sabato 15 marzo 2014

APPALTI: il concetto di manutenzione va riferito agli appalti servizi e non di lavori (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, sentenza 3 aprile 2012 n. 1549).


APPALTI: 
il concetto di manutenzione 
va riferito agli appalti servizi 
e non di lavori 
(T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 
sentenza  3 aprile 2012 n. 1549). 



Art. 3 (Definizioni) co. 1 lett. n) d.P.R. 207/2010:

"n) manutenzione: la combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare un’opera o un impianto nella condizione di svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto; ...". 
Qui non mi sembra vi sia alcun riferimento al quid novi indicato dalla giurisprudenza...


Massima

1.  Il concetto di "manutenzione" va fatto rientrare nei lavori pubblici qualora l'attività dell'appaltatore comporti un'attività prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica, con l'utilizzazione, la manipolazione e l'installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale. 
2.  A conferma l'allegato II - A del D.Lgs. n. 163/06 annovera, fra le categorie dei servizi, quelli di "manutenzione e riparazione", "pulizia degli edifici e gestioni immobiliari" ed "eliminazione di scarichi di fogna… e servizi analoghi" costituenti il nucleo essenziale delle prestazioni richieste nel caso di specie.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4126 del 2011, proposto da:
Azienda Vivaistica Marrone Forniture Appalti Generali S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Di Martino, con domicilio eletto in Napoli, Riviera di Chiaia, n. 180; 
contro
Autostrade Meridionali S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Abbamonte, con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci, n. 16; 
nei confronti di
Crisci Verde Pubblico S.r.l.; 
per l'annullamento
degli atti della procedura denominata “indagine di mercato” posta in essere da Autostrade Meridionali s.p.a. per l’affidamento del servizio di manutenzione, conservazione e rinnovo delle opere in verde e pulizia del ciglio della strada, regolazione idraulica, asse autostradale, svincoli e pertinenze, ivi comprese le lettere prot. SAM/NA/23.03.11/0001952/EU, prot. SAM/NA/25.03.11/0001975/EU, prot. SAM/NA/15.06.11/0003419/EU, prot. SAM/NA/23.06.11/0003525/EU, nonché dei verbali di gara e del Capitolato Speciale di Appalto, del bando e del disciplinare e tutti gli atti connessi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autostrade Meridionali S.p.A.;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2012 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La ricorrente, seconda in graduatoria, ha impugnato gli atti indicati in epigrafe concernenti la procedura di affidamento, da parte delle Autostrade Meridionali s.p.a., del servizio di manutenzione, conservazione e rinnovo delle opere in verde e pulizia del ciglio della strada, regolazione idraulica, asse autostradale, svincoli e pertinenze, aggiudicato in favore di Crisci verde pubblico s.r.l..
Ha resistito in giudizio la Autostrade Meridionali S.p.a. chiedendo la reiezione del ricorso.
Alla camera di consiglio del 14 settembre 2011 la causa è stata cancellata dal ruolo delle istanze cautelari. Alla pubblica udienza del 3 marzo 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO
E’ controversa in giudizio la legittimità della procedura con cui la Società Autostrade Meridionali S.p.a. ha inteso affidare il servizio di manutenzione, conservazione e rinnovo delle opere in verde e pulizia del ciglio della strada, regolazione idraulica, asse autostradale, svincoli e pertinenze .
La società Autostrade Meridionali s.p.a, pur definendola “indagine di mercato”, avrebbe indetto una procedura negoziata, senza pubblicazione del bando di gara, per procedere all’aggiudicazione del nuovo contratto, invitando alcune ditte a formulare la propria miglior offerta al ribasso. La procedura, tuttavia, sarebbe stata condotta in violazione dei principi e delle regole che presiedono allo svolgimento delle pubbliche gare.
In particolare, con tre distinti motivi di censura, la ricorrente lamenta l’inosservanza della procedura di evidenza pubblica, la violazione del principio di pubblicità e di trasparenza delle operazioni di gara, il mancato rispetto dell’articolo 11 del codice degli appalti pubblici in materia di stipula del contratto.
La resistente società Autostrade Meridionali ha, in contrario, sostenuto che non si sarebbe trattato di una pubblica gara, ma di una indagine di mercato, che il principio della pubblicità delle sedute di gara non è, comunque, previsto dagli artt. 149-151 ss. del d.lgs. 163/06, asseritamente applicabili al caso di specie in ragione della natura di concessionaria di lavori pubblici della stazione appaltante (art. 142 d.lgs. 163/06).
In sede di memoria la ricorrente ha, a sua volta, sostenuto l’improprietà della qualificazione della procedura in termini di indagine di mercato ed il suo assoggettamento alle regole della evidenza pubblica, in ragione: della ritenuta natura di organismo di diritto pubblico della Autostrade Meridionali s.p.a.; del fatto che il servizio di pulizia oggetto d’appalto rientra nell’ambito della concessione amministrativa affidata dall’ANAS alle Autostrade Meridionali s.p.a. – trattandosi di attività strumentali e ausiliarie rispetto all’attività di costruzione e gestione dell’autostrada e avendo tali servizi a oggetto immobili (ciglio della strada, regolazione idraulica, asse autostradale, svincoli e pertinenze) correlati alla convenzione di concessione. Ha, altresì, argomentato che, anche ove si fosse trattato di una trattativa privata, non sarebbe ricorsa alcuna delle ipotesi in cui la legge consente il ricorso a procedure negoziate senza pubblicazione del bando e che, in ogni caso, sarebbe stato necessario rispettare i principi di trasparenza e par condicio, tra cui quello di pubblicità della fase dei apertura delle buste contenenti le offerte economiche.
Il ricorso non può essere accolto, secondo quanto già statuito da questa Sezione (sent. n. 25280 del 2010), con decisione da cui non vi sono motivi per discostarsi.
Nel caso in esame, si verte di atti posti in essere da un soggetto che non risulta tenuto, nella scelta del contraente, all’applicazione della normativa europea ovvero al rispetto del procedimento di evidenza pubblica previsto dalla disciplina nazionale. Ed invero (cfr. C.d.S. a.p. n. 16 del 2011) le imprese pubbliche non sono in quanto tali e in termini generali contemplate tra le “amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori” tenuti all’osservanza della disciplina degli appalti nei settori ordinari (art. 32, d.lgs. n. 163/2006).
Non risulta infatti, allo stato degli atti, la ricorrenza dei necessari presupposti perché la società Autostrade Meridionali possa essere classificata come amministrazione aggiudicatrice o organismo equiparato (non essendo neppure dedotto, in primis, il suo finanziamento pubblico maggioritario), né, occorre aggiungere, le società concessionarie autostradali sono più soggette all’obbligo di agire a tutti gli effetti come amministrazioni aggiudicatrici negli affidamenti di forniture, servizi e lavori di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (secondo quanto in passato previsto dall’art. 11, co. 5, della legge n. 498/92 nel testo modificato dall’art. 1, co. 1030, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), bensì, qualora esse stesse non siano amministrazioni aggiudicatrici, solo alla osservanza degli artt. 142, co. 4, e 253, co. 25., d.lgs. 163/06 nel caso specifico di affidamento a terzi di lavori (art. 11, co. 5, legge n. 498/92 nel testo vigente), laddove nella controversia in esame si verte di un affidamento di servizi.
