GIURISDIZIONE:
il danno all'immagine della società pubblica
causato da un dipendente
(come da un amministratore) della stessa,
tra Giudice ordinario e Giudice contabile
(Corte dei Conti, Sez. Giuris.Trentino,
sentenza 28 maggio 2014, n. 16).
La sentenza tocca anche altri importanti aspetti (l'intervento nel processo contabile, il quantum risarcitorio del danno all'immagine della P.A., l'applicabilità alle società pubbliche di tutta la normativa in materia di gare, personale, anticorruzione, etc.), oltre al riparto sul danno d'immagine alla società pubblica.
E' quindi vivamente consigliata la lettura per intero (anche se i Giudice contabile hanno una tecnica espositiva decisamente iterativa, per non dire ridondante e "barocca").
Massima
1. In merito al riparto di giurisdizione tra Giudice contabile e Giudice ordinario in materia di danno all'immagine di una società in mano pubblica, giova premettere che la recente ordinanza n. 3201 del 12 febbraio 2014 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che la giurisdizione sulle azioni di risarcimento dei danni subiti <direttamente> dal patrimonio della società a partecipazione pubblica, per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, spetti al Giudice ordinario ed hanno escluso, per contro, la configurabilità in tale caso del danno erariale, idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
Il danno sociale non sarebbe idoneo, difatti, a configurare un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di pregiudizio i cui effetti sono circoscritti al patrimonio della società - a tutti gli effetti soggetto privato, che non muterebbe natura con riferimento alla partecipazione pubblica - e che trova tutela nell’azione sociale di responsabilità. In quest’ottica, la Cassazione ha previsto una sorta di <doppio binario> della giurisdizione, con due forme di responsabilità concorrenti e settoriali.
1.1 La successiva giurisprudenza della Corte di Cassazione ha confermato il predetto criterio di riparto con un residuale riconoscimento della giurisdizione contabile nel caso di società c.d. <in house providing>.
Alla stregua di orientamento, va dichiarata inammissibile, per difetto di giurisdizione, la domanda del Pubblico Ministero relativa al danno all’immagine concernente la nominata società, dovendosi conseguentemente individuare, ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69/2009 (che ha introdotto il principio della “translatio iudicii”), il Giudice ordinario quale giudice provvisto di giurisdizione su tale specifica questione risarcitoria.
2. Deve, al contrario, affermarsi la giurisdizione del Giudice contabile sulla domanda attorea afferente il risarcimento del danno all’immagine cagionato direttamente alla Regione Trentino Alto Adige, alla Provincia Autonoma di Trento ed al Comune di Trento.
2.1 A tale conclusione si perviene in forza dei principi contenuti nella già citata sentenza n. 26806/2009 dalla Cassazione. In tale decisione, con riferimento alla disciplina di cui all’art. 16 bis della L. n. 31/2008 le Sezioni Unite che è ben configurabile l’azione del Procuratore contabile nel caso in cui l’ente pubblico (e, dunque, il suo patrimonio) risulti danneggiato non di riflesso, quale conseguenza indiretta del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bensì direttamente dall’azione illegittima dell’amministratore o dipendente della società partecipata.
2.2 Tipico esempio di tale situazione, secondo la sentenza n. 26806/2009 citata, è quello riferito al danno all’immagine che può immediatamente determinarsi in capo all’ente pubblico, per il fatto stesso di essere partecipe di una società in cui si siano manifestati comportamenti illegittimi, indipendentemente dall'essere o meno configurabile e risarcibile anche un autonomo e distinto danno all'immagine della medesima società.
2.3 In termini del tutto inequivocabili l’Alto Consesso ha, dunque, confermato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in un'ipotesi come quella in esame (di patteggiamento di un dipendente di una società pubblica, ndr), il cui fondamento troverebbe conferma “anche dal disposto del D.L. n. 102/2009, art. 17, comma 30 - ter, che disciplina e limita le modalità dell'azione della magistratura contabile appunto in caso di danno all'immagine, nelle ipotesi previste dalla L. n. 97/2001, art. 7, ossia in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nel precedente art. 3 della stessa legge, compresi quelli evidenti a prevalente partecipazione pubblica. Non si vede come la medesima regola stabilita per i dipendenti non debba valere anche per gli amministratori e gli organi di controllo della società a partecipazione pubblica. Ad opposta conclusione si deve invece pervenire nel caso in cui l'azione sia proposta per reagire ad un danno cagionato al patrimonio della società”.
2.3 Date queste premesse, nel coordinamento sistematico tra l’azione di responsabilità dinnanzi al Giudice contabile e l’esercizio delle azioni di responsabilità contemplate dal codice civile, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti relativamente al danno all’immagine dell’ente pubblico socio sulla base “dell’evidente ed innegabile collegamento” tra la società partecipata e la P.A., titolare di quote della stessa società .
3. In considerazione di quanto esposto, deve riconoscersi la sussistenza della giurisdizione contabile sulla domanda di risarcimento del danno all’immagine cagionato direttamente al patrimonio della Regione Trentino Alto Adige, della Provincia Autonoma di Trento e del Comune di Trento.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE
GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER IL TRENTINO - ALTO ADIGE CON SEDE IN TRENTO
composta dai Magistrati:
dott. Ignazio DEL
CASTILLO Presidente
dott.ssa Grazia BACCHI Consigliere
dott.ssa Stefania
FUSARO Consigliere
Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di responsabilità iscritto al
n. 3948 del registro di Segreteria, promosso dalla Procura Regionale a carico
di S.B. nato a
Mezzolombardo (TN) il 7/2/1948 e residente in Mezzocorona (TN) – Via Romana n.
25/C - elettivamente domiciliato in Trento, via Oss Mazzurana n. 72, presso lo
studio dell’avv. Luigi de Finis dal quale è rappresentato e
difeso.
Con l’intervento nel giudizio della SOCIETÀ
AUTOSTRADA DEL BRENNERO S.p.A. ( C.F. e P.IVA
00210880225), in persona del legale rappresentante dott. ing. Walter
Pardatscher (C.F. PRDWTR70S10A952M), con sede in Trento, via Berlino, n. 10,
elettivamente domiciliata in Trento, Piazza Mostra n. 15, presso lo studio
dell’avv. prof. Damiano Florenzano, dal quale è rappresentata e difesa.
