sabato 3 agosto 2013

PROCEDIMENTO: ancora sulla discrezionalità tecnica... (T.A.R. Veneto, sentenza 4 marzo 2013 n. 321).


PROCEDIMENTO: 
ancora sulla discrezionalità tecnica... 
(T.A.R. Veneto, sentenza 4 marzo 2013 n. 321)
a cura del Dott. Massimo Mazzola


Breve commento

Il sindacato sulla discrezionalità tecnica, o per dirla come preferisce il Supremo Consesso, "sulle valutazioni tecniche", secondo la sentenza in esame rimane debole. 
E' dunque accertamento intrinseco di fatti complessi, ma che non giunge a sindacare la bontà della scelta dell'amministrazione, quanto la correttezza procedimentale dal punto di vista logico, tecnico e giuridico, nonché la congruità dei risultati cui questa conduce, alla stregua dei paramentri appena citati. 


Massima 

1. Il giudizio espresso dalla commissione giudicatrice attiene e riguarda la discrezionalità tecnica che necessariamente presiede il giudizio delle diverse offerte e che, in quanto tale, può essere oggetto solo di un sindacato “ debole” da parte del Tribunale, ossia limitato agli aspetti di palese ed univoca contraddittorietà, illogicità manifesta ovvero di un chiaro travisamento dei fatti, aspetti non provati dalla parte ricorrente che, invece, si è limitata a segnalare la priorità valoriale del proprio progetto rispetto a quello avversario.
2.  E’ di tutta evidenza che tale giudizio pertiene alla esclusiva valutazione del seggio di gara proprio perché attiene ad una valutazione oggettivamente opinabile, il cui esito dipende da una pluralità di fattori, tutti scelti ed individuati dalla stessa commissione, in uno con la legge di gara, sicché una diversa ed antitetica opzione costituirebbe non già uno scrutinio di legittimità dell’atto contestato, bensì una nuova e sostitutiva valutazione operata, sine titulo, dal Tribunale.


