PROCESSO:
la legittimazione attiva
del cittadino/utente dei servizi
avverso le delibere comunali
di gestione societaria del servizio idrico
(T.A.R. Piemonte, Torino,
sentenza 8 gennaio 2014 n. 9).
Otto ricorsi per motivi aggiunti e 53
censure in diritto per una giudizio terminato, in rito, con una
declaratoria d'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva
(ed interesse a ricorrere).
Massima
1. E'
inammissibile il ricorso presentato da cittadini/utenti dei servizi idrici
avverso le deliberazioni comunali relative ad operazioni societarie nel settore
idrico senza la dimostrazione di una concreta, puntuale ed immediata
ricaduta delle operazioni censurate sulla gestione e fruizione del servizio (in
termini, ad esempio, di modifiche tariffarie, di qualità e diffusione del
servizio, di operatività del medesimo).
2. Non
è difatti ammissibile l'azione popolare, non prevista dall’ordinamento, reclamando
ragioni di legittimità oggettiva, ovvero contestando scelte gestionali nel loro
stesso an, o addirittura nell’opportunità più che nella
legittimità degli atti impugnati.
3. Invero l'Ad.
Plen. n. 4/2011 ha stabilito che il principio secondo cui solamente i
partecipanti ad una gara pubblica, o i soggetti che siano operatori del
mercato cui la gara si indirizza, hanno titolo a contestare una procedura ad
evidenza pubblica.
4. Affermare il
contrario, significherebbe sostenere che i cittadini sono
anche contribuenti hanno sempre titolo a contestare la gestione del denaro pubblico
(e questo anche al di là del settore degli appalti); nuovamente il giudice
amministrativo sarebbe trasformato in arbitro di legittimità oggettiva,
soluzione che contrasta con la sua funzione e natura.
5. Il
legislatore ha peraltro predisposto recentemente il sistema di controlli
esterni alla regolarità tecnico-contabile degli Enti locali con l'introduzione
degli artt. 148 e 148 bis del D.Lgs. n. 207 appare un
mezzo per supplire attraverso la giurisdizione contabile – che è una
giurisdizione essenzialmente nell’interesse della legge e della collettività in
quanto tale a tutela dello Stato ordinamento – a un’effettiva carenza di
giustiziabilità di un interesse diffuso alla corretta gestione delle risorse
pubbliche che nel giudizio dinanzi al GA non riusciva a trovare tutela e che,
invece, nel giudizio ad istanza di parte non sembra essere gravato da analoghe
limitazioni, anche alla luce del fatto che la cognizione è a carattere
esclusivo, e quindi piena e non solo di legittimità, come sarebbe innanzi alla
giustizia amministrativa. Un giudizio per il quale non possono valere soltanto
le più ristrette regole, in ordine alla legittimazione attiva, vigenti innanzi
al G.A.” (Corte dei Conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale - in
speciale composizione, n. 5/2013).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione
Prima)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
221 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Rosolen Angela Maria , Andrea Sacco, Arizio Riccardo, Sarzotti Emanuela,
Melchionna Giuseppe, Cavallari Piero, Ditaranto Donato, Balice Gerardo,
Campassi Paola Maria, Rosin Cristina, rappresentati e difesi dall'avv.to
Federico Cipolla, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via
Bligny, 15;
contro
Comune di Torino, in persona del Sindaco
pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Donatella Spinelli, con domicilio
eletto presso l’avv. Donatella Spinelli in Torino, Comune To - via Corte D'Appello,
16;
nei
confronti di
Fct Holding Srl, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli
avv.ti Mario Eugenio Comba, Matteo Chiosso, con domicilio eletto presso
l’avv.to Mario Eugenio Comba in Torino, via Mercantini, 6;
AMIAT V. S.p.A., TRM V. S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Riccardo Montanaro, Mauro
Pisapia, con domicilio eletto presso Riccardo Montanaro in Torino, via del
Carmine, 2;
Iren Emilia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandataria dell’A.T.I. IREN s.p.a., IREN Emilia s.p.a., IREN
Ambiente s.p.a., IREN Energia s.p.a., F2i Fondi Italiani per le infrastrutture
Sgr s.p.a., Aceapinerolese Industriale s.p.a. - rappresentata e difesa dagli
avv.ti Mauro Pisapia, Riccardo Montanaro, con domicilio eletto presso l’avv.
Riccardo Montanaro in Torino, via del Carmine, 2;
per
l'annullamento
della deliberazione del Consiglio comunale
di Torino 23.11.2011 n. 191 avente ad oggetto "riordino del gruppo
conglomerato città di Torino programmazione economico finanziaria
2011-2012";
con i motivi aggiunti, depositati in data
20.3.2012:
della deliberazione della Giunta
municipale 28.12.2011 avente per oggetto “contratto di cessione azioni dal
Comune alla società finanziaria città di Torino s.r.l. in esecuzione della
deliberazione del c.c. 23.11.2011 – Approvazione clausole contrattuali”;
con i motivi aggiunti, depositati in data
12.4.2012:
della determinazione dirigenziale del
29.12.2011 avente per oggetto “cessione a Fct s.r.l. di n. 30.402.666 azoni
detenute nella società GTT s.p.a. e di n. 35.880 azioni detenute nella società
Amiat s.p.a. – Accertamento di entrata per l’importo di € 86.999.404.47
debitore Fct s.r.l. nonché della deliberazione della Giunta municipale 7 marzo
2012 avente per oggetto “avvio di consultazioni per manifestazione di interesse
nella procedura di selezione del socio di minoranza della società G.T.T. s.p.a.
