RIPARTO DI GIURISDIZIONE
& RESPONSABILITA' P.A.:
i termini dei procedimenti concorsuali sono ordinatori, ma in caso di abnormità del ritardo
e di effettivo consequenziale danno,
la P.A. è tenuta al risarcimento
delle differenze retributive rivalutate
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III,
sentenza 15 maggio 2012 n. 4382).
Massima
1. La giurisprudenza è pacifica
nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo, a partire dalla Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7/2005,
La soddisfazione di un
interesse pretensivo leso in capo al soggetto privato dal ritardo nell’adozione
da parte dell’Amministrazione di un richiesto provvedimento può consistere in
una riparazione per equivalente (in sostanza, in un risarcimento del danno)
solo allorché la mancata o ritardata adozione dell’atto richiesto abbia
comportato un pregiudizio al bene della vita che sottende l’interesse
pretensivo medesimo, in rapporto all’interesse pubblico al quale quest’ultimo
si giustappone e ciò accade nel solo caso in cui il provvedimento richiesto e non
adottato, ovvero adottato in ritardo, si configuri come favorevole per il
privato istante, e non anche laddove esso compendi un rigetto dell’istanza
presentata dal privato medesimo.
E’ stato, poi, osservato che l’introduzione dell’art.
2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, da
parte della legge n. 69/2009.
2. A presupposto di una richiesta di danno da ritardo risarcibile, debba
essersi, innanzitutto, verificata la sussistenza della lesione alla sfera
giuridica del soggetto direttamente connessa alla violazione delle regole
procedimentali, “altra” rispetto al mero fattore “tempo”, assumendo, invece,
quest’ultimo rilevanza al fine della verifica del nesso causale tra il fatto e
la lesione.
Se, dunque, il fattore “tempo” costituisce la causa di
ulteriori e differenti danni rispetto al bene della vita oggetto di
accertamento da parte dell’Amministrazione, è evidente, con riferimento al caso
che ne occupa, nessuna rilevanza ha stabilire se il ricorrente, in possesso dei
titoli al momento dell’indizione della procedura concorsuale per ottenere il
passaggio di livello, avesse diritto a conservare tale titolo anche una volta
cessato dal servizio.
3. Quanto alla fattispecie concreta, è
rilevante, ai fini della presente controversia, il fatto che il lungo lasso di
tempo intercorso tra la pubblicazione del bando di concorso (8 aprile 1993) e
l’adozione degli atti conclusivi della procedura (12 e 14 gennaio 2004) ha
costituito l’impedimento al verificarsi dell’ampliamento della sfera giuridica
del ricorrente, che, pure valutato favorevolmente, con un punteggio che gli
avrebbe consentito di essere inserito tra i vincitori della procedura e di conseguire un livello superiore, non ha
poi materialmente conseguito la progressione economica, essendo cessato dal
servizio il 1° aprile 2002.
3.1 Più in particolare: i
termini stabiliti per l'espletamento dei concorsi devono ritenersi ordinatori e,
ove questi decorrano inutilmente, hanno il solo effetto di attualizzare un
potere di sostituzione, totale o parziale, della commissione in capo
all’Amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale.
3.2 Nel caso di specie, invero, la procedura si è
conclusa, ma, al di là della natura dei termini previsti per il completamento
della stessa, è evidente l’abnormità del periodo di durata delle operazioni
concorsuali, completata in oltre un decennio (1993- 2004).
3.3 E’ ben vero che la procedura è stata oggetto di due
annullamenti in autotutela, ma, tenuto anche conto di tali aggravamenti
procedimentali, che di per sé potrebbero giustificare un allungamento dei
ragionevoli tempi di durata del procedimento, non appare comunque
giustificabile il
complessivo comportamento osservato.
Attesa, dunque, la sussistenza del nesso di causalità
tra l’enorme ritardo colpevolmente accumulato nell’ambito del procedimento
concorsuale e la mancata progressione economica a causa della esclusione del
ricorrente dalla graduatoria dei vincitori, perché ormai collocato a riposo,
sussistono i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria avanzata, in
cui, peraltro, è stata doviziosamente quantificata la perdita patrimoniale
subita.
4. Sul
punto, ritiene il Collegio che correttamente il danno subito dal ricorrente
deve essere ragguagliato alle differenze stipendiali tra il livello posseduto e
quello che avrebbe dovuto essere attribuito con efficacia retroattiva; è,
inoltre, indubitabile che tale perdita stipendiale abbia avuto effetti anche
con riferimento al trattamento pensionistico in godimento del ricorrente
riferito, naturalmente, al livello rivestito all’atto del collocamento in
congedo.