UDITI, nella pubblica udienza del 26 marzo
2014, con l’assistenza del Segretario dott. Adriano Rosa, il Consigliere
relatore dott.ssa Stefania Fusaro, l’avv. Luigi de Finis in difesa
del convenuto S.B., l’avv. Michele Kumar, in sostituzione dell’avv. Damiano
Florenzano, per l’intervenuta Società Autostrada del Brennero S.p.A.
nonché il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore generale dott.
Carlo Mancinelli.
ESAMINATI tutti gli atti ed i documenti di
causa.
RITENUTO IN
FATTO
1.1 Con atto di citazione depositato in
data 7/11/2013 e ritualmente notificato il successivo 22/11/2013, la Procura
Regionale ha convenuto in giudizio il sig. S.B., ex dipendente della
Società Autostrada del Brennero S.p.A., per sentirlo condannare al pagamento
della somma di euro 10.000,00, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali
e spese di giudizio, in ragione del danno all’immagine cagionato alla medesima
Società ed agli enti pubblici soci della stessa, individuati nella Regione
Autonoma Trentino Alto Adige (titolare della quota di partecipazione del
32,2893%), nella Provincia Autonoma di Trento (titolare della quota di
partecipazione del 5,3359%) e nel Comune di Trento (titolare della quota di
partecipazione del 4,2319%). Quanto ai presupposti dell’azione
risarcitoria, parte attrice ha esposto che con sentenza n. 638 del 15/12/2009,
divenuta irrevocabile in data 25/1/2010, il Giudice per l’udienza preliminare
presso il Tribunale di Trento ha dichiarato la responsabilità penale del convenuto,
nella qualità di addetto all’ufficio acquisti della Società Autostrada del
Brennero S.p.A., per il delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di
ufficio, ex art. 319 c.p. e, riconosciuta l’aggravante di cui all’art. 319 bis
del codice penale, ha applicato la pena di mesi undici di reclusione. Il
Pubblico Ministero ha affermato che dagli atti del giudizio penale, definito
con la ricordata sentenza n. 638/2009, è risultato acclarato
che il sig. S., nell’ambito della procedura pubblica per l’affidamento
della fornitura di vestiario per il personale dell’Autobrennero S.p.A., ha
agevolato la società Moda Carpi s.a.s., ricevendo, nel maggio del 2007, dal
socio ed amministratore della stessa, sig. Libardi Enzo, il
pagamento di occhiali da vista a beneficio proprio
e della moglie (per un valore di circa 650 euro) nonché,
nel giugno del medesimo anno, il pagamento di
una fornitura di reti e materassi (per un’utilità di circa 1.100 – 1.200
euro). Il Requirente ha aggiunto che in relazione ai medesimi fatti
il sig. S. è stato, altresì, condannato con sentenza n. 181/2011 della Corte
di Appello di Trento, divenuta irrevocabile in data 24/4/2013, alla pena di
otto mesi di reclusione e di euro 600,00 di multa per il reato, ex art 353
c.p., di turbata libertà degli incanti.
Nella prospettazione accusatoria, parte
attrice ha preliminarmente svolto argomentazioni tese a dimostrare la
sussistenza della giurisdizione contabile (contestata dalla difesa del
convenuto, nelle controdeduzioni all’invito a dedurre) sul danno all’immagine
arrecato alla Società Autobrennero S.p.A., richiamando numerose decisioni delle
Sezione Unite Civili della Corte di Cassazione (ord. n. 24676/2009, ord. n.
24671/2009, sentenza n. 27092/2009 sul caso “RAI”, ord. n. 5032/2010 sul caso
“ENAV”), che hanno affermato la provvista di giurisdizione del
Giudice contabile ogni qual volta la società
in mano pubblica rappresenti un modello organizzatorio di cui si
avvale la P.A. nel perseguimento delle proprie finalità. In relazione a tale
profilo, il P.M. contabile ha osservato come la Società Autostrada del Brennero
S.p.A., al di là dello schema giuridico formale privatistico, svolga la propria
attività quale concessionaria di diritto pubblico e sia quasi totalmente
partecipata da enti pubblici (con una quota pubblica, complessiva, pari a
81,1788%); ha quindi evidenziato che l’oggetto sociale di Autobrennero S.p.A. è
vincolato per legge, soggiungendo che lo statuto societario prevede
una particolare disciplina in ordine alla circolazione delle azioni sociali ed
alla composizione dell’organo di controllo interno; ha ricordato, infine, come
nei confronti di tale società trovino applicazione le normative in tema di
reclutamento del personale e di conferimento di incarichi (D.lgs. n. 165/2001,
D.L. n. 95/2012 conv. in legge n. 135/2012), di assoggettamento alla normativa
anticorruzione (L. n. 190/2012), di controlli (D.lgs n. 267/2000) e di tutela
della parità di genere (D.P.R. n. 251/2012). In considerazione di tali
elementi, richiamati gli indici enucleati dalla giurisprudenza per individuare
gli organismi di diritto pubblico, pacificamente soggetti alla giurisdizione
contabile (cfr. Corte dei conti, Prima Sezione Giurisdizionale Centrale n.
809/2012), parte attrice ha sostenuto che la Società Autobrennero S.p.A. deve
ritenersi una Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che il pregiudizio
arrecato al patrimonio della stessa troverebbe tutela nell’ azione del Pubblico
Ministero contabile.
A non
diverse conclusioni – ha proseguito il Requirente – si perverrebbe per il
nocumento arrecato all’immagine degli enti pubblici titolari di partecipazioni
azionarie nella Società Autostrada del Brennero S.p.A.. A sostegno di tale
prospettazione, il Pubblico Ministero ha richiamato la decisione delle Sezioni
Unite della Corte di Cassazione n. 26806/2009 (caso “Enel Power”)
per confermare la giurisdizione della Corte dei conti in relazione al danno
all’immagine subito dalla Regione Autonoma Trentino Alto Adige, dalla Provincia
Autonoma di Trento e dal Comune di Trento.