– Approvazione”;
con i motivi aggiunti, depositati il 1°
giugno 2012;
della deliberazione del Consiglio comunale
di Torino del 23.4.2012 n. 49, avente per oggetto: “indirizzi per la gestione
della holding comunale e delle sue partecipazioni societarie: approvazione”;
con i motivi aggiunti, depositati il
20.9.2012:
della deliberazione del Consiglio comunale
di Torino 11.6.2012 n. 78 avente per oggetto: “deliberazione quadro
sull’istruttoria relativa alla realizzabilità di una gestione concorrenziale
dei servizi pubblici locali di rilevanza economica concernenti la filiera
ambientale ai sensi dell’art. 4 del d.l. 138/2011”; della deliberazione del
Consiglio comunale di Torino del 25.7.2012 n. 101, avente per oggetto “filiera
ambientale modificazioni statuto AMIAT e TRM. Indirizzi di gara cosiddetta a doppio
oggetto e relativi atti. Approvazione”;
con motivi aggiunti depositati il 7.1.2013
della deliberazione consiliare 26.11.2012 n. 141 avente per oggetto:
“dismissione partecipazione azionaria detenuta in “G.T.T.” s.p.a. da Fct
Holding s.r.l. pari al 49% del capitale sociale – modificazioni statuto GTT”;
con motivi aggiunti depositati il
30.1.2013 della determinazione del Direttore generale del 20.11.2012 avente ad
oggetto “determinazione per la c.d. filiera ambientale – Approvazione”;
dell’atto 18.12.2012 n. 60 del Direttore generale avente ad oggetto:
“determinazione procedura negoziata d’urgenza n. 106/2012. Aggiudicazione
definitiva condizionata:
con motivi aggiunti depositati in data
23.2.2013 della determinazione del Direttore generale 29.11.2012, n. 49 avente
ad oggetto “procedura negoziata d’urgenza per la cosiddetta filiera ambientale.
Costituzione commissione” e della determinazione dell’amministratore unico di
FCT s.r.l. 29.10.2012 avente ad oggetto “selezione advisors per
le gare 2012 – Aggiudicazione definitiva.”
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
del Comune di Torino e di Fct Holding Srl , Amiat V. S.p.A. e di Trm V. S.p.A.
e Iren Emilia S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
21 novembre 2013 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori
come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO
I ricorrenti hanno adito l’intestato TAR e
impugnato, con ricorso e otto successive serie di motivi aggiunti, i
provvedimenti in epigrafe, formulando le censure infra rispettivamente
riportate.
Quanto alla deliberazione del Consiglio
comunale di Torino 23.11.2011, n. 191:
1)Travisata ermeneusi ed errata
applicazione dell’art. 5 co. 1 d.l. n. 138/2011, convertito con modificazioni
dalla l. 14.9.2011, n. 148. Contraddittorietà, illogicità, perplessità.
Contestano i ricorrenti la motivazione della deliberazione con la quale il
Comune di Torino ha inteso riorganizzare le partecipazioni societarie della
città, nonché l’effettiva utilità della stessa operazione.
2) Eccesso di potere per
contraddittorietà, illogicità, perplessità della motivazione sotto altro
profilo. Violazione del principio di buon andamento della PA recato dall’art.
97 Costituzione e del principio di efficacia di cui all’art. 1 co. 1 l. n.
241/90 e s.m.i.. Violazione del principio comunitario recante il divieto di
abuso del diritto. Contestano i ricorrenti le modalità e regole secondo le
quali l’amministrazione ha prefigurato di gestire la cessione di quote
societarie delle proprie partecipate a terzi, tramite una holding finanziaria.
3) Eccesso di potere per carenza e
perplessità della motivazione. Violazione dell’art. 3 comma 1 l. n. 241/90.
Vengono censurate presunte aporie nella motivazione del deliberato.
4) Violazione degli artt. 2, 42 e 75 della
Costituzione. La deliberazione adottata sarebbe incompatibile con l’abrogazione
referendaria dell’art. 23 bis del d.l. 112/2008 e con la natura di bene
pubblico dei servizi pubblici locali.
Con una prima serie di motivi aggiunti,
depositati in data 20.3.2012, i ricorrenti hanno impugnato la deliberazione
della Giunta municipale del 28.12.2011 avente ad oggetto “contratto di cessione
azioni dal Comune alla società finanziaria città di Torino s.r.l. in esecuzione
della deliberazione del c.c. 23.11.2011 – approvazione clausole contrattuali”,
deducendo i seguenti motivi di ricorso:
5) Illegittimità derivata. Assumono i
ricorrenti che l’illegittimità della deliberazione 23.11.2011, impugnata con il
ricorso introduttivo, affliggerebbe altresì il successivo atto di esecuzione.
6) Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90.
Eccesso di potere per carenza ed illogicità di motivazione. Violazione del
principio di buon andamento della PA recato dall’art. 97 Costituzione nonché
dei principi fondamentali di contabilità pubblica in materia di certezza e
congruità dell’impiego di risorse pubbliche. I criteri di determinazione del prezzo
delle azioni oggetto di cessione sarebbero illegittimi.
7) Ulteriore violazione dell’art. 3 della
l. n. 241/90 ed eccesso di potere per carenza ed illogicità di motivazione
sotto altro profilo. Violazione del principio di buon andamento della PA recato
dall’art. 97 Costituzione. I prefigurati termini di pagamento sarebbero
incongrui e illegittimi.
Con una seconda serie di motivi aggiunti,
depositati in data 12.4.2012, i ricorrenti hanno impugnato la determinazione
dirigenziale 29.12.2011 avente per oggetto “cessione a FCT s.r.l. di n.