A tali fini, pertanto, il Cnr dovrà corrispondere al
ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, una somma da calcolarsi sulla
base delle differenze retributive, tenendo conto di quanto percepito
effettivamente e quello che gli sarebbe stato corrisposto per il periodo 1°
luglio 1989 – data a partire dalla quale avrebbe dovuto retroagire, ai sensi
del combinato disposto del bando di concorso e dell’art. 14, del d.P.R. n. 171
del 1991, l’attribuzione del IV livello del profilo di funzionario di
amministrazione – 1 ° aprile 2002 - data della cessazione dal servizio del
ricorrente; inoltre, a tale somma deve essere aggiunto anche l'ammontare delle
contribuzioni pensionistiche.
Sentenza
per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3191 del 2004,
proposto da: Selli Alberto, rappresentato e difeso dagli avv. ti Francesco De
Leonardis e Anna Romano, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi in
Roma, via Germanico, 172;
contro
il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Cnr, in
persona del legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale dello Stato, presso cui è domiciliato per legge in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
nei confronti di
Bozzato Luigi, non costituitosi in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento n. 1934868 del 12 gennaio 2004,
comunicato il 14 gennaio 2004, di approvazione della graduatoria del concorso
interno per titoli a n. 41 posti di IV livello professionale, profilo
“Funzionario di amministrazione”, nella parte in cui dispone l’esclusione del
ricorrente in quanto cessato dal servizio;
per l’accertamento del diritto all’inserimento in
graduatoria nella posizione che verrà determinata a seguito dell’esame dei
titoli allegato alla domanda di ammissione;
nonché per l’accertamento del diritto al risarcimento
dei danni sofferti, con consequenziale condanna alla ricostruzione giuridica
della carriera del ricorrente nel profilo professionale “Funzionario di
amministrazione “ IV livello, a far data dal 1° luglio 1989, ed la pagamento
delle relative differenze retributive;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Cnr;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre
2011 il Cons. Donatella Scala e udito, altresì, l’avv. De Leonardis per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame il ricorrente, già dipendente
del resistente Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, ha introdotto due
distinte azioni: la prima di annullamento del provvedimento di approvazione
della graduatoria finale del concorso interno per titoli a 41 posti di IV
livello professionale “profilo Funzionario di amministrazione”, nella parte in
cui si dispone l’esclusione del medesimo in quanto cessato dal servizio nelle
more dell’espletamento della procedura; la seconda, di accertamento del diritto
al risarcimento del danno sofferto a causa del ritardo con cui è stata conclusa
la procedura concorsuale de qua.
Con sentenza non definitiva n. 1425/2011 del 15 febbraio
2011, la Sezione ha rilevato, quanto al primo capo di impugnativa, che la
procedura concorsuale in controversia riguardava la mera progressione
economica, attraverso l’attribuzione di un superiore livello economico, senza
passaggio ad un diverso e superiore profilo professionale, ossia senza
novazione oggettiva del rapporto di lavoro, ed ha, pertanto, in via
pregiudiziale, dichiarato, in parte qua, l’inammissibilità di tale domanda per
difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto riservata alla cognizione
del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere proseguito con
le modalità ed i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104
(recante il codice del processo amministrativo).