Nel rilevare che l’azione per tale
tipologia di danno, secondo consolidata giurisprudenza della Corte dei conti,
può trovare il proprio fondamento negli accertamenti risultanti da un
procedimento penale definito con sentenza di <patteggiamento> ai sensi
dell’art. 444 del c.p.p., il Requirente ha osservato come la condotta illecita
del convenuto risulti ampiamente provata non solo sulla base della sentenza n.
638/2009 del Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Trento,
ma anche in forza della sentenza n. 181/2011 della Corte di Appello di Trento,
con quale il sig. S. è stato condannato per turbata libertà degli incanti
nonché per gli accertamenti contenuti nella sentenza n. 128/2012 del Tribunale
di Trento, di condanna del coimputato Libardi Enzo.
In relazione al quantum del
danno imputabile al sig. S., la Procura Regionale, tenuto conto della modesta
consistenza economica degli indebiti vantaggi conseguiti nonché della mancata
reiterazione degli illeciti da parte del convenuto, ha quantificato il
risarcimento dovuto nella somma di euro 10.000,00 (con una stima
inferiore, rispetto all’importo di euro 30.000,00 contestato in sede di invito
a dedurre) ed ha concluso per la richiesta di condanna del convenuto al pagamento
di tale importo, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di
giudizio.
1.2 Con memoria
depositata in data 5/3/2014 si è costituito in giudizio il sig. B.S. con il patrocinio dell’avv. Luigi de Finis. In
principalità, la difesa del convenuto ha eccepito il difetto di giurisdizione
della Corte dei conti, asserendo che spetta al Giudice Ordinario la cognizione
sull’azione di risarcimento dei danni subiti dalla società a partecipazione
pubblica ovvero dai soci della stessa. A sostegno dell’assunto difensivo ha
richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 7374/2013)
che esclude la giurisdizione contabile per i danni direttamente patiti dalle
società per azioni partecipate pubbliche; ha quindi evidenziato come l’applicazione
dei principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in materia di
<organismo di diritto pubblico>, farebbe escludere che la Società
Autostrada del Brennero S.p.A. abbia tale natura, e ciò non solo in
considerazione della partecipazione societaria <mista>, di soggetti
pubblici e privati, ma anche in ragione dell’oggetto della società e
dell’allocazione del rischio di impresa; ha inoltre sottolineato come ai sensi
dell’art. 24 dello statuto societario non sussista alcuna subordinazione gerarchica
della società rispetto alla Pubblica Amministrazione.
Nel merito, il nominato patrocinio ha
rilevato come nella fattispecie all’esame non vi siano incontrovertibili
elementi di prova circa la condotta illecita addebitata e l’esistenza del danno
contestato; ha osservato che il convenuto si è limitato ad avere superficiali
colloqui con il sig. Enzo Libardi (e con i terzi incaricati di
valutare i manufatti dei vari partecipanti alla gara), precisando che il ruolo
del sig. S. è stato circoscritto a quello di segretario della Commissione
Tecnica.
La difesa del convenuto ha rimarcato che
la scelta di patteggiare la pena per l’imputazione di corruzione è stata
dettata dalla convinzione della non equipollenza della sentenza ex art. 444
c.p.p. ad una sentenza di condanna; ha rilevato come il coimputato Libardi sia stato
assolto, con sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 290/13, per
insussistenza della prova della condotta corruttiva in relazione all’episodio
afferente alla donazione delle reti e dei materassi ortopedici. Ad avviso del
difensore vi sarebbe, dunque, un contrasto tra la sentenza n. 638/2009 del
Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Trento, che ha applicato al
S. la pena sul presupposto dell’esistenza del reato di corruzione, e la
sentenza della Corte Appello di Trento n. 290/2013 (relativa al coimputato
Libardi) e tale dicotomia dimostrerebbe la mancanza di incontestabili prove a
carico dell’odierno convenuto.
In definitiva, per il nominato patrocinio
non sussisterebbero nella fattispecie i presupposti per l’accoglimento della
domanda attorea e ciò non solo in quanto le condotte contestate al sig. S. non sarebbero connotate da antigiuridicità, perché andrebbero valutate
nell’ambito del rapporto di amicizia con il sig. Enzo Libardi; ma anche perché
negli articoli di stampa il convenuto è stato identificato come un dipendente
dell’Autobrennero s.p.a., sicchè non vi sarebbe un danno all’immagine
riferibile agli enti pubblici soci, tanto più con riferimento alla limitata
caratura delle quote di partecipazione dei tre enti pubblici nella Società
Autostrada del Brennero S.p.A. In ogni caso, sussisterebbe una
<minimalità> di danno, in quanto i comportamenti illeciti si
sarebbero limitati ad un unico episodio (pagamento degli occhiali), come
accertato nella sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 290/2013 e,
dunque, avrebbero comportato l’acquisizione di un indebito vantaggio di misura
modestissima. Per la denegata ipotesi di affermazione della responsabilità, la
difesa del S. ha eccepito la prescrizione dell’azione erariale, osservando
come la condotta illecita risalga al 22 giugno 2007 e che, quindi, ogni
eventuale diritto al risarcimento del danno deve ritenersi prescritto entro il
22/6/2012. Alla luce delle dedotte considerazioni, il nominato
patrocinio ha formulato le seguenti conclusioni :”rigettare ogni domanda
proposta dalla Procura Regionale nei confronti del S. B., per difetto di
giurisdizione sulle questioni oggetto della domanda, per insussistenza di
comportamenti produttivi di danno erariale a favore dei soggetti indicati dalla
Procura Regionale; in subordine, per insussistenza della colpa grave nel
comportamento del S.; per insussistenza comunque del danno subito
dall’Autobrennero e dai soci pubblici della stessa e per prescrizione
dell’ipotizzato diritto di tali soggetti a riscuotere il risarcimento di tale
danno; in estremo subordine, ridursi l’ammontare del danno risarcibile, con
vittoria di spese di difesa e di patrocinio”.