30.402.666 azioni detenute nella società GTT s.p.a. e di n. 35880 azioni
detenute nella società Amiat s.p.a. – Accertamento di entrata per l’importo di
€ 86.999.404.47. Debitore FCT s.r.l.”, nonché la deliberazione 7.3.2012 “avvio
di consultazioni per manifestazione di interesse nella procedura di selezione
del socio di minoranza della società “GTT s.p.a.” – approvazione”, deducendo le
seguenti censure:
8) Illegittimità derivata.
9) Violazione dell’art. 29 co. 1 e 5 del
Regolamento di contabilità del Comune di Torino e dell’art. 3 della l. n.
241/90. Illogicità e carenza assoluta di motivazione. Le previsioni di introito
patrimoniale derivanti dall’operazione effettuata dal Comune mancherebbero di
congruità sotto ulteriori profili.
10) Illegittimità derivata.
11) Eccesso di potere per carenza e
contraddittorietà della motivazione, nonché per travisamento dei contenuti e
violazione del disposto della presupposta deliberazione consiliare 23.11.2011,
n. 101. Mentre l’originaria configurazione dell’operazione presupponeva una
prima ricerca di unpartner finanziario pubblico e, solo in
subordine, la ricerca di un socio privato, la delibera da ultimo impugnata non
darebbe alcun riscontro di tale preventiva ricerca.
12) Eccesso di potere per carenza e
contraddittorietà della motivazione sotto altro profilo. Travisamento dei
fatti. Errata esegesi ed ultronea applicazione dell’art. 112 bis del d.lgs. n.
163/2006. Contestano i ricorrenti la scelta di porre in essere consultazioni
preliminari rispetto all’operazione di cessione di quote azionarie..
13) Incompetenza. Violazione dell’art. 42
comma 2 lett. e) del d.lgs. n. 267/2000. Eccesso di potere per illogicità.
Violazione divieto di aggravamento del procedimento e del principio di buon
andamento PA recati dall’art. 97 della Costituzione. La Giunta difetterebbe di
competenza in relazione alla tipologia di atto adottato.
14) Eccesso di potere per carenza assoluta
di motivazione nonché contraddittorietà della stessa sotto altro profilo. I
requisiti stabiliti per accedere alle consultazioni preliminari sarebbero
incongrui.
Con una terza serie di motivi aggiunti,
depositati in data 1.6.2012, i ricorrenti impugnavano la deliberazione comunale
23.4.2012, n. 49 con la quale venivano fissati gli “indirizzi per la gestione
della holding comunale e delle sue partecipazioni societarie:
approvazione” deducendo i seguenti motivi di ricorso:
15) Illegittimità derivata
16) Eccesso di potere per
contraddittorietà con la deliberazione consiliare 23.11.2011, n. 191. Non
sarebbero siano stati rispettati i termini prefigurati per la presentazione del
regolamento di disciplina della vigilanza e controllo sulla holding.
17) Eccesso di potere per perplessità,
illogicità e contraddittorietà con la deliberazione consiliare n. 191/2011,
sotto altro profilo. Travisamento e violazione dell’art. 2449 c.c..
L’operazione sarebbe illegittima nella parte in cui riconosce alla Città il diritto
di nominare sindaci e amministratori.
18) Eccesso di potere per carenza di
motivazione, perplessità, illogicità. Contraddittorietà con la deliberazione
consiliare 23.11.2011, n. 191, sotto ulteriore profilo. Travisamento degli
artt. 2380, 2049 octies e ss. e 2409 sexiesdecies e
ss. c.c.. Violazione dell’art. 2475 c.c. e dell’art. 3 l. n. 241/90. Le scelte
operate dalla Città nella definizione della struttura societaria sarebbero
illegittime e inopportune.
Con una quarta serie di motivi aggiunti,
depositati in data 20.9.2012, i ricorrenti hanno impugnato la deliberazione del
Consiglio comunale 11.6.2012 n. 78 avente ad oggetto la “deliberazione quadro
dell’istruttoria relativa alla realizzabilità di una gestione concorrenziale
dei servizi pubblici locali di rilevanza economica concernenti la filiera
ambientale ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011” nonché la deliberazione
25.7.2012, n. 101 avente ad oggetto “filiera ambientale modificazioni statuto
Amiat e TRM indirizzi di gara cosiddetta a doppio oggetto e relativi atti.
Approvazione”, Nonché l’avviso per l’individuazione di un socio privato
operativo industriale per il servizio di gestione ambientale del 2.8.2012,
deducendo i seguenti motivi di ricorso:
19) Illegittimità derivata.
20) Violazione artt. 2, 42, 75
Costituzione. La deliberazione consiliare si reggerebbe su un disposto
normativo travolto dall’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza
n. 199/2012
21) Illegittimità derivata.
22) Eccesso di potere per illogicità e
contraddittorietà della motivazione. Gli atti impugnati, pur affermando di
tenere conto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale, non ne avrebbero
tratto le dovute conseguenze.
23) Violazione dell’art. 136 Costituzione
e dell’art. 30 co. 1 l. 87/53. In subordine violazione dell’art. 97 Cost.,
ultronea ed illegittima applicazione dell’art. 134 u.c. d.lgs. n. 267/2000.
Sviamento di potere. L’amministrazione non avrebbe tenuto in debito conto il
corretto momento di efficacia della statuizione della Corte Costituzionale.
24) Illogicità e travisamento del quadro
normativo. L’amministrazione non avrebbe correttamente ricostruito il vigente
quadro normativo per quanto concerne le modalità di gestione dei pubblici
servizi.
