venerdì 18 luglio 2014

GIURISDIZIONE: il danno all'immagine della società pubblica causato da un dipendente (come da un amministratore) della stessa, tra Giudice ordinario e Giudice contabile (Corte dei Conti, Sez. Giuris.Trentino, sentenza 28 maggio 2014, n. 16).


GIURISDIZIONE:  
il danno all'immagine della società pubblica
 causato da un dipendente 
(come da un amministratore) della stessa,
 tra Giudice ordinario e Giudice contabile 
(Corte dei Conti, Sez. Giuris.Trentino, 
sentenza 28 maggio 2014, n. 16).  


La sentenza tocca anche altri importanti aspetti (l'intervento nel processo contabile, il quantum risarcitorio del danno all'immagine della P.A., l'applicabilità alle società pubbliche di tutta la normativa in materia di gare, personale, anticorruzione,  etc.), oltre al riparto sul danno d'immagine alla società pubblica.
E' quindi vivamente consigliata la lettura per intero (anche se i Giudice contabile hanno una tecnica espositiva decisamente iterativa, per non dire ridondante e "barocca").


Massima

1. In merito al riparto di giurisdizione tra Giudice contabile e Giudice ordinario in materia di danno all'immagine di una società in mano pubblica, giova premettere che la recente ordinanza n. 3201 del 12 febbraio 2014 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che la giurisdizione sulle azioni di risarcimento dei danni subiti <direttamente> dal patrimonio della società a partecipazione pubblica, per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, spetti al Giudice ordinario ed hanno escluso, per contro, la configurabilità in tale caso del danno erariale, idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
Il danno sociale non sarebbe idoneo, difatti, a configurare un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di pregiudizio i cui effetti sono circoscritti al patrimonio della società - a tutti gli effetti soggetto privato, che non muterebbe natura con riferimento alla partecipazione pubblica - e che trova tutela nell’azione sociale di responsabilità.  In quest’ottica, la Cassazione ha previsto una sorta di <doppio binario> della giurisdizione, con due forme di responsabilità concorrenti e settoriali.
1.1 La successiva giurisprudenza della Corte di Cassazione ha confermato il predetto criterio di riparto con un residuale riconoscimento della giurisdizione contabile nel caso di società c.d. <in house providing>.
Alla stregua di orientamento, va dichiarata inammissibile, per difetto di giurisdizione, la domanda del Pubblico Ministero relativa al danno all’immagine concernente la nominata società, dovendosi conseguentemente individuare, ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69/2009 (che ha introdotto il principio della “translatio iudicii”), il Giudice ordinario quale giudice provvisto di giurisdizione su tale specifica questione risarcitoria.
2. Deve, al contrario, affermarsi la giurisdizione del Giudice contabile sulla domanda attorea afferente il risarcimento del danno all’immagine cagionato direttamente alla Regione Trentino Alto Adige, alla Provincia Autonoma di Trento ed al Comune di Trento.  
2.1 A tale conclusione si perviene in forza dei principi contenuti nella già citata sentenza n. 26806/2009 dalla Cassazione. In tale decisione, con riferimento alla disciplina di cui all’art. 16 bis della L. n. 31/2008 le Sezioni Unite che è ben configurabile l’azione del Procuratore contabile nel caso in cui l’ente pubblico (e, dunque, il suo patrimonio) risulti danneggiato non di riflesso, quale conseguenza indiretta del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bensì direttamente dall’azione illegittima dell’amministratore o dipendente della società partecipata. 
2.2 Tipico esempio di tale situazione, secondo la sentenza n. 26806/2009 citata, è quello riferito al danno all’immagine che può immediatamente determinarsi in capo all’ente pubblico, per il fatto stesso di essere partecipe di una società in cui si siano manifestati comportamenti illegittimi, indipendentemente dall'essere o meno configurabile e risarcibile anche un autonomo e distinto danno all'immagine della medesima società.
2.3 In termini del tutto inequivocabili l’Alto Consesso ha, dunque, confermato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in un'ipotesi come quella in esame (di patteggiamento di un dipendente di una società pubblica, ndr), il cui fondamento troverebbe conferma “anche dal disposto del D.L. n. 102/2009, art. 17, comma 30 - ter, che disciplina e limita le modalità dell'azione della magistratura contabile appunto in caso di danno all'immagine, nelle ipotesi previste dalla L. n. 97/2001, art. 7, ossia in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nel precedente art. 3 della stessa legge, compresi quelli evidenti a prevalente partecipazione pubblica. Non si vede come la medesima regola stabilita per i dipendenti non debba valere anche per gli amministratori e gli organi di controllo della società a partecipazione pubblica. Ad opposta conclusione si deve invece pervenire nel caso in cui l'azione sia proposta per reagire ad un danno cagionato al patrimonio della società”.  
2.3 Date queste premesse, nel coordinamento sistematico tra l’azione di responsabilità dinnanzi al Giudice contabile e l’esercizio delle azioni di responsabilità contemplate dal codice civile, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti relativamente al danno all’immagine dell’ente pubblico socio sulla base “dell’evidente ed innegabile collegamento” tra la società partecipata e la P.A., titolare di quote della stessa società .  
3. In considerazione di quanto esposto, deve riconoscersi la sussistenza della giurisdizione contabile sulla domanda di risarcimento del danno all’immagine cagionato direttamente al patrimonio della Regione Trentino Alto Adige, della Provincia Autonoma di Trento e del Comune di Trento.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER IL TRENTINO - ALTO ADIGE CON SEDE IN TRENTO
composta dai Magistrati:
dott. Ignazio DEL CASTILLO                    Presidente
dott.ssa Grazia BACCHI                            Consigliere
dott.ssa Stefania FUSARO                       Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 3948 del registro di Segreteria, promosso dalla Procura Regionale a carico di S.B.  nato a Mezzolombardo (TN) il 7/2/1948 e residente in Mezzocorona (TN) – Via Romana n. 25/C - elettivamente domiciliato in Trento, via Oss Mazzurana n. 72, presso lo studio dell’avv. Luigi de Finis dal quale è rappresentato e difeso.                    
Con l’intervento nel giudizio della SOCIETÀ AUTOSTRADA DEL BRENNERO S.p.A. ( C.F. e P.IVA 00210880225),  in persona del legale rappresentante dott. ing. Walter Pardatscher (C.F. PRDWTR70S10A952M), con sede in Trento, via Berlino, n. 10, elettivamente domiciliata in Trento, Piazza Mostra n. 15, presso lo studio dell’avv. prof. Damiano Florenzano, dal quale è rappresentata e difesa.
UDITI, nella pubblica udienza del 26 marzo 2014, con l’assistenza del Segretario dott. Adriano Rosa, il Consigliere relatore dott.ssa Stefania Fusaro, l’avv. Luigi de Finis in difesa del convenuto S.B., l’avv. Michele Kumar, in sostituzione dell’avv. Damiano Florenzano, per l’intervenuta  Società Autostrada del Brennero S.p.A. nonché il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore generale dott. Carlo Mancinelli.
ESAMINATI tutti gli atti ed i documenti di causa.

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con atto di citazione depositato in data 7/11/2013 e ritualmente notificato il successivo 22/11/2013, la Procura Regionale ha convenuto in giudizio il sig. S.B., ex dipendente della Società Autostrada del Brennero S.p.A., per sentirlo condannare al pagamento della somma di euro 10.000,00, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio, in ragione del danno all’immagine cagionato alla medesima Società ed agli enti pubblici soci della stessa, individuati nella Regione Autonoma Trentino Alto Adige (titolare della quota di partecipazione del 32,2893%), nella Provincia Autonoma di Trento (titolare della quota di partecipazione del 5,3359%) e nel Comune di Trento (titolare della quota di partecipazione del 4,2319%).  Quanto ai presupposti dell’azione risarcitoria, parte attrice ha esposto che con sentenza n. 638 del 15/12/2009, divenuta irrevocabile in data 25/1/2010, il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Trento ha dichiarato la responsabilità penale del convenuto, nella qualità di addetto all’ufficio acquisti della Società Autostrada del Brennero S.p.A., per il delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, ex art. 319 c.p. e, riconosciuta l’aggravante di cui all’art. 319 bis del codice penale, ha applicato la pena di mesi undici di reclusione.  Il Pubblico Ministero ha affermato che dagli atti del giudizio penale, definito con la ricordata sentenza n. 638/2009,  è risultato  acclarato che il sig. S., nell’ambito della  procedura pubblica per l’affidamento della fornitura di vestiario per il personale dell’Autobrennero S.p.A.,  ha agevolato la società Moda Carpi s.a.s., ricevendo, nel maggio del 2007, dal socio ed amministratore della stessa, sig. Libardi Enzo,  il pagamento di  occhiali da vista  a beneficio proprio e della moglie (per un valore di circa 650 euro) nonché, nel  giugno del  medesimo anno,  il pagamento di una fornitura di reti e materassi (per un’utilità di circa 1.100 – 1.200 euro).  Il Requirente ha aggiunto che in relazione ai medesimi fatti il sig. S. è stato, altresì, condannato con sentenza n. 181/2011 della Corte di Appello di Trento, divenuta irrevocabile in data 24/4/2013, alla pena di otto mesi di reclusione e di euro 600,00 di multa per il reato, ex art 353 c.p., di turbata libertà degli incanti.
