martedì 4 novembre 2014

PROCESSO & APPALTI: sul termine di 30 + 10 giorni per l'impugnativa in materia d'appalti a seguito d'accesso agli atti (Cons. St., Sez. III, sentenza 28 agosto 2014, n. 4432).



PROCESSO & APPALTI: 
sul termine di 30 + 10 giorni 
per l'impugnativa in materia d'appalti 
a seguito d'accesso agli atti  
(Cons. St., Sez. III, 
sentenza 28 agosto 2014, n. 4432)


Massima

1. La Corte di Giustizia (Sez. V, 8 maggio 2014, causa C-161/1) ha affermato che ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni e che, per le irregolarità asseritamente commesse prima della decisione di aggiudicazione dell’appalto, un offerente è legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione soltanto entro il termine specifico previsto a tal fine dal diritto nazionale,; si deve necessariamente fornire, pertanto, un'interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale (che si sono prima richiamate), riguardanti il termine di impugnazione di una aggiudicazione di un appalto pubblico, che sia coerente con i principi affermati dalla Corte di Giustizia in tale decisione.
2. In considerazione delle particolari esigenze di tutela connesse alla derivazione comunitaria delle disposizioni sostanziali e processuali richiamate, e nel bilanciamento fra i vari interessi coinvolti, debba essere condiviso il principio interpretativo (Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza n. 790 dell’11 febbraio 2013), secondo cui il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione, di cui ai commi 2 e 5 dell’articolo 79, ma può essere «incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità (laddove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione e – comunque – entro il limite dei dieci giorni che il richiamato comma 5-quater fissa per esperire la particolare forma di accesso - semplificato ed accelerato - ivi disciplinata».
3. Tale interpretazione, infatti, consente il sostanziale rispetto delle esigenze acceleratorie, di cui è portatore il citato art. 120 del c.p.a., e, nello stesso tempo, consente il rispetto del consolidato principio secondo il quale solo dalla piena conoscenza dell’atto censurato (o comunque dalla sua piena conoscibilità) inizia a decorrere il termine per la sua impugnazione.
Del resto l’art. 120 del c.p.a. nel far riferimento alla comunicazione di cui all’art. 79 del codice dei contratti rende possibile fare riferimento anche alla disposizione di cui al citato comma 5 quater dell’art. 79 che regola l’accesso agli atti del procedimento di gara.
4. Peraltro, in tale ipotesi, il termine per l’impugnazione potrebbe essere prorogato al massimo di 10 giorni rispetto a quello decorrente dalla data di comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione. Infatti, il termine di dieci giorni di cui al richiamato comma 5-quater dell’art. 79 (aggiuntivo rispetto a quello di trenta giorni per la proposizione dell’impugnativa ai sensi dell’articolo 120, comma 5 del c.p.a.) deve essere correlativamente ridotto nelle ipotesi in cui, esperito l’accesso agli atti della gara, la relativa documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni.
5. Resta poi fermo il principio che tale possibile ulteriore termine può essere concesso solo nel caso in cui il profilo di illegittimità lamentato in sede di impugnativa non sia desumibile dal tenore della comunicazione di cui all’articolo 79 del codice dei contratti e dagli atti con la stessa trasmessi (o resi accessibili).
5.1 Se la documentazione di gara è stata (in tutto o in parte) posta a disposizione della parte in data successiva alla comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione della gara, è comunque del tutto ovvio che la parte interessata può proporre una impugnazione, anche dopo il decorso del termine di 30 giorni dalla data di comunicazione della avvenuta aggiudicazione, solo per i vizi che emergono dagli atti successivamente conosciuti.
5.2  Mentre se la parte ha già proposto ricorso avverso l’aggiudicazione, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione, può proporre motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 43 del c.p.a., nell’ulteriore termine, che può essere al massimo di 10 giorni, per vizi rilevati dagli atti successivamente conosciuti attraverso l’accesso agli atti.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9092 del 2013, proposto da:
Storz Medical Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Galileo Omero Manzi e Cristina Martorana, con domicilio eletto presso Elvezio Santarelli in Roma, Piazza Navona, n. 49; 
contro
Azienda Ospedaliera - Ospedale Civile di Legnano; 
nei confronti di
Edap Technomed Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Nardocci, con domicilio eletto in Roma, via Oslavia n. 14; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione IV, n. 2356 del 24 ottobre 2013, resa tra le parti, concernente la fornitura triennale in locazione di una apparecchiatura per litotripsia extracorporea.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Edap Technomed Italia S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, c.p.a.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2014 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Galileo Omero Manzi e Francesco Nardocci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.- L'Azienda Ospedaliera Ospedale Civile di Legnano, con determinazione dirigenziale del 15 marzo 2013, ha definitivamente aggiudicato alla Storz Medical Italia S.r.l., di seguito Storz, classificatasi al primo posto della relativa graduatoria di merito (con complessivi punti 91,24), la procedura aperta, svolta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in aggregazione d'acquisto con l’Ospedale Sant'Anna di Como (mandante), per la fornitura triennale in locazione di una apparecchiatura per litotripsia extracorporea da destinare alle UU.OO. di Urologia.
2.- Edap Technomed Italia, di seguito Edap, classificatasi al secondo posto nella graduatoria di merito (con complessivi punti 90,69), ha prima, in data 9 aprile 2013, inoltrato all’Amministrazione l’informativa di cui all’art. 243 bis del codice dei contratti, e poi, dopo il diniego di autotutela (in data 22 aprile 2013), ha impugnato, il 24 aprile 2013, gli esiti della gara davanti al T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano.
3.- Il T.A.R. di Milano ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente, con ordinanza della Sezione IV n. 526 del 10 maggio 2013 (confermata da questa Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 2415 del 28 giugno 2013), ed ha poi accolto il ricorso nel merito con sentenza della Sezione IV, n. 2356 del 24 ottobre 2013.
3.1.- Il T.A.R. ha preliminarmente respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, sollevata dalla controinteressata società Storz, tenuto conto che, nella fattispecie, «la ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione della procedura alla ricorrente completa di tutti gli elementi previsti dall’art. 79 del d.lgs. n. 163/2006 deve ritenersi avvenuta solo il 26 marzo 2013, quando la stazione appaltante ha reso possibile ad Edap l’esercizio del diritto di accesso all’offerta tecnica di Storz, contenente le “caratteristiche ed i vantaggi dell’offerta selezionata”, decorrendo, dunque, solo da tale momento il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione giurisdizionale».
Il ricorso di Edap, notificato il 24 aprile 2013, doveva ritenersi, quindi, proposto tempestivamente, considerato che, dell’esame degli atti di causa, era emerso «con evidenza il mancato rispetto dell’art. 79 del codice degli appalti da parte della stazione appaltante», con la conseguente mancata decorrenza del termine di impugnazione dalla data del 19 marzo 2013 di comunicazione dell’aggiudicazione della procedura.
3.2.- Il T.A.R. ha poi ritenuto fondato nel merito il ricorso proposto da Edap «con riferimento alle censure concernenti la violazione da parte della stazione appaltante dei fondamentali principi di buon andamento, proporzionalità, imparzialità, trasparenza ed economicità, atteso che la commissione giudicatrice, in seguito ai rilievi formulati da Edap nell’informativa ex art. 243 bis del codice degli appalti, avrebbe permesso all’aggiudicataria odierna controinteressata di modificare e rettificare la propria offerta tecnica, all’origine carente ed erronea, senza peraltro procedere alla riformulazione dei rispettivi punteggi», e per la violazione della lex specialis di gara nella parte concernente la predeterminazione dei criteri, sub-criteri, pesi e modalità per l’attribuzione dei punteggi dell’offerta tecnica.
3.3.- Il T.A.R. ha, infine, ritenuto fondato anche il motivo concernente «la carenza di motivazione delle valutazioni effettuate dalla commissione di gara, che si ripercuotono, altresì, sulla comunicazione ex art. 79 d.lgs. n. 163/2006, e la cui insufficienza non può essere in alcun modo sanata dal contenuto postumo delle note succitate, a prescindere dalla bontà o meno dell’integrazione medesima».
4.- La società Storz ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sia per aver respinto la sua eccezione di tardività del ricorso di Edap sia nel merito.
In particolare, l’appellante Storz ha insistito nel sostenere che il ricorso di Edap era tardivo perché la società controinteressata aveva avuto, anche a seguito di richiesta di accesso, gli atti di gara e comunque aveva ricevuto regolare comunicazione, in data 19 marzo 2013, dell’avvenuta aggiudicazione della gara, ai sensi dell’art 79 del codice degli appalti, mentre non poteva darsi rilievo alla circostanza che solo il successivo 25 marzo Edap aveva avuto la disponibilità anche della residua documentazione oggetto della sua domanda di accesso e, in particolare, delle schede tecniche dell’offerta di Storz.
4.1.- Nel merito Storz ha sostenuto che erroneamente il T.A.R. aveva ritenuto che non vi era corrispondenza fra le caratteristiche tecniche e funzionali dell’apparecchio litotritore offerto in sede di gara (ed indicate nella scheda di accompagnamento) e quelle prese in considerazione dall’apposita Commissione con l’assegnazione del relativo punteggio. Ed ha aggiunto che solo per un errore era stata fornita all’Amministrazione una scheda elaborata per illustrare un precedente macchinario. Ma tale errore era stato giustamente ritenuto non rilevante dalla Commissione giudicatrice che aveva quindi ritenuto di dover confermare il punteggio assegnato.
5.- Nelle more del giudizio, l’Amministrazione, a seguito della suindicata sentenza del T.A.R. per la Lombardia, ha riconvocato, in data 27 novembre 2013, la Commissione Giudicatrice che ha ritenuto di dover escludere dalla procedura l’offerta presentata da Storz.
In conseguenza, con determina in data 28 gennaio 2014, l’Amministrazione ha disposto l’aggiudicazione definitiva della gara in favore di Edap.
Per effetto di tale nuova circostanza Edap ha chiesto di dichiarare improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, l’appello di Storz, essendosi spostato ogni interesse, anche processuale, sulla successiva determinazione dell’Amministrazione.
5.1.- La richiesta di Edap deve essere tuttavia respinta.
Le determinazioni che sono state assunte dall’Azienda Ospedaliera appellata a seguito della decisione, non definitiva, del giudice amministrativo di primo grado (che aveva accolto il ricorso proposto da Edap avverso gli atti con i quali la gara era stata aggiudicata alla Storz), sono, infatti, condizionate all’esito dell’appello (ora in esame) proposto da Storz.
A prescindere da ogni altro profilo riguardante la legittimità di tali ulteriori determinazioni, sussiste quindi ancora l’interesse di Storz ad una decisione di questa Sezione che, riformando la decisione del T.A.R., possa consentirle l’aggiudicazione della gara in questione (o comunque una tutela risarcitoria).
6.- Storz nel suo appello, come si è accennato, ha insistito nel sostenere la tardività del ricorso di primo grado di Edap che aveva notificato la sua impugnazione il 24 aprile 2013, oltre il termine di 30 giorni dalla comunicazione (avvenuta in data 19 marzo 2013) dell’aggiudicazione della gara, dettato dall’art. 79 del codice degli appalti.
7.- In proposito si deve ricordare che l’art. 120, comma 5, del c.p.a., al fine di dare certezza alle situazioni giuridiche ed accelerare la soluzione dei possibili contenziosi riguardanti la materia degli appalti pubblici, e quindi per dare rilievo al preminente interesse pubblico alla celerità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, ha stabilito che le impugnative avverso gli atti delle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture devono essere proposte nel termine abbreviato di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del d. lgs. n. 163 del 2006, recante il codice dei contratti pubblici.
7.1.- L’art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006, a sua volta, prevede che:
- le stazioni appaltanti comunicano ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta selezionabile, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell’accordo quadro (comma 2, lettera c);
- l’amministrazione comunica d’ufficio l’aggiudicazione definitiva, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione, o sono in termini per presentare dette impugnazioni, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva (comma 5, lettera a).
7.2.- L’articolo 79, prevede, inoltre, al comma 5-quater, che «fermi i divieti e differimenti dell’accesso previsti dall’articolo 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia…».
8.- Facendo applicazione di tali disposizioni, si è affermato il principio generale secondo cui la comunicazione della decisione di aggiudicazione, prevista dall’articolo 79, commi 2 e 5 del d. lgs. n. 163 del 2006, rappresenta la condizione sufficiente per realizzare la piena conoscenza del provvedimento (di aggiudicazione) lesivo ed è quindi idonea a far decorrere il termine decadenziale per l’eventuale impugnazione. Tale comunicazione determina, infatti, a carico dell’impresa interessata un onere di immediata impugnazione dell’esito della gara, entro il termine di 30 giorni, fatta salva la possibilità di proporre motivi aggiunti in relazione ad eventuali vizi di legittimità divenuti conoscibili successivamente.
9.- Parte della giurisprudenza ha, peraltro, rilevato che la sola comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione (e della relativa documentazione), ai sensi dell’art. 79 del codice dei contratti, possa non essere sufficiente per l’individuazione di possibili profili di illegittimità della stessa aggiudicazione.
Si è, infatti, sostenuto che non è condivisibile far decorrere il termine per l’impugnativa dal momento della semplice conoscenza degli elementi essenziali dell’offerta risultata vincitrice nelle ipotesi in cui da tale comunicazione non siano in alcun modo evincibili gli ulteriori e diversi aspetti sui quali si sono in seguito innestate le censure di illegittimità, di cui l’interessato è potuto venire a conoscenza solo a seguito dell’accesso ai documenti di gara e, quindi, se con la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione la parte non è stata anche messa in grado di conoscere gli atti e la documentazione di gara (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenze n. 2407 del 24 aprile 2012 e n. 1428 del 14 marzo 2012).