Sentenza per esteso

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 563 del 2011, proposto da:
Azalea Cooperativa Sociale Arl, rappresentato e difeso dagli avv. Alfiero Farinea, Alessia Zennaro, con domicilio eletto presso Alfiero Farinea in Venezia-Mestre, Via Torre Belfredo, 55/A; 
contro
Comune di Fumane, rappresentato e difeso dagli avv. Alvise Cecchinato, Stefania Emanuela Cona, con domicilio eletto presso Alvise Cecchinato in Venezia, S. Marco, 1642; 
nei confronti di
La Faedina Cooperativa Sociale; 
per l'annullamento
dei verbali di gara relativi all'appalto ad oggetto il servizio di assistenza domiciliare in favore di anziani, disabili e famiglie in stato di disagio sociale e/o sanitario, di servizio di recapito dei pasti a domicilio per anziani, il servizio di lavanderia da realizzare presso il territorio del Comune di Fumane, bandito dal Comune stesso per il quadriennio 2011 – 2014; dei criteri di valutazione utilizzati dalla Commissione, del punteggio, pari a punti 15, attribuito alla controinteressata a titolo di "eventuali progetti specifici" e della proposta di affidamento del servizio alla controitneressata; della determinazione n. 348 dd. 21.12.2010 di aggiudicazione provvisoria; di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Fumane;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2012 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il presente ricorso già scrutinato negativamente da questo Tribunale e dal Consiglio di Stato è oggi sottoposto ad una compiuta valutazione nel merito.
Il ricorrente contesta l’aggiudicazione, alla controinteressata, del servizio di assistenza domiciliare in favore di anziani, disabili e famiglie in stato di disagio sociale e/o sanitario, del servizio di recapito pasti a domicilio per anziani, nonché il servizio di lavanderia da realizzare presso il territorio del comune di Fiumane nel quadriennio 2011/2014.
Il ricorso è affidato a cinque censure.
Con il primo motivo la parte ricorrente rilevava che il capitolato speciale d’appalto prevedeva, nell’art. 6, i servizi opzionali ed accessori, tra cui la consegna di pasti ad utenti extra assistenza domiciliare, che potevano essere richiesti dal comune all’aggiudicario, sempre al medesimo costo orario previsto nell’appalto; mentre l’art. 7, punto due, prevedeva l’attribuzione, fino a 15 punti, per i progetti che introducono elementi migliorativi per il mantenimento degli utenti nel proprio domicilio a salvaguardia della sua autonomia.
Tra i servizi opzionali non era prevista la fornitura, ma solo la consegna dei pasti.
I progetti opzionali non riguardavano eventuali progetti specifici volti ad introdurre elementi migliorativi degli utenti nel proprio domicilio.
Quindi, sostiene il ricorrente, gli eventuali progetti specifici dovevano riguardare solo gli utenti nel proprio domicilio e non quelli extra assistenza domiciliare, così, sempre il ricorrente rileva, che non vi può essere commistione tra servizi opzionali ed i progetti specifici.
In ogni caso tra i servizi opzionali non poteva essere ricompresa la fornitura di pasti che, eventualmente, poteva rappresentare un elemento dell’offerta economica.
Invero per l’esatta comprensione della riferita censura è necessaria una sua compiuta integrazione in termini di fatto.
La ricorrente, con riferimento ai servizi opzionali, di cui al citato articolo 6 del capitolato, dichiarava che il progetto di assistenza domiciliare poteva, a richiesta ed in accordo con il responsabile dei servizi sociali, provvedere anche la consegna dei pasti agli utenti senza assistenza domiciliare.
L’Amministrazione, con nota del 10 dicembre 2010, chiedeva, al riguardo, chiarimenti in merito alla proposta in particolare di precisare se il pasto in argomento era fornito dalla stessa cooperativa e se ciò comportava l’eventuale costo a carico dell’amministrazione comunale.
In merito la ricorrente precisava che tale servizio opzionale costava, al comune, euro 4,30 a pasto.
Di contro la controinteressata, in riscontro ad analoga richiesta di chiarimenti avanzata dal comune di Fiumane, aveva dichiarato che i pasti a domicilio degli utenti assistiti erano preparati, sulla base di diete mirate dal centro servizi S.Anna e ciò non avrebbe comportato ulteriori costi aggiuntivi.
In sede di valutazione la Commissione giudicatrice rilevava che la controinteressata aveva presentato un progetto specifico che consentiva di mantenere gli utenti nel proprio domicilio proprio dalla fornitura gratuita dei pasti, oltre all’inserimento delle persone svantaggiate presso le abitazione degli utenti, nonché la organizzazione di gite per gli anziani, così da attribuire 15 punti contro i cinque assegnati alla ricorrente.
Alla luce delle suesposte argomentazioni emerge chiara la tesi del ricorrente : il servizio è stato assegnato alla controinteressata solo perché, in sede di chiarimenti, la parte ricorrente ha rappresentato e quantificato il costo aggiuntivo relativo ad un servizio opzionale, ma, invero, il costo aggiuntivo riguardava un aspetto opzionale e pertanto non doveva essere oggetto di valutazione del progetto specifico.
In realtà è opportuno sottolineare che gli aspetti opzionali previsti nel capitolato non sono stati oggetto di valutazione da parte della commissione, atteso che, come indicato nell’art. 6, tali servizi:
1. inserimento dati relativi alla prestazioni erogate dagli operatori, mediante l’utilizzo di procedure informatizzate messe a disposizione degli uffici comunali;
2. consegna pasti a domicilio utenti extra assistenza domiciliare;
3. servizio presso comunità alloggio, convivenze, case albergo, ospedali, case di riposo, centri diurni, centri estivi,
costituivano un aspetto obbligatorio connesso al contratto che l’aggiudicatario avrebbe dovuto osservare a richiesta dell’Amministrazione che aveva, peraltro, previsto già il relativo costo :”… per i quali si applicherà l’importo orario definito dal contratto “ .
Quindi i rilievi, al riguardo, avanzati dalla parte ricorrente risultano errati sia sotto il profilo fattuale, che tecnico-giuridico.
Lo scrutinio della commissione giudicatrice, con riferimento ai progetti specifici presentati dai concorrenti, ha interessato, complessivamente, le loro diverse proposte senza tener conto degli aspetti opzionali previsti nel capitolato, come erroneamente ritiene la ricorrente.
Infatti l’aggiudicataria, nella risposta fornita al seggio di gara, ha fatto esclusivo riferimento alla consegna e fornitura dei pasti ai soli soggetti assistiti e non, come ritiene, la ricorrente alle persone senza assistenza che, invece, ha costituito preciso impegno della ricorrente.
Con il secondo motivo la ricorrente contesta la motivazione con la quale la commissione di gara ha attribuito 15 punti alla aggiudicataria proprio nella valutazione dei progetti specifici, avendo l’amministrazione, a detta della predetta ricorrente, svolto una motivazione contraddittoria che ha confuso quello che rappresentava un componente dell’offerta economica con un elemento progettuale, proprio perché la fornitura gratuita dei pasti rientra nel piano economico offerto.
In realtà, come emerge dal verbale redatto dalla commissione in data 14 dicembre 2012, la gratuità della fornitura dei pasti è solo uno degli aspetti considerati, cui devono aggiungersi la previsione dell’inserimento delle persone svantaggiate presso le abitazione degli utenti, nonché la organizzazione di gite per gli anziani, che, pertanto facevano prevalere l’offerta dell’aggiudicataria.
Rispetto a tali ulteriori ed essenziali aspetti progettuali la ricorrente nulla ha contestato, limitando la sua censura al solo motivo economico della fornitura dei pasti.
Inconferente ed estraneo all’oggetto dell’appalto del servizio in argomento è il terzo ed il quarto motivo di ricorso.
L’asserita violazione all’art. 97 della Carta è, all’evidenza, fuori luogo, atteso che, dagli atti prodotti, emerge che il lavoro della commissione giudicatrice è stato espletato nel rispetto delle regole di gara e delle altre norme di carattere generale previste per l’affidamento dei servizi, compreso il D.G.R.V. 4189/2007.
Né appare conferente l’asserita violazione dell’art. 12 della L. 241/1990 e successive integrazioni, atteso che tale norma riguarda evenienze e modalità per l’attribuzione di provvidenze economiche, quando, invece, la presente vicenda, riguarda e si riferisce all’assegnazione di un servizio previo corrispettivo.
Quindi non può condividersi, neppure, la tesi della ricorrente che ritiene che l’aggiudicazione del servizio sia avvenuta utilizzando criteri non previsti dal bando, ma inseriti dalla commissione nella seduta del 14 dicembre 2010.
In realtà nella riferita seduta la commissione si è limitata a prendere atto delle diverse proposte progettuali avanzate dalle ricorrenti.
Conseguentemente e per le ragioni appena esposte è, altresì, priva di pregio giuridico, l’asserita violazione dell’art. 83 del D.lgs 163/2006 nella parte che impedisce alla stazione appaltante di introdurre ulteriori criteri di valutazione delle offerte di gara, atteso che tale anomala procedura non risulta, dagli atti di gara, seguita dal seggio di gara.
Con l’ultimo rilievo il ricorrente, proprio con riferimento al parametro : eventuali progetti specifici che introducono elementi migliorativi …, contesta il giudizio espresso dalla commissione sostenendo che la propria proposta è, senz’altro, migliore di quella presentata dalla parte controinteressata.
Al riguardo osserva il Collegio che il giudizio espresso dalla commissione giudicatrice attiene e riguarda la discrezionalità tecnica che necessariamente presiede il giudizio delle diverse offerte e che, in quanto tale, può essere oggetto solo di un sindacato “ debole” da parte del Tribunale, ossia limitato agli aspetti di palese ed univoca contraddittorietà, illogicità manifesta ovvero di un chiaro travisamento dei fatti, aspetti non provati dalla parte ricorrente che, invece, si è limitata a segnalare la priorità valoriale del proprio progetto rispetto a quello avversario.
E’ di tutta evidenza che tale giudizio pertiene alla esclusiva valutazione del seggio di gara proprio perché attiene ad una valutazione oggettivamente opinabile, il cui esito dipende da una pluralità di fattori, tutti scelti ed individuati dalla stessa commissione, in uno con la legge di gara, sicchè una diversa ed antitetica opzione costituirebbe non già uno scrutinio di legittimità dell’atto contestato, bensì una nuova e sostitutiva valutazione operata, sine titulo, dal Tribunale.
Per tutti i motivi esposti il Collegio respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Claudio Rovis, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