Nella prospettazione accusatoria, parte attrice ha preliminarmente svolto argomentazioni tese a dimostrare la sussistenza della giurisdizione contabile (contestata dalla difesa del convenuto, nelle controdeduzioni all’invito a dedurre) sul danno all’immagine arrecato alla Società Autobrennero S.p.A., richiamando numerose decisioni delle Sezione Unite Civili della Corte di Cassazione (ord. n. 24676/2009, ord. n. 24671/2009, sentenza n. 27092/2009 sul caso “RAI”, ord. n. 5032/2010 sul caso “ENAV”),  che hanno affermato la provvista di giurisdizione del Giudice contabile ogni qual volta la società in mano pubblica rappresenti un modello organizzatorio di cui si avvale la P.A. nel perseguimento delle proprie finalità. In relazione a tale profilo, il P.M. contabile ha osservato come la Società Autostrada del Brennero S.p.A., al di là dello schema giuridico formale privatistico, svolga la propria attività quale concessionaria di diritto pubblico e sia quasi totalmente partecipata da enti pubblici (con una quota pubblica, complessiva, pari a 81,1788%); ha quindi evidenziato che l’oggetto sociale di Autobrennero S.p.A. è vincolato per legge,  soggiungendo che lo statuto societario prevede una particolare disciplina in ordine alla circolazione delle azioni sociali ed alla composizione dell’organo di controllo interno; ha ricordato, infine, come nei confronti di tale società trovino applicazione le normative in tema di reclutamento del personale e di conferimento di incarichi (D.lgs. n. 165/2001, D.L. n. 95/2012 conv. in legge n. 135/2012), di assoggettamento alla normativa anticorruzione (L. n. 190/2012), di controlli (D.lgs n. 267/2000) e di tutela della parità di genere (D.P.R. n. 251/2012). In considerazione di tali elementi, richiamati gli indici enucleati dalla giurisprudenza per individuare gli organismi di diritto pubblico, pacificamente soggetti alla giurisdizione contabile (cfr. Corte dei conti, Prima Sezione Giurisdizionale Centrale n. 809/2012), parte attrice ha sostenuto che la Società Autobrennero S.p.A. deve ritenersi una Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che il pregiudizio arrecato al patrimonio della stessa troverebbe tutela nell’ azione del Pubblico Ministero contabile.
      A non diverse conclusioni – ha proseguito il Requirente – si perverrebbe per il nocumento arrecato all’immagine degli enti pubblici titolari di partecipazioni azionarie nella Società Autostrada del Brennero S.p.A.. A sostegno di tale prospettazione, il Pubblico Ministero ha richiamato la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 26806/2009 (caso “Enel Power”) per confermare la giurisdizione della Corte dei conti in relazione al danno all’immagine subito dalla Regione Autonoma Trentino Alto Adige, dalla Provincia Autonoma di Trento e dal Comune di Trento.
Nel rilevare che l’azione per tale tipologia di danno, secondo consolidata giurisprudenza della Corte dei conti, può trovare il proprio fondamento negli accertamenti risultanti da un procedimento penale definito con sentenza di <patteggiamento> ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., il Requirente ha osservato come la condotta illecita del convenuto risulti ampiamente provata non solo sulla base della sentenza n. 638/2009 del Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Trento, ma anche in forza della sentenza n. 181/2011 della Corte di Appello di Trento, con quale il sig. S. è stato condannato per turbata libertà degli incanti nonché per gli accertamenti contenuti nella sentenza n. 128/2012 del Tribunale di Trento, di condanna del coimputato Libardi Enzo.
In relazione al quantum del danno imputabile al sig. S., la Procura Regionale, tenuto conto della modesta consistenza economica degli indebiti vantaggi conseguiti nonché della mancata reiterazione degli illeciti da parte del convenuto, ha quantificato il risarcimento dovuto nella somma di euro 10.000,00  (con una stima inferiore, rispetto all’importo di euro 30.000,00 contestato in sede di invito a dedurre) ed ha concluso per la richiesta di condanna del convenuto al pagamento di tale importo, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
1.2   Con memoria depositata in data 5/3/2014 si è costituito in giudizio  il sig. B.S. con il patrocinio dell’avv. Luigi de Finis.  In principalità, la difesa del convenuto ha eccepito il difetto di giurisdizione della Corte dei conti, asserendo che spetta al Giudice Ordinario la cognizione sull’azione di risarcimento dei danni subiti dalla società a partecipazione pubblica ovvero dai soci della stessa. A sostegno dell’assunto difensivo ha richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 7374/2013) che esclude la giurisdizione contabile per i danni direttamente patiti dalle società per azioni partecipate pubbliche; ha quindi evidenziato come l’applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in materia di <organismo di diritto pubblico>, farebbe escludere che la Società Autostrada del Brennero S.p.A. abbia tale natura, e ciò non solo in considerazione della partecipazione societaria <mista>, di soggetti pubblici e privati, ma anche in ragione dell’oggetto della società e dell’allocazione del rischio di impresa; ha inoltre sottolineato come ai sensi dell’art. 24 dello statuto societario non sussista alcuna subordinazione gerarchica della società rispetto alla Pubblica Amministrazione. 
Nel merito, il nominato patrocinio ha rilevato come nella fattispecie all’esame non vi siano incontrovertibili elementi di prova circa la condotta illecita addebitata e l’esistenza del danno contestato; ha osservato che il convenuto si è limitato ad avere superficiali colloqui con il sig. Enzo Libardi  (e con i terzi incaricati di valutare i manufatti dei vari partecipanti alla gara), precisando che il ruolo del sig. S. è stato circoscritto a quello di segretario della Commissione Tecnica.
La difesa del convenuto ha rimarcato che la scelta di patteggiare la pena per l’imputazione di corruzione è stata dettata dalla convinzione della non equipollenza della sentenza ex art. 444 c.p.p. ad una sentenza di condanna; ha rilevato come il coimputato Libardi sia stato assolto, con sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 290/13, per insussistenza della prova della condotta corruttiva in relazione all’episodio afferente alla donazione delle reti e dei materassi ortopedici. Ad avviso del difensore vi sarebbe, dunque, un contrasto tra la sentenza n. 638/2009 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Trento, che ha applicato al S. la pena sul presupposto dell’esistenza del reato di corruzione, e la sentenza della Corte Appello di Trento n. 290/2013 (relativa al coimputato Libardi) e tale dicotomia dimostrerebbe la mancanza di incontestabili prove a carico dell’odierno convenuto.