9.1.- La Sez. VI del Consiglio di Stato ha, pertanto, ritenuto, con ordinanza n. 790 dell’11 febbraio 2013, di rimettere la questione all’esame dell’Adunanza Plenaria.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n. 14 del 20 maggio 2013, ha ritenuto peraltro di non doversi pronunciare sulla questione anche in vista della decisione che doveva essere presa dalla Corte di Giustizia CE su analoga questione sollevata dal T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, con ordinanza n. 427 del 2013.
10.- La Corte di Giustizia CE si è pronunciata sulla questione con la decisione della V Sezione, 8 maggio 2014, in causa C-161/13 nella quale, in particolare, ha affermato che «ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni» (punto 37) e che «una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare “motivi aggiunti” nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso» (punto 40).
10.1.- La Corte di Giustizia CE ha peraltro anche affermato che, «in applicazione del principio della certezza del diritto, in caso di irregolarità asseritamente commesse prima della decisione di aggiudicazione dell’appalto, un offerente è legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione soltanto entro il termine specifico previsto a tal fine dal diritto nazionale, salvo espressa disposizione del diritto nazionale a garanzia di tale diritto di ricorso, conformemente al diritto dell’Unione».
11.- Avendo, quindi, la Corte di Giustizia affermato, nella suddetta decisione, che ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni e che, per le irregolarità asseritamente commesse prima della decisione di aggiudicazione dell’appalto, un offerente è legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione soltanto entro il termine specifico previsto a tal fine dal diritto nazionale, si deve necessariamente fornire una interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale (che si sono prima richiamate), riguardanti il termine di impugnazione di una aggiudicazione di un appalto pubblico, che sia coerente con i principi affermati dalla Corte di Giustizia in tale decisione (ed anche in altre precedenti decisioni: cfr. Corte di Giustizia CE, III Sezione, 28 gennaio 2010 in causa C-406/08).
12.- Ritiene la Sezione che, sul punto, anche in considerazione delle particolari esigenze di tutela connesse alla derivazione comunitaria delle disposizioni sostanziali e processuali richiamate, e nel bilanciamento fra i vari interessi coinvolti, debba essere condiviso il principio interpretativo, sostenuto dal Consiglio di Stato, Sez. VI, nella già citata ordinanza n. 790 dell’11 febbraio 2013, secondo cui il termine di trenta giorni per l’impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione, di cui ai commi 2 e 5 dell’articolo 79, ma può essere «incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità (laddove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione e – comunque – entro il limite dei dieci giorni che il richiamato comma 5-quater fissa per esperire la particolare forma di accesso - semplificato ed accelerato - ivi disciplinata».
12.1.- Tale interpretazione, infatti, consente il sostanziale rispetto delle esigenze acceleratorie, di cui è portatore il citato art. 120 del c.p.a., e, nello stesso tempo, consente il rispetto del consolidato principio secondo il quale solo dalla piena conoscenza dell’atto censurato (o comunque dalla sua piena conoscibilità) inizia a decorrere il termine per la sua impugnazione.
Del resto l’art. 120 del c.p.a. nel far riferimento alla comunicazione di cui all’art. 79 del codice dei contratti rende possibile fare riferimento anche alla disposizione di cui al citato comma 5 quater dell’art. 79 che regola l’accesso agli atti del procedimento di gara.
12.2.- Peraltro, in tale ipotesi, il termine per l’impugnazione potrebbe essere prorogato al massimo di 10 giorni rispetto a quello decorrente dalla data di comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione.
Infatti, il termine di dieci giorni di cui al richiamato comma 5-quater dell’art. 79 (aggiuntivo rispetto a quello di trenta giorni per la proposizione dell’impugnativa ai sensi dell’articolo 120, comma 5 del c.p.a.) deve essere correlativamente ridotto nelle ipotesi in cui, esperito l’accesso agli atti della gara, la relativa documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni.
12.3.- Resta poi fermo il principio che tale possibile ulteriore termine può essere concesso solo nel caso in cui il profilo di illegittimità lamentato in sede di impugnativa non sia desumibile dal tenore della comunicazione di cui all’articolo 79 del codice dei contratti e dagli atti con la stessa trasmessi (o resi accessibili).
12.4.- Se la documentazione di gara è stata (in tutto o in parte) posta a disposizione della parte in data successiva alla comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione della gara, è comunque del tutto ovvio che la parte interessata può proporre una impugnazione, anche dopo il decorso del termine di 30 giorni dalla data di comunicazione della avvenuta aggiudicazione, solo per i vizi che emergono dagli atti successivamente conosciuti.
12.5.- Mentre se la parte ha già proposto ricorso avverso l’aggiudicazione, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione, può proporre motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 43 del c.p.a., nell’ulteriore termine, che può essere al massimo di 10 giorni, per vizi rilevati dagli atti successivamente conosciuti attraverso l’accesso agli atti.
13.- Sulla base di tali considerazioni, questa Sezione ritiene che la parte della sentenza appellata con la quale il T.A.R. ha ritenuto tempestivo il ricorso di Edap (proposto il 24 aprile 2013) debba essere confermata.
13.1.- Come emerge dagli atti, infatti, Edap solo il 25 marzo 2013 ha avuto la possibilità di accedere a quella parte della documentazione di gara (in particolare, alla documentazione riguardante l’offerta presentata da Storz) che le ha consentito di formulare le sue doglianze avverso l’aggiudicazione.
Infatti, la Stazione appaltante, dopo aver dato comunicazione, in data 19 marzo 2013, della avvenuta aggiudicazione della gara in favore di Storz -e reso possibile alle altre partecipanti interessate di accedere, con un link, alla determinazione di aggiudicazione nonché ai verbali delle sedute pubbliche (contenenti i punteggi assegnati alle offerte ma non anche le valutazioni effettuate sulle offerte)- solo il successivo 25 marzo 2013 ha consentito ad Edap di prendere visione anche degli ulteriori (e rilevanti) atti di gara sulla base dei quali è stata proposta l’impugnazione. Atti che Edap ha poi visionato il successivo 26 marzo.
13.2.- Correttamente, quindi, il T.A.R. ha affermato che, «in presenza di una disposizione come l’art. 120, comma 5, c.p.a. che, prevedendo per la proposizione del ricorso giurisdizionale un termine dimezzato decorrente dalla ricezione della comunicazione ex art. 79 codice appalti, riveste certamente carattere speciale ed innovativo rispetto alla disciplina ordinaria, la logica acceleratoria della normativa non può spingersi sino a negare la tempestività del ricorso in casi nei quali la mancata piena e completa conoscenza dell'aggiudicazione è esclusivamente imputabile ad una insufficiente applicazione dell'art. 79, comma 2, lett. c), da parte del soggetto appaltante, che non ha fornito tutti i dati richiesti, in violazione di disposizioni che in materia assumono una valenza decisiva per la tutela dei diritti del concorrente. In altri termini, il chiaro richiamo della norma di legge alla necessità di comunicare al soggetto non aggiudicatario "caratteristiche e vantaggi dell'offerta selezionata" costituisce un elemento essenziale proprio al fine di permettere di sindacare con completezza le scelte dell'amministrazione, con ciò logicamente facilitando o, come nel caso di specie, rendendo possibile l'eventuale esercizio del diritto di azione giurisdizionale da esercitarsi nel termine abbreviato».
13.3.- Mentre non ha alcun rilievo, nella fattispecie, il richiamo operato dall’appellante Storz alla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 31 del 31 luglio 2012 che ha trattato la diversa questione della rilevanza sui termini dell’impugnazione della verifica da parte della stazione appaltante di requisiti di gara in capo all’aggiudicatario in data successiva a quella di avvenuta comunicazione dell’aggiudicazione.
14.- L’appellante Storz ha poi sostenuto l’erroneità della sentenza del T.A.R. per la Lombardia anche nella parte in cui ha affermato che la Commissione giudicatrice le aveva permesso di modificare la propria offerta tecnica, all’origine carente ed erronea, senza peraltro procedere alla riformulazione dei punteggi, ed ha ribadito che non vi era una mancata corrispondenza fra l’apparecchio offerto e quelle valutato dall’apposita Commissione con l’assegnazione del relativo punteggio.
14.1.- Anche tale motivo deve essere respinto.
Emerge, infatti, dagli atti che effettivamente l’offerta tecnica di Storz risultava, per alcuni profili valutati dalla Commissione giudicatrice, erronea e contraddittoria, e risulta anche che la Commissione giudicatrice, a seguito dei rilievi formulati da Edap nell’informativa avanzata ai sensi dell’art. 243 bis del codice degli appalti, aveva consentito la modifica di alcuni profili dell’offerta tecnica di Storz, peraltro confermando il punteggio già in precedenza assegnato.
Tali elementi rendono, come affermato dal T.A.R., illegittima la valutazione effettuata sull’offerta tecnica di Storz.
Peraltro i punteggi assegnati dalla Commissione a Storz, in occasione della prova clinico pratica, sulla base delle caratteristiche dell’apparecchio testato, non appaiono (in parte) compatibili con l’offerta di Storz e con le caratteristiche illustrate nelle schede del macchinario proposto nella domanda di partecipazione alla gara.
14.2.- Né può darsi rilievo alla tesi dell’appellante secondo cui le difformità riscontrate, dovute alla presentazione di una scheda tecnica elaborata per illustrare un precedente modello di litotritore commercializzato dalla stessa ditta, non avrebbe comunque alterato le caratteristiche dell’offerta.
Infatti, l’offerta doveva essere valutata dalla apposita Commissione per come era stata presentata e sulla base, quindi, delle documentazione richiesta a pagina 19 del Capitolato di gara (caratteristiche tecniche e costruttive dell’apparecchio presentato, copia dei relativi manuali d’uso, progetto di addestramento).
Sulla base di tale documentazione, la Commissione doveva quindi procedere alla valutazione delle offerte tecniche, secondo i criteri dettati al punto 4 della parte B del Capitolato (pagg. 32 e segg.), tenendo anche conto di una prova pratica dell’apparecchiatura (prevista al punto 5 della parte B del Capitolato) che doveva evidentemente essere effettuata con il macchinario indicato nell’offerta.
15.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello deve essere respinto e la sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione IV, n. 2356 del 24 ottobre 2013 deve essere integralmente confermata.
16.- Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante Storz Medical Italia S.r.l., al pagamento di € 4.000,00 in favore della resistente Edap Technomed Italia S.r.l., per le spese e competenze del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/08/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


domenica 2 novembre 2014

PROCESSO: ancora sulle spese compensate - dalla sentenza GENCHI (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, sentenza 24 luglio 2014, n. 2025).


PROCESSO: 
ancora sulle spese compensate - 
dalla sentenza GENCHI 
(T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 
sentenza 24 luglio 2014, n. 2025)


La sentenza "Genchi" del luglio 2014 fa il paio con la recente ordinanza "De Magistris".
Mi ci sono imbattuto proprio mentre scrivevo un ricorso avverso una sanzione disciplinare ad un agente in servizio in Sicilia
Le fattispecie sono, tuttavia, molto diverse (Genchi è stato vittima di un "accanimento sanzionatorio" giusta quanto stabilito da una sentenza, De Magistris è stato sospeso dal Prefetto, e poi "riabilitato" da un'ordinanza cautelare, sulla base di una legge, tuttora vigente, che equipara la condanna penale in primo grado a quella passata in giudicato, e per questo è stata mandata alla Consulta).
La massima torna, invece, sull'eterna querelle delle "spese compensate" nel giudizio amministrativo...