Non può condividersi l'affermazione del ricorrente secondo cui, nel caso in esame, non si è presenza di servizi, poiché le prestazioni dedotte in contratto rientrerebbero nella categoria specializzata OS 24 (lavori di verde e arredo urbano).
Sul punto occorre considerare che l’oggetto dell’appalto (per come analiticamente descritto nel punto 2 del capitolato speciale) indica le lavorazioni richieste, fra cui spiccano gli interventi di pulizia e manutenzione del verde, mentre i lavori previsti sono minimi (come lo scavo per i fossi) e strettamente strumentali all’attività stessa.
Come chiarito dalla giurisprudenza, il concetto di "manutenzione" va fatto rientrare nei lavori pubblici qualora l'attività dell'appaltatore comporti un'attività prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica, con l'utilizzazione, la manipolazione e l'installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale (cd. "quid novi": cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16/12/1998, n. 1680; Cons. Stato, sez. V, 04/05/2001, n. 2518 e la più recente Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005 n. 537).
Non a caso l’allegato II-A al codice dei contratti pubblici annovera, fra le categorie dei servizi, quelli di “manutenzione e riparazione”, “pulizia degli edifici e gestioni immobiliari” ed “eliminazione di scarichi di fogna … e servizi analoghi”, che costituiscono il nucleo essenziale delle prestazioni richieste.
Ne discende che la manutenzione stradale rientra nelle categorie oggetto degli appalti di servizi (sistema che non costituisce comunque un minus rispetto a quello di lavori pubblici in termini di garanzie di qualità, professionalità e correttezza richieste ai soggetti esecutori, essendo richiesta alle imprese concorrenti, sebbene con un meccanismo diverso dal sistema di qualificazione ideato per gli esecutori di lavori pubblici, la adeguata dimostrazione del possesso della capacità finanziaria, economica e tecnica per l'assunzione dell'appalto).
Passando a verificare se all’appalto per cui è processo sia o meno applicabile l’art. 27, d.lgs. n. 163/2006, l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n. 16 del 2011) ha chiarito che tale previsione ha inteso tradurre in norma positiva nazionale una regola di diritto giurisprudenziale costantemente affermata dalla C. giust. CE, quella secondo cui ai contratti sottratti all’ambito di applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici (attualmente: direttiva 2004/18/CE e direttiva 2004/17/CE) si applicano comunque i principi posti a tutela della concorrenza dai Trattati dell’Unione, e segnatamente i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità [C. giust. CE, 3 dicembre 2001 C-59/00; comunicazione della Commissione CE, 2006/C 179/02].
Il tema è stato affrontato dalla Corte e dalla citata comunicazione con riguardo agli appalti sotto soglia [C. giust. CE, 3 dicembre 2001 C-59/00] e con riguardo agli appalti di servizi di cui all’allegato II B direttiva 2004/18/CE e XVII B direttiva 2004/18/CE (II B del codice italiano), nonché con riguardo alle concessioni di servizi [C. giust. CE, 7 dicembre 2000 C-324/98, Telekom Austria AG; C. giust. CE 13 ottobre 2005 C-458/03, Parking Brixen; C. giust. CE 6 aprile 2006 C-410/04, Anav; C. giust. CE 13 settembre 2007 C-260/2004; C. giust. CE, 15 ottobre 2009 n. 196/08; Cons. St., sez. V, 31 maggio 2011 n. 3250].
L’art. 27 del codice degli appalti pubblici non può che essere letto in coerenza con tale giurisprudenza comunitaria.
Giova aggiungere che l’art. 27 citato risulta novellato dal d.l. 13 maggio 2011 n. 70 conv. in l. 12 luglio 2011 n. 106, e fa ora specifico riferimento ai “contratti esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice”.
Dunque l’applicazione dei principi dei Trattati ai contratti esclusi dal codice dei contratti pubblici postula che si tratti di contratti posti in essere dai soggetti contemplati dal medesimo codice e dunque rientranti nell’ambito di applicazione soggettiva dello stesso e del diritto comunitario.
Sarebbe sproporzionato imporre l’applicazione di principi di evidenza pubblica a soggetti del tutto estranei all’ambito del suddetto codice, e dunque ad appalti retti dal diritto privato.
Si noti che l’art. 27 del codice degli appalti pubblici estende l’applicazione dei principi dei Trattati europei a tutela della concorrenza anche ai contratti “esclusi in tutto” dal codice: sono tali, ad avviso del Collegio, solo i contratti dallo stesso codice “nominati”, ancorché al solo scopo di escluderli dal proprio ambito, e non anche quelli da esso non menzionati, neppure per escluderli. Infatti sarebbe paradossale che il codice apprestasse una disciplina per una categoria residuale e illimitata di contratti da esso non contemplati.
Così intesa la norma intende porre un principio di rispetto di regole minimali di evidenza pubblica, a tutela della concorrenza e del mercato, ma tali regole minimali vengono imposte:
a) da un lato solo ai soggetti che ricadono nell’ambito di applicazione del codice appalti e delle direttive comunitarie di cui costituisce recepimento, e per i contratti “esclusi” comunque menzionati nel codice;
b) dall’altro lato ai contratti “nominati ma esenti”, e non anche ai contratti “estranei”.
Ne deriva che il citato art. 27 non contempla un “terzo settore” dei pubblici appalti, quelli “esclusi in tutto o in parte”, che si aggiunge ai settori ordinari e ai settori speciali, ma si riconnette pur sempre agli appalti dei settori ordinari o speciali, e ai soggetti appaltanti di tali settori.
In altre parole, i “contratti esclusi in tutto o in parte” sono pur sempre quelli che si agganciano ai settori ordinari o speciali di attività contemplati dal codice.
Si tratta in definitiva di contratti che in astratto potrebbero rientrare nel settore di attività, ma che vengono eccettuati con norme di esenzione, per le ragioni più disparate.
Emblematici sono i casi, di cui si sono occupate la C. giust. CE e la Commissione europea, degli appalti sotto soglia, delle concessioni di servizi e degli appalti di servizi dell’allegato II B, che astrattamente rientrano nei settori di attività contemplati, ma che vengono esentati dal diritto comunitario per ragione di soglia o di oggetto, per lasciare, negli appalti ritenuti meno rilevanti, maggiore libertà ai legislatori nazionali.
Nel caso di specie, invece la sottrazione alla disciplina del codice degli appalti avviene in virtù di una precisa scelta limitativa nei confronti del soggetto (società concessionaria autostradale) che ha proceduto ad indire la gara, per il quale l’evidenza pubblica si riconnette esclusivamente all’affidamento di lavori pubblici.
Escluso, in tal modo, che la società Autostrade Meridionali dovesse osservare i principi e le regole delle pubbliche gare, va aggiunto che detta società neppure si è autovincolata al loro rispetto in sede di lettera di invito, la quale non ne prevede l’applicabilità in generale né stabilisce alcunché per ciò che concerne i profili oggetto di contestazione da parte dell’odierna ricorrente, in particolare per ciò che riguarda la pubblicità della verifica della integrità dei plichi contenenti la documentazione e le offerte economiche.
Per tali ragioni, la domanda di annullamento va respinta, siccome infondata, così come la domanda risarcitoria, difettando quest’ultima del presupposto dell’ingiustizia del danno.
La peculiarità della vicenda giustifica, peraltro, la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Michele Buonauro, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


