APPALTI:
inammissibilità della designazione c.d. “a cascata”
dei soggetti esecutori dei lavori
nei consorzi di cooperative di produzione e lavoro
(Ad. Plen., 20 maggio 2013 n. 14)
Massima
1. Nelle procedure di gara relative ai consorzi di cooperative di produzione e lavoro è inammissibile la designazione c.d. "a cascata" dei soggetti consorziati tenuti alla successiva esecuzione del contratto.
In conformità al ricordato orientamento giurisprudenziale, è da ritenere difatti che l’indicazione di una sub-affidataria dei lavori non sia ammissibile e tuttavia che tale operazione vitiatur sed non vitiat, nel senso che non impedisce di conservare legittimamente l’aggiudicazione in capo al Consorzio, purché questo abbia provveduto ad indicare in sede di offerta l’impresa consorziata da cui sarebbero stati eseguiti i lavori stessi. E’ questo, infatti, l’unico specifico adempimento imposto dall’art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006, con conseguente irrilevanza dei comportamenti posti in essere sul punto dalla consorziata designata.
2. A corollario del precedente assunto, la giurisprudenza ha affermato che al Consorzio aggiudicatario va riconosciuta la facoltà di indicare, quale esecutore, una diversa propria consorziata, ove, per motivi sopravvenuti, la prima designata non sia in condizione di svolgere compiutamente la prestazione.
3. Può aggiungersi, tuttavia, per completezza, che la designazione di una diversa consorziata per l’esecuzione dei lavori costituisce un atto doveroso ma estraneo all’offerta presentata dal Consorzio, che rimane immutata, sia sotto il profilo dei requisiti di partecipazione, di cui il concorrente ha dimostrato di disporre in proprio, sia sotto i profili progettuali e dell’entità economica, e pertanto non è ravvisabile alcuna violazione della par condicio.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato
la presente
SENTENZA
sul ricorso
numero di registro generale 11 di A.P. del 2013, proposto da: Edilerica Appalti e Costruzioni A Rl in proprio ed in qualità Capogruppo
Mandataria Costituendo Rti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco
Nardocci e Silvio Carloni, con domicilio eletto presso Francesco Nardocci in
Roma, via Oslavia 14; Rti Mcc Cerone Costruzioni Metalliche S Rl, rappresentato
e difeso dagli avv. Silvio Carloni e Francesco Nardocci, con domicilio eletto
presso Francesco Nardocci in Roma, via Oslavia 14;
contro
Universita'
degli Studi di Perugia, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello
Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Consorzio
Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro "Ciro Minotti" Scpa,
rappresentato e difeso dagli avv. Ti Roberto Fariselli, Mirca Tognacci e Mario
Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
Serio Società Cooperativa A Rl, Moveco Srl;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:A.C.E.R. Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, rappresentata
e difesa dall'avv. Riccardo Barberis, con domicilio eletto presso Riccardo
Barberis in Roma, via Antonio Pollaiolo 3;
per la riforma
della sentenza
breve del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I n. 00450/2012, resa tra le parti,
concernente procedimento per l’affidamento dei lavori di restauro e
rifunzionalizzazione di un immobile sito in Perugia di proprietà
dell’Università di Perugia.
Visti il
ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti
di costituzione in giudizio della Università' degli Studi di Perugia e del
Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro "Ciro
Menotti" Scpa;
Viste le
memorie difensive;
Visti tutti gli
atti della causa;
Relatore nella
camera di consiglio del giorno 22 aprile 2013 il Cons. Marzio Branca e uditi
per le parti gli avvocati Carloni, Nardocci, Sanino e dello Stato Ferrante.;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società
Edilerica Appalti e Costruzioni a r.l. e la società MCC Cerone Costruzioni
Metalliche a r.l. hanno preso parte (in qualità – rispettivamente – di
capogruppo mandataria e di mandante di un R.T.I. costituendo) alla procedura
aperta da esperirsi con il metodo del prezzo più basso indetta dall’Università
degli studi di Perugia per l’affidamento dei lavori di restauro e
rifunzionalizzazione di un immobile sito in via della Tartaruga – Perugia
(bando in data 28 marzo 2012).
