PROVVEDIMENTO &
ORDINE PUBBLICO:
l'informativa prefettizia
e la scelta del sindacato "forte" (e garantista)
del TAR capitolino
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I "ter",
sentenza 23 settembre 2015, n. 11366)
Massima
1. Secondo un primo orientamento obbediente ad una più
stringente esigenza di tutela della p.a. e di tutta la società civile da ogni - anche solo potenziale - forma di infiltrazione
mafiosa, ma sicuramente meno garantista per il soggetto che viene colpito
dall’interdittiva antimafia, si sostiene che, proprio perché questa presenta
finalità di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, risultano
rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatici ed è sufficiente, secondo un
giudizio prognostico latamente discrezionale, la mera possibilità di
interferenze della criminalità, rivelate appunto da fatti sintomatici o
indiziari, considerati in un quadro indiziario complessivo (cfr.: Cons. Stato -
sez. III , 18.4.2011, n. 2342; sez. VI, 17.7.2006, n. 4574).
1.1 In altre parole, il provvedimento interdittivo
antimafia può essere sorretto da elementi sintomatici e indiziari da cui
emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo
di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata.
1.2 L’interdittiva antimafia è così vista come
funzionale alla peculiare esigenza di mantenere un atteggiamento intransigente
contro rischi di infiltrazione mafiosa, idonei a condizionare le scelte delle
imprese chiamate a stipulare contratti con la P.A..
1.3 Secondo detto orientamento, stante l’ampia
discrezionalità riservata all’Autorità prefettizia, il sindacato sull’attività
svolta da questa e sul provvedimento interdittivo adottato in esito alla stessa
resta necessariamente circoscritto alla verifica dei vizi sintomatici di una
illogicità manifesta o di un travisamento dei fatti (cfr.: Cons. Stato, sez.
VI, 22.6. 2007, n. 3470; T.a.r. Campania - Napoli - sez. I 10.2.2010, n. 873).
2. La seconda e più recente tesi, al contrario, punta
l’accento sulla circostanza che la valutazione discrezionale, per non
sconfinare in mero arbitrio, “può dirsi ragionevole e attendibile se sorretta
da una pluralità di indizi seri, precisi e concordanti, oggettivamente
riscontrabili, che secondo l’esperienza comune assumono un significato univoco”
(cfr.: C.G.A. 10.7.2014, n. 397; Cons. Stato - sez. III 26.9.2014, n. 4852).
2.1 Gli indizi dai quali viene desunto il predetto
rischio devono essere accertati in esito ad una coerente e compiuta istruttoria
(Cons. Stato sez. III 25.11.2014, n. 5836).
2.2 L’informativa interdittiva deve essere
assistita da congrua motivazione, che dia contezza di tale adeguata istruttoria
- da svolgersi con l’ampiezza di poteri ma anche con i limiti suindicati -,
tesa ad accertare e verificare gli elementi indizianti fondanti la sua
emissione.
2.3 In questi casi il sindacato in sede
giurisdizionale è diretto ad accertare l’assenza di eventuali vizi della
funzione, che possano essere sintomo di un non corretto esercizio del potere,
quanto all’accuratezza dell’istruttoria, alla completezza dei dati e fatti
acquisiti, alla non travisata valutazione dei fatti stessi, alla sufficienza
della motivazione ed alla logicità e ragionevolezza delle conclusioni rispetto
ai presupposti ed elementi di fatto presi in considerazione.
Secondo tale orientamento più recente, che
cerca maggiormente di contemperare le esigenze di sicurezza e di ordine
pubblico e di trasparenza nell’aggiudicazione e gestione dei contratti pubblici
con i valori, pure costituzionalmente tutelati, della libertà di iniziativa
economia e del diritto al lavoro, riferiti al soggetto destinatario della
misura interdittiva antimafia, gli elementi assunti dal relativo provvedimento
come base per giustificare la sua adozione, da parte dell’Autorità prefettizia
competente, devono presentare i caratteri dell’obiettiva congruità e della
concretezza.
2.4 Deve aggiungersi che la misura interdittiva
deve fondarsi su elementi attuali e pertinenti, dai quali sia ragionevolmente
desumibile un tentativo di ingerenza nella compagine sociale; in altre parole,
essa non può fare riferimento a fatti remoti, privi di attualità.
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 15749 del 2014, proposto da:
Soc -OMISSIS- S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Federico Tedeschini, Domenico Greco, con domicilio eletto presso Studio Legale Tedeschini in Roma, largo Messico, 7;
Soc -OMISSIS- S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Federico Tedeschini, Domenico Greco, con domicilio eletto presso Studio Legale Tedeschini in Roma, largo Messico, 7;
contro
U.T.G.