1.3. Con memoria notificata al convenuto
ed alla Procura Regionale e depositata in data 5/3/2014, la Società
Autostrada del Brennero S.p.A. è intervenuta nel giudizio ai sensi dell’art. 47
del r.d. n. 1038/1933, con il patrocinio dell’avv. prof. Damiano
Florenzano. In via principale, il nominato difensore ha affermato
l’interesse della società ad intervenire in causa, al fine di far accertare
l’insussistenza della natura erariale del danno arrecato al patrimonio della
stessa; ha, quindi, contestato la prospettazione attorea relativa al
radicamento della giurisdizione contabile, osservando come i singoli indici di
pubblicità elencati da parte attrice non modifichino la qualificazione di
Autobrennero S.p.A. come società di diritto comune a capitale misto (con una
componente privata pari al 18,7407%), che opera in regime di libera
concorrenza.
A sostegno della tesi negatoria della
giurisdizione, la difesa dell’intervenuta ha richiamato l’ordinanza n. 3201 del
12 febbraio 2014 della Suprema Corte di Cassazione che, proprio con riferimento
all’azione della Procura contabile promossa in diverso giudizio pendente
innanzi questa Sezione Giurisdizionale (R.G. n. 3815), per asseriti danni
cagionati al patrimonio della Società Autostrada del Brennero S.p.A., ha negato
la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti.
Anche in considerazione del recente
pronunciamento del Giudice regolatore della giurisdizione, la difesa della
Società Autostrada del Brennero S.p.A. ha concluso chiedendo a questa Corte di
<circoscrivere l’oggetto della domanda procedibile in questa sede>.
1.4. All’udienza di discussione, l’avv. De
Finis, per il convenuto, si è riportato a quanto dedotto in atti, insistendo
per l’accoglimento dell’eccezione di difetto di giurisdizione o, in subordine,
dell’eccezione di prescrizione quinquennale; ha ribadito le argomentazioni
difensive tese a dimostrare l’ insussistenza della responsabilità
amministrativa del convenuto, anche alla luce dell’assoluzione del coimputato
Libardi in Corte d’Appello; ha, quindi, insistito per l’accoglimento delle
conclusioni rassegnate in atti, sottolineando la carenza dell’elemento della
colpa grave, e rilevando, in ogni caso, come la pretesa risarcitoria formulata
dalla Procura risulti particolarmente gravosa per il convenuto che fruisce di
una pensione mensile di 2.000 euro. L’avvocato Michele Kumar, per l’intervenuta
Società Autostrada del Brennero S.p.A., si è riportato agli scritti difensivi,
ribadendo che il danno causato dal sig. S. non riveste natura
erariale.
Il Pubblico Ministero, in via preliminare,
ha eccepito l’inammissibilità dell’intervento della Società Autostrada del
Brennero S.p.A.; ha ribadito la sussistenza della giurisdizione della Corte dei
Conti per il danno subito dai soci pubblici, richiamando sul punto la sentenza
della Cassazione relativa al caso <Enel Power>; ha contestato
l’eccezione di prescrizione, osservando come in forza della disciplina
introdotta dal c.d. <Lodo Bernardo>, l’azione della Procura contabile per
il danno all’immagine può ritenersi ammissibile solo a seguito della condanna
penale; ha quindi confermato l’impianto accusatorio, ponendo in evidenza come
non abbia alcun rilievo la sentenza di assoluzione del coimputato Libardi. Con
riferimento, invece, alla quantificazione del danno, ha precisato che in
fattispecie non può ritenersi applicabile la sopravvenuta normativa che fa
riferimento al doppio dell’importo della dazione e che la quota di danno
complessivamente riconoscibile in favore degli Enti pubblici può essere
determinata nell’importo di euro 5.000,00. In sede di replica, l’avvocato Kumar
ha precisato che l’intervento in giudizio di Autobrennero S.p.A. non è da
intendersi come adesivo delle ragioni del convenuto.
All’esito della discussione, la causa è
stata trattenuta in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1 La questione sottoposta all’esame del
Collegio attiene al danno all’immagine asseritamente cagionato dal sig. Bruno
S., ex dipendente di Autostrada del Brennero S.p.A., alla medesima
società, nonché agli enti pubblici soci della stessa, identificati nella
Regione Autonoma Trentino Alto Adige, nella Provincia di Trento e nel Comune di
Trento, in ragione di condotte che hanno formato oggetto di un processo penale
definito con l’applicazione della pena, ex art. 444 c.p.p., per il reato di
corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.)
In via preliminare va rilevato che la
difesa del convenuto ha contestato la giurisdizione del Giudice contabile
richiamando, a sostegno di tale prospettazione, la recente ordinanza n. 3201
del 12 febbraio 2014 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha
negato la giurisdizione della Corte dei conti proprio in una fattispecie di
danno concernente l’odierna società interveniente.
Osserva il Collegio come la richiamata
pronuncia si inserisca nell’alveo di un ormai consolidato orientamento
giurisprudenziale della Suprema Corte, che ha presso avvio dalla nota decisione
n. 26806/2009 (caso “Enel Power”). Nell’occasione, le
Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che la giurisdizione
sulle azioni di risarcimento dei danni subiti <direttamente> dal
patrimonio della società a partecipazione pubblica, per effetto di condotte
illecite degli amministratori o dei dipendenti, spetti al Giudice ordinario ed
hanno escluso, per contro, la configurabilità in tale caso del danno erariale,
idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
Secondo i principi enucleati dalla Suprema
Corte, il danno sociale non sarebbe idoneo a configurare un’ipotesi di azione
ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di pregiudizio
i cui effetti sono circoscritti al patrimonio della società - a tutti gli
effetti soggetto privato, che non muterebbe natura con riferimento alla
partecipazione pubblica - e che trova tutela nell’azione sociale di
responsabilità. In quest’ottica, la Cassazione ha previsto una sorta
di <doppio binario> della giurisdizione, con due forme di responsabilità
concorrenti e settoriali.
La successiva giurisprudenza della Corte
di Cassazione ha confermato il predetto criterio di riparto (cfr. ex pluribus,
dopo l’ordinanza interlocutoria n. 2815 del 24/2/2012, Cass. SS.UU. n.
7374/2013, n. 8352/2013, n. 10299/2013, n. 26283/2013) con un residuale
riconoscimento della giurisdizione contabile nel caso di società c.d. <in
house providing>, tale intendendosi quella “costituita da uno o più
enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i
medesimi possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività
prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto
assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti
pubblici sui propri uffici” (cfr. Cass. SS.UU. n. 26283/2013; n. 5941/2014,
in cui si afferma che tali requisiti devono sussistere tutti
contemporaneamente).