All’esito delle
operazioni di gara, l’amministrazione aggiudicatrice ha comunicato che il
R.T.I. Edilerica si era classificato al secondo posto, mentre il Consorzio
Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’ si era classificato
al primo posto (la comunicazione in questione, resa ai sensi dei commi 2,
lettera c) e 5 dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
è stata resa con lettera raccomandata del 5 luglio 2012).
2. Il RTI
guidato da Edilerica Appalti e Costruzioni s.r.l. (in seguito Edilerica) ha
impugnato l’aggiudicazione dinanzi al TAR dell’Umbria con ricorso notificato il
27 settembre 2012, ossia 8 giorni dopo la scadenza del termine di trenta giorni
dal ricevimento della suddetta comunicazione, termine che - tenuto conto della
sospensione feriale dei termini – veniva a scadenza il 19 settembre 2012.
Con riguardo al
detto superamento del termine di legge, Edilerica ha rappresentato che solo a
seguito dell’integrale disamina della documentazione di gara, acquisita solo il
26 luglio 2012, ha
potuto rilevare l’esistenza di vizi nella formulazione dell’offerta da parte
del Consorzio primo classificato i quali, ove correttamente apprezzati, ne
avrebbero dovuto determinare l’esclusione dalla procedura.
In particolare,
il vizio nella formulazione dell’offerta da parte del Consorzio aggiudicatario
consisterebbe in ciò, di avere designato, quale consorziata che avrebbe
eseguito i lavori, la Serio soc. coop. a r.l. e nel fatto che quest’ultima, a
propria volta, avesse designato quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a
r.l., non appartenente al Consorzio.
3. Con sentenza
adottata in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 del c.p.a. il T.A.R.
dell’Umbria ha dichiarato il ricorso in questione irricevibile, ritenendo che
il terminus a quo per il computo del termine di
impugnativa (pari a trenta giorni, ai sensi del comma 5 dell’articolo 120 del
codice del processo amministrativo) coincidesse con il momento di ricezione
della comunicazione di cui all’articolo 79 del medesimo codice.
Al riguardo i
primi Giudici hanno osservato che la vigente disciplina dell’impugnazione degli
atti delle procedure di evidenza pubblica, recata dall’articolo 120 del
‘codice’, ispirata alla ratio di forte accelerazione impressa dalle esigenze di
adattamento alla Direttiva 2007/66/CE (costituente il principale criterio
ermeneutico nell’applicazione del citato art. 120), “non consent[e] di ritenere
compatibile con il richiamato dato normativo la richiamata tesi della difesa
ricorrente, anche alla luce dello specifico disposto del comma 7 dello stesso
art. 120” .
4.1. La
sentenza è stata appellata dalla Edilerica, la quale ha dedotto che nella
materia delle pubbliche gare, il termine per l’impugnativa non può farsi
decorrere dalla mera conoscenza dell’atto oggetto di impugnativa, bensì dal
momento (nel caso di specie, di alcuni giorni successivo) in cui il soggetto
inciso ha potuto apprezzarne la lesività e la concreta illegittimità (momento
che, nel caso in esame, si è verificato solo a seguito dell’accesso agli atti
esperito ai sensi del comma 5-quater dell’articolo 79 del ‘codice dei
contratti’).
L’appellante ha
sostenuto che le disposizioni in materia di termini e modalità di impugnativa
(e, segnatamente, l’articolo 120 del c.p.a.) dovrebbero essere lette e interpretate
alla luce del pertinente paradigma comunitario di riferimento (e, segnatamente,
dell’articolo 2-quater della direttiva 89/665/CE, secondo cui il termine
previsto dalle singole legislazioni nazionali per la proposizione del ricorso
deve necessariamente decorrere dalla piena conoscenza da parte dell’interessato
dei “motivi pertinenti” i quali hanno condotto all’aggiudicazione).
Tale tesi
sarebbe confortata dall’orientamento della giurisprudenza comunitaria e del
Consiglio di Stato. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha, altresì,
sancito l’obbligo per i Giudici nazionali di disapplicare le disposizioni
nazionali le quali si pongano in contrasto con il principio di diritto
comunitario sopra richiamato.