martedì 11 marzo 2014

EDILIZIA & PROCESSO: l'abuso del diritto d'accesso (Cons. St., Sez. IV, sentenza 4 marzo 2014 n. 1021).


EDILIZIA & PROCESSO: 
l'abuso del diritto d'accesso 
(Cons. St., Sez. IV, 
sentenza 4 marzo 2014 n. 1021).


Massima

In ambito edilizio, se lo stato di avanzamento dei lavori è già tale da ingenerare il sospetto un abuso in atto, il ricorrente non può limitarsi ad attendere il completamento dell'opera omettendo di esercitare il diritto di accesso alla relativa documentazione, ossia scegliendo di utilizzare questo strumento quale mero espediente per non far decorrere il termine di decadenza poiché, agendo in questo modo, finisce per abusare di un diritto coniato per la sua tutela, trasformandolo in uno per calibrare la futura azione giudiziaria in danno del beneficiario in buona fede, oltre che in danno dell'interesse pubblico ancora oggi presente nelle trame dell'interesse legittimo.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8087 del 2013, proposto da:
Soc. World Wide Wind Energy A R.L., in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Battista Conte, Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2; 
contro
Soc.Ncd Divisione Eolica Arl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Mescia, Antonio Mescia, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Paisiello N.55;
Comune di Castelnuovo della Daunia, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Follieri, con domicilio eletto presso Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Natixis Lease Sa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Berruti, con domicilio eletto presso Giuliano Berruti in Roma, via delle Quattro Fontane, 161; 
sul ricorso numero di registro generale 8456 del 2013, proposto da:
Comune di Castelnuovo della Daunia, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Follieri, con domicilio eletto presso Gian Marco Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 
contro
Ncd Divisione Eolica Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Mescia, Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55; 
nei confronti di
World Wide Wind Energy A R.L.; 
per la riforma
quanto al ricorso n. 8087 del 2013:
della sentenza del T.a.r. della Puglia – Sede di Bari - Sezione I n. 01233/2013, resa tra le parti, concernente del permesso di costruire per l'installazione di un impianto eolico;
quanto al ricorso n. 8456 del 2013:
della sentenza del T.a.r. della Puglia –Sede di Bari - Sezione I n. 01233/2013, resa tra le parti, concernente del permesso di costruire per l'installazione di un impianto eolico;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Soc.Ncd Divisione Eolica Arl e di Comune di Castelnuovo della Daunia e di Ncd Divsione Eolica Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2014 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Clarizia, Giuseppe Mescia, Berruti e Follieri Giuseppe Mescia e Follieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale della Puglia ha accolto il ricorso di primo grado corredato da motivi aggiunti proposto dalla odierna appellata NCD Divisione Eolica S.r.l., volto ad ottenere l’annullamento (con il ricorso principale) del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Castelnuovo della Daunia in favore della società ICQ Holding S.p.a. per l’installazione di un impianto eolico di potenza prevista pari a 12,75 MW, e con i motivi aggiunti depositati il 6 maggio 2010 delle deliberazioni di C.C. di Castelnuovo della Daunia n. 13/2002 e 38/2005, della determinazione del Responsabile dell’UTC n. 33 del 10 aprile 2009 del parere del Responsabile dell’UTC dell’8 novembre 2005 della convenzione stipulata tra il Comune e la World Wide Wind Energy l’11 novembre 2003.
Erano state prospettate articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere
Il Tar, ripercorsa anche sotto il profilo cronologico la vicenda procedimentale, ha respinto le eccezioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso sollevate dalle parti intimate ed accolto il mezzo di primo grado ritenendola sussistenza del vizio di incompetenza e violazione di legge dedotto con il ricorso e con assorbimento delle ulteriori censure contenute nei motivi aggiunti.
Ricorso n. 8087/2013;
La controinteressata rimasta soccombente del giudizio di primo grado World Wide Wind Energy S.r.l., ha proposto un articolato appello chiedendo la riforma della gravata decisione, sostenendo che la medesima era errata sia laddove non aveva colto che il mezzo di primo grado era irrimediabilmente tardivo che con riguardo ai profili di merito.
L’appellata si è costituita depositando articolate memorie chiedendo la reiezione del gravame e proponendo altresì istanze di acquisizione istruttoria.
All’adunanza camerale del 9 gennaio 2014 la trattazione dell’incidente cautelare, su concorde richiesta delle parti è stata differita alla odierna adunanza camerale del 4 febbrai0 2014
Alla odierna adunanza camerale del 4 febbraio 2014 la causa è stata posta in decisione dal Collegio
Ricorso n. 8456/2013;
L’amministrazione comunale rimasta soccombente del giudizio di primo grado ha proposto un articolato appello chiedendo la riforma della gravata decisione, sostenendo che la medesima era errata sia laddove non aveva colto che il mezzo di primo grado era irrimediabilmente tardivo che con riguardo ai profili di merito.
L’appellata si è costituita depositando articolate memorie chiedendo la reiezione del gravame e proponendo altresì istanze di acquisizione istruttoria.
All’adunanza camerale del 9 gennaio 2014 la trattazione dell’incidente cautelare, su concorde richiesta delle parti è stata differita alla odierna adunanza camerale del 4 febbrai0 2014