Massima

Le spese possono eccezionalmente compensarsi tra le parti attesa: la soccombenza parziale reciproca; la peculiarità e parziale novità delle questioni trattate; il mancato rispetto, da parte del ricorrente, del principio di sinteticità e il mancato deposito, a cura delle parti, di tutti gli atti in formato digitale, onere che avrebbe dovuto estendersi non solo agli atti relativi ai ricorsi depositati dopo l’entrata in vigore del c.p.a., ma anche a tutti gli atti relativi ai ricorsi antecedenti all’entrata in vigore del c.p.a., e ciò in ossequio al principio della leale collaborazione con il giudice e le altre parti del processo.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti:
1) numero di registro generale 938 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo, viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;

2) numero di registro generale 1945 del 2009, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo, viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;
3) numero di registro generale 1946 del 2009, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo, viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;
4) numero di registro generale 842 del 2010, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo, viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;



5) numero di registro generale 291 del 2011, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo, viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;

6) numero di registro generale 1077 del 2011, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo, viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, è x lege domiciliato;
per l’annullamento:
quanto al ricorso r.g. n. 938/2009:
- del provvedimento n. 333-C/1806 del 23/3/2009, con il quale il Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ha decretato la sospensione cautelare dal servizio dell’odierno ricorrente, Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 10 del d.p.r. n. 737/81 e 92 d.p.r. n. 3/57 “a decorrere dal giorno successivo a quello di notifica del presente provvedimento”;
- (ove occorra) della lettera di diffida prot. n. 100-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009 del Direttore del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 1945/2009:
- del provvedimento n. 333-C/1806 del 5/8/2009, con il quale il Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ha decretato la sospensione cautelare dal servizio per la durata di mesi sei del ricorrente (già sospeso del servizio), ai sensi dell’art. 6, n. 1 in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, d.p.r. n. 737/81 “a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il funzionario cesserà dalla posizione di sospeso in via cautelare”;
- della delibera del Consiglio Centrale di Disciplina del 27/6/2009;
- (ove occorra) del foglio di addebiti del 18/3/2009;
- (ove occorra) del foglio di addebiti del 31/3/2009;
- della lettera di diffida prot. n. 1000-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009 del Direttore del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno;
- (ove occorra) delle circolari di cui al telex n. 556/PRIS.1 del 12/1/1990, n. 555/III/S.1/226 del 10/6/1997, n. 555III/S1/22 del 12/1/1999, n. 555/III/S1/285 del 22/5/1999, n. n. 555III/S1/458, del 21/9/2000, n. 5020/M1(7) Uff. 1° del 13/10/1992, n. 5020/M/1 (7) dell’11/2/1997 e n. 5020/M1(7)/Sett. AA-GG.A.C. del 20/9/2002 del Gabinetto del Ministero dell’Interno;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 1946/2009:
- del provvedimento del 31/8/2009 con il quale è stata inflitta al ricorrente (già sospeso del servizio) “la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il funzionario è stato sospeso in via cautelare”;
- (ove occorra) della proposta del Consiglio Centrale di disciplina del 23/7/2009;
- della lettera di diffida prot. n. 1000-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009 del Direttore del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 842/2010:
- del provvedimento n. 333-C/1806 del 23/3/2010, con il quale il ricorrente è stato nuovamente “sospeso cautelarmente dal servizio, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 10 del d.p.r. n. 737/81 e 92 d.p.r. n. 3/57, a decorrere dal giorno successivo a quello di notifica del … provvedimento”;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 291/2010:
- del provvedimento n. 333-C/1806-2/2010 del 10/9/2010, di esclusione del ricorrente dallo scrutinio per merito comparativo per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente della Polizia di Stato con decorrenza 1/1/2010, ai sensi degli artt. 57, c. 3, d. lgs. n. 334/2000 e dell’art. 60 d. lgs. n. 334/2000, lett. d);
- della delibera del Consiglio di Amministrazione per il personale della polizia di Stato del 26/5/2010 di approvazione della proposta di graduatoria di merito relativa a funzionari ammessi a valutazione per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 1077/2011:
- del decreto del 16/2/2011 con il quale è stata irrogata la sanzione disciplinare della destituzione dall’impiego, a decorrere dal 24/3/2010, ai sensi dell’art. 7, c. 2, n. 6 d.p.r. n. 737/1981;
- dell’allegata delibera del Consiglio Centrale di Disciplina adottata nella seduta dell’1/12/2010 con la quale è stata proposta l’adozione della sanzione;
- (ove occorra), del provvedimento n. 333-C/1806/di prot. n. 4435/2011 del 17/2/2011:
- della lettera di contestazione degli addebiti ex artt. 13 ss. d.p.r. n. 737/81 del 29/3/2010;
- della relazione conclusiva del 19/5/2010;
- della nota del 26/5/2010 con cui il funzionario istruttore ha trasmesso una memoria d’integrazione alle giustificazioni del ricorrente;
- della lettera di diffida prot. n. 1000-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009;
- (ove occorra) delle circolari di cui al telex n. 556/PRIS.1 del 12/1/1990, n. 555/III/S1/226 del 10/6/1997, n. 555III/S1/22 del 12/1/1999, n. 555/III/S1/285 del 22/5/1999, con estensione diramazione con pari numero il 24/5/1999, n. 555III/S1/458 del 21/9/2000, n. 555-DOC/C3h/186 del 14/10/2003, nonché delle circolari emanate del Gabinetto del Ministero dell’Interno n. 5020/M/1(7)/Uff. I del 13/10/1992 e n. 5020/M/1 (7) dell’11/2/1997, richiamate nella lettera di contestazione degli addebiti;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
Visti i ricorsi introduttivi del giudizio, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive depositate in giudizio dalle parti in vista della discussione dei ricorsi nel merito;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore alla pubblica udienza il Consigliere Federica Cabrini;
Uditi all’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2014 i difensori delle parti, come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato, esperto di informatica e telefonia, deduce di avere svolto l’attività di consulente tecnico e perito in varie attività di indagine per conto dell’a.g.o.
A decorrere dal 2000 ha chiesto di essere collocato in aspettativa non retribuita.
Impugna gli atti in epigrafe indicati aventi ad oggetto vari procedimenti disciplinari ai quali il ricorrente è stato sottoposto, in sintesi per aver tenuto una condotta asseritamente non conforme al decoro delle sue funzioni.
Il primo provvedimento (qualificato dalla p.a. come avente natura cautelare) è motivato in ragione della circostanza che il ricorrente è stato ritenuto responsabile di aver pubblicato in data 19/3/2009, sulle pagine web di un blog da lui creato e denominato “Legittima difesa”, un “dialogo” intercorso su Facebook con il giornalista del settimanale “Panorama” Gianluigi Nuzzi, in merito a vicende personali che hanno visto coinvolto il ricorrente stesso.
Al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato con il ricorso r.g. n. 938/2009, lamenta:
1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/81 e d.p.r. n. 3/57 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 97 Cost. e dei principi di ragionevolezza, presunzione di innocenza e buon andamento della p.a. – Sviamento della causa tipica, atteso che la pubblicazione dei contenuti, peraltro, di una conversazione privata intercorsa tra il ricorrente e un giornalista - che si era inserito in un post di auguri del ricorrente per la festa del papà - è avvenuta all’insaputa del ricorrente stesso (da parte del dott. Bertelli, in possesso delle credenziali per accedere al profilo Facebook del ricorrente); peraltro è stata anche omessa la comunicazione di avvio del procedimento;
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/1981, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/1990 – Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità – Contraddittorietà in relazione alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro dell’Interno del 20/9/2002 – Carenza dei presupposti e di istruttoria – Sviamento dalla causa tipica, atteso che con lettera del 18/9/2009 il ricorrente è stato diffidato “dal rilasciare interviste e dare informazioni agli organi di stampa”, salvo l’acquisizione della previa autorizzazione dei superiori.
Orbene, la conversazione i cui stralci sono stati pubblicati, non è un’intervista, ma una conversazione privata;
3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 in relazione agli artt. 6, c. 3, n. 1 e 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97 Cost. – Eccesso di potere per difetto di motivazione – Violazione del principio di proporzionalità, atteso che la sospensione cautelare facoltativa dal servizio presuppone l’esistenza di “gravi motivi” che risultino da un provvedimento specificamente motivato in riferimento alle concrete circostanze di fatto e al turbamento che comporta la permanenza in servizio dell’interessato.
Per quanto attiene all’addebito relativo all’intervista rilasciata al giornalista Orsatti in data 7/3/2009, il ricorrente è stato sanzionato per non aver ottenuto l’assenso preventivo del proprio superiore e per aver arrecato un pregiudizio al decoro dell’Amministrazione violando la nota n. 555 del 14/10/2003 e la circolare ministeriale n. 5020/M/1(7)/Sett.AA.GG.A.C del 20/9/2002, che però non gli sono mai stati comunicati, in quanto in aspettativa.
Al più comunque si sarebbe potuto irrogare la sanzione della deplorazione ex art. 5 d.p.r. n. 737/81;
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 241/90, atteso che non è dato comprendere quali particolari esigenze di celerità abbiano impedito di comunicare l’avvio del procedimento;
5) Incompetenza, atteso che la sospensione dal servizio avrebbe dovuto essere disposta dal Ministro e non dal Capo della Polizia;
6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 97 Cost. – Eccesso di potere, falsità della causa, difetto dei presupposti - Sviamento della causa tipica, atteso che il ricorrente ha reso le dichiarazioni di cui trattasi per difendere il proprio onore e non ha comunque impegnato in alcun modo la responsabilità della p.a.;
7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 241/90 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97 Cost. – Eccesso di potere per genericità, illogicità e ingiustizia manifesta – Violazione del principio di proporzionalità, atteso che non è stato indicato il termine finale della sospensione, che può durare da 1 a sei mesi;
8) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 241/90 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97 Cost. – Eccesso di potere per genericità, illogicità e ingiustizia manifesta – Violazione del principio di proporzionalità, atteso che, senza la previsione di un termine finale la sospensione facoltativa, finisce per diventare una destituzione; detta misura danneggia peraltro anche il buon andamento degli uffici.
Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso.
Sono stati quindi notificati motivi aggiunti avverso i medesimi atti impugnati in via principale con il ricorso r.g. n. 939/2009, tenuto conto del fatto che con due successivi provvedimenti (del 5/8/2009 e del 31/8/2009 – oggetto, rispettivamente, dei ricorsi r.g. nn. 1945/2009 e 1946/2009) sono state disposte dapprima la sospensione dal servizio per mesi sei “a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il funzionario cesserà dalla posizione di sospeso in via cautelare” e quindi “la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il funzionario è stato sospeso in via cautelare”.
Si lamenta la Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97 Cost. – Eccesso di potere per genericità, illogicità e ingiustizia manifesta, Difetto di motivazione, Violazione del principio di proporzionalità - Sviamento della causa tipica, atteso che i due nuovi provvedimenti avrebbero dovuto almeno revocare il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio originariamente emanato sine die.
Si palesa l’esistenza di un potere extra ordinem sganciato da qualsiasi parametro normativo.
Con il ricorso r.g. n. 1945/2009 è stato impugnato il provvedimento n. 333-C/1806 del 5/8/2009, con il quale il Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ha decretato la sospensione cautelare dal servizio - per la durata di mesi sei - del ricorrente (già sospeso del servizio), ai sensi dell’art. 6, n. 1 in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, d.p.r. n. 737/81 “a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il funzionario cesserà dalla posizione di sospeso in via cautelare”.
Il procedimento disciplinare ha tratto origine dalle dichiarazioni rese dal ricorrente in occasione di una intervista rilasciata al giornalista Pietro Orsatti, ripresa dall’Agenzia di Stampa “il Velino Atticus”, che ne ha pubblicato uno stralcio il 12/3/2009 e dal settimanale “Left” in un articolo, a firma di Pietro Orsatti, pubblicato il 13/3/2009.
Afferma altresì che con successivo provvedimento del 31/8/2009, per diverse dichiarazioni asseritamente rese in data 19/3/2009, è stata inflitta al ricorrente (già sospeso del servizio) l’ulteriore sanzione disciplinare della “sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il funzionario è stato sospeso in via cautelare”.
Avverso il nuovo provvedimento (del 5/8/2009) si deduce:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione del principio del ne bis in idem - Violazione degli artt. 24 e 97 Cost., in relazione al diritto di difesa e al principio di buon andamento della p.a. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria, ingiustizia manifesta, contraddittorietà e Sviamento dalla causa tipica, atteso che a causa degli episodi similari descritti sopra, dopo la disposta sospensione cautelare sine die, sono stati avviati due distinti procedimenti disciplinari in data 18/3/2009 e 31/3/2009.
A seguito del primo procedimento il ricorrente è stato sospeso dal servizio per la durata di mesi sei e ciò “a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il funzionario cesserà dalla posizione di sospeso in via cautelare”; tuttavia, non essendo indicato un termine della sospensione cautelare non è dato sapere da quanto dovrebbe essere espiata la sanzione.
D’altra parte, frazionando i due procedimenti disciplinari (collegati a dichiarazioni asseritamente lesive del decoro dell’Amministrazione) si ottiene una sanzione disciplinare dal servizio pari a dodici mesi, il doppio del massimo consentito.
Nei confronti del ricorrente comunque avrebbe dovuto essere avviato un unico procedimento disciplinare.
Il provvedimento del 5/8/2009 è stato adottato senza revocare il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio disposto in data 23/3/2009.
Con il provvedimento del 31/8/2009 è stata poi irrogata una sanzione volta a “coprire” ex post un periodo antecedente, cioè il primo periodo di sospensione cautelare dal servizio, invertendo l’ordine temporale di efficacia dei provvedimenti.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. artt. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 l. n. 241/1990 - Violazione degli artt. 15, 21, 27 e 97 Cost. Contraddittorietà in relazione alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministero dell’Interno del 20/9/2002 – Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare e Sviamento dalla causa tipica, atteso che il ricorrente è stato diffidato dal rilasciare interviste e dare informazioni agli organi di stampa con lettera del 18/3/2009 (in presunta esecuzione della nota 555 del 14/10/2003 e della circolare n. 5020 del 20/9/2002, peraltro adottate mentre egli era in aspettativa dal servizio) e con il provvedimento impugnato è stato sanzionato per intervista rilasciata in data antecedente, cioè il 7/3/2009.
Ad ogni buon conto non sussiste nemmeno il lamentato inadempimento della circolare; invero, il ricorrente non ha rilasciato nessuna dichiarazione che potesse impegnare l’amministrazione;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 - Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 e dell’art. 97 Cost. – Eccesso di potere per oscurità della motivazione, travisamento, illogicità, carenza di istruttoria e Sviamento dalla causa tipica, atteso che non si è tenuto conto “delle circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio” del ricorrente, ed in particolare la brillante carriera e il fatto che il ricorrente era rientrato in servizio il 7/2/2009 (dopo essere stato in aspettativa dal 2000), di talché non poteva conoscere le circolari medio tempore emanate;
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 d.p.r. 737/1981 - Violazione del principio del ne bis in idem - Violazione degli artt. 24 e 97 Cost., in relazione al diritto di difesa e al principio di buon andamento della p.a. – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà - Sviamento dalla causa tipica, atteso che per le due presunte interviste rilasciate sono state inflitte ben tre sanzioni disciplinari con un intollerabile rigore sanzionatorio;
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, n. 1, in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare – Sviamento dalla causa tipica, atteso che l’art. 13 d.p.r. n. 737/81 impone di sanzionare con maggior rigore le mancanze commesse in servizio.
Il fatto di aver rilasciato un’intervista è stato ritenuto più grave di una condotta criminosa e per lo stesso fatto è stata disposta anche una sospensione cautelare dal servizio, senza tenere conto degli “eccellenti requisiti intellettuali, professionali e morali del ricorrente”;
6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, n. 1, in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’ art. 3 l. n. 241/1990 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 27 e 97 Cost. – Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, illogicità - Violazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare – Sviamento dalla causa tipica, atteso che, nonostante la richiesta del ricorrente e senza alcuna motivazione, non si è proceduto alla trascrizione integrale del dialogo con il giornalista Orsatti del 7/3/2009, il che avrebbe consentito di comprenderne il senso delle parole, completamente diverso da quello risultante dal testo pubblicato.
Ciò denota l’accanimento sanzionatorio posto in essere nei confronti del ricorrente.
Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso.