- Prefettura di Roma, Ministero dell'Interno, Questura di Roma, Autorità
Nazionale Anticorruzione Anac, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dell’informativa
antimafia prot. 271716/14 del 21.11.2014 emessa dalla Prefettura della
Provincia di Roma;
di
ogni altro atto presupposto, conseguente e correlato, ancorchè non conosciuto
ivi comprese le relazioni e le istruttorie che hanno costituito la base e le
motivazioni dell’informativa antimafia
nonché
per l’annullamento del diniego parziale di accesso
frapposto
all’odierna ricorrente dalla Prefettura di Roma, con nota prot. n. 274591/Area
I Bis O.S.P. del 25 novembre 2014, con contestuale istanza ex art. 116 c.p.a.
perché venga ordinata all’Amministrazione la produzione in giudizio di tutti
gli atti del procedimento che hanno costituito il presupposto per l’adozione
dell’informativa interdittiva antimafia del 21 novembre 2014.
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Roma e di
Ministero dell'Interno e di Questura di Roma e di Autorità Nazionale
Anticorruzione Anac;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Visto
l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2015 la dott.ssa Stefania Santoleri
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
Premette
la società ricorrente di svolgere attività di vigilanza armata essendo titolare
di regolare licenza di polizia.
In
data 16 ottobre 2014 la Prefettura di Roma ha emesso l’interdittiva antimafia
nei confronti della società -OMISSIS-.
In
data 20 ottobre 2014, la società -OMISSIS- ha conferito il ramo di azienda
composto dalla strutture organizzate per lo svolgimento dell’attività di
vigilanza armata/piantonamento e di portierato all’odierna ricorrente, come da
verbale di assemblea della -OMISSIS- del 20 ottobre 2014, al fine di tutelare i
livelli occupazionali; in data 27 novembre 2014 il ramo di azienda è stato
ritrasferito alla -OMISSIS-.
La
Prefettura di Roma ha adottato in data 21 novembre 2014 l’informativa antimafia
interdittiva anche nei confronti della società ricorrente (alla quale ha fatto
seguito la sospensione della licenza di Polizia) ritenendo detta operazione
come diretta ad eludere l’interdittiva antimafia, sicchè il provvedimento
impugnato si fonda esclusivamente sull’informativa “madre” emessa nei confronti
della società -OMISSIS-.
Avverso
detto provvedimento la società ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di
impugnazione:
__1.
Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 11 e 134
del TULPS. Violazione e falsa applicazione degli artt. 257 e ss. (ed in
particolare dell’art. 257 quater) del Regolamento per l’esecuzione del TULPS.
Violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 159/11
con particolare – ma non esclusivo riferimento – agli artt. 84, 91 94 e 95.
Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del D.L. n.
90/2014 conv. in L. 11/2014. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3
della L. 241/90. Violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 41 e 97 Cost.
Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione,
contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti, erroneità e difetto di dei
presupposti, sviamento e manifesta ingiustizia.
L’informativa
impugnata si fonderebbe esclusivamente su quella precedente emessa nei
confronti della società -OMISSIS- in quanto secondo la Prefettura il tentativo
di infiltrazione mafiosa sarebbe stato “travasato” da quella società a questa:
contesta la ricorrente detto assunto e rileva che il 27 novembre 2014 è stato
ripristino lo status quo ante con il venir meno del presupposto posto a base
del provvedimento.
Avverso
l’informativa “madre” richiama le censure già svolte nei precedenti ricorsi
proposti dalla società -OMISSIS-, sottolineando che tutto l’impianto
accusatorio si fonderebbe sulla persona di -OMISSIS-, considerato
amministratore di fatto della società.
Deduce
poi che l’interdittiva antimafia sarebbe stata adottata in difetto di
presupposti.
__2.
Violazione di legge: Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del D.L. n.
90/2014, convertito con L. n. 114/14. Violazione e falsa applicazione delle
disposizioni di cui al D.lgs. 6/9/11 n. 159, con particolare – ma non esclusivo
- riferimento agli artt. 84, 91, 94 e 95. Violazione e falsa applicazione del
protocollo di intesa sottoscritto tra l’ANAC e il Ministero dell’Interno.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 41 e 97 Cost. Violazione e
falsa applicazione degli art. 17 e 18 CEDU (divieto dell’abuso del diritto).
Eccesso di potere per difetto di proporzionalità, adeguatezza, ragionevolezza,
difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà manifesta,
travisamento di atti e fatti, erroneità e difetto dei presupposti, sviamento e
manifesta ingiustizia.