In definitiva, per il nominato patrocinio non sussisterebbero nella fattispecie i presupposti per l’accoglimento della domanda attorea e ciò non solo in quanto le condotte contestate al sig. S. non sarebbero connotate da antigiuridicità, perché andrebbero valutate nell’ambito del rapporto di amicizia con il sig. Enzo Libardi; ma anche perché negli articoli di stampa il convenuto è stato identificato come un dipendente dell’Autobrennero s.p.a., sicchè non vi sarebbe un danno all’immagine riferibile agli enti pubblici soci, tanto più con riferimento alla limitata caratura delle quote di partecipazione dei tre enti pubblici nella Società Autostrada del Brennero S.p.A.  In ogni caso, sussisterebbe una <minimalità>  di danno, in quanto i comportamenti illeciti si sarebbero limitati ad un unico episodio (pagamento degli occhiali), come accertato nella sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 290/2013  e, dunque, avrebbero comportato l’acquisizione di un indebito vantaggio di misura modestissima. Per la denegata ipotesi di affermazione della responsabilità, la difesa del S. ha eccepito la prescrizione dell’azione erariale, osservando come la condotta illecita risalga al 22 giugno 2007 e che, quindi, ogni eventuale diritto al risarcimento del danno deve ritenersi prescritto entro il 22/6/2012.  Alla luce delle dedotte considerazioni, il nominato patrocinio ha formulato le seguenti conclusioni :”rigettare ogni domanda proposta dalla Procura Regionale nei confronti del S. B., per difetto di giurisdizione sulle questioni oggetto della domanda, per insussistenza di comportamenti produttivi di danno erariale a favore dei soggetti indicati dalla Procura Regionale; in subordine, per insussistenza della colpa grave nel comportamento del S.; per insussistenza comunque del danno subito dall’Autobrennero e dai soci pubblici della stessa e per prescrizione dell’ipotizzato diritto di tali soggetti a riscuotere il risarcimento di tale danno; in estremo subordine, ridursi l’ammontare del danno risarcibile, con vittoria di spese di difesa e di patrocinio”.
1.3. Con memoria notificata al convenuto ed alla Procura Regionale e depositata in data 5/3/2014,  la Società Autostrada del Brennero S.p.A. è intervenuta nel giudizio ai sensi dell’art. 47 del r.d. n. 1038/1933,  con il patrocinio dell’avv. prof. Damiano Florenzano.  In via principale, il nominato difensore ha affermato l’interesse della società ad intervenire in causa, al fine di far accertare l’insussistenza della natura erariale del danno arrecato al patrimonio della stessa; ha, quindi, contestato la prospettazione attorea relativa al radicamento della giurisdizione contabile, osservando come i singoli indici di pubblicità elencati da parte attrice non modifichino la qualificazione di Autobrennero S.p.A. come società di diritto comune a capitale misto (con una componente privata pari al 18,7407%), che opera in regime di libera concorrenza.
A sostegno della tesi negatoria della giurisdizione, la difesa dell’intervenuta ha richiamato l’ordinanza n. 3201 del 12 febbraio 2014 della Suprema Corte di Cassazione che, proprio con riferimento all’azione della Procura contabile promossa in diverso giudizio pendente innanzi questa Sezione Giurisdizionale (R.G. n. 3815), per asseriti danni cagionati al patrimonio della Società Autostrada del Brennero S.p.A., ha negato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti.
Anche in considerazione del recente pronunciamento del Giudice regolatore della giurisdizione, la difesa della Società Autostrada del Brennero S.p.A. ha concluso chiedendo a questa Corte di <circoscrivere l’oggetto della domanda procedibile in questa sede>.
1.4. All’udienza di discussione, l’avv. De Finis, per il convenuto, si è riportato a quanto dedotto in atti, insistendo per l’accoglimento dell’eccezione di difetto di giurisdizione o, in subordine, dell’eccezione di prescrizione quinquennale; ha ribadito le argomentazioni difensive tese a dimostrare l’ insussistenza della responsabilità amministrativa del convenuto, anche alla luce dell’assoluzione del coimputato Libardi in Corte d’Appello; ha, quindi, insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate in atti, sottolineando la carenza dell’elemento della colpa grave, e rilevando, in ogni caso, come la pretesa risarcitoria formulata dalla Procura risulti particolarmente gravosa per il convenuto che fruisce di una pensione mensile di 2.000 euro. L’avvocato Michele Kumar, per l’intervenuta Società Autostrada del Brennero S.p.A., si è riportato agli scritti difensivi, ribadendo che  il danno causato dal sig. S. non riveste natura erariale. 
Il Pubblico Ministero, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità dell’intervento della Società Autostrada del Brennero S.p.A.; ha ribadito la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti per il danno subito dai soci pubblici, richiamando sul punto la sentenza della Cassazione relativa al caso <Enel Power>; ha contestato l’eccezione di prescrizione, osservando come in forza della disciplina introdotta dal c.d. <Lodo Bernardo>, l’azione della Procura contabile per il danno all’immagine può ritenersi ammissibile solo a seguito della condanna penale; ha quindi confermato l’impianto accusatorio, ponendo in evidenza come non abbia alcun rilievo la sentenza di assoluzione del coimputato Libardi. Con riferimento, invece, alla quantificazione del danno, ha precisato che in fattispecie non può ritenersi applicabile la sopravvenuta normativa che fa riferimento al doppio dell’importo della dazione e che la quota di danno complessivamente riconoscibile in favore degli Enti pubblici può essere determinata nell’importo di euro 5.000,00. In sede di replica, l’avvocato Kumar ha precisato che l’intervento in giudizio di Autobrennero S.p.A. non è da intendersi come adesivo delle ragioni del convenuto.
All’esito della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
CONSIDERATO IN  DIRITTO
2.1 La questione sottoposta all’esame del Collegio attiene al danno all’immagine asseritamente cagionato dal sig. Bruno S., ex dipendente di  Autostrada del Brennero S.p.A., alla medesima società, nonché agli enti pubblici soci della stessa, identificati nella Regione Autonoma Trentino Alto Adige, nella Provincia di Trento e nel Comune di Trento, in ragione di condotte che hanno formato oggetto di un processo penale definito con l’applicazione della pena, ex art. 444 c.p.p., per il reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.)
In via preliminare va rilevato che la difesa del convenuto ha contestato la giurisdizione del Giudice contabile richiamando, a sostegno di tale prospettazione, la recente ordinanza n. 3201 del 12 febbraio 2014 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha negato la giurisdizione della Corte dei conti proprio in una fattispecie di danno concernente l’odierna società interveniente.
Osserva il Collegio come la richiamata pronuncia si inserisca nell’alveo di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, che ha presso avvio dalla nota decisione n. 26806/2009 (caso “Enel Power”).  Nell’occasione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che la giurisdizione sulle azioni di risarcimento dei danni subiti <direttamente> dal patrimonio della società a partecipazione pubblica, per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, spetti al Giudice ordinario ed hanno escluso, per contro, la configurabilità in tale caso del danno erariale, idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
Secondo i principi enucleati dalla Suprema Corte, il danno sociale non sarebbe idoneo a configurare un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di pregiudizio i cui effetti sono circoscritti al patrimonio della società - a tutti gli effetti soggetto privato, che non muterebbe natura con riferimento alla partecipazione pubblica - e che trova tutela nell’azione sociale di responsabilità.  In quest’ottica, la Cassazione ha previsto una sorta di <doppio binario> della giurisdizione, con due forme di responsabilità concorrenti e settoriali.
La successiva giurisprudenza della Corte di Cassazione ha confermato il predetto criterio di riparto (cfr. ex pluribus, dopo l’ordinanza interlocutoria n. 2815 del 24/2/2012, Cass. SS.UU. n. 7374/2013, n. 8352/2013, n. 10299/2013, n. 26283/2013) con un residuale riconoscimento della giurisdizione contabile nel caso di società c.d. <in house providing>, tale intendendosi quella “costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici” (cfr. Cass. SS.UU. n. 26283/2013; n. 5941/2014, in cui si afferma che tali requisiti devono sussistere tutti contemporaneamente).
Orbene, l’ordinanza delle Sezioni Unite n. 3201 del 12 febbraio 2014, resa su regolamento di giurisdizione sollevato in un giudizio pendente avanti questa Sezione (n. R.G. 3815), facendo applicazione proprio di tali principi, ha escluso la giurisdizione contabile sui danni direttamente cagionati al patrimonio della Società Autostrada del Brennero S.p.A.. Nella motivazione dell’ordinanza si legge, infatti, che tale società non è retta “da una qualche disciplina legale che la collochi su di un piano significativamente diverso da quello di altre società a partecipazione pubblica, cui siano stati affidati in concessione pubblici servizi, né presenta le caratteristiche della società in house (…)” e che non v’è  alcuna disposizione statutaria “che escluda il concorso dell’azionariato privato (essendo, anzi, pacifico che una quota del capitale sociale è di fatto in mano a soci privati)”, o previsione  dell’obbligo “di esplicare la propria attività prevalentemente in favore degli enti pubblici ad essa partecipati e neppure è documentata la sottoposizione degli organi amministrativi della società a quella forma di rapporto gerarchico, rispetto agli enti pubblici partecipanti, che configura il requisito del c.d. <controllo analogo>”. 