Alla odierna adunanza camerale del 4 febbraio 2014 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO
1.Gli appelli devono essere riuniti in quanto tesi a gravare la stessa sentenza
1.1.Stante la completezza del contraddittorio e preso atto della mancata opposizione delle parti appellanti rese edotte della possibilità di immediata definizione del processo la causa può essere decisa nel merito tenuto conto della palese fondatezza degli appelli, e della completezza del materiale istruttorio versato in atti (il che, per incidens, consente di affermare che vada integralmente disattesa la istanza di ulteriore acquisizione istruttoria proposta dall’appellata in quanto le cause sono mature per la decisione).
Posto infatti che l’appellata ha unicamente prospettato quale profilo ostativo alla immediata definizione della causa da parte del Collegio alla odierna adunanza camerale l’asserita necessità dell’espletamento di ulteriore attività istruttoria e che quest’ultima appare al Collegio del tutto superflua ( come dianzi anticipato, e come meglio si chiarirà nel prosieguo della esposizione) si ritiene che la opposizione di parte appellata non sia impeditiva della possibilità di definire le riunite cause nel merito in questa sede.
2. Ciò premesso, ritiene il Collegio che gli appelli siano fondati sotto il preliminare ed assorbente profilo della inammissibilità per tardività del mezzo di primo grado.
2.1. Va rammentato che il Tar ha respinto l’eccezione alla stregua delle seguenti, argomentate,considerazioni, che per comodità espositiva si riportano integralmente di seguito: “la World Wide Wind Energy ha dedotto e documentato che i lavori di realizzazione del parco eolico dalla stessa progettato sono stati ultimati, con il montaggio di tutti gli impianti, l’11 agosto 2009, come risultante dal certificato di collaudo in atti, di tal che, almeno a decorrere da tale data, la ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza dell’esistenza del titolo edilizio, con conseguente decorrenza del termine per l’impugnazione.
In merito va osservato che, anche accogliendo la tesi secondo la quale ai fini della decorrenza di tale termine non occorra la piena conoscenza del provvedimento autorizzativo, bastando a ciò la piena conoscenza dell’opera, il termine per impugnare deve comunque essere ancorato ad elementi in grado di comprovare con certezza la conoscenza, in capo al ricorrente, dell’opera edificata.
Nel caso di specie, come detto, la data certa di ultimazione dell’impianto, alla quale deve essere collegata l’individuazione del dies a quo del termine di impugnazione, coincide con l’11 agosto 2009, data in cui il direttore dei lavori ha certificato l’ultimazione del montaggio delle torri (doc. fascicolo World Wide Wind Energy).
Di conseguenza la notifica del ricorso è avvenuta tempestivamente entro il termine del 14 novembre 2009, considerata la sospensione feriale dei termini dall’ 1 agosto al 15 settembre.”.
2.1.1. Questo Collegio non condivide il detto argomentare, alla stregua delle seguenti considerazioni.
Il Tar ha meccanicamente traslato alla fattispecie per cui è causa la giurisprudenza formatasi con riguardo alla impugnazione del titolo edilizio, e volta a salvaguardare la posizione del controinteressato che postula che il termine per proporre ricorso decorra dalla conoscenza di tutti gli aspetti dell’edificando manufatto.
E’ agevole riscontrare che la ratio di tale (condiviso dal Collegio, si badi) generale orientamento è altresì finalizzata a deflazionare il contenzioso evitando che le parti interessate al fine di non decadere dalla possibilità di impugnare propongano ricorsi “al buio”, che successivamente risultino intempestivamente od affrettatamente proposti.
Se così è, però, il principio va contemperato con l’altra (del pari generale) esigenza, sottesa alla certezza dell’azione amministrativa, che impone che l’impugnazione venga proposta immediatamente, allorchè sia certa nell’an la (asserita) lesione alla posizione giuridica che si vuol tutelare.
E ciò, ovviamente, postula una concreta indagine in ordine all’ interesse sostanziale fatto valere dalla parte ricorrente.
Ciò che si vuol dire, in sintesi, è che la giurisprudenza richiamata dal Tar (che postula che il termine per la proposizione del ricorso decorra dal completamento dei lavori) non è un dogma inevitabilmente applicabile ad ogni fattispecie di lavori di edificazione: ciò può valere laddove si contestino elementi (esemplificativamente, e non esaustivamente: rispetto delle distanze, posizione dell’edificio, ampiezza dello stesso, etc) che, per essere contestati con certezza, impongono l’avvenuto completamento delle opere.
Non anche, ad esempio, laddove si sostenga che nella prescelta area viga un difetto assoluto di inedificabilità, etc: in simili ipotesi la lesione si concreta ed attualizza già con l’inizio dei lavori, laddove immediatamente il soggetto leso è in grado di percepire la sussistenza della lesione, ed attivarsi per ottenere (attraverso l’accesso infraprocedimentale) gli elementi necessari per la proposizione del mezzo. (ex aliis: T.A.R. Napoli –Campania- sez. IV 06/03/2013 1247
“l'onere di provare la tardività del ricorso grava sulla parte che eccepisce tale tardività. Inoltre, similmente a quanto avviene per l'impugnativa del permesso di costruire da parte del terzo, l'effettiva conoscenza dell'atto, ai fini della decorrenza del termine a quo , può dirsi conseguita quando la costruzione realizzata riveli in modo certo ed univoco le caratteristiche essenziali dell'opera e l'eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica, sicché, in mancanza di altri inequivoci elementi probatori, il termine decorre non con il mero inizio dei lavori bensì con il loro completamento, a meno che non si deduca l'inedificabilità assoluta dell'area o analoghe censure, nel qual caso risulterebbe sufficiente la conoscenza dell'iniziativa in corso.”).