Opinando in
senso diverso – si assume - si giungerebbe alla conseguenza (invero,
inammissibile) di far gravare sul partecipante alla gara un onere
particolarmente stringente – quello di impugnare gli atti entro il ridottissimo
termine di 30 giorni, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti – senza
porre lo stesso in condizione di disporre di tale termine in modo pieno ed
effettivo, al fine di operare una scelta processuale consapevole, pur nel
limitato tempo a disposizione.
4.2. Nel
merito, il R.T.I. appellante ha ribadito il motivo (già articolato in primo
grado e non esaminato dal T.A.R. per avere esso ritenuto assorbente il profilo
della tardività del ricorso) secondo cui il Consorzio nazionale Cooperative di
Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’ avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per
avere illegittimamente designato quale impresa consorziata che avrebbe eseguito
i lavori la soc. Serio soc. coop. a r.l., mentre questa aveva – a sua volta –
designato quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l. (che era stata
indicata genericamente come ‘associata’ dalla cooperativa Serio).
Secondo
l’appellante, il richiamato sistema di indicazione ‘a cascata’ dell’impresa
esecutrice si porrebbe in contrasto con la disciplina di settore, la quale
consente tale tipologia di designazione solo in caso di consorzio il quale – a
propria volta – designi un altro consorzio. Al contrario, ciò non sarebbe
possibile nel caso, che qui ricorre, in cui una consorziata (che non è essa
stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una
semplice associata (quale la soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto
organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco (e che
pertanto non potrebbe legittimamente giovarsi, ai fini della partecipazione
alla gara, dei requisiti del Consorzio).
In definitiva,
sarebbe stato necessario disporre l’esclusione dalla gara del Consorzio Ciro
Menotti per violazione della previsione di cui al comma 7 dell’articolo 37 del
‘Codice dei contratti’, secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma
1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali
consorziati il consorzio concorre”.
Con diversa
argomentazione, il R.T.I. appellante ha ribadito il motivo (già articolato in
primo grado e non esaminato dal T.A.R. per la ritenuta tardività del ricorso)
secondo cui l’Università degli Studi di Perugia avrebbe operato in modo
gravemente illegittimo (e con rilevanti profili di colposità) per avere difeso
il proprio operato con affermazioni ellittiche ed elusive anche quando l’odierna
appellante aveva indicato, attraverso l’informativa di cui all’articolo 243-bis
del ‘codice dei contratti’ l’esistenza di profili di illegittimità connessi
all’aggiudicazione e la propria intenzione di proporre ricorso avverso la
stessa.
L’appellante
ha, altresì, articolato domanda risarcitoria finalizzata all’integrale ristoro
del danno patito in conseguenza degli atti illegittimi posti in essere
dall’Università degli Studi di Perugia nell’ambito della complessiva vicenda.
5. Nel giudizio
di appello si è costituito il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e
Lavoro ‘Ciro Menotti’, il quale ha concluso nel senso della reiezione
dell’appello. In senso opposto ha concluso A.C.E.R. –Associazione dei
Costruttori Edili di Roma e Provincia, intervenuta ad adjuvandum.
6. Nella camera
di consiglio del giorno 11 luglio 2012 il ricorso è stato trattenuto in
decisione, anche al fine di rendere una decisione in forma semplificata (del
che è stata data puntuale comunicazione alle parti presenti).
All’esito della
medesima Camera di consiglio il Collegio ha reso l’ordinanza cautelare n.
4857/2012 con cui ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti
della sentenza in epigrafe, impedendo – in particolare – la stipula del
contratto con il Consorzio appellato, ma, avendo rilevato che un punto di
diritto sottoposto al suo esame può dar luogo a contrasti giurisprudenziali, ha
deciso di rimettere la decisione del ricorso all’Adunanza plenaria (comma 1
dell’articolo 99 del c.p.a.)..
