lunedì 26 ottobre 2015

PROCESSO: l'ottemperanza delle sentenze di condanna della P.A. al pagamento di somme (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III "quater", sentenza 2 luglio 2015, n. 8872).

PROCESSO:
 l'ottemperanza 
delle sentenze di condanna della P.A.
 al pagamento di somme 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III "quater", 
sentenza 2 luglio 2015, n. 8872)



Massima

1.  L'art. 14, comma 1, d.l. n. 669 del 1996, convertito con l. n. 30 del 1997 pone un precetto sostanziale: le Pubbliche Amministrazioni devono eseguire le sentenze e ogni altro atto giurisdizionale aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di denaro senza attendere l'esecuzione forzata e perciò entro il termine di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. 
2.  Correlativamente il secondo periodo dello stesso comma 1 pone un precetto di natura processuale: il creditore di tali prestazioni non può procedere ad esecuzione forzata, né alla notifica dell'atto di precetto (perché quest'ultimo comporta ineluttabilmente ulteriori oneri patrimoniali per l'esecutato, incrementando il debito per la sorte con i corrispondenti diritti previsti dalla tariffa forense), prima che sia decorso il termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo.
3.  Da una mera esegesi sistematica dei due commi risulta chiaro che il loro combinato disposto ha inteso rendere obbligatoria, sempre e in ogni caso, la preventiva notifica del titolo esecutivo, come condizione di ammissibilità dell'esecuzione forzata.



Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14112 del 2014, proposto da:
Beta Stepstone Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Brannetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Lisbona, 18; 
contro
Asl 101 - Rm/A; 
per l’ottemperanza
- ai decreti ingiuntivi nn. 392/2008, 469/2008, 16/2009, 72/2009, 7645/2011, 428/2009, 11409/2011, 1199/2009 e 777/2008.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
In accoglimento dei ricorsi presentati da ITOP Officine Ortopediche S.r.l., il Tribunale di Tivoli emetteva nei confronti della ASL RM/A i seguenti decreti ingiuntivi:
- n. 392/2008, depositato il 15 ottobre 2008, con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 48.639,31, oltre interessi di legge come richiesti, nonché spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 19 maggio 2009;
- n. 469/2008, depositato il 20 novembre 2008 con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 86.747,63 oltre interessi moratori ex L. n. 231/2002, nonché spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 20 febbraio 2009;
- n. 16/2009, depositato il 19 gennaio 2009 con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 58.167,90 oltre interessi di legge come richiesti, nonché spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 31 luglio 2009;
- n. 72/2009, depositato il 18 marzo 2009 con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 50.101,25 oltre interessi di legge come richiesti, nonché spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 23 giugno 2009.
Con contratto di cessione del 19 febbraio 2009, ITOP cedeva alla ricorrente i crediti vantati verso l’ASL di cui alle fatture liquidate nei decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Tivoli, Sezione staccata di Palestrina.
In accoglimento del ricorso presentato dal Centro Ortopedico Romano Ce.O.R. S.r.l., il Tribunale di Roma emetteva nei confronti della ASL RM/A il seguente decreto ingiuntivo:
- n. 7645/2011, depositato il 13 aprile 2011, con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 6.963,41, oltre interessi moratori ex L. n. 231/2002, nonché spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 30 novembre 2012;
Con contratto di cessione del 4 novembre 2010, il Centro Ortopedico Romano Ce.O.R. S.r.l., cedeva alla ricorrente i crediti vantati verso l’ASL di cui alle fatture liquidate nei decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Roma.
In accoglimento del ricorso presentato da CIRAP 2000 S.r.l., il Tribunale di Latina emetteva nei confronti della ASL RM/A il seguente decreto ingiuntivo:
- n. 1199/2009, depositato il 10 agosto 2009, con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 3.077,60, oltre interessi legali, nonché spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 11 febbraio 2010 e notificato in forma esecutiva in data 26 marzo 2010;
In accoglimento del ricorso presentato dalla MAFO Ortopedia Sanitaria Levantesi S.r.l.., il Giudice di Pace di Albano Laziale emetteva nei confronti dell’ASL di Latina:
- il decreto ingiuntivo n. 428/2009;
- il decreto ingiuntivo n. 777/2008, depositato l’11 dicembre 2008, con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 2.279,79 oltre interessi di mora ex L. n. 231/2002, dichiarato esecutivo in data 11 giugno 2009 e notificato in forma esecutiva in data 28 luglio 2009;
In accoglimento del ricorso presentato dalla Sanitaria Ortopedia Casilina Fantauzzi S.r.l., il Tribunale di Roma emetteva nei confronti della ASL RM/A il seguente decreto ingiuntivo:
- n. 11409/2011, depositato il 6 giugno 2011, con il quale veniva ingiunto il pagamento di Euro 16.800,02, oltre interessi moratori ex D.Lgs. n.231/2002, nonché spese di procedura ed accessori.