25) Ulteriore carenza e contraddittorietà
della motivazione. Le giustificazioni date dall’amministrazione nel corpo degli
atti impugnati sarebbero incongrue con riferimento alle scelte gestionali
operate.
26) Contraddittorietà con contestuali atti
dello stesso Consiglio. Ritengono i ricorrenti che le scelte operate
dall’amministrazione, con riferimento al riparto delle quote societarie
rispettivamente in AMIAT e TRM, nonché con riferimento alla complessiva
gestione del ciclo dei rifiuti, confliggano tra loro.
27) Ulteriore profilo di illogicità e
carenza di motivazione. Contraddittorietà con la deliberazione del Consiglio
comunale del 13.7.2011, n. 109. L’amministrazione sarebbe pervenuta alla
determinazione di cedere una quota pari all’80% di TRM, anzicchè il 49%
originariamente prefigurato 49%, seguendo un percorso logico e cronologico
incoerente.
28) Violazione dei principi generali
dell’ordinamento interno e comunitario in materia di gare ad evidenza pubblica.
Nell’operazione di cessione di quote di TRM è prevista una costituzione di
pegno sulle azioni che indirettamente attribuirebbe a terzi non aggiudicatari
la disponibilità delle azioni stesse.
29) Violazione dell’art. 10 l.r. 2002, n.
24. L’operazione prefigurata comporterebbe, in violazione della disciplina
regionale, l’attribuzione al medesimo soggetto del servizio di raccolta e
trasporto rifiuti e della gestione dell’inceneritore.
30) Erronea a travisata applicazione
dell’art. 2345 c.c.. Ulteriore profilo di eccesso di potere per
contraddittorietà della motivazione e violazione dei principi in materia di
gare pubbliche. All’esito dell’operazione il socio privato si verrebbe
illegittimamente a trovare nella condizione di potere, in qualunque momento,
sostituire a sé un terzo.
31) Travisamento di fatti, erroneità,
illogicità e contraddittorietà sia con precedenti atti della stessa
amministrazione, sia interna all’atto deliberativo assunto. Sussisterebbe un
errore di fatto interno alla deliberazione impugnata.
32) Violazione dell’art. 118 co. 4 della
Costituzione. Carenza di motivazione. Violazione dei principi fondamentali in
materia di gare pubbliche. La scelta di prevedere l’aggiudicazione a favore di
un unico socio operativo industriale sarebbe censurabile.
33) Violazione dell’art. 34 co. 7 e 80 del
regolamento del Consiglio comunale di Torino n. 286. Vizio di procedimento.
Nell’adozione dell’atto impugnato non sarebbero stati acquisiti i pareri
prescritti dal Regolamento del Consiglio comunale nè rispettata la tempistica
ivi prevista.
Con specifico riferimento all’avviso in
data 2.8.2012 hanno dedotto i ricorrenti:
34) Illegittimità derivata.
35) Violazione dei principi generali
dell’ordinamento interno e comunitario in materia di gare ad evidenza pubblica.
Insistono i ricorrenti sulla censura inerente la previsione di costituzione di
pegno sulle azioni.
36) Violazione dell’art. 118 co. 4 Cost..
Contestano i ricorrenti i requisiti finanziari e tecnici individuati
dall’amministrazione per la selezione del socio privato.
Con la quinta serie di motivi aggiunti i
ricorrenti censurano la deliberazione avente per oggetto “dismissione
partecipazione azionaria detenuta in GTT s.p.a. da F.C.T. holding s.r.l. pari
al 49% del capitale sociale . Modificazioni statuto GTT” deducendo i seguenti
motivi di ricorso:
37) Illegittimità derivata.
38) Illogicità, carenza di motivazione e
contraddittorietà con precedenti atti. Violazione dell’art. 3 della l. n.
241/1990 e dell’art. 97 Costituzione. Violazione degli artt. 246 ss. d.lgs. n.
267/2000. Sarebbero illegittimi i presupposti e la motivazione della
deliberazione impugnata.
Con la sesta serie di motivi aggiunti i
ricorrenti impugnano le determinazioni del direttore generale in data
20.11-18.12.2012, deducendo i seguenti motivi di ricorso:
39) Illegittimità derivata.
40) Incompetenza, violazione degli artt.
108 d.lgs. n. 267/2000 e 71 dello Statuto della città di Torino. Il Direttore
generale difetterebbe di competenza all’adozione degli atti impugnati.
41) Violazione ed erronea applicazione
dell’art. 11 co. 10 bis lett. a) d.lgs. n. 163/2006. Violazione del comma 10
del medesimo articolo. Alcune previsioni concernenti deroghe alle ordinarie
norme di gestione delle procedure ad evidenza pubblica indette per la cessione
delle quote sarebbero ingiustificate.
42) Violazione dell’art. 3 della l. n.
241/90. Carenza ed illogicità della motivazione. Violazione dell’art. 97
Costituzione. Le procedure e le valutazioni tecniche seguite
dall’amministrazione per procedere alla cessione delle quote sarebbero errate e
illegittime.
44) Violazione dell’art. 11 co. 10 del
d.lgs. n. 163/2006. La stipulazione dei contratti con i cessionari individuati
sarebbe avvenuta in violazione dello stand still previsto del
codice dei contratti.
45) Violazione dei principi fondamentali
in materia di procedimento amministrativo e di contratti amministrativi quali
desumibili dalla l. n. 241/90, dal d.lgs. n. 163/2006 oltre che dei principi di
imparzialità e di buon andamento recati dall’art. 97 Cost. I contratti non
sarebbero stati stipulati con l’aggiudicatario, bensì con un diverso soggetto.
