PROCESSO:
ancora sulle spese compensate -
dalla sentenza GENCHI
(T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I,
sentenza 24 luglio 2014, n. 2025)
La sentenza "Genchi" del luglio 2014 fa il paio con la recente ordinanza "De Magistris".
Mi ci sono imbattuto proprio mentre scrivevo un ricorso avverso una sanzione disciplinare ad un agente in servizio in Sicilia
Le fattispecie sono, tuttavia, molto diverse (Genchi è stato vittima di un "accanimento sanzionatorio" giusta quanto stabilito da una sentenza, De Magistris è stato sospeso dal Prefetto, e poi "riabilitato" da un'ordinanza cautelare, sulla base di una legge, tuttora vigente, che equipara la condanna penale in primo grado a quella passata in giudicato, e per questo è stata mandata alla Consulta).
La massima torna, invece, sull'eterna querelle delle "spese compensate" nel giudizio amministrativo...
Massima
Le spese possono eccezionalmente compensarsi tra le parti attesa: la
soccombenza parziale reciproca; la peculiarità e parziale novità delle
questioni trattate; il mancato rispetto, da parte del ricorrente, del principio
di sinteticità e il mancato deposito, a cura delle parti, di tutti gli atti in
formato digitale, onere che avrebbe dovuto estendersi non solo agli atti
relativi ai ricorsi depositati dopo l’entrata in vigore del c.p.a., ma anche a
tutti gli atti relativi ai ricorsi antecedenti all’entrata in vigore del
c.p.a., e ciò in ossequio al principio della leale collaborazione con il
giudice e le altre parti del processo.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Sicilia
(Sezione Prima)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti:
1) numero di registro generale 938 del 2009, integrato da motivi aggiunti,
proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo,
viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De
Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;
2) numero di registro generale 1945 del
2009, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo,
viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De
Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;
3) numero di registro generale 1946 del
2009, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo,
viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De
Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;
4) numero di registro generale 842 del
2010, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo,
viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De
Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;
5) numero di registro generale 291 del
2011, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo,
viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De
Gasperi, n. 81, è ex lege domiciliato;
6) numero di registro generale 1077 del
2011, proposto da Genchi Gioacchino, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio, sito in Palermo,
viale Libertà n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De
Gasperi, n. 81, è x lege domiciliato;
per l’annullamento:
quanto al ricorso r.g. n. 938/2009:
- del provvedimento n. 333-C/1806 del
23/3/2009, con il quale il Capo della Polizia – Direttore Generale della
Pubblica Sicurezza ha decretato la sospensione cautelare dal servizio
dell’odierno ricorrente, Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato, ai
sensi del combinato disposto di cui all’art. 10 del d.p.r. n. 737/81 e 92
d.p.r. n. 3/57 “a decorrere dal giorno successivo a quello di notifica del
presente provvedimento”;
- (ove occorra) della lettera di diffida
prot. n. 100-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009 del Direttore del
Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno;
- di tutti gli atti presupposti, connessi
e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 1945/2009:
- del provvedimento n. 333-C/1806 del
5/8/2009, con il quale il Capo della Polizia – Direttore Generale della
Pubblica Sicurezza ha decretato la sospensione cautelare dal servizio per la
durata di mesi sei del ricorrente (già sospeso del servizio), ai sensi
dell’art. 6, n. 1 in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, d.p.r. n. 737/81 “a
decorrere dal giorno successivo a quello in cui il funzionario cesserà dalla
posizione di sospeso in via cautelare”;
- della delibera del Consiglio Centrale di
Disciplina del 27/6/2009;
- (ove occorra) del foglio di addebiti del
18/3/2009;
- (ove occorra) del foglio di addebiti del
31/3/2009;
- della lettera di diffida prot. n.
1000-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009 del Direttore del Dipartimento di
Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno;
- (ove occorra) delle circolari di cui al
telex n. 556/PRIS.1 del 12/1/1990, n. 555/III/S.1/226 del 10/6/1997, n.
555III/S1/22 del 12/1/1999, n. 555/III/S1/285 del 22/5/1999, n. n.
555III/S1/458, del 21/9/2000, n. 5020/M1(7) Uff. 1° del 13/10/1992, n. 5020/M/1
(7) dell’11/2/1997 e n. 5020/M1(7)/Sett. AA-GG.A.C. del 20/9/2002 del Gabinetto
del Ministero dell’Interno;
- di tutti gli atti presupposti, connessi
e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 1946/2009:
- del provvedimento del 31/8/2009 con il
quale è stata inflitta al ricorrente (già sospeso del servizio) “la sanzione
disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a
decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il funzionario è
stato sospeso in via cautelare”;
- (ove occorra) della proposta del
Consiglio Centrale di disciplina del 23/7/2009;
- della lettera di diffida prot. n.
1000-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009 del Direttore del Dipartimento di
Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno;
- di tutti gli atti presupposti, connessi
e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 842/2010:
- del provvedimento n. 333-C/1806 del
23/3/2010, con il quale il ricorrente è stato nuovamente “sospeso cautelarmente
dal servizio, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 10 del d.p.r. n.
737/81 e 92 d.p.r. n. 3/57, a decorrere dal giorno successivo a quello di
notifica del … provvedimento”;
- di tutti gli atti presupposti, connessi
e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 291/2010:
- del provvedimento n. 333-C/1806-2/2010 del
10/9/2010, di esclusione del ricorrente dallo scrutinio per merito comparativo
per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo
dirigente della Polizia di Stato con decorrenza 1/1/2010, ai sensi degli artt.
57, c. 3, d. lgs. n. 334/2000 e dell’art. 60 d. lgs. n. 334/2000, lett. d);
- della delibera del Consiglio di
Amministrazione per il personale della polizia di Stato del 26/5/2010 di
approvazione della proposta di graduatoria di merito relativa a funzionari
ammessi a valutazione per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso
alla qualifica di primo dirigente;
- di tutti gli atti presupposti, connessi
e consequenziali;
quanto al ricorso r.g. n. 1077/2011:
- del decreto del 16/2/2011 con il quale è
stata irrogata la sanzione disciplinare della destituzione dall’impiego, a decorrere
dal 24/3/2010, ai sensi dell’art. 7, c. 2, n. 6 d.p.r. n. 737/1981;
- dell’allegata delibera del Consiglio
Centrale di Disciplina adottata nella seduta dell’1/12/2010 con la quale è
stata proposta l’adozione della sanzione;
- (ove occorra), del provvedimento n.
333-C/1806/di prot. n. 4435/2011 del 17/2/2011:
- della lettera di contestazione degli
addebiti ex artt. 13 ss. d.p.r. n. 737/81 del 29/3/2010;
- della relazione conclusiva del
19/5/2010;
- della nota del 26/5/2010 con cui il
funzionario istruttore ha trasmesso una memoria d’integrazione alle
giustificazioni del ricorrente;
- della lettera di diffida prot. n.
1000-CT/S.T.L. e P./AA.GG/557 del 18/3/2009;
- (ove occorra) delle circolari di cui al
telex n. 556/PRIS.1 del 12/1/1990, n. 555/III/S1/226 del 10/6/1997, n.
555III/S1/22 del 12/1/1999, n. 555/III/S1/285 del 22/5/1999, con estensione
diramazione con pari numero il 24/5/1999, n. 555III/S1/458 del 21/9/2000, n.
555-DOC/C3h/186 del 14/10/2003, nonché delle circolari emanate del Gabinetto
del Ministero dell’Interno n. 5020/M/1(7)/Uff. I del 13/10/1992 e n. 5020/M/1
(7) dell’11/2/1997, richiamate nella lettera di contestazione degli addebiti;
- di tutti gli atti presupposti, connessi
e consequenziali;
Visti i ricorsi introduttivi del giudizio,
con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive depositate in
giudizio dalle parti in vista della discussione dei ricorsi nel merito;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore alla pubblica udienza il
Consigliere Federica Cabrini;
Uditi all’udienza pubblica del giorno 14
marzo 2014 i difensori delle parti, come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, Vice Questore Aggiunto della
Polizia di Stato, esperto di informatica e telefonia, deduce di avere svolto
l’attività di consulente tecnico e perito in varie attività di indagine per
conto dell’a.g.o.
A decorrere dal 2000 ha chiesto di essere
collocato in aspettativa non retribuita.
Impugna gli atti in epigrafe indicati
aventi ad oggetto vari procedimenti disciplinari ai quali il ricorrente è stato
sottoposto, in sintesi per aver tenuto una condotta asseritamente non conforme
al decoro delle sue funzioni.
Il primo provvedimento (qualificato dalla
p.a. come avente natura cautelare) è motivato in ragione della circostanza che
il ricorrente è stato ritenuto responsabile di aver pubblicato in data
19/3/2009, sulle pagine web di un blog da lui creato e denominato “Legittima
difesa”, un “dialogo” intercorso su Facebook con il giornalista del settimanale
“Panorama” Gianluigi Nuzzi, in merito a vicende personali che hanno visto
coinvolto il ricorrente stesso.
Al fine di ottenere l’annullamento del
provvedimento impugnato con il ricorso r.g. n. 938/2009, lamenta:
1) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 10 d.p.r. n. 737/81 e d.p.r. n. 3/57 – Eccesso di potere per travisamento
dei fatti, erroneità dei presupposti, carenza di istruttoria, difetto di
motivazione, contraddittorietà, violazione e falsa applicazione degli artt. 27
e 97 Cost. e dei principi di ragionevolezza, presunzione di innocenza e buon
andamento della p.a. – Sviamento della causa tipica, atteso che la
pubblicazione dei contenuti, peraltro, di una conversazione privata intercorsa
tra il ricorrente e un giornalista - che si era inserito in un post di auguri
del ricorrente per la festa del papà - è avvenuta all’insaputa del ricorrente
stesso (da parte del dott. Bertelli, in possesso delle credenziali per accedere
al profilo Facebook del ricorrente); peraltro è stata anche omessa la
comunicazione di avvio del procedimento;
2) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 10 d.p.r. n. 737/1981, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/1990 – Eccesso di
potere per violazione del principio di proporzionalità – Contraddittorietà in
relazione alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro
dell’Interno del 20/9/2002 – Carenza dei presupposti e di istruttoria –
Sviamento dalla causa tipica, atteso che con lettera del 18/9/2009 il
ricorrente è stato diffidato “dal rilasciare interviste e dare informazioni
agli organi di stampa”, salvo l’acquisizione della previa autorizzazione dei
superiori.
Orbene, la conversazione i cui stralci
sono stati pubblicati, non è un’intervista, ma una conversazione privata;
3) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 in relazione agli
artt. 6, c. 3, n. 1 e 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa
applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97 Cost. – Eccesso di potere per
difetto di motivazione – Violazione del principio di proporzionalità, atteso
che la sospensione cautelare facoltativa dal servizio presuppone l’esistenza di
“gravi motivi” che risultino da un provvedimento specificamente motivato in
riferimento alle concrete circostanze di fatto e al turbamento che comporta la
permanenza in servizio dell’interessato.
Per quanto attiene all’addebito relativo
all’intervista rilasciata al giornalista Orsatti in data 7/3/2009, il
ricorrente è stato sanzionato per non aver ottenuto l’assenso preventivo del
proprio superiore e per aver arrecato un pregiudizio al decoro
dell’Amministrazione violando la nota n. 555 del 14/10/2003 e la circolare
ministeriale n. 5020/M/1(7)/Sett.AA.GG.A.C del 20/9/2002, che però non gli sono
mai stati comunicati, in quanto in aspettativa.