In simili ipotesi, procrastinare il termine di proposizione del ricorso è illogico, oltre che non rispondente ad alcun interesse, ed in grado di minare l’esigenza di certezza sottesa all’azione amministrativa.
E costituisce vero e proprio abuso del diritto omettere di esercitare l’accesso agli atti, così procrastinando sino al completamento dall’asserito “abuso” la decorrenza del termine decadenziale di proposizione del ricorso
2.2. Trasponendo dette affermazioni al giudizio in corso, la difesa di parte appellante ha buon gioco nel sottolineare la tardività del mezzo di primo grado, e ritiene opportuno il Collegio puntualizzare che:
a) parte appellata ed originaria ricorrente “vanta” un interesse speculare alla edificazione di un parco eolico nell’area ed in base a tale interesse ha agito in giudizio: esso è stato esattamente tratteggiato dal Tar, nei seguenti termini (che pure di seguito pedissequamente si riportano): “quale società che opera nel settore delle energie rinnovabili, ha prospettato il proprio interesse all’annullamento del permesso di costruire impugnato evidenziando di avere progettato alcuni impianti da installare nel territorio del Comune intimato, e di avere acquistato le relative aree; il pregiudizio arrecato dal provvedimento agli interessi della ricorrente deriverebbe, quindi, sia dalla situazione di stabile collegamento e collocazione commerciale della NCD rispetto al territorio del Comune di Castelnuovo della Daunia, sia dalle possibili interferenze tra gli impianti eolici limitrofi.”
b)essa quindi, agisce in base ad una presunta lesione che qualsiasi parco eolico sull’area, ove non dalla stessa edificato, arrecherebbe al proprio interesse;
c)se così è, la medesima già al momento dell’avvio dei lavori, o comunque, a tutto concedere, al momento in cui risultava inequivocabile che l’erigendo manufatto (torre, etc) fosse un impianto finalizzato alla produzione di energia rinnovabile, vedeva concretizzarsi l’asserita lesione al proprio interesse “oppositivo”, ed avrebbe dovuto attivarsi per proteggere il proprio interesse oppositivo;
d)non si vede quindi, per quale ragione ed a tutela di quale interesse possa affermarsi che nel caso di specie il termine di proposizione del mezzo dovesse decorrere dal completamento dei lavori visto che l’an della lesività era ben percepibile al momento in cui era inequivocabile la natura e la finalizzazione delle erigende opere;
e) a cagione di tali argomentazioni, ed in considerazione della circostanza che non è seriamente contestato, né per il vero contestabile, che già (pag.11 dell’appello ) nel dicembre 2008 fossero state erette 5 torri e turbine, e che comunque al 9 aprile successivo fossero stati completati i lavori per 9 aerogeneratori appare al Collegio evidente la irrimediabile tardività del mezzo introduttivo;
f)per completezza si fa presente che recente ed avveduta giurisprudenza di merito (ex T.A.R. Perugia –Umbria- sez. I 29/08/2013 n. 455) ha affermato la condivisibilità di detto approdo ermeneutico, pervenendo alla significativa affermazione per cui “in ambito edilizio, se lo stato di avanzamento dei lavori è già tale da ingenerare il sospetto un abuso in atto, il ricorrente non può limitarsi ad attendere il completamento dell'opera omettendo di esercitare il diritto di accesso alla relativa documentazione, ossia scegliendo di utilizzare questo strumento quale mero espediente per non far decorrere il termine di decadenza poiché, agendo in questo modo, finisce per abusare di un diritto coniato per la sua tutela, trasformandolo in uno per calibrare la futura azione giudiziaria in danno del beneficiario in buona fede, oltre che in danno dell'interesse pubblico ancora oggi presente nelle trame dell'interesse legittimo. ” .
g) nel caso di specie, avuto riguardo all’interesse affermato dall’appellata, già nel 2008 era evidente che essa avrebbe dovuto attivarsi per verificare le asserite dedotte irregolarità dell’autorizzazione rilasciata alla dante causa dell’appellante società: l’appellata infatti aveva già installato 6 aerogeneratori in detto territorio comunale, ed è in attesa di altre autorizzazione, avendo proposto istanza nel marzo 2008.
Il proprio “controinteresse” ad opporsi alla installazione di altri impianti preesiste alla ultimazione degli stessi; si attualizza al momento in cui, inequivocabilmente, gli stessi erano in fase di avanzata costruzione; non v’era necessità né ragione di posporre la presentazione dell’istanza di accesso e comunque il decorso del termine va fatto coincidere con la inequivocabile conoscenza della natura delle erigende opere, conoscenza che, per quel che si è prima specificato, è ben antecedente al termine di proposizione del mezzo di primo grado .
3.Sotto tali assorbenti profili - che pare al Collegio chiariscano esaurientemente anche le ragioni per le quali la proposta istanza istruttoria appare non favorevolmente delibabile in quanto superflua, non incidendo sulle circostanze sinora elencate- vanno accolti i riuniti appelli e, per l’effetto, in riforma della gravata decisione, va dichiarato irricevibile il mezzo di primo grado.
4. Le spese processuali del doppio grado, tuttavia, possono essere integralmente compensate tra le parti, a cagione della particolarità in fatto della controversia