Orbene, l’ordinanza delle Sezioni Unite n.
3201 del 12 febbraio 2014, resa su regolamento di giurisdizione sollevato in un
giudizio pendente avanti questa Sezione (n. R.G. 3815), facendo applicazione
proprio di tali principi, ha escluso la giurisdizione contabile sui danni
direttamente cagionati al patrimonio della Società Autostrada del Brennero
S.p.A.. Nella motivazione dell’ordinanza si legge, infatti, che tale società
non è retta “da una qualche disciplina legale che la collochi su di un
piano significativamente diverso da quello di altre società a partecipazione
pubblica, cui siano stati affidati in concessione pubblici servizi, né presenta
le caratteristiche della società in house (…)” e che non v’è alcuna
disposizione statutaria “che escluda il concorso dell’azionariato
privato (essendo, anzi, pacifico che una quota del capitale sociale è di fatto
in mano a soci privati)”, o previsione dell’obbligo “di
esplicare la propria attività prevalentemente in favore degli enti pubblici ad
essa partecipati e neppure è documentata la sottoposizione degli organi
amministrativi della società a quella forma di rapporto gerarchico, rispetto
agli enti pubblici partecipanti, che configura il requisito del c.d.
<controllo analogo>”.
Alla stregua dell’ orientamento assunto
dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3201 del 12
febbraio 2014, e dei principi ivi enunciati con specifico riferimento alla
natura giuridica della Società Autostrada del Brennero S.p.A., va dichiarata
inammissibile, per difetto di giurisdizione, la domanda del Pubblico Ministero
relativa al danno all’immagine concernente la nominata società, dovendosi
conseguentemente individuare, ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69/2009 (che
ha introdotto il principio della “translatio iudicii”), il Giudice
ordinario quale giudice provvisto di giurisdizione su tale specifica questione
risarcitoria.
Deve, al contrario, affermarsi la
giurisdizione di questa Corte sulla domanda attorea afferente il risarcimento
del danno all’immagine cagionato direttamente alla Regione Trentino Alto
Adige, alla Provincia Autonoma di Trento ed al Comune di Trento. A
tale conclusione si perviene in forza dei principi contenuti nella già citata
sentenza n. 26806/2009 dalla Corte regolatrice della giurisdizione. In tale
decisione, con riferimento alla disciplina di cui all’art. 16 bis della legge
n. 31/2008 (che ha convertito il D.L. n. 248 del 31/12/2007) le Sezioni Unite
hanno affermato che tale norma assume un significato retrospettivo, nella
misura in cui lascia intendere che in ordine alla responsabilità di
amministratori e dipendenti di società a partecipazione pubblica, vi sia una
naturale area di competenza giurisdizionale diversa da quella ordinaria. In
particolare, la Suprema Corte ha affermato che è ben configurabile l’azione del
Procuratore contabile nel caso in cui l’ente pubblico (e, dunque, il suo
patrimonio) risulti danneggiato non di riflesso, quale conseguenza indiretta
del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bensì direttamente dall’azione
illegittima dell’amministratore o dipendente della società partecipata. Tipico
esempio di tale situazione, secondo la sentenza n. 26806/2009 citata, è quello
riferito al danno all’immagine che può immediatamente determinarsi in capo
all’ente pubblico, per il fatto stesso di essere partecipe di una società in
cui si siano manifestati comportamenti illegittimi, indipendentemente
dall'essere o meno configurabile e risarcibile anche un autonomo e distinto
danno all'immagine della medesima società.
In termini del tutto inequivocabili l’Alto
Consesso ha, dunque, confermato la sussistenza della giurisdizione
della Corte dei conti in un'ipotesi siffatta, il cui fondamento
troverebbe conferma “anche dal disposto del D.L. 3 agosto 2009, n. 102,
art. 17, comma 30 - ter, (quale risulta dopo le modifiche apportate dal D.L. in
pari data, n. 103, convertito con ulteriori modificazioni nella L. 3 ottobre
2009, n. 141), che disciplina e limita le modalità dell'azione della
magistratura contabile appunto in caso di danno all'immagine, nelle ipotesi
previste dalla L. 27 marzo 2001, n. 97, art. 7, ossia in presenza di una
sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti
indicati nel precedente art. 3 della stessa legge, compresi quelli evidenti a
prevalente partecipazione pubblica. Non si vede come la medesima regola
stabilita per i dipendenti non debba valere anche per gli amministratori e gli
organi di controllo della società a partecipazione pubblica. Ad opposta
conclusione si deve invece pervenire nel caso in cui l'azione sia proposta per
reagire ad un danno cagionato al patrimonio della società”. Date
queste premesse, nel coordinamento sistematico tra l’azione di responsabilità
dinnanzi al Giudice contabile e l’esercizio delle azioni di responsabilità
contemplate dal codice civile, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la
giurisdizione della Corte dei conti relativamente al danno all’immagine
dell’ente pubblico socio sulla base “dell’evidente ed innegabile
collegamento” tra la società partecipata e la P.A., titolare di quote della
stessa società (cfr. Corte dei conti, Terza Sezione Giurisdizionale Centrale
d’Appello n. 228/2012). In considerazione di quanto esposto, deve
riconoscersi la sussistenza della giurisdizione contabile sulla domanda di
risarcimento del danno all’immagine cagionato direttamente al patrimonio
della Regione Trentino Alto Adige, della Provincia Autonoma di Trento e del
Comune di Trento.