Con la settima serie di motivi aggiunti
sono state impugnate le determinazioni 29.11.2012 del Direttore generale del
Comune di Torino e 29.10.2012 dell’Amministratore Unico di FCT, deducendo i
seguenti motivi di ricorso:
46) Incompetenza, violazione degli artt.
108 del d.lgs. n. 267/2000 e 71 dello Statuto della Città di Torino. Anche con
riferimento a tali ultimi atti vi sarebbe incompetenza del Direttore Generale.
47) Violazione artt. 54, 56 del
regolamento municipale per la disciplina dei contratti della Città di Torino.
La composizione della commissione che ha deciso sull’ aggiudicazione delle
quote sarebbe illegittima.
47.2) In subordine: violazione art. 57 del
regolamento municipale per la disciplina dei contratti della Città di Torino.
Sotto altro profilo sarebbe illegittima anche l’individuazione del soggetto
deputato e nominare la commissione giudicatrice.
48) Violazione art. 84 d.lgs. n. 165/2001
e 97 Cost.. Violazione del principio di imparzialità e del principio di
alterità e indipendenza della commissione giudicatrice. Illegittimamente
sarebbe mancata una effettiva alterità tra il soggetto che ha nominato la
commissione giudicatrice e i suoi stessi componenti.
50) Violazione dell’art. 11 l. n. 241/90 e
del principio di buon andamento della PA recato dall’art. 97 Costituzione.
Illegittimamente l’amministrazione avrebbe individuato un soggetto terzo per
valutare quote societarie ed offerte.
Con l’ottava serie di motivi aggiunti i
ricorrenti hanno dedotto le seguenti ulteriori censure:
51) Illegittimità del bando per violazione
dei principi fondamentali in materia di procedimento amministrativo e di
contratti amministrativi, quali desumibili dalla l. n. 241/90 e dall’art. 51
del d.lgs. n. 163/2006, oltre che dei principi di imparzialità e buon andamento
recati dall’art. 97 Costituzione. Si contestano nuovamente la diversità tra i
soggetti aggiudicatari e le società stipulanti il contratto; la difformità, pur
autorizzata dalla legge di gara, violerebbe il principio di immodificabilità
dei concorrenti.
52) Illegittimità del bando di gara per
violazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006. Ribadiscono sotto altro profilo
i ricorrenti la censura svolta sub. n. 51).
53) Violazione dell’art. 38 del d.lgs. n.
163/2006 e contraddittorietà sia con la delibera del Consiglio Comunale n.
101/2012, sia interna. Il meccanismo di gara sarebbe tale da consentire a
soggetti non in possesso dei requisiti per l’aggiudicazione di ottenere il
contratto.
Si sono costituite le controparti
replicando nel merito e spiegando numerose eccezioni in rito.
In particolare il Comune di Torino ha
eccepito che:
- il ricorso sarebbe inammissibile per
carenza di legittimazione attiva in capo ai ricorrenti;
- il ricorso sarebbe inammissibile e
improcedibile anche per violazione del termine processuale perentorio di cui al
combinato disposto degli artt. 45 co 1 e 119 co. 1 lett. c) e co, 2 c.p.a.
La controinteressata FCT Holding s.r.l. ha
contestato la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti e il difetto di
contraddittorio per omessa notificazione del ricorso introduttivo a FCT holding
s.r.l., in qualità di controinteressato immediatamente evincibile dall’atto
impugnato, nonché l’improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione delle
delibere assembleari ATO-R n. 12 del 17 luglio 2012 e n. 16 dell’1 agosto 2012,
atti presupposti della successiva aggiudicazione definitiva.
Le controinteressate TRM V. s.p.a.. IREN
Emilia s.p.a. e AMIAT V. s.p.a. hanno eccepito il difetto di legittimazione ed
interesse ad agire in capo ai ricorrenti e l’inammissibilità nei loro confronti
di tutte le censure di illegittimità derivata, poiché dette società sono state
destinatarie della notificazione dei sesti motivi aggiunti (comprendenti una
censura di illegittimità derivata) senza che, nel corpo degli stessi o
unitamente agli stessi, fossero stati notificati i precedenti atti del
giudizio. Il difetto di contraddittorio (a detta delle controinteressate non
sanato dalla successiva ripetizione delle notificazioni con integrazione degli
atti) travolgerebbe i sesti, settimi e ottavi motivi aggiunti considerato che
questi, privi del testo anche dei precedenti atti, non potrebbero comunque
valere come autonomi ricorsi non essendo stati notificati, quanto alle restanti
parti del giudizio, nel domicilio reale ma solo in quello eletto.
L’inammissibilità delle ultime impugnative priverebbe i ricorrenti altresì di
interesse ad agire rispetto alle precedenti contestazioni.
Tanto parte resistente che le parti
controinteressate hanno specificatamente contestato nel merito le singole
censure dedotte.
All’udienza del 21.11.2013 la causa è
stata discussa e decisa nel merito.
DIRITTO
Ritiene il collegio che sia assorbente
l’eccezione (già evidenziata in sede cautelare) di difetto di legittimazione
attiva dei ricorrenti, mossa da tutte le controparti.