I) “Se il
quadro normativo nazionale in tema di impugnativa in sede giurisdizionale degli
atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica (e,
segnatamente, il comma 5 dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato
disposto con il comma 2, lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater
dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163) debba essere
inteso, anche alla luce della matrice comunitaria che lo ispira (direttiva
89/665/CE come modificata dalla direttiva 2007/66/CE), nel senso che il termine
di trenta giorni per la proposizione del ricorso principale:
a) decorre dal
giorno della ricezione della comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di
cui al comma 5 dell’articolo 79 del ‘codice dei contratti’ nel solo caso in cui
la presunta violazione delle disposizioni comunitarie e nazionali poste a
fondamento del ricorso sia immediatamente percepibile dal contenuto di tale
comunicazione, mentre
b) decorre dal
giorno in cui è stato possibile ottenere integrale accesso agli atti della
procedura ai sensi del comma 5-quater del medesimo articolo 79 (e comunque non
oltre il decimo giorno dalla comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di
cui al comma 5 del medesimo articolo) nel caso in cui la presunta violazione
non fosse percepibile dal contenuto della dichiarazione e sia resa palese solo
a seguito dell’esperito accesso agli atti”;
II) (nel caso
in cui il tenore delle disposizioni della cui interpretazione si discute - e,
segnatamente, del comma 5 dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato
disposto con il comma 2, lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater
dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163 – non sia suscettibile
dell’interpretazione dinanzi ipotizzata sub I)) “Se si ritenga compatibile con
i princìpi costituzionali di pienezza ed effettività della tutela
giurisdizionale (articolo 24, Cost.) e con il principio comunitario
dell’effetto utile il quadro normativo nazionale in tema di impugnativa in sede
giurisdizionale degli atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad
evidenza pubblica, per la parte in cui – per un verso – assoggetta a un termine
notevolmente accelerato l’impugnativa degli atti in questione e – per altro
verso – determina una ulteriore, sostanziale, riduzione dei termini per
l’impugnativa nelle ipotesi in cui la presunta violazione non sia direttamente
percepibile dal contenuto della dichiarazione di cui al richiamato articolo 79
e sia resa palese solo a seguito dell’esperito accesso agli atti (in tal modo
ponendo a carico del soggetto ricorrente lo sfavorevole effetto processuale
dell’ulteriore riduzione del termine effettivamente a disposizione ai fini
dell’impugnativa e per un numero di giorni pari a quello necessario per avere
piena conoscenza degli atti della gara possibile oggetto di impugnativa e dei
relativi profili di illegittimità)”.
8. La Sezione
remittente non ha mancato di esprimere il proprio avviso sulla soluzione del primo
quesito.
Ha infatti
osservato che, contemperando l’orientamento della Corte di Giustizia, la quale
ipotizza una sorta di “proroga [del] termine di ricorso” jussu judicis al fine
di consentire il conseguimento dell’effetto utile da parte della disposizione
processuale di matrice comunitaria ( III Sezione, 28 gennaio 2010 in causa C-406/08
(Uniplex)) con l’evidente ratio di concentrazione ed accelerazione sottesa alla
previsione di diritto interno in tema di termine decadenziale d’impugnativa e
di accesso agli atti di gara (in particolare: comma 5-quater dell’articolo 79
del ‘Codice dei contratti’), il punto di equilibrio fra le richiamate esigenze
possa essere individuato in una lettura del complessivo quadro normativo tale,
per cui il dies a quo per il decorso del termine decadenziale d’impugnativa sia
posticipato sino a decimo giorno dalla comunicazione di aggiudicazione ex art.
79, cit. (ossia al momento in cui il concorrente, agendo in modo diligente,
potrà aver avuto conoscenza integrale della documentazione di proprio
interesse, attivando le modalità semplificate di accesso agli atti di cui al
medesimo comma 5-quater).
Ciò, tuttavia,
dovrebbe essere possibile a due condizioni:
a) che,
effettivamente, il profilo di illegittimità lamentato in sede di impugnativa
non fosse in alcun modo desumibile dal tenore della comunicazione di cui
all’articolo 79;
b) che il
richiamato termine di dieci giorni (aggiuntivo rispetto a quello di trenta
giorni per la proposizione dell’impugnativa ai sensi dell’articolo 120, comma 5
del c.p.a.) dovrebbe essere corrispettivamente ridotto nelle ipotesi in cui,
esperito l’accesso agli atti della gara, la pertinente documentazione sia stata
resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni di
cui al più volte richiamato comma 5-quater.