venerdì 2 agosto 2013

APPALTI: a chi spetta l'onere di dimostrare che le buste delle offerte tecniche sono stati custoditi adeguatamente? (T.A.R. Sardegna, Sez. I, sentenza 6 luglio 2013 n. 528).


APPALTI: 
a chi spetta l'onere di dimostrare che le buste delle offerte tecniche sono stati custoditi adeguatamente?  (T.A.R. Sardegna, Sez. I, sentenza 6 luglio 2013 n. 528)


Bello l'episodio biblico di Re Salomone e delle due madri che si contendono il bimbo.
Ecco il Consiglio di Stato è il "novello Salomone", solo che con esiti diversi.


Massima

1.  Quanto all'omessa verbalizzazione da parte della commissione delle cautele sulla conservazione dei plichi contenenti le offerte, considerate le oscillazioni giurisprudenziali in materia, ritiene il collegio di aderire ai criteri espressi dal Consiglio di Stato, III sezione, con la sentenza n. 145 del 14 gennaio 2013.
2. Tale pronuncia afferma che In presenza del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante, è da presumere che lo stesso sia stato assolto con l'adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei relativi plichi. In tal caso, la generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte, non sarebbero state adeguatamente custodite è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto e specifico atto a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fini della regolarità della procedura
Sussiste un preciso obbligo, per la stazione appaltante, di predisporre adeguate cautele a tutela dell'integrità dei predetti plichi. Questo, pur in mancanza di precise norme positive al riguardo.
L'indicazione di specifiche misure di tutela della integrità dell'offerte tecniche presentate in astratto non necessita quindi di una puntuale corrispondenza in sede di verbalizzazione delle sedute di gara.
3.  È ben consapevole tuttavia il Collegio che la mera affermazione, senza indicazione a verbale d'una qualche misura acconcia a garantire la continuità della conservazione dei plichi, di manomissioni giammai avvenute potrebbe di fatto risolversi in una probatio diabolica, a carico dell'impresa interessata, in ordine alla non genuinità della documentazione esaminata. Invero, lasciare al seggio di gara il mero assunto della perfetta regolarità delle operazioni su documenti intatti, senza ulteriori precisazioni, appare altrettanto nocivo quanto l'astratta asserzione dell'omessa verbalizzazione della custodia, con conseguente ineluttabile declaratoria d'illegittimità dell'intera gara. 
4.  Pare allora al Collegio che una più cauta e seria linea interpretativa o, meglio, integrativa dell'art. 78 del Dlg 163/2006 serva ad offrire all'interessato non già una sorta d'inversione dell'onere della prova da questi alla stazione appaltante, bensì una più precisa distribuzione di tal onere tra i due soggetti del rapporto procedimentale. Tanto affinché tal integrazione non si risolva nella distorsione dei canoni di logicità e di buon andamento dell'attività amministrativa anche nei casi di evidenza pubblica, se non, addirittura, in un controllo meramente formale della verbalizzazione, più che del riscontro oggettivo dei fatti. 
In pratica, la stazione appaltante ha la piena disponibilità e l'integrale responsabilità della conservazione degli atti di gara, cui in corso del procedimento l'interessato non può subito accedere, giusta quanto stabilito dal'art. 13, c. 2 del Dlg 163/2006. Sicché essa ha l'onere di dimostrare, a fronte di una seria e non emulativa allegazione presuntiva dell'interessato circa un effetto di non genuinità degli atti stessi e fermo il diritto d'accesso, di dar idonea contezza dell'efficacia dei metodi di custodia in concreto adoperati, a tal fine dimostrandola non solo con il verbale (che di per sé ha fede privilegiata), ma pure con ogni idoneo mezzo di prova. 


