venerdì 21 dicembre 2012

L'accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.




Era la domanda n. 87 dell'odierno concorso per il profilo professionale di "Istruttore amministrativo" di ROMA CAPITALE.
Con l'occasione vi riporto una schematica risposta.


Il candidato si soffermi sinteticamente sull'accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.


Il Codice contiene poi una disciplina particolare dell'accesso agli atti nei procedimenti di gara, contenuta negli artt. 13 e 79, che precisa termini e modalità del diritto di accesso.
si applicano comunque i principi generali della l. n. 241/90 per cui possono essere visionati o copiati tutti i documenti della procedura da parte di soggetti portatori di uno specifico, personale attuale e concreto  interesse.
Legittimati: l'interesse alla visione degli atti di gara è considerato implicito per i partecipanti alla gara stessa.
Anche soggetti non partecipanti alla gara possono tuttavia avere interesse ad accederne: si tratta di soggetti in qualche modo collegati ai partecipanti, come ad esempio le società ausiliarie per il caso di avvalimento, o anche i soggetti totalmente estranei alla gara. Soggiacciono ad un più gravoso onere motivazionale.
Oggetto: l'accesso non vi sono particolarità nelle gare pubbliche: tutti i documenti della procedura di gara sono accessibili, sia che provengano dalla Stazione Appaltante, sia che provengano dai partecipanti alla gara o da soggetti terzi
Limiti: l'art. 13 co. 6 del Codice, stabilisce che anche queste parti delle offerte dei concorrenti debbano essere messe a disposizione del concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla specifica procedura di.
Tuttavia, la Direttiva comunitaria sugli appalti pubblici, non consente in nessun caso l'accesso ai segreti tecnici e commerciali delle Imprese partecipanti alle gare pubbliche,
Esclusione: L'accesso è sempre escluso:
- per i pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del Codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
- per le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto.
Modalità d’accesso: l'art. 79 del Codice ha introdotto una modalità semplificata di esercizio del diritto di accesso nell'ambito delle gare pubbliche, che avviene mediante visione ed estrazione di copia, entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi e può essere esercitato informalmente (senza alcuna istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, ma semplicemente presentandosi negli uffici e nelle ore indicate nella comunicazione stessa)



giovedì 20 dicembre 2012

Trasparenza negli affidamenti in economia (e non solo): Cons. St. sent. 18 dicembre 2012 n. 6478




Il Consiglio di Stato con la recente sentenza in epigrafe (la n. 6478/12) ribadisce che il principio di trasparenza delle operazioni di gara si applicano a qualsiasi tipo di affidamento.
La pronuncia de qua è la naturale prosecuzione della altrettanto ravvicinata Ad. Plen. 31 luglio 2012 n. 31,  vertente sul dies a quo per l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva prima dell’entrata in vigore del c.p.a. e sul regime d’apertura delle buste (che deve basarsi, appunto, sulla massima trasparenza).


Massima

1. In materia di affidamenti in economia, l’art.125 d.lgs. n. 163/2006 impone il rispetto del principio di trasparenza, di cui costituisce espressione la pubblicità delle sedute di gara (Cons. St., ad. plen., 28 luglio 2011, n. 13), che costituisce, secondo la giurisprudenza, un principio applicabile anche alle procedure negoziate nei settori ordinari (Cons. St., sez. V, 4 marzo 2008 n. 901; Cons. St., sez. III, 3 marzo 2011 n. 1369).

2. L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che i principi di pubblicità e trasparenza che governano la disciplina comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici si estendono anche alle procedure negoziate, con o senza previa predisposizione di bando di gara, e persino agli affidamenti in economia nella forma del cottimo fiduciario, in relazione sia ai settori ordinari che ai settori speciali di rilevanza comunitaria (Cons. St., ad. plen., 31 luglio 2012, n. 31).

3. Inoltre, anche quando il criterio è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si applica la pubblicità delle sedute per le attività preliminari, diverse dalla valutazione vera e propria delle offerte tecniche (Cons. St., ad. plen., 28 luglio 2011, n. 13; Id., 31 luglio 2012, n. 31).

mercoledì 19 dicembre 2012

Professor Eugenio PICOZZA: "Concetti fondamentali del diritto pubblico: problemi e prospettive ” – 21.12.2012, ore 17,00, Tor Vergata, Facoltà di Giurisprudenza – Sala lauree -


Professor Eugenio PICOZZA:
"
Concetti fondamentali del diritto pubblico: problemi e prospettive
21.12.2012, ore 17,00, Tor Vergata, Facoltà di Giurisprudenza – Sala lauree -


Per gentile concessione del Prof. Eugenio Picozza (Ordinario di Diritto Amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza a "Tor Vergata"), discepolo dell'insuperato Maestro Massimo Severo Giannini e facondo oratore,
questo blog ospiterà una relazione "stenografica" sulla Conferenza "Concetti fondamentali del diritto pubblico: problemi e prospettive", di cui in epigrafe, a cui seguirà un articolo dottrinale in collaborazione con lo stesso Professore.
Appuntamento quindi per tutti i lettori a questa fine settimana!


Come è nato il diritto amministrativo (il mugnaio di Saint Souci vs Federico di Prussia, detto "Il Grande").



Il mugnaio di Saint-Souci
di Emilio Broglio
(tratto da "Il Regno di Federico di Prussia, detto il Grande", stampato in Roma nel 1880 )


"Un pensiero costante di Federico, come già si è detto fu la bona amministrazione della giustizia, e n'era venuto, fino dal 1747, il Codex Fridericianus. Ma passati trent'anni, morto l'illustre Cocceio, sopraggiunte le gravi cure della guerra, gli abusi, per opera della gente di toga, ripullularono. E Federico daccapo a volerli rimondare, non senza dimolta fatica, perché la sullodata gente di toga, salve le rare eccezioni, è sempre e da per tutto nemica ostinata delle riforme; vive di precedenti, di tradizioni, di regole formali, e non se ne sa, o non se ne vuole distaccare; gli abusi poi, sono per l'appunto opera sua, e se ne giova. 