2.2. Quanto all’ammissibilità
dell’atto di intervento della Società Autostrada del Brennero S.p.A., va
premesso che per i giudizi innanzi alla Corte dei conti la disciplina di
riferimento è data dall’art. 47 del R.D. n. 1038/1933 (“chiunque abbia
interesse nella controversia può intervenire in causa con atto notificato alle
parti e depositato nella Segreteria della Sezione”) nonché dalle norme del
codice di rito (art. 105 s.s. c.p.c.), in virtù della clausola di rinvio
dinamico contenuta nell’art. 26 del R.D. n. 1038/1933, che rende operanti tali
disposizioni ove compatibili con la disciplina del processo contabile. Va
peraltro ricordato che, per consolidata giurisprudenza, nei giudizi di
responsabilità amministrativa non è ammesso né l’intervento principale (c.d. ad
excludendum) né quello adesivo autonomo, in quanto siffatte iniziative
introdurrebbero nel processo domande nuove ed ampliative del thema
decidendum, nell’ambito di in un sistema che riconosce al solo P.M.
contabile la titolarità dell’azione di responsabilità per danno erariale. In
definitiva, si ritiene che l’unico intervento ammissibile sia quello adesivo
dipendente ad adiuvandum, con il quale l’Ente pubblico che si
presume danneggiato “non fa valere un diverso autonomo
diritto e nemmeno uno dipendente da quello oggetto del giudizio in corso, ma si
limita a sostenere le ragioni del Requirente contabile, avendone un evidente
interesse” (cfr. Corte dei conti, Prima Sezione Giurisdizionale Centrale
d’Appello n. 103/2008; Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n.
241 del 14/7/2004). In relazione alle sopra esposte considerazioni, tenuto
conto che l’intervento in giudizio della Società Autostrada del Brennero S.p.A.
non è configurabile come adesivo dipendente delle ragioni del P.M. contabile,
ne deve essere dichiarata l’inammissibilità.
2.3. Per quanto concerne il merito della
controversia, giova rilevare come nell’attuale contesto normativo e giurisprudenziale,
l’immagine tutelabile dell’Ente pubblico coincida con una rappresentazione
dell’Amministrazione conforme al paradigma delineato dall’art. 97 della
Costituzione. Il vulnus al prestigio della Pubblica
Amministrazione si verifica, pertanto, ogni qual volta l’agente pubblico, con
abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica
funzione, ponga in essere comportamenti illeciti, contrastanti con i
dettami della buona amministrazione (cfr. Corte dei conti, Sezioni
Riunite n. 10/QM/2003). Ed invero, la risarcibilità, dinnanzi al
Giudice contabile, della lesione all’immagine della Pubblica
Amministrazione rappresenta l’approdo di un ultradecennale orientamento
giurisprudenziale della Corte dei conti, confortato dalle decisioni della Corte
di Cassazione (cfr. Corte dei conti, Sezioni
Riunite n. 10/QM/2003; Corte di Cassazione SS.UU. n.
5668/1997, n. 3600/2003), sul quale è intervenuta la peculiare regolamentazione
legislativa dettata dall’art. 17 comma 30 ter del decreto legge n.
78/2009 (convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009 n.
102, modificato con il decreto legge 3 agosto 2009 n. 103, convertito con
modificazioni dalla legge 3 ottobre 2009 n. 141).
Con la disposizione da ultimo richiamata è
stato previsto che: “Le Procure della Corte dei conti esercitano l’azione
per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi
previsti dall’art.7 della legge 27 marzo 2001 n. 97.
A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma
2 dell’artt. 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, è
sospeso fino alla conclusione del procedimento penale”. Com’è
noto, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 355/2010, nel dichiarare
infondata la questione di costituzionalità sollevata in ordine all’art. 17, c.
30-ter cit., ha affermato che il legislatore ha “delimitato, sul
piano oggettivo, gli ambiti di rilevanza del giudizio di responsabilità,
ammettendo la risarcibilità del danno per lesione dell’immagine
dell’amministrazione soltanto in presenza di un fatto che integri gli estremi
di una particolare categoria di delitti”.
Una parte della giurisprudenza contabile
ha sottolineato come la richiamata decisione della Consulta sia di rigetto e
che come tale - a differenza di quelle dichiarative di illegittimità
costituzionale, che hanno efficacia erga omnes – possa
determinare un vincolo per il solo Giudice del procedimento nel quale la
relativa eccezione è stata sollevata. Secondo tale orientamento, il danno
all’immagine della P.A. sarebbe configurabile, pur dopo la novella legislativa
di cui al ripetuto art. 17, comma 30-ter, anche in presenza di reati
diversi da quelli indicati dall’art. 7 della L. n. 97/2001 (cfr. Corte dei
conti, Prima Sezione giurisdizionale Centrale d’Appello n. 802/2013; Terza
Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 286/2012; Sezione giurisdizionale
Toscana, n. 90/2011). Per completezza espositiva deve rilevarsi che
il Legislatore con l’art. 1, comma 62, della legge n. 190 del 6/11/2012 (in
vigore dal 28/11/2012), ha novellato l’art. 1 della legge n.
20/1994, attraverso l’inserimento del nuovo comma 1 sexies, in
forza del quale “nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno
all’immagine della Pubblica Amministrazione derivante dalla commissione di un
reato contro la stessa Pubblica Amministrazione, accertato con sentenza passata
in giudicato, si presume salva prova contraria pari al doppio della somma di
denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal
dipendente”. Con tale disciplina il Legislatore ha introdotto un parametro
di riferimento per la determinazione del quantum del danno,
fornendo una presunzione <iuris tantum>, suscettibile
di prova contraria, integrante il generale criterio
equitativo previsto dall’art. 1226 del codice civile (cfr. Corte dei conti,
Sezione Giurisdizionale per la Lombardia n. 8/2014).
2.4 Ciò detto, osserva il Collegio
come in fattispecie sussistano tutti i presupposti legittimanti l’azione del
P.M. contabile per il contestato danno all’immagine. E’, infatti, destituita di
fondamento la tesi difensiva di inammissibilità dell’azione, tenuto conto che
al sig. S. la pena per il reato di cui all’art. 319 c.p. è stata comminata in
forza della sentenza prevista dall’ art. 444 del codice di procedura penale. In
proposito va richiamata la condivisibile giurisprudenza contabile che, sulla
base del rinvio contenuto nell’art. 17 comma 30 ter del decreto legge n.
78/2009 all’art. 7 della legge n. 97/2001, attribuisce valenza di condanna alla
sentenza di patteggiamento.
Sotto tale profilo, infatti, va rilevato
che la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., non può essere
pronunciata nel caso in cui il Giudice penale ravvisi la sussistenza delle
circostanze che possano dar luogo ad un proscioglimento a norma dell’art.
