3;
Considerato che il comma 2 del citato art. 28 si è prefisso lo scopo di assicurare, ai sensi dell’art. 51 Cost., l’equilibrio tra i generi e lo fa attraverso una serie di disposizioni, la cui attuazione è rimessa alla disciplina regolamentare delegata al Ministro della giustizia;
Considerato infatti che il citato comma 2 da un lato garantisce la tutela del genere meno rappresentato in seno al neo eletto Consiglio dell’Ordine, prevedendo che almeno un terzo dei seggi sia occupato dallo stesso; dall’altro invece tutela il genere nella fase della manifestazione del voto, prevedendo la possibilità di esprimere un numero maggiore di preferenze se destinate ai due generi;
Considerato che il comma 3 ha invece disciplinato la manifestazione del voto, prevedendo che ogni elettore non può esprimere un numero di voti superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere;
Considerato che, tale essendo il contenuto dei commi 2 e 3, il comma 2, nella parte in cui (quarto alinea) disciplina la manifestazione del voto al dichiarato fine di tutelare i generi, prevedendo la possibilità di esprimere “un numero maggiore di preferenze” se destinate ai due generi, introduce una deroga alla disciplina generale dettata dalla stessa legge sull’espressione di voto, e quindi una deroga al comma 3;
Considerato che è proprio il tenore letterale del quarto alinea del comma 2 a confermare tale conclusione, atteso che, nell’introdurre la possibilità di esprimere un numero di preferenze “maggiore”, non può avere come unità di riferimento se non quella individuata, in via generale, dal comma 3, id est i due terzi;
Considerato che lo stesso quarto alinea del comma 2, non individuando un limite a tale deroga, perché precisa solo che il numero di preferenze da esprimere deve essere “maggiore”, lascia al Regolamento la possibilità di disciplinare il sistema di voto nel caso in cui le preferenze siano espresse nei confronti di entrambi i generi;
Considerato che, tale essendo l’interpretazione che della normativa primaria deve essere data, il Regolamento, nelle disposizioni dettate dal combinato disposto degli artt. 7 e 9, non appare porsi in contrasto con essa;
Visto il comma 1 dell’art. 7, che prevede che le liste possono recare le indicazioni dei nominativi fino ad un numero pari a quello complessivo dei consiglieri da eleggere nell’ipotesi in cui i candidati appartengano ai due generi e a quello meno rappresentato sia riservato almeno un terzo dei componenti della lista, arrotondato per difetto all’unità inferiore;
Visto l’art. 9, comma 5, dell’impugnato Regolamento che, per la sola ipotesi di voto destinato ai due generi, prevede che le preferenze possono essere espresse in misura pari al numero complessivo dei componenti del Consiglio da eleggere, fermo il limite massimo dei due terzi per ciascun genere, mentre il successivo comma 6 dello stesso art. 9, nel solo caso di voto non destinato ai due generi, dispone che l’elettore possa esprimere un numero di preferenze non superiore ai due terzi dei componenti del Consiglio da eleggere, pena la nullità della scheda;
Considerato dunque che la possibilità, prevista dal comma 5 dell’art. 9, di esprimere tante preferenze quanti sono i componenti del Consiglio da eleggere è applicazione della previsione – disposta a garanzia dell’equilibrio tra i generi – del quarto alinea del comma 2 dell’art. 28, l. n. 247 (id est, la possibilità di esprimere “un numero maggiore di preferenze” se destinate ai due generi), come attesta la dichiarata condizione, posta dal comma 5, che il voto sia destinato ai due generi;
Ritenuto che ad analoga conclusione deve pervenirsi per l’ipotesi in cui le liste rechino le indicazioni dei nominativi fino ad un numero pari a quello complessivo dei consiglieri da eleggere (comma 1 dell’art. 7) e il voto è espresso indicando la lista (comma 4 dell’art. 9), atteso che in tale ultima ipotesi la circostanza che votando la lista il voto sia attribuito ad ognuno dei suoi componenti è limitata all’ipotesi – espressa nel comma 1 dell’art. 7 come condizione per indicare tanti nominativi quanti sono i consiglieri da eleggere - che i candidati appartengono ai due generi;
Considerato che per le ragioni sopra esposte le disposizioni regolamentari non appaiono inficiate dai profili di illegittimità dedotti da parte ricorrente;

Considerato altresì che non può dubitarsi neanche della conformità a Costituzione della normativa primaria, che offre una particolare tutela al genere meno rappresentato, e ciò in quanto il comma 2 dell’art. 28, l. n. 247 del 2012 è volto a dare effettività al principio di pari opportunità tra donne e uomini, principio che trova tutela a livello costituzionale ai sensi dell’art. 51 Cost., richiamato peraltro proprio nel predetto comma 2.