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 99 del 2013, proposto da:
Cooperativa Sociale Elleuno s.c.s., con sede in Casale Monferrato (AL), persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sergio Fienga, Marco Trevisan e Amalia Picinelli, con elezione di domicilio come da procura speciale in atti; 
contro
Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Paola Serra, con elezione di domicilio come da procura speciale in atti; 
nei confronti di
SERIANA 2000 Società Cooperativa Sociale, con sede in Cesenatico (FC), in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Carullo e Beatrice Belli, con elezione di domicilio come da procura speciale in atti; 
per l'annullamento
- della delibera del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero- Universitaria di Sassari n. 788 del 18.12.2012, comunicata con nota R.U.P. prot.n. PG/2012/34547 del 21.12.2012, con cui l'Azienda Ospedaliera ha approvato i verbali di gara ed aggiudicato in via definitiva il servizio di supporto assistenziale presso i reparti delle Strutture Aziendali dell'AOU di Sassari ed i servizi accessori e connessi in favore della controinteressata;
- di tutti i verbali della procedura di gara trasmessi dall'AOU di Sassari con la medesima nota;
- di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali, ivi inclusi - per quanto occorrer possa - la lettera d'invito alla procedura di gara inoltrata dall'Amministrazione alla ricorrente con nota prot. PG/2012/13191 del 14.3.2012 e relativi allegati nonché la nota prot. n. PG/2012/106523 del 26.4.2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari e SERIANA 2000 Società Cooperativa Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Marco Lensi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Col ricorso in esame la parte ricorrente chiede l’annullamento degli atti indicati in epigrafe, rappresentando quanto segue.
Con delibera n. 346 del 7 luglio 2011 il Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero- Universitaria di Sassari autorizzava l'espletamento della procedura ristretta di rilievo comunitario per l'affidamento del "servizio di supporto assistenziale presso i reparti delle Strutture Aziendali dell'AOU di Sassari e i servizi accessori e connessi", da aggiudicarsi ai sensi dell'articolo 83 del D.Lgs. 163/2006 ovvero con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
All'esito della prequalifica risultavano ammessi alle successive fasi di gara sei concorrenti tra i quali la ricorrente e la controinteressata SERIANA 2000.
Con delibera del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero- Universitaria di Sassari n. 788 del 18.12.2012, comunicata con nota R.U.P. prot.n. PG/2012/34547 del 21.12.2012, l'Azienda Ospedaliera ha approvato i verbali di gara ed aggiudicato in via definitiva il servizio di supporto assistenziale presso i reparti delle Strutture Aziendali dell'AOU di Sassari ed i servizi accessori e connessi in favore della controinteressata SERIANA 2000, classificatasi al primo posto con punti 99,22, mentre la ricorrente si classificava al secondo posto con punti 97,72.
Ritenendo sussistenti plurimi profili di illegittimità, anche in considerazione dell'esigua differenza di punteggio (solo 1,5 punti su 100), la parte ricorrente ha quindi proposto il ricorso in esame, col quale si chiede l'annullamento della delibera del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero- Universitaria di Sassari n. 788 del 18.12.2012, comunicata con nota R.U.P. prot.n. PG/2012/34547 del 21.12.2012, con cui l'Azienda Ospedaliera ha approvato i verbali di gara ed aggiudicato in via definitiva il servizio di supporto assistenziale presso i reparti delle Strutture Aziendali dell'AOU di Sassari ed i servizi accessori e connessi in favore della controinteressata; di tutti i verbali della procedura di gara trasmessi dall'AOU di Sassari con la medesima nota; di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali, ivi inclusi - per quanto occorrer possa - la lettera d'invito alla procedura di gara inoltrata dall'Amministrazione alla ricorrente con nota prot. PG/2012/13191 del 14.3.2012 e relativi allegati nonché la nota prot. n. PG/2012/106523 del 26.4.2012.
A tal fine, la parte ricorrente avanza articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, che saranno esaminate nella parte in "diritto" e conclude per l'accoglimento del ricorso.
Si sono costituite in giudizio l’Amministrazione intimata e la controinteressata, sostenendo l'inammissibilità e l'infondatezza nel merito del ricorso, di cui si chiede il rigetto.
Con successive memorie le parti hanno approfondito le proprie argomentazioni, insistendo per le contrapposte conclusioni.
Alla pubblica udienza del 22 maggio 2013, su richiesta delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
Col ricorso in esame si chiede l’annullamento della delibera del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero- Universitaria di Sassari n. 788 del 18.12.2012, comunicata con nota R.U.P. prot.n. PG/2012/34547 del 21.12.2012, con cui l'Azienda Ospedaliera ha approvato i verbali di gara ed aggiudicato in via definitiva il servizio di supporto assistenziale presso i reparti delle Strutture Aziendali dell'AOU di Sassari ed i servizi accessori e connessi in favore della controinteressata; di tutti i verbali della procedura di gara trasmessi dall'AOU di Sassari con la medesima nota; di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali, ivi inclusi - per quanto occorrer possa - la lettera d'invito alla procedura di gara inoltrata dall'Amministrazione alla ricorrente con nota prot. PG/2012/13191 del 14.3.2012 e relativi allegati nonché la nota prot. n. PG/2012/106523 del 26.4.2012.
Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità dei motivi di ricorso, sollevata dall'amministrazione resistente e dalla controinteressata, sull'assunto che i motivi dedotti dalla ricorrente sarebbero volti nella sostanza a censurare nel merito le valutazioni espresse dalla Commissione di gara.
Per consolidata giurisprudenza, nelle procedure concorsuali il giudizio della commissione costituisce espressione di discrezionalità tecnica, soggetto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo solo entro i limiti ristretti della manifesta irragionevolezza, illogicità o travisamento dei presupposti di fatto.
Ciò stante, deve ritenersi che i motivi dedotti dalla ricorrente siano volti a censurare proprio una ritenuta "manifesta irragionevolezza e illogicità" delle valutazioni operate dalla commissione, con conseguente ammissibilità del ricorso e dei motivi medesimi, salvo verificarne la fondatezza o meno.