L’informazione
interdittiva antimafia sarebbe illegittima anche per violazione e falsa
applicazione dell’art. 32 del D.L. n. 90/2014, convertito dalla Legge n.
114/2014.
La
menzionata disposizione normativa, al comma 10, dispone espressamente
l’applicabilità di entrambe le misure di cui al comma 1, lettere a) e b)
(rinnovazione degli organi sociali o straordinaria e temporanea gestione
dell’impresa appaltatrice), e della misura di al comma 8 (sostegno e
monitoraggio dell’impresa) nel caso in cui sia stata emessa dal Prefetto
un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di
assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero la sua
prosecuzione, al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi
indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali, salvaguardare i livelli
occupazionali e tutelare l’integrità dei bilanci pubblici.
Formula,
infine, l’istanza ex art. 116 c.p.a. chiedendo al Tribunale di ordinare
l’esibizione di tutti gli atti istruttori sui quali si fonda il provvedimento
impugnato.
Chiede
quindi l’accoglimento del ricorso.
L’Amministrazione
intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per
infondatezza.
All’udienza
pubblica del 14 maggio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Con
il ricorso in epigrafe la società ricorrente ha impugnato l’informativa
antimafia interdittiva adottata dal Prefetto di Roma che s’incentra, in
particolar modo, sulla persona di -OMISSIS-, qualificato “Amministratore di
fatto della predetta Società”.
1.1
– Preliminare, rispetto al vaglio dei fatti addebitati a quest’ultimo, ritenuti
rilevanti ai fini dell’adozione della misura in parola, è l’accertamento in
ordine all’inquadrabilità o meno del medesimo nella figura dell’Amministratore
di fatto.
1.2
– Al riguardo, partendo dalla nozione di cui all’art. 2639 c.c., in via
generale deve affermarsi che Amministratore di fatto è chi, senza essere stato
investito formalmente dei relativi poteri, esercita in modo continuativo e
significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione di
Amministratore.
1.3
- Con specifico riguardo al Sig. -OMISSIS-, va precisato che la “-OMISSIS-
S.r.l.” è partecipata dalla “-OMISSIS-” (e da altre cinque Società Cooperative:
-OMISSIS-, tutte controllate da -OMISSIS-, dalla moglie -OMISSIS- e da
-OMISSIS-), nell’ambito della quale -OMISSIS- ha rivestito la carica di dirigente
dal 2011 fino alle sue dimissioni, successive all’adozione dell’interdittiva
antimafia avvenute il 24.10.2015.
Si
legge poi nel provvedimento interdittivo che lo stesso nel periodo ricompreso
fra il 2008 e il 2011 ha rivestito la carica di dirigente anche presso
l’-OMISSIS- “-OMISSIS-”, a sua volta partecipata dalle stesse società che
figurano quale socie della -OMISSIS- S.r.l..
Nell’ambito
della “-OMISSIS-.”, il -OMISSIS-, in affiancamento e su mandato diretto del
Presidente, ha ricoperto l’incarico di Responsabile dello sviluppo,
partecipazione, controllo e gestione, con la funzione di individuare e reperire
tutte le occasioni di crescita e di rafforzamento del settore: si tratta di un
incarico assoluto rilievo.
Inoltre
in data 19.2.2014, a seguito di perquisizione locale e personale, sono emersi i
seguenti elementi: in una tasca del giaccone indossato dal -OMISSIS- è stato
rinvenuto un portachiavi in plastica recante la dicitura “PORTA INTERNA
UFF.-OMISSIS-”. Le chiavi in questione, come dichiarato dallo stesso -OMISSIS-,
permettevano l’accesso all’Ufficio di Presidenza dell’-OMISSIS- “-OMISSIS-”,
ove sono state rinvenute 3 confezioni contenenti biglietti da visita del
“-OMISSIS-” a nome del Dott. -OMISSIS--PRESIDENTE”, estratto conto relativo
alla Carta Oro American Express n. -OMISSIS- a nome di -OMISSIS-, lettera di
ringraziamento a firma del Sig. -OMISSIS- della -OMISSIS-. indirizzata al Dr.
-OMISSIS-, foglio dattiloscritto recante la dicitura “APPUNTO” per il Dott.