[...] 
Questo Re, schiavo del dovere, prendeva molto sul serio anche l'alto suo ufficio di Giudice Supremo, e come si vede non aveva bisogno di sproni; ma se n'avesse avuto bisogno, appunto in questi anni accadde un fatto famoso, il processo del mugnaio Arnold, dove il Re, da ultimo, si credette in obbligo d'intervenire con sommo rigore, destando sentimenti e giudizi discrepanti in Europa; di viva ammirazione nei più, di severa condanna in pochi".
Ci sono de' Giudici a Berlino, aveva risposto trent'anni prima, a chi lo minacciava d'espropriazione, il mugnaio di Potsdam, che non volle mai vendere il suo mulino ad acqua sul poggio di Sans-Souci; e Federico Re lo rispettò, lui e il suo mulino, senza bisogno di giudici; oggi invece il mugnaio Arnold ebbe, contro i giudici di Berlino, bisogno del Re.
Il mulino del Gambero - Krebsmúhle - era d'un conte di Schmettau, maggiore nell'esercito, ma non della famiglia inclita in guerra; affittato da parecchie generazioni agli Arnold, mugnai. Nel '70, un barone von Gersdorf volle farsi, più in su del mulino, una peschiera, e deviò parte dell'acqua; il mugnaio, impedito così dal macinare per una gran parte dell'anno, non ebbe più modo di pagare il fitto regolarmente; il conte di Schmettau, dopo aver pazientato parecchio, da ultimo lo citò dinanzi al giudice feudale, Schlecker, che lo condannò a pagare; e perché pagare non poteva, quando non macinava, finì col fargli vendere all'asta nel '78 il mulino. 
Comprato da un esattore, Kuppisch, fu poi rivenduto da costui allo stesso barone von Gersdorf, ch'ebbe così l'aria d'aver meditata e compita la spogliazione. Portata la causa in appello, dinanzi alla Regierung di Cústrin, la sentenza venne trovata giusta, e quindi confermata.
Il 1° maggio del '79, Arnold, o più esattamente sua moglie Rosina, una donna non più giovane, intendiamoci, presenta una petizione al Re, chiedendo la nomina d'una Commissione Militare, che esamini la cosa; domanda certo molto strana per noi, avvezzi oramai alla divisione de' poteri, alle più o meno savie finzioni costituzionali, e a vedere la giustizia amministrata sempre in nome del Re, da giudici nominati dal Re, senza che il Re ne sappia mai nulla; non punto strana allora, con un Re, fontana vera, non finta, d'ogni potere, e quindi anche della giustizia.
Con che, badiamo, non intendo già dire che quello fosse un sistema migliore; tutt'altro! Dico soltanto che era così; e aggiungo anzi subito, che richiedeva un Federico II per funzionare ragionevolmente mentre poi un Federico II non è lì che cova.
Il 4 maggio un Ordine del Re manda l'istanza Arnold al Ministero della Giustizia, perché esamini e riferisca; quello esamina e riferisce, che tutto é perfettamente in regola. Più tardi, nello stesso anno, il Gran Cancelliere von Fúrst, durante il suo viaggio d'ispezione da quelle parti, riceve un altro ricorso dall'implacabile Rosina; non so quanto lo esamini, certo è che lo respinge.
Allora gli Arnold tentarono una strada nova; il marito aveva un fratello soldato; suo colonnello era il Principe Leopoldo di Brunswick, nipote del Re, adorato dal popolo, perché bono, affabile, umano; tanto umano, che sei anni più tardi, nell'85, s'affogò miseramente nell'Oder, mentre si sforzava, in una barchetta, di soccorrere de' poveri inondati.
Il soldato, un bravo soldato, bisogna dire, gli si raccomanda. Il Principe ne parla al Gran Cancelliere; ma Fúrst risponde picche anche a lui. In agosto, la madre del Principe, sorella del Re, fa una lunga visita al fratello a Potsdam; costì Leopoldo coglie un momento favorevole e narra la lunga storia al Re, presentando una nova domanda Arnold, per una Commissione Mista, militare e civile; il giorno dopo, 22 agosto, un ordine di Gabinetto alla Corte - Regierung - di Cústrin, gl'intima di nominar subito un Consigliere, affinché per opera sua, d'accordo col Colonnello Heucking, di guarnigione da quelle parti, sia fatta giustizia. La Corte elegge Neumann, che si mette a studiare col Colonnello, ma senza frutto; perché quello riferisce alla sua Corte che non c'è nulla da fare, e la Corte presenta, il 27 settembre, rapporto analogo a Sua Maestà; il Colonnello invece s'è convinto, che Arnold aveva ragione, in equità, di non pagare il fitto d'un mulino che non macina, e fa il suo rapporto in questo senso.
Il Re lo trova chiaro e preciso - deutliches und ganz umstàndliches - e lo manda al tribunale Supremo di Berlino -Kammergericht - sempre perchè sia fatta giustizia. Invece non lo persuade punto il rapporto della Corte di Cústrin, glielo rimanda insieme alla manifestazione del suo vivo malcontento - áusserstes Misfallen - e ordina un novo esame. 
Que' signori della Corte eleggono un'altra Commissione, e questa volta ci mettono anche un idraulico, di nome Schade; la Commissione fa il suo rapporto il 28 ottobre, sempre concludendo che tutto era andato benone, benchè lo Schade non fosse di questo parere; soltanto, per dimostrare quanta fosse la loro diligenza, scoprono un piccolo errore: che Arnold aveva lasciato del grano nel mulino, pel valore di cencinquanta o censessanta lire: che questo era suo, e non si poteva comprendere nella vendita del mulino e ora gli si doveva restituire: ma per tutto il resto, non c'era che dire.
La Rosina, colla sua indomabile tenacità femminile, torna all'assalto in novembre con una nova petizione a Sua Maestà; e Sua Maestà, senz'ancora perdere la pazienza, che fu un bel fatto, la rimanda a Cústrin; gli si risponde che la sentenza è inalterabile, salvo l' intervento di un giudizio superiore.
Il Re, con Ordine 98 novembre, incarica dunque il Kammergericht di Berlino, di pronunziare il suo giudizio definitivo, e presto! mandando un espresso a Cústrin a prendere l'inserto. Il Gran Cancelliere Fúrst, ricevuto l'ordine, lo trasmette al Presidente del Kammergericht, un von Rebeur; il quale, appena arrivate le carte, il 7 dicembre, nomina subito relatore il Consigliere Rannsleben, perchè riferisca quam primum; costui, con un lavoro indefesso diurno e notturno, è in grado di riferire il giorno seguente: "La sentenza é giusta e va confermata. Detto fatto, la si conferma in nome dei Re".