Passando all'esame del merito del ricorso, devono essere esaminate per prime le censure avanzate in via principale dalla ricorrente, di cui al punto primo del ricorso, di violazione della lex specialis di gara ed in particolare della lettera di invito; di eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà e sviamento.
Risultano infondate le censure di cui al punto primo, relativamente all'attribuzione dei punteggi per il sottocriterio dell’"organico complessivo".
Come meglio chiarito in sede di discussione alla pubblica udienza del 22 maggio 2013, con il motivo di ricorso in esame la ricorrente contesta che, in violazione del criterio stabilito dal bando, la commissione non abbia tenuto conto dell’"Organico complessivo previsto per l'erogazione del servizio", nel senso che non sarebbero stati conteggiati in favore della ricorrente medesima i quattro componenti della c.d. "squadra flessibile", che, secondo l'assunto della ricorrente, contribuirebbero comunque a formare l'"organico complessivo" offerto dalla ricorrente per l'erogazione del servizio.
L'assunto non può essere condiviso.
La citata c.d. "squadra flessibile" è stata espressamente inserita dalla ricorrente all'interno dei "servizi aggiuntivi" che sono stati oggetto di autonoma e separata valutazione da parte della commissione con conseguente attribuzione di ulteriore e distinto punteggio in favore della ricorrente (punti cinque).
Nessuna "manifesta irragionevolezza e illogicità" può rinvenirsi - a giudizio del collegio - nell'operato della commissione che ha ritenuto di non operare una doppia valutazione dell'elemento in questione, sia come "servizio aggiuntivo" che come componente dell’"organico complessivo", per cui, una volta valutato l'elemento in questione ai fini dell'attribuzione dei cinque punti per i "servizi aggiuntivi", l'elemento medesimo non è stato invece considerato quale componente dell'"organico complessivo previsto per l'erogazione del servizio", valutazione che, pertanto, deve ritenersi espressione della discrezionalità tecnica della commissione.
Alla luce del medesimo criterio sopra espresso deve ritenersi altresì che non sussista alcuna "manifesta irragionevolezza e illogicità" nell'operato della commissione che ha ritenuto invece di considerare all'interno dell'organico complessivo della controinteressata gli operatori "jolly", che non sono stati invece configurati dalla controinteressata medesima quale elemento a supporto di ulteriore punteggio per "servizi aggiuntivi", per cui, alla luce del contenuto dell'offerta tecnica della controinteressata, prodotta in giudizio, l'organico giornaliero offerto dalla controinteressata risulta pari a 70 unità e non a 66, come invece sostenuto dalla ricorrente.
Ciò stante, alla luce dei criteri sopra espressi, risulta sostanzialmente indifferente il riferimento all'organico "complessivo" o all'organico "giornaliero" per l'attribuzione del punteggio in questione, posto che, sempre in forza dei criteri sopra espressi, l'organico offerto dalla controinteressata risulta sostanzialmente pari a quello offerto dalla ricorrente, con conseguente legittimità dell'attribuzione del medesimo massimo punteggio in favore di entrambe le concorrenti.
Per le medesime considerazioni sopra espresse, risultano ugualmente infondate le censure di cui al punto primo, relativamente all'attribuzione dei punteggi per il sottocriterio del "Monte ore totale".
Anche in questo caso, la differenza di ore invocata dalla ricorrente attiene alla citata c.d. "squadra flessibile", che - come sopra evidenziato - è stata espressamente inserita dalla ricorrente all'interno dei "servizi aggiuntivi" che sono stati oggetto di autonoma e separata valutazione da parte della commissione con conseguente attribuzione di ulteriore e distinto punteggio in favore della ricorrente (punti cinque).
Nessuna "manifesta irragionevolezza e illogicità" può rinvenirsi - a giudizio del collegio - nell'operato della commissione che ha ritenuto di non operare una doppia valutazione dell'elemento in questione, sia come "servizio aggiuntivo" che come componente del "Monte ore totale", per cui, una volta valutato l'elemento in questione ai fini dell'attribuzione dei cinque punti per i "servizi aggiuntivi", l'elemento medesimo non è stato invece considerato quale componente del "Monte ore totale", valutazione che, pertanto, deve ritenersi espressione della discrezionalità tecnica della commissione.
Ugualmente infondate risultano le censure di cui al punto primo, relativamente all'attribuzione dei punteggi per il sottocriterio "Organizzazione e attivazione del servizio".
A tale proposito è sufficiente rilevare che la ricorrente, all'interno della propria offerta tecnica, afferma espressamente che "… la nostra offerta progettuale presenta una serie di elementi innovativi rispetto al servizio attualmente in essere, che saranno via via introdotti nell'arco di un anno".
Risulta pertanto che anche l'offerta della ricorrente prevede un'attivazione del servizio non immediata, ma, relativamente agli elementi innovativi, progressiva e che si sviluppa "nell'arco di un anno", in un tempo cioè maggiore rispetto a quello indicato dalla controinteressata di 6-8 mesi dall'avvio del servizio.
Ugualmente infondate risultano le censure di cui al punto primo, relativamente all'attribuzione dei punteggi per il sottocriterio "Coordinamento di servizio".
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella censura in esame, la controinteressata non ha proposto solamente "1 coordinatore e un sostituto sempre reperibile", ma ha altresì offerto "3 referenti operativi".
Ugualmente inesatto risulta l'assunto secondo cui la ricorrente avrebbe offerto "1 coordinatore e due vice coordinatori sempre reperibili", posto che dal progetto della ricorrente (pagina 18) risulta che la medesima offre: "un supervisore/coordinatore del servizio a tempo pieno" e "due vice coordinatori a sostituzione del coordinatore del servizio, uno dei tre sempre reperibile telefonicamente".
Risulta pertanto che l'offerta della ricorrente non presenta tre soggetti sempre reperibili, né due vice coordinatori sempre reperibili, ma offre un coordinatore e due vice coordinatori di cui "uno dei tre sempre reperibile".
Deve pertanto ritenersi, anche per il sottocriterio in questione, la sostanziale equivalenza delle offerte delle due concorrenti in questione, con conseguente legittimità dell'attribuzione del medesimo punteggio ad entrambe.
Ugualmente infondate risultano le censure di cui al punto primo, relativamente all'attribuzione dei punteggi per il sottocriterio "Turni e fasi di lavoro".