Con il successivo ricorso r.g. n. 1946/2009 è stato quindi impugnato il provvedimento del 31/8/2009 con il quale è stata inflitta al ricorrente (già sospeso del servizio) “la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il funzionario è stato sospeso in via cautelare”.
Il procedimento disciplinare ha tratto origine dalle dichiarazioni rese dal ricorrente in occasione del sopraccitato “dialogo” su Facebook intercorso con il giornalista del settimanale “Panorama” Gianluigi Nuzzi. Ad avviso dell’Amministrazione il ricorrente “non avrebbe impedito” la pubblicazione di tali dichiarazioni - in data 19/3/2009 - su un blog denominato “Legittima difesa” dal ricorrente stesso creato su Facebook (si tratta dei medesimi fatti oggetto del ricorso r.g. n. 938/2009).
Lamenta il ricorrente:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 20 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà - Violazione degli artt. 27 e 97 Cost. e dei principi di ragionevolezza – Presunzione di innocenza e buona andamento della p.a. – Violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati - Sviamento dalla causa tipica, atteso che la sanzione disciplinare è abnorme.
Invero, la precedente sanzione disciplinare della sospensione cautelare dal servizio è stata inflitta per “aver pubblicato” sul web il dialogo con il giornalista Nuzzi.
Dello stesso tenore è il foglio di contestazione degli addebiti del 31/3/2009 che ha determinato l’avvio del nuovo procedimento disciplinare, culminato con la sanzione ricollegata però al diverso fatto di “non aver impedito la pubblicazione” di tali dichiarazioni (con il che la p.a. ha ammesso di aver errato negli addebiti che hanno condotto alla sospensione cautelare).
La realtà è che il ricorrente non ha e non può avere alcuna responsabilità per conversazione privata intercorsa con un giornalista - che si era inserito in un post di auguri del ricorrente per la festa del papà – conversazione il cui contenuto è stato reso pubblico ad insaputa dell’interessato ed ad opera di soggetti terzi (nella specie il dott. Bertelli, in possesso delle credenziali per accedere al profilo Facebook del ricorrente).
D’altra parte, mentre all’atto dell’avvio del procedimento disciplinare l’Amministrazione ha manifestato l’intenzione di punire il ricorrente per aver rilasciato interviste senza la preventiva autorizzazione (atto contrario ai doversi di subordinazione), poi però lo ha punito per non aver impedito ad altri di pubblicare la sue dichiarazioni.
Al ricorrente non sono però mai state chieste giustificazioni sul fatto che il dott. Bertelli fosse in possesso delle sue credenziali;
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6, d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 20 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione degli artt. 27 e 97 Cost. – Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di potere per illogicità, difetto di motivazione e di istruttoria – Contraddittorietà e Sviamento della causa tipica, atteso che è contraddittorio irrogare la sanzione per il contenuto delle dichiarazioni ammettendo che se sono state divulgate è avvenuto per un fatto di un terzo, reputando poi irrilevante detta circostanza in ragione della presunta condotta omissiva nell’impedire detta divulgazione.
Appare incontestato che le dichiarazioni sono state rese nell’ambito di una dichiarazione privata e che comunque il ricorrente non poteva sapere che sarebbero state rese pubbliche da un terzo;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6, d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 20 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione degli artt. 27 e 97 Cost. – Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di potere per illogicità, difetto di motivazione e di istruttoria – Contraddittorietà in relazione alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro dell’Interno del 20/9/2002 – Violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati – Eccesso di potere per carenza dei presupposti e di istruttoria – Sviamento della causa tipica, atteso che il ricorrente comunque pare essere stato sanzionato per i contenuti in sé della conversazione privata per la presunta violazione dei “doveri generali di condotta .. stabiliti da leggi e regolamenti [che] non terminano con l’assolvimento dell’orario o dell’impegno di servizio”.
Ciò viola palesemente il diritto di libera manifestazione del pensiero del ricorrente;
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6, d.p.r. 737/1981 – Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità - Contraddittorietà in relazione alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro dell’Interno del 20/9/2002 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 97 Cost. – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: falsità della causa, difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione e Sviamento della causa tipica, atteso che la circolare del 20/9/2002 fa riferimento a dichiarazioni che impegnino all’esterno la responsabilità dell’amministrazione.
Nel caso di specie risulta incomprensibile la ratio della sanzione disciplinare sia stata quella di:
- aver rilasciato una intervista senza autorizzazione; oppure
- aver colloquiato privatamente con un giornalista, visto che la conversazione poi è stata resa pubblica; ovvero
- aver arrecato una gravissima lesione al prestigio e all’immagine della Polizia di Stato.
D’altra parte, la limitazione della libertà di corrispondenza e ogni altra forma di comunicazione può avvenire solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria, con le garanzie stabilite dalla legge;
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. 737/1981 – Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità - Contraddittorietà in relazione alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro dell’Interno del 20/9/2002 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 97 Cost. – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: falsità della causa, difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione e Sviamento dalla causa tipica, atteso che non si è tenuto conto “delle circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio” del ricorrente, ed in particolare la brillante carriera, per come riconosciuto anche in data 15/4/2009 nel giudizio complessivo per l’anno 2007;
6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 d.p.r. 737/1981 – Violazione dei principi di tipicità, tassatività e legalità di cui all’art. 1 l. n. 241/90 e dell’art. 1 l. n. 689/81 – Incompetenza, atteso che il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere firmato dal Capo della Polizia e invece è stato firmato da altro soggetto sconosciuto;
7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 d.p.r. 737/1981 – Violazione del principio del ne bis in idem - Violazione degli artt. 24 e 97 Cost., in relazione al diritto di difesa e al principio di buon andamento della p.a. – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria, ingiustizia manifesta, contraddittorietà e Sviamento dalla causa tipica, atteso che la sanzione disciplinare di cui trattasi è stata irrogata senza previa revoca del provvedimento di sospensione cautelare, per gli stessi fatti che ne hanno fondato l’adozione, e con effetto retroattivo, al fine di “coprire” il primo periodo di sospensione cautelare dal servizio;
8) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 e degli artt. 24 e 97 Cost. in relazione al diritto di difesa e al principio del buon andamento della p.a. – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà – Sviamento della causa tipica, atteso che l’atto impugnato è stato notificato al ricorrente non entro i dieci giorni previsti dalla legge, ma ben un mese dopo;
9) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6, d.p.r. 737/1981. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 737/81 - Violazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare – Sviamento dalla causa tipica, atteso che la sanzione è del tutto sproporzionata rispetto ai fatti contestati, peraltro non commessi in servizio.
Per di più per gli stessi fatti è stata disposta anche la sospensione cautelare e non si è tenuto conto dei precedenti di servizio del ricorrente.
Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso.
Con il successivo ricorso r.g. n. 842/2010 il ricorrente ha impugnato il provvedimento del 22/3/2010, con il quale è stato nuovamente sospeso cautelarmente dal servizio a decorrere dal 24/3/2010, giorno in cui venuta meno l’efficacia delle precedenti sanzioni disciplinari, avrebbe dovuto assumere nuovamente servizio.
La sospensione è stata disposta in ragione della necessità di valutare disciplinarmente le dichiarazioni rese nel corso di un convegno in data 6/12/2009 e nel corso del congresso di Italia dei Valori del 6/2/2010, alle quali è stata data diffusione dai media, in quanto asseritamente lesive per il prestigio delle Istituzioni dello Stato.
Lamenta:
1) Nullità del provvedimento ex art. 21-sepies – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 e dell’art. 92 d.p.r. n. 3/57 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90 – Eccesso di potere per illogicità – Contraddittorietà e Violazione del principio del ne bis idem – Sviamento della causa tipica, atteso che il provvedimento del 23/3/2009 con il quale il ricorrente è stato sospeso cautelarmente dal servizio, sine die, non è stato mai revocato;
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 e degli artt. 2, 3, 21, 24, 27 e 97 Cost., difetto di motivazione e di istruttoria, atteso che non è dato conoscere le motivazioni sottese al giudizio prognostico effettuato (pericolo per prestigio delle Istituzioni dello Stato), giudizio il quale si è peraltro fondato non sull’integrale contenuto delle dichiarazioni, ma su quanto riportato dai media;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 e degli artt. 2, 3, 21, 24, 27 e 97 Cost., difetto di motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 e dell’art. 92 d.p.r. n. 3/1957 – Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – Erroneità dei presupposti – Contraddittorietà, illogicità e Sviamento dalla causa tipica, atteso che l’Amministrazione ritiene erroneamente di poter esercitare un controllo sul contenuto delle dichiarazioni rese dal dott.Genchi, il quale peraltro non è nemmeno un militare, essendo la polizia un corpo civile.
D’altra parte, gli stessi militari possono manifestare liberamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio, per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione (art. 9 l. n. 392/1978).
Se le dichiarazioni del ricorrente siano o meno lesive per il prestigio delle Istituzioni dello Stato è argomento riservato all’a.g.o., concretandosi altrimenti la lesione del diritto di opinione (art. 19 della dichiarazione dei diritti dell’uomo), con una illegittima ingerenza da parte delle autorità pubbliche (art. 10 CEDU).
Si possono ovviamente vietare dichiarazioni relative ad indagini e/o operazioni di polizia, ma con esse nulla hanno a che vedere le dichiarazioni rese dal ricorrente in data 6/12/2009 e 6/2/2010;
4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/90 e 97 Cost. – Eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione del principio di proporzionalità, atteso che la sospensione cautelare appare comunque del tutto sproporzionata in relazione ai presunti fatti contestati; né la gravità dei motivi appare in alcun modo esternata nel provvedimento.
Nella contestazione degli addebiti del 29/3/2010, si fa riferimento alla “reiterazione di precedenti condotte già sanzionate disciplinarmente con la sospensione dal servizio” e cioè a fatti astrattamente rilevanti solo nei rapporti tra la p.a. e il ricorrente.
Non si vede come delle mere dichiarazioni possano costituire fatti di particolare allarme sociale;
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/85, dell’art. 92 d.p.r. n. 3/57 e dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, atteso che gli obblighi connessi allo status di appartenente alla Polizia di Stato implicano che il funzionario sia in servizio attivo, ma il ricorrente era sospeso dal servizio;
6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 241/90, atteso che i fatti contestati risalgono al 6/12/2009 e al 6/2/2010, e si dice che abbiano avuto immediata ed ampia diffusione; il provvedimento è stato adottato in data 22/3/2010, quando le presunte esigenze cautelari erano ovviamente già venute meno;
7) Incompetenza, atteso che il provvedimento è di competenza del Ministro e non del Capo della Polizia.
Conclude quindi per l’accoglimento anche di questo ricorso.
Con successivo ricorso r.g. n. 291/2011 sono stati impugnati, per meri vizi di illegittimità derivata, il provvedimento con il quale il ricorrente, in data 12/5/2010, è stato escluso dallo scrutinio per merito comparativo per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente per aver riportato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio (v. artt. 57, c. 3 e 60 d.lgs. n. 334/2000) e la connessa graduatoria finale.
Infine, con il ricorso r.g. n. 1077/2011 è stato impugnato il provvedimento con il quale al ricorrente è stata irrogata la sanzione della destituzione dall’impiego dal 24/3/2010 a seguito del procedimento disciplinare avviato in data 22/3/2010 per i fatti che hanno condotto all’ultima sospensione cautelare dal servizio e per la recidiva derivante dai precedenti procedimenti disciplinari.
Sostiene che le dichiarazioni riportate dai media sono state decontestualizzate; sostiene, comunque, che le sue dichiarazioni non sono mai state rese in nome e per conto dell’Amministrazione.
Lamenta:
1) Violazione dell’art. 7, c. 2, n. 6 d.p.r. n. 737/81 – Erroneità dei presupposti – Invalidità derivata, atteso che il provvedimento di destituzione è stato adottato anche in ragione della recidiva, ma i presupposti provvedimenti sono tutti illegittimi;
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90, degli artt. 55, 57, 92 e 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – Erroneità dei presupposti – Contraddittorietà – Illogicità – Sviamento dalla causa tipica, atteso che, in disparte ogni considerazione in ordine alla piena liceità delle dichiarazioni del ricorrente, la p.a. confonde singoli politici ed esponenti del Governo con “Organi e Istituzioni dello Stato”;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990, degli artt. 2, 3, 21, 24, 27 e 97 Cost. e dell’art. 10 CEDU – Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – Erroneità nei presupposti – Contraddittorietà – Illogicità – Sviamento della causa tipica, atteso che il ricorrente è stato sanzionato per aver esercitato il diritto di manifestare liberamente il pensiero e nonostante non abbia mai impegnato con le proprie dichiarazioni la responsabilità dell’Amministrazione.
D’altra parte, gli stessi militari possono manifestare liberamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio, per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione (art. 9 l. n. 392/1978).
Se le dichiarazioni del ricorrente siano o meno lesive per il prestigio delle Istituzioni dello Stato è argomento riservato all’a.g.o., concretandosi altrimenti la lesione del diritto di opinione (art. 19 della dichiarazione dei diritti dell’uomo), con una illegittima ingerenza da parte delle autorità pubbliche (art. 10 CEDU);
4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 25, 97, 101 e 102 Cost. e dell’art. 290 c.p. – Straripamento di potere – Nullità ex art. 21 septies l. n. 241/90 – Difetto ed erroneità dei presupposti – Abnormità – Ingiustizia manifesta, atteso che, se il ricorrente avesse veramente reso dichiarazioni lesive dell’immagine e del prestigio delle Istituzioni dello Stato, avrebbe dovuto essere denunciato dai suoi superiori o dagli interessati per il reato di cui all’art. 290 c.p.; invero gli unici limiti alla libera manifestazione del pensiero sono quelli previsti dalla legge penale.
Il ricorrente non ha mai proferito espressioni dal significato offensivo ed implicante disprezzo per le Istituzioni.