Al più comunque si sarebbe potuto irrogare
la sanzione della deplorazione ex art. 5 d.p.r. n. 737/81;
4) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 7 l. n. 241/90, atteso che non è dato comprendere quali particolari
esigenze di celerità abbiano impedito di comunicare l’avvio del procedimento;
5) Incompetenza, atteso che la sospensione
dal servizio avrebbe dovuto essere disposta dal Ministro e non dal Capo della
Polizia;
6) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 21 e 97 Cost. – Eccesso di potere, falsità della causa, difetto dei
presupposti - Sviamento della causa tipica, atteso che il ricorrente ha reso le
dichiarazioni di cui trattasi per difendere il proprio onore e non ha comunque
impegnato in alcun modo la responsabilità della p.a.;
7) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 7 l. n. 241/90 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 10
d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 - Violazione e falsa
applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97 Cost. – Eccesso di potere per
genericità, illogicità e ingiustizia manifesta – Violazione del principio di
proporzionalità, atteso che non è stato indicato il termine finale della
sospensione, che può durare da 1 a sei mesi;
8) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 7 l. n. 241/90 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 10
d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 - Violazione e falsa
applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97 Cost. – Eccesso di potere per
genericità, illogicità e ingiustizia manifesta – Violazione del principio di
proporzionalità, atteso che, senza la previsione di un termine finale la
sospensione facoltativa, finisce per diventare una destituzione; detta misura
danneggia peraltro anche il buon andamento degli uffici.
Conclude quindi per l’accoglimento del
ricorso.
Sono stati quindi notificati motivi
aggiunti avverso i medesimi atti impugnati in via principale con il ricorso
r.g. n. 939/2009, tenuto conto del fatto che con due successivi provvedimenti
(del 5/8/2009 e del 31/8/2009 – oggetto, rispettivamente, dei ricorsi r.g. nn.
1945/2009 e 1946/2009) sono state disposte dapprima la sospensione dal servizio
per mesi sei “a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il funzionario
cesserà dalla posizione di sospeso in via cautelare” e quindi “la sanzione
disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a
decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il funzionario è
stato sospeso in via cautelare”.
Si lamenta la Violazione e falsa
applicazione degli artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n.
241/90 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990 e 97
Cost. – Eccesso di potere per genericità, illogicità e ingiustizia manifesta,
Difetto di motivazione, Violazione del principio di proporzionalità - Sviamento
della causa tipica, atteso che i due nuovi provvedimenti avrebbero dovuto
almeno revocare il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio
originariamente emanato sine die.
Si palesa l’esistenza di un potere extra
ordinem sganciato da qualsiasi parametro normativo.
Con il ricorso r.g. n. 1945/2009 è stato
impugnato il provvedimento n. 333-C/1806 del 5/8/2009, con il quale il Capo
della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ha decretato la
sospensione cautelare dal servizio - per la durata di mesi sei - del ricorrente
(già sospeso del servizio), ai sensi dell’art. 6, n. 1 in relazione all’art. 4,
nn. 10 e 18, d.p.r. n. 737/81 “a decorrere dal giorno successivo a quello in
cui il funzionario cesserà dalla posizione di sospeso in via cautelare”.
Il procedimento disciplinare ha tratto
origine dalle dichiarazioni rese dal ricorrente in occasione di una intervista
rilasciata al giornalista Pietro Orsatti, ripresa dall’Agenzia di Stampa “il
Velino Atticus”, che ne ha pubblicato uno stralcio il 12/3/2009 e dal
settimanale “Left” in un articolo, a firma di Pietro Orsatti, pubblicato il
13/3/2009.
Afferma altresì che con successivo
provvedimento del 31/8/2009, per diverse dichiarazioni asseritamente rese in
data 19/3/2009, è stata inflitta al ricorrente (già sospeso del servizio)
l’ulteriore sanzione disciplinare della “sospensione dal servizio per la durata
di mesi sei, a decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il
funzionario è stato sospeso in via cautelare”.
Avverso il nuovo provvedimento (del
5/8/2009) si deduce:
1) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r.
737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 e
degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione del principio del ne bis in
idem - Violazione degli artt. 24 e 97 Cost., in relazione al diritto di difesa
e al principio di buon andamento della p.a. – Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 l. n. 241/1990 – Eccesso di potere per illogicità e
contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria, ingiustizia
manifesta, contraddittorietà e Sviamento dalla causa tipica, atteso che a causa
degli episodi similari descritti sopra, dopo la disposta sospensione cautelare
sine die, sono stati avviati due distinti procedimenti disciplinari in data
18/3/2009 e 31/3/2009.
A seguito del primo procedimento il
ricorrente è stato sospeso dal servizio per la durata di mesi sei e ciò “a
decorrere dal giorno successivo a quello in cui il funzionario cesserà dalla
posizione di sospeso in via cautelare”; tuttavia, non essendo indicato un
termine della sospensione cautelare non è dato sapere da quanto dovrebbe essere
espiata la sanzione.
D’altra parte, frazionando i due
procedimenti disciplinari (collegati a dichiarazioni asseritamente lesive del
decoro dell’Amministrazione) si ottiene una sanzione disciplinare dal servizio
pari a dodici mesi, il doppio del massimo consentito.
Nei confronti del ricorrente comunque
avrebbe dovuto essere avviato un unico procedimento disciplinare.
Il provvedimento del 5/8/2009 è stato
adottato senza revocare il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio
disposto in data 23/3/2009.
Con il provvedimento del 31/8/2009 è stata
poi irrogata una sanzione volta a “coprire” ex post un periodo antecedente,
cioè il primo periodo di sospensione cautelare dal servizio, invertendo
l’ordine temporale di efficacia dei provvedimenti.
2) Violazione e falsa applicazione
dell’art. artt. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18
d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n.
782/1985 e degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione e falsa
applicazione degli artt. 1 e 3 l. n. 241/1990 - Violazione degli artt. 15, 21,
27 e 97 Cost. Contraddittorietà in relazione alla lettera di diffida del
18/3/2009 e alla circolare del Ministero dell’Interno del 20/9/2002 –
Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità della sanzione
disciplinare e Sviamento dalla causa tipica, atteso che il ricorrente è stato
diffidato dal rilasciare interviste e dare informazioni agli organi di stampa
con lettera del 18/3/2009 (in presunta esecuzione della nota 555 del 14/10/2003
e della circolare n. 5020 del 20/9/2002, peraltro adottate mentre egli era in
aspettativa dal servizio) e con il provvedimento impugnato è stato sanzionato
per intervista rilasciata in data antecedente, cioè il 7/3/2009.
Ad ogni buon conto non sussiste nemmeno il
lamentato inadempimento della circolare; invero, il ricorrente non ha
rilasciato nessuna dichiarazione che potesse impegnare l’amministrazione;
3) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 - Violazione e falsa applicazione dell’art. 3
l. n. 241/1990 e dell’art. 97 Cost. – Eccesso di potere per oscurità della
motivazione, travisamento, illogicità, carenza di istruttoria e Sviamento dalla
causa tipica, atteso che non si è tenuto conto “delle circostanze attenuanti,
dei precedenti disciplinari e di servizio” del ricorrente, ed in particolare la
brillante carriera e il fatto che il ricorrente era rientrato in servizio il
7/2/2009 (dopo essere stato in aspettativa dal 2000), di talché non poteva
conoscere le circolari medio tempore emanate;
4) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6 d.p.r. 737/1981 - Violazione del principio del ne bis in idem -
Violazione degli artt. 24 e 97 Cost., in relazione al diritto di difesa e al
principio di buon andamento della p.a. – Eccesso di potere per illogicità e
contraddittorietà - Sviamento dalla causa tipica, atteso che per le due
presunte interviste rilasciate sono state inflitte ben tre sanzioni
disciplinari con un intollerabile rigore sanzionatorio;
5) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, n. 1, in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt.
13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione del principio di proporzionalità della
sanzione disciplinare – Sviamento dalla causa tipica, atteso che l’art. 13
d.p.r. n. 737/81 impone di sanzionare con maggior rigore le mancanze commesse
in servizio.
Il fatto di aver rilasciato un’intervista
è stato ritenuto più grave di una condotta criminosa e per lo stesso fatto è
stata disposta anche una sospensione cautelare dal servizio, senza tenere conto
degli “eccellenti requisiti intellettuali, professionali e morali del
ricorrente”;
6) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, n. 1, in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt.
13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione dell’ art. 3 l. n.
241/1990 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 27 e 97 Cost. – Eccesso
di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, illogicità - Violazione
del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare – Sviamento dalla
causa tipica, atteso che, nonostante la richiesta del ricorrente e senza alcuna
motivazione, non si è proceduto alla trascrizione integrale del dialogo con il
giornalista Orsatti del 7/3/2009, il che avrebbe consentito di comprenderne il
senso delle parole, completamente diverso da quello risultante dal testo
pubblicato.
Ciò denota l’accanimento sanzionatorio
posto in essere nei confronti del ricorrente.
Conclude quindi per l’accoglimento del
ricorso.
Con il successivo ricorso r.g. n.
1946/2009 è stato quindi impugnato il provvedimento del 31/8/2009 con il quale
è stata inflitta al ricorrente (già sospeso del servizio) “la sanzione
disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a
decorrere dal 24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il funzionario è
stato sospeso in via cautelare”.
Il procedimento disciplinare ha tratto origine
dalle dichiarazioni rese dal ricorrente in occasione del sopraccitato “dialogo”
su Facebook intercorso con il giornalista del settimanale “Panorama” Gianluigi
Nuzzi. Ad avviso dell’Amministrazione il ricorrente “non avrebbe impedito” la
pubblicazione di tali dichiarazioni - in data 19/3/2009 - su un blog denominato
“Legittima difesa” dal ricorrente stesso creato su Facebook (si tratta dei
medesimi fatti oggetto del ricorso r.g. n. 938/2009).
Lamenta il ricorrente:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art.
6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 d.p.r. 737/1981 –
Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 20 e 21 d.p.r. n. 737/1981 –
Eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti,
carenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà - Violazione
degli artt. 27 e 97 Cost. e dei principi di ragionevolezza – Presunzione di
innocenza e buona andamento della p.a. – Violazione e falsa applicazione del
principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati -
Sviamento dalla causa tipica, atteso che la sanzione disciplinare è abnorme.
Invero, la precedente sanzione
disciplinare della sospensione cautelare dal servizio è stata inflitta per
“aver pubblicato” sul web il dialogo con il giornalista Nuzzi.
Dello stesso tenore è il foglio di
contestazione degli addebiti del 31/3/2009 che ha determinato l’avvio del nuovo
procedimento disciplinare, culminato con la sanzione ricollegata però al
diverso fatto di “non aver impedito la pubblicazione” di tali dichiarazioni
(con il che la p.a. ha ammesso di aver errato negli addebiti che hanno condotto
alla sospensione cautelare).
La realtà è che il ricorrente non ha e non
può avere alcuna responsabilità per conversazione privata intercorsa con un giornalista
- che si era inserito in un post di auguri del ricorrente per la festa del papà
– conversazione il cui contenuto è stato reso pubblico ad insaputa
dell’interessato ed ad opera di soggetti terzi (nella specie il dott. Bertelli,
in possesso delle credenziali per accedere al profilo Facebook del ricorrente).
D’altra parte, mentre all’atto dell’avvio
del procedimento disciplinare l’Amministrazione ha manifestato l’intenzione di
punire il ricorrente per aver rilasciato interviste senza la preventiva autorizzazione
(atto contrario ai doversi di subordinazione), poi però lo ha punito per non
aver impedito ad altri di pubblicare la sue dichiarazioni.
Al ricorrente non sono però mai state
chieste giustificazioni sul fatto che il dott. Bertelli fosse in possesso delle
sue credenziali;
2) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6,
d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 20 e 21
d.p.r. n. 737/1981 – Violazione degli artt. 27 e 97 Cost. – Violazione
dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di potere per illogicità, difetto di
motivazione e di istruttoria – Contraddittorietà e Sviamento della causa
tipica, atteso che è contraddittorio irrogare la sanzione per il contenuto delle
dichiarazioni ammettendo che se sono state divulgate è avvenuto per un fatto di
un terzo, reputando poi irrilevante detta circostanza in ragione della presunta
condotta omissiva nell’impedire detta divulgazione.