Con la decisione parziale sopra richiamata, la Sezione
è passata all’esame del secondo capo di domanda, relativa all’istanza
risarcitoria da ritardo, dando atto dell’autonomia di questa rispetto
all’azione impugnatoria, e precisando che: “Rileva il Collegio che a seguito
dell’introduzione dell’art. 2-bis nella legge 241 del 1990, ad opera della
lettera c), comma 1, dell’art. 7, legge 18 giugno 2009, n. 69, le pubbliche
amministrazioni sono ora tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in
conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del
procedimento; l’art. 133 del codice del processo amministrativo indica, poi,
tra le materie che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, le controversie in materia di risarcimento del danno per le ipotesi
dall’art. 2 bis, legge 241 del 1990. Ritiene, peraltro, il Collegio che la
violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non comporta di
per sé l’illegittimità dell’atto adottato tardivamente, in quanto le
conseguenze che il legislatore fa scaturire sotto il profilo della
responsabilità civile della P.A. sono strettamente correlate alla inosservanza
dei termini procedimentali ovvero al ritardo con cui l’amministrazione conclude
il procedimento. Ed invero, è solo la legge che può riconnettere alla
violazione di un termine procedimentale valenza di vizio inficiante l’atto
tardivamente adottato, ciò che avviene nelle specifiche ipotesi in cui il
termine di conclusione del procedimento (ad esempio in tema di procedimento
disciplinare) ha natura perentoria, e l’atto tardivo diviene atto ex se
illegittimo. Il legislatore del 2009 non ha, peraltro, individuato un ulteriore
profilo di illegittimità dell’atto amministrativo, e dunque il ritardo non può
essere considerato un vizio in sé dell’atto ma è un presupposto che può
determinare, in concorso con altre condizioni, una possibile forma di
responsabilità risarcitoria della amministrazione. Da tali considerazioni
discende che il ricorso, in parte qua, è ammissibile in quanto l’adito Tribunale
è il giudice esclusivamente competente a valutare le controversie ex art. 2
bis, legge 241 del 1990. Il Collegio, peraltro, prima ancora di valutare la
fondatezza dell’istanza risarcitoria, deve, prioritariamente, stabilire se il
ricorrente abbia un concreto interesse ad accertare la sussistenza di un
ritardo doloso o colposo nella conclusione della procedura concorsuale. Il
ricorrente, invero, si duole, in sostanza che a causa del lungo lasso di tempo
– ben 11 anni – occorso per la definizione della procedura concorsuale, non ha
potuto conseguire il superiore livello, poiché medio tempore collocato a
riposo. In punto di fatto, è pacifico che, a causa della esclusione del
ricorrente dalla medesima procedura, l’Amministrazione non ha valutato i titoli
allegati alla domanda di partecipazione e, pertanto, non è provato che il
medesimo, ove non fosse stato escluso dalla graduatoria a causa del suo
collocamento a riposo, avrebbe occupato all’interno della stessa una posizione
utile. Si rende, pertanto, necessario che la resistente Amministrazione valuti,
ora per allora, i titoli del ricorrente, alla stregua dei medesimi criteri a
suo tempo utilizzati per gli altri concorrenti, onde appurare in quale
posizione della graduatoria finale si sarebbe collocato il ricorrente. A tanto
provvederà il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr – Dipartimento Servizi
Tecnici e di Supporto, in persona del Direttore p.t. – che curerà il deposito
presso la Segreteria della Sezione nel termine di giorni 90 (novanta) dalla
notificazione della sentenza presso la sede reale della stessa Amministrazione,
di cui è onerata parte ricorrente, dettagliata relazione circa la posizione che
il ricorrente avrebbe occupato all’interno della finale graduatoria del
concorso interno per titoli a n. 41 posti di IV livello professionale, profilo
“Funzionario di amministrazione”. La trattazione del ricorso - e, con essa,
ogni altra statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese di lite – è
conseguentemente differita all'intervenuto espletamento degli indicati
incombenti, all’udienza pubblica del 3 novembre 2011.”
In esecuzione di quanto disposto, in data 3 giugno
2011 l’Avvocatura erariale ha depositato la relazione del Cnr da cui è emerso
che i titoli del ricorrente erano già stati valutati dalla Commissione e che il
medesimo si era collocato all’undicesimo posto della graduatoria di merito,
come da verbale n. 75 del 25 novembre 2003, pure depositato in atti,
confermando che il mancato inserimento del medesimo nella graduatoria finale,
giusta provvedimento in data 12 gennaio 2004, rettificato il 14 gennaio 2004, è
stato determinato dalla cessazione dal servizio, medio tempore intervenuta.
E’, dunque, accertato, in punto di fatto, che una
tempestiva conclusione dell’iter procedimentale avrebbe consentito al
ricorrente di ottenere la sperata progressione economica, ora per allora,
atteso che il concorso interno per titoli indetto nel 1993 riguardava 41 posti
di IV livello, e che ai dipendenti rientranti nel novero dei vincitori, tra cui
sarebbe potuto rientrare anche il ricorrente, è stato attribuito il superiore
livello a far data dal 1° luglio 1989.