La multipla impugnativa contiene infatti
una congerie di censure (invero per natura e per oggetto anche molto difformi
tra loro) tutte accomunate dal contestare (talvolta invadendo il merito) scelte
organizzative di carattere strutturale dell’operazione di ristrutturazione
delle partecipazioni pubbliche posta in essere dal Comune di Torino tra il 2011
e il 2012. Tuttavia in nessuno degli atti si chiarisce quale specifica e
diretta ricaduta sugli utenti del servizio e sui cittadini (unica qualità spesa
dai ricorrenti ai fini della loro legittimazione ad agire) tale operazione
societaria potrebbe avere. In altre parole i ricorrenti tentano una sorta di
azione popolare, non prevista dall’ordinamento, reclamando ragioni di
legittimità oggettiva, ovvero contestando scelte gestionali nel loro stesso an, contestazioni
che talvolta censurano l’opportunità più che la legittimità degli atti
impugnati.
In nessun punto dei nove diversi atti di
impugnazione, nonostante le numerose eccezioni di inammissibilità, i ricorrenti
riescono a rappresentare una qualsivoglia concreta, puntuale ed immediata
ricaduta delle operazioni censurate sulla gestione e fruizione del servizio (in
termini, ad esempio, di modifiche tariffarie, di qualità e diffusione del
servizio, di operatività del medesimo), ricaduta che sarebbe indispensabile
individuare per suffragare la legittimazione sostanzialmente diffusa che essi
intendono spendere.
Tutta la giurisprudenza citata in ricorso,
e anche quella prodotta per l’udienza di discussione, non pare al collegio
scalfire il principio.
Si procede ad una analisi dei precedenti
giurisprudenziali invocati, per maggior puntualità di esame.
La sentenza n. 5501/2009 della sezione V
del Consiglio di Stato, oltre ad affrontare una caso di legittimazione ad
intervenire e non a ricorrere (se pure apparentemente ampliando il ragionamento
anche a quest’ultima), reca una moderna analisi delle innovazioni indotte dalla
tutela del consumatori. Il giudizio aveva ad oggetto un atto di natura ben
diversa da tutti quelli qui impugnati, ossia una convenzione per la gestione
del servizio idrico, atto che, proprio per la sua attinenza diretta alla gestione
del servizio, è stato ritenuto dal giudice d’appello incidere sulla
“erogazione di servizi pubblici secondo standards di qualità e
di efficienza” che costituisce, secondo il codice del consumo, una delle
legittime prerogative del consumatore. Nella medesima citata pronuncia il
giudice d’appello si è però peritato di ribadire che anche tale allargamento
degli argini della legittimazione attiva presuppone che: “ in questa
prospettiva, non venga in gioco la tutela dell’oggettiva legittimità
dell’azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione
attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile
contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa
primaria e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema della
giustizia amministrativa (C.d.S., VI, 29 maggio 2008, n. 2546)”.
Pare ovvio che, in astratto, qualunque
vicenda che coinvolge la vita e il funzionamento di un soggetto pubblico
indirettamente potrà influenzare i servizi e le prestazioni che il medesimo
deve erogare (basti pensare all’indizione o meno di un concorso pubblico per
coprire eventuali carenze di organico, magari indirizzandosi a soggetti più o
meno qualificati, cosa che indiscutibilmente avrà, indirettamente, un riflesso
sulla qualità dell’azione amministrativa). Ciò non di meno, ove non sia
identificabile un diretto nesso tra la scelta organizzativa posta in
contestazione e una puntuale pretesa dell’utenza, non potrà riconoscersi una
legittimazione generalizzata ad agire, pena lo snaturamento del processo
amministrativo da giudizio a tutela di interessi delle parti a giudizio di
oggettiva legittimità dell’azione amministrativa. In relazione al precedente
invocato, pertanto, non occorre neppure ulteriormente valutare le puntuali
contestazioni di parte controinteressata FCT Holding, secondo la quale la
fattispecie per cui è causa non consentirebbe neppure l’invocazione del codice
del consumo, poiché, anche seguendo i dettami di quest’ultimo, manca il
requisito della rappresentazione di una diretta incidenza degli atti impugnati
su standards e qualità del servizio.
Analogo ragionamento può dispiegarsi con
riferimento alla pronuncia Tar Catania sez. III n. 1087/2009, che aveva ad
oggetto una deliberazione di rideterminazione in peius delle
tariffe TARSU, di cui è evidente l’immediata incidenza sui soggetti passivi
dell’imposizione.
Neppure è pertinente la sentenza Tar
Liguria sez. II 31.10.2012, n. 1348 che ha analizzato una situazione del tutto
peculiare nel contesto della normativa regionale ligure. In sintesi la
legislazione regionale ligure impone che una determinata minima quantità di
spiagge sia destinata alla balneazione libera; in tale contesto i cittadini
(immediatamente e direttamente interessati ad accedere alla spiaggia pubblica)
contestavano il proposito dell’amministrazione di affidare in concessione (e
quindi sottrarre alla libera accessibilità) percentuali eccessive di lido.
Anche in tal caso si profilava un rapporto diretto tra l’atto impugnato e il
servizio (o meglio in questo caso la libera disponibilità del bene pubblico),
assente nel caso di specie.
Analogamente è a dirsi per la decisione
Tar Lazio sez. I 828/2013 (prodotta per la discussione di merito) avente ad
oggetto una delibera di autorizzazione al trasferimento di sede di una
farmacia, che evidentemente direttamente ed immediatamente privava del servizio
i residenti nella zona farmaceutica. Idem, infine, per la
sentenza Tar Abruzzo sez. I 292/2011, concernente la sospensione di una
attività ospedaliera, e quindi nuovamente di immediata incidenza sul servizio
per l’utenza.