-OMISSIS- - Situazione Curriculum inviati dal Sig. -OMISSIS-, informativa
contrattuale relativa alla carta debito “Next Card”, intestata a -OMISSIS- del
Banco di Napoli, avente come riferimento la mail presidente@-OMISSIS-.com ed
utenza mobile -OMISSIS-, memorandum “Recapiti-Disposizioni da Tavolo”,
riportanti i recapiti telefonici interni e/o cellulari, le sigle radio del
personale in sede, l’elenco dei permessi Z.T.L. e l’integrazione alle
Disposizioni di Servizio.
Inoltre,
in occasione di controlli amministrativi eseguiti presso la sede operativa
della “-OMISSIS-” in data 15.5.2014, il personale ad essi deputato è stato
accolto dal -OMISSIS-, il quale si è presentato come uno dei soci del gruppo
“-OMISSIS-” ed ha poi ha descritto le peculiarità delle predette Società e
delle altre Società del gruppo, in cui ha confermato di rivestire cariche.
Da
tutti gli elementi sopra riportati si palesa la posizione senz’altro di spicco
e, perciò, di potenziale condizionamento della gestione, con incisione sulle
scelte fondamentali, rivestita dal Sig. -OMISSIS- all’interno delle Società
facenti capo al -OMISSIS-, di cui la Società ricorrente è parte, al pari di
quanto è in grado di fare un Amministratore.
2 -
Si tratta ora di verificare se, avuto riguardo, in particolare, ai fatti
addebitati al -OMISSIS-, unitamente agli altri riportati, ricorrano o meno i
presupposti per procedere all’emanazione della misura dell’interdittiva antimafia,
se, in altre parole, lo stesso possa o meno ritenersi vicino agli ambienti
della criminalità organizzata.
2.1
- In proposito, secondo un orientamento obbediente ad una più stringente
esigenza di tutela della Pubblica Amministrazione e di tutta la Società civile
da ogni - anche solo potenziale - forma di infiltrazione mafiosa, ma
sicuramente meno garantista per il soggetto che viene colpito dall’interdittiva
antimafia, si sostiene che, proprio perché questa presenta finalità di massima
anticipazione dell’azione di prevenzione, risultano rilevanti anche fatti e
vicende solo sintomatici ed è sufficiente, secondo un giudizio prognostico
latamente discrezionale, la mera possibilità di interferenze della criminalità,
rivelate appunto da fatti sintomatici o indiziari, considerati in un quadro
indiziario complessivo (cfr.: Cons. Stato - sez. III , 18.4.2011, n. 2342; sez.
VI, 17.7.2006, n. 4574).
In
altre parole, il provvedimento interdittivo antimafia può essere sorretto da
elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del
pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività
imprenditoriale della criminalità organizzata.
L’interdittiva
antimafia è così vista come funzionale alla peculiare esigenza di mantenere un
atteggiamento intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa, idonei a
condizionare le scelte delle imprese chiamate a stipulare contratti con la
P.A..
Secondo
detto orientamento, stante l’ampia discrezionalità riservata all’Autorità
prefettizia, il sindacato sull’attività svolta da questa e sul provvedimento
interdittivo adottato in esito alla stessa resta necessariamente circoscritto
alla verifica dei vizi sintomatici di una illogicità manifesta o di un
travisamento dei fatti (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 22.6. 2007, n. 3470; T.a.r.
Campania - Napoli - sez. I 10.2.2010, n. 873).
2.2
- La più recente giurisprudenza punta l’accento sulla circostanza che la
valutazione discrezionale, per non sconfinare in mero arbitrio, “può dirsi
ragionevole e attendibile se sorretta da una pluralità di indizi seri, precisi
e concordanti, oggettivamente riscontrabili, che secondo l’esperienza comune
assumono un significato univoco” (cfr.: C.G.A. 10.7.2014, n. 397; Cons. Stato -
sez. III 26.9.2014, n. 4852).
Gli
indizi dai quali viene desunto il predetto rischio devono essere accertati in
esito ad una coerente e compiuta istruttoria (Cons. Stato sez. III 25.11.2014,
n. 5836).
L’informativa
interdittiva deve essere assistita da congrua motivazione, che dia contezza di
tale adeguata istruttoria - da svolgersi con l’ampiezza di poteri ma anche con
i limiti suindicati -, tesa ad accertare e verificare gli elementi indizianti
fondanti la sua emissione.
In
questi casi il sindacato in sede giurisdizionale è diretto ad accertare l’assenza
di eventuali vizi della funzione, che possano essere sintomo di un non corretto
esercizio del potere, quanto all’accuratezza dell’istruttoria, alla completezza
dei dati e fatti acquisiti, alla non travisata valutazione dei fatti stessi,
alla sufficienza della motivazione ed alla logicità e ragionevolezza delle
conclusioni rispetto ai presupposti ed elementi di fatto presi in
considerazione.