Risulta dai verbali di gara che la commissione, preso atto che la cooperativa Seriana 2000 ha presentato "ulteriore documentazione tecnica rispetto a quanto richiesto in capitolato", ha stabilito di non tenere conto di tale documentazione ai fini della valutazione, per cui deve ritenersi che la commissione medesima abbia proceduto, relativamente alla controinteressata, alla valutazione di tale sottocriterio alla luce delle articolate indicazioni al riguardo contenute nella relazione illustrativa all'offerta tecnica (pagina 31 e seguenti), come per tutte le altre concorrenti.
Premesso che alla ricorrente è stato attribuito il massimo del punteggio e alla controinteressata invece un punteggio inferiore, ritiene il collegio che la censura in esame, per i restanti profili censurati dalla ricorrente, attenga al merito delle valutazioni della commissione, per cui, non potendo rinvenirsi - a giudizio del collegio - nessuna "manifesta irragionevolezza e illogicità" nell'operato della commissione, le valutazioni operate dalla commissione nell'attribuzione dei punteggio in questione, devono ritenersi espressione della discrezionalità tecnica della commissione, tenuto conto, in particolare, delle già rilevate articolate indicazioni al riguardo contenute nella relazione illustrativa all'offerta tecnica della controinteressata (pagina 31 e seguenti).
Identiche considerazioni devono essere espresse anche con riferimento alle ulteriori censure di cui al punto primo, relativamente all'attribuzione dei punteggi per il sottocriterio " Piano di formazione e aggiornamento", fermo restando che, comunque, l'offerta della controinteressata si articolo su 50 ore di formazione per il coordinatore, a fronte delle sole 20 ore offerte dalla ricorrente.
Si evidenzia altresì l'irrilevanza della circostanza secondo cui nell'offerta della controinteressata non sarebbero stati specificati i corsi "Accordo Stato Regioni" e il Corso di Primo Soccorso, trattandosi di corsi di formazione imposti direttamente dalla lettera di invito che non era necessario ulteriormente ribadire nell'offerta della concorrente, in quanto non avrebbe potuto comunque essere oggetto di valutazione e attribuzione di maggior punteggio, essendo stata richiesta in maniera vincolata dalla stazione appaltante a tutte le concorrenti.
Ugualmente infondate risultano le censure di cui al punto primo, relativamente all'attribuzione dei punteggi per il sottocriterio " Modalità e sistemi di controllo del personale", dovendosi ritenere, anche in questo caso, che la censura in esame attenga al merito delle valutazioni della commissione, relativamente all'assunto – genericamente prospettato dalla ricorrente - in ordine a una ritenuta "indiscutibile miglior dotazione tecnologica offerta dalla Elleuno in sede di gara".
Premesso che anche in questo caso è stato attribuito il medesimo punteggio ad entrambe le concorrenti, non può rinvenirsi - a giudizio del collegio e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente - nessuna "manifesta illogicità" nell'operato della commissione, con la conseguenza che le valutazioni operate dalla commissione nell'attribuzione del punteggio in questione, devono ritenersi espressione della discrezionalità tecnica della commissione.
Devono essere infine esaminate le censure avanzate dalla ricorrente in via subordinata, di cui al punto secondo del ricorso, di violazione dei principi generali in materia di procedure a evidenza pubblica; di violazione del principio di imparzialità e trasparenza.
La ricorrente lamenta che già nella prima seduta pubblica del 29 maggio 2012 la commissione, pur verificando la sigillatura dei plichi rimessi dai concorrenti, non avrebbe tuttavia constatato e dato atto dell'eventuale sigillatura delle buste "A" e "B" presentate dai concorrenti e contenenti le rispettive documentazioni amministrative e offerte tecniche.
La ricorrente lamenta altresì l'omessa verbalizzazione da parte della commissione delle cautele sulla conservazione dei plichi contenenti le offerte.
Considerate le oscillazioni giurisprudenziali in materia, ritiene il collegio di aderire ai criteri espressi dal Consiglio di Stato, III sezione, con la sentenza n. 145 del 14 gennaio 2013.
Con tale sentenza si accoglie l'appello rivolto contro il capo della sentenza impugnata "che afferma l'obbligo della stazione appaltante di dar contezza nei verbali delle concrete misure di volta in volta adottate per garantire l’integrità del materiale di gara e la sua conservazione".
In tale sentenza, rilevato che "manca ogni deduzione del Consorzio Auriga da cui evincere una qualche irregolarità nella conservazione dei plichi, né tampoco l’indizio di alterazione o di manomissione del materiale di gara", vengono richiamati i principi già espressi dalla medesima sezione (cfr. Cons. St., III, 2 agosto 2012 n. 4422; id., 21 settembre 2012 n. 5050) secondo cui, "in presenza del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante, è da presumere che lo stesso sia stato assolto con l'adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei relativi plichi. In tal caso, la generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte, non sarebbero state adeguatamente custodite è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto e specifico atto a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fini della regolarità della procedura".
Nella richiamata sentenza si rileva altresì quanto segue:
"Per altro verso, non nega il Collegio che sussista un preciso obbligo, per la stazione appaltante, di predisporre adeguate cautele a tutela dell'integrità dei predetti plichi. Questo, pur in mancanza di precise norme positive al riguardo, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara ad evidenza pubblica. Infatti, di per sé l'integrità dei plichi contenenti le offerte dei partecipanti all'incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza di queste e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità consacrati dall'art. 97 Cost.
Nondimeno, nella specie, dà atto il TAR che, come verbalizzato, il RUP ha disposto di "...custodire i plichi contenenti le offerte tecniche... fino alla individuazione della commissione giudicatrice che dovrà valutarle, ed alla conseguente trasmissione degli atti di gara alla stessa...". Inoltre, egli ha dichiarato a verbale di conservare tali offerte e le buste delle offerte economiche in un armadio chiuso, presso la sede dell'UOS Politiche approvvigionamenti dell'Azienda. Né basta: dai verbali delle operazioni s'evince, di volta in volta, l'apertura di plichi intonsi, nonché la firma apposta sulla prima pagina, da parte d'almeno un componente del seggio di gara, di tutti i documenti esaminati in seduta riservata. Reputa, dunque, il Collegio che siffatte operazioni dimostrino, al di là della minore o maggior solennità nell'indicazione in verbale di quali accorgimenti adoperati per preservare detti plichi, che di possibili manomissioni non sussistano indizi di sorta, donde la sufficienza in concreto delle cautele poste in essere.