9. Con riguardo
alle censure di merito, la Sezione si è espressa per la fondatezza del primo
motivo di appello, considerando che il comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei
contratti’ (secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b)
sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio
concorre”) sembra ammettere la richiamata tipologia di designazione solo in
caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio e non
anche nell’ipotesi, che qui ricorre, in cui una consorziata (che non è essa
stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una
semplice associata (quale la soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto
organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco.
Dinanzi
all’Adunanza Plenaria hanno presentato memorie Edilerica e l’interveniente ad
adjuvandum Associazione dei costruttori edili di Roma e Provincia.
10. Alla camera
di consiglio del 22 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.1. Il
Collegio ritiene di non dover affrontare il motivo di appello concernente la
statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado per due ordini di
ragioni.
In primo luogo,
i motivi di merito proposti dall’appellante non sono fondati, come si vedrà in
seguito, e tale circostanza, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza, produce l’assorbimento dei motivi di rito, salvo che sia
dedotto il difetto di giurisdizione.
1.2. In secondo
luogo, sebbene, ai sensi dell’art. 99, comma 5, del c.p.a. l’Adunanza Plenaria
possa enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge anche in
caso di ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, il Collegio, nella
specie, non ritiene di avvalersi della detta facoltà.
Nelle more del
giudizio, infatti, con ordinanza 23 marzo 2013 n. 427, il Tribunale
Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione di Bari, ha rimesso alla Corte
di Giustizia delle C.E, i seguenti quesiti interpretativi ai sensi dell’art.
267 del Trattato istitutivo:
A) “Se gli
artt. 1, 2-bis, 2-quater e 2-septies della direttiva 1992/13/CEE vadano
interpretati nel senso che il termine per proporre un ricorso, diretto a far
accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti
pubblici, decorra dalla data in cui il ricorrente ha conosciuto, o avrebbe
dovuto conoscere secondo l’ordinaria diligenza, l’esistenza della violazione
stessa”;
B) “Se gli
artt. 1, 2-bis, 2-quater e 2-septies della direttiva 1992/13/CEE ostano a
disposizioni processuali nazionali ovvero a prassi interpretative, quali quelle
enunciate nella causa principale, che consentono al giudice di dichiarare
irricevibile un ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in
materia di aggiudicazione di appalti pubblici, quando il ricorrente è venuto a
conoscenza della violazione dopo la formale comunicazione degli estremi del
provvedimento di aggiudicazione definitiva, per la condotta tenuta
dall’Amministrazione aggiudicatrice.
E’ agevole
constatare che le questioni proposte dal TAR Puglia si sovrappongono a quelle
sollevate dall’ordinanza di rimessione qui in esame, e pertanto appare
inopportuna l’enunciazione di un punto di diritto su problematica coinvolgente
fonti comunitarie mentre è atteso il dictum della Corte competente ad
enunciarne l’interpretazione autentica e vincolante.
2. Il
principale motivo di merito proposto da Edilerica, mandataria del
raggruppamento secondo classificato, tende all’accertamento dell’illegittimità
della mancata esclusione del Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e
Lavoro “Ciro Menotti”, cui si addebita di aver presentato una offerta nella
quale ha designato quale impresa consorziata che avrebbe eseguito i lavori la
soc. Serio soc. coop. a r.l., mentre questa aveva – a sua volta – ha indicato
quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l. (che era stata indicata
genericamente come ‘associata’ dalla cooperativa Serio).
Secondo
l’appellante, il sistema di indicazione ‘a cascata’ dell’impresa esecutrice si
porrebbe in contrasto con la previsione di cui al comma 7 dell’articolo 37 del
‘Codice dei contratti’, secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma
1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati
il consorzio concorre”. Si richiama l’avviso dell’Autorità di Vigilanza sui
Contratti Pubblici, espresso con deliberazione del 10 gennaio 2007, secondo cui
la citata disciplina di settore consentirebbe tale tipologia di designazione “a
cascata” solo in caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un
altro consorzio. Al contrario, ciò non sarebbe possibile nel caso, che qui
ricorre, in cui una consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la
soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la
soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio
Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco (e che pertanto non potrebbe
legittimamente giovarsi, ai fini della partecipazione alla gara, dei requisiti
del Consorzio).