Appare incontestato che le dichiarazioni sono
state rese nell’ambito di una dichiarazione privata e che comunque il
ricorrente non poteva sapere che sarebbero state rese pubbliche da un terzo;
3) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6,
d.p.r. 737/1981 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 20 e 21
d.p.r. n. 737/1981 – Violazione degli artt. 27 e 97 Cost. – Violazione
dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di potere per illogicità, difetto di
motivazione e di istruttoria – Contraddittorietà in relazione alla lettera di
diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro dell’Interno del 20/9/2002
– Violazione e falsa applicazione del principio di corrispondenza tra i fatti
contestati e quelli sanzionati – Eccesso di potere per carenza dei presupposti
e di istruttoria – Sviamento della causa tipica, atteso che il ricorrente
comunque pare essere stato sanzionato per i contenuti in sé della conversazione
privata per la presunta violazione dei “doveri generali di condotta .. stabiliti
da leggi e regolamenti [che] non terminano con l’assolvimento dell’orario o
dell’impegno di servizio”.
Ciò viola palesemente il diritto di libera
manifestazione del pensiero del ricorrente;
4) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6,
d.p.r. 737/1981 – Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di potere per
violazione del principio di proporzionalità - Contraddittorietà in relazione
alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro
dell’Interno del 20/9/2002 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e
97 Cost. – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: falsità della
causa, difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione
e Sviamento della causa tipica, atteso che la circolare del 20/9/2002 fa
riferimento a dichiarazioni che impegnino all’esterno la responsabilità
dell’amministrazione.
Nel caso di specie risulta incomprensibile
la ratio della sanzione disciplinare sia stata quella di:
- aver rilasciato una intervista senza
autorizzazione; oppure
- aver colloquiato privatamente con un
giornalista, visto che la conversazione poi è stata resa pubblica; ovvero
- aver arrecato una gravissima lesione al
prestigio e all’immagine della Polizia di Stato.
D’altra parte, la limitazione della
libertà di corrispondenza e ogni altra forma di comunicazione può avvenire solo
per atto motivato dell’autorità giudiziaria, con le garanzie stabilite dalla
legge;
5) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 13 d.p.r. 737/1981 – Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90 - Eccesso di
potere per violazione del principio di proporzionalità - Contraddittorietà in
relazione alla lettera di diffida del 18/3/2009 e alla circolare del Ministro
dell’Interno del 20/9/2002 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e
97 Cost. – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: falsità della
causa, difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione
e Sviamento dalla causa tipica, atteso che non si è tenuto conto “delle
circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio” del
ricorrente, ed in particolare la brillante carriera, per come riconosciuto
anche in data 15/4/2009 nel giudizio complessivo per l’anno 2007;
6) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6 d.p.r. 737/1981 – Violazione dei principi di tipicità, tassatività
e legalità di cui all’art. 1 l. n. 241/90 e dell’art. 1 l. n. 689/81 –
Incompetenza, atteso che il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere firmato
dal Capo della Polizia e invece è stato firmato da altro soggetto sconosciuto;
7) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6 d.p.r. 737/1981 – Violazione del principio del ne bis in idem -
Violazione degli artt. 24 e 97 Cost., in relazione al diritto di difesa e al
principio di buon andamento della p.a. – Eccesso di potere per illogicità e
contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria, ingiustizia
manifesta, contraddittorietà e Sviamento dalla causa tipica, atteso che la
sanzione disciplinare di cui trattasi è stata irrogata senza previa revoca del
provvedimento di sospensione cautelare, per gli stessi fatti che ne hanno
fondato l’adozione, e con effetto retroattivo, al fine di “coprire” il primo
periodo di sospensione cautelare dal servizio;
8) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 21 d.p.r. n. 782/1985 e degli artt. 13 e 21 d.p.r. n. 737/1981 e
degli artt. 24 e 97 Cost. in relazione al diritto di difesa e al principio del
buon andamento della p.a. – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà
– Sviamento della causa tipica, atteso che l’atto impugnato è stato notificato
al ricorrente non entro i dieci giorni previsti dalla legge, ma ben un mese
dopo;
9) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 6, c. 3, n. 1 in relazione agli artt. 4, c. 2, nn. 10 e 18 e 6, n. 6,
d.p.r. 737/1981. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 737/81
- Violazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare –
Sviamento dalla causa tipica, atteso che la sanzione è del tutto sproporzionata
rispetto ai fatti contestati, peraltro non commessi in servizio.
Per di più per gli stessi fatti è stata
disposta anche la sospensione cautelare e non si è tenuto conto dei precedenti
di servizio del ricorrente.
Conclude quindi per l’accoglimento del
ricorso.
Con il successivo ricorso r.g. n. 842/2010
il ricorrente ha impugnato il provvedimento del 22/3/2010, con il quale è stato
nuovamente sospeso cautelarmente dal servizio a decorrere dal 24/3/2010, giorno
in cui venuta meno l’efficacia delle precedenti sanzioni disciplinari, avrebbe
dovuto assumere nuovamente servizio.
La sospensione è stata disposta in ragione
della necessità di valutare disciplinarmente le dichiarazioni rese nel corso di
un convegno in data 6/12/2009 e nel corso del congresso di Italia dei Valori
del 6/2/2010, alle quali è stata data diffusione dai media, in quanto
asseritamente lesive per il prestigio delle Istituzioni dello Stato.
Lamenta:
1) Nullità del provvedimento ex art.
21-sepies – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 e
dell’art. 92 d.p.r. n. 3/57 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n.
241/90 – Eccesso di potere per illogicità – Contraddittorietà e Violazione del
principio del ne bis idem – Sviamento della causa tipica, atteso che il
provvedimento del 23/3/2009 con il quale il ricorrente è stato sospeso
cautelarmente dal servizio, sine die, non è stato mai revocato;
2) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 l. n. 241/1990 e degli artt. 2, 3, 21, 24, 27 e 97 Cost., difetto
di motivazione e di istruttoria, atteso che non è dato conoscere le motivazioni
sottese al giudizio prognostico effettuato (pericolo per prestigio delle
Istituzioni dello Stato), giudizio il quale si è peraltro fondato non
sull’integrale contenuto delle dichiarazioni, ma su quanto riportato dai media;
3) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 l. n. 241/1990 e degli artt. 2, 3, 21, 24, 27 e 97 Cost., difetto
di motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81
e dell’art. 92 d.p.r. n. 3/1957 – Eccesso di potere per ingiustizia manifesta –
Erroneità dei presupposti – Contraddittorietà, illogicità e Sviamento dalla
causa tipica, atteso che l’Amministrazione ritiene erroneamente di poter
esercitare un controllo sul contenuto delle dichiarazioni rese dal dott.Genchi, il quale peraltro non è nemmeno un
militare, essendo la polizia un corpo civile.
D’altra parte, gli stessi militari possono
manifestare liberamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a
carattere riservato di interesse militare o di servizio, per i quali deve
essere ottenuta l’autorizzazione (art. 9 l. n. 392/1978).
Se le dichiarazioni del ricorrente siano o
meno lesive per il prestigio delle Istituzioni dello Stato è argomento
riservato all’a.g.o., concretandosi altrimenti la lesione del diritto di
opinione (art. 19 della dichiarazione dei diritti dell’uomo), con una
illegittima ingerenza da parte delle autorità pubbliche (art. 10 CEDU).
Si possono ovviamente vietare
dichiarazioni relative ad indagini e/o operazioni di polizia, ma con esse nulla
hanno a che vedere le dichiarazioni rese dal ricorrente in data 6/12/2009 e
6/2/2010;
4) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 10 d.p.r. n. 737/81, 92 d.p.r. n. 3/57 e 1 l. n. 241/90 – Violazione e
falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/90 e 97 Cost. – Eccesso di potere
per difetto di motivazione e violazione del principio di proporzionalità,
atteso che la sospensione cautelare appare comunque del tutto sproporzionata in
relazione ai presunti fatti contestati; né la gravità dei motivi appare in
alcun modo esternata nel provvedimento.
Nella contestazione degli addebiti del
29/3/2010, si fa riferimento alla “reiterazione di precedenti condotte già
sanzionate disciplinarmente con la sospensione dal servizio” e cioè a fatti
astrattamente rilevanti solo nei rapporti tra la p.a. e il ricorrente.
Non si vede come delle mere dichiarazioni
possano costituire fatti di particolare allarme sociale;
5) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 13 d.p.r. n. 782/85, dell’art. 92 d.p.r. n. 3/57 e dell’art. 10
d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, atteso che
gli obblighi connessi allo status di appartenente alla Polizia di Stato
implicano che il funzionario sia in servizio attivo, ma il ricorrente era
sospeso dal servizio;
6) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 7 l. n. 241/90, atteso che i fatti contestati risalgono al 6/12/2009
e al 6/2/2010, e si dice che abbiano avuto immediata ed ampia diffusione; il
provvedimento è stato adottato in data 22/3/2010, quando le presunte esigenze
cautelari erano ovviamente già venute meno;
7) Incompetenza, atteso che il
provvedimento è di competenza del Ministro e non del Capo della Polizia.
Conclude quindi per l’accoglimento anche
di questo ricorso.
Con successivo ricorso r.g. n. 291/2011
sono stati impugnati, per meri vizi di illegittimità derivata, il provvedimento
con il quale il ricorrente, in data 12/5/2010, è stato escluso dallo scrutinio
per merito comparativo per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso
alla qualifica di primo dirigente per aver riportato la sanzione disciplinare
della sospensione dal servizio (v. artt. 57, c. 3 e 60 d.lgs. n. 334/2000) e la
connessa graduatoria finale.
Infine, con il ricorso r.g. n. 1077/2011 è
stato impugnato il provvedimento con il quale al ricorrente è stata irrogata la
sanzione della destituzione dall’impiego dal 24/3/2010 a seguito del
procedimento disciplinare avviato in data 22/3/2010 per i fatti che hanno
condotto all’ultima sospensione cautelare dal servizio e per la recidiva
derivante dai precedenti procedimenti disciplinari.
Sostiene che le dichiarazioni riportate
dai media sono state decontestualizzate; sostiene, comunque, che le sue
dichiarazioni non sono mai state rese in nome e per conto dell’Amministrazione.
Lamenta:
1) Violazione dell’art. 7, c. 2, n. 6
d.p.r. n. 737/81 – Erroneità dei presupposti – Invalidità derivata, atteso che
il provvedimento di destituzione è stato adottato anche in ragione della
recidiva, ma i presupposti provvedimenti sono tutti illegittimi;
2) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 l. n. 241/90, degli artt. 55, 57, 92 e 97 Cost. – Violazione e
falsa applicazione degli artt. 6 e 7 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per
ingiustizia manifesta – Erroneità dei presupposti – Contraddittorietà –
Illogicità – Sviamento dalla causa tipica, atteso che, in disparte ogni
considerazione in ordine alla piena liceità delle dichiarazioni del ricorrente,
la p.a. confonde singoli politici ed esponenti del Governo con “Organi e Istituzioni
dello Stato”;
3) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 l. n. 241/1990, degli artt. 2, 3, 21, 24, 27 e 97 Cost. e dell’art.
10 CEDU – Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 d.p.r. n. 737/81 –
Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – Erroneità nei presupposti –
Contraddittorietà – Illogicità – Sviamento della causa tipica, atteso che il
ricorrente è stato sanzionato per aver esercitato il diritto di manifestare
liberamente il pensiero e nonostante non abbia mai impegnato con le proprie
dichiarazioni la responsabilità dell’Amministrazione.
D’altra parte, gli stessi militari possono
manifestare liberamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a
carattere riservato di interesse militare o di servizio, per i quali deve essere
ottenuta l’autorizzazione (art. 9 l. n. 392/1978).