Alla stregua dell’ orientamento assunto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3201 del 12 febbraio 2014, e dei principi ivi enunciati con specifico riferimento alla natura giuridica della Società Autostrada del Brennero S.p.A., va dichiarata inammissibile, per difetto di giurisdizione, la domanda del Pubblico Ministero relativa al danno all’immagine concernente la nominata società, dovendosi conseguentemente individuare, ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69/2009 (che ha introdotto il principio della “translatio iudicii”), il Giudice ordinario quale giudice provvisto di giurisdizione su tale specifica  questione risarcitoria.
Deve, al contrario, affermarsi la giurisdizione di questa Corte sulla domanda attorea afferente il risarcimento del danno all’immagine cagionato direttamente alla Regione Trentino Alto Adige, alla Provincia Autonoma di Trento ed al Comune di Trento.  A tale conclusione si perviene in forza dei principi contenuti nella già citata sentenza n. 26806/2009 dalla Corte regolatrice della giurisdizione. In tale decisione, con riferimento alla disciplina di cui all’art. 16 bis della legge n. 31/2008 (che ha convertito il D.L. n. 248 del 31/12/2007) le Sezioni Unite hanno affermato che tale norma assume un significato retrospettivo, nella misura in cui lascia intendere che in ordine alla responsabilità di amministratori e dipendenti di società a partecipazione pubblica, vi sia una naturale area di competenza giurisdizionale diversa da quella ordinaria. In particolare, la Suprema Corte ha affermato che è ben configurabile l’azione del Procuratore contabile nel caso in cui l’ente pubblico (e, dunque, il suo patrimonio) risulti danneggiato non di riflesso, quale conseguenza indiretta del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bensì direttamente dall’azione illegittima dell’amministratore o dipendente della società partecipata. Tipico esempio di tale situazione, secondo la sentenza n. 26806/2009 citata, è quello riferito al danno all’immagine che può immediatamente determinarsi in capo all’ente pubblico, per il fatto stesso di essere partecipe di una società in cui si siano manifestati comportamenti illegittimi, indipendentemente dall'essere o meno configurabile e risarcibile anche un autonomo e distinto danno all'immagine della medesima società.
In termini del tutto inequivocabili l’Alto Consesso ha, dunque, confermato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in un'ipotesi siffatta, il cui fondamento troverebbe conferma “anche dal disposto del D.L. 3 agosto 2009, n. 102, art. 17, comma 30 - ter, (quale risulta dopo le modifiche apportate dal D.L. in pari data, n. 103, convertito con ulteriori modificazioni nella L. 3 ottobre 2009, n. 141), che disciplina e limita le modalità dell'azione della magistratura contabile appunto in caso di danno all'immagine, nelle ipotesi previste dalla L. 27 marzo 2001, n. 97, art. 7, ossia in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nel precedente art. 3 della stessa legge, compresi quelli evidenti a prevalente partecipazione pubblica. Non si vede come la medesima regola stabilita per i dipendenti non debba valere anche per gli amministratori e gli organi di controllo della società a partecipazione pubblica. Ad opposta conclusione si deve invece pervenire nel caso in cui l'azione sia proposta per reagire ad un danno cagionato al patrimonio della società”.  Date queste premesse, nel coordinamento sistematico tra l’azione di responsabilità dinnanzi al Giudice contabile e l’esercizio delle azioni di responsabilità contemplate dal codice civile, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti relativamente al danno all’immagine dell’ente pubblico socio sulla base “dell’evidente ed innegabile collegamento” tra la società partecipata e la P.A., titolare di quote della stessa società (cfr. Corte dei conti, Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 228/2012).  In considerazione di quanto esposto, deve riconoscersi la sussistenza della giurisdizione contabile sulla domanda di risarcimento del danno all’immagine cagionato direttamente al patrimonio della Regione Trentino Alto Adige, della Provincia Autonoma di Trento e del Comune di Trento.
2.2.  Quanto all’ammissibilità dell’atto di intervento della Società Autostrada del Brennero S.p.A., va premesso che per i giudizi innanzi alla Corte dei conti la disciplina di riferimento è data dall’art. 47 del R.D. n. 1038/1933 (“chiunque abbia interesse nella controversia può intervenire in causa con atto notificato alle parti e depositato nella Segreteria della Sezione”) nonché dalle norme del codice di rito (art. 105 s.s. c.p.c.), in virtù della clausola di rinvio dinamico contenuta nell’art. 26 del R.D. n. 1038/1933, che rende operanti tali disposizioni ove compatibili con la disciplina del processo contabile. Va peraltro ricordato che, per consolidata giurisprudenza, nei giudizi di responsabilità amministrativa non è ammesso né l’intervento principale (c.d. ad excludendum) né quello adesivo autonomo, in quanto siffatte iniziative introdurrebbero nel processo domande nuove ed ampliative del thema decidendum, nell’ambito di in un sistema che riconosce al solo P.M. contabile la titolarità dell’azione di responsabilità per danno erariale. In definitiva, si ritiene che l’unico intervento ammissibile sia quello adesivo dipendente ad adiuvandum, con il quale l’Ente pubblico che si presume danneggiato  non fa valere un diverso autonomo diritto e nemmeno uno dipendente da quello oggetto del giudizio in corso, ma si limita a sostenere le ragioni del Requirente contabile, avendone un evidente interesse” (cfr. Corte dei conti, Prima Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 103/2008; Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 241 del 14/7/2004). In relazione alle sopra esposte considerazioni, tenuto conto che l’intervento in giudizio della Società Autostrada del Brennero S.p.A. non è configurabile come adesivo dipendente delle ragioni del P.M. contabile, ne deve essere dichiarata l’inammissibilità.
2.3. Per quanto concerne il merito della controversia, giova rilevare come nell’attuale contesto normativo e giurisprudenziale, l’immagine tutelabile dell’Ente pubblico coincida con una rappresentazione dell’Amministrazione conforme al paradigma delineato dall’art. 97 della Costituzione. Il vulnus al prestigio della Pubblica Amministrazione si verifica, pertanto, ogni qual volta l’agente pubblico, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione,  ponga in essere comportamenti illeciti, contrastanti con i dettami della buona amministrazione (cfr. Corte dei conti, Sezioni Riunite  n. 10/QM/2003). Ed invero, la risarcibilità, dinnanzi al Giudice contabile, della lesione all’immagine  della Pubblica Amministrazione rappresenta l’approdo di un ultradecennale orientamento giurisprudenziale della Corte dei conti, confortato dalle decisioni della Corte di Cassazione  (cfr. Corte dei conti, Sezioni Riunite  n. 10/QM/2003;  Corte di Cassazione SS.UU.  n. 5668/1997, n. 3600/2003), sul quale è intervenuta la peculiare regolamentazione legislativa  dettata dall’art. 17 comma 30 ter del decreto legge n. 78/2009 (convertito con modificazioni  nella legge 3 agosto 2009 n. 102, modificato con il decreto legge 3 agosto 2009 n. 103, convertito con modificazioni dalla legge 3 ottobre 2009 n. 141).
Con la disposizione da ultimo richiamata è stato previsto che: “Le Procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli  casi e nei modi previsti dall’art.7  della legge 27 marzo 2001 n. 97. A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 dell’artt.  1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, è sospeso fino alla conclusione del procedimento penale”.  Com’è noto, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 355/2010, nel dichiarare infondata la questione di costituzionalità sollevata in ordine all’art. 17, c. 30-ter cit., ha affermato che il legislatore ha “delimitato, sul piano oggettivo, gli ambiti di rilevanza del giudizio di responsabilità, ammettendo la risarcibilità del danno per lesione dell’immagine dell’amministrazione soltanto in presenza di un fatto che integri gli estremi di una particolare categoria di delitti”.