Deve essere precisato che la valutazione dell’istanza
risarcitoria per il ritardo procedimentale prescinde dall’accertamento della
legittimità del successivo depennamento del ricorrente dalla graduatoria finale
di merito, questione su cui, peraltro, questo giudice non ha più competenza,
mentre invece è necessario verificare la sussistenza, oltre che della avvenuta
lesione della sfera giuridica del medesimo deducente, degli altri presupposti
necessari a tali fini, quali il nesso causale tra il lamentato ritardo ed il
danno che ne sarebbe scaturito ed il dolo o la colpa.
Sul punto è bene evidenziare che la giurisprudenza è
pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo, a partire dalla
Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7 del 15 settembre 2005, che ha
precisato come, pur non potendosi escludere su di un piano di astratta logica
che alla violazione da parte dell’Amministrazione dei termini di adempimento
procedimentali ad essa assegnati dalla legge possano riconnettersi conseguenze
negative per la P.A. medesima, anche di carattere patrimoniale, nondimeno la
soddisfazione di un interesse pretensivo leso in capo al soggetto privato dal
ritardo nell’adozione da parte dell’Amministrazione di un richiesto
provvedimento può consistere in una riparazione per equivalente (in sostanza,
in un risarcimento del danno) solo allorché la mancata o ritardata adozione
dell’atto richiesto abbia comportato un pregiudizio al bene della vita che
sottende l’interesse pretensivo medesimo, in rapporto all’interesse pubblico al
quale quest’ultimo si giustappone e ciò accade nel solo caso in cui il
provvedimento richiesto e non adottato, ovvero adottato in ritardo, si
configuri come favorevole per il privato istante, e non anche laddove esso
compendi un rigetto dell’istanza presentata dal privato medesimo.
E’ stato, poi, osservato che l’introduzione dell’art.
2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, da parte della legge n. 69/2009,
conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei
ritardi della p.a., essendo ora espressamente stabilito che le pubbliche
amministrazioni e i soggetti a queste equiparati sono tenuti al risarcimento
del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa e colposa
del termine di conclusione del procedimento, atteso che anche il tempo è un
bene della vita per il cittadino (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 28 febbraio
2011, n. 1271).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il titolare
dell’interesse pretensivo al provvedimento che si duole di avere patito un danno
ingiusto da ritardo, deve provare con rigore le conseguenze patrimoniali
negative che si sono verificate nella propria sfera giuridica patrimoniale in
conseguenza del ritardo colpevole dell’amministrazione nel provvedere.
Ritiene, pertanto, il Collegio che, a presupposto di
una richiesta di danno da ritardo risarcibile, debba essersi, innanzitutto,
verificata la sussistenza della lesione alla sfera giuridica del soggetto
direttamente connessa alla violazione delle regole procedimentali, “altra”
rispetto al mero fattore “tempo”, assumendo, invece, quest’ultimo rilevanza al
fine della verifica del nesso causale tra il fatto e la lesione.
Se, dunque, il fattore “tempo” costituisce la causa di
ulteriori e differenti danni rispetto al bene della vita oggetto di
accertamento da parte dell’Amministrazione, è evidente, con riferimento al caso
che ne occupa, nessuna rilevanza ha stabilire se il ricorrente, in possesso dei
titoli al momento dell’indizione della procedura concorsuale per ottenere il
passaggio di livello, avesse diritto a conservare tale titolo anche una volta
cessato dal servizio.
E’, invece, rilevante, ai fini della presente
controversia, il fatto che il lungo lasso di tempo intercorso tra la
pubblicazione del bando di concorso (8 aprile 1993) e l’adozione degli atti
conclusivi della procedura (12 e 14 gennaio 2004) ha costituito l’impedimento
al verificarsi dell’ampliamento della sfera giuridica del ricorrente, che, pure
valutato favorevolmente, con un punteggio che gli avrebbe consentito di essere
inserito tra i vincitori della procedura, non ha poi materialmente conseguito
la progressione economica, essendo cessato dal servizio il 1° aprile 2002.
Il danno risarcibile, in tale prospettiva, è quello
che si è realizzato nella sfera giuridica del ricorrente, quale diretta
conseguenza della inosservanza dell’aspetto legato ai termini del procedimento,
per non avere il medesimo conseguito il superiore livello, pure essendo in
possesso dei requisiti previsti a tali fini dal bando di concorso, e pure avendo
superato positivamente la fase di valutazione dei titoli nell’ambito di una
procedura concorsuale indetta ad hoc.