Se le dichiarazioni del ricorrente siano o
meno lesive per il prestigio delle Istituzioni dello Stato è argomento
riservato all’a.g.o., concretandosi altrimenti la lesione del diritto di
opinione (art. 19 della dichiarazione dei diritti dell’uomo), con una
illegittima ingerenza da parte delle autorità pubbliche (art. 10 CEDU);
4) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 21, 25, 97, 101 e 102 Cost. e dell’art. 290 c.p. – Straripamento di
potere – Nullità ex art. 21 septies l. n. 241/90 – Difetto ed erroneità dei
presupposti – Abnormità – Ingiustizia manifesta, atteso che, se il ricorrente
avesse veramente reso dichiarazioni lesive dell’immagine e del prestigio delle
Istituzioni dello Stato, avrebbe dovuto essere denunciato dai suoi superiori o
dagli interessati per il reato di cui all’art. 290 c.p.; invero gli unici
limiti alla libera manifestazione del pensiero sono quelli previsti dalla legge
penale.
Il ricorrente non ha mai proferito
espressioni dal significato offensivo ed implicante disprezzo per le Istituzioni.
Nel caso di specie rimane del tutto
incomprensibile chi decida se una dichiarazione pubblica abbia o meno un
contenuto consono allo status di appartenente ai ruoli della Polizia di Stato;
5) Violazione e falsa applicazione delle
circolari emanate dal dipartimento della p.s. di cui al telex n. 556/PRIS.1 del
12/1/1990, n. 555/III/S.1/226 del 10/6/1997, n. 555III/S1/22 del 12/1/1999, n.
555/III/S1/285 del 22/5/1999, n. 555III/S1/458, del 21/9/2000, n. 5020/M1(7),
n. 555-DOV/C3H/186 del 14/10/2003, nonché delle circolari emanate dal Gabinetto
del Ministero dell’Interno, n. 5020/M/1/(7)/UFF.I del 13/10/1992 e n. 5020/M/1
(7) dell’11/2/1997 – Violazione e falsa applicazione della circolare del
Ministro dell’Interno del 20/9/2002 – Eccesso di potere per erroneità dei
presupposti – Contraddittorietà – Sviamento della causa tipica, atteso che la
limitazione alla libertà di manifestazione del pensiero potrebbe trovare una
giustificazione nella necessità di garantire l’efficace repressione dei reati,
il segreto d’ufficio e il sereno svolgimento delle attività proprie
dell’Amministrazione (v. notizie su indagini o operazioni di polizia).
Le dichiarazioni rese dal ricorrente si
riferiscono a fatti di cronaca e nulla hanno a che vedere con le dichiarazioni
alle quali si riferiscono le circolari menzionate, né gettano discredito sulle
Istituzioni dello Stato, come si desume dal contenuto integrale delle
dichiarazioni effettivamente rese;
6) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 3 l. n. 241/90 e 97 Cost. – Difetto di motivazione, atteso che non si
comprende se il ricorrente sia stato sanzionato per non aver tenuto una
condotta esemplare, oppure per aver leso il prestigio degli organi e delle
istituzioni dello Stato o, infine, per aver arrecato discredito all’immagine e
all’onore dell’amministrazione di appartenenza.;
7) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 l. n. 241/90, degli artt. 21 e 97 Cost. – Violazione e falsa
applicazione degli artt. 6, 7, 14, 19, 20 e 21 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di
potere per ingiustizia manifesta – Erroneità dei presupposti –
Contraddittorietà – Illogicità – Difetto di motivazione – Mancata valutazione
delle giustificazioni - Sviamento dalla causa tipica, atteso che non vi è stata
alcuna valutazione delle giustificazioni presentate dal ricorrente e mai
smentite nel corso dell’istruttoria.
L’Amministrazione ha omesso di spiegare le
ragioni per le quali non ha ritenuto di accogliere le giustificazioni del
ricorrente trasformando il procedimento disciplinare in un procedimento sanzionatorio
di opinioni e dichiarazioni;
8) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 1, 7 e 13 d.p.r. n. 737/81 e degli artt. 1 e 3 l. n. 241/90– Eccesso di
potere per violazione del principio di proporzionalità – Ingiustizia manifesta
- Abnormità – Sviamento dalla causa tipica, atteso che l’intento espulsivo
della p.a. è stato palesato sin dal primo provvedimento adottato per una mera
discussione avuta con un giornalista e pubblicata da un terzo.
D’altra parte, la sanzione della
destituzione normalmente dovrebbe conseguire a fatti gravissimi e
l’Amministrazione non l’ha mai applicata neppure nei confronti di dipendenti
macchiatisi di delitti oltremodo gravi;
9) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 9, 19, 20 e 21 d.p.r. n. 737/81 e degli artt. 103, 110, 115, 117, 119,
120 d.p.r. n. 3/57, anche in relazione all’art. 9, c. 2, l. n. 19/90 e all’art.
21 l. n. 241/90, atteso che sono stati violati i termini perentori di avvio del
procedimento disciplinare.
E’ stato in particolare violato il
principio dell’immediatezza della contestazione degli addebiti, che è avvenuta
in data 29/3/2010 per dichiarazioni rese in data 6/2/2009 e 6/2/2010.
D’altra parte, la sanzione è stata
irrogata solo in data 16/2/2011 (dopo 324 giorni dall’avvio del procedimento),
con provvedimento che è stato notificato in data 21/2/2011;
10) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 20 d.p.r. n. 737/81 e degli artt. 22, 23, 24 e 25 l. n. 241/90 e degli
artt. 24 e 97 Cost. – Violazione del diritto di difesa, atteso che al
ricorrente è stato negato l’accesso ai fascicoli dei procedimenti disciplinari
ai quali sono stati sottoposti altri poliziotti in relazione a ben più gravi
vicende finite al vaglio della stessa amministrazione.
Non è stato quindi possibile offrire
ulteriori argomenti per provare l’abnormità della misura sanzionatoria;
11) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 7, 15, 16 d.p.r. n. 737/81, dell’art. 149 d.p.r. n. 3/57, dell’art. 51
c.p.c. e dell’art. 97 Cost. – Violazione dei principi di imparzialità e buon
andamento, atteso che del Consiglio Centrale di disciplina ha fatto parte, n.q.
di superiore gerarchico del ricorrente, il dott. Barboso.
Si tratta del soggetto che aveva redatto
la lettera di diffida del 18/3/2009, oggetto del ricorso r.g. n. 938/2009, di
talché si sarebbe dovuto astenere;
12) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 12, 13, 14, 19 d.p.r. n. 737/81 – Eccesso di potere per abnormità,
Illogicità – Sviamento dalla causa tipica, atteso che nel caso di specie non è
stata osservata la procedura per rilevare le infrazioni, in quanto non è stato
possibile conoscere né il rapporto disciplinare, né le generalità del superiore
gerarchico che avrebbe rilevato la presunta infrazione;
13) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 1, 4, 6, 7 e 13 d.p.r. n. 737/81, 3 l. n. 241/90 e 97 Cost. – Difetto di
motivazione e mancata valutazione dell’interesse pubblico al mantenimento del
ricorrente, atteso che la p.a. ha omesso di valutare che il ricorrente è uno
dei soggetti più stimati ed encomiati della Polizia di Stato, di talché era
interesse della Polizia mantenerlo in servizio.
Ciò dimostra che il potere disciplinare è
stato utilizzato per un fine diverso da quello previsto, cioè per allontanare
dalla polizia un personaggio “scomodo” nel frangente politico di cui trattasi.
Conclude quindi per l’accoglimento anche
dell’ultimo ricorso, del quale viene chiesta la riunione a tutti gli altri.
In tutti i ricorsi l’Avvocatura erariale
si è costituita depositando memorie e documenti e chiedendone il rigetto.
Nel ricorso r.g. n. 291/2011 è stata
altresì eccepita preliminarmente l’inammissibilità del gravame (avente ad
oggetto l’esclusione del ricorrente dalla graduatoria degli ammessi allo
scrutinio di merito comparativo al corso di formazione per l’accesso alla
qualifica di primo dirigente della Polizia di Stato), in quanto non notificato
ad alcun controinteressato.
In vista della trattazione dei ricorsi nel
merito le parti hanno depositato corpose memorie.
Alla pubblica udienza del giorno 14/3/2014
i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
Si sono rese successivamente necessarie
due ulteriori camere di consiglio che si sono tenute, rispettivamente, in data
15/5/2014 e 23/7/2014.
Rileva preliminarmente il Collegio che
l’evidente connessione oggettiva e soggettiva dei sei ricorsi ne giustifica la
loro riunione ai sensi dell’art. 70 c.p.a.
Al fine di vagliare la fondatezza o meno
dei gravami (contenenti numerosissime doglianze e non rispettosi del principio
di sinteticità), e comprendere il senso e il contenuto dei provvedimenti
cautelari e dei procedimenti disciplinari ai quali è stato sottoposto il
ricorrente, occorre previamente inquadrare esattamente i fatti nel peculiare
momento storico nel quale sono accaduti e tenere conto, in particolare, della
loro scansione temporale.
Solo con una visione d’insieme di come si
sono succeduti nel tempo i provvedimenti adottati dall’Amministrazione
dell’Interno nel confronti del dottor Genchi è
possibile esperire - nel rispetto del diritto di difesa del pubblico dipendente
colpito, da ultimo, dal grave provvedimento della destituzione dall’impiego -
il sindacato di legittimità affidato a questo giudice.
Risulta incontestato tra le parti che il
ricorrente:
- all’epoca dei fatti era Vice Questore
Aggiunto della Polizia di Stato;
- è stato immesso in servizio in data
30/12/1985;
- nel corso della sua carriera ha svolto
numerosi ed importanti incarichi, all’interno e all’esterno
dell’Amministrazione, dalla quale è stato sempre valutato con il giudizio di
“ottimo” (v. documentazione in atti);
- a decorrere dal 1° giugno 2000 è stato
collocato – a richiesta - in posizione di aspettativa sindacale non retribuita
e ha svolto l’attività di consulente tecnico e perito dell’a.g.o. (specie in
tema di intercettazioni) in vari procedimenti penali;
- a partire dal 2009 è stato indagato e
anche rinviato a giudizio in vari procedimenti penali correlati principalmente
alla predetta attività di consulente svolta durante il periodo di aspettativa;
- è rientrato in servizio in data
7/2/2009;
- è stato successivamente assolto dai
reati ascritti in virtù di varie sentenze divenute irrevocabili nelle more
della decisione dei ricorsi.
I provvedimenti cautelari e i procedimenti
disciplinari oggetto della presente disamina si inseriscono proprio nel
contesto temporale nel quale il ricorrente è stato coinvolto nei procedimenti
penali (anni 2009/2011), conclusisi per lui tutti positivamente.
In quel periodo, il ricorrente, che prima
non era mai incorso in procedimenti disciplinari e aveva svolto una lunga
carriera “esemplare”, costellata di numerosi successi e di lusinghieri giudizi,
non poteva non trovarsi in una particolare condizione psicologica.
Traspare infatti dagli atti difensivi, dei
procedimenti e finanche dalle dichiarazioni del ricorrente (soprattutto nella
versione integrale in parte in prosieguo riportata che consente di dare il
giusto inquadramento alla vicenda), che il ricorrente si sentiva “vittima” di
quelle stesse Istituzioni per la tutela delle quali aveva sempre operato con
spirito di servizio, in ossequio ai principi sanciti dall’art. 13 d.p.r. n.
782/1985 recante l’approvazione del regolamento di servizio
dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, che recita: “Il personale della
Polizia di Stato deve avere in servizio un comportamento improntato alla
massima correttezza, imparzialità e cortesia e deve mantenere una condotta
irreprensibile, operando con senso di responsabilità, nella piena coscienza
delle finalità e delle conseguenze delle proprie azioni in modo da riscuotere
la stima, la fiducia ed il rispetto della collettività, la cui collaborazione
deve ritenersi essenziale per un migliore esercizio dei compiti istituzionali,
e deve astenersi da comportamenti o atteggiamenti che arrecano pregiudizio al
decoro dell'Amministrazione. Il personale anche fuori servizio deve mantenere
condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni.”.