129 del c.p.p.; va inoltre ricordato che tale pronuncia può essere emessa sempre
che il Giudice ritenga corrette la qualificazione giuridica del fatto,
l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e la
congruità della pena applicata. Non v’è dubbio, poi, che l’art. 7 della
legge n. 97/2001, richiamato nel decreto legge n. 78/2009, faccia un
riferimento di carattere generale alla pronuncia di condanna e che,
ai sensi dell’art. 445, comma 1-bis, c.p.p., la sentenza di applicazione
della pena su richiesta delle parti, fatte salve diverse disposizioni di legge,
deve ritenersi equipollente ad una pronuncia di condanna.
Alla luce delle sopra esposte
considerazioni il Collegio, non rinvenendo in materia di responsabilità
amministrativo contabile disposizioni specifiche di segno contrario, ritiene
che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art.
444 c.p.p., debba essere equiparata ad una decisione di condanna, consentendo,
pertanto, l’esercizio dell’azione del Pubblico Ministero per il danno
all’immagine (cfr. ex multis, Corte dei conti, Prima Sezione Giurisdizionale
Centrale d’Appello n. 809/2012; Seconda Sezione Giurisdizionale
Centrale d’Appello n. 305/2010; Terza Sezione Giurisdizionale Centrale
d’Appello n. 228/2012; Sezione Giurisdizionale per la Lombardia n. 378/2012).
2.5 Parimenti, non può trovare
accoglimento l’eccezione di prescrizione dell’azione di danno erariale
sollevata dalla difesa del convenuto. Va premesso al riguardo che, ai sensi
dell'art. 1, comma 2 della legge n. 20/1994 (come successivamente modificata
dalla legge n. 639/1996) “il diritto al risarcimento del danno si prescrive
in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il
fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data
della sua scoperta”. Giova, tuttavia, osservare come nella fattispecie
in esame il Pubblico Ministero abbia contestato al convenuto di aver
cagionato il danno all’immagine degli enti pubblici e che, in forza della
peculiare disciplina di cui al richiamato art. 17, comma 30 ter del D.L. n.
78/2009 (ritenuta costituzionalmente legittima con ordinanza della Corte
costituzionale n. 219/2011), in tale particolare ipotesi il decorso del termine
di prescrizione è da ritenersi sospeso sino alla conclusione del procedimento
penale, verificandosi, pertanto, una condizione di impedimento ad agire (di
carattere giuridico e non di mero fatto) per il P.M. contabile. In ragione di
tali premesse, considerato che ai sensi dell’art. 2935 del c.c., la
prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto
valere e tenuto conto che la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare
presso il Tribunale di Trento n. 638/2009, applicativa della pena di mesi
undici di reclusione per il delitto di cui all’art. 319 c.p., è divenuta irrevocabile
in data 25/1/2010, non v’è dubbio che l’azione della Procura contabile sia
stata proposta nell’ambito del prescritto termine quinquennale.
2.6 Oltre che tempestivamente promossa,
l’azione del P.M. contabile deve ritenersi meritevole di accoglimento. Ritiene,
infatti, il Collegio che dal corredo probatorio in atti, si possa desumere la
fondatezza della domanda attorea nella parte relativa al pregiudizio
all’immagine degli Enti pubblici soci della Società Autostrada del Brennero
S.p.A., conseguente alle condotte illecite, sanzionate sotto il profilo penale,
di cui si è reso responsabile il sig. S..
La prova di tali condotte emerge dagli
atti del processo penale definito con sentenza n. 638/2009 del Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Trento, che ha applicato all’odierno
convenuto la pena di 11 mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 319
c.p.. Di rilievo appaiono le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche
delle conversazioni intervenute fra il sig. S. ed il Libardi (telefonate in
data 21/6/2007 e 22/6/2007, con riferimento al pagamento dei materassi e delle
reti), nonché fra quest’ultimo ed il sig. Lenzi (telefonate in data 15/5/2007 e
28/5/2007, con riferimento al pagamento degli occhiali).
Il Giudice penale, nella citata sentenza
n. 638/2009, ha ritenuto “pacifico dalle dichiarazioni degli imputati, oltre
che dalle acquisizioni probatorie ulteriori, che il pagamento del prezzo degli
occhiali acquistati dall’imputato venne effettuato dal Libardi; e lo stesso
avvenne per l’acquisto dei materassi. In relazione al primo fatto, le parti
affermano che si trattò di una semplice liberalità dovuta a ragioni di cortesia
ed alla decennale amicizia tra i due protagonisti, S. e Libardi; dalla
conversazione telefonica in data 15/5/2007 tra Libardi ed il venditore risulta
invece legittima la diversa interpretazione che si trattò di una prestazione
finalizzata a sdebitare il primo di un rilevante obbligo che aveva nei
confronti del S.; e la data della comunicazione rende plausibile ritenere che
tale obbligo nasceva dalla vicenda dell’assegnazione della fornitura
dell’abbigliamento per i dipendenti A22, cui fa riferimento il capo di
imputazione, visto che si trattava dell’unico rapporto che li vedeva collegati;
la telefonata è della data di cui si è detto, la riunione della Commissione che
definiva l’assegnazione della commessa alla Moda Carpi è dei primi di giugno,
pochi giorni dopo. Altrettanto chiara è la vicenda dei materassi, ove però il
S. afferma che il prezzo era stato solo anticipato dal Libardi”. Del
particolare rapporto di complicità/collusione fra il convenuto ed il Libardi
(amministratore di fatto della società Moda Carpi s.a.s.) ha dato atto anche la
sentenza della Corte di Appello di Trento n. 181/2011, divenuta irrevocabile,
che ha riconosciuto la colpevolezza del sig. S. per il reato di turbativa
d’asta. Nella ricordata decisione, il Giudice penale ha rilevato come “il
contenuto ed il tenore delle conversazioni S./Libardi dimostrano, spesso
implicitamente a volte esplicitamente, lo scopo perseguito da entrambi gli
interlocutori ravvisabile nell’intenzione di escludere la ditta vincitrice,
consentendo così il subentro di quella esclusa. Significativo, in tal senso, è
il fatto che il Son, violando il dovere di riservatezza, la stessa sera del
31.1. informi il Libardi dell’esito della gara”.