Secondo
tale orientamento più recente, che cerca maggiormente di contemperare le
esigenze di sicurezza e di ordine pubblico e di trasparenza nell’aggiudicazione
e gestione dei contratti pubblici con i valori, pure costituzionalmente
tutelati, della libertà di iniziativa economia e del diritto al lavoro,
riferiti al soggetto destinatario della misura interdittiva antimafia, gli
elementi assunti dal relativo provvedimento come base per giustificare la sua
adozione, da parte dell’Autorità prefettizia competente, devono presentare i
caratteri dell’obiettiva congruità e della concretezza.
Deve
aggiungersi che la misura interdittiva deve fondarsi su elementi attuali e
pertinenti, dai quali sia ragionevolmente desumibile un tentativo di ingerenza
nella compagine sociale; in altre parole, essa non può fare riferimento a fatti
remoti, privi di attualità.
2.3
– La sezione, prendendo atto di entrambi gli orientamenti giurisprudenziali
sopra riportati, segue quello più garantista per il soggetto destinatario della
misura interdittiva, in ultimo richiamato.
2.4
- Fatte queste dovute premesse di ordine generale, si precisa che l’esame condotto
qui in concreto dal Collegio parte da un attento vaglio del contenuto del
provvedimento interdittivo impugnato, alla luce della documentazione in atti e
delle doglianze mosse dalla parte ricorrente nonché delle controdeduzioni
fornite dall’Amministrazione.
La
decisione viene assunta, all’esito di detto esame, tenendo conto naturalmente
della natura e delle finalità dell’interdittiva antimafia, sopra illustrate, ma
anche delle garanzie comunque offerte al soggetto colpito, in nome anche del
buon andamento della Pubblica amministrazione.
3 -
Come è stato già evidenziato in precedenza, l’informazione interdittiva
antimafia s’incentra principalmente sulla persona di -OMISSIS-, qualificato
“Amministratore di fatto” della Società ricorrente. Non è il caso di affrontare
nuovamente tale profilo, del quale si è già discettato in precedenza,
concludendosi in senso affermativo.
3.1
- Si tratta, tuttavia, di accertare se, con riferimento al Sig. -OMISSIS-, sia
stata eseguita un’accurata istruttoria e se gli elementi dai quali il Prefetto
ha desunto il suo collegamento con ambienti malavitosi ed il conseguente
condizionamento della predetta Società da parte della criminalità organizzata
di stampo mafioso siano qualificati dai caratteri dell’obiettiva congruità e della
concretezza, nonché dell’attualità.
4 -
In proposito, partendo dal dato più vecchio riferito al Sig. -OMISSIS-
riportato nel provvedimento interdittivo antimafia, risulta a suo carico una
condanna del 20.3.1997, per estorsione tentata continuata.
In
proposito va rilevato che la predetta sentenza, peraltro emessa ai sensi
dell’art. 444 c.p.p., concerne fatti reato consumati nel 1996, perciò molto
datati, del tutto dissociati da qualunque riferimento alla criminalità
organizzata.
5 -
Il nodo centrale dei fatti addebitati a -OMISSIS-, posti in via principale a
fondamento dell’informazione interdittiva antimafia, sono, tuttavia, quelli che
emergono dalla sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 8.11.2013 e
depositata in Cancelleria il 23.12.2013.
5.1
- Si rende necessaria una puntualizzazione al riguardo.
Non
vale certamente a rendere attuale il quadro indiziario a carico del Sig.
-OMISSIS- la circostanza che la condanna sia stata irrogata a fine 2013, perciò
poco tempo prima che fosse adottata la misura interdittiva antimafia.
Ciò
che assume invece rilevanza è il periodo in cui sono stati consumati i fatti
reato, oggetto di condanna o anche solo di esame e valutazione da parte del
giudice penale.
5.2
- Come può evincersi dai capi di imputazione indicati nei decreti che hanno
disposto il rinvio a giudizio, nonché dalla sentenza stessa, tali fatti sono
inquadrati per lo più negli anni 2002 e 2003 ed in un caso (capo di imputazione
n. 5 contenuto nel decreto che dispone il giudizio datato 19.10.2006) anche nell’anno
2001.
5.3
- È evidente che, indipendentemente da quanto possa emergere dalla predetta
sentenza, gli indizi non potrebbero ex se soli sorreggere un’informazione
interdittiva antimafia, in quanto sarebbero privi del necessario carattere
dell’attualità. Infatti, anche ove fosse riscontrata una contiguità del Sig.