Dopo aver ricostruito i fatti nella loro
precisa concatenazione e aver riportato testualmente gli stralci delle
dichiarazioni “incriminate” (secondo gli approfondimenti per i quali si rinvia
al prosieguo), il Collegio ritiene che, seppure il ricorrente ha effettivamente
assunto condotte astrattamente idonee ad negativamente una non del tutto
positiva valutazione da un punto di vista disciplinare, tuttavia, le metodiche
e le modalità con le quali detti procedimenti sono stati condotti e le
risultanze alle quali sono pervenuti – anche in ragione della violazione del
principio della proporzionalità della sanzione e della mancata considerazione
della situazione personale del ricorrente, del suo curriculum e della
sussistenza o meno dell’elemento soggettivo - appaiono decisamente abnormi e
tali da concretizzare palesemente la loro illegittimità per eccesso di potere,
nella figura sintomatica dello sviamento dalla causa tipica.
In ragione di quanto osservato e della
peculiare evidenza che dai fatti è dato inferire, si espone e si desume, anche
in ossequio al principio della non contestazione, quanto segue.
°°°1. In data 7/3/2009 il ricorrente
rilascia un’intervista al giornalista Pietro Orsatti; detta intervista viene
ripresa dall’Agenzia di Stampa “Il velino Atticus”, che ne ha pubblicato uno
stralcio alle ore 17,13 del 12/3/2009, e dal Settimanale “Left”, in un articolo
pubblicato dallo stesso giornalista in data 13/3/2009.
2. In data 13/3/2009 viene avviato il
primo procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente per avere
“rilasciato dichiarazioni, gravemente lesive del prestigio delle Istituzioni
dello Stato, poi riportate su organi di stampa nazionale senza il preventivo
assenso del competente ufficio dipartimentale, così come previsto dalle vigenti
disposizioni in materia”.
Si contesta al ricorrente la violazione
degli artt. 13 d.p.r. n. 782/1985 e 6, c. 3, n. 1) e 4, c. 2, n. 18, d.p.r. n.
737/81 in relazione al contenuto delle esternazioni e la violazione degli artt.
6, c. 3, n. 1) e 4, c. 2, n. 10 d.p.r. n. 737/81, in relazione alla
inosservanza delle disposizioni che regolano la manifestazione pubblica del
proprio pensiero, in quanto egli avrebbe rilasciato l’intervista senza il
previo consenso dell’Ufficio relazioni esterne.
Per come risulta dal foglio di addebiti
del 18/3/2009 (ricevuto dal ricorrente in data 19/3/2009), le dichiarazioni
“incriminate” sono le seguenti:
a) “Probabilmente [i ROS] si sono voluti
pulire il coltello perché io nel 1989 mi imbatto in una delle porcherie fatte
dal ROS”;
b) “Io ritengo che abbiano voluto colpire
me ben oltre la mia funzione di consulente dell’autorità giudiziaria per quello
che io rappresento, ho rappresentato, per quello che io ho fatto in passato e
per quello che é stato il mio ruolo anche all´interno della Polizia di Stato”;
c) “Poi le occasioni per aver lavorato
sulla trattativa e per essere stato messo anche da parte, io e La Barbera,
quando stava per arrivare l´onnipotenza, diciamo, del ROS a Palermo che avrebbe
assicurato, come ha assicurato, grandi successi, come li ha fatti i successi.
Sicuramente la cattura di Riina è stato un grande risultato. Però se si fossero
fatte pure le indagini sul covo di Riina, io mi preoccupo di più di come ci si
è arrivati alla cattura di Riina e possibilmente del fatto stesso che Riina sia
stato reso latitante per tanti anni. Perché vedi le catture sono certamente un
successo dello Stato ma sono allo stesso tempo un successo dello Stato che
dimostra l’insuccesso o le connivenze dello Stato per tutto il tempo in cui un
latitante, poi catturato, è rimasto tale [rectius i latitanti, poi catturati,
sono rimasti tali – n.d.r.]”;
d) “I dati sono questi: un Presidente
della Repubblica viene fatto dimettere e la strage di Capaci avviene mentre si
sta votando l´elezione del Capo dello Stato interrompendo quello che é il corso
che quel Parlamento di inquisiti e tutto quello che vogliamo, comunque un
Parlamento eletto, si stava dando con la proposta di un altro ben diverso
Presidente della Repubblica. Questi sono i fatti di cui pochissimi parlano.”;
e) “Perché dopo che apriamo il fronte sui
servizi, in particolare dopo che apriamo il fronte su Contrada perché sia
chiaro, noi siamo stati trasferiti. Ma non era tanto un trasferimento mio e di
La Barbera ma lo smantellamento di una struttura della Polizia di Stato perché
tutto doveva passare in mano al ROS. Questo è il disegno ancora più perfido di
questa scelta che in quel momento fu fatta”;
f) “Eh sí, è una questione politica. Io mi
occupo di queste indagini con de Magistris e tolgono de Magistris, tolgono me
ed affidano tutto al ROS ed il ROS combina il pataracchio che ha combinato
secondo me anche in danno dei magistrati di Catanzaro perché Iannelli non é
colui che ha avocato l’indagine. Iannelli è colui a cui è stata prospettata una
rappresentazione totalmente falsa di quelle indagini illegali che il ROS ha
fatto su de Magistris e su di me. Io vado da Mentana e Mentana subito dopo la
mia trasmissione viene cacciato. Viene messo un nuovo conduttore di MATRIX che
la prima trasmissione che fa è con Mori del ROS. Un bravo giornalista, Nicola
Biondo, fa un’inchiesta sul ROS sull’Unità e qualche giorno dopo stavano per
chiudere l´Unità. Io adesso non vorrei però comincia ad esser molto
preoccupante. … Io mi augurerei che Napolitano, che ha fatto quella splendida
circolare che voleva evitare concentramenti di potere e di informazione su
questi organi di Polizia che operano all’esterno dell’ambito istituzionale e
giurisdizionale dello Stato, se non ha avuto la forza di farla valere come
ministro dell’interno quantomeno abbia la forza di farla valere come Presidente
della Repubblica.”.
3. In data 19/3/2009, alle ore 9,30, viene
notificata al ricorrente una lettera di diffida, a firma del dott. Filippo
Raboso, recante data 18/3/2009, nella quale si legge:
“Ho avuto modo di rilevare che molto
spesso gli organi di informazione locali e nazionali, nell’affrontare il tema
delle intercettazioni, fanno riferimento alla sua attività di consulente
svolta, nel passato, su incarico di numerose Procure. Nel richiamarLe la
copiosa normativa ministeriale, tesa a disciplinare i processi di informazione
e di comunicazione istituzionali, La diffido a rilasciare interviste e dare
informazioni agli organi di stampa, stante che il suo stato di funzionario di
polizia coinvolge inevitabilmente l’immagine istituzionale della Polizia di
Stato. A tal proposito si specifica che eventuali interviste o partecipazioni a
forum informatici, programmi televisivi o radiofonici dovranno essere
preventivamente autorizzati superiormente. Per una più completa documentazione,
Le allego copia della circolare ministeriale, diramata dalla Segreteria del
Dipartimento della P.S. con la nota nr. 555-DOC/C3h/184 datata 14/10/2003.”.
Detta nota, indirizzata ai Dirigenti della
Polizia di Stato, rinvia alla circolare n. 5020/M/1(7)/Sett. AA.GG.A.C. de
20/9/2002 (riservata e inviata ai vertici dell’organigramma), avente ad oggetto
i “Rapporti con gli organi di informazione”, che recita: “Lo sviluppo crescente
delle attività di informazione e di comunicazione istituzionale… non può essere
disgiunto da una sempre più estesa e matura consapevolezza dei corretti ambiti
dei rapporti di esplicazione con l’opinione pubblica attraverso gli organi di
informazione, a salvaguardia dei principi costituzionali di imparzialità e
correttezza dell’agire pubblico. La doverosa riflessione su tali temi,
scaturita anche dalla lettura della stampa quotidiana a periodica che ha
ultimamente ospitato autonome dichiarazioni di funzionari e pubblicato notizie su
taluni fatti e avvenimenti, anche di ristretta circolazione informativa …
induce a [richiamare] la necessità di ricondurre ad univoci criteri di rigore i
rapporti dell’Amministrazione ad ogni livello, nelle sue articolazioni centrali
e periferiche con gli organi di informazione. … Le SS.LL., nel rilasciare
dichiarazioni, si atterranno a rigorosi criteri di correttezza e riservatezza,
evitando valutazioni e commenti che possano ingenerare confusione e
disorientamento tra i cittadini, riverberandosi negativamente
sull’Amministrazione; inoltre dovrà essere preventivamente sottoposta
all’Ufficio di Gabinetto ogni dichiarazione che, pur nell’ambito delle
rispettive competenze istituzionali, impegni la responsabilità
dell’Amministrazione.”;
4. In data 19/3/2009 alle ore 19.04, sul
sito www.19luglio1992.com, il sig. Marco Bertelli immette gli stralci di una
conversazione intercorsa su Facebook tra il ricorrente e il giornalista di
Panorama Giunluigi Nuzzi; le stesse dichiarazioni risultano pubblicate alle
19.14 anche sul blog creato dal ricorrente e denominato “Legittima Difesa”.
Per come risulta dal foglio di addebiti
del 31/3/2009 (che richiama la lettera di incarico del 23/3/2009), le
dichiarazioni sono le seguenti:
“Vedo che sei bene informato! Sicuramente
sei più informato di me, visto che alla stampa la Procura della Repubblica di
Roma ha fatto sapere più di quanto non ha detto a me. …. Non potendomi
attaccare su altro, grazie ai tuoi amici generali della Guardia di Finanza su
cui stavo indagando, hanno cercato su cosa fregarmi, visto che il Pubblico
Ministero Luigi de Magistris (come tutti i Pubblici Ministeri ed i Giudici di
Italia), mi aveva autorizzato ad accedere all’anagrafe tributaria, per
verificare i codici fiscali delle utenze telefoniche. Grazie a questa scusa
hanno avuto gioco facile per perquisirmi e portarsi via tutti i miei dati,
compresi quelli che li riguardavano direttamente, … Resisi conto delle
stupidaggini che avevano detto (anche gli “scienziati” del COPASIR) hanno fatto
marcia indietro …. Adesso, visto che gli aspetti principali delle indagini di
Catanzaro coinvolgevano alti ufficiali della Guardia di Finanza, hanno cercato
di giocare in casa, con i presunti accessi abusivi all’anagrafe tributaria …
Nessuno alla Procura di Roma, però, si è accorto come vi siete procurati al tuo
giornale i dati dei miei redditi (sui quali ho pagato anticipatamente le tasse)
che invece erano riservati e che sono stati resi noti solo grazie ad una
illecita intromissione negli archivi dell’anagrafe tributaria. Chiedi quindi ai
tuoi amici della Guardia di Finanza cosa sono gli accessi abusivi all’anagrafe
tributaria e come si fanno. Con l’occasione chiedigli pure chi ha fatto gli
accessi sulle mie denunzie dei redditi e su quelle dei miei onesti familiari”.
5. In data 23/3/2009 oltre a disporsi
l’avvio del secondo procedimento disciplinare, viene contemporaneamente
adottato il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio ai sensi
dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 e 92 d.p.r. n. 3/57, con effetto a decorrere dal
giorno successivo a quello di notifica del provvedimento stesso, senza
indicazione di un termine finale (atto impugnato con il ricorso r.g. n.
938/2009).
Nel provvedimento cautelare si richiamano
le lettere di incarico del 13/3/2009 e del 23/3/2009, per l’avvio dei
procedimenti disciplinari collegati alle dichiarazioni del 7/3/2009 a quelle
del 19/3/2009 e si sostiene che il funzionario:
- alla luce della specifica diffida del
18/3/2009, ha commesso un atto contrario ai doveri derivanti dalla
subordinazione per “aver pubblicato” sulle pagine web del “blog” da lui stesso
creato, il dialogo intercorso con il giornalista Nuzzi, in merito alle vicende
che hanno coinvolto il ricorrente stesso;
- ha “perseverato” in un comportamento che
oggettivamente si qualifica assolutamente contrario ai doveri del proprio
“status”, oltre che pregiudizievole per l’immagine e il decoro dell’Istituzione
di appartenenza;
- deve essere sottoposto ad un altro
procedimento disciplinare per una sanzione più grave della deplorazione;
- deve essere sospeso cautelarmente da
servizio per motivi disciplinari sussistendo i “gravi motivi previsti dall’art.