Una parte della giurisprudenza contabile ha sottolineato come la richiamata decisione della Consulta sia di rigetto e che come tale - a differenza di quelle dichiarative di illegittimità costituzionale, che hanno efficacia erga omnes – possa determinare un vincolo per il solo Giudice del procedimento nel quale la relativa eccezione è stata sollevata. Secondo tale orientamento, il danno all’immagine della P.A. sarebbe configurabile, pur dopo la novella legislativa di cui al ripetuto art. 17, comma 30-ter, anche in presenza di reati diversi da quelli indicati dall’art. 7 della L. n. 97/2001 (cfr. Corte dei conti, Prima Sezione giurisdizionale Centrale d’Appello n. 802/2013; Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 286/2012; Sezione giurisdizionale Toscana, n. 90/2011).  Per completezza espositiva deve rilevarsi che il Legislatore con l’art. 1, comma 62, della legge n. 190 del 6/11/2012 (in vigore dal 28/11/2012), ha  novellato l’art. 1 della legge n. 20/1994, attraverso l’inserimento del nuovo comma 1 sexies, in forza del quale “nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della Pubblica Amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa Pubblica Amministrazione, accertato con sentenza passata in giudicato, si presume salva prova contraria pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”. Con tale disciplina il Legislatore ha introdotto un parametro di riferimento per la determinazione del quantum del danno, fornendo una presunzione <iuris tantum>, suscettibile di  prova contraria,  integrante il generale criterio equitativo previsto dall’art. 1226 del codice civile (cfr. Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Lombardia n. 8/2014).  
2.4  Ciò detto, osserva il Collegio come in fattispecie sussistano tutti i presupposti legittimanti l’azione del P.M. contabile per il contestato danno all’immagine. E’, infatti, destituita di fondamento la tesi difensiva di inammissibilità dell’azione, tenuto conto che al sig. S. la pena per il reato di cui all’art. 319 c.p. è stata comminata in forza della sentenza prevista dall’ art. 444 del codice di procedura penale. In proposito va richiamata la condivisibile giurisprudenza contabile che, sulla base del rinvio contenuto nell’art. 17 comma 30 ter del decreto legge n. 78/2009 all’art. 7 della legge n. 97/2001, attribuisce valenza di condanna alla sentenza di patteggiamento. 
Sotto tale profilo, infatti, va rilevato che la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., non può essere pronunciata nel caso in cui il Giudice penale ravvisi la sussistenza delle circostanze che possano dar luogo ad un proscioglimento a norma dell’art. 129 del c.p.p.; va inoltre ricordato che tale pronuncia può essere emessa sempre che il Giudice ritenga corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e la congruità della pena applicata. Non v’è dubbio, poi, che l’art. 7 della legge n. 97/2001, richiamato nel decreto legge n. 78/2009, faccia un riferimento  di carattere generale alla pronuncia di condanna e che, ai sensi dell’art. 445, comma 1-bis, c.p.p., la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, fatte salve diverse disposizioni di legge, deve ritenersi equipollente ad una pronuncia di condanna.
Alla luce delle sopra esposte considerazioni il Collegio, non rinvenendo in materia di responsabilità amministrativo contabile disposizioni specifiche di segno contrario, ritiene che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p., debba essere equiparata ad una decisione di condanna, consentendo, pertanto, l’esercizio dell’azione del Pubblico Ministero per il danno all’immagine (cfr. ex multis, Corte dei conti, Prima Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 809/2012;  Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 305/2010; Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 228/2012; Sezione Giurisdizionale per la Lombardia n. 378/2012).
2.5  Parimenti, non può trovare accoglimento l’eccezione di prescrizione dell’azione di danno erariale sollevata dalla difesa del convenuto. Va premesso al riguardo che, ai sensi dell'art. 1, comma 2 della legge n. 20/1994 (come successivamente modificata dalla legge n. 639/1996) “il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta”. Giova, tuttavia, osservare come nella  fattispecie in esame il Pubblico Ministero abbia contestato al convenuto di  aver cagionato il danno all’immagine degli enti pubblici e che, in forza della peculiare disciplina di cui al richiamato art. 17, comma 30 ter del D.L. n. 78/2009 (ritenuta costituzionalmente legittima con ordinanza della Corte costituzionale n. 219/2011), in tale particolare ipotesi il decorso del termine di prescrizione è da ritenersi sospeso sino alla conclusione del procedimento penale, verificandosi, pertanto, una condizione di impedimento ad agire (di carattere giuridico e non di mero fatto) per il P.M. contabile. In ragione di tali premesse, considerato che ai sensi dell’art. 2935 del c.c., la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e tenuto conto che la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Trento n. 638/2009, applicativa della pena di mesi undici di reclusione per il delitto di cui all’art. 319 c.p., è divenuta irrevocabile in data 25/1/2010, non v’è dubbio che l’azione della Procura contabile sia stata proposta nell’ambito del prescritto termine quinquennale.
2.6 Oltre che tempestivamente promossa, l’azione del P.M. contabile deve ritenersi meritevole di accoglimento. Ritiene, infatti, il Collegio che dal corredo probatorio in atti, si possa desumere la fondatezza della domanda attorea nella parte relativa al pregiudizio all’immagine degli Enti pubblici soci della Società Autostrada del Brennero S.p.A., conseguente alle condotte illecite, sanzionate sotto il profilo penale, di cui si è reso responsabile il sig. S..
La prova di tali condotte emerge dagli atti del processo penale definito con sentenza n. 638/2009 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Trento, che ha applicato all’odierno convenuto la pena di 11 mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 319 c.p.. Di rilievo appaiono le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche delle conversazioni intervenute fra il sig. S. ed il Libardi (telefonate in data 21/6/2007 e 22/6/2007, con riferimento al pagamento dei materassi e delle reti), nonché fra quest’ultimo ed il sig. Lenzi (telefonate in data 15/5/2007 e 28/5/2007, con riferimento al pagamento degli occhiali).
Il Giudice penale, nella citata sentenza n. 638/2009, ha ritenuto “pacifico dalle dichiarazioni degli imputati, oltre che dalle acquisizioni probatorie ulteriori, che il pagamento del prezzo degli occhiali acquistati dall’imputato venne effettuato dal Libardi; e lo stesso avvenne per l’acquisto dei materassi. In relazione al primo fatto, le parti affermano che si trattò di una semplice liberalità dovuta a ragioni di cortesia ed alla decennale amicizia tra i due protagonisti, S. e Libardi; dalla conversazione telefonica in data 15/5/2007 tra Libardi ed il venditore risulta invece legittima la diversa interpretazione che si trattò di una prestazione finalizzata a sdebitare il primo di un rilevante obbligo che aveva nei confronti del S.; e la data della comunicazione rende plausibile ritenere che tale obbligo nasceva dalla vicenda dell’assegnazione della fornitura dell’abbigliamento per i dipendenti A22, cui fa riferimento il capo di imputazione, visto che si trattava dell’unico rapporto che li vedeva collegati; la telefonata è della data di cui si è detto, la riunione della Commissione che definiva l’assegnazione della commessa alla Moda Carpi è dei primi di giugno, pochi giorni dopo. Altrettanto chiara è la vicenda dei materassi, ove però il S. afferma che il prezzo era stato solo anticipato dal Libardi”.  Del particolare rapporto di complicità/collusione fra il convenuto ed il Libardi (amministratore di fatto della società Moda Carpi s.a.s.) ha dato atto anche la sentenza della Corte di Appello di Trento n. 181/2011, divenuta irrevocabile, che ha riconosciuto la colpevolezza del sig. S. per il reato di turbativa d’asta. Nella ricordata decisione, il Giudice penale ha rilevato come “il contenuto ed il tenore delle conversazioni S./Libardi dimostrano, spesso implicitamente a volte esplicitamente, lo scopo perseguito da entrambi gli interlocutori ravvisabile nell’intenzione di escludere la ditta vincitrice, consentendo così il subentro di quella esclusa. Significativo, in tal senso, è il fatto che il Son, violando il dovere di riservatezza, la stessa sera del 31.1. informi il Libardi dell’esito della gara”.
Né, ad avviso del Collegio, inficia la solidità dell’impianto accusatorio del P.M. contabile, la sopravvenuta decisione della Corte d’Appello di Trento n. 290/2013 relativa al solo Libardi. Appare dirimente osservare che quest’ultima decisione, comunque riguardante soggetto diverso dal convenuto, non è definitiva mentre l’imputazione per il delitto di cui all’art. 319 c.p., nei confronti del sig. S., è ormai cristallizzata nella sentenza n. 638/2009, divenuta irrevocabile.