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sui riuniti appelli, come in epigrafe proposti, accoglie i riuniti appelli e, per l’effetto, in riforma della decisione di primo grado dichiara irricevibile il ricorso di primo grado.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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domenica 9 marzo 2014

PROVVEDIMENTO: l'informativa antimafia "atipica" (Cons. St., Sez. III, sentenza 28 febbraio 2014, n. 944).


PROVVEDIMENTO: 
l'informativa antimafia "atipica" 
(Cons. St., Sez. III, 
sentenza 28 febbraio 2014, n. 944).


Massima

Le informative antimafia c.d. “atipiche” ex art. 10, c. 9 del DPR 3 giugno 1998 n. 252  a differenza di quelle c.d. “tipiche”, non hanno carattere direttamente interdittivo, consentendo al più alla stazione appaltante di valutare discrezionalmente se avviare o proseguire i rapporti contrattuali, alla luce dell'idoneità morale dell’imprenditore d’assumere la posizione di contraente con la P.A.
Sicché tal efficacia interdittiva può se del caso scaturire dall’autonoma valutazione discrezionale della P.A. destinataria della predetta informativa prefettizia atipica. È dunque assodato che quest’ultima, ancorché non priva di effetti nei confronti della P.A., non ne comprime interamente l’autonoma capacità di apprezzamento del dato fornito, onde il mantenimento o la risoluzione del rapporto contrattuale dev’esser comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 4959/2013 RG, proposto dalla ITALFER Lavori s.p.a., corrente in Controguerra (TE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Magliocca, con domicilio eletto in Roma, via Vittorio Veneto n. 108, 
contro
la Grandi Lavori FINCOSIT – GLF s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Carbone e Maria Bruna Chito, con domicilio eletto in Roma, viale Regina Margherita n. 290, presso lo studio dell’avv. P. Carbone
nei confronti di
Ministero dell'Interno, UTG - Prefettura di Potenza ed UTG - Prefettura di Teramo, nonché di ANAS s.p.a., corrente in Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, 
per la riforma
della sentenza breve del TAR Basilicata, n. 210/2013, resa tra le parti e concernente la risoluzione dei contratti di fornitura a seguito di informativa antimafia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all'udienza pubblica del 21 novembre 2013 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Manzi (su delega di Magliocca) e Chito e l’Avvocato dello Stato Ferrante;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO
Con determinazione del Presidente dell’ANAS s.p.a. n. 190 del 17 novembre 2009, la Grandi Lavori FINCOSIT – GLF s.p.a., corrente in Roma, risultò aggiudicataria, quale contraente generale, dei lavori del cd. Macrolotto 3, per l’ammodernamento e l’adeguamento dell’autostrada SA/RC, dal km 139 al km 148.
Stipulato il contratto e consegnati i lavori in data 24 gennaio 2011, nel frattempo, il precedente 29 settembre 2010, tra il contraente generale, l’ANAS s.p.a. e la Prefettura di Potenza intercorse un Protocollo d’intesa di legalità relativamente ai lavori stessi. Le parti dedussero, all’art. 5, che le informative antimafia c.d. “atipiche” ex art. 10, c. 9 del DPR 3 giugno 1998 n. 252 avrebbero prodotto gli stessi effetti interdittivi delle informative c.d. “tipiche”, che attestavano i casi di decadenza, sospensione o divieto, oppure la sussistenza di tentativi d’infiltrazione mafiosa. Le parti concordarono sul punto che la comunicazione delle informative prefettizie atipiche avrebbe dovuto richiamare in modo espresso l’art. 5, mentre il contraente generale si impegnò dal canto suo, in presenza di tali atti del Prefetto, «… a risolvere il contratto o a revocare l’autorizzazione al subcontratto o al subaffidamento…».
Nell’ambito di tal appalto, il contraente generale GLF s.p.a., con contratti del 22 marzo e del 2 luglio 2012, affidò alla ITALFER Lavori s.p.a., corrente in Controguerra (TE), la fornitura e la posa in opera di ferro tondo sagomato per cemento armato per un importo complessivo di € 5 milioni. Nei contratti fu richiamata sia la normativa antimafia, sia la facoltà di revoca degli stessi ove «… le verifiche antimafia, in ogni tempo, espletate ai sensi della vigente normativa ed ai sensi del Protocollo di Intesa, dessero esito positivo…». Detto Protocollo, d’altronde, fu espressamente richiamato nelle premesse di tali contratti.
Sennonché, con nota del 22 gennaio 2013, il Prefetto di Teramo comunicò alla Prefettura di Potenza che, da accertamenti svolti, era emerso un quadro articolato di cointeressenze tra il gruppo Italfer ed il gruppo Straferro, grazie a controlli incrociati tra le imprese d’entrambi i gruppi. Era emersa altresì la perdurante contiguità, costituita da stretti rapporti societari e personali, tra il sig. Luciano Galli (legale rappresentante della ITALFER Lavori s.p.a., di cui è socio e detentore del pacchetto di controllo) ed il sig. Giovanni Straccia (legale rappresentante della Straferro Costruzioni s.r.l., destinataria dell’interdittiva antimafia tipica della Prefettura di Ascoli Piceno, emanata l’11 gennaio 2012 e confermata il successivo 19 luglio). Alla luce di ciò, il Prefetto di Teramo concluse nel senso che non fosse «… possibile ragionevolmente fugare il rischio dell’esistenza di una permeabilità di Galli Luciano o di sue cointeressenze, societarie o gestionali, con persone colluse con la criminalità…», reputando che la ITALFER Lavori s.p.a. potesse «… essere influenzata, nelle scelte e negli indirizzi societari, da un possibile condizionamento e/o infiltrazione da parte di soggetti contigui alla criminalità organizzata…».
Dal che la nota del 6 febbraio 2013, con cui il Viceprefetto di Potenza, ai sensi dell’art. 5 del Protocollo, comunicò all’ANAS s.p.a. ed al contraente generale l’informativa antimafia atipica della Prefettura di Teramo. Intervenne quindi la missiva del successivo giorno 14, con cui il contraente generale dispose, ai sensi dell’art. 5 del Protocollo e degli artt. 22 e 24 dei contratti intercorsi con la ITALFER Lavori s.p.a., la risoluzione di questi ultimi in danno alla Società stessa.
Detta Società ha allora impugnato i tre atti citati innanzi al TAR Basilicata, con il ricorso n. 187/2013 RG), contestando in punto di diritto l’automatismo risolutorio dell’interdittiva atipica solo grazie al citato Protocollo d’intesa ed il contrasto con le linee-guida del Ministero dell’interno con riguardo all’entrata in vigore del Dlg 15 novembre 2008 n. 218. L’adito TAR, con sentenza breve n. 210 del 29 aprile 2013, notificata il successivo 21 maggio, ha respinto il ricorso di detta Società, reputando che, ferma nella specie l’inammissibilità dell’impugnazione contro la clausola di detto Protocollo di legalità, vi fossero seri e concordanti indizi circa le cointeressenze economiche e personali tra i vertici e le imprese dei due gruppi societari, senza che ciò implichi alcun contrasto con le citate linee-guida ministeriali.
Appella quindi tal Società, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto l’erroneità della sentenza impugnata: A) – per aver acriticamente recepito i dati esposti dall’informativa prefettizia, assegnando all’appellante, con un’operazione transitiva, le valutazioni inerenti ad un terzo (il sig. Straccia) e ritenendo cointeressenze e contiguità meri (e sporadici) rapporti economici tra imprese, nonché illazioni desumibili da intercettazioni o incontri, inconcludenti o insufficienti a denotare la reale pericolosità d’infiltrazione malavitosa; B) – per non aver considerato l’assenza d’automatismi interdittivi riscontrabili nell’impugnata informativa atipica, neppure grazie al Protocollo d’intesa il quale non può conferire a quest’ultima un’efficacia automatica contra legem, o tale da comprimere in ogni caso ogni discrezionalità amministrativa su come valutare e governare gli effetti di tale informativa. Resistono in giudizio le Amministrazioni statali e l’ANAS intimate, che concludono per l’inammissibilità e, nel merito, per l’infondatezza dell’appello. Anche il contraente generale GLF s.p.a. s’è costituito nel presente giudizio, concludendo per l’inammissibilità del ricorso stesso sotto vari profili e, nel merito, l’infondatezza dello stesso.
Alla pubblica udienza del 21 novembre 2013, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