È ben consapevole tuttavia il Collegio che la mera affermazione, senza indicazione a verbale d'una qualche misura acconcia a garantire la continuità della conservazione dei plichi, di manomissioni giammai avvenute potrebbe di fatto risolversi in una probatio diabolica, a carico dell'impresa interessata, in ordine alla non genuinità della documentazione esaminata. Invero, lasciare al seggio di gara il mero assunto della perfetta regolarità delle operazioni su documenti intatti, senza ulteriori precisazioni, appare altrettanto nocivo quanto l'astratta asserzione dell'omessa verbalizzazione della custodia, con conseguente ineluttabile declaratoria d'illegittimità dell'intera gara. Nell'un caso, per vero, sarebbe in pratica se non impossibile, certo molto complesso dimostrare in modo rigoroso tal manomissione e, quindi, ottenere la corrispondente tutela; nell'altro caso, la mera allegazione di un qualunque difetto di verbalizzazione, su rigide modalità di custodia dei plichi, ridondi sempre e senza rimedio in danno alla trasparenza dell'azione amministrativa, determinando l'annullamento della gara, al di là d'ogni diversa situazione di fatto.
Pare allora al Collegio che una più cauta e seria linea interpretativa o, meglio, integrativa dell'art. 78 del Dlg 163/2006 serva ad offrire all'interessato non già una sorta d'inversione dell'onere della prova da questi alla stazione appaltante, bensì una più precisa distribuzione di tal onere tra i due soggetti del rapporto procedimentale. Tanto affinché tal integrazione non si risolva nella distorsione dei canoni di logicità e di buon andamento dell'attività amministrativa anche nei casi di evidenza pubblica, se non, addirittura, in un controllo meramente formale della verbalizzazione, più che del riscontro oggettivo dei fatti. In pratica, la stazione appaltante ha la piena disponibilità e l'integrale responsabilità della conservazione degli atti di gara (arg. ex Cons. St., III, 3 marzo 2011 n. 1368), cui in corso del procedimento l'interessato non può subito accedere, giusta quanto stabilito dal'art. 13, c. 2 del Dlg 163/2006. Sicché essa ha l'onere di dimostrare, a fronte di una seria e non emulativa allegazione presuntiva dell'interessato circa un effetto di non genuinità degli atti stessi e fermo il diritto d'accesso, di dar idonea contezza dell'efficacia dei metodi di custodia in concreto adoperati, a tal fine dimostrandola non solo con il verbale (che di per sé ha fede privilegiata), ma pure con ogni idoneo mezzo di prova. Nella specie, l'appellante incidentale non ha dedotto fatti e circostanze suscettibili di generare un ragionevole dubbio sull'inidoneità della conservazione dei plichi da parte dell'ASL appellante principale, mentre questa ha fornito alcuni precisi principi di prova contraria".
Tutto ciò premesso, relativamente al caso in esame, ritiene il collegio che l'avvenuta verbalizzazione, nella seduta del 29 maggio 2012, della "constatazione della integrità dei sigilli" e della conseguente "apertura di plichi, presentati dalle Ditte offerenti", offra sufficiente principio di prova in ordine al controllo della effettiva sigillatura non solo dei plichi ma anche delle buste "A" e "B" in questione, tenuto conto, in particolare che alle operazioni in questione erano presenti anche i rappresentanti delle imprese (tra le quali la ricorrente), che non hanno rilevato o contestato alcunché al riguardo.
Deve infine ritenersi che la verbalizzazione, nella seduta del 29 maggio 2012, secondo cui "Si constata altresì l'integrità dei plichi contenenti le offerte economiche", offra (in considerazione dell'impiego del termine "altresì") ulteriore principio di prova in ordine all'avvenuta controllo dell'integrità anche degli altri plichi contenenti la documentazione amministrativa e quella tecnica.
Deve altresì ritenersi che la mancata indicazione, nei verbali della commissione in seduta riservata, dell'orario di conclusione di ciascuna seduta, non costituisca indicazione essenziale ai fini della legittimità delle operazioni e del verbale di gara.
Considerato altresì che, relativamente ad alcune sedute di gara (verbale 29 maggio 2012; del 5 luglio 2012; del 21 settembre 2012; del 1 ottobre 2012; del 31 ottobre 2012), risultano correttamente verbalizzate le modalità di conservazione dei plichi, (non essendo state invece verbalizzate le medesime predette modalità di conservazione dei plichi relativamente alle sole sedute riservate successive a quella del 5 luglio 2012), in applicazione dei principi espressi nella citata sentenza del Consiglio di Stato, ritiene il collegio che, nel caso in esame, la ricorrente non abbia "dedotto fatti e circostanze suscettibili di generare un ragionevole dubbio sull'inidoneità della conservazione dei plichi" da parte dell'amministrazione, mentre, d'altro lato, deve ritenersi che quest'ultima abbia fornito principi di prova contraria, anche alla luce delle menzionate verbalizzazioni relative alle altre sedute di gara.
Per quanto concerne infine la censura in merito alla mancata verbalizzazione della verifica effettuata dalla commissione in ordine alla corrispondenza dell'importo annuo offerto da ciascun concorrente rispetto all'importo complessivo per tutta la durata contrattuale di cinque anni, deve ritenersi la sufficienza di quanto verbalizzato in proposito nel verbale di gara relativo alla seduta del 1 ottobre 2012, in assenza di specifiche e circostanziate contestazioni da parte della ricorrente in ordine ai relativi conteggi.
Ciò stante le censure in esame risultano infondate.
Per le suesposte considerazioni, disattese le contrarie argomentazioni della parte ricorrente, stante l'infondatezza delle censure avanzate, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore dell'Amministrazione resistente e della controinteressata, come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell'Amministrazione resistente e della controinteressata, delle spese del giudizio, che liquida forfettariamente in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, in favore di ciascuna.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Caro Lucrezio Monticelli, Presidente
Marco Lensi, Consigliere, Estensore
Giorgio Manca, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