Ordinanza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 15512 del 2014, proposto da: Anai Associazione Nazionale Avvocati Italiani, De Tilla Maurizio, Prosperetti Giulio, Stoppani Isabella Maria, Fraioli Antonio Leonardo, Prosperetti Eugenio, Pascali Giulio, Simeoni Olga, Zazza Roberto, Pozzaglia Pietro, Graziano Alessandro, Palombi Walter, Aversa Nilia, Shuli Flonja, Bellini Cristina, Bosco Maria Grazia, Silva Elisabetta, Finelli Antonio, Marino Manlio, Valcepina Chiara, Straniero Alessio, Belloni Silvia, Giannini Edilberto, Caterina Bruno Mario, Acampora Claudio, Renzella Roberto, Ferraro Nicola, Andretta Maria, Cerulli Danilo, Longino Lombardi Gilda, De Tilla Caterina, Esposito Andrea, Borgo Brunella, Carnevale Nadia Giuseppina, Raffa Maria Carmen, Attanasio Francesco, Straticò Maria Francesca, Di Sanzo Daniela, Mari Vincenzo, Bria Giancarlo, Laghi Domenico, Aiello Giusy, Malomo Fanny, Bellusci Mario, Niger Pompeo, Aversa Angela, Amato Rosalba, Chimenti Carmine, Verrina Elisabetta, Farciniti Teresa, rappresentati e difesi dagli avv.ti Isabella Maria Stoppani e Giulio Prosperetti, con domicilio eletto presso l’avv. Isabella Maria Stoppani in Roma, Via Brenta, 2/A;

contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall' Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Domenico Condello, Antonella Anselmo, Angelo Cugini, Maria Grazia Leuci, Giorgio Lombardi, Edmondo Tomaselli, Stefano Toro, Elisa Traversa, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Condello in Roma, Via Cardinal De Luca, n. 1;
avv. Nicoletta Giorgi e dell’Associazione Italiana dei Giovani Avvocati, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Maria Caianiello, con domicilio eletto presso l’avv. Angela Fiorentino in Roma, Via E. Q. Visconti n. 11;
ad opponendum:
Marco Saraceno, rappresentato e difeso dall'avv. Orazio Abbamonte, con domicilio eletto presso o stesso avv. Orazio Abbamonte in Roma, Via Terenzio, 7; 
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
decreto del Ministro della Giustizia del 10.11.2014, n. 170, in G.U. n. 273 del 24.11.2014, nonchè di tutti gli atti del sottostante procedimento amministrativo, presupposti, preordinati, preparatori, connessi e conseguenti, segnatamente i conseguenti bandi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti gli atti di intervento ad adiunvandum e ad opponendum;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2015 il cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto necessario rinviare alla più approfondita fase di merito l’esame della questione, di indubbio spessore, relativa all’ammissibilità del ricorso per essere stato proposto prima dell’esito delle elezioni, e dunque prima che il risultato dello spoglio confermi se effettivamente la norma regolamentare impugnata abbia, come sostiene parte ricorrente, creato un vulnus alle minoranze, possibilità questa legata ad una serie di fattori – e dunque evento tutt’altro che certo – quali il numero delle liste, la modalità di espressione del voto (alla lista e non ai singoli candidati), ecc.;
Ritenuto di poter prescindere, nella presente fase cautelare, anche dalla verifica dell’ammissibilità sia dell’atto di intervento ad opponendum che dell’atto di intervento ad adiuvandum – quest’ultimo in considerazione del principio secondo cui lo stesso non può essere proposto dal titolare di una posizione giuridica direttamente tutelabile con una propria impugnativa ma solo dal titolare di una posizione dipendente da quella del ricorrente principale (Cons. St., sez. IV, 12 marzo 2013, n. 1480) – e dell’eventuale possibilità, sussistendone tutti i presupposti, di trasformare l’intervento adesivo in ricorso autonomo;
Considerato infatti che i motivi di ricorso non appaiono assistiti da sufficiente fumus alla luce di una corretta lettura dei commi 2 e 3 dell’art. 28, l. 31 dicembre 2012, n. 247, dei quali il Ministro, nell’impugnato Regolamento sulle modalità di elezione dei componenti dei Consigli degli ordini circondariali forensi di cui al decreto 10 novembre 2014, ha dato corretta attuazione;
Considerato che la questione sottesa alla materia del contendere è il rapporto tra il comma 2 e il comma 3 del citato art. 28, e cioè se, come sostiene parte ricorrente, gli stessi introducono disposizioni autonome tra loro - con la conseguenza che il Regolamento previsto dal comma 2 non può modificare la disciplina dettata ex lege dal successivo comma 3 perché non coperto da delega - oppure se il comma 2 introduce una deroga alla previsione del successivo comma 3;
Considerato che il comma 2 del citato art. 28 si è prefisso lo scopo di assicurare, ai sensi dell’art. 51 Cost., l’equilibrio tra i generi e lo fa attraverso una serie di disposizioni, la cui attuazione è rimessa alla disciplina regolamentare delegata al Ministro della giustizia;