Federico riceve la notizia formale il 10, in preda a un fiero attacco di gotta; ordina al Fúrst di venire domani al Castello coi tre Consiglieri che hanno redatto la sentenza. Il Rannsleben, relatore, in una sua Autobiografia inedita, racconta la scena, e questo brano, per fortuna, venne stampato.
Sentiva in aria un grosso temporale, tanto ch'ebbe la precauzione di non dir nulla alla moglie della sua chiamata al Castello. Entrati i tre Consiglieri preceduti dal Fúrst, trovarono il Re seduto, che voltava le spalle al foco del caminetto, coi piedi tormentati stesi sopra sgabelli, una mano nascosta in un manicotto, e l'altra che teneva la sentenza; lì presso, a un tavolino, il segretario-stenografo Stellter, che stese un processo verbale, pubblicato poi il 14 dicembre per ordine di Sua Maestà.
Il Re interrogò i Consiglieri, senza darsi per inteso della presenza del Gran Cancelliere:
- Un povero villano, può egli pagare il fitto, se gli portate via il carro, l'aratro, e tutti gli strumenti di lavoro?- 
- No, Maestà.-
- E' giusto portar via il mulino a un povero mugnaio che non può pagare il fitto, perché gli s'è levata l'acqua e quindi non può macinare? 
- No, Maestà’.
- Un nobile vuol farsi una peschiera e devìa l'acqua dal mulino; il mugnaio Arnold è ridotto a non poter macinare che quindici giorni in primavera e quindici in autunno; come può egli pagare lo stesso fitto di prima? Eppure la Corte di Cústrin gli fa vendere il suo mulino, perché un altro nobile intaschi l'intero fitto, e il Tribunale di Berlino...
- il Kammergericht, Maestà.- suggerisce qui, o corregge, il Gran Cancelliere,-
- il Kammergericht...-
Il Re dice al segretario:
- il Kammergericht;-
poi, volgendosi al Fúrst, gl'intima di andarsene, aggiungendo d'avergli già nominato il successore; e quello scompare senza dir verbo.
- E' una sentenza ingiusta, - continua il re accendendosi vie più;-
- è contraria alle mie intenzioni di padre del popolo; e voi l'avete pronunziata in mio nome. In mio nome! Quando mai ho io oppresso il povero in favore del ricco? Quando mai ho fatto prevalere la vana forma legale all'intrinseca moralità della cosa? E voi siete de' giudici? E voi dispensate la giustizia in nome di Dio e del Re?...- E più che il dolor potendo l'ira, batteva la sentenza colla mano gottosa, e ripeteva:
- Il mio nome crudelmente abusato! -
- meinen Namen cruel missbraucht -
-Ma io darò un esempio memorabile, -
- ein nachidrúckliches Exempel;
- l'ultimo contadino, che dico? un mendicante, è anch'egli un essere umano come il Re, tutti eguali dinanzi alla legge e alla giustizia; un tribunale ingiusto è più pernicioso d'una banda di ladri; contro questi potete difendervi, non così contro quello. Uscite. signori! -
E li fece mettere in una carrozza e portare in prigione; ordinò lo stesso trattamento pei loro colleghi di Cústrin; incaricò il suo ministro della giustizia, von Zedlitz, di nominare una Commissione, che li condannasse almeno a un anno di fortezza e al risarcimento del danno verso gli Arnold. Il ministro uomo rettissimo, dichiara ne' termini più rispettosi, che la sua coscienza non gli permette di pronunziare la sentenza imposta da Sua Maestà; allora il Re la pronunzia lui, il 1 gennaio 1780: il consigliere Scheibler, della corte di Cústrin, che ha votato solo contro i suoi colleghi, torni al suo posto. IlRannsleben del Kammergericht, che ha studiato la questione con grande imparzialità, prosciolto. Tutti gli altri, destituiti, cassirt! Condannati a un anno d'arresto in fortezza, a Spandau, e al rifacimento del danno, liquidato poi e pagato all'Arnold in 1358 talleri, 11 groschen e 1 pfennig - poco più di 5000 lire:
- Il mugnaio Arnold rimesso nel suo mulino - in integrum restituirt.
- Quanto a lei, signor ministro, rispetto i suoi scrupoli di coscienza, e rimango come prima il suo affezionatissimo Re, Federico. - Infatti conservò il suo posto.
La cosa fece, naturalmente, gran chiasso in Europa: Caterina II, amica de' filosofi, mandò al suo Senato, come salutare esempio, copia dei processo verbale 11 dicembre 1779, fatto pubblicare il 14 dal re: in Francia lo si vendeva da tutt'i librai, sotto il titolo: Balance de Frédéric; e i giornali non parlavano d'altro.
A Berlino invece l'alta società, nobile e forense, condannava Federico; trasse in folla alla casa del Gran Cancelliere destituito, in segno di condoglianza, ingombrandone la via colla fila delle carrozze, che si vedevano dalle finestre del Palazzo reale, senza che Federico, ben inteso, se ne facesse nè in quà nè in là.
Si notò il fatto, che ogni giorno gran numero di villani, fino a un centinaio, stavano sulla piazza del Castello, sotto le finestre del Re, con petizioni in mano, chiedendo giustizia come Arnold; e ne' tribunali, le parti soccombenti gridavano, che si sarebbero appellate al Re; ecco, dicevano, le naturali e pessime conseguenze del suo dispotico intervento e dell' umiliata magistratura. Questo sentimento di disapprovazione durò fino alla morte di Federico; il barone von Gersdorf, chiese e ottenne dal successore un novo giudizio; fu deciso: che il barone aveva diritto all'acqua per la sua Peschiera, e che Arnold doveva restituire ai giudici il mal ottenuto compenso, e al barone, o il mulino, o il prezzo d'asta; le quali somme, per altro, furono invece sborsate dal Re Federico Guglielmo II, atto convenientissimo di regia munificenza. E s'intende che il vecchio Fúrst, e l'altre vittime, furono richiamati ai loro posti e agli onori perduti, nella certezza, da parte del nuovo re, di cattivarsi cosi una certa popolarità; voglio dire popolarità nobilesca e forense; mentre quella ambìta da Federico era molto più vasta, e più, alta, e più indipendente.