Si deve, altresì, rilevare che la stessa decisione n. 290/2013 della Corte di Appello di Trento relativa al Libardi, richiamata dalla difesa, non disconosce l’esistenza fattuale del contestato episodio del pagamento degli occhiali (da parte del Libardi al S.), limitandosi ad osservare che non si sarebbe in presenza (per il Libardi) di una “condotta di corruzione propria antecedente ma tutt’al più, di corruzione propria susseguente”, per poi ritenere tale fattispecie assorbita nel reato di cui all’ art. 353 c.p.
La certezza dei fatti contestati al sig. S. consente, dunque, di ritenere che le condotte delittuose di cui si è macchiato il nominato dipendente abbiano comportato per la Regione Trentino Alto Adige, per la Provincia Autonoma di Trento e per il Comune di Trento, titolari di quote di partecipazione nella Società Autostrada del Brennero S.p.A., una lesione diretta della propria immagine di Pubbliche Amministrazioni, dovendosi considerare pacifica e del tutto notoria, nell’ambito della Comunità territoriale Trentina, la presenza dei richiamati enti territoriali nel capitale della Autobrennero S.p.A; con la conseguenza che la diffusione delle notizie concernenti la vicenda in esame ha prodotto clamore sociale ed ha determinato, secondo quanto comunemente percepito da parte degli appartenenti a tale Comunità, un’immagine negativa degli enti pubblici azionisti (cfr. Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 228/2012).
Ai fini della quantificazione del pregiudizio recato agli Enti pubblici titolari di partecipazioni societarie va rilevato che “il danno all’immagine della Pubblica amministrazione (non patrimoniale), anche se inteso come <danno c.d. conseguenza>, è costituito dalla lesione stessa (compimento di reati o altri specifici casi), da non confondersi con le <spese necessarie al ripristino>, che costituiscono solo uno dei possibili parametri della quantificazione equitativa del risarcimento”  (cfr. Sezioni Riunite della Corte dei conti, sentenza n. 1/2011/Q.M.). Inoltre, la determinazione in concreto del danno non può non tener conto di una molteplicità di parametri, quali l’eventuale reiterazione della condotta criminosa, l’entità della dazione illecita, il disvalore sociale connesso alla gravità del reato e al clamorseguito alla condotta delittuosa. Giova, altresì, rilevare come tale ultimo elemento non abbia valenza costitutiva ma ampliativa della lesione arrecata all’immagine della Pubblica Amministrazione; diventando una sorta di circostanza aggravante, di cui tener conto nella valutazione della misura del conseguente risarcimento da addebitare (cfr. Corte dei conti, Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 662/2011; Sezione Giurisdizionale Piemonte n. 26/2014, Sezione Giurisdizionale Umbria n. 37/2014). 
In considerazione di quanto sopra esposto, il Collegio reputa che il danno imputabile al convenuto, nell’ambito della liquidazione da effettuarsi ai sensi dell’art. 1226 del c.c., debba tener conto di tutti i sopra elencati elementi ed anche della modesta consistenza economica degli indebiti vantaggi conseguiti dal convenutoConclusivamente, il danno all’immagine imputabile al sig. S.B. viene determinato nella somma complessiva di euro 2.000,00 (duemila/00), comprensiva di interessi e rivalutazione monetaria. Trattandosi di fattispecie dolosa va esclusa l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito (cfr. Corte dei conti, Prima Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 809/2012, n. 387/2010, Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 338/2001, Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello n. 228/2002).
Ne consegue, in definitiva, la condanna del sig. S.B. al risarcimento del danno all’immagine subito dalla Regione Trentino Alto Adige, dalla Provincia Autonoma di Trento e dal Comune di Trento, per la complessiva somma di euro 2.000,00 (duemila/00), comprensiva di rivalutazione monetaria, da attribuirsi per euro 1.000,00 (mille/00) in favore della Regione Trentino Alto Adige, per euro 500,00 (cinquecento/00) in favore della Provincia Autonoma di Trento e per euro 500,00 (cinquecento/00) in favore del Comune di Trento; sui predetti importi sono dovuti gli interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza al soddisfo. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, a carico del convenuto, come in dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige con sede in Trento, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reiette:
- Dichiara inammissibile il capo della domanda attorea limitatamente al danno all’immagine attinente alla società Autostrada del Brennero S.p.A. per difetto di giurisdizione, da intendersi devoluta al Giudice ordinario. Dichiara inammissibile l’intervento in giudizio della società Autostrada del Brennero S.p.A.
- Condanna il convenuto al risarcimento del danno all’immagine subito dalla Regione Trentino Alto Adige, dalla Provincia Autonoma di Trento e dal Comune di Trento, nella misura complessiva di euro 2.000,00 (duemila/00), inclusi interessi e rivalutazione monetaria, di cui euro 1.000,00 (mille/00) in favore della Regione Trentino Alto Adige, euro 500,00 (cinquecento/00) in favore della Provincia Autonoma di Trento ed euro 500,00 (cinquecento/00) in favore del Comune di Trento. Sulle predette somme sono dovuti interessi dalla data del deposito della presente sentenza al saldo.
- Condanna il convenuto alle spese di giudizio che vengono liquidate nell’importo di euro 689,87 (seicentoottantanove/87).
Così deciso in Trento, nella Camera di Consiglio del 26  marzo 2014


GIUDICATO & OTTEMPERANZA: riesercizio del potere e rispetto del giudicato (Cons. St., Sez. III, sentenza 8 luglio 2014, n. 3482).


GIUDICATO & OTTEMPERANZA: 
riesercizio del potere e 
rispetto del giudicato 
(Cons. St., Sez. III, 
sentenza 8 luglio 2014, n. 3482).



Massima (Avv. Filippo De Luca)

1. L’esigenza di certezza, propria del giudicato, ossia di un assetto consolidato degli interessi coinvolti, non può proiettare l’effetto vincolante nei riguardi di tutte le situazioni sopravvenute di riedizione di un potere, ove questo, pur prendendo atto della decisione del giudice, coinvolga situazioni nuove e non contemplate in precedenza.
2. La questione si pone invece ove la riedizione del potere si concreti nel valutare differentemente, in base ad una nuova prospettazione, situazioni che, esplicitamente o implicitamente, siano state oggetto di esame da parte del giudice, per cui la riedizione deve assoggettarsi a precisi vincoli e limiti.
3. L’accertamento definitivo del giudice relativo alla sussistenza di determinati presupposti relativi alla pretesa del ricorrente non può non essere vincolante nei confronti dell’azione amministrativa, secondo anche l’orientamento interpretativo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per la quale l’Amministrazione, in sede di esecuzione di una decisione esecutiva del giudice amministrativo, non può rimettere in discussione quanto accertato in sede giurisdizionale (in questo senso, cfr. C.E.D.U., 18 novembre 2004, Zazanis c. Grecia).
L’art. 112, comma 1, del c.p.a. impone infatti a tutte le parti l’obbligo di dare esecuzione ai provvedimenti del giudice, e soprattutto alla Pubblica Amministrazione, in un’ottica di leale ed imparziale esercizio del munus publicum e in esecuzione dei principi costituzionali scanditi dall’art. 97 Cost. e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ove il diritto alla esecuzione della pronuncia del giudice è considerato quale inevitabile e qualificante completamento della tutela offerta dall’ordinamento in sede giurisdizionale.
Ed invero l’esigenza di dare esecuzione secondo buona fede alla decisione giurisdizionale amministrativa è alla base di qualsiasi ricostruzione interpretativa della materia: la Pubblica Amministrazione, infatti, ha l’obbligo di soddisfare la pretesa del ricorrente vittorioso e di non frustrare la sua legittima aspettativa con comportamenti elusivi.