Nel caso di specie rimane del tutto incomprensibile chi decida se una dichiarazione pubblica abbia o meno un contenuto consono allo status di appartenente ai ruoli della Polizia di Stato;
5) Violazione e falsa applicazione delle circolari emanate dal dipartimento della p.s. di cui al telex n. 556/PRIS.1 del 12/1/1990, n. 555/III/S.1/226 del 10/6/1997, n. 555III/S1/22 del 12/1/1999, n. 555/III/S1/285 del 22/5/1999, n. 555III/S1/458, del 21/9/2000, n. 5020/M1(7), n. 555-DOV/C3H/186 del 14/10/2003, nonché delle circolari emanate dal Gabinetto del Ministero dell’Interno, n. 5020/M/1/(7)/UFF.I del 13/10/1992 e n. 5020/M/1 (7) dell’11/2/1997 – Violazione e falsa applicazione della circolare del Ministro dell’Interno del 20/9/2002 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti – Contraddittorietà – Sviamento della causa tipica, atteso che la limitazione alla libertà di manifestazione del pensiero potrebbe trovare una giustificazione nella necessità di garantire l’efficace repressione dei reati, il segreto d’ufficio e il sereno svolgimento delle attività proprie dell’Amministrazione (v. notizie su indagini o operazioni di polizia).
Le dichiarazioni rese dal ricorrente si riferiscono a fatti di cronaca e nulla hanno a che vedere con le dichiarazioni alle quali si riferiscono le circolari menzionate, né gettano discredito sulle Istituzioni dello Stato, come si desume dal contenuto integrale delle dichiarazioni effettivamente rese;
6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/90 e 97 Cost. – Difetto di motivazione, atteso che non si comprende se il ricorrente sia stato sanzionato per non aver tenuto una condotta esemplare, oppure per aver leso il prestigio degli organi e delle istituzioni dello Stato o, infine, per aver arrecato discredito all’immagine e all’onore dell’amministrazione di appartenenza.;
7) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90, degli artt. 21 e 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 7, 14, 19, 20 e 21 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – Erroneità dei presupposti – Contraddittorietà – Illogicità – Difetto di motivazione – Mancata valutazione delle giustificazioni - Sviamento dalla causa tipica, atteso che non vi è stata alcuna valutazione delle giustificazioni presentate dal ricorrente e mai smentite nel corso dell’istruttoria.
L’Amministrazione ha omesso di spiegare le ragioni per le quali non ha ritenuto di accogliere le giustificazioni del ricorrente trasformando il procedimento disciplinare in un procedimento sanzionatorio di opinioni e dichiarazioni;
8) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 7 e 13 d.p.r. n. 737/81 e degli artt. 1 e 3 l. n. 241/90– Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità – Ingiustizia manifesta - Abnormità – Sviamento dalla causa tipica, atteso che l’intento espulsivo della p.a. è stato palesato sin dal primo provvedimento adottato per una mera discussione avuta con un giornalista e pubblicata da un terzo.
D’altra parte, la sanzione della destituzione normalmente dovrebbe conseguire a fatti gravissimi e l’Amministrazione non l’ha mai applicata neppure nei confronti di dipendenti macchiatisi di delitti oltremodo gravi;
9) Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 19, 20 e 21 d.p.r. n. 737/81 e degli artt. 103, 110, 115, 117, 119, 120 d.p.r. n. 3/57, anche in relazione all’art. 9, c. 2, l. n. 19/90 e all’art. 21 l. n. 241/90, atteso che sono stati violati i termini perentori di avvio del procedimento disciplinare.
E’ stato in particolare violato il principio dell’immediatezza della contestazione degli addebiti, che è avvenuta in data 29/3/2010 per dichiarazioni rese in data 6/2/2009 e 6/2/2010.
D’altra parte, la sanzione è stata irrogata solo in data 16/2/2011 (dopo 324 giorni dall’avvio del procedimento), con provvedimento che è stato notificato in data 21/2/2011;
10) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20 d.p.r. n. 737/81 e degli artt. 22, 23, 24 e 25 l. n. 241/90 e degli artt. 24 e 97 Cost. – Violazione del diritto di difesa, atteso che al ricorrente è stato negato l’accesso ai fascicoli dei procedimenti disciplinari ai quali sono stati sottoposti altri poliziotti in relazione a ben più gravi vicende finite al vaglio della stessa amministrazione.
Non è stato quindi possibile offrire ulteriori argomenti per provare l’abnormità della misura sanzionatoria;
11) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 15, 16 d.p.r. n. 737/81, dell’art. 149 d.p.r. n. 3/57, dell’art. 51 c.p.c. e dell’art. 97 Cost. – Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento, atteso che del Consiglio Centrale di disciplina ha fatto parte, n.q. di superiore gerarchico del ricorrente, il dott. Barboso.
Si tratta del soggetto che aveva redatto la lettera di diffida del 18/3/2009, oggetto del ricorso r.g. n. 938/2009, di talché si sarebbe dovuto astenere;
12) Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 13, 14, 19 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per abnormità, Illogicità – Sviamento dalla causa tipica, atteso che nel caso di specie non è stata osservata la procedura per rilevare le infrazioni, in quanto non è stato possibile conoscere né il rapporto disciplinare, né le generalità del superiore gerarchico che avrebbe rilevato la presunta infrazione;
13) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4, 6, 7 e 13 d.p.r. n. 737/81, 3 l. n. 241/90 e 97 Cost. – Difetto di motivazione e mancata valutazione dell’interesse pubblico al mantenimento del ricorrente, atteso che la p.a. ha omesso di valutare che il ricorrente è uno dei soggetti più stimati ed encomiati della Polizia di Stato, di talché era interesse della Polizia mantenerlo in servizio.
Ciò dimostra che il potere disciplinare è stato utilizzato per un fine diverso da quello previsto, cioè per allontanare dalla polizia un personaggio “scomodo” nel frangente politico di cui trattasi.
Conclude quindi per l’accoglimento anche dell’ultimo ricorso, del quale viene chiesta la riunione a tutti gli altri.
In tutti i ricorsi l’Avvocatura erariale si è costituita depositando memorie e documenti e chiedendone il rigetto.
Nel ricorso r.g. n. 291/2011 è stata altresì eccepita preliminarmente l’inammissibilità del gravame (avente ad oggetto l’esclusione del ricorrente dalla graduatoria degli ammessi allo scrutinio di merito comparativo al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente della Polizia di Stato), in quanto non notificato ad alcun controinteressato.
In vista della trattazione dei ricorsi nel merito le parti hanno depositato corpose memorie.
Alla pubblica udienza del giorno 14/3/2014 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
Si sono rese successivamente necessarie due ulteriori camere di consiglio che si sono tenute, rispettivamente, in data 15/5/2014 e 23/7/2014.
Rileva preliminarmente il Collegio che l’evidente connessione oggettiva e soggettiva dei sei ricorsi ne giustifica la loro riunione ai sensi dell’art. 70 c.p.a.
Al fine di vagliare la fondatezza o meno dei gravami (contenenti numerosissime doglianze e non rispettosi del principio di sinteticità), e comprendere il senso e il contenuto dei provvedimenti cautelari e dei procedimenti disciplinari ai quali è stato sottoposto il ricorrente, occorre previamente inquadrare esattamente i fatti nel peculiare momento storico nel quale sono accaduti e tenere conto, in particolare, della loro scansione temporale.
Solo con una visione d’insieme di come si sono succeduti nel tempo i provvedimenti adottati dall’Amministrazione dell’Interno nel confronti del dottor Genchi è possibile esperire - nel rispetto del diritto di difesa del pubblico dipendente colpito, da ultimo, dal grave provvedimento della destituzione dall’impiego - il sindacato di legittimità affidato a questo giudice.
Risulta incontestato tra le parti che il ricorrente:
- all’epoca dei fatti era Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato;
- è stato immesso in servizio in data 30/12/1985;
- nel corso della sua carriera ha svolto numerosi ed importanti incarichi, all’interno e all’esterno dell’Amministrazione, dalla quale è stato sempre valutato con il giudizio di “ottimo” (v. documentazione in atti);
- a decorrere dal 1° giugno 2000 è stato collocato – a richiesta - in posizione di aspettativa sindacale non retribuita e ha svolto l’attività di consulente tecnico e perito dell’a.g.o. (specie in tema di intercettazioni) in vari procedimenti penali;
- a partire dal 2009 è stato indagato e anche rinviato a giudizio in vari procedimenti penali correlati principalmente alla predetta attività di consulente svolta durante il periodo di aspettativa;
- è rientrato in servizio in data 7/2/2009;
- è stato successivamente assolto dai reati ascritti in virtù di varie sentenze divenute irrevocabili nelle more della decisione dei ricorsi.
I provvedimenti cautelari e i procedimenti disciplinari oggetto della presente disamina si inseriscono proprio nel contesto temporale nel quale il ricorrente è stato coinvolto nei procedimenti penali (anni 2009/2011), conclusisi per lui tutti positivamente.
In quel periodo, il ricorrente, che prima non era mai incorso in procedimenti disciplinari e aveva svolto una lunga carriera “esemplare”, costellata di numerosi successi e di lusinghieri giudizi, non poteva non trovarsi in una particolare condizione psicologica.
Traspare infatti dagli atti difensivi, dei procedimenti e finanche dalle dichiarazioni del ricorrente (soprattutto nella versione integrale in parte in prosieguo riportata che consente di dare il giusto inquadramento alla vicenda), che il ricorrente si sentiva “vittima” di quelle stesse Istituzioni per la tutela delle quali aveva sempre operato con spirito di servizio, in ossequio ai principi sanciti dall’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 recante l’approvazione del regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, che recita: “Il personale della Polizia di Stato deve avere in servizio un comportamento improntato alla massima correttezza, imparzialità e cortesia e deve mantenere una condotta irreprensibile, operando con senso di responsabilità, nella piena coscienza delle finalità e delle conseguenze delle proprie azioni in modo da riscuotere la stima, la fiducia ed il rispetto della collettività, la cui collaborazione deve ritenersi essenziale per un migliore esercizio dei compiti istituzionali, e deve astenersi da comportamenti o atteggiamenti che arrecano pregiudizio al decoro dell'Amministrazione. Il personale anche fuori servizio deve mantenere condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni.”.
Dopo aver ricostruito i fatti nella loro precisa concatenazione e aver riportato testualmente gli stralci delle dichiarazioni “incriminate” (secondo gli approfondimenti per i quali si rinvia al prosieguo), il Collegio ritiene che, seppure il ricorrente ha effettivamente assunto condotte astrattamente idonee ad negativamente una non del tutto positiva valutazione da un punto di vista disciplinare, tuttavia, le metodiche e le modalità con le quali detti procedimenti sono stati condotti e le risultanze alle quali sono pervenuti – anche in ragione della violazione del principio della proporzionalità della sanzione e della mancata considerazione della situazione personale del ricorrente, del suo curriculum e della sussistenza o meno dell’elemento soggettivo - appaiono decisamente abnormi e tali da concretizzare palesemente la loro illegittimità per eccesso di potere, nella figura sintomatica dello sviamento dalla causa tipica.
In ragione di quanto osservato e della peculiare evidenza che dai fatti è dato inferire, si espone e si desume, anche in ossequio al principio della non contestazione, quanto segue.
°°°1. In data 7/3/2009 il ricorrente rilascia un’intervista al giornalista Pietro Orsatti; detta intervista viene ripresa dall’Agenzia di Stampa “Il velino Atticus”, che ne ha pubblicato uno stralcio alle ore 17,13 del 12/3/2009, e dal Settimanale “Left”, in un articolo pubblicato dallo stesso giornalista in data 13/3/2009.
2. In data 13/3/2009 viene avviato il primo procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente per avere “rilasciato dichiarazioni, gravemente lesive del prestigio delle Istituzioni dello Stato, poi riportate su organi di stampa nazionale senza il preventivo assenso del competente ufficio dipartimentale, così come previsto dalle vigenti disposizioni in materia”.
Si contesta al ricorrente la violazione degli artt. 13 d.p.r. n. 782/1985 e 6, c. 3, n. 1) e 4, c. 2, n. 18, d.p.r. n. 737/81 in relazione al contenuto delle esternazioni e la violazione degli artt. 6, c. 3, n. 1) e 4, c. 2, n. 10 d.p.r. n. 737/81, in relazione alla inosservanza delle disposizioni che regolano la manifestazione pubblica del proprio pensiero, in quanto egli avrebbe rilasciato l’intervista senza il previo consenso dell’Ufficio relazioni esterne.