92 del d.p.r. 3/57”.
6. In data 31/3/2009 sono stati contestati
al ricorrente gli addebiti relativi al secondo procedimento disciplinare per la
violazione degli artt. 13 d.p.r. n. 782/1985 e artt. 6, c. 3, n. 1) e 4, c. 2,
n. 18, d.p.r. n. 737/81 in relazione al contenuto delle esternazioni e la
violazione degli artt. 6, c. 3, n. 1) e n. 6) e 4, c. 2, n. 10 d.p.r. n. 737/81,
in relazione alla inosservanza delle disposizioni che regolano la
manifestazione pubblica del proprio pensiero, in quanto egli avrebbe rilasciato
l’intervista senza il previo consenso dell’Ufficio relazioni esterne (il che
comporterebbe la violazione del principio di subordinazione).
7. Conclusisi i due procedimenti
disciplinari nelle more della sospensione cautelare dal servizio (in realtà
disposta sine die) sono stati adottati due distinti provvedimenti disciplinari:
- il primo in data 5/8/2009 (in relazione
all’intervista del 7/3/2009 rilasciata al giornalista Pietro Orsatti) con il
quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio
per la durata di mesi sei, a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il
ricorrente fosse cessato dalla posizione di sospeso in via cautelare
(sospensione disposta in realtà sine die), per violazione dell’art. 6, n. 1, in
relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, d.p.r. n. 737/1981, cioè per tutte le
condotte ascritte nel foglio di addebiti del 18/3/2009, con la seguente
motivazione: “funzionario della Polizia di Stato rilasciava un’intervista senza
la prescritta autorizzazione del competente Ufficio, dal contenuto gravemente
denigratorio nei confronti di organismi e Istituzioni dello Stato, venendo meno
a quel primario dovere di ogni appartenente alla Polizia di Stato, imposto
dall’art. 13 del d.p.r. 782/1985, di mantenere un contegno e una condotta
sempre improntata alla massima correttezza, arrecando, con ciò, gravissimo
pregiudizio per l’Amministrazione della P.S.” (v. ricorso r.g. n. 1945/2009);
- il secondo in data 31/8/2009 (in
relazione alle dichiarazioni del ricorrente del 19/3/2009 apparse sul blog da
lui stesso creato), con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare
della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal
24/3/2009, giorno successivo a quello in cui il ricorrente è stato sospeso in
via cautelare (sospensione illo tempore disposta in realtà sine die), per
violazione dell’art. 6, n. 1, in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, e 6, n. 6,
d.p.r. n. 737/1981, con la seguente motivazione: “funzionario della Polizia di
Stato ha pervicacemente posto in essere un comportamento deontologicamente
scorretto, in relazione ai doveri connessi alla funzione rivestita ed alle
responsabilità sottese alla qualifica ricoperta, non impedendo in alcun modo la
pubblicazione sul blog dallo stesso creato su Facebook delle dichiarazioni
rilasciate in occasione di un dialogo con un rappresentante degli organi di
informazione, dal contenuto lesivo del prestigio delle Istituzioni dello Stato.
Con tale condotta ha disatteso le disposizioni emanate in materia di pubblica
manifestazione del pensiero degli appartenenti alla Polizia di Stato,
ribaditegli con una lettera di diffida del suo superiore gerarchico, venendo
meno, in tal modo, ad un ordine legittimamente impartito.” (v. ricorso r.g. n.
1946/2009).
In totale quindi al ricorrente sono state
irrogate due sanzioni disciplinari di sospensione dal servizio di mesi 6, per
complessivi mesi 12.
Per la seconda sanzione (irrogata con
provvedimento del 31/8/2009, comunicato in data 29/9/2009) è stato peraltro
disposto un effetto retroattivo, per cui essa ha operato dal 24/3/2009 fino al
24/9/2009 (di fatto sommandosi ed elidendo gli effetti della sospensione
cautelare del 23/3/2009, disposta sine die, mai esplicitamente revocata, ma in
parte divenuta inefficace in data 31/8/2009, per effetto del contenuto del
secondo provvedimento sanzionatorio).
La prima sanzione (irrogata con
provvedimento del 5/8/2009, comunicato in data 2/9/2009), che avrebbe dovuto
operare a decorrere dal giorno successivo in cui il funzionario fosse cessato
dalla posizione di sospeso in via cautelare, ha quindi operato necessariamente
dopo che la seconda aveva esaurito i suoi effetti, e quindi a decorrere dal
25/9/2009 (compreso) fino al 24/3/2010.
8. In data 10/3/2010 il ricorrente ha
quindi chiesto di conoscere il giorno, il luogo, l’ora e le mansioni con le
quali avrebbe dovuto assumere servizio, essendo in esaurimento gli effetti
delle sanzioni disciplinari disposte e dando evidentemente per implicita anche
la cessazione degli effetti della sospensione cautelare dal servizio del
23/3/2009 (in realtà mai espressamente revocata dall’Amministrazione).
Per tutta risposta, il 23/3/2010, la p.a.
ha, ad un tempo, disposto l’avvio di una nuova inchiesta disciplinare e
adottato una nuova sospensione cautelare dal servizio.
Il provvedimento di sospensione cautelare
dal servizio è stato disposto ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 737/81 e 92
d.p.r. n. 3/57, con effetto a decorrere dal 24/3/2010, giorno successivo a
quello di notifica del provvedimento stesso (avvenuta in data 23/3/2010), anche
in tal caso, senza indicazione di un termine finale (atto impugnato con il
ricorso r.g. n. 842/2010).
Nel provvedimento cautelare si richiamano
i provvedimenti sanzionatori del 5 e del 31/8/2009 si afferma che il
ricorrente:
- nel corso di un convegno svoltosi a
Cervignano del Friuli il 6/12/2009 e nel corso del congresso dell’Italia dei
Valori del 6/2/2010 il ricorrente avrebbe reso delle dichiarazioni, alle quali
è stata data ampia diffusione dai mass media a livello nazionale;
- il contenuto delle dichiarazioni rese
dal funzionario “anche in questa circostanza pericolosamente lesivo per il prestigio
delle Istituzioni dello Stato, sembrerebbe potenzialmente idoneo a
concretizzare un comportamento fortemente scorretto sotto il profilo
deontologico da parte di un funzionario della Polizia di Stato, proprio in
relazione ai doveri connessi alla funzione rivestita ed alle responsabilità
sottese alla qualifica ricoperta”;
- deve essere sottoposto ad un altro
procedimento disciplinare per una sanzione più grave della deplorazione;
- nonostante i provvedimenti adottati nei
suoi confronti, sta perseverando in una gravissima condotta assolutamente in
contrasto con i propri doveri, oltre che pregiudizievole per l’immagine e il
decoro dell’Istituzione di appartenenza e degli altri organismi dello Stato”;
- deve essere sospeso cautelarmente da
servizio per motivi disciplinari sussistendo i “gravi motivi previsti dall’art.
92 del d.p.r. 3/57”.
9. Come si desume dalla lettera di
contestazione degli addebiti del 30/3/2010 l’inchiesta disciplinare è stata
avviata in relazione alle seguenti dichiarazioni:
1) Convengo di Cervignano del Friuli del
6/12/2009:
“… allora lui cerca di colpire me per
colpire la legge sulle intercettazioni e lo dice proprio in quel periodo in cui
si stava parlando di quelle famose intercettazioni. E quali erano le
intercettazioni di cui aveva paura. Erano intercettazioni di cui si parlava,
quelle famose della Carfagna ve le ricordate? Dei vari Ministri, la Gelmini,
insomma tutte ste cose qua. Perché sono quelle le intercettazioni che gli
facevano paura, perché lui lo sa che non può essere intercettato con i mafiosi,
lui lo sa che con i mafiosi non ci parla più, perché non ha più motivo di
parlarci, perché ci ha parlato a suo tempo coi mafiosi ormai non c'è problema,
insomma, i mafiosi, anzi, sono un bersaglio per dire che lui combatte la mafia a
ma quali, quelli con la prostata, i ruderi, i relitti quelli che scappano, 75
anni, Fidanzati, che l’hanno cacciato dal carcere perché non poteva starci è
andato in ospedale, poi è arrivato un altro provvedimento definitivo quindi c’è
ritornato, ritorna in carcere; Lei qua non può stare e quello se ne va ed era a
Milano, c’era il New [rectius “No”] Berlusconi day, c’era stato Spatuzza, ne
serviva uno, ne prendono uno sotto it Palazzo di Giustizia, che andava fuggendo
che gli sparavano, se no l'arrestano, e l’altro lo trovano a Milano e quindi
esce la dichiarazione. Oggi avete aperto i telegiornali compreso il tre, tanto
per non, qual è la notizia? la prima notizia? Il New [No] Berlusconi day? La
manifestazione di Roma? Le dichiarazioni di Spatuzza? Le indagini sulle
dichiarazioni di Spatuzza? No, era la cattura di quei due latitanti, con la
sceneggiata dei poliziotti, che cantavano davanti la Squadra Mobile. E i veri
poliziotti che hanno fatto la cattura e che hanno fatto quell'indagine si sono
vergognati e se ne sono andati e mi hanno telefonato e mi hanno detto stanno
facendo uno schifo, qua sta succedendo uno schifo, perché hanno organizzato una
messinscena davanti alla Questura portando le persone loro, con i pullman, per
organizzare quell’apparente solidarietà alla Polizia. Ma vi rendente conto che
cos’è l’Italia, che livello di bassezza abbiamo toccato, cioè che livello di
mistificazione, cioè come Mussolini che girava l’Italia, che spostava gli
aeroplani da una parte all’altra per far vedere quanto erano grosse le
truppe…”;
2) congresso dell’Italia dei Valori del
6/2/2010:
“… provvidenziale è arrivata quella
statuetta, quella miracolosa statuetta della Madonnina dei Duomo che forse il
miracolo più grande che ha fatto è stato quello di salvare Silvio Berlusconi
dalle dimissioni che sarebbero state imminenti. Io non entro nel merito di
quella dinamica di quella aggressione, lo stanno facendo tanti giovani che su
“youtube” si stanno esercitando a vedere quel lancio, a rendersi conto che
qualcosa di quel lancio non poteva essere vera. Io considero da poliziotto, da
poliziotto che ha diretto dei servizi di O.P., da poliziotto che ha diretto il
servizio di O.P. alla Cattedrale di Palermo, in occasione dei funerali degli
Agenti di scorta che sono stati uccisi nella strage di “Via d’Amelio”, di un
poliziotto che non è stato capace di fronteggiare la folla che al grido di
“fuori la mafia dallo Stato” ha superato gli sbarramenti della Polizia e ha
tentato di aggredire financo il Capo dello Stato, quella folla che chiedeva
giustizia e verità. Ebbene, in ogni servizio di O.P. esiste un anello di
protezione per le personalità, esiste un anello che è come un preservativo che
non può mai essere rotto tranne per chi ha l’abitudine di amare i rapporti a
rischio, e nei rapporti a rischio di prediligere i rapporti non protetti, di
chi ama farsi la scorta fatta in casa, di chi nel farsi la scorta e la
protezione è reduce dell'insegnamento di essersela fatta nientepopodimeno che
da un uomo come Vittorio Mangano, da un assassino, da un trafficante di droga,
che ha portato a casa sua propria e gli ha affidato la sicurezza di se stesso e
dei propri figli. E poi ha avuto il coraggio di far passare come uno stalliere,
un uomo che non aveva mai visto un cavallo in vita sua, che non sa se un
cavallo sia un bipede o un quadrupede, e che quando i mafiosi si sono lamentati
perché Berlusconi aveva definito stalliere un capo mafia come Vittorio Mangano
è corso ai ripari, e con una spudoratezza, con una tracotanza che ostenta una
sicumera d'impunità, in campagna elettorale ha osato definirlo un eroe, ma
tutto questo non è passato nei mezzi d'informazione, perché non c’è stata la
puntata di “Porta a Porta” che lo ha celebrato, non l'ha detto Emilio Fede al
“TG4” , non c'è stato quello squallido speciale che ieri sera abbiamo assistito
nella “rete 2”, nella radiotelevisione di Stato”;
“provvidenziale arriva quella statuetta,
perché Silvio Berlusconi era uscito fuori dall’anello, perché quel sevizio di
protezione fatto in casa, di persone che lui si era scelto lo aveva fatto
uscire dall'anello ed è partita la statuetta, ed abbiamo assistito a quella
pantomima che ha dell’incredibile, perché in qualunque servizio di scorta la
personalità va presa immediatamente e va portata via dal luogo dell'aggressione
per impedire la reiterazione, per impedire l'uccisione della scorta e di tante
persone inermi che sono presenti, e questo non è avvenuto. E noi abbiamo visto
l'uscita di quel fazzolettone enorme, quel fazzolettone nero che sembrava il
fazzoletto di “Silvan”, da cui sembra dovesse uscire il coniglio, da cui
sembrava dovesse uscire il colombo, e la pantomima che si è recitata là,
l’andata e [incomprensibile, prob. - la -venuta -], di quello che non è stato
preso e cacciato in macchina via, gli hanno consentito di fare quello che
voleva con la recita. Quel fazzolettone enorme, perché nelle dimensioni il
Presidente dei Consiglio ama scegliere accessori inversamente proporzionali
alla sua statura, lo aveva già fatto anni prima, ma nessuno ve lo ricorda nelle
televisioni, nessuno lo ha detto ieri sera in quella trasmissione, quando in
un'altra pantomima analoga aveva trovato la macrospia nel suo studio, accusando
le ''Procure Rosse'' di avergliela messa, quel cimicione enorme, ed io che
qualche microspia l'ho vista, anche se non l'ho mai messa, vi dico che quelle
dimensioni lasciavano già capire che era un farlocco. Accusò le ''Procure
Rosse", accusò le congiure e, dopo poco tempo, si è capito che erano stati
alcuni dei suoi a mettercele. E dopo il viatico, i denti rotti, la prognosi.