4. Ne consegue che la nuova attività rieditiva e valutativa non può essere espressione di una gestione ondivaga e contraddittoria del potere e, in quanto tale contrastante, nella prospettiva pubblicistica, con il principio costituzionale del buon andamento e, in quella privatistica, con i principi di correttezza e buona fede, specie quando è la stessa Amministrazione a riesaminare il dictum del giudice.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6686 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Francesco Maria Solivetti, rappresentato e difeso dagli avv. Isabella e Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, via Ombrone, 12; 
contro
IFO - Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma, rappresentati e difesi dall'avv. Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Giovanni Paisiello 55;
Mauro Caterino; 
per l’ ottemperanza
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE III n. 03578/2013, resa tra le parti, concernente selezione per conferimento incarico di sostituzione del dirigente responsabile UOC di radiologia e diagnostica per immagini c/o Istituto Regina Elena di Roma


Visti il ricorso in ottemperanza, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di IFO - Istituto Fisioterapici Ospitalieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2014 il Cons. Vittorio Stelo e udita l’ avvocato Loiodice Isabella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza n. 3578 del 14 giugno 2013 depositata il 5 luglio 2013 questa Sezione, accogliendo parzialmente, con compensazione delle spese, l’appello proposto dal dott. Francesco Maria Solivetti, ha annullato la procedura indetta dagli I.F.O. (Istituti Fisioterapici Ospedalieri) di Roma per l’affidamento dell’incarico di sostituzione del Dirigente responsabile della U.O.C. Radiologia e Diagnostica per Immagini presso l’Istituto Regina Elena di Roma, effettuata ai sensi dell’art. 18 del C.C.N.L. del S.S.N. (Servizio Sanitario Nazionale) 1998-2001.
2.1. Con ricorso notificato il 6 settembre 2013 il dott. Solivetti ha chiesto, ai sensi dell’art. 112 c.p.a., l’ottemperanza della suddetta sentenza previa sospensiva della nuova procedura selettiva attivata con nota del 26 agosto 2013 dall’Istituto Regina Elena senza però che fosse invitato il medesimo, peraltro già chiamato a partecipare a quella precedente, annullata con la sentenza succitata.
2.2. Con decreto monocratico n. 3434 del 9 settembre 2013 e poi con ordinanza cautelare n. 3884 del 9 ottobre 2013 questa Sezione ha sospeso la nuova procedura, e, ritenuto che l’invito in data 26 agosto 2013, non inviato ad dott. Solivetti per di più immotivatamente, veniva in concreto a disattendere ed eludere il dictum del giudice, ha disposto che, al fine di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale in conseguenza della citata sentenza, l’interessato dovesse essere comunque ammesso a partecipare alla procedura selettiva di cui trattasi assegnando il termine di 10 giorni per la presentazione dell’istanza.
3.1. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 29 novembre 2013 e depositato il 9 dicembre 2013, il dott. Solivetti ha chiesto la nomina di un Commissario ad acta per la piena esecuzione della sentenza n. 3578/2013 con la riattivazione e la conclusione della procedura a suo tempo annullata ovvero, in subordine, di ordinare agli I.F.O. lo stesso adempimento stabilendo le concrete modalità e termini certi, nonché una penale per ogni ingiustificato ritardo da parte dell’Amministrazione nell’esecuzione del giudicato.
L’interessato ha comunicato di essere stato in effetti invitato, con nota del 10 settembre 2013, a seguito della citata ordinanza n. 3884/2013, alla nuova procedura, che a suo dire è stata ingiustificatamente interrotta per più di due mesi nonostante una diffida in data 14 novembre 2013, con la illegittima prosecuzione della copertura del posto in questione ad interim sempre da parte dell’altro dirigente dott. Caterino.
3.2. Con memoria depositata il 1° febbraio 2014 il dott. Solivetti ha comunicato che, con deliberazione n. 9 del 16 gennaio 2014, il Direttore generale ha assegnato al dott. Caterino, su proposta del direttore sanitario aziendale, l’incarico di cui trattasi fino alla nomina del titolare, ai sensi dell’art. 12 del Regolamento aziendale e 18 del vigente C.C.N.L. del Comparto e in asserita ottemperanza della sunnominata sentenza.
Ad avviso dell’interessato tale provvedimento costituisce una palese violazione del giudicato per non aver rinnovato la precedente procedura bensì aver effettuato altra procedura del tutto diversa, per cui chiede la dichiarazione di nullità dei nuovi atti, anche per illegittimità riguardanti la incompetenza del Direttore sanitario, la valutazione del servizio di fatto svolto dal controinteressato e la mancata approvazione del regolamento aziendale da parte della Regione.
Si insiste per la celere e corretta conclusione della riedizione della selezione annullata, con condanna degli I.F.O. al pagamento di significativa somma a titolo di spese e trasmissione degli atti alla Corte dei Conti per danno erariale.
3.3. Gli I.F.O. si sono costituiti con memoria depositata il 7 febbraio 2014, eccependo l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti in quanto notificato al dott. Caterino presso il domicilio eletto nel giudizio ormai definito e non presso il suo domicilio reale, non consentendone così la costituzione in giudizio.
Si deduce altresì l’inammissibilità della richiesta di declaratoria di nullità della citata deliberazione n. 9/2014, che estende il thema decidendum ed è stata introdotta con memoria difensiva non notificata alle parti e soprattutto al controinteressato.
Nel merito, l’incarico in questione è stato attribuito a quest’ultimo su proposta del direttore sanitario che ha valutato comparativamente i due curriculum, e ciò procedendo con una nuova selezione effettuata secondo le disposizioni vigenti in materia e asseritamente in ottemperanza della detta sentenza n. 3578, che ha sì annullato la precedente procedura ma non ha disposto l’obbligo di rinnovarla con le stesse modalità della procedura annullata.
4. La Sezione, con ordinanza n. 1297 del 18 febbraio 2014 depositata il 14 marzo 2014, ha ordinato al ricorrente l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 49 c.p.a., nei confronti del dr. Mauro Caterino, contro interessato, e il dr. Solivetti ha provveduto a notificare gli atti del contenzioso all’esame tramite raccomandata postale con ricevuta di ritorno in data 27 marzo con schermata di consegna sul sito delle Poste il 2 aprile 2014.
5.1. Il dr. Solivetti ha proposto quindi un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato agli I.F.O. e al dr. Caterino con raccomandata postale a. r. del 28 marzo 2014 con schermata di consegna il 7 aprile 2014, depositato il 27 febbraio e il 4 aprile 2014, sempre per l’esecuzione della sentenza n. 3578/2013, con il quale si riproducono le censure avverso la nuova procedura e si riassumono le richieste fin qui pretese e cioè: 1) dichiarazione di nullità di ogni provvedimento adottato in violazione di quella sentenza; 2) nomina di Commissario ad acta ai fini della rinnovazione e conclusione della selezione annullata entro termini certi e prestabiliti; 3) in subordine, ordine all’Amministrazione per l’adempimento delle stesse operazioni; 4) penale anche per l’ingiustificato ritardo.
Ha altresì presentato istanza di abbreviazione dei termini ai sensi dell’art. 53, c.p.a., depositata il 27 febbraio 2014 e, con disposizione presidenziale in calce datata 26 marzo 2014, la camera di consiglio, già fissata al 19 giugno 2014, è stata anticipata all’8 maggio 2014.
5.2. Gli I.F.O. con memoria depositata il 13 aprile 2014 hanno replicato ribadendo le argomentazioni già svolte in precedenza, sottolineando altresì l’irrilevanza in questa sede e comunque l’infondatezza delle censure relative alla nuova procedura.
6.1. Nella camera di consiglio dell’8 maggio 2014 la trattazione della causa è stata ancora rinviata al 5 giugno 2014 non essendo pervenuta la cartolina attestante l’avvenuta consegna del plico postale, con gli atti del contenzioso, al destinatario controinteressato.
6.2. Il 4 giugno 2014 il ricorrente ha depositato l’originale della nuova notificazione di tutti gli atti effettuata tramite Ufficiale giudiziario addetto all’U.N.E.P. presso la Corte di appello di Viterbo il 16 maggio 2014 con consegna a mano del figlio convivente del destinatario.
6.3. La causa, rinviata nella camera di consiglio del 9 giugno per garantire i termini a tutela della difesa del controinteressato, alla camera di consiglio del 19 giugno 2014 è stata trattenuta in decisione.
7.1. Sul piano generale la Sezione, in materia di ottemperanza al giudicato, intende uniformarsi alla giurisprudenza ormai consolidatasi in materia (cfr., fra le altre, A.P. n. 2/2013; III n. 2690 e 5519/2012) e agli orientamenti già espressi in quella sede ai quali si fa richiamo anche per esigenze di economia processuale.