Per come risulta dal foglio di addebiti del 18/3/2009 (ricevuto dal ricorrente in data 19/3/2009), le dichiarazioni “incriminate” sono le seguenti:
a) “Probabilmente [i ROS] si sono voluti pulire il coltello perché io nel 1989 mi imbatto in una delle porcherie fatte dal ROS”;
b) “Io ritengo che abbiano voluto colpire me ben oltre la mia funzione di consulente dell’autorità giudiziaria per quello che io rappresento, ho rappresentato, per quello che io ho fatto in passato e per quello che é stato il mio ruolo anche all´interno della Polizia di Stato”;
c) “Poi le occasioni per aver lavorato sulla trattativa e per essere stato messo anche da parte, io e La Barbera, quando stava per arrivare l´onnipotenza, diciamo, del ROS a Palermo che avrebbe assicurato, come ha assicurato, grandi successi, come li ha fatti i successi. Sicuramente la cattura di Riina è stato un grande risultato. Però se si fossero fatte pure le indagini sul covo di Riina, io mi preoccupo di più di come ci si è arrivati alla cattura di Riina e possibilmente del fatto stesso che Riina sia stato reso latitante per tanti anni. Perché vedi le catture sono certamente un successo dello Stato ma sono allo stesso tempo un successo dello Stato che dimostra l’insuccesso o le connivenze dello Stato per tutto il tempo in cui un latitante, poi catturato, è rimasto tale [rectius i latitanti, poi catturati, sono rimasti tali – n.d.r.]”;
d) “I dati sono questi: un Presidente della Repubblica viene fatto dimettere e la strage di Capaci avviene mentre si sta votando l´elezione del Capo dello Stato interrompendo quello che é il corso che quel Parlamento di inquisiti e tutto quello che vogliamo, comunque un Parlamento eletto, si stava dando con la proposta di un altro ben diverso Presidente della Repubblica. Questi sono i fatti di cui pochissimi parlano.”;
e) “Perché dopo che apriamo il fronte sui servizi, in particolare dopo che apriamo il fronte su Contrada perché sia chiaro, noi siamo stati trasferiti. Ma non era tanto un trasferimento mio e di La Barbera ma lo smantellamento di una struttura della Polizia di Stato perché tutto doveva passare in mano al ROS. Questo è il disegno ancora più perfido di questa scelta che in quel momento fu fatta”;
f) “Eh sí, è una questione politica. Io mi occupo di queste indagini con de Magistris e tolgono de Magistris, tolgono me ed affidano tutto al ROS ed il ROS combina il pataracchio che ha combinato secondo me anche in danno dei magistrati di Catanzaro perché Iannelli non é colui che ha avocato l’indagine. Iannelli è colui a cui è stata prospettata una rappresentazione totalmente falsa di quelle indagini illegali che il ROS ha fatto su de Magistris e su di me. Io vado da Mentana e Mentana subito dopo la mia trasmissione viene cacciato. Viene messo un nuovo conduttore di MATRIX che la prima trasmissione che fa è con Mori del ROS. Un bravo giornalista, Nicola Biondo, fa un’inchiesta sul ROS sull’Unità e qualche giorno dopo stavano per chiudere l´Unità. Io adesso non vorrei però comincia ad esser molto preoccupante. … Io mi augurerei che Napolitano, che ha fatto quella splendida circolare che voleva evitare concentramenti di potere e di informazione su questi organi di Polizia che operano all’esterno dell’ambito istituzionale e giurisdizionale dello Stato, se non ha avuto la forza di farla valere come ministro dell’interno quantomeno abbia la forza di farla valere come Presidente della Repubblica.”.
3. In data 19/3/2009, alle ore 9,30, viene notificata al ricorrente una lettera di diffida, a firma del dott. Filippo Raboso, recante data 18/3/2009, nella quale si legge:
“Ho avuto modo di rilevare che molto spesso gli organi di informazione locali e nazionali, nell’affrontare il tema delle intercettazioni, fanno riferimento alla sua attività di consulente svolta, nel passato, su incarico di numerose Procure. Nel richiamarLe la copiosa normativa ministeriale, tesa a disciplinare i processi di informazione e di comunicazione istituzionali, La diffido a rilasciare interviste e dare informazioni agli organi di stampa, stante che il suo stato di funzionario di polizia coinvolge inevitabilmente l’immagine istituzionale della Polizia di Stato. A tal proposito si specifica che eventuali interviste o partecipazioni a forum informatici, programmi televisivi o radiofonici dovranno essere preventivamente autorizzati superiormente. Per una più completa documentazione, Le allego copia della circolare ministeriale, diramata dalla Segreteria del Dipartimento della P.S. con la nota nr. 555-DOC/C3h/184 datata 14/10/2003.”.
Detta nota, indirizzata ai Dirigenti della Polizia di Stato, rinvia alla circolare n. 5020/M/1(7)/Sett. AA.GG.A.C. de 20/9/2002 (riservata e inviata ai vertici dell’organigramma), avente ad oggetto i “Rapporti con gli organi di informazione”, che recita: “Lo sviluppo crescente delle attività di informazione e di comunicazione istituzionale… non può essere disgiunto da una sempre più estesa e matura consapevolezza dei corretti ambiti dei rapporti di esplicazione con l’opinione pubblica attraverso gli organi di informazione, a salvaguardia dei principi costituzionali di imparzialità e correttezza dell’agire pubblico. La doverosa riflessione su tali temi, scaturita anche dalla lettura della stampa quotidiana a periodica che ha ultimamente ospitato autonome dichiarazioni di funzionari e pubblicato notizie su taluni fatti e avvenimenti, anche di ristretta circolazione informativa … induce a [richiamare] la necessità di ricondurre ad univoci criteri di rigore i rapporti dell’Amministrazione ad ogni livello, nelle sue articolazioni centrali e periferiche con gli organi di informazione. … Le SS.LL., nel rilasciare dichiarazioni, si atterranno a rigorosi criteri di correttezza e riservatezza, evitando valutazioni e commenti che possano ingenerare confusione e disorientamento tra i cittadini, riverberandosi negativamente sull’Amministrazione; inoltre dovrà essere preventivamente sottoposta all’Ufficio di Gabinetto ogni dichiarazione che, pur nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali, impegni la responsabilità dell’Amministrazione.”;
4. In data 19/3/2009 alle ore 19.04, sul sito www.19luglio1992.com, il sig. Marco Bertelli immette gli stralci di una conversazione intercorsa su Facebook tra il ricorrente e il giornalista di Panorama Giunluigi Nuzzi; le stesse dichiarazioni risultano pubblicate alle 19.14 anche sul blog creato dal ricorrente e denominato “Legittima Difesa”.
Per come risulta dal foglio di addebiti del 31/3/2009 (che richiama la lettera di incarico del 23/3/2009), le dichiarazioni sono le seguenti:
“Vedo che sei bene informato! Sicuramente sei più informato di me, visto che alla stampa la Procura della Repubblica di Roma ha fatto sapere più di quanto non ha detto a me. …. Non potendomi attaccare su altro, grazie ai tuoi amici generali della Guardia di Finanza su cui stavo indagando, hanno cercato su cosa fregarmi, visto che il Pubblico Ministero Luigi de Magistris (come tutti i Pubblici Ministeri ed i Giudici di Italia), mi aveva autorizzato ad accedere all’anagrafe tributaria, per verificare i codici fiscali delle utenze telefoniche. Grazie a questa scusa hanno avuto gioco facile per perquisirmi e portarsi via tutti i miei dati, compresi quelli che li riguardavano direttamente, … Resisi conto delle stupidaggini che avevano detto (anche gli “scienziati” del COPASIR) hanno fatto marcia indietro …. Adesso, visto che gli aspetti principali delle indagini di Catanzaro coinvolgevano alti ufficiali della Guardia di Finanza, hanno cercato di giocare in casa, con i presunti accessi abusivi all’anagrafe tributaria … Nessuno alla Procura di Roma, però, si è accorto come vi siete procurati al tuo giornale i dati dei miei redditi (sui quali ho pagato anticipatamente le tasse) che invece erano riservati e che sono stati resi noti solo grazie ad una illecita intromissione negli archivi dell’anagrafe tributaria. Chiedi quindi ai tuoi amici della Guardia di Finanza cosa sono gli accessi abusivi all’anagrafe tributaria e come si fanno. Con l’occasione chiedigli pure chi ha fatto gli accessi sulle mie denunzie dei redditi e su quelle dei miei onesti familiari”.
5. In data 23/3/2009 oltre a disporsi l’avvio del secondo procedimento disciplinare, viene contemporaneamente adottato il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 e 92 d.p.r. n. 3/57, con effetto a decorrere dal giorno successivo a quello di notifica del provvedimento stesso, senza indicazione di un termine finale (atto impugnato con il ricorso r.g. n. 938/2009).
Nel provvedimento cautelare si richiamano le lettere di incarico del 13/3/2009 e del 23/3/2009, per l’avvio dei procedimenti disciplinari collegati alle dichiarazioni del 7/3/2009 a quelle del 19/3/2009 e si sostiene che il funzionario:
- alla luce della specifica diffida del 18/3/2009, ha commesso un atto contrario ai doveri derivanti dalla subordinazione per “aver pubblicato” sulle pagine web del “blog” da lui stesso creato, il dialogo intercorso con il giornalista Nuzzi, in merito alle vicende che hanno coinvolto il ricorrente stesso;
- ha “perseverato” in un comportamento che oggettivamente si qualifica assolutamente contrario ai doveri del proprio “status”, oltre che pregiudizievole per l’immagine e il decoro dell’Istituzione di appartenenza;
- deve essere sottoposto ad un altro procedimento disciplinare per una sanzione più grave della deplorazione;
- deve essere sospeso cautelarmente da servizio per motivi disciplinari sussistendo i “gravi motivi previsti dall’art. 92 del d.p.r. 3/57”.
6. In data 31/3/2009 sono stati contestati al ricorrente gli addebiti relativi al secondo procedimento disciplinare per la violazione degli artt. 13 d.p.r. n. 782/1985 e artt. 6, c. 3, n. 1) e 4, c. 2, n. 18, d.p.r. n. 737/81 in relazione al contenuto delle esternazioni e la violazione degli artt. 6, c. 3, n. 1) e n. 6) e 4, c. 2, n. 10 d.p.r. n. 737/81, in relazione alla inosservanza delle disposizioni che regolano la manifestazione pubblica del proprio pensiero, in quanto egli avrebbe rilasciato l’intervista senza il previo consenso dell’Ufficio relazioni esterne (il che comporterebbe la violazione del principio di subordinazione).
7. Conclusisi i due procedimenti disciplinari nelle more della sospensione cautelare dal servizio (in realtà disposta sine die) sono stati adottati due distinti provvedimenti disciplinari:
- il primo in data 5/8/2009 (in relazione all’intervista del 7/3/2009 rilasciata al giornalista Pietro Orsatti) con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il ricorrente fosse cessato dalla posizione di sospeso in via cautelare (sospensione disposta in realtà sine die), per violazione dell’art. 6, n. 1, in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, d.p.r. n. 737/1981, cioè per tutte le condotte ascritte nel foglio di addebiti del 18/3/2009, con la seguente motivazione: “funzionario della Polizia di Stato rilasciava un’intervista senza la prescritta autorizzazione del competente Ufficio, dal contenuto gravemente denigratorio nei confronti di organismi e Istituzioni dello Stato, venendo meno a quel primario dovere di ogni appartenente alla Polizia di Stato, imposto dall’art. 13 del d.p.r. 782/1985, di mantenere un contegno e una condotta sempre improntata alla massima correttezza, arrecando, con ciò, gravissimo pregiudizio per l’Amministrazione della P.S.” (v. ricorso r.g. n. 1945/2009);
- il secondo in data 31/8/2009 (in relazione alle dichiarazioni del ricorrente del 19/3/2009 apparse sul blog da lui stesso creato), con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il ricorrente è stato sospeso in via cautelare (sospensione illo tempore disposta in realtà sine die), per violazione dell’art. 6, n. 1, in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, e 6, n. 6, d.p.r. n. 737/1981, con la seguente motivazione: “funzionario della Polizia di Stato ha pervicacemente posto in essere un comportamento deontologicamente scorretto, in relazione ai doveri connessi alla funzione rivestita ed alle responsabilità sottese alla qualifica ricoperta, non impedendo in alcun modo la pubblicazione sul blog dallo stesso creato su Facebook delle dichiarazioni rilasciate in occasione di un dialogo con un rappresentante degli organi di informazione, dal contenuto lesivo del prestigio delle Istituzioni dello Stato. Con tale condotta ha disatteso le disposizioni emanate in materia di pubblica manifestazione del pensiero degli appartenenti alla Polizia di Stato, ribaditegli con una lettera di diffida del suo superiore gerarchico, venendo meno, in tal modo, ad un ordine legittimamente impartito.” (v. ricorso r.g. n. 1946/2009).
In totale quindi al ricorrente sono state irrogate due sanzioni disciplinari di sospensione dal servizio di mesi 6, per complessivi mesi 12.
Per la seconda sanzione (irrogata con provvedimento del 31/8/2009, comunicato in data 29/9/2009) è stato peraltro disposto un effetto retroattivo, per cui essa ha operato dal 24/3/2009 fino al 24/9/2009 (di fatto sommandosi ed elidendo gli effetti della sospensione cautelare del 23/3/2009, disposta sine die, mai esplicitamente revocata, ma in parte divenuta inefficace in data 31/8/2009, per effetto del contenuto del secondo provvedimento sanzionatorio).
La prima sanzione (irrogata con provvedimento del 5/8/2009, comunicato in data 2/9/2009), che avrebbe dovuto operare a decorrere dal giorno successivo in cui il funzionario fosse cessato dalla posizione di sospeso in via cautelare, ha quindi operato necessariamente dopo che la seconda aveva esaurito i suoi effetti, e quindi a decorrere dal 25/9/2009 (compreso) fino al 24/3/2010.
8. In data 10/3/2010 il ricorrente ha quindi chiesto di conoscere il giorno, il luogo, l’ora e le mansioni con le quali avrebbe dovuto assumere servizio, essendo in esaurimento gli effetti delle sanzioni disciplinari disposte e dando evidentemente per implicita anche la cessazione degli effetti della sospensione cautelare dal servizio del 23/3/2009 (in realtà mai espressamente revocata dall’Amministrazione).
Per tutta risposta, il 23/3/2010, la p.a. ha, ad un tempo, disposto l’avvio di una nuova inchiesta disciplinare e adottato una nuova sospensione cautelare dal servizio.
Il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio è stato disposto ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 e 92 d.p.r. n. 3/57, con effetto a decorrere dal 24/3/2010, giorno successivo a quello di notifica del provvedimento stesso (avvenuta in data 23/3/2010), anche in tal caso, senza indicazione di un termine finale (atto impugnato con il ricorso r.g. n. 842/2010).