-OMISSIS- con la famiglia -OMISSIS- per il periodo 2001-2003, essa, in assenza
di ulteriori e successivi elementi connotati del requisito dell’attualità, non
potrebbe determinare l’assunzione di una misura così penalizzante per il
soggetto destinatario.
5.4
- Con detta sentenza il Sig. -OMISSIS- è stato condannato ad 1 anno e 6 mesi di
reclusione e ad € 5.000,00 di multa, per il delitto di usura, non in concorso,
mentre è stato assolto, “perché i fatti non sussistono”, dai reati di
riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita
(rispettivamente artt. 648 bis e 648 ter c.p.); è stato invece dichiarato
estinto, per prescrizione, il reato di trasferimento fraudolento di valori ex
art. 12 quinquies del d.l. n. 306/1992, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 356/1992.
5.5
- In tale sentenza si è esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 del
decreto-legge n. 152/1991, convertito dalla legge n. 203/1991 - aver commesso i
fatti avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p.
(associazione a delinquere di stampo mafioso) ovvero al fine di agevolare tale
tipo di associazione.
Il
mancato riconoscimento di detta aggravante è derivata dalla circostanza che,
con sentenza del Tribunale di Roma n. 17645/07 del 19.7.2007, confermata in
appello con decisione del 28.5.2010, divenuta irrevocabile con la decisione
della Corte di Cassazione del 23.2.2012, è stata esclusa, con riferimento alla
famiglia -OMISSIS-, l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso,
ravvisandosi unicamente, a carico dei suoi componenti imputati nel processo, il
delitto di associazione a delinquere non qualificata di cui all’art. 416 c.p..
5.6
– Pur con le dovute precisazioni fatte finora, non possono escludersi, per il
periodo preso in considerazione dalla sentenza penale dell’8.11.2013 in esame,
rapporti del Sig. -OMISSIS- con la famiglia -OMISSIS-.
In
particolare, il giudice penale, nell’esaminare i capi di accusa 4, 5 e 12
indicati nel citato decreto che dispone il giudizio datato 19.10.2006
(concernenti i reati di estorsione, di cui il -OMISSIS- non era accusato,
nonché i reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di
provenienza illecita), ha ritenuto fondato l’assunto dell’accusa secondo cui il
-OMISSIS- stesso, attraverso le Società di cui all’epoca era compartecipe –
-OMISSIS- - “agisse come longa manus della famiglia -OMISSIS-”. In particolare
si afferma che “dietro -OMISSIS- e il -OMISSIS- ci fosse appunto -OMISSIS-”.
L’istruttoria
svolta accreditava quest’ultimo “come fiduciario del -OMISSIS-, testa di paglia
privo di pregiudizi alla quale intestare i cespiti che altri avrebbero dovuto
di fatto gestire”; tale ruolo si attagliava su quello di “soggetto interposto,
sanzionabile ex art. 12 quinquies […], illecito questo da ritenersi ormai estinto
per prescrizione”.
5.7
- Tuttavia, com’è stato già precedentemente rimarcato, si tratta di fatti
accaduti negli anni 2001-2003 e conseguentemente, rispetto agli stessi, manca
la connotazione dell’attualità, ritenuta imprescindibile dal Collegio, non
rilevando in contrario la data, ben successiva, di adozione della sentenza che
ha definito il relativo giudizio di primo grado, peraltro appellata.
5.8
- Assume importanza anche la circostanza che, all’epoca dei fatti contestati,
il Sig. -OMISSIS- fosse del tutto estraneo alla Società ricorrente ed a tutto
il Gruppo del quale essa fa parte.
Si
è visto in precedenza che a quel tempo lo stesso era invece collegato alle
Società -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-e, d’altra parte, la stessa Prefettura,
per sostenere la sua inquadrabilità nella figura del c.d. “Amministratore di
fatto”, fa riferimento agli incarichi ricoperti nelle Società del -OMISSIS- a
partire solo dal 2008.
Né
può attribuirsi rilevanza all’obiezione, mossa in giudizio dall’Avvocatura
generale dello Stato, che in tale periodo la Società “-OMISSIS-” avesse diversa
denominazione – -OMISSIS- – atteso che appunto, anche rispetto a quest’ultima,
non si registrano legami di sorta da parte del Sig. -OMISSIS-.
Pertanto
la famiglia -OMISSIS- non avrebbe a quel tempo potuto condizionare la gestione
della Società, per il tramite di quest’ultimo.