DIRITTO
1. – Si controverte in questa sede della risoluzione automatica, a seguito di un’informativa antimafia c.d. “atipica” a carico dell’odierna appellante, di due contratti intercorsi tra essa e la GLF s.p.a. (in veste, quest’ultima di contraente generale di ANAS s.p.a. per un lotto dei lavori di adeguamento ed ammodernamento dell’autostrada SA/RC), disposta in applicazione del Protocollo d’intesa di legalità stipulato tra la stazione appaltante, il contraente generale ed il Prefetto di Potenza.
Per una più agevole comprensione delle vicende di causa, giova rammentare l’art. 5 del Protocollo citato, in virtù del quale le informative antimafia c.d. “atipiche” ex art. 10, c. 9 del DPR 3 giugno 1998 n. 252 avrebbero prodotto gli stessi effetti interdittivi delle informative c.d. “tipiche”. A tal fine, la comunicazione delle informative prefettizie atipiche avrebbe dovuto richiamare in modo espresso l’art. 5 del Protocollo, mentre il contraente generale si impegnò dal canto suo, in presenza di tali atti del Prefetto, «… a risolvere il contratto o a revocare l’autorizzazione al subcontratto o al subaffidamento…». Siffatte regole, inoltre, sono state richiamate, in una con la normativa antimafia ed il Protocollo, anche nel contratto tra il contraente generale e l’appellante, dove si è prevista la revoca del contratto stesso «… qualora le verifiche antimafia, in ogni tempo, espletate ai sensi della vigente normativa ed ai sensi del Protocollo di Intesa, dessero esito positivo…».
Infine, pure la revoca e la presupposta informativa antimafia impugnate hanno a loro volta fatto riferimento al Protocollo ed alle clausole negoziali, che hanno prefissato il limite inderogabile della discrezionalità sottesa a detta informativa nel valutare i fatti colà contenuti.
2. – Ciò posto, si può prescindere da ogni considerazione sull’ammissibilità, in tutto o in parte, del presente appello, perché esso è infondato e va respinto.
3. – Una precisazione preliminare è d’obbligo: è jus receptum, ben noto al Collegio (cfr., per tutti, Cons. St., III, 12 settembre 2013 n. 4511), che l'informativa antimafia c.d. “atipica”, a differenza di quella c.d. “tipica”, non ha carattere direttamente interdittivo, consentendo al più alla stazione appaltante di valutare discrezionalmente se avviare o proseguire i rapporti contrattuali, alla luce dell'idoneità morale dell’imprenditore d’assumere la posizione di contraente con la P.A.
Sicché tal efficacia interdittiva può se del caso scaturire dall’autonoma valutazione discrezionale della P.A. (o, il che è lo stesso, dell’ente appaltante, qual è l’ANAS s.p.a.) destinataria della predetta informativa prefettizia atipica. È dunque assodato che quest’ultima, ancorché non priva di effetti nei confronti della P.A., non ne comprime interamente l’autonoma capacità di apprezzamento del dato fornito, onde il mantenimento o la risoluzione del rapporto contrattuale dev’esser comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante.
Ma tal enunciato, in sé corretto e condivisibile, NON ha gran rilevanza nella specie, giacché, lo s’è detto nel paragrafo precedente, l’oggetto della causa è non già l’informativa antimafia in sé (che è al più l’innesco della risoluzione dei contratti de quibus), ma proprio quest’ultima. Infatti, ciò che importa nella specie è e resta soltanto la legittimità in sé della clausola risolutiva espressa, che ripete la propria validità dal contratto normativo stabilito con il Protocollo d’intesa di legalità e che si attiva per il sol fatto di quanto indicato nell’ informativa stessa.
Non a caso, la nota del contraente generale, con cui comunicò all’appellante la risoluzione dei contratti in essere tra loro, non è direttamente contestata in questa sede. La ragione è chiara: essa non è che la mera e pedissequa esecuzione della citata clausola risolutiva e del Protocollo d’intesa, onde l’evento lesivo non nella prima risiede, ma solo nel secondo. Appunto per questo il Collegio non può non condividere l’assunto del TAR, dove esso segnala l’inammissibilità dell’«… impugnazione del predetto art. 5 del protocollo di intesa, in quanto la ricorrente Italfer Lavori S.p.A., firmando i contratti del 22.3.2012 e del 2.7.2012,… aveva accettato la clausola dell’art. 24, comma 1, lett. g), che prevedeva, in attuazione del protocollo di Intesa del 29.9.2010, la risoluzione dei contratti nel caso di ricezione da parte della Grandi Lavori Fincosit S.p.A. dell’informazione antimafia atipica, inviata dalla Prefettura di Potenza…». Sicché l’effetto lesivo, causato dalla compressione della discrezionalità valutativa derivante dal Protocollo, s’è inverato, in capo all’appellante, al momento dell’aggiudicazione o, al più, a quello della stipula dei contratti.
A tutto concedere, però –ossia anche a tralasciare quest’aspetto–, il risultato NON cambia, perché il predetto enunciato comunque non legittima la stazione appaltante, a fronte di dati gravi, precisi e concordanti sul serio pericolo di infiltrazione mafiosa nell’impresa contraente, a poterne prescindere. Quand’anche non vi fosse la citata clausola risolutiva, la discrezionalità della stazione appaltante soggiacerebbe pur sempre agli ovvi e noti limiti di proporzionalità e prudente ragionevolezza, in relazione all’estrema e rilevante sensibilità del pericolo segnalato. Inoltre, la stazione appaltante, che intenda discostarsi da quest’ultimo, deve dare specifica e puntuale motivazione del proprio operato, cui non è obbligata qualora ne condivida il contenuto e vi si conformi. In tal ipotesi, tale obbligo motivazionale assume connotati di minore pregnanza, soprattutto quando l'informativa si muove nell'ambito, ossia quale elemento di una fattispecie complessa, di un'intesa tra la stazione appaltante ed altri soggetti istituzionali, posta in essere prima dell’aggiudicazione (cfr. Cons. St., I, 25 febbraio 2012 n. 4774).
Già in base a quanto fin qui detto, non sussiste la censura d’illogicità che l’appellante muove alla sentenza del TAR. L’appellante non s’avvede che, ben lungi dal suonare le due proposizioni in modo tra loro contrastante, costituiscono mere constatazioni di fatto sia la natura atipica (d’altronde pacifica tra le parti) dell’informativa contestata, sia l’insussistenza di margini di discrezionalità in capo al contraente generale, ai fini della risoluzione del contratto con tal impresa, stante la norma negoziale tra le parti stesse. Né considera che la discrezionalità de qua, della cui pienezza è lecito dubitare già in linea di principio –se non a fronte di evidenze, già note, di fatto contrario o della genericità dell’informazione –, è stata conformata in forza dell’accordo programmatico tra tutti gli attori istituzionali del citato Protocollo. Il comportamento del contraente generale è dunque immune sia dal vizio inerente alla clausola risolutiva espressa in sé –che s’attiva ogni qualvolta una delle «… verifiche antimafia, in ogni tempo, espletate ai sensi della vigente normativa antimafia ed ai sensi del protocollo di intesa dessero esito positivo…»–, sia dal vizio d’omessa valutazione sul contenuto dell’informativa, non dovuta (perlomeno, non nel senso della “discrezionalità”) proprio grazie alla clausola stessa.