Nel provvedimento cautelare si richiamano i provvedimenti sanzionatori del 5 e del 31/8/2009 si afferma che il ricorrente:
- nel corso di un convegno svoltosi a Cervignano del Friuli il 6/12/2009 e nel corso del congresso dell’Italia dei Valori del 6/2/2010 il ricorrente avrebbe reso delle dichiarazioni, alle quali è stata data ampia diffusione dai mass media a livello nazionale;
- il contenuto delle dichiarazioni rese dal funzionario “anche in questa circostanza pericolosamente lesivo per il prestigio delle Istituzioni dello Stato, sembrerebbe potenzialmente idoneo a concretizzare un comportamento fortemente scorretto sotto il profilo deontologico da parte di un funzionario della Polizia di Stato, proprio in relazione ai doveri connessi alla funzione rivestita ed alle responsabilità sottese alla qualifica ricoperta”;
- deve essere sottoposto ad un altro procedimento disciplinare per una sanzione più grave della deplorazione;
- nonostante i provvedimenti adottati nei suoi confronti, sta perseverando in una gravissima condotta assolutamente in contrasto con i propri doveri, oltre che pregiudizievole per l’immagine e il decoro dell’Istituzione di appartenenza e degli altri organismi dello Stato”;
- deve essere sospeso cautelarmente da servizio per motivi disciplinari sussistendo i “gravi motivi previsti dall’art. 92 del d.p.r. 3/57”.
9. Come si desume dalla lettera di contestazione degli addebiti del 30/3/2010 l’inchiesta disciplinare è stata avviata in relazione alle seguenti dichiarazioni:
1) Convengo di Cervignano del Friuli del 6/12/2009:
“… allora lui cerca di colpire me per colpire la legge sulle intercettazioni e lo dice proprio in quel periodo in cui si stava parlando di quelle famose intercettazioni. E quali erano le intercettazioni di cui aveva paura. Erano intercettazioni di cui si parlava, quelle famose della Carfagna ve le ricordate? Dei vari Ministri, la Gelmini, insomma tutte ste cose qua. Perché sono quelle le intercettazioni che gli facevano paura, perché lui lo sa che non può essere intercettato con i mafiosi, lui lo sa che con i mafiosi non ci parla più, perché non ha più motivo di parlarci, perché ci ha parlato a suo tempo coi mafiosi ormai non c'è problema, insomma, i mafiosi, anzi, sono un bersaglio per dire che lui combatte la mafia a ma quali, quelli con la prostata, i ruderi, i relitti quelli che scappano, 75 anni, Fidanzati, che l’hanno cacciato dal carcere perché non poteva starci è andato in ospedale, poi è arrivato un altro provvedimento definitivo quindi c’è ritornato, ritorna in carcere; Lei qua non può stare e quello se ne va ed era a Milano, c’era il New [rectius “No”] Berlusconi day, c’era stato Spatuzza, ne serviva uno, ne prendono uno sotto it Palazzo di Giustizia, che andava fuggendo che gli sparavano, se no l'arrestano, e l’altro lo trovano a Milano e quindi esce la dichiarazione. Oggi avete aperto i telegiornali compreso il tre, tanto per non, qual è la notizia? la prima notizia? Il New [No] Berlusconi day? La manifestazione di Roma? Le dichiarazioni di Spatuzza? Le indagini sulle dichiarazioni di Spatuzza? No, era la cattura di quei due latitanti, con la sceneggiata dei poliziotti, che cantavano davanti la Squadra Mobile. E i veri poliziotti che hanno fatto la cattura e che hanno fatto quell'indagine si sono vergognati e se ne sono andati e mi hanno telefonato e mi hanno detto stanno facendo uno schifo, qua sta succedendo uno schifo, perché hanno organizzato una messinscena davanti alla Questura portando le persone loro, con i pullman, per organizzare quell’apparente solidarietà alla Polizia. Ma vi rendente conto che cos’è l’Italia, che livello di bassezza abbiamo toccato, cioè che livello di mistificazione, cioè come Mussolini che girava l’Italia, che spostava gli aeroplani da una parte all’altra per far vedere quanto erano grosse le truppe…”;
2) congresso dell’Italia dei Valori del 6/2/2010:
“… provvidenziale è arrivata quella statuetta, quella miracolosa statuetta della Madonnina dei Duomo che forse il miracolo più grande che ha fatto è stato quello di salvare Silvio Berlusconi dalle dimissioni che sarebbero state imminenti. Io non entro nel merito di quella dinamica di quella aggressione, lo stanno facendo tanti giovani che su “youtube” si stanno esercitando a vedere quel lancio, a rendersi conto che qualcosa di quel lancio non poteva essere vera. Io considero da poliziotto, da poliziotto che ha diretto dei servizi di O.P., da poliziotto che ha diretto il servizio di O.P. alla Cattedrale di Palermo, in occasione dei funerali degli Agenti di scorta che sono stati uccisi nella strage di “Via d’Amelio”, di un poliziotto che non è stato capace di fronteggiare la folla che al grido di “fuori la mafia dallo Stato” ha superato gli sbarramenti della Polizia e ha tentato di aggredire financo il Capo dello Stato, quella folla che chiedeva giustizia e verità. Ebbene, in ogni servizio di O.P. esiste un anello di protezione per le personalità, esiste un anello che è come un preservativo che non può mai essere rotto tranne per chi ha l’abitudine di amare i rapporti a rischio, e nei rapporti a rischio di prediligere i rapporti non protetti, di chi ama farsi la scorta fatta in casa, di chi nel farsi la scorta e la protezione è reduce dell'insegnamento di essersela fatta nientepopodimeno che da un uomo come Vittorio Mangano, da un assassino, da un trafficante di droga, che ha portato a casa sua propria e gli ha affidato la sicurezza di se stesso e dei propri figli. E poi ha avuto il coraggio di far passare come uno stalliere, un uomo che non aveva mai visto un cavallo in vita sua, che non sa se un cavallo sia un bipede o un quadrupede, e che quando i mafiosi si sono lamentati perché Berlusconi aveva definito stalliere un capo mafia come Vittorio Mangano è corso ai ripari, e con una spudoratezza, con una tracotanza che ostenta una sicumera d'impunità, in campagna elettorale ha osato definirlo un eroe, ma tutto questo non è passato nei mezzi d'informazione, perché non c’è stata la puntata di “Porta a Porta” che lo ha celebrato, non l'ha detto Emilio Fede al “TG4” , non c'è stato quello squallido speciale che ieri sera abbiamo assistito nella “rete 2”, nella radiotelevisione di Stato”;
“provvidenziale arriva quella statuetta, perché Silvio Berlusconi era uscito fuori dall’anello, perché quel sevizio di protezione fatto in casa, di persone che lui si era scelto lo aveva fatto uscire dall'anello ed è partita la statuetta, ed abbiamo assistito a quella pantomima che ha dell’incredibile, perché in qualunque servizio di scorta la personalità va presa immediatamente e va portata via dal luogo dell'aggressione per impedire la reiterazione, per impedire l'uccisione della scorta e di tante persone inermi che sono presenti, e questo non è avvenuto. E noi abbiamo visto l'uscita di quel fazzolettone enorme, quel fazzolettone nero che sembrava il fazzoletto di “Silvan”, da cui sembra dovesse uscire il coniglio, da cui sembrava dovesse uscire il colombo, e la pantomima che si è recitata là, l’andata e [incomprensibile, prob. - la -venuta -], di quello che non è stato preso e cacciato in macchina via, gli hanno consentito di fare quello che voleva con la recita. Quel fazzolettone enorme, perché nelle dimensioni il Presidente dei Consiglio ama scegliere accessori inversamente proporzionali alla sua statura, lo aveva già fatto anni prima, ma nessuno ve lo ricorda nelle televisioni, nessuno lo ha detto ieri sera in quella trasmissione, quando in un'altra pantomima analoga aveva trovato la macrospia nel suo studio, accusando le ''Procure Rosse'' di avergliela messa, quel cimicione enorme, ed io che qualche microspia l'ho vista, anche se non l'ho mai messa, vi dico che quelle dimensioni lasciavano già capire che era un farlocco. Accusò le ''Procure Rosse", accusò le congiure e, dopo poco tempo, si è capito che erano stati alcuni dei suoi a mettercele. E dopo il viatico, i denti rotti, la prognosi. non si capisce quali siano stati questi danni, la lettura del bollettino medico, sembra di vedere Alvaro Bazan (!) con la convalescenza del povero Papa morente ma poi si è ripreso, lo abbiamo visto in una foto con il cerottone, un cerottone enorme, delle stesse dimensioni del fazzolettone e della microspia. E poi quei fazzolettone è uscito e non si vede niente, sembra meglio di prima, se di meglio si può parlare parlando di Berlusconi, e quel cerottone è rimasto in bocca a quelli che senza se e senza ma non hanno pensato un attimo a crocifiggere ancora una volta Antonio Di Pietro, che era stato l’unico a denunciare quella pantomima, a denunciare quei rischio di quell'edulcorazione della verità, di quell'olio di ricino che con le Tv di Stato, con le Tv di ''Mediaset'', con i giornali asserviti oggi ha sostituito gli strumenti con cui Mussolini e il Fascismo sedavano le opposizioni e convincevano la gente, questo è il vero pericolo, la deriva totalitaria”;
- “nel momento in cui sbattei la porta ad Arnaldo La Barbera, quando volle far bloccare le indagini sulle stragi di Capaci, perché questa era la direttiva che gli era arrivata dal Viminale. Arnaldo La Barbera fu trasferito da lì a qualche giorno…, quando si stavano facendo le indagini su Bruno Contrada. E fu trasferito con una disposizione del Ministero dell'Interno, di quel Parisi, di quel Parisi che fu costretto a fare tabulati di Antonio Di Pietro per consegnarli a Craxi, quando bisognava colpire quell'uomo che stava osando mettere in dubbio il potere della prima Repubblica. E ci sono i tabulati telefonici di Bruno Contrada di quel giorno, che dimostrano chiaramente l'organizzazione di quella pantomima...”.
Al ricorrente è stata contestata la violazione degli artt. 13 d.p.r. n. 782/1985 in relazione al contenuto delle esternazioni, nonché l’inosservanza delle disposizioni che regolano la manifestazione pubblica del proprio pensiero, in quanto avrebbe reso gli interventi senza il previo consenso dell’Ufficio relazioni esterne (il che comporterebbe anche la violazione del principio di subordinazione). In ragione della reiterazione del comportamento (v. i 2 precedenti provvedimenti disciplinari) del 5 e del 31/8/2009, è stata poi contestata anche la violazione dell’art. 7, c. 6, d.p.r. n. 737/1981.
Conclusosi il nuovo procedimento disciplinare nelle more della nuova sospensione cautelare dal servizio, anch’essa disposta sine die, in data 16/2/2011, è stato adottato un nuovo provvedimento disciplinare (oggetto del ricorso r.g. n. 1077/2011), con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione dall’impiego a decorrere dal 24/3/2010 (data di decorrenza dell’ultima sospensione cautelare dal servizio, contestualmente revocata ad ogni effetto), per violazione dell’art. 7, n. 2, n. 6, d.p.r. n. 737/1981.
Il provvedimento reca la seguente motivazione “funzionario della Polizia di Stato, ancorché temporalmente sospeso dal servizio per altro procedimento disciplinare, ha continuato, pervicacemente, con ostentata pertinacia, noncurante di una precedente, formale diffida in tal senso, a porre in essere un comportamento fortemente scorretto, in assoluto contrasto con i doveri che ogni appartenente all’Amministrazione della Polizia di Stato solennemente assume con il giuramento all’atto della nomina in ruolo e a cui è tenuto sempre ad attenersi in costanza di rapporto di impiego. Nell’ambito di una lunga serie di partecipazioni ad incontri e manifestazioni, ha esternato – in occasione, tra l’altro, di un convegno svoltosi a Cervignano del Friuli il 6/12/2009 e nel corso di un congresso tenutosi a Roma il 6/2/2010 – delle dichiarazioni dal contenuto gravemente lesivo del prestigio di Organi e Istituzioni dello Stato, arrecando in tal modo disdoro all’immagine e all’onore dell’Amministrazione di appartenenza. Nella circostanza ha reiterato quelle infrazioni per le quali era già stato sanzionato con due precedenti provvedimenti disciplinari di sospensione dal servizio, entrambi per la durata di mesi sei, rispettivamente datati 5 e 31 agosto 2009.”°°°
Ciò posto in ordine alla concatenazione logico-temporale degli eventi, è possibile tornare all’esame delle questioni in diritto prima accennate in modo embrionale.
Rileva pregiudizialmente il Collegio che – in disparte la disamina del ricorso r.g. n. 291/2010 che, per la sua specifica autonomia, verrà trattato dopo tutti gli altri - l’interesse alla decisione dei ricorsi permane con riferimento a tutti i provvedimenti impugnati in via principale indipendentemente dalla circostanza che si tratti dei provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio o di quelli che irrogano le sanzioni proprio perché, come già rilevato, solo con uno sguardo d’insieme sui procedimenti, ci si può rendere conto dei vizi nei quali è incorso l’operato della p.a.
Devono quindi preliminarmente esaminarsi le censure di incompetenza mosse, da un lato, avverso i due provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio del 23/3/2009 (ricorso r.g. n. 938/2009) e del 23/3/2010 (ricorso r.g. n. 842/2010) e, dall’altro lato, avverso il provvedimento di irrogazione della seconda sanzione di disciplinare in ordine di tempo (provvedimento del 31/8/2009, che però ha avuto efficacia per prima - dal 24/9/2010), impugnata con il ricorso r.g. n. 1946/2009.
Qualora dette censure fossero fondate, esse invero travolgerebbero per intero detti provvedimenti attesa la loro natura assorbente (v. C.g.a. n. 273/2012 secondo cui “è principio generale del processo amministrativo che l’accoglimento di un vizio-motivo di incompetenza dell’organo che ha provveduto è, intrinsecamente e necessariamente, assorbente di ogni altro vizio-motivo dedotto nel ricorso; giacché tale vizio accolto, per la sua stessa natura, inficia tutti gli atti successivi, che inevitabilmente dovranno essere reiterati dall’organo competente”).
Con riferimento ai provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio si lamenta che avrebbero dovuto essere disposti dal Ministro e non dal Capo della Polizia.