Alla camera di consiglio del 21 aprile 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è inammissibile con riferimento ai decreti ingiuntivi nn. 392/2008, 469/2008, 16/2009, 72/2009, 7645/2011, 428/2009, 11409/2011 in considerazione della assenza di prova in merito alla notifica dei decreti ingiuntivi dichiarati esecutivi (Cfr., per la necessità della notifica del titolo esecutivo, Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 27 luglio 2012, n. 725 e, sullo specifico profilo della notifica del decreto ingiuntivo, TAR Catania, Sez. I, 21 ottobre 2014, n. 2737).
Rileva il Collegio come davanti al giudice ordinario l’esperimento dell'azione esecutiva deve essere di norma preceduto dalla notifica, oltre che del precetto, del titolo esecutivo (con poche eccezioni, previste dalla legge), in relazione al disposto di cui art. 479 c.p.c.
Davanti al giudice amministrativo, ai fini dell'esperimento del giudizio d'ottemperanza, tale incombente, di norma, non è richiesto: l’art. 114 c.p.a., infatti, dispone che, anche nel giudizio d'ottemperanza, “L'azione si propone con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti” e che, comma 2 del cit. art. 114, “Unitamente al ricorso è depositato in copia autentica il provvedimento di cui si chiede l'ottemperanza, con l'eventuale prova del suo passaggio in giudicato”.
Nondimeno, il giudizio di ottemperanza - che, per sua natura, è un giudizio c.d. misto: di esecuzione e di cognizione - è, in molti casi, un giudizio anche di esecuzione.
Tra questi casi, si annoverano certamente quelli in cui la parte ricorrente adisce il giudice amministrativo per ottenere l'esecuzione di provvedimenti giurisdizionali da cui scaturiscono obbligazioni pecuniarie della pubblica amministrazione rimaste inadempiute.
Pure in tali casi, non v'è dubbio che il giudizio di ottemperanza resti unicamente regolato dalle proprie regole, senza interferenze di quelle processualcivilistiche.
Ciò non toglie che - per specifici ambiti, presi in considerazione dalla legge - le modalità di esercizio del potere amministrativo sul piano sostanziale e, correlativamente, le condizioni per la esperibilità del giudizio di ottemperanza sul piano processuale, possano avere ulteriori fonti disciplinari esterne al codice del processo amministrativo; che, sebbene cronologicamente ad esso precedenti, non ne sono state caducate in ragione della loro specialità.
È questo il caso del precetto normativo introdotto dal cit. art. 14, comma 1, D.L. n. 669/1996, convertito con L. n. 30/1997, che trova applicazione anche al giudizio di ottemperanza sulla base di una sostanziale identità di ratio con l'esecuzione forzata regolata dal c.p.c., trattandosi di istituti che, ancorché per vie e con risultati diversi, hanno ambedue ad oggetto l'adempimento di obbligazione pecuniaria derivante dall'ordine del giudice (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1772; Cons. Stato, Sez. V, 9 marzo 2015, n. 1174; TAR Lazio, Sez. I, 5 febbraio 2015, n. 2143).
Tale disposto normativo, del resto, trova applicazione alle Aziende USL che sono inserite, ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001, nell’ambito delle Amministrazioni dello Stato (Cfr. art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001 secondo cui “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi (…) tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale”; vedi anche Tribunale Napoli, 25 settembre 2006 “Attesa la natura di ente pubblico in senso stretto, non già economico, della ASL – la quale non svolge attività imprenditoriale bensì persegue un preciso fine istituzionale (porre in essere prestazioni di natura sanitaria ed assistenziale) - trova applicazione, nei suoi confronti, l’art. 14 del d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, sicché non si può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica dell’atto di precetto prima che sia decorso il termine ivi previsto”).
Osserva il Collegio come l’art. 14, comma 1, ponga, palesemente, un precetto sostanziale: le pubbliche amministrazioni devono eseguire le sentenze e ogni altro atto giurisdizionale “aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro” (in altri termini: i provvedimenti giurisdizionali esecutivi da cui scaturiscono obbligazioni pecuniarie) senza attendere l'esecuzione forzata e, perciò, “entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo”.
Correlativamente il secondo periodo dello stesso comma 1 pone un precetto di natura processuale: il creditore di tali prestazioni non può procedere ad esecuzione forzata, né alla notifica dell'atto di precetto (perché quest'ultimo comporta ineluttabilmente ulteriori oneri patrimoniali per l'esecutato, incrementando il debito per la sorte con i corrispondenti diritti previsti dalla tariffa forense), prima che sia decorso il termine di centoventi giorni dalla notifica del titolo esecutivo.