non si capisce quali siano stati questi danni, la lettura del bollettino
medico, sembra di vedere Alvaro Bazan (!) con la convalescenza del povero Papa
morente ma poi si è ripreso, lo abbiamo visto in una foto con il cerottone, un
cerottone enorme, delle stesse dimensioni del fazzolettone e della microspia. E
poi quei fazzolettone è uscito e non si vede niente, sembra meglio di prima, se
di meglio si può parlare parlando di Berlusconi, e quel cerottone è rimasto in
bocca a quelli che senza se e senza ma non hanno pensato un attimo a
crocifiggere ancora una volta Antonio Di Pietro, che era stato l’unico a
denunciare quella pantomima, a denunciare quei rischio di quell'edulcorazione
della verità, di quell'olio di ricino che con le Tv di Stato, con le Tv di
''Mediaset'', con i giornali asserviti oggi ha sostituito gli strumenti con cui
Mussolini e il Fascismo sedavano le opposizioni e convincevano la gente, questo
è il vero pericolo, la deriva totalitaria”;
- “nel momento in cui sbattei la porta ad
Arnaldo La Barbera, quando volle far bloccare le indagini sulle stragi di
Capaci, perché questa era la direttiva che gli era arrivata dal Viminale.
Arnaldo La Barbera fu trasferito da lì a qualche giorno…, quando si stavano
facendo le indagini su Bruno Contrada. E fu trasferito con una disposizione del
Ministero dell'Interno, di quel Parisi, di quel Parisi che fu costretto a fare
tabulati di Antonio Di Pietro per consegnarli a Craxi, quando bisognava colpire
quell'uomo che stava osando mettere in dubbio il potere della prima Repubblica.
E ci sono i tabulati telefonici di Bruno Contrada di quel giorno, che
dimostrano chiaramente l'organizzazione di quella pantomima...”.
Al ricorrente è stata contestata la
violazione degli artt. 13 d.p.r. n. 782/1985 in relazione al contenuto delle
esternazioni, nonché l’inosservanza delle disposizioni che regolano la
manifestazione pubblica del proprio pensiero, in quanto avrebbe reso gli
interventi senza il previo consenso dell’Ufficio relazioni esterne (il che
comporterebbe anche la violazione del principio di subordinazione). In ragione
della reiterazione del comportamento (v. i 2 precedenti provvedimenti
disciplinari) del 5 e del 31/8/2009, è stata poi contestata anche la violazione
dell’art. 7, c. 6, d.p.r. n. 737/1981.
Conclusosi il nuovo procedimento
disciplinare nelle more della nuova sospensione cautelare dal servizio,
anch’essa disposta sine die, in data 16/2/2011, è stato adottato un nuovo
provvedimento disciplinare (oggetto del ricorso r.g. n. 1077/2011), con il
quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione dall’impiego
a decorrere dal 24/3/2010 (data di decorrenza dell’ultima sospensione cautelare
dal servizio, contestualmente revocata ad ogni effetto), per violazione
dell’art. 7, n. 2, n. 6, d.p.r. n. 737/1981.
Il provvedimento reca la seguente
motivazione “funzionario della Polizia di Stato, ancorché temporalmente sospeso
dal servizio per altro procedimento disciplinare, ha continuato,
pervicacemente, con ostentata pertinacia, noncurante di una precedente, formale
diffida in tal senso, a porre in essere un comportamento fortemente scorretto,
in assoluto contrasto con i doveri che ogni appartenente all’Amministrazione
della Polizia di Stato solennemente assume con il giuramento all’atto della
nomina in ruolo e a cui è tenuto sempre ad attenersi in costanza di rapporto di
impiego. Nell’ambito di una lunga serie di partecipazioni ad incontri e
manifestazioni, ha esternato – in occasione, tra l’altro, di un convegno
svoltosi a Cervignano del Friuli il 6/12/2009 e nel corso di un congresso
tenutosi a Roma il 6/2/2010 – delle dichiarazioni dal contenuto gravemente
lesivo del prestigio di Organi e Istituzioni dello Stato, arrecando in tal modo
disdoro all’immagine e all’onore dell’Amministrazione di appartenenza. Nella
circostanza ha reiterato quelle infrazioni per le quali era già stato
sanzionato con due precedenti provvedimenti disciplinari di sospensione dal
servizio, entrambi per la durata di mesi sei, rispettivamente datati 5 e 31
agosto 2009.”°°°
Ciò posto in ordine alla concatenazione
logico-temporale degli eventi, è possibile tornare all’esame delle questioni in
diritto prima accennate in modo embrionale.
Rileva pregiudizialmente il Collegio che –
in disparte la disamina del ricorso r.g. n. 291/2010 che, per la sua specifica
autonomia, verrà trattato dopo tutti gli altri - l’interesse alla decisione dei
ricorsi permane con riferimento a tutti i provvedimenti impugnati in via
principale indipendentemente dalla circostanza che si tratti dei provvedimenti
di sospensione cautelare dal servizio o di quelli che irrogano le sanzioni
proprio perché, come già rilevato, solo con uno sguardo d’insieme sui
procedimenti, ci si può rendere conto dei vizi nei quali è incorso l’operato
della p.a.
Devono quindi preliminarmente esaminarsi
le censure di incompetenza mosse, da un lato, avverso i due provvedimenti di
sospensione cautelare dal servizio del 23/3/2009 (ricorso r.g. n. 938/2009) e
del 23/3/2010 (ricorso r.g. n. 842/2010) e, dall’altro lato, avverso il
provvedimento di irrogazione della seconda sanzione di disciplinare in ordine
di tempo (provvedimento del 31/8/2009, che però ha avuto efficacia per prima -
dal 24/9/2010), impugnata con il ricorso r.g. n. 1946/2009.
Qualora dette censure fossero fondate,
esse invero travolgerebbero per intero detti provvedimenti attesa la loro
natura assorbente (v. C.g.a. n. 273/2012 secondo cui “è principio generale del
processo amministrativo che l’accoglimento di un vizio-motivo di incompetenza
dell’organo che ha provveduto è, intrinsecamente e necessariamente, assorbente
di ogni altro vizio-motivo dedotto nel ricorso; giacché tale vizio accolto, per
la sua stessa natura, inficia tutti gli atti successivi, che inevitabilmente
dovranno essere reiterati dall’organo competente”).
Con riferimento ai provvedimenti di
sospensione cautelare dal servizio si lamenta che avrebbero dovuto essere
disposti dal Ministro e non dal Capo della Polizia.
Osserva al contrario il Collegio che, se è
pur vero che l’art. 10 d.p.r. n. 737/81 rinvia all’art. 92 t.u. n. 3/57, che
individua la competenza del Ministro per l’adozione del provvedimento di
sospensione cautelare, “le successive innovazioni legislative [v. art. 16, c.
1, lett. h), d.lgs. n. 165/2001] hanno attribuito alla dirigenza statale le
funzioni di gestione amministrativa del personale in precedenza devolute
all’organo di direzione politica” (così T.a.r. Campobasso 7 luglio 2004, n.
348).
Quanto al provvedimento sanzionatorio del
31/8/2009, impugnato con il ricorso r.g. n. 1946/2009, si lamenta, invece, che
il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere firmato dal Capo della Polizia
e invece è stato firmato da altro soggetto sconosciuto.
Osserva al contrario il Collegio che
appare conducente il rilievo opposto della difesa erariale, che osserva come il
provvedimento sia stato materialmente firmato dal Vice Capo della Polizia, che
ha legittimamente esercitato le funzioni vicarie.
Superate le questioni di incompetenza,
rileva il Collegio che entrambi i provvedimenti di sospensione cautelare dal
servizio sono viziati in quanto non è stato indicato un termine finale di
efficacia.
Se è pur vero che la sospensione cautelare
facoltativa disposta prima dell’inizio del procedimento disciplinare, o in
pendenza dello stesso, è ovviamente ad esso funzionale, al fine di non
ingenerare dubbi in ordine all’efficacia e alla natura del provvedimento, è
necessario che la p.a. indichi, quanto meno espressamente, che l’efficacia
cesserà al momento dell’adozione della conclusione del procedimento
disciplinare.
L’Amministrazione non ha provveduto in tal
senso; neppure quando ha adottato i primi due provvedimenti sanzionatori ha
espressamente dichiarato che la sospensione cautelare aveva cessato di produrre
effetti (solo in seno al provvedimento di destituzione si parla della revoca
del secondo provvedimento cautelare, il quale, è ovvio, non poteva più produrre
effetti, essendo venuto meno il rapporto di impiego del ricorrente).
I provvedimenti cautelari in esame
appaiono inoltre del tutto sprovvisti di prova in ordine ai “gravi motivi”
(cioè l'attualità del pregiudizio che deriva all'Amministrazione dal
mantenimento in servizio del dipendente) che in base al citato art. 92, c. 1,
t.u. 3/57, imponevano di sospenderlo dal servizio.
La misura cautelare appare peraltro
sproporzionata tenuto conto del fatto che, fino alla contestazione degli
addebiti del 18/3/2009 (ricevuta dal ricorrente in data 19/3/2009), nessun
rimprovero era mai stato mosso dalla p.a. alla condotta del ricorrente da
pochissimo rientrato in servizio dopo un lungo periodo di aspettativa.
Né, ad avviso del Collegio, la natura
cautelare del provvedimento è idonea ad escludere in sé la necessità della
comunicazione di avvio del procedimento in assenza di indicazione espressa
delle ragioni ostative rispetto alla comunicazione.
Tanto basta per ritenere l’illegittimità dei
due provvedimenti di sospensione cautelare.