6 -
Occorre poi puntualizzare che le denunce richiamate nella nota della Guardia di
Finanza – Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata prot. n. 0321550/14 del
22.7.2014, in atti, e, in particolare, quelle del 14.2.2005 e 23.3.2005, nonché
la denuncia del 16.6.2006, rimarcate dalla difesa erariale, sono tutte
confluite nei procedimenti penali nn. 55278/02 e 51650, definiti con la più
volte richiamata sentenza del Tribunale di Roma dell’8.11.2013.
Perciò
anch’esse fanno riferimento a fatti accaduti pur sempre nel lasso temporale
2001-2003.
7 –
A sostenere la successiva recisione dei rapporti tra il -OMISSIS- e la famiglia
-OMISSIS- è il GIP presso il Tribunale di Roma nell’ordinanza del 9.11.2004,
nella quale afferma che “dal tenore delle conversazioni telefoniche
intercettate emerge con estrema chiarezza la precisa volontà del -OMISSIS- di
interrompere qualsiasi contatto e cointeressenza con il nucleo dei -OMISSIS-,
maturata dopo l’esecuzione delle misure cautelari a carico dei -OMISSIS-
medesimi, tra l’aprile e il luglio 2003”.
In
tale ordinanza si rileva ancora che i collegamenti con la famiglia -OMISSIS- e
l’attività criminale “sono stati realizzati e si sono conclusi nel periodo di
tempo ricompreso tra il 2001 e il settembre 2003”.
Ivi
si afferma poi che “vi sono precisi e univoci elementi da cui si deve desumere
la volontaria interruzione dei rapporti e contatti con la famiglia -OMISSIS-
operata dal -OMISSIS-”.
È
evidente che il GIP, sulla base degli elementi desunti da intercettazioni
telefoniche, ha concluso nel senso di escludere che dopo il settembre 2003 – e
naturalmente fino alla data di adozione dell’ordinanza de qua – vi fossero
ancora rapporti tra il -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-.
8 -
Questi sono evidentemente i fatti presi in considerazione al fine di ritenere
che il Sig. -OMISSIS- fosse ancora vicino alla famiglia -OMISSIS- e che
quest’ultima - e in definitiva la criminalità organizzata - potesse esercitare
un condizionamento sulla Società di cui lo stesso era Amministratore di fatto.
9 -
L’avvocatura generale dello Stato ha depositato in giudizio una nota della
Guardia di Finanza – G.I.C.O. - Gruppo Investigazione Criminalità organizzata
prot. n. 0487975/14 dell’11.11.2014, evidentemente successiva all’emissione
dell’interdittiva antimafia.
Essa
reca delle vere e proprie “controdeduzioni” rispetto alla memoria resa dal
difensore dell’odierna ricorrente, facendo, in particolare, riferimento ad una
perquisizione personale effettuata nei confronti del -OMISSIS- nel mese di
febbraio del 2014, seguita da quella presso l’ufficio di Presidenza
dell’-OMISSIS- “-OMISSIS-”, usato dal medesimo, nel quale sono stati rinvenuti
un biglietto da visita di -OMISSIS- della “-OMISSIS-” - Orologi da mito,
riportante a tergo l’appunto manoscritto “-OMISSIS-, ed 11 orologi di pregio
dal rilevante valore economico, 5 dei quali confezionati in custodie riportanti
il logo “-OMISSIS-” . Secondo le conclusioni del G.I.C.O., ciò evidenzierebbe
il persistere di stretti legami fra il -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS- e il
contesto criminale in cui questa è stabilmente inserita.
9.1
- Al riguardo deve preliminarmente precisarsi che tale “elemento di novità” non
risulta essere stato vagliato in sede di emissione dell’informazione
interdittiva antimafia: non se ne fa cenno né all’interno del provvedimento né
nel verbale del Gruppo Ispettivo antimafia relativo alla seduta del 3.10.2014,
nella quale esso ha ritenuto sussistenti le situazioni relative a tentativi di
infiltrazione mafiosa.
La
prima deduzione che consegue da ciò è che tale “fatto” attuale in realtà
integra una motivazione postuma, come tale, inammissibile.
9.2
- Deve considerarsi in proposito che il provvedimento, anche quello recante la
misura interdittiva antimafia, deve indicare un’adeguata motivazione, che dia
contezza dell’istruttoria espletata a monte e dei presupposti posti a
fondamento.
Qui
gli elementi di cui si dà contezza nel provvedimento interdittivo antimafia e,
perciò, costituenti il suo presupposto (ritenendo dagli stessi evincibile un
collegamento di -OMISSIS- con la famiglia) risalgono al 2003, posto che i fatti
ai quali si riferisce la sentenza del 2013 si collocano nel periodo 2001-2003 e
che la citata ordinanza cautelare del 2004 ha escluso rapporti tra i due a
partire dal settembre 2003.