Da una mera esegesi sistematica dei due commi, risulta chiaro che il loro combinato disposto ha inteso rendere obbligatoria, sempre e in ogni caso, la preventiva notifica del titolo esecutivo, come condizione di ammissibilità dell'esecuzione forzata.
Proprio perché si tratta di un precetto che ha, insieme, finalità e natura sostanziali e processuali, sarebbe incongruo limitarne la portata unicamente al processo esecutivo disciplinato dal codice di rito civile.
Peraltro, scaturendo tale precetto da una fonte esterna a detto codice, la quale neppure sul piano letterale reca alcun riferimento al processo esecutivo di cui relativo libro III, sembra palesemente trattarsi di un precetto che debba avere generale applicazione, dunque a prescindere dall'ambito giurisdizionale di cui il creditore si avvalga per azionare esecutivamente il proprio credito.
Diversamente opinando, infatti, sarebbe vanificata l'effettività del precetto nella sua interezza (ossia anche in riferimento alla relativa porzione sostanziale), giacché l'amministrazione non sarebbe posta in condizione di adempiere i propri debiti, al netto di ogni ipotetico onere ulteriore, alla sola condizione di esitare le procedure di pagamento nel termine fissato dal comma 1 di detto art. 14: e ciò, da un lato, perché, se non si ritiene obbligatoria la preventiva notifica del titolo, tale termine neppure inizierebbe mai a decorrere; nonché, dall'altro lato, perché la potenziale instaurazione immediata del giudizio di ottemperanza (prima che le procedure di pagamento spontaneo, pur se tempestive e sollecite, siano completate) potrebbe comportare - contro l'espressa volontà del legislatore - l'implementazione del credito con le relative spese giudiziali (che andrebbero liquidate in ogni caso in base alla soccombenza virtuale; e di cui ormai il combinato disposto degli artt. 26 c.p.a. e 91 c.p.c. preclude, salvo ragioni eccezionali, ogni facoltà di compensazione).
D’altra parte, affinché il decreto ingiuntivo acquisti efficacia esecutiva – e salva la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo – occorre un decreto del giudice che ha pronunciato l’ingiunzione ai sensi del disposto di cui all’art. 647 c.p.c., non bastando, a tal fine, la semplice pronuncia del decreto ingiuntivo la cui notifica risulta utile ai fini della eventuale opposizione ma non già della attivazione della procedura esecutiva.
Non v’è dubbio, dunque, che il decreto ingiuntivo, regolarmente notificato ai fini della opposizione, debba essere rinotificato una volta divenuto esecutivo.
Ciò induce a ritenere senz'altro, e riassuntivamente, che:
1) l'obbligo della preventiva notifica del titolo esecutivo, nonché il correlativo termine di grazia di centoventi giorni, stabiliti dal cit. art. 14, sussistono in relazione a ogni credito pecuniario verso pubbliche amministrazioni;
2) limitatamente a tale tipo di obbligazioni, senza la preventiva notifica del titolo e finché pende il termine conseguente, "il creditore non può procedere ad esecuzione forzata" in nessuna forma: né per espropriazione, ai sensi del codice di procedura civile; né in sede di ottemperanza, ai sensi del codice del processo amministrativo;
3) altrimenti, se è stata omessa (come nel caso in esame) la preventiva notificazione del titolo, l'esecuzione - in qualunque forma e sede essa sia stata intrapresa - è inammissibile; ovvero, se sia stata attivata nella pendenza del termine predetto, è improcedibile fino alla sua infruttuosa scadenza;
4) in ogni caso, la ragione ostativa dell'esecuzione forzata è soggetta a rilievo d'ufficio, afferendo a una condizione dell'azione.
Il ricorso, al contrario, deve essere accolto con riferimento ai decreti ingiuntivi nn. 1199/2009 e 777/2008.
L’Azienda sanitaria intimata, infatti, non ha adempiuto alla propria obbligazione e non si è costituita in giudizio.
Occorre, peraltro, rilevare che ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., è ammissibile il giudizio di ottemperanza per i decreti ingiuntivi non opposti o confermati in sede di opposizione (Cons. St., sez. V, 20 aprile 2012, n. 2334).
Il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, essendo impugnabile solo con la revocazione o con l’opposizione di terzo nei limitati casi di cui all’art. 656 c.p.c., ha infatti valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione del ricorso per l’ottemperanza (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2011, n. 5045; Tar Pescara 3 giugno 2013, n. 310).