Passando al nodo centrale della vicenda,
con riferimento ai tre provvedimenti sanzionatori (due di sospensione dal
servizio e uno di destituzione dall’impiego), occorre chiedersi se sia o meno
fondata la prospettazione di parte ricorrente, secondo la quale nessuna censura
può essere mossa in ordine alle dichiarazioni dallo stesso rese e oggetto dei
procedimenti disciplinari, trattandosi di espressioni frutto della sua libera
manifestazione del pensiero.
Ritiene il Collegio che l’abile tesi
difensiva non possa essere seguita.
In disparte ogni rilievo sulla natura e
l’efficacia oggettiva e soggettiva delle circolari adottate dal Ministero in
materia di contatti con gli organi di stampa e dichiarazioni idonee ad impegnare
la Polizia di Stato, e finanche in ordine al fatto che il ricorrente potesse o
meno conoscere effettivamente dette circolari, nonostante il lungo periodo di
aspettativa dal quale è rientrato solo in data 7/2/2009, il dipendente -
proprio perché persona esperta e ben avvezza ai meccanismi istituzionali,
tenuto conto del bagaglio di esperienza lavorativa e del contesto storico nel
quale aveva operato e stava operando - non poteva non sapere che le
dichiarazioni da lui rese avrebbero avuto ampia risonanza, in quanto di sicuro
interesse per l’opinione pubblica.
Se è pur vero che le affermazioni del
dottor Genchi avrebbero
potuto essere considerate come specifico e personale apporto critico, rese in
autonomia sostanziale dalla stessa p.a. di appartenenza nella quale non aveva
prestato servizio per lungo tempo, è anche vero che il ricorrente non ha
pienamente apprezzato la circostanza che l’opinione pubblica ben avrebbe
potuto, al contrario, attribuire le sue dichiarazioni, da un punto di vista
soggettivo, all’Amministrazione di appartenenza, proprio perché detta
Amministrazione egli si pregiava di aver sempre difeso e di voler difendere e
soprattutto in ragione del peculiare accostamento della figura del ricorrente a
quelle di significativi protagonisti della Magistratura inquirente.
Tali osservazioni vanno quindi coniugate
con il principio secondo il quale se è corrisponde al vero che anche ad un
dipendente della Polizia di Stato “va garantita la pienezza della libertà di
manifestazione del pensiero, che può assumere anche i connotati della critica
nei confronti del datore di lavoro”…naturalmente, “l'esercizio di detto diritto
deve porsi entro i consueti canoni costituzionali, sostanzialmente
riconducibili al rispetto della continenza, ossia del linguaggio appropriato,
corretto, sereno e obiettivo, della pertinenza, quale esistenza di un pubblico
interesse alla conoscenza e alla divulgazione del fatto o dell'opinione, e
della veridicità, cioè della corrispondenza tra fatti riferiti e accaduti o,
quanto meno, della rigorosa e diligente verifica dell'attendibilità dei fatti
narrati e riferiti… Detti canoni, indubbiamente, assumono una specifica
caratterizzazione nel caso … in cui vengono in rilievo le esigenze di garanzia
dell'immagine del Corpo della Polizia … e, correlativamente, i doveri di
fedeltà e rettitudine dei dipendenti” (così T.a.r. Lazio – Roma, sez. I, 4
giugno 2013, n. 5566 e T.a.r. Piemonte – Torino, sez. I, 19 febbraio 2014, n.
288).
Ciò detto, secondo il Collegio:
“nell'ambito di un procedimento disciplinare per fatti astrattamente
riconducibili alla libertà di manifestazione del pensiero … la valutazione
della gravità della mancanza contestata al lavoratore, in relazione alla quale
viene adottata una sanzione disciplinare, deve essere accertata in modo
concreto e con riferimento a indici oggettivi e soggettivi, quali le
circostanze e le modalità del fatto nonché la natura dell'elemento psicologico
della condotta addebitata specie quando l'azione contestata avvenga nell'ambito
di uno scontro sindacale” (così T.a.r. Lazio – Roma, sez. I, 4 giugno 2013, n.
5566).
Tanto si rileva sia in ragione della poco
sicura coincidenza (quanto meno in termini di immagine pubblica) della
posizione del dottor Genchi con
quella di funzionario di P.S. sia perché la p.a. non ha contestato, se non in
modo del tutto generico ed esclusivamente assertivo, la rispondenza o meno a
realtà dei contenuti delle affermazioni dell’odierno esponente.
Alla luce dei superiori principi ritiene
il Collegio che:
a) per quanto attiene alle dichiarazioni
del 7/3/2009 - che hanno dato luogo alla sanzione disciplinare del 5/8/2009
(peraltro da subito irrogata nella misura massima dei sei mesi) – se appaiono
prima facie superati i limiti che la stessa Costituzione pone alla libera
manifestazione del pensiero – ciò nonostante, l’Amministrazione ha omesso di
tenere in conto, al fine di valutare “l’elemento soggettivo, le circostanze, le
modalità del fatto”, il particolare contesto, anche psicologico, nel quale si
trovava il ricorrente e soprattutto la circostanza che prima di allora nessuna
contestazione era stata mossa all’operato del dipendente, di talché appare
palesemente violato il principio di proporzionalità della sanzione;
b) per quanto attiene alle dichiarazioni
del 19/3/2009 - che hanno dato luogo alla sanzione disciplinare del 31/8/2009,
anche’essa di mesi sei (in disparte il fatto che fossero rimaste o meno
limitate ad un social network come Facebook potendo comunque in astratto assumere
rilievo penale e quindi disciplinare – v. Cass. penale, sez. I, 16 aprile 2014,
n. 16712) non solo esse sono molto meno gravi nel contenuto rispetto alle
precedenti, ma non risulta nemmeno provato che esse siano state rese pubbliche
per volontà del ricorrente, di talché in concreto, mancando l’elemento
soggettivo, la relativa condotta non avrebbe dovuto essere sanzionata.
Di tanto sembra avvedersi anche
l’Amministrazione nel momento in cui derubrica il fatto da condotta attiva per
“aver pubblicato” (v. foglio di addebiti), a condotta omissiva per “non aver
impedito la pubblicazione” delle dichiarazioni (v. provvedimento
sanzionatorio), salvo poi omettere ogni valutazione in ordine alla carenza
dell’elemento psicologico, il che avrebbe dovuto condurre all’archiviazione del
procedimento avviato.
Al contrario, si palesa nel nuovo
provvedimento sanzionatorio addirittura un intento persecutorio nei confronti
del ricorrente, laddove si usa l’avverbio “pervicacemente” rispetto ad una
condotta nemmeno ascrivibile con certezza al funzionario; ad avviso del
Collegio, è invece l’Amministrazione che ha mostrato una eccezionale pervicacia
a procedere disciplinarmente nei confronti del proprio dipendente, facendo
seguire con una scansione logica precisa gli atti (ivi compresi il primo
provvedimento cautelare adottato sine die e le diffide) utili ad addivenire
alla irrogazione delle sanzioni, le quali poi hanno costituito la base per il
successivo provvedimento di destituzione, al quale sembra invero essere stata
preordinata l’intera azione amministrativa.
Dalle superiori premesse emerge, come
logica conseguenza, che anche il provvedimento di destituzione è viziato per
eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.
Invero, la destituzione (massima sanzione
disciplinare possibile) è stata disposta in applicazione dell’art. 7, c. 2, n.
6 d.p.r. n. 737/1981, che recita: “La destituzione consiste nella cancellazione
dai ruoli dell'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica
sicurezza la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza
in servizio. La destituzione è inflitta… 6) per reiterazione delle infrazioni
per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente
riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti
disciplinari.”
Posto che è illegittima l’irrogazione
delle sanzioni della sospensione dal servizio, ne discende l’automatica
illegittimità anche del provvedimento di destituzione.
Né le nuove dichiarazioni del ricorrente,
pur superanti anch’esse i limiti che la Costituzione pone alla libera
manifestazione del pensiero, possono ritenersi autonomamente idonee a
giustificare il provvedimento sanzionatorio, che presuppone comunque o
l’accertamento che le precedenti infrazioni debbano sanzionarsi con la sospensione
del servizio o il giudizio di “riprovevolezza” della condotta, dopo l’adozione
di più precedenti procedimenti disciplinari.
In conclusione, assorbiti i profili non
esaminati, i ricorsi r.g. nn. 938/2009 (ivi compresi i motivi aggiunti),
1945/2009, 1946/2009, 842/2010 e 1077/2011, vanno accolti nei limiti e nei
sensi di cui in motivazione e, per l’effetto vanno annullati i provvedimenti
impugnati, con esclusione delle circolari in epigrafe indicate.
Può quindi passarsi all’esame del ricorso
r.g. n. 291/2010 avente ad oggetto il provvedimento del 10/9/2010, di
esclusione del ricorrente dallo scrutinio per merito comparativo per
l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo
dirigente della Polizia di Stato e la delibera del Consiglio di Amministrazione
per il personale della polizia di Stato del 26/5/2010 di approvazione della
proposta di graduatoria di merito relativa a funzionari ammessi a valutazione
per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo
dirigente.
Ritiene il Collegio che sia fondata
l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale in ragione
dell’omessa notifica ad alcun controinteressato.
Invero, la procedura di cui trattasi è a
numero chiuso.
Orbene, costituisce ius receptum il
principio secondo il quale l’inconfigurabilità di controinteressati sussiste
soltanto quando l’impugnazione venga proposta anteriormente all’adozione del
provvedimento conclusivo, ossia della graduatoria, mentre nell’ipotesi in cui
l’impugnazione avvenga, come nel caso di specie, successivamente all’emanazione
dell’atto conclusivo del procedimento medesimo, il ricorso va notificato, a
pena di inammissibilità, ad almeno un controinteressato, il che non è avvenuto.
Il ricorso r.g. n. 291/2011, va quindi
dichiarato inammissibile.
Né al contrario può opporsi che i
provvedimenti impugnati non avrebbero dovuto essere gravati attesa l’efficacia
caducante del giudicato di annullamento dei primi due provvedimenti
disciplinari.
Invero, si deve al contrario tener conto
della motivazione per la quale il Collegio ha ritenuto di annullare le sanzioni
della sospensione dal servizio (la cui esistenza ha costituito il presupposto
per l’esclusione dalla procedura di scrutinio comparativo) ed in particolare
della prima, che, ad avviso del Collegio, è viziata solo per la violazione del
principio di proporzionalità, di talché - nonostante il giudicato - il
ricorrente non potrà essere automaticamente ammesso, ora per allora, allo
scrutinio comparativo.
Quanto alle spese, da liquidarsi in
dispositivo, ritiene il Collegio che esse debbano eccezionalmente compensarsi
tra le parti attesa: la soccombenza parziale reciproca; la peculiarità e
parziale novità delle questioni trattate; il mancato rispetto, da parte del
ricorrente, del principio di sinteticità e il mancato deposito, a cura delle
parti, di tutti gli atti in formato digitale, onere che avrebbe dovuto
estendersi non solo agli atti relativi ai ricorsi depositati dopo l’entrata in
vigore del c.p.a., ma anche a tutti gli atti relativi ai ricorsi antecedenti
all’entrata in vigore del c.p.a., e ciò in ossequio al principio della leale
collaborazione con il giudice e le altre parti del processo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti,
come in epigrafe proposti:
1) accoglie i ricorsi r.g. n. 938/2009
(ivi compresi i motivi aggiunti), 1945/2009, 1946/2009, 842/2010 e 1077/2011,
nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto annulla i
provvedimenti impugnati, con esclusione delle circolari in epigrafe indicate;
2) dichiara inammissibile il ricorso r.g.
n. 291/2011;
3) compensa tre le parti le spese e gli
onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nelle camere di
consiglio dei giorni 14 marzo 2014, 15 maggio 2014, 23 luglio 2014, con
l'intervento dei magistrati:
Filoreto
D'Agostino, Presidente
Federica
Cabrini, Consigliere, Estensore
Maria
Cappellano, Primo Referendario
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)