Si osserva
inoltre che l’esecuzione dei lavori da parte di Moveco non sarebbe
riconducibile neppure all’istituto dell’avvalimento, in quanto Moveco non può
assumere la posizione di impresa ausiliaria, non essendo stati posti in essere
tutti gli adempimenti di cui all’art. 49 del codice dei contratti, finalizzati
ad escludere ogni ipotesi di aleatorietà nel rapporto tra le due imprese.
Sarebbe inoltre
da respingere la tesi, sostenuta dall’Università degli studi di Perugia già in sede
di risposta all’informativa inviata da Edilerica ai sensi dell’art. 243-bis del
codice dei contratti, secondo cui al consorzio aggiudicatario di un appalto
sarebbe riconosciuta la facoltà di indicare una nuova impresa nell’ipotesi in
cui per motivi sopravvenuti l’impresa originariamente designata non si trovi
nelle condizioni di svolgere la prestazione. Si sostiene che nella specie non
si verte in ipotesi di motivi sopravvenuti, ma di vizio originario dell’offerta
a causa dell’indicazione “a cascata” dell’impresa incaricata di eseguire i
lavori, con conseguente violazione del principio della par condicio dei
concorrenti
3.1. Il
Collegio osserva che le argomentazioni dell’appellante sono in parte
condivisibili, ma non consentono di pervenire all’accoglimento del motivo
dedotto.
Il Consiglio di
Stato, con sentenza della Sezione VI del 22 giugno 2007 n. 3477, ma con
richiamo ad altro precedente (Sez. VI, 21 aprile 1983 n. 2183), sia pure
pronunciata con riferimento alla disciplina di cui all’art. 13, comma 4, della
legge n. 109 del 1994, ora riprodotta dall’art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 163
del 2006, ha
avuto occasione di esaminare il problema della legittimità della designazione
di secondo grado, o “a cascata”, che si verifichi quando alla gara per l’affidamento
di lavori pubblici partecipi un consorzio tra società cooperative di produzione
e lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909 n. 422.
Anche nelle
vicende che hanno formato oggetto delle pronunce richiamate era accaduto che la
società consorziata indicata per l’esecuzione dei lavori dal consorzio
aggiudicatario, anziché provvedervi direttamente, aveva affidato le opere ad un
diverso imprenditore non consorziato né legato al consorzio da alcun diverso
rapporto.
La detta
giurisprudenza ha affermato la non conformità alla legge della designazione di
secondo grado, rilevando che l’art. 13, comma 4, della legge n. 109 del 1994
(ora art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 106 del 2006), al fine di salvaguardare
una specifica categoria di imprese e di incentivare la mutualità, ha inteso
assegnare rilievo funzionale solo al rapporto organico che lega il Consorzio
concorrente alle imprese o altri consorzi in esso direttamente consorziati e
che ne costituiscono, come detto, una sorta di interna corporis (sicché
l’attività compiuta dai soggetti consorziati è imputata organicamente al
Consorzio concorrente, come unico ed autonomo centro di imputazione e di
riferimento di interessi); ma non anche al rapporto, di secondo grado, che
finirebbe per collegare il Consorzio aggiudicatario ad un soggetto terzo
(ancorché preventivamente designato, in sede di gara, dalla società chiamata ad
eseguire i lavori dal Consorzio concorrente, poi risultato aggiudicatario), che
con il primo ha solo un rapporto mediato dall’azione di un altro soggetto (che,
tra l’altro, come si ripete, neppure risulta dotato, nella specie, almeno
stando a quanto emerge dagli atti versati in giudizio, delle prescritte
categorie d’iscrizione), associato a quello designato dall’aggiudicatario.
In tal modo il
Consorzio aggiudicatario finirebbe per avvalersi, invero, dell’attività svolta
da un soggetto terzo rispetto al medesimo e non da esso direttamente designato
come esecutore dei lavori.
Di fatto, la
potestà assegnata dal legislatore al Consorzio concorrente di designare, sulla
base di un ordinario rapporto di fiducia, l’impresa - ad esso consorziata -
quale materiale esecutrice delle opere verrebbe a trasferirsi sul soggetto a
tal fine designato dal Consorzio concorrente; ciò che il legislatore non ha
inteso consentire allorché, con il citato art. 13, comma 4, della legge n.