4. – Né maggior pregio hanno le deduzioni dell’appellante sul predetto contenuto, nel senso, cioè, che, pure a voler ritenere che nella specie residuasse in capo al contraente generale un margine d’autonoma valutazione sul trattamento da riservare ai contratti de quibus per la natura non immediatamente interdittiva dell’informativa stessa, quest’ultima non s’appalesa suscettibile d’annullamento.
È ben noto in giurisprudenza, tanto da esimere il Collegio da ogni citazione, il principio per cui non serve, anche a fronte di un’informativa “atipica” e come s’è detto dianzi, una motivazione molto ampia, se non quando la stazione appaltante decidesse d’instaurare o di proseguire il rapporto con l’impresa, pur a seguito dell’informativa che la riguardi. La ragione di ciò risiede appunto nella natura dell'accertamento antimafia (prescindendo dagli effetti automatici che la legge, a seconda dei casi, gli accorda, o no), nonché nella correlata esigenza di tutelare in via preferenziale, quand’anche con meccanismi di tipo indiziario, la trasparenza e l'immunità del settore dei pubblici appalti da fenomeni invasivi, anche interposti, da parte della criminalità organizzata. Non è chi non veda come tal esigenza si realizzi mediante il contrasto in via preventiva dell'azione della criminalità stessa, assegnando alla stazione appaltante, sulla base del relativo accertamento prefettizio (anche indiziario), la facoltà di evincerne, già solo sulla scorta degli indizi stessi, l’opportunità di risolvere il contratto o di non stipularlo affatto.
Ebbene, l’informativa prefettizia in questione, da cui prende le mosse la determinazione di recesso dai contratti stipulati con l’appellante ITALFER Lavori s.p.a., riporta circostanze ed elementi non solo in sé puntuali in fatto, ma neppure specificamente contestati. In concreto, per un verso, risulta che: 1) – l’appellante fa parte del Gruppo Italfer, cui appartengono la Italfer Carpenterie s.r.l. e la Sofer Carpenterie s.r.l.; 2) – il sig. Luciano Galli è legale rappresentante della ITALFER Lavori s.p.a., di cui è socio diretto all’8,74% e detentore del pacchetto di controllo (58,26%) attraverso l’altra impresa del Gruppo Italfer, cioè la Sofer Carpenterie s.r.l., di cui egli proprietario per il 68%; 3) – il sig. Galli è stato nominato altresì amministratore unico della Colverde s.r.l., corrente in S. Benedetto del Tronto (AP) e di cui dapprima era consigliere insieme al sig. Giovanni Straccia (legale rappresentante della Straferro Costruzioni s.r.l., destinataria dell’interdittiva antimafia tipica della Prefettura di Ascoli Piceno, emanata l’11 gennaio 2012 e confermata il successivo 19 luglio); 4) – la Colverde s.r.l. è inoltre partecipata al 33% dalla Italfer Carpenterie s.r.l. ed al 29,4% dalla Straferro Costruzioni, onde essa è, ad avviso della Prefettura di Teramo, l’anello di congiunzione tra il Gruppo Italfer ed il Gruppo Straferro. Per altro verso, l’informativa descrive un quadro articolato di cointeressenze tra i predetti due gruppi, per gli stretti rapporti societari e personali intercorrenti tra i sigg. Galli e Straccia –i quali si sono alternati pure nell’amministrazione della Eurosider s.r.l., corrente in Brescia ed appartenente al Gruppo Straferro–, anche in sede di avvalimento della SOA della Straferro Centro Italia s.r.l. (anch’essa del Gruppo Straferro) al fine della partecipazione della Sofer Carpenterie s.r.l. ad una gara per lavori sulla stessa autostrada SA/RC.
Erra l’appellante a minimizzare il rapporto tra i sigg. Galli e Straccia ed i rispettivi gruppi societari, che NON si limitano alla loro materiale compresenza nelle imprese Colverde s.r.l. ed Eurosider s.r.l.
Non dura fatica il Collegio a ritenere che, di per sé sole, entrambe tali Società non siano state, finora e direttamente, attinte da provvedimenti antimafia. Ma è indubbio che esse siano, al di là dei singoli rapporti d’affari –comunque anch’essi da valutare nel loro complesso e non in modo puntiforme e scollegato–, la materializzazione della convergenza d’una pluralità di cointeressenze tra i sigg. Galli e Straccia. Sicché, in disparte l’assenza d’una dimostrazione seria circa la non operatività dell’una o la soggezione dell’altra a procedure concorsuali e, comunque, la poca significatività di tali dati, ciò che rileva è la pregressa e continua convergenza di interessi ed attività dei medesimi sigg. Galli e Straccia e tra il Gruppo Italfer ed il Gruppo Straferro, grazie a controlli incrociati ed a negozi comuni tra le loro imprese. Se è vero che l’informativa “atipica” è preordinata a fornire utili elementi di valutazione sul comportamento complessivo dell’appaltatore, vi sono seri e concordanti indizi di cointeressenze non sempre limpide tra i due Gruppi, sì da esprimere un non manifestamente infondato o irrilevante pericolo anche per il contraente generale.
Scolorano dunque le censure dell’appellante con riguardo sia all’effetto automatico dell’informativa (che attiene al momento del consenso negoziale), sia al contenuto di essa (che si mostra tutt’altro che superficiale o illogico), sia, infine, alla discrezionalità della valutazione spettante al contraente generale (che, a fronte di detto contenuto, non v’erano elementi ragionevoli per fugare il pericolo della permeabilità del Gruppo Italfer da persone colluse con la criminalità organizzata).
È appena da osservare, con riguardo alle linee-guida ministeriali sull’uso oculato (per il TAR) o limitato (per l’appellante) delle informative “atipiche”, che pure quest’argomento recede, al di là della fondatezza o meno del contenuto di quella per cui è causa e che non può dirsi a sua volta recessivo, rispetto a quanto contenuto nel Protocollo di legalità, che è la fonte (in oppugnata) del relativo effetto interdittivo.
5. – In definitiva, l’appello va così rigettato. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 4959/2013 RG in epigrafe), lo respinge.
Condanna la Società appellante al pagamento, a favore delle parti resistenti e costituite (GFL s.p.a., da un lato e le Amministrazioni statali, dall’altro) ed in misura uguale tra loro, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 3.000,00, di cui € 800 per la fase di studio, € 1.200,00 per la fase introduttiva ed € 1.000,00 per la fase decisoria, oltre CU, IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 21 novembre 2013, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)