Ancora è stata prodotta per la discussione
di merito la sentenza Cons. St. sez. VI n. 314/2013 che riguarda una vertenza
di accesso, materia del tutto estranea al presente contenzioso. Al proposito
pare sufficiente quanto ricordato dalla decisione dell’adunanza plenaria
24.4.2012, n. 7 secondo cui: “la legittimazione all’accesso ai documenti
amministrativi va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti
procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare
effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente
dalla lesione di una posizione giuridica stante l’autonomia del diritto di
accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto
alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto fonte del
diritto all’accesso ai documenti delle pubbliche amministrazioni”. Ciò è tanto
più vero se si considerano poi le recenti evoluzioni normative verso il
cosiddetto accesso civico e la trasparenza.
A considerazioni non dissimili da quelle
valide per l’accesso porta anche l’argomentazione di parte ricorrente secondo
cui la legittimazione ad agire deriverebbe dall’art. 79 dello Statuto del
Comune di Torino.
Recita quest’ulitmo:
“Art. 79 ….Il Comune garantisce,
nell'attività di programmazione, erogazione e verifica della qualità e quantità
dei servizi forniti, ivi comprese le attività di cui al precedente comma 3, la
partecipazione degli utenti, singoli ed associati, delle organizzazioni dei
lavoratori e delle Circoscrizioni di decentramento.”
La normativa, come di sua competenza,
disciplina modalità di partecipazione democratica dei cittadini alla vita
dell’ente ma non può certo incidere sull’ampiezza della legittimazione ad
agire, disciplinata dal diritto processuale, materia certamente sottratta alla
competenza del Comune. Per altro il citato articolo appare tutto incentrato
sulla disciplina dell’erogazione dei servizi, per cui nuovamente
mancherebbe a rigore, nel caso di specie, il presupposto per la sua
applicazione, non trattandosi di modalità di erogazione dei servizi gestiti
dalle varie partecipate; in ogni caso, anche ad intenderlo come prerogativa
partecipativa a più ampio raggio, non può che ribadirsi che il perimetro delle
facoltà partecipative è ben più ampio rispetto a quello della legittimazione ad
agire.
Infine, quanto alla parte delle
impugnative che direttamente censura le gare svoltesi per la cessione delle
quote azionarie delle varie partecipate, si rileva:
- il ricorso è improcedibile con
riferimento alle impugnative del primo procedimento di cessione della
partecipazioni AMIAT s.p.a. e TRM s.p.a., essendo il medesimo andato deserto,
nonché con riferimento ai quinti motivi aggiunti, inerenti la procedura di
vendita di GTT, ugualmente conclusasi senza aggiudicazione;
- l’impugnativa resta comunque
inammissibile per carenza di legittimazione attiva con riferimento alle gare
andate a buon fine.
Non si comprende infatti la lettura che
della decisione dell’adunanza plenaria n. 4 del 2011 viene data in ricorso;
detta pronuncia, contraddicendo l’azione dei ricorrenti, afferma e ribadisce
per l’appunto il principio secondo cui solamente i partecipanti ad una gara
pubblica, o i soggetti che siano operatori del mercato cui la gara si
indirizza, hanno titolo a contestare una procedura ad evidenza pubblica.
Si legge nella citata pronuncia “è
superfluo ricordare che nel nostro sistema di giurisdizione soggettiva la
verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati non va
compiuta nell’astratto interesse generale ma è finalizzata all’accertamento
della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere dalla parte attrice…in
sé considerata la semplice possibilità di ricavare dall’invocata decisione di
accoglimento una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, non dimostra
la sussistenza di una posizione legittimante..a tal fine risulta insufficiente
il riferimento a una utilità meramente ipotetica o eventuale che richiede, per
la sua compiuta realizzazione, il passaggio attraverso una pluralità di fasi e
di atti ricadenti nella sfera della più ampia disponibilità
dell’amministrazione.” Procede poi il giudice d’appello a chiarire che, in
materia di gare pubbliche, sussiste di norma la legittimazione ad agire dei
partecipanti alla gara cui si aggiungono tre eccezioni: la legittimazione del
soggetto che contrasta la scelta di indire la procedura, la legittimazione
dell’operatore economico di settore che contrasta un affidamento diretto e la
legittimazione dell’operatore che manifesta l’intenzione di impugnare una
clausola del bando escludente. La prima delle tre ipotesi non si attaglia per
nulla al caso di specie poiché viene immediatamente spiegata dall’adunanza
plenaria specificando che dette deroghe: “risultano (persino) inidonee
a determinare l’affermazione di una nuova regola generale di indifferenziata
titolarità della legittimazione al ricorso basata sulla qualificazione
soggettiva di imprenditore aspirante all’indizione di una gara” essendo la
legittimazione tuttora ammessa “nei soli casi in cui questi (l’imprenditore)
dimostri comunque una adeguata posizione differenziata”.
Affermare il contrario, come sostengono i
ricorrenti, presupporrebbe sostenere che, siccome i cittadini sono anche
contribuenti hanno sempre titolo a contestare la gestione del denaro pubblico
(e questo anche al di là del settore degli appalti); nuovamente il giudice amministrativo
sarebbe trasformato in arbitro di legittimità oggettiva, soluzione che
contrasta con la sua funzione e natura.