martedì 18 dicembre 2012

APPALTI: immodificabilità soggettiva dell'A.T.I. ed art. 37 del Codice degli Appalti (Cons. St. sent. 14 dicembre 2012 n. 6446).





APPALTI: 
immodificabilità soggettiva dell'A.T.I. ed art. 37 del Codice degli Appalti 
(Cons. St. sent. 14 dicembre 2012 n. 6446)


Con la recentissima sentenza 14 dicembre 2012 n. 6446 il Supremo Consesso Amministrativo stabilisce (rectius ribadisce; vd. da ultimo  Ad. Plen. n. 22 del 2012) il principio di immodificabilità soggettiva dell'A.T.I. per tutta la procedura di gara ai sensi dell'art. 37 del D.Lgs. n. 163/2006.
La sentenza assume rilievo per l'excursus sull'istituto e per l'intento vagamente "nomofilattico".
Di seguito le massime e la sentenza per esteso.


Massime

1. L’istituto del raggruppamento temporaneo di imprese rappresenta uno strumento volto ad agevolare la partecipazione alle gare di appalto disposte dalle pubbliche amministrazioni e dagli organismi pubblici in genere, al duplice scopo di consentire l’ampliamento delle imprese partecipanti, e dunque le occasioni di lavoro per le medesime, e di offrire al contempo alla stazione appaltante una più ampia possibilità di scelta con conseguente migliore definizione dell’offerta.
2. L' immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche è preordinata a garantire l'amministrazione appaltante in ordine alla verifica dei requisiti di idoneità morale, tecnico organizzativa ed economica, nonché alla legittimazione delle imprese che hanno partecipato alla gara. E’ per tali ragioni, che l'art. 37, co. 9, del D.Lgs n. 163/2006 stabilisce il divieto di modificare la composizione dei raggruppamenti temporanei e le eccezioni previste ai commi 18 e 19 (fallimento del mandante, del mandatario e, se si tratta di imprenditore individuale, morte, interdizione o inabilitazione, nonché le ipotesi previste dalla normativa antimafia) sono ammissibili in quanto, riguardano motivi indipendenti dalla volontà del soggetto partecipante alla gara e trovano giustificazione nell'interesse della stazione appaltante alla continuazione della stessa.
3. Nel caso in cui una impresa, sia essa la mandataria o una delle mandanti del raggruppamento, dichiara di non voler più partecipare al raggruppamento (ad esempio, non partecipando alla sua successiva costituzione), ovvero dichiara alla amministrazione aggiudicatrice di non avere più intenzione di eseguire le prestazioni cui era obbligata ai sensi dell’offerta, ovvero ancora nel caso in cui dichiara di “rinunciare” - anche solo in proprio - agli effetti dell’aggiudicazione o del contratto, in ciascuno di detti casi si realizza una differente composizione (per sottrazione/riduzione) del raggruppamento per come esso si è presentato, quale concorrente, in sede di gara, di modo che deve procedersi ai sensi dell’art. 37, comma 10, all’annullamento dell’aggiudicazione o alla declaratoria di nullità del contratto, fermo ogni ulteriore profilo di (eventuale) responsabilità dell’impresa nei confronti della amministrazione appaltante. Tale modica soggettiva dell’A.T.I, priva difatti l’amministrazione del suo contraente (presente o futuro), così come determinato in sede di gara.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10040 del 2011, proposto da:
Cmb Societa' Cooperativa Muratori e Braccianti di Capri in proprio ed in q.tà Mandataria Rti, Rti-Ghella Spa, rappresentati e difesi dagli avv. Arturo Cancrini, Claudio De Portu, con domicilio eletto presso Arturo Cancrini in Roma, via G. Mercalli, 13; 
contro
Uniter Consorzio Stabile A R.L., rappresentato e difeso dagli avv. Gianluigi Pellegrino, Antonietta Sgobba, Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso Gianluigi Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, 11; 
nei confronti di
Anas Spa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Consorzio Stabile Sis Scpa, rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Clarizia, Giuseppe Rusconi, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde N.2;
Tecnimont Civil Constgruction S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Marco Annoni, con domicilio eletto presso Marco Annoni in Roma, via Udine N. 6; 
per la riforma
del dispositivo di sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 09638/2011, resa tra le parti, nonché della sentenza del TAR Lazio - Roma: sezione III, 11 gennaio 2012 n. 260, pubblicata dopo dispositivo, resa tra le parti, concernente affidamento gara lavori di ammodernamento e adeguamento autostrada A3 Salerno – Reggio Calabria.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Uniter Consorzio Stabile A R.L. e di Anas Spa e di Consorzio Stabile Sis Scpa e di Tecnimont Civil Constgruction S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Claudio De Portu, Lorenzo Lentini, Gianluigi Pellegrino, Angelo Clarizia, Andrea Segato in sostituzione di Marco Annoni, Giovanni Palatiello e Stefano Varone (avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Con l’appello in esame, la società C.M.B. – soc. Cooperativa Muratori e braccianti di Carpi impugna la sentenza 11 gennaio 2012 n. 260, con la quale il TAR per il Lazio, sez. III, ha accolto il ricorso proposto dalla società Uniter Consorzio Stabile ed ha quindi annullato la disposizione 4 aprile 2011 n. 56 del Presidente dell’ANAS..
Con tale atto, il Presidente ha determinato l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva al RTI costituito da Uniter, in qualità di mandante, e da Tecnimont s.p.a., in qualità di mandataria, nella gara ASR 18/08, in considerazione della nota con la quale la Tecnimont ha comunicato di “volersi sciogliere da ogni vincolo con l’amministrazione aggiudicatrice”, ai sensi dell’art. 11, co. 9, d. lgs. n. 163/2006, ed ha quindi disposto l’affidamento in favore del secondo classificato, e precisamente del RTI costituito tra l’appellante C.M.B. e la s.p.a. Impresa Ghella.
La gara alla quale attiene la presente controversia riguarda l’affidamento dei lavori di ammodernamento ed adeguamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria dal km. 153,4 al km. 173,9 (macrolotto 3°, parte 2°), per un importo a base d’asta di Euro 502.761.177,60.
L’attuale appellante ha dapprima impugnato il dispositivo della citata sentenza del TAR per il Lazio, poi ha proposto appello all’esito della pubblicazione della sentenza medesima.
La sentenza appellata – previa declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale proposto da C.M.B. – ha affermato:
- l’art. 37 d. lgs. n. 163/2006, relativo ai poteri dell’impresa mandataria, individua questi ultimi “con riferimento alla fase successiva all’avvenuta stipula del contratto di appalto, per cui non sembra automaticamente riferibile a quella fase procedurale che va dall’aggiudicazione alla stipula del contratto”;
- poiché “l’aggiudicazione è disposta a favore di tutti i componenti del raggruppamento temporaneo i quali hanno firmato l’offerta”, ne consegue che “la rinuncia alla stipula del contratto risolvendosi in una sorta di rinuncia all’aggiudicazione, sulla base del principio della forma del contrarius actus deve provenire da tutti i soggetti del R.T.I., i quali, peraltro, a tal fine possono esplicitamente attribuire il suddetto potere alla mandataria”;
- il potere di rinuncia alla aggiudicazione “non rientra tra i poteri conferiti alla mandataria nella procura, in assenza di una esplicita previsione nella stessa”; ciò in quanto “la costituzione della R.T.I., una volta intervenuta l’aggiudicazione, è finalizzata alla stipula del contratto”, di modo che “i poteri concessi alla capogruppo si estendono per legge a tutte quelle attività conseguenti e successive a tale ultimo provvedimento e finalizzate unicamente a consentire la stipula del contratto”;
- quanto esposto comporta che la rinuncia, se effettuata dalla mandataria in assenza di una esplicita previsione nella procura, “non può impegnare le altre imprese componenti dell’A.T.I., con l’ulteriore conseguenza che la stazione appaltante è tenuta formalmente ad accertare se sussistono ancora gli estremi per procedere alla stipula del contratto, al fine di adottare i consequenziali provvedimenti nei confronti delle imprese dell’A.T.I. aggiudicatrice che con il loro operato ne hanno impedito la stipula”.