Né, ad avviso del Collegio, inficia la
solidità dell’impianto accusatorio del P.M. contabile, la sopravvenuta
decisione della Corte d’Appello di Trento n. 290/2013 relativa al solo Libardi.
Appare dirimente osservare che quest’ultima decisione, comunque riguardante
soggetto diverso dal convenuto, non è definitiva mentre l’imputazione per il
delitto di cui all’art. 319 c.p., nei confronti del sig. S., è ormai
cristallizzata nella sentenza n. 638/2009, divenuta irrevocabile.
Si deve, altresì, rilevare che la stessa
decisione n. 290/2013 della Corte di Appello di Trento relativa al Libardi,
richiamata dalla difesa, non disconosce l’esistenza fattuale del contestato
episodio del pagamento degli occhiali (da parte del Libardi al S.),
limitandosi ad osservare che non si sarebbe in presenza (per il Libardi) di una
“condotta di corruzione propria antecedente ma tutt’al più, di corruzione
propria susseguente”, per poi ritenere tale fattispecie assorbita nel reato
di cui all’ art. 353 c.p.
La certezza dei fatti contestati al sig.
S. consente, dunque, di ritenere che le condotte delittuose di cui si è
macchiato il nominato dipendente abbiano comportato per la Regione Trentino
Alto Adige, per la Provincia Autonoma di Trento e per il Comune di Trento,
titolari di quote di partecipazione nella Società Autostrada del Brennero
S.p.A., una lesione diretta della propria immagine di Pubbliche
Amministrazioni, dovendosi considerare pacifica e del tutto notoria,
nell’ambito della Comunità territoriale Trentina, la presenza dei richiamati
enti territoriali nel capitale della Autobrennero S.p.A; con la conseguenza che
la diffusione delle notizie concernenti la vicenda in esame ha prodotto clamore
sociale ed ha determinato, secondo quanto comunemente percepito da parte degli
appartenenti a tale Comunità, un’immagine negativa degli enti pubblici
azionisti (cfr. Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n.
228/2012).
Ai fini della quantificazione del
pregiudizio recato agli Enti pubblici titolari di partecipazioni societarie va
rilevato che “il danno all’immagine della Pubblica amministrazione (non
patrimoniale), anche se inteso come <danno c.d. conseguenza>, è
costituito dalla lesione stessa (compimento di reati o altri specifici casi),
da non confondersi con le <spese necessarie al ripristino>, che
costituiscono solo uno dei possibili parametri della quantificazione equitativa
del risarcimento” (cfr. Sezioni Riunite della Corte dei
conti, sentenza n. 1/2011/Q.M.). Inoltre, la determinazione in concreto
del danno non può non tener conto di una molteplicità di parametri, quali
l’eventuale reiterazione della condotta criminosa, l’entità della dazione
illecita, il disvalore sociale connesso alla gravità del reato e al clamorseguito
alla condotta delittuosa. Giova, altresì, rilevare come tale ultimo elemento non
abbia valenza costitutiva ma ampliativa della lesione arrecata all’immagine
della Pubblica Amministrazione; diventando una sorta di circostanza aggravante,
di cui tener conto nella valutazione della misura del conseguente risarcimento
da addebitare (cfr. Corte dei conti, Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale
d’Appello n. 662/2011; Sezione Giurisdizionale Piemonte n. 26/2014, Sezione
Giurisdizionale Umbria n. 37/2014).
In considerazione di quanto sopra esposto,
il Collegio reputa che il danno imputabile al convenuto, nell’ambito della
liquidazione da effettuarsi ai sensi dell’art. 1226 del c.c., debba tener conto
di tutti i sopra elencati elementi ed anche della modesta consistenza economica
degli indebiti vantaggi conseguiti dal convenuto. Conclusivamente,
il danno all’immagine imputabile al sig. S.B. viene determinato nella
somma complessiva di euro 2.000,00 (duemila/00), comprensiva di interessi e
rivalutazione monetaria. Trattandosi di fattispecie dolosa va esclusa
l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito (cfr. Corte dei conti, Prima
Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 809/2012, n. 387/2010, Seconda
Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 338/2001, Terza Sezione
Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 228/2002).
Ne consegue, in definitiva, la condanna
del sig. S.B. al risarcimento del danno all’immagine subito dalla Regione
Trentino Alto Adige, dalla Provincia Autonoma di Trento e dal Comune di Trento,
per la complessiva somma di euro 2.000,00 (duemila/00), comprensiva di
rivalutazione monetaria, da attribuirsi per euro 1.000,00 (mille/00) in favore
della Regione Trentino Alto Adige, per euro 500,00 (cinquecento/00) in favore
della Provincia Autonoma di Trento e per euro 500,00 (cinquecento/00) in favore
del Comune di Trento; sui predetti importi sono dovuti gli interessi legali
dalla data del deposito della presente sentenza al soddisfo. Le spese di
giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, a carico del convenuto,
come in dispositivo.
PER QUESTI
MOTIVI
la Corte dei Conti, Sezione
Giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige con sede in Trento, definitivamente
pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reiette:
- Dichiara inammissibile il capo della
domanda attorea limitatamente al danno all’immagine attinente alla società
Autostrada del Brennero S.p.A. per difetto di giurisdizione, da intendersi
devoluta al Giudice ordinario. Dichiara inammissibile l’intervento in giudizio
della società Autostrada del Brennero S.p.A.
- Condanna il convenuto al risarcimento del
danno all’immagine subito dalla Regione Trentino Alto Adige, dalla Provincia
Autonoma di Trento e dal Comune di Trento, nella misura complessiva di euro
2.000,00 (duemila/00), inclusi interessi e rivalutazione monetaria, di cui euro
1.000,00 (mille/00) in favore della Regione Trentino Alto Adige, euro 500,00
(cinquecento/00) in favore della Provincia Autonoma di Trento ed euro 500,00
(cinquecento/00) in favore del Comune di Trento. Sulle predette somme sono
dovuti interessi dalla data del deposito della presente sentenza al saldo.
- Condanna il convenuto alle spese di
giudizio che vengono liquidate nell’importo di euro 689,87
(seicentoottantanove/87).
Così deciso in Trento, nella Camera di
Consiglio del 26 marzo 2014