Del tutto velleitaria appare poi
l’affermazione, contenuta ad es. a p. 5 della memoria depositata l’11.6.2012,
secondo cui i ricorrenti potevano aspirare ad una sorta di azionariato diffuso
delle partecipate pubbliche del Comune e sarebbero quindi stati
illegittimamente esclusi dal novero dei legittimi aspiranti alle procedure
(così tentandosi di giustificare la loro legittimazione). La scelta
dell’amministrazione (come tale di merito, certamente non sindacabile, e per di
più del tutto coerente con la normativa tanto nazionale che comunitaria) è
stata quella di individuare soci operativi, ossia soggetti che, coerentemente
con la percentuale azionaria oggetto di vendita e con la complessiva
configurazione dell’operazione, presentassero anche le caratteristiche di un
potenziale gestore. Per altro i ricorrenti, in parte contraddicendosi, nelle
numerose censure contestano anche che il bando non avrebbe sufficientemente
garantito che proprio i soggetti con le caratteristiche ivi individuate fossero
gli effettivi unici potenziali sottoscrittori dei contratti, individuando in
ciò una ragione di illegittimità e irrazionale gestione della gara.
In definitiva, senza dubbio, le gare
contestate sono indirizzate al mercato dei “soci operativi”, di cui nessun
ricorrente si prospetta parte.
Anche la citata giurisprudenza in materia
di cosiddette “quote rosa” (a prescindere dalla peculiarità del contesto in cui
si è formata) non manca di ribadire il principio cardine secondo cui “la
legittimazione ad agire è una qualità giuridica che si connette
all'attribuzione di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di
tutela e che può anche derivare dalla precostituzione di uno specifico titolo
di legittimazione” (cfr. Cons. St. sez. V n. 4502/2011, citata nelle difese dei
ricorrenti, che muove da una puntuale analisi della sussistenza in capo alla
ricorrente degli esatti titoli necessari per conseguire la posizione/bene della
vita ivi posti in contestazione).
Né può argomentarsi nel senso che
l’inammissibilità del presente gravame darebbe luogo ad un vulnus delle
garanzie di legittimità dell’azione amministrativa cui gli enti locali sono
astretti, in un ambito di particolare rilevanza.
L’ordinamento costituzionale, infatti,
rimette alla Corte dei Conti, quale Suprema Magistratura a tutela dello
Stato-ordinamento (Corte Cost. n. 198/2012), la verifica della regolarità della
gestione finanziaria degli enti locali, con particolare riferimento alle
partecipazioni societarie, cui conseguono puntuali effetti preclusivi e
conformativi dell’azione amministrativa. In questo senso il Collegio segnala,
oltre alla costante giurisprudenza costituzionale (cfr. da ultimo Corte Cost.
n. 60/2913), specifiche previsioni di legge di natura settoriale e
ordinamentale, che prescindono dal tradizionale strumento risarcitorio
rappresentato dal giudizio di responsabilità amministrativa incentrato sulla
lesione patrimoniale. Si pensi all’art. 148 del d.lgs. n. 267/2000 secondo cui
le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti verificano, con cadenza
semestrale, la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il
funzionamento dei controlli interni (ivi compreso quello sulle società
partecipate ex art. 147 quater del medesimo Tuel) ai fini del
rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun ente
locale. A tal fine il Sindaco dei comuni superiori ai 15.000 abitanti trasmette
semestralmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti un
referto sulla regolarità della gestione e sull’adeguatezza dei controlli
interni elaborato sulla base di apposite linee guida della Sezione delle
Autonomie della Corte, che dedicano ampio spazio ai controlli sulle
partecipazioni societarie (delibera n. 4/2013). Nello stesso senso depone il
successivo art. 148 bis, secondo cui la Corte dei Conti accerta che i
rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in
società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici per
la collettività locale e di servizi strumentali dell’ente. Nell’ambito di tale
verifica l’accertamento di violazioni di norme finalizzate a garantire la
regolarità della gestione finanziaria comporta l’adozione di una specifica
pronuncia da parte della Corte dei Conti: ad essa consegue ex lege l’obbligo
di conformarsi in capo all’ente locale, con eventuale preclusione della spesa.
Siffatto sistema conosce, infine, specifiche disposizioni di “chiusura” a
tutela dell’ente locale mediante l’apposito strumento dei giudizi ad istanza di
parte ex art. 58 del R.D. n. 1038/1933 dinanzi alle Sezioni riunite (Corte dei
Conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale – in speciale composizione, nn.
2/2013, 5/2013 e 6/2013). In sostanza, complessivamente, “quello individuato
dal legislatore appare un mezzo per supplire attraverso la giurisdizione
contabile – che è una giurisdizione essenzialmente nell’interesse della legge e
della collettività in quanto tale a tutela dello Stato ordinamento – a
un’effettiva carenza di giustiziabilità di un interesse diffuso alla corretta
gestione delle risorse pubbliche che nel giudizio dinanzi al GA non riusciva a
trovare tutela e che, invece, nel giudizio ad istanza di parte non sembra
essere gravato da analoghe limitazioni, anche alla luce del fatto che la
cognizione è a carattere esclusivo, e quindi piena e non solo di legittimità,
come sarebbe innanzi alla giustizia amministrativa. Un giudizio per il quale
non possono valere soltanto le più ristrette regole, in ordine alla
legittimazione attiva, vigenti innanzi al G.A.” (Corte dei Conti, Sezioni
riunite in sede giurisdizionale - in speciale composizione, n. 5/2013).
Ritiene in definitiva il collegio che il
ricorso e i successivi motivi aggiunti debbano essere tutti dichiarati
inammissibili per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto,
dichiara inammissibile il ricorso e i
motivi aggiunti.
condanna i ricorrenti in solido a
rifondere le spese di lite liquidate, a favore di ciascuna delle parti
rispettivamente resistente e controinteressate, in € 2000,00 oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di
consiglio del giorno 21 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Roberta Ravasio, Primo Referendario
Paola Malanetto, Primo Referendario,
Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)