Avverso tale decisione, vengono proposti motivi di impugnazione, sia nella parte in cui la stessa accoglie il ricorso proposto da Uniter (pagg. 4 – 16 appello), sia nella parte in cui dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dall’attuale appellante (pagg. 16 – 57 appello). In particolare, con riferimento al primo aspetto, oltre alla riproposizione delle ragioni per le quali il ricorso Uniter instaurativo del giudizio di I grado avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile (pagg. 6 – 9), viene dedotto:
a) error in iudicando; infondatezza del ricorso instaurativo del giudizio di I grado; ciò in quanto la soc. Tecnimont “nel manifestare la propria scelta di recedere da ogni vincolo, ha agito sia in proprio che in qualità di capogruppo mandataria”. Per un verso, quindi, anche a voler considerare la dichiarazione come “tamquam non esset” nei confronti di Uniter, essa è certamente valida per la parte relativa a Tecnimont; per altro verso, ai sensi dell’art. 1711 cod. civ., “l’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario se il mandante non lo ratifica”; il negozio, dunque, non è annullabile, ma solo inefficace nei confronti del mandante”. Inoltre, la Tecnimont, nella sua qualità di mandataria, nel corso del giudizio di primo grado, ha dichiarato di “non avere più interesse al presente ricorso”, con ciò non solo e non tanto rinunciando al ricorso incidentale proposto, quanto piuttosto “alla posizione sostanziale dedotta in giudizio consistente nella volontà di difendere la legittimità e l’efficacia dell’aggiudicazione disposta da ANAS”;
b) l’art. 37, co. 16, “si basa su un concetto forte di rappresentanza, che è esclusiva, anche processuale”; essa “opera in tutti i sensi e senza limitazioni di sorta”, vigendo anzi “un principio di irrilevanza delle vicende interne al raggruppamento temporaneo di imprese”.
Si è costituita in giudizio l’ANAS spa.
Si è costituito in giudizio il consorzio stabile a r.l. Uniter, che, in primo luogo, con memoria datata 16 febbraio 2012, ha riproposto “per mero tuziorismo . . . per intero tutti i motivi articolati innanzi al TAR in modo da far valere anche nella presente sede di appello e ove mai risultasse necessario i profili non esaminati dal primo giudice”; in secondo luogo, con memoria datata 20 aprile 2012, ha concluso richiedendo che l’appello venga dichiarato inammissibile e, comunque, rigettato stante la sua infondatezza.
In particolare, la Uniter, precisato che il giudizio “si concentra sull’impugnazione della sentenza . . . . introdotta da controparte con l’atto di motivi aggiunti”, prospetta la inammissibilità dell’appello in quanto, avendo il primo giudice accolto i primi due motivi del proprio ricorso instaurativo del giudizio di I grado, l’appello si concentrerebbe solo sul primo motivo di accoglimento, restando dunque “priva di impugnazione la specifica statuizione del TAR nella parte in cui espressamente e testualmente . . . ha annullato l’atto impugnato anche in accoglimento del secondo motivo, recante come detto vizio di istruttoria e di motivazione”. Ne consegue – a dire dell’appellato – la “formazione del giudicato interno dell’annullamento degli atti impugnati per quanto disposto (anche) con riguardo al secondo motivo di ricorso”.
Sempre secondo la Uniter, il TAR, nel rigettare un’eccezione delle parti resistenti, avrebbe inoltre esteso la propria “valutazione della fondatezza dei motivi” anche alla terza censura proposta, riferita al difetto delle condizioni di legge per l’esercizio della facoltà di cui all’art. 11, co. 9, d. lgs. n. 163/2006 (v. pagg. 3 – 6 memoria 20 aprile 2012).
Si è costituita in giudizio Tecnimont Civil Construction s.p.a., per effetto della intervenuta scissione di Tecnimont s.p.a..
Infine., ha spiegato intervento ad adiuvandum il Consorzio stabile Sis s.c.p.a..
Con decreti monocratici presidenziali n. 5661/2011 e n. 208/2012, è stata sospesa l’esecutività dapprima del dispositivo, poi della sentenza appellata.
Analogamente, dapprima con ordinanza 17 gennaio 2012 n. 191, poi con ordinanza 14 febbraio 2012 n. 624, sono state disposte misure cautelari di sospensione dell’esecutività sia del dispositivo sia della successiva sentenza.
All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO
2. Il Collegio deve, in via preliminare, rigettare, per le ragioni di seguito esposte, l’eccezione di inammissibilità dell’appello, in quanto non sarebbero state oggetto di impugnazione statuizioni della sentenza di I grado, con conseguente formazione di giudicato sulle medesime e, quindi, di “resistenza” della pronuncia di annullamento anche solo in accoglimento del (o dei) motivi proposti ed accolti con quella parte della pronuncia non gravata.
La sentenza appellata ha accolto il ricorso introduttivo del giudizio di I grado, dopo averne esplicitato del ragioni, dichiarando che “i primi due motivi di ricorso sono fondati”.
In particolare, con il secondo di tali motivi il ricorrente Uniter aveva dedotto un difetto di istruttoria e di motivazione dell’atto impugnato, per avere richiamato questo solo le note Tecnimont e non anche le comunicazioni e diffide con cui essa Uniter aveva “motivatamente evidenziato le ragioni della giuridica inesistenza di una rinuncia da parte del soggetto aggiudicatario”.
Tanto precisato, appare evidente come il I giudice abbia complessivamente considerato (ritenendole illegittime) le ragioni che hanno portato l’ANAS ad adottare l’atto impugnato (di annullamento della precedente aggiudicazione a Tecnimont- Uniter e di nuova aggiudicazione all’appellante), così come con i motivi di impugnazione proposti (e come sopra sinteticamente riportati), l’attuale appellante ha inteso impugnare la sentenza in ordine all’accoglimento di ambedue i motivi, che, seppure separatamente proposti, convergono in un’unica complessiva doglianza di illegittimità dell’atto impugnato.
Tale considerazione, che questo Collegio esprime in relazione all’accoglimento espressamente dichiarato in relazione ai primi due motivi di ricorso, a maggior ragione deve essere ribadita in relazione al terzo dei motivi di ricorso in I grado.
E ciò in quanto, per un verso, tale motivo non è espressamente dichiarato accolto dalla sentenza (di modo che, sul piano formale, non vi è ragione di impugnazione della sentenza anche per tale parte, né formazione di giudicato), Per altro verso, esso rappresenta – tale è, peraltro, il fondamento implicito dell’eccezione (che altrimenti non avrebbe potuto richiamarlo, non essendo espressamente citato in sentenza) – ancora una volta uno sviluppo logico della complessiva argomentazione di doglianza avverso il provvedimento dell’ANAS, accolta dal TAR ed oggetto di impugnazione con i motivi esposti alle pagg. 4 – 16 dell’appello.
3. L’appello è fondato, per le ragioni di seguito esposte, con conseguente riforma della sentenza appellata.
In sostanza, la presente controversia consiste nello stabilire quali siano le conseguenze della rinuncia agli effetti dell’aggiudicazione effettuata dall’impresa mandataria di un R.T.I..
Il primo giudice, argomentando sull’art. 37 Codice dei contratti, ha ritenuto:
- per un verso che la rinuncia sarebbe possibile, purché ne sia attribuito esplicitamente il relativo potere alla mandataria, da parte delle imprese mandanti. Ciò si evince laddove in sentenza si afferma che il potere di rinuncia alla aggiudicazione “non rientra tra i poteri conferiti alla mandataria nella procura, in assenza di una esplicita previsione nella stessa”; ed inoltre laddove si afferma che “la rinuncia alla stipula del contratto risolvendosi in una sorta di rinuncia all’aggiudicazione, sulla base del principio della forma del contrarius actus deve provenire da tutti i soggetti del R.T.I., i quali, peraltro, a tal fine possono esplicitamente attribuire il suddetto potere alla mandataria”;
- per altro verso che, in difetto di attribuzione esplicita del potere di rinuncia alla aggiudicazione, questo “non rientra tra i poteri conferiti alla mandataria nella procura”, poiché “la costituzione della R.T.I., una volta intervenuta l’aggiudicazione, è finalizzata alla stipula del contratto”, di modo che “i poteri concessi alla capogruppo si estendono per legge a tutte quelle attività conseguenti e successive a tale ultimo provvedimento e finalizzate unicamente a consentire la stipula del contratto”;