9.3
- Volendo anche ritenere quale rilevante il rinvenimento del biglietto
riportante a tergo due numeri telefonici accanto al nome di -OMISSIS-, va
osservato che tale elemento non rappresenta, tuttavia, un indizio che da solo
può univocamente condurre a sostenere che anche di recente il Sig. -OMISSIS-
abbia continuato ad intrattenere rapporti, per giunta di cointeressenza, con la
famiglia -OMISSIS-.
In
altre parole il biglietto non conduce alla conclusione logica che il Sig.
-OMISSIS- continua ad avere frequentazioni col Sig. -OMISSIS- e con tutta la
sua famiglia e che il suo operato ne sia condizionato, tanto da condizionare, a
sua volta, quello dell’-OMISSIS- de quo.
È
verosimile che i due numeri telefonici siano serviti nel corso del processo
penale riguardante entrambi (il -OMISSIS- ed il -OMISSIS-), conclusosi solo tre
mesi prima della perquisizione (ed anzi la sentenza è stata emessa due mesi
prima)
9.4
- In ogni caso ciò che veramente rileva è che l’eventuale indizio che potrebbe
ricavarsi dal dato riportato sul predetto biglietto non è suffragato da
ulteriori elementi ben più attendibili in ordine alla sussistenza di tali
rapporti, quali sono quelli desumibili da intercettazioni telefoniche e/o
ambientali.
10
- In assenza di una pluralità di indizi seri, precisi e concordanti,
oggettivamente riscontrabili, che, secondo l’esperienza comune, assumono un
significato univoco nel senso di ritenere ancora attualmente sussistenti
rapporti tra il -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-, l’interdittiva antimafia,
risulta illegittima, per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti e
travisamento dei fatti.
11
- Né può ritenersi fondatamente che detto provvedimento interdittivo possa
sorreggersi sulla denuncia nei confronti del Sig. -OMISSIS-, nella sua qualità
di Amministratore di fatto, nonché del Sig. -OMISSIS-, quale Presidente del
Consiglio di Amministrazione, per aver concorso nel reato di cui all’art. 10
ter del D.Lgs. n. 74/2000.
Si
tratta del reato di omesso versamento dell’I.V.A., comunque regolarmente
dichiarata, qui riferito ad alcune mensilità dell’anno 2012.
11.1
- È evidente che detta denuncia non afferisce ad alcuno dei reati dai quali
possa in qualche modo desumersi la sussistenza di infiltrazioni mafiose,
secondo quanto previsto dall’art. 84 del D.Lgs. n. 159/2011.
11.2
- Va solo precisato che, come la Società ricorrente ha evidenziato che il
mancato versamento è dipeso unicamente da temporanea disponibilità di denaro
per farvi fronte, essendo la stessa creditrice in misura rilevante nei
confronti soprattutto di Amministrazioni pubbliche, oltre che di privati, per i
servizi resi in loro favore.
12
- Infine il riferimento alla cessione di un ramo d’azienda, unitamente al
personale dipendente afferente a tale ramo d’azienda, dall’-OMISSIS-
“-OMISSIS-” a “-OMISSIS-” rappresenta una normale cessione di ramo d’azienda,
che ha come naturale effetto un decremento di personale nel primo ed un
altrettanto aumento di personale nella seconda, e non si vede, perciò, quale
attinenza esso possa avere con l’interdittiva antimafia, che deve basarsi su
ben altri presupposti.
13
– Ne consegue l’illegittimità dell’informativa antimafia “madre” emessa nei
confronti della società -OMISSIS-: detta informativa costituisce l’unico
presupposto posto a base dell’informativa emessa nei confronti della società
-OMISSIS- ricorrente.
Anche
detto provvedimento deve essere conseguentemente annullato risultando affetto
dai medesimi vizi.
14
– Deve essere invece dichiarata improcedibile l’istanza ex art. 116 c.p.a.
sulla base della formale dichiarazione resa all’udienza pubblica dal difensore
della società.
Quanto
alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la
compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)
definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo
accoglie nei termini indicati in motivazione e per l’effetto annulla il
provvedimento impugnato.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto
che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003
n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per
procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi
della parte ricorrente, nonché di tutte le persone indicate nella presente
sentenza; manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1
e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Antonino
Savo Amodio, Presidente
Stefania
Santoleri, Consigliere, Estensore
Rita
Tricarico, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
23/09/2015
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc.
amm.)