109/1994, ha eccezionalmente previsto che i Consorzi di cui si tratta
indichino, nell’offerta, per quali loro consorziati essi concorrano e non ha,
invece, esteso anche ai soggetti (eventualmente costituiti in forma consortile)
così designati di indicare, a loro volta, a cascata, i propri consorziati
chiamati ad eseguire i lavori stessi.
Trattandosi,
inoltre, di situazione eccezionale, non direttamente disciplinata dal legislatore,
la stessa amministrazione, nel silenzio della norma, verrebbe a trovarsi in una
situazione di obiettiva incertezza in merito all’esercizio delle proprie
potestà operative nei confronti del soggetto beneficiario dell’affidamento di
secondo grado di cui si tratta e, in particolare, in ordine alla verifica di
sussistenza o meno, in capo ad essa impresa sub-designata, di tutti i requisiti
di legge che legittimano l’applicabilità della disciplina speciale e di favore
di cui si è detto.
Questa
consente, in definitiva, al Consorzio concorrente ed aggiudicatario di
avvalersi delle prestazioni di un’impresa cooperativa in esso associata e
specificamente designata in sede di gara; e, in tal caso, l’impresa indicata
può eseguire i lavori pur essendo priva, per le ragioni dianzi indicate, dei
requisiti di qualificazione tecnica; ma non anche, a quest’ultima, di avvalersi
di un’ulteriore impresa – a sua volta, in essa associata - altrimenti potendosi
innescare un meccanismo di designazioni a catena destinato a beneficiare non
(secondo la ratio legis) il Consorzio concorrente e le imprese cooperative in
esso associate, ma, in ipotesi (come nel caso di specie) anche soggetti terzi,
non concorrenti direttamente alla gara, né in questa puntualmente designati,
secundum legem, dal concorrente risultato aggiudicatario, quali materiali
esecutori dei lavori.
Il riferito
orientamento merita di essere confermato non ravvisandosi ragioni che ne
inficino la fondatezza. Ne consegue che va condivisa la tesi dell’appellante
circa la illegittimità della designazione effettuata dalla consorziata Società
Cooperativa Serio r.s.l. in favore della Moveco s.r.l. ai fini dell’esecuzione
dei lavori in gara.
3.2. Ad avviso
dell’appellante la rilevata illegittimità della designazione di secondo grado
avrebbe dovuto condurre alla esclusione dalla gara del Consorzio
aggiudicatario.
La tesi non
merita adesione, dovendosi invece accogliere le argomentazioni difensive
dell’Università degli Studi di Perugia e del Consorzio aggiudicatario, che
hanno fatto leva sulle motivazioni esposte nelle sentenze sopra richiamate.
Si è osservato,
infatti, che il consorzio fra società di cooperative di produzione e di lavoro
costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, può partecipare alla
procedura di gara utilizzando i requisiti suoi propri e, nel novero di questi,
facendo valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative che costituiscono,
ai fini che qui rilevano, articolazioni organiche del soggetto collettivo,
ossia suoi interna corporis. Il rapporto organico che lega le cooperative
consorziate, ivi compresa quella incaricata dell’esecuzione dei lavori,
infatti, è tale che l’attività compiuta dalle consorziate è imputata
organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento
di interessi, per cui, diversamente da quanto accade in tema di associazioni
temporanee e di consorzi stabili, la responsabilità per inadempimento degli
obblighi contrattuali nei confronti della p.a. si appunta esclusivamente in
capo al consorzio senza estendersi, in via solidale, alla cooperativa
incaricata dell’esecuzione.
D’altronde, una
diversa opzione ermeneutica che, in assenza di qualsiasi referente normativo in
tale direzione, considerasse l’offerta di un consorzio radicalmente invalida a
causa della indicazione di secondo livello operata dalla consorziata, si
porrebbe in chiara distonia con la ratio che sorregge la costituzione di detti
consorzi e che si spiega con il favore del legislatore per l’incentivazione
della mutualità, favorendo, grazie alla sommatoria dei requisiti posseduti
della singole imprese, la partecipazione a procedure di gara di cooperative
che, isolatamente considerate, non sono in possesso dei requisiti richiesti o,
comunque, non appaiono munite di effettive chances competitive.