- per altro verso ancora, ha concluso affermando che la rinuncia, se effettuata dalla mandataria in assenza di una esplicita previsione nella procura, “non può impegnare le altre imprese componenti dell’A.T.I., con l’ulteriore conseguenza che la stazione appaltante è tenuta formalmente ad accertare se sussistono ancora gli estremi per procedere alla stipula del contratto, al fine di adottare i consequenziali provvedimenti nei confronti delle imprese dell’A.T.I. aggiudicatrice che con il loro operato ne hanno impedito la stipula”.
Questo Consiglio di Stato non ritiene di poter condividere tali considerazioni, alla luce delle argomentazioni di seguito esposte.
4. I raggruppamenti temporanei sono definiti dall’art. 2, comma 20, d. lgs. n. 163/2006, come “un insieme di imprenditori, o fornitori, o prestatori di servizi, costituito, anche mediante scrittura privata, allo scopo di partecipare alla procedura di affidamento di uno specifico contratto pubblico, mediante presentazione di un’unica offerta”
Più in particolare, l’art. 37 d. lgs. n. 163/2006 prevede, per quel che interessa nella presente sede:
“1. Nel caso di lavori, per raggruppamento temporaneo di tipo verticale si intende una riunione di concorrenti nell'ambito della quale uno di essi realizza i lavori della categoria prevalente; per lavori scorporabili si intendono lavori non appartenenti alla categoria prevalente e così definiti nel bando di gara, assumibili da uno dei mandanti; per raggruppamento di tipo orizzontale si intende una riunione di concorrenti finalizzata a realizzare i lavori della stessa categoria.
2. Nel caso di forniture o servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di concorrenti in cui il mandatario esegua le prestazioni di servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione; le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle secondarie.
3. Nel caso di lavori, i raggruppamenti temporanei e i consorzi ordinari di concorrenti sono ammessi se gli imprenditori partecipanti al raggruppamento ovvero gli imprenditori consorziati abbiano i requisiti indicati nel regolamento.
4. Nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati.
5. L'offerta dei concorrenti raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori. Per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all'esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario.
6. Nel caso di lavori, per i raggruppamenti temporanei di tipo verticale i requisiti di cui all’articolo 40, sempre che siano frazionabili, devono essere posseduti dal mandatario per i lavori della categoria prevalente e per il relativo importo; per i lavori scorporati ciascun mandante deve possedere i requisiti previsti per l'importo della categoria dei lavori che intende assumere e nella misura indicata per il concorrente singolo. I lavori riconducibili alla categoria prevalente ovvero alle categorie scorporate possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale.
7. È fatto divieto ai concorrenti di partecipare alla gara in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti, ovvero di partecipare alla gara anche in forma individuale qualora abbia partecipato alla gara medesima in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti. . . .
8. È consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all'articolo 34, comma 1, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l'offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi ordinari di concorrenti e contenere l'impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti.
9. È vietata l'associazione in partecipazione. Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta.
10. L'inosservanza dei divieti di cui al precedente comma comporta l'annullamento dell'aggiudicazione o la nullità del contratto, nonché l'esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, concomitanti o successivi alle procedure di affidamento relative al medesimo appalto (. . . ) .
14. Ai fini della costituzione del raggruppamento temporaneo, gli operatori economici devono conferire, con un unico atto, mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, detto mandatario.
15. Il mandato deve risultare da scrittura privata autenticata. La relativa procura è conferita al legale rappresentante dell’operatore economico mandatario. Il mandato è gratuito e irrevocabile e la sua revoca per giusta causa non ha effetto nei confronti della stazione appaltante.
16. Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto. La stazione appaltante, tuttavia, può far valere direttamente le responsabilità facenti capo ai mandanti.
17. Il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione degli operatori economici riuniti, ognuno dei quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali.
18. In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall'appalto.
19. In caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”.
L’associazione (raggruppamento) temporanea di imprese venne introdotta nell’ordinamento italiano dalla legge 8 agosto 1977 n. 584, con la quale furono recepite le direttive comunitarie nn. 304 e 305 del 1971, e di seguito ulteriormente disciplinata dal d. lgs. 19 dicembre 1991 n. 406, dalla l. 11 febbraio 1994 n. 109 e dal DPR 21 dicembre 1999 n. 584.
Lo scopo del raggruppamento (o associazione) temporanea è quello di consentire la più ampia partecipazione a gare di appalto, in relazione alle quali le singole imprese non posseggono singolarmente tutte le competenze tecnico-operative, le categorie, caratteristiche e classifiche richieste dal bando (scopo che risulta accentuato dalle facilitazioni offerte dalla legge 18 novembre 1998 n. 415, che ha escluso la necessità di costituzione preventiva dell’associazione ai fini della partecipazione alla gara).
Proprio perché la finalità è costituita dalla agevolazione partecipativa alle gare attraverso temporanee aggregazioni “di scopo”, il raggruppamento temporaneo di imprese - come è stato chiarito anche dalla giurisprudenza risalente (Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 1987 n. 246) fino alla più recente (Cons. Stato, Ad. Plen., 13 giugno 2012 n. 22) – non da luogo alla costituzione di un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che lo compongono (mancando qualunque organizzazione comune), né ad un rigido collegamento strutturale.
In definitiva, può affermarsi che l’istituto del raggruppamento temporaneo di imprese rappresenta uno strumento volto ad agevolare la partecipazione alle gare di appalto disposte dalle pubbliche amministrazioni e dagli organismi pubblici in genere, al duplice scopo di consentire l’ampliamento delle imprese partecipanti, e dunque le occasioni di lavoro per le medesime, e di offrire al contempo alla stazione appaltante una più ampia possibilità di scelta con conseguente migliore definizione dell’offerta.
Orbene, alla luce di quanto esposto (ed in particolare, dalla complessiva lettura dell’art. 37 d. lgs. n. 163/2006), si evince:
- per un verso, che l’aggiudicazione, ove intervenuta in favore di un costituendo (o costituito) raggruppamento temporaneo, si intende disposta in favore della composizione di questo come “risultante dall'impegno presentato in sede di offerta” (comma 9);
- per altro verso, che una mutazione della composizione (fatte salve le ipotesi di cui ai commi 18 e 19 del medesimo art. 37), comporta “l'annullamento dell'aggiudicazione o la nullità del contratto, nonché l'esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, concomitanti o successivi alle procedure di affidamento relative al medesimo appalto” (comma 10);
- per altro verso ancora (ed ad ulteriore conferma delle ragioni fondanti l’annullamento dell’aggiudicazione o la nullità del contratto) che, sia nel raggruppamento verticale sia in quello orizzontale, ciascuno dei concorrenti deve effettuare, nel caso di lavori, quelli ad essi spettanti, di modo come non può essere ammessa una novazione soggettiva di uno o più dei partecipanti al raggruppamento, poiché ciò implica una mutazione di quanto dichiarato (e valutato) in sede di gara.
Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di osservare (sez. V, 20 aprile 2012 n. 2328), con considerazioni che si condividono, l' immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche è preordinata a garantire l'amministrazione appaltante in ordine alla verifica dei requisiti di idoneità morale, tecnico organizzativa ed economica, nonché alla legittimazione delle imprese che hanno partecipato alla gara. E’ per tali ragioni, che l'art. 37, co. 9, del D.Lgs n. 163/2006 stabilisce il divieto di modificare la composizione dei raggruppamenti temporanei e le eccezioni previste ai commi 18 e 19 (fallimento del mandante, del mandatario e, se si tratta di imprenditore individuale, morte, interdizione o inabilitazione, nonché le ipotesi previste dalla normativa antimafia) sono ammissibili in quanto, riguardano motivi indipendenti dalla volontà del soggetto partecipante alla gara e trovano giustificazione nell'interesse della stazione appaltante alla continuazione della stessa. Pertanto, al di fuori delle ipotesi normativamente previste, non è ammissibile alcuna modifica della composizione del raggruppamento affidatario (in senso conforme, Cons. Stato, sez. V, 7 aprile 2006 n. 1903 e 30 agosto 2006 n. 5081).
Questo Collegio non ignora che altra giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2010 n. 842 e 13 maggio 2009 n. 2964; sez. V, 10 settembre 2010 n. 6546; sez. IV, 6 luglio 2010 n. 4332), ha ritenuto che il divieto di mutamento della composizione va letto come inteso ad impedire l’aggiunta o la sostituzione di imprese partecipanti all’A.T.I. e non anche a precludere il recesso di una o più imprese dall’associazione, a condizione che quelle che restano risultino titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione, e sempre che il recesso e/o la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’A.T.I., e non per eludere la disciplina di gara, o, più in particolare, non sia finalizzato ad evitare la sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti a carico del componente.
A tal fine, si è sostenuto che tale interpretazione non penalizza la stazione appaltante, non creando incertezze, né le imprese “le cui dinamiche non di rado impongono modificazioni soggettive di consorzi e raggruppamenti, per ragioni che prescindono dalla singola gara, e che non possono precluderne la partecipazione se nessun nocumento ne deriva per la stazione appaltante”, né risulta violata la par condicio “perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti” (in tal senso, Cons. St., sez. VI, n. 841/2010, cit.).
Il Collegio non ritiene di condividere tale ultima interpretazione, alla luce del chiaro disposto dell’art. 37, co. 9, il quale letteralmente prevede che “salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta.”.
Per un verso, quindi, il divieto imposto dal legislatore, riguarda “qualsiasi modificazione”, con ciò impedendosi all’interprete di escludere alcune delle modificazioni dal “totale” di esse, complessivamente vietato dal legislatore E ciò risulta a maggior ragione confermato dal fatto che il medesimo legislatore ha provveduto espressamente ad indicare le eccezioni al regime di divieto, con ciò ancora una volta (e a maggior ragione) precludendo interpretazioni volte ad escludere ipotesi di modificazione (quale quella in senso riduttivo dei componenti) dal complesso delle modifiche vietate.
In definitiva, l’interpretazione “meno rigida” sopra riportata non può ritenersi consentita poiché essa, in presenza di un chiaro (e complessivo) divieto imposto dalla legge, con l’escludere un caso da tale divieto, compie una operazione non già di interpretazione normativa, bensì di (non consentita) integrazione della norma, di per sé compiutamente disciplinante il caso considerato.
Tale operazione non già di interpretazione ma di (non consentita) integrazione normativa, risulta vieppiù non condivisibile, laddove si rileva che la stessa non si limita ad escludere contra legem le modificazioni per riduzione dei partecipanti dal divieto, ma distingue i casi di riduzione per esigenze organizzative, da ritenersi ammessi, dai casi di riduzione dei partecipanti per così dire “elusivi” di cause di esclusione, da ritenere vietati, in tal modo affidando – in modo estemporaneo ed in assenza di previsione normativa, anzi in presenza di esplicito divieto – all’amministrazione, e successivamente al giudice, una analisi delle ragioni del recesso dell’impresa dal raggruppamento.
Per altro verso, il divieto di modificazione, come si è già affermato, è volto a garantire l'amministrazione appaltante in ordine alla verifica dei requisiti di idoneità morale, tecnico organizzativa ed economica, nonché alla legittimazione delle imprese che hanno partecipato alla gara. Ma tale divieto è volto anche a presidiare la complessiva serietà delle imprese che partecipano alla gara, onde garantire la migliore affidabilità del futuro contraente dell’amministrazione.
Ed infatti, se è vero che il R.T.I. costituisce strumento volto ad agevolare la partecipazione del maggior numero di imprese alle gare, allo stesso tempo esso richiede anche una preventiva verifica di seria ed effettiva volontà di ciascuna impresa in ordine alla suddetta partecipazione in forma temporaneamente associata con altre.
Né è possibile sostenere che imprese possano dapprima decidere di partecipare ad una gara in forma associata, per poi – per le circostanze più varie – mutare tale forma composita di partecipazione, senza che ciò assuma – in presenza dei requisiti di partecipazione alle altre imprese del raggruppamento – alcuna rilevanza per l’amministrazione.
Da quanto sin qui esposto, consegue che, una volta che un raggruppamento temporaneo di imprese abbia partecipato ad una gara e ne abbia ottenuto l’aggiudicazione, non è possibile alcuna modifica, tanto meno soggettiva, in ordine alla composizione del raggruppamento ed a quanto dichiarato in sede di gara (l’ “impegno presentato in sede di offerta”, di cui parla il comma 9 dell’art. 37).
5. A maggior ragione, nel caso in cui una impresa, sia essa la mandataria o una delle mandanti del raggruppamento, dichiara di non voler più partecipare al raggruppamento (ad esempio, non partecipando alla sua successiva costituzione), ovvero dichiara alla amministrazione aggiudicatrice di non avere più intenzione di eseguire le prestazioni cui era obbligata ai sensi dell’offerta, ovvero ancora nel caso in cui dichiara di “rinunciare” - anche solo in proprio - agli effetti dell’aggiudicazione o del contratto, in ciascuno di detti casi si realizza una differente composizione (per sottrazione/riduzione) del raggruppamento per come esso si è presentato, quale concorrente, in sede di gara, di modo che deve procedersi ai sensi dell’art. 37, comma 10, all’annullamento dell’aggiudicazione o alla declaratoria di nullità del contratto, fermo ogni ulteriore profilo di (eventuale) responsabilità dell’impresa nei confronti della amministrazione appaltante.
In altre parole, l’effetto concreto che si produce, quale conseguenza delle situazioni sopra rappresentate, è quello di una modificazione della composizione del raggruppamento, che priva l’amministrazione del suo contraente (presente o futuro), così come determinato in sede di gara.
Né a diverse conclusioni si perviene qualora la dichiarazione di rinuncia agli effetti dell’aggiudicazione provenga dalla mandataria. Anche in questo caso, non ha alcun rilievo (per la Pubblica Amministrazione appaltante), se detta rinuncia rientri (o meno) tra i poteri conferiti alla mandataria, né assumono rilievo le disposizioni del codice civile, e segnatamente l’art. 1711 c.c., in base al quale “il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario”.
Come già affermato, nel caso di specie si realizza una modificazione soggettiva del raggruppamento, dovuta al venir meno di una delle imprese concorrenti e partecipanti al medesimo, di modo che ogni questione attinente ai poteri e relativi limiti dell’impresa mandataria non può che retrocedere a fronte del mero dato costituito dalla diversa realtà di fatto.