Osserva il Collegio che, in generale, i termini
stabiliti per l'espletamento dei concorsi devono ritenersi ordinatori e, ove
questi decorrano inutilmente, hanno il solo effetto di attualizzare un potere
di sostituzione, totale o parziale, della commissione in capo
all’Amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale.
Nel caso di specie, invero, la procedura si è
conclusa, ma, al di là della natura dei termini previsti per il completamento
della stessa, é evidente l’abnormità del periodo di durata delle operazioni
concorsuali, completata in oltre un decennio (1993- 2004), al di là, dunque, di
ogni ragionevole aspettativa di cui il ricorrente era titolare all’epoca
dell’indizione della stessa, in quanto in servizio attivo presso l’Ente
resistente, e che ha raggiunto il collocamento a riposo solo nel 2002, dunque,
dopo ben nove anni dall’inizio della stessa procedura concorsuale.
E’ ben vero che, come riferisce l’Avvocatura Generale
dello Stato, la procedura è stata oggetto di due annullamenti in autotutela,
ma, tenuto anche conto di tali aggravamenti procedimentali, che di per sé
potrebbero giustificare un allungamento dei ragionevoli tempi di durata del
procedimento, non appare comunque giustificabile - né sul punto nulla è stato
addotto dalla parte resistente - il complessivo comportamento osservato, in
relazione alla scansione temporale occorsa anche per il completamento dei due
procedimenti di secondo grado, il primo avviato nel 1998, a distanza di cinque
anni dall’inizio della procedura, ed il secondo, risalente al 2000, conclusosi
finalmente nel 2004 con il provvedimento di approvazione della graduatoria
finale.
Attesa, dunque, la sussistenza del nesso di causalità
tra l’enorme ritardo colpevolmente accumulato nell’ambito del procedimento
concorsuale e la mancata progressione economica a causa della esclusione del
ricorrente dalla graduatoria dei vincitori, perché ormai collocato a riposo, sussistono
i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria avanzata, in cui,
peraltro, è stata doviziosamente quantificata la perdita patrimoniale subita.
Sul punto, ritiene il Collegio che correttamente il
danno subito dal ricorrente deve essere ragguagliato alle differenze
stipendiali tra il livello posseduto e quello che avrebbe dovuto essere
attribuito con efficacia retroattiva; è, inoltre, indubitabile che tale perdita
stipendiale abbia avuto effetti anche con riferimento al trattamento pensionistico
in godimento del ricorrente riferito, naturalmente, al livello rivestito
all’atto del collocamento in congedo.
A tali fini, pertanto, il Cnr dovrà corrispondere al
ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, una somma da calcolarsi sulla
base delle differenze retributive, tenendo conto di quanto percepito
effettivamente e quello che gli sarebbe stato corrisposto per il periodo 1°
luglio 1989 – data a partire dalla quale avrebbe dovuto retroagire, ai sensi
del combinato disposto del bando di concorso e dell’art. 14, del d.P.R. n. 171
del 1991, l’attribuzione del IV livello del profilo di funzionario di
amministrazione – 1 ° aprile 2002 - data della cessazione dal servizio del
ricorrente; inoltre, a tale somma deve essere aggiunto anche l'ammontare delle
contribuzioni pensionistiche che, in relazione a dette differenze retributive,
l'Amministrazione avrebbe dovuto versare all'ente di previdenza obbligatoria.
Sulla somma dovuta complessivamente a titolo di
risarcimento del danno, che costituisce un debito di valore, spettano la
rivalutazione monetaria fino alla data del soddisfo, e gli interessi calcolati
nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle singole
scadenze mensili fino al soddisfo (Cass. civ., III, n. 5671/2010; Cons. Stato,
IV, n. 2983/06).
In conclusione, deve essere accolta l’istanza
risarcitoria introdotta dal ricorrente; le spese del giudizio seguono la
soccombenza, giusta quanto in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio,
Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, in accoglimento della domanda risarcitoria ivi formulata, condanna il
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, in persona del legale rappresentante
p. t., al pagamento in favore del ricorrente, di una somma da calcolarsi
secondo i criteri di cui in parte motiva, oltre rivalutazione monetaria e
interessi legali, come per legge.
Condanna, altresì, il Consiglio Nazionale delle
Ricerche – Cnr, in persona del legale rappresentante p. t., alla refusione
delle spese di lite in favore del ricorrente, liquidate forfetariamente nella
somma di € 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno
3 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Donatella Scala, Consigliere, Estensore
Rosa Perna, Primo Referendario
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)