In conformità
al ricordato orientamento giurisprudenziale, è da ritenere, pertanto, che
l’indicazione di una sub-affidataria dei lavori non sia ammissibile, per le
ragioni esposte sopra, e tuttavia che tale operazione vitiatur sed non vitiat, nel
senso che non impedisce di conservare legittimamente l’aggiudicazione in capo
al Consorzio, purché questo abbia provveduto – come in effetti è avvenuto - ad
indicare in sede di offerta l’impresa consorziata da cui sarebbero stati
eseguiti i lavori stessi. E’ questo, infatti, l’unico specifico adempimento
imposto dall’art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006, con conseguente
irrilevanza dei comportamenti posti in essere sul punto dalla consorziata
designata.
3.3. A
corollario del precedente assunto, la giurisprudenza citata ha inoltre
affermato che al Consorzio aggiudicatario va riconosciuta la facoltà di
indicare, quale esecutore, una diversa propria consorziata, ove, per motivi
sopravvenuti, la prima designata non sia in condizione di svolgere compiutamente
la prestazione. Le parti resistenti nel presente giudizio si sono richiamate
alla detta proposizione per contrastare le tesi dell’appellante.
L’appellante,
sul punto, ha dedotto in primo grado, con censura assorbita, e riproposto in
appello:
1) che la
facoltà riconosciuta al Consorzio di effettuare una seconda designazione si
risolverebbe in una palese violazione del principio della par condicio tra le
concorrenti, consistendo in una modificazione dell’offerta per evitare la
sanzione dell’esclusione;
2) che
l’invocata giurisprudenza ha ammesso bensì la possibilità per il Consorzio
aggiudicatario di effettuare una seconda scelta della società incaricata
dell’esecuzione dei lavori, ma solo nel caso che sopraggiungano ragioni che
impediscano l’esecuzione dei lavori da parte dell’impresa originariamente
indicata, mentre nella fattispecie tale evenienza non si sarebbe verificata,
versandosi in ipotesi vizio ostativo “genetico” dell’offerta, a causa della
illegittima designazione a cascata.
3.4. Le dette
doglianze si rivelano improcedibili per difetto di interesse.
Il principio,
qui ribadito, secondo cui la designazione della sub-affidataria cade ma non
rende illegittima l’offerta del Consorzio, comporta che designata per
l’esecuzione dei lavori rimanga la consorziata originariamente indicata dal
Consorzio stesso, ossia la Serio s.r.l., e nulla impedisce che sia appunto la
designata originaria ad eseguire l’appalto. Né risulta che il Consorzio abbia
esercitato la contestata facoltà di effettuare una seconda scelta.
Può
aggiungersi, tuttavia, per completezza, che la designazione di una diversa
consorziata per l’esecuzione dei lavori costituisce un atto doveroso ma
estraneo all’offerta presentata dal Consorzio, che rimane immutata, sia sotto
il profilo dei requisiti di partecipazione, di cui il concorrente ha dimostrato
di disporre in proprio, sia sotto i profili progettuali e dell’entità
economica, e pertanto non è ravvisabile alcuna violazione della par condicio.
5.Il rigetto
dell’appello nel merito conduce al rigetto della domanda risarcitoria.
6. Sussistono
valide ragioni per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in riforma della sentenza
impugnata, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese
compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
Roma nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2013 con l'intervento dei
magistrati:
Giorgio
Giovannini, Presidente
Riccardo
Virgilio, Presidente
Pier Giorgio
Lignani, Presidente
Alessandro
Pajno, Presidente
Luciano Barra
Caracciolo, Presidente
Marzio Branca,
Consigliere, Estensore
Aldo Scola,
Consigliere
Vito Poli,
Consigliere
Francesco
Caringella, Consigliere
Maurizio
Meschino, Consigliere
Sergio De
Felice, Consigliere
Bruno Rosario
Polito, Consigliere
Vittorio Stelo,
Consigliere
IL PRESIDENTE
|
||
L'ESTENSORE
|
IL SEGRETARIO
|
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
20/05/2013
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il
Dirigente della Sezione