Considerato infatti che il citato comma 2 da un lato garantisce la tutela del genere meno rappresentato in seno al neo eletto Consiglio dell’Ordine, prevedendo che almeno un terzo dei seggi sia occupato dallo stesso; dall’altro invece tutela il genere nella fase della manifestazione del voto, prevedendo la possibilità di esprimere un numero maggiore di preferenze se destinate ai due generi;
Considerato che il comma 3 ha invece disciplinato la manifestazione del voto, prevedendo che ogni elettore non può esprimere un numero di voti superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere;
Considerato che, tale essendo il contenuto dei commi 2 e 3, il comma 2, nella parte in cui (quarto alinea) disciplina la manifestazione del voto al dichiarato fine di tutelare i generi, prevedendo la possibilità di esprimere “un numero maggiore di preferenze” se destinate ai due generi, introduce una deroga alla disciplina generale dettata dalla stessa legge sull’espressione di voto, e quindi una deroga al comma 3;
Considerato che è proprio il tenore letterale del quarto alinea del comma 2 a confermare tale conclusione, atteso che, nell’introdurre la possibilità di esprimere un numero di preferenze “maggiore”, non può avere come unità di riferimento se non quella individuata, in via generale, dal comma 3, id est i due terzi;
Considerato che lo stesso quarto alinea del comma 2, non individuando un limite a tale deroga, perché precisa solo che il numero di preferenze da esprimere deve essere “maggiore”, lascia al Regolamento la possibilità di disciplinare il sistema di voto nel caso in cui le preferenze siano espresse nei confronti di entrambi i generi;
Considerato che, tale essendo l’interpretazione che della normativa primaria deve essere data, il Regolamento, nelle disposizioni dettate dal combinato disposto degli artt. 7 e 9, non appare porsi in contrasto con essa;
Visto il comma 1 dell’art. 7, che prevede che le liste possono recare le indicazioni dei nominativi fino ad un numero pari a quello complessivo dei consiglieri da eleggere nell’ipotesi in cui i candidati appartengano ai due generi e a quello meno rappresentato sia riservato almeno un terzo dei componenti della lista, arrotondato per difetto all’unità inferiore;
Visto l’art. 9, comma 5, dell’impugnato Regolamento che, per la sola ipotesi di voto destinato ai due generi, prevede che le preferenze possono essere espresse in misura pari al numero complessivo dei componenti del Consiglio da eleggere, fermo il limite massimo dei due terzi per ciascun genere, mentre il successivo comma 6 dello stesso art. 9, nel solo caso di voto non destinato ai due generi, dispone che l’elettore possa esprimere un numero di preferenze non superiore ai due terzi dei componenti del Consiglio da eleggere, pena la nullità della scheda;
Considerato dunque che la possibilità, prevista dal comma 5 dell’art. 9, di esprimere tante preferenze quanti sono i componenti del Consiglio da eleggere è applicazione della previsione – disposta a garanzia dell’equilibrio tra i generi – del quarto alinea del comma 2 dell’art. 28, l. n. 247 (id est, la possibilità di esprimere “un numero maggiore di preferenze” se destinate ai due generi), come attesta la dichiarata condizione, posta dal comma 5, che il voto sia destinato ai due generi;
Ritenuto che ad analoga conclusione deve pervenirsi per l’ipotesi in cui le liste rechino le indicazioni dei nominativi fino ad un numero pari a quello complessivo dei consiglieri da eleggere (comma 1 dell’art. 7) e il voto è espresso indicando la lista (comma 4 dell’art. 9), atteso che in tale ultima ipotesi la circostanza che votando la lista il voto sia attribuito ad ognuno dei suoi componenti è limitata all’ipotesi – espressa nel comma 1 dell’art. 7 come condizione per indicare tanti nominativi quanti sono i consiglieri da eleggere - che i candidati appartengono ai due generi;
Considerato che per le ragioni sopra esposte le disposizioni regolamentari non appaiono inficiate dai profili di illegittimità dedotti da parte ricorrente;
Considerato altresì che non può dubitarsi neanche della conformità a Costituzione della normativa primaria, che offre una particolare tutela al genere meno rappresentato, e ciò in quanto il comma 2 dell’art. 28, l. n. 247 del 2012 è volto a dare effettività al principio di pari opportunità tra donne e uomini, principio che trova tutela a livello costituzionale ai sensi dell’art. 51 Cost., richiamato peraltro proprio nel predetto comma 2;
Ritenuto pertanto che non sussistono i presupposti previsti per l’accoglimento dell’istanza cautelare.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
Respinge la suindicata domanda incidentale di sospensione dell’impugnato regolamento approvato con decreto del Ministro della Giustizia del 10.11.2014, n. 170.
Compensa tra le parti in causa le spese della presente fase di giudizio.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
Roberta Cicchese, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)