Occorre ricordare che le norme del Codice dei contratti, quali norme di natura pubblicistica, regolano le posizioni in sede di procedure di affidamento ed i rapporti in sede di esecuzione delle imprese private nei confronti (e con) una Pubblica Amministrazione, organismo pubblico o altro soggetto equiparato, non già (salvo specifiche ed espresse eccezioni) i rapporti tra soggetti privati e, in particolare, tra imprese operanti nell’ambito del medesimo raggruppamento.
Ciò comporta che le norme medesime devono essere interpretate nell’ambito di tale contesto, ed a chiarificazione dei rapporti tra soggetti privati e Pubblica Amministrazione, senza che eventuali disposizioni di fonte diversa, atte a regolare i rapporti interprivati, possano costituire – se non nei limiti strettamente necessari, e laddove la fattispecie delineata dalla norma di diritto pubblico non sia completa – integrazione di una diversa fattispecie e di una normativa di per sé autosufficiente.
Si intende, dunque, affermare che, nel caso in cui una impresa mandataria rinunci all’aggiudicazione, tale manifestazione di volontà sicuramente produce, nei confronti della Pubblica Amministrazione, una oggettiva modificazione della composizione del raggruppamento, le cui conseguenze, sul piano pubblicistico, sono disciplinate dall’art. 37, co. 10, d. lgs. n. 163/2006, mentre ogni questione relativa ai contenuti e limiti del rapporto di mandato - allorchè fuoriescono dalla disciplina pubblicistica -, od anche gli effetti di atti o comportamenti tenuti dall’impresa mandataria nei confronti dell’amministrazione sulla sfera giuridica delle mandanti, possono rilevare tra gli stessi mandante e mandatario, ma risultano indifferenti alla Pubblica Amministrazione, ed in ogni caso esulano dalla cognizione (e giurisdizione) del giudice amministrativo.
6. Alla luce di quanto esposto, appare fondato l’appello proposto, nella parte in cui l’appellante – in disparte ogni questione sulla legittima facoltà della mandataria di rinunciare all’aggiudicazione anche per conto delle mandanti (o comunque con effetti nella sfera delle medesime) – afferma che, anche a voler considerare la dichiarazione di Tecnimont come “tamquam non esset” nei confronti di Uniter, essa è certamente valida per la parte relativa a Tecnimont.
Il che determina, alla luce di quanto esposto, una unilaterale rinuncia all’aggiudicazione, che si sostanzia in una modificazione del raggruppamento e, quindi, determina un doveroso annullamento dell’aggiudicazione medesima, ai sensi dell’art. 37, co. 10, d. lgs. n. 163/2006.
Fermo quanto sin qui affermato, il Collegio ritiene inoltre che rientri tra i poteri dell’impresa mandataria, anche di R.T.I. non ancora costituito (ed a maggior ragione nel caso di raggruppamento costituito), quello di rinunciare agli effetti dell’aggiudicazione.
Questo Consiglio di Stato si è già pronunciato sul punto, con ordinanze 27 luglio 2011 nn. 3272 e 3278 e 18 gennaio 2012 n. 191, affermando che “ai sensi dell’art. 37, co. 16, d. lgs. 12 aprile 2006 n. 163, ben rientra nei poteri della mandataria di associazione temporanea di impresa la rinuncia all’aggiudicazione, tenuto conto che, in virtù della connessa procura rilasciata a detta mandataria, quest’ultima agisce anche in nome e per conto della mandante nell’ambito del rapporto di mandato avente chiara natura collettiva (ex art. 1726 c.c,) speciale ed irrevocabile, rilasciato anche nell’interesse della mandataria e della stazione appaltante e non soltanto della mandante”.
Il Collegio ritiene – con le precisazioni di seguito esposte - di non doversi discostare dalle conclusioni già espresse da questa Sezione, nella medesima controversia in sede cautelare.
Come si è detto, le imprese concorrenti che intendono costituire (o hanno già costituito) raggruppamento temporaneo devono conferire (art. 37, co. 14) “mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, detto mandatario”.
Ai sensi del co. 16 del citato art. 37, al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto”, ferma restando la possibilità che la stazione appaltante faccia valere direttamente le responsabilità facenti capo ai mandanti.
Con la individuazione dell’impresa mandataria il legislatore, a fronte dell’agevolazione partecipativa alla gara concessa ad una pluralità di imprese (che altrimenti non avrebbero potuto parteciparvi), per il tramite del R.T.I., ha inteso rendere chiari ed immediati i rapporti con l’amministrazione appaltante, costituendo un unico soggetto di riferimento, tale da poter interloquire con la predetta amministrazione, a nome e per conto di tutte le imprese del raggruppamento, con ampiezza di poteri e definitività di manifestazione della volontà.
Ciò si evince chiaramente:
- sia dal conferimento al mandatario dei poteri del rappresentante (co. 14), con conseguente applicazione degli artt. 1387 ss. cod. civ.;
- sia, dalla individuazione del contenuto della rappresentanza, riferito nei confronti della stazione appaltante, a “tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto” (co. 16);
- sia dalla previsione di irrevocabilità del mandato e di ininfluenza, nei confronti dell’amministrazione appaltante, della eventuale revoca per giusta causa (co. 15).
A fronte di ciò, non vi sono ragioni per escludere che tra i poteri del mandatario rientri anche quello di rinunciare agli effetti dell’aggiudicazione, poiché:
- per un verso, tale limitazione non si evince dalle norme (che, anzi, prevedono la rappresentanza del mandatario per “tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto”);
- per altro verso, non è comunque consentito ai soggetti privati limitare contra legem il contenuto dei poteri del mandatario con rappresentanza nei confronti della stazione appaltante, così come definiti dalla legge, di modo che non è possibile sostenere (come invece affermato dalla sentenza appellata) che il detto potere di rinuncia potrebbe ammettersi solo laddove espressamente conferito dalle imprese mandanti.
Tale impostazione non esclude che il contratto di mandato limiti i poteri della impresa mandataria, ad esempio escludendo il potere di rinunciare all’aggiudicazione. Ma tale previsione, lungi dal dispiegare effetti, per le ragioni già esposte, nei confronti dell’amministrazione, assume rilievo esclusivamente sui rapporti intercorrenti tra le imprese (mandanti e mandataria) aderenti al costituendo o costituito raggruppamento temporaneo, onde definirne eventuali responsabilità.
Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto anche in riferimento al motivo (sub b) dell’esposizione in fatto), con il quale si censura la sentenza impugnata, per la parte in cui essa esclude il potere di rinunciare agli effetti dell’aggiudicazione in capo alla mandataria.
7. L’accoglimento dell’appello per le ragioni sin qui rappresentate rende superfluo l’esame dei motivi con i quali sui censura la sentenza nella parte in cui la stessa dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dall’attuale appellante (pagg. 16 – 57 appello).
Quanto alla “memoria di riproposizione questioni assorbite”, datata 16 febbraio 2012, per la parte in cui la stessa possa essere interpretata come proposizione di appello incidentale da parte di Uniter Consorzio stabile a r.l., il Collegio osserva che lo stesso Uniter ha rinunciato a tali motivi (peraltro in parte consistenti in quelli accolti dalla sentenza appellata), come si evince:
- sia dalla memoria 20 aprile 2012, con la quale la Uniter ha precisato che il giudizio “si concentra sull’impugnazione della sentenza . . . . introdotta da controparte con l’atto di motivi aggiunti”;
- sia dalle conclusioni rassegnate con la memoria 20 aprile 2012, limitate alla richiesta di declaratoria di inammissibilità o comunque al rigetto dell’appello avversario.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata, disponendosi, per l’effetto, il rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello proposto da CMB soc. coop. Muratori e braccianti di Carpi (n. 10040/2011 r.g.), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso instaurativo del giudizio di I grado..
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)