Né potrebbe ritenersi che il pagamento del decreto ingiuntivo sia nel caso all’esame del Collegio impedito dall’art. 3, d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l. 6 giugno 2013, n. 64, recante disposizioni per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale, tenuto conto che tali disposizioni, pur essendo state dettate per regolare l’ordinato pagamento dei debiti delle Amministrazioni sanitarie, non impediscono l’esercizio di azioni esecutive, rese poi possibili dalla richiamata sentenza n. 186 del 12 luglio 2013 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 51, l.13 dicembre 2010, n. 220, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in quanto, sospendendo prolungatamente (di proroga in proroga) la tutela esecutiva, non solo vanificava gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai creditori delle Aziende sanitarie locali, ma determinava anche disparità di trattamento tra le parti. Effetto tipico della sentenza n. 186 del 2013 è il venir meno con efficacia ex tunc della disposizione di legge incriminata e, con esso, dell’impedimento alla tutela esecutiva assicurata, nel caso di specie, dal giudizio di ottemperanza (Cons. St., sez. III, 24 dicembre 2013, n. 6237; id. 10 dicembre 2013, n. 5888).
Non può parimenti sostenersi che il Commissario ad acta nominato dal giudice non potrebbe in ogni caso procedere al pagamento, dovendo essere seguito l’ordine di priorità dei crediti stabiliti dalla Regione.
Sul punto vale osservare che il Commissario ad acta è un ausiliare del giudice (ai sensi degli artt. 21 e 114, comma 4, lett. d), c.p.a.), titolare di un potere che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad esecuzione; ne deriva che detto organo è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l’azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi in concreto idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nel provvedimento giurisdizionale da portare ad attuazione.
L’esigenza di svincolare l’azione del Commissario dal rispetto dei vincoli procedurali ordinari dell’azione amministrativa, anche con riguardo alla disciplina procedimentale che regola l’emissione dei mandati di pagamento, trova conferma decisiva nel principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., oltre che nei principi, in tema di equità del processo ed effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU.
La corretta attuazione di detti principi suggerisce, infatti, l’approdo ad una soluzione esegetica che consenta la piena attuazione del precetto giudiziario con il ricorso ad ogni determinazione idonea al concreto conseguimento dello scopo, anche in deroga ai canoni ordinari dell’azione amministrativa (Cons. St., sez. III, 7 giugno 2013, n. 3124; Id., sez. V, 1 marzo 2012, n. 1194; Tar Milano, sez. III, 5 dicembre 2013, n. 2713).
Ciò stante, il Collegio deve affermare l’obbligo della A.S.L. Roma C di dare esecuzione ai decreti ingiuntivi nn. 1199/2009 e 777/2008, nei limiti di quanto ancora dovuto e così come richiesto nel ricorso per ottemperanza.
Deve altresì trovare accoglimento l’ulteriore richiesta di parte ricorrente relativa alla debenza degli ulteriori interessi maturati e maturandi sulla sorte dovuta, successivi alla data del passaggio in giudicato e sino all’effettivo soddisfo, in applicazione dell’art. 112, comma 3, prima parte, c.p.a., secondo cui “può essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell'ottemperanza, azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza….” (Tar Lazio, sez. I, 18 ottobre 2013, n. 9028).
Per l’ipotesi di ulteriore inadempienza alla scadenza del termine assegnato si nomina sin d’ora il Segretario Generale del Ministero del lavoro o un funzionario da lui delegato, Commissario ad acta per l’adozione degli atti di esecuzione necessari, da compiersi entro giorni 60 (sessanta) dalla scadenza del termine in precedenza fissato, a carico e a spese dell’Amministrazione inadempiente.
A detto Commissario l’Amministrazione dovrà tempestivamente comunicare l’avvenuto adempimento.
Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile e, per la restante parte, deve essere accolto nei sensi di cui alla motivazione.
Le spese, in considerazione della reciproca soccombenza, possono essere compensate per intero tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,così decide:
- dichiara inammissibile il ricorso con riguardo ai decreti ingiuntivi nn. 392/2008, 469/2008, 16/2009, 72/2009, 7645/2011, 428/2009, 11409/2011;
- dichiara l’obbligo della Azienda USL Roma C di dare esecuzione, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ai decreti ingiuntivi nn. 1199/2009 e 777/2008 secondo quanto indicato in motivazione.
- dispone che, in caso di inutile decorso del termine assegnato per l’ottemperanza, all’esecuzione della predetta sentenza provveda il Commissario ad acta, nominato sin d’ora nella persona del Segretario Generale del Ministero del lavoro o un funzionario da lui delegato, per l’adozione dei provvedimenti di esecuzione entro ulteriori 60 (sessanta) giorni dalla scadenza del termine assegnato ed eventualmente spirato.
- pone a carico della stessa Amministrazione anche il compenso spettante a detto Commissario ad acta, nella misura che il Collegio si riserva di quantificare a conclusione dell’incarico affidatogli.
- compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Sapone, Presidente FF
Pierina Biancofiore, Consigliere
Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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