Osserva al contrario il Collegio che, se è pur vero che l’art. 10 d.p.r. n. 737/81 rinvia all’art. 92 t.u. n. 3/57, che individua la competenza del Ministro per l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare, “le successive innovazioni legislative [v. art. 16, c. 1, lett. h), d.lgs. n. 165/2001] hanno attribuito alla dirigenza statale le funzioni di gestione amministrativa del personale in precedenza devolute all’organo di direzione politica” (così T.a.r. Campobasso 7 luglio 2004, n. 348).
Quanto al provvedimento sanzionatorio del 31/8/2009, impugnato con il ricorso r.g. n. 1946/2009, si lamenta, invece, che il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere firmato dal Capo della Polizia e invece è stato firmato da altro soggetto sconosciuto.
Osserva al contrario il Collegio che appare conducente il rilievo opposto della difesa erariale, che osserva come il provvedimento sia stato materialmente firmato dal Vice Capo della Polizia, che ha legittimamente esercitato le funzioni vicarie.
Superate le questioni di incompetenza, rileva il Collegio che entrambi i provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio sono viziati in quanto non è stato indicato un termine finale di efficacia.
Se è pur vero che la sospensione cautelare facoltativa disposta prima dell’inizio del procedimento disciplinare, o in pendenza dello stesso, è ovviamente ad esso funzionale, al fine di non ingenerare dubbi in ordine all’efficacia e alla natura del provvedimento, è necessario che la p.a. indichi, quanto meno espressamente, che l’efficacia cesserà al momento dell’adozione della conclusione del procedimento disciplinare.
L’Amministrazione non ha provveduto in tal senso; neppure quando ha adottato i primi due provvedimenti sanzionatori ha espressamente dichiarato che la sospensione cautelare aveva cessato di produrre effetti (solo in seno al provvedimento di destituzione si parla della revoca del secondo provvedimento cautelare, il quale, è ovvio, non poteva più produrre effetti, essendo venuto meno il rapporto di impiego del ricorrente).
I provvedimenti cautelari in esame appaiono inoltre del tutto sprovvisti di prova in ordine ai “gravi motivi” (cioè l'attualità del pregiudizio che deriva all'Amministrazione dal mantenimento in servizio del dipendente) che in base al citato art. 92, c. 1, t.u. 3/57, imponevano di sospenderlo dal servizio.
La misura cautelare appare peraltro sproporzionata tenuto conto del fatto che, fino alla contestazione degli addebiti del 18/3/2009 (ricevuta dal ricorrente in data 19/3/2009), nessun rimprovero era mai stato mosso dalla p.a. alla condotta del ricorrente da pochissimo rientrato in servizio dopo un lungo periodo di aspettativa.
Né, ad avviso del Collegio, la natura cautelare del provvedimento è idonea ad escludere in sé la necessità della comunicazione di avvio del procedimento in assenza di indicazione espressa delle ragioni ostative rispetto alla comunicazione.
Tanto basta per ritenere l’illegittimità dei due provvedimenti di sospensione cautelare.
Passando al nodo centrale della vicenda, con riferimento ai tre provvedimenti sanzionatori (due di sospensione dal servizio e uno di destituzione dall’impiego), occorre chiedersi se sia o meno fondata la prospettazione di parte ricorrente, secondo la quale nessuna censura può essere mossa in ordine alle dichiarazioni dallo stesso rese e oggetto dei procedimenti disciplinari, trattandosi di espressioni frutto della sua libera manifestazione del pensiero.
Ritiene il Collegio che l’abile tesi difensiva non possa essere seguita.
In disparte ogni rilievo sulla natura e l’efficacia oggettiva e soggettiva delle circolari adottate dal Ministero in materia di contatti con gli organi di stampa e dichiarazioni idonee ad impegnare la Polizia di Stato, e finanche in ordine al fatto che il ricorrente potesse o meno conoscere effettivamente dette circolari, nonostante il lungo periodo di aspettativa dal quale è rientrato solo in data 7/2/2009, il dipendente - proprio perché persona esperta e ben avvezza ai meccanismi istituzionali, tenuto conto del bagaglio di esperienza lavorativa e del contesto storico nel quale aveva operato e stava operando - non poteva non sapere che le dichiarazioni da lui rese avrebbero avuto ampia risonanza, in quanto di sicuro interesse per l’opinione pubblica.
Se è pur vero che le affermazioni del dottor Genchi avrebbero potuto essere considerate come specifico e personale apporto critico, rese in autonomia sostanziale dalla stessa p.a. di appartenenza nella quale non aveva prestato servizio per lungo tempo, è anche vero che il ricorrente non ha pienamente apprezzato la circostanza che l’opinione pubblica ben avrebbe potuto, al contrario, attribuire le sue dichiarazioni, da un punto di vista soggettivo, all’Amministrazione di appartenenza, proprio perché detta Amministrazione egli si pregiava di aver sempre difeso e di voler difendere e soprattutto in ragione del peculiare accostamento della figura del ricorrente a quelle di significativi protagonisti della Magistratura inquirente.
Tali osservazioni vanno quindi coniugate con il principio secondo il quale se è corrisponde al vero che anche ad un dipendente della Polizia di Stato “va garantita la pienezza della libertà di manifestazione del pensiero, che può assumere anche i connotati della critica nei confronti del datore di lavoro”…naturalmente, “l'esercizio di detto diritto deve porsi entro i consueti canoni costituzionali, sostanzialmente riconducibili al rispetto della continenza, ossia del linguaggio appropriato, corretto, sereno e obiettivo, della pertinenza, quale esistenza di un pubblico interesse alla conoscenza e alla divulgazione del fatto o dell'opinione, e della veridicità, cioè della corrispondenza tra fatti riferiti e accaduti o, quanto meno, della rigorosa e diligente verifica dell'attendibilità dei fatti narrati e riferiti… Detti canoni, indubbiamente, assumono una specifica caratterizzazione nel caso … in cui vengono in rilievo le esigenze di garanzia dell'immagine del Corpo della Polizia … e, correlativamente, i doveri di fedeltà e rettitudine dei dipendenti” (così T.a.r. Lazio – Roma, sez. I, 4 giugno 2013, n. 5566 e T.a.r. Piemonte – Torino, sez. I, 19 febbraio 2014, n. 288).
Ciò detto, secondo il Collegio: “nell'ambito di un procedimento disciplinare per fatti astrattamente riconducibili alla libertà di manifestazione del pensiero … la valutazione della gravità della mancanza contestata al lavoratore, in relazione alla quale viene adottata una sanzione disciplinare, deve essere accertata in modo concreto e con riferimento a indici oggettivi e soggettivi, quali le circostanze e le modalità del fatto nonché la natura dell'elemento psicologico della condotta addebitata specie quando l'azione contestata avvenga nell'ambito di uno scontro sindacale” (così T.a.r. Lazio – Roma, sez. I, 4 giugno 2013, n. 5566).
Tanto si rileva sia in ragione della poco sicura coincidenza (quanto meno in termini di immagine pubblica) della posizione del dottor Genchi con quella di funzionario di P.S. sia perché la p.a. non ha contestato, se non in modo del tutto generico ed esclusivamente assertivo, la rispondenza o meno a realtà dei contenuti delle affermazioni dell’odierno esponente.
Alla luce dei superiori principi ritiene il Collegio che:
a) per quanto attiene alle dichiarazioni del 7/3/2009 - che hanno dato luogo alla sanzione disciplinare del 5/8/2009 (peraltro da subito irrogata nella misura massima dei sei mesi) – se appaiono prima facie superati i limiti che la stessa Costituzione pone alla libera manifestazione del pensiero – ciò nonostante, l’Amministrazione ha omesso di tenere in conto, al fine di valutare “l’elemento soggettivo, le circostanze, le modalità del fatto”, il particolare contesto, anche psicologico, nel quale si trovava il ricorrente e soprattutto la circostanza che prima di allora nessuna contestazione era stata mossa all’operato del dipendente, di talché appare palesemente violato il principio di proporzionalità della sanzione;
b) per quanto attiene alle dichiarazioni del 19/3/2009 - che hanno dato luogo alla sanzione disciplinare del 31/8/2009, anche’essa di mesi sei (in disparte il fatto che fossero rimaste o meno limitate ad un social network come Facebook potendo comunque in astratto assumere rilievo penale e quindi disciplinare – v. Cass. penale, sez. I, 16 aprile 2014, n. 16712) non solo esse sono molto meno gravi nel contenuto rispetto alle precedenti, ma non risulta nemmeno provato che esse siano state rese pubbliche per volontà del ricorrente, di talché in concreto, mancando l’elemento soggettivo, la relativa condotta non avrebbe dovuto essere sanzionata.
Di tanto sembra avvedersi anche l’Amministrazione nel momento in cui derubrica il fatto da condotta attiva per “aver pubblicato” (v. foglio di addebiti), a condotta omissiva per “non aver impedito la pubblicazione” delle dichiarazioni (v. provvedimento sanzionatorio), salvo poi omettere ogni valutazione in ordine alla carenza dell’elemento psicologico, il che avrebbe dovuto condurre all’archiviazione del procedimento avviato.
Al contrario, si palesa nel nuovo provvedimento sanzionatorio addirittura un intento persecutorio nei confronti del ricorrente, laddove si usa l’avverbio “pervicacemente” rispetto ad una condotta nemmeno ascrivibile con certezza al funzionario; ad avviso del Collegio, è invece l’Amministrazione che ha mostrato una eccezionale pervicacia a procedere disciplinarmente nei confronti del proprio dipendente, facendo seguire con una scansione logica precisa gli atti (ivi compresi il primo provvedimento cautelare adottato sine die e le diffide) utili ad addivenire alla irrogazione delle sanzioni, le quali poi hanno costituito la base per il successivo provvedimento di destituzione, al quale sembra invero essere stata preordinata l’intera azione amministrativa.
Dalle superiori premesse emerge, come logica conseguenza, che anche il provvedimento di destituzione è viziato per eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.
Invero, la destituzione (massima sanzione disciplinare possibile) è stata disposta in applicazione dell’art. 7, c. 2, n. 6 d.p.r. n. 737/1981, che recita: “La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli dell'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio. La destituzione è inflitta… 6) per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari.”
Posto che è illegittima l’irrogazione delle sanzioni della sospensione dal servizio, ne discende l’automatica illegittimità anche del provvedimento di destituzione.
Né le nuove dichiarazioni del ricorrente, pur superanti anch’esse i limiti che la Costituzione pone alla libera manifestazione del pensiero, possono ritenersi autonomamente idonee a giustificare il provvedimento sanzionatorio, che presuppone comunque o l’accertamento che le precedenti infrazioni debbano sanzionarsi con la sospensione del servizio o il giudizio di “riprovevolezza” della condotta, dopo l’adozione di più precedenti procedimenti disciplinari.
In conclusione, assorbiti i profili non esaminati, i ricorsi r.g. nn. 938/2009 (ivi compresi i motivi aggiunti), 1945/2009, 1946/2009, 842/2010 e 1077/2011, vanno accolti nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto vanno annullati i provvedimenti impugnati, con esclusione delle circolari in epigrafe indicate.
Può quindi passarsi all’esame del ricorso r.g. n. 291/2010 avente ad oggetto il provvedimento del 10/9/2010, di esclusione del ricorrente dallo scrutinio per merito comparativo per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente della Polizia di Stato e la delibera del Consiglio di Amministrazione per il personale della polizia di Stato del 26/5/2010 di approvazione della proposta di graduatoria di merito relativa a funzionari ammessi a valutazione per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente.
Ritiene il Collegio che sia fondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale in ragione dell’omessa notifica ad alcun controinteressato.
Invero, la procedura di cui trattasi è a numero chiuso.
Orbene, costituisce ius receptum il principio secondo il quale l’inconfigurabilità di controinteressati sussiste soltanto quando l’impugnazione venga proposta anteriormente all’adozione del provvedimento conclusivo, ossia della graduatoria, mentre nell’ipotesi in cui l’impugnazione avvenga, come nel caso di specie, successivamente all’emanazione dell’atto conclusivo del procedimento medesimo, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, ad almeno un controinteressato, il che non è avvenuto.
Il ricorso r.g. n. 291/2011, va quindi dichiarato inammissibile.
Né al contrario può opporsi che i provvedimenti impugnati non avrebbero dovuto essere gravati attesa l’efficacia caducante del giudicato di annullamento dei primi due provvedimenti disciplinari.
Invero, si deve al contrario tener conto della motivazione per la quale il Collegio ha ritenuto di annullare le sanzioni della sospensione dal servizio (la cui esistenza ha costituito il presupposto per l’esclusione dalla procedura di scrutinio comparativo) ed in particolare della prima, che, ad avviso del Collegio, è viziata solo per la violazione del principio di proporzionalità, di talché - nonostante il giudicato - il ricorrente non potrà essere automaticamente ammesso, ora per allora, allo scrutinio comparativo.
Quanto alle spese, da liquidarsi in dispositivo, ritiene il Collegio che esse debbano eccezionalmente compensarsi tra le parti attesa: la soccombenza parziale reciproca; la peculiarità e parziale novità delle questioni trattate; il mancato rispetto, da parte del ricorrente, del principio di sinteticità e il mancato deposito, a cura delle parti, di tutti gli atti in formato digitale, onere che avrebbe dovuto estendersi non solo agli atti relativi ai ricorsi depositati dopo l’entrata in vigore del c.p.a., ma anche a tutti gli atti relativi ai ricorsi antecedenti all’entrata in vigore del c.p.a., e ciò in ossequio al principio della leale collaborazione con il giudice e le altre parti del processo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti:
1) accoglie i ricorsi r.g. n. 938/2009 (ivi compresi i motivi aggiunti), 1945/2009, 1946/2009, 842/2010 e 1077/2011, nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, con esclusione delle circolari in epigrafe indicate;
2) dichiara inammissibile il ricorso r.g. n. 291/2011;
3) compensa tre le parti le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 14 marzo 2014, 15 maggio 2014, 23 luglio 2014, con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Federica Cabrini, Consigliere, Estensore
Maria Cappellano, Primo Referendario


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)