Orbene, è indubbio che i ricorsi per l’ottemperanza al giudicato sono consentiti laddove si propongono questioni concernenti l’esatto significato e la portata della sentenza da eseguire ed in effetti si pongono in ogni caso questioni di natura cognitoria circa la concreta ed esatta esecuzione del giudicato relativo alla pretesa rivendicata dal ricorrente il quale, con autonomo giudizio di ottemperanza, non può che tendere a conseguire tutta l’utilità scaturente dalla pronuncia giurisdizionale a suo dire illegittimamente negata dall’Amministrazione con un comportamento elusivo.
Si sottolinea che l’esigenza di certezza, propria del giudicato, ossia di un assetto consolidato degli interessi coinvolti, non può proiettare l’effetto vincolante nei riguardi di tutte le situazioni sopravvenute di riedizione di un potere, ove questo, pur prendendo atto della decisione del giudice, coinvolga situazioni nuove e non contemplate in precedenza.
La questione si pone invece ove la riedizione del potere (come nel caso in esame) si concreti nel valutare differentemente, in base ad una nuova prospettazione, situazioni che, esplicitamente o implicitamente, siano state oggetto di esame da parte del giudice, per cui la riedizione deve assoggettarsi a precisi vincoli e limiti.
Quindi l’accertamento definitivo del giudice relativo alla sussistenza di determinati presupposti relativi alla pretesa del ricorrente non potrà non essere vincolante nei confronti dell’azione amministrativa, secondo anche l’orientamento interpretativo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per la quale l’Amministrazione, in sede di esecuzione di una decisione esecutiva del giudice amministrativo, non può rimettere in discussione quanto accertato in sede giurisdizionale (in questo senso, cfr. C.E.D.U., 18 novembre 2004, Zazanis c. Grecia).
Resta inteso comunque che l’art. 112, comma 1, del c.p.a. imponga a tutte le parti l’obbligo di dare esecuzione ai provvedimenti del giudice, e ciò soprattutto per la Pubblica Amministrazione, in un’ottica di leale ed imparziale esercizio del munus publicum e in esecuzione dei principi costituzionali scanditi dall’art. 97 Cost. e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (ove il diritto alla esecuzione della pronuncia del giudice è considerato quale inevitabile e qualificante completamento della tutela offerta dall’ordinamento in sede giurisdizionale).
Ed invero l’esigenza di dare esecuzione secondo buona fede alla decisione giurisdizionale amministrativa è alla base di qualsiasi ricostruzione interpretativa della materia: la Pubblica Amministrazione, infatti, ha l’obbligo di soddisfare la pretesa del ricorrente vittorioso e di non frustrare la sua legittima aspettativa con comportamenti elusivi.
Ne consegue che la nuova attività rieditiva e valutativa non può essere l’espressione di una gestione ondivaga e contraddittoria del potere e in quanto tale contrastante, nella prospettiva pubblicistica, con il principio costituzionale del buon andamento e, in quella privatistica, con i principi di correttezza e buona fede, specie quando è la stessa Amministrazione a riesaminare il dictum del giudice.
7.2. Nella specie, a fronte di un giudicato di accoglimento dell’appello che, nell’annullare l’atto della procedura selettiva per l’incarico dirigenziale in questione, rimetteva all’Amministrazione l’obbligo di riattivare la procedura stessa, il presente ricorso è volto di certo a stabilire l’effettività dell’esecuzione della sentenza, ed in particolare se l’Amministrazione abbia ottemperato alla pronuncia del giudice con apposita verifica delle conseguenti determinazioni assunte.
La domanda proposta dal ricorrente in sede di ottemperanza mira dunque ad evidenziare che l’accertamento giurisdizionale aveva avuto ad oggetto determinati presupposti della pretesa sostanziale dedotta in sede cognitiva, in relazione ai quali si doveva ritenere esteso l’effetto del giudicato, con conseguente esistenza in proposito di un vero e proprio vincolo per la riedizione dell’azione amministrativa, che sarebbe stato infranto dalla susseguente attività amministrativa, e che avrebbe in pratica eluso il decisum mediante un artificio logico consistente nell’adozione di un differente percorso logico motivazionale procedurale.
Il ricorso di cui trattasi è pertanto ammissibile.
7.3. Ciò detto, ai fini della necessaria delimitazione della materia del contendere, si deve precisare che la vertenza in questione si incentra in concreto nell’accertare se la citata deliberazione n. 9 del 14 gennaio 2014, adottata dagli I.F.O.e recante l’assegnazione temporanea ad altro concorrente del posto di dirigente medico dell’U.O.C. presso l’Istituto Regina Elena di Roma, costituisce, come asserito dal ricorrente, elusione del giudicato formatosi sulla nominata sentenza n. 3578/2013, ovvero, come invece sostenuto dagli I.F.O., esecuzione del giudicato stesso, attesa anche la definitività del provvedimento in parola, non impugnato autonomamente.
Orbene, alla luce proprio delle precedenti considerazioni, emerge chiaramente e oggettivamente l’intendimento dell’Amministrazione di aggirare ancora la decisione del giudice, asseritamente in esecuzione della nominata sentenza, attivando invece una diversa procedura selettiva per lo stesso posto a suo tempo oggetto di altra procedura annullata da questo Collegio per una serie di illegittimità.
L’Amministrazione era tenuta quindi, per l’appunto in ottemperanza a detta sentenza, a modificare i provvedimenti a suo tempo adottati con specifico riguardo proprio alle articolate argomentazioni svolte dalla Sezione e pure il nuovo recente provvedimento avrebbe dovuto essere fornito di adeguata motivazione in ordine alla scelta della nuova procedura al momento assunta.
Ciò stante, emerge evidente che la contestata deliberazione n. 9/2014, a una attenta lettura, non si appalesa coerente e conforme al dictum di quella sentenza, posto che la stessa non contiene alcuna specifica argomentazione al riguardo, limitandosi alla mera tautologica affermazione “al fine di uniformarsi a quanto disposto dal Consiglio di Stato” senza dare alcuna ragione circa l’alternativa della mancata riattivazione della precedente procedura selettiva, che la sentenza ha fatto “rivivere”, e senza procedere quindi eventualmente a una motivata revoca della stessa.
Si soggiunge che laddove la Sezione ha fatto riferimento alla “rinnovazione” della procedura quale piena soddisfazione dell’interessato, intendeva proprio la rinnovazione della precedente procedura e non di una qualsiasi procedura, come sostenuto dagli I.F.O., invero illogicamente.
8.1. Ne consegue che il ricorso in epigrafe va accolto con il conseguente annullamento della citata deliberazione n. 9/2014 e atti connessi e con l’obbligo per l’Amministrazione di riattivare, entro 30 giorni dalla notifica o comunicazione della presente pronuncia, e concludere sollecitamente, entro e non oltre i successivi 60 giorni, la precedente procedura selettiva emendata dai vizi di legittimità censurati da questa Sezione con la sentenza n. 3578/2013.
In caso di ulteriore inerzia, si dispone fin da ora la nomina di un Commissario ad acta nella persona del Prefetto di Roma o suo funzionario delegato, che procederà, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento dell’istanza in proposito presentata dal ricorrente, agli stessi adempimenti avvalendosi degli uffici degli I.F.O. con spese a carico degli Istituti stessi.
L’accoglimento del ricorso in ottemperanza con la rinnovazione della procedura a suo tempo annullata soddisfa in concreto la pretesa del ricorrente ed esime dal valutare le censure dedotte specificatamente avverso la nuova procedura.
Copia degli atti relativi al presente giudizio di ottemperanza verrà inviata, a cura della Segreteria della Sezione, alla Procura della Corte dei Conti per quanto di competenza.
8.2. Tenuto conto del tempo trascorso e del comportamento dell’Amministrazione si ritiene di condannare gli I.F.O. al pagamento delle spese del presente giudizio come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati e dispone la rinnovazione della precedente procedura selettiva da parte degli IFO nei termini di cui in motivazione.
In caso di inerzia è nominato fin da ora commissario ad acta il Prefetto di Roma o funzionario delegato per procedere agli stessi adempimenti come in motivazione.
Dispone l’invio di copia degli atti relativi al presente giudizio alla Procura della Corte dei Conti per quanto di competenza.
Condanna la controparte costituita (I.F.O.) al pagamento delle spese di giudizio da liquidarsi in € 3000,00 (tremila), oltre agli accessori dovuti per legge, a favore del ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)