CULTURA: "L'onda" di Gabriele D'annunzio (Alcyone, 1902).


CULTURA: 
"L'onda
di Gabriele D'annunzio 
(Alcyone, 1902).


L'onda


Nella cala tranquilla
scintilla,
intesto di scaglia
come l'antica
lorica
del catafratto,
il Mare.
Sembra trascolorare.
S'argenta? s'oscura?
A un tratto
come colpo dismaglia
l'arme, la forza
del vento l'intacca.
Non dura.
Nasce l'onda fiacca,
súbito s'ammorza.
Il vento rinforza.
Altra onda nasce,
si perde,
come agnello che pasce
pel verde:
un fiocco di spuma
che balza!
Ma il vento riviene,
rincalza, ridonda.
Altra onda s'alza,
nel suo nascimento
più lene
che ventre virginale!
Palpita, sale,
si gonfia, s'incurva,
s'alluma, propende.
Il dorso ampio splende
come cristallo;
la cima leggiera
s'aruffa
come criniera
nivea di cavallo.
Il vento la scavezza.
L'onda si spezza,
precipita nel cavo
del solco sonora;
spumeggia, biancheggia,
s'infiora, odora,
travolge la cuora,
trae l'alga e l'ulva;
s'allunga,
rotola, galoppa;
intoppa
in altra cui 'l vento
diè tempra diversa;
l'avversa,
l'assalta, la sormonta,
vi si mesce, s'accresce.
Di spruzzi, di sprazzi,
di fiocchi, d'iridi
ferve nella risacca;
par che di crisopazzi
scintilli
e di berilli
viridi a sacca.
O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella,
numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.
E per la riva l'ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce le frutta
ond'ha colmo suo grembo.
Súbito le balza
il cor, le raggia
il viso d'oro.
Lascia ella il lembo,
s'inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l'acerbo suo tesoro
oblía nella melode.
E anch'ella si gode
come l'onda, l'asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!

Musa, cantai la lode
della mia Strofe Lunga.

giovedì 1 agosto 2013

ADUNANZE PLENARIE: finalmente esce la n. 17 in tema di riparto di giurisdizione in materia di contributi pubblici (Ad. Plen., sentenza 29 luglio 2013 n. 17).


ADUNANZE PLENARIE: 
finalmente esce la n. 17 
in tema di riparto di giurisdizione 
in materia di contributi pubblici 
(Ad. Plen., sentenza 29 luglio 2013 n. 17)


Bah, tutti i miei dubbi sul fondare il riparto G.A./G.O. sulla sussistenza o meno di un atto discrezionale o di un atto vincolato ex lege
La Corte Cost. nelle due celebri sentenza 204/2004 e 191/2006 non aveva parlato di potere, anche "mediato", della P.A. per fondare la giurisdizione del G.A. (ed in particolare per estenderla nelle materie di giurisdizione esclusiva anche alla cognizione dei "diritti soggettivi")?
Nell'atto vincolato non c'è esercizio di un potere? O si vuol arrivare a sostenere che c'è, ma è "esaurito" dalla scelta del legislatore...?
Allora tutti i provvedimento sanzionatori/repressivi in materia di abusivismo edilizio perché non vanno al G.O.? 
Perché il Consiglio di Stato e la Suprema Corte devono "spartirsi" le materie, perché la "cognizione", è potere.
Non c'è nulla di giuridico.
Buona lettura!
FF



Massima

1.  In tema di sovvenzioni e finanziamenti erogati dalla p.a. a privati - e, in particolare, di agevolazioni di cui al D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, le quali sono concesse ed erogate secondo le modalità e i criteri previsti dalle dette direttive, nonché secondo le disposizioni del D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, che, nel prevedere all'art. 6, comma 7, la "concessione provvisoria" del contributo - erogato con le modalità di cui all'art. 7 e revocabile ai sensi dell'art. 8 - stabilisce che, all'esito della "documentazione definitiva" di spesa inviata dall'impresa e trasmessa dalle banche concessionarie al Ministero dell'industria, l'amministrazione provveda alla c.d. concessione definitiva, disciplinata dal successivo art. 10.
2.  Premesso che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge (e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all'effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa ) da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere l'ausilio previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario apprezzando discrezionalmente l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione, la Suprema Corte ha affermato chela controversia avente ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una sovvenzione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi da questa puntualmente indicati; e ciò, ancorché il finanziamento medesimo sia stato già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6, comma 7” (Cassazione civile, sez. un., 16 dicembre 2010, n. 25398, in ipotesi di revoca del finanziamento già concesso in via provvisoria ed in parte erogato, determinata dall’intervenuto accertamento di spese dichiarate non ammissibili in quanto sostenute prima della domanda di ammissione ).
3.  Ciò posto, nel caso in esame la revoca del finanziamento non è stata oggetto di un provvedimento vincolato dall’intervenuto accertamento dell’insussistenza di un presupposto puntualmente indicato dalla legge, ma in applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, art. 8, comma 1, lett. f), che la consente qualora “calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali”, e dunque nell’esercizio di un potere discrezionale  in relazione al quale la posizione del privato è di interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo.
Deve pertanto conclusivamente affermarsi nel caso di specie la giurisdizione del giudice amministrativo.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3 di A.P. del 2013, proposto da:
Az System s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Feliciano Palmieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigina Palombi, in Roma, via Niobe, 19/A, Frazione Morena; 
contro
il Ministero per lo sviluppo economico, in persona del ministro in carica, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12 
nei confronti di
M.p.s. Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, n.c.; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI - SEZIONE III n. 04317/2012, resa tra le parti, che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in tema di revoca di agevolazioni finanziarie e connesse richieste risarcitorie.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato;
Visto che non si è costituito in giudizio l’Istituto di credito pure appellato;
Vista l’Ordinanza della Sez. VI n. 517/2013;
Visti gli artt. 105, comma 2, ed 87, comma 3, del codice del processo amministrativo;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2013, il Consigliere di Stato Salvatore Cacace;
Uditi per le parti, alla stessa Camera di consiglio, l’avvocato dello Stato Vittorio Russo e l’avv. Feliciano Palmieri per l’appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
I) L’impresa ricorrente in primo grado è stata ammessa al beneficio di un contributo con il decreto n. 1522307 del 1° dicembre 2006, riguardante il progetto "La nuova scocca per camper AZ”, relativo ad un programma di sviluppo precompetitivo e d’industrializzazione (in applicazione della legge n. 488 del 1992).
Con il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, la Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali del Ministero per lo sviluppo economico ha disposto la revoca totale del provvedimento che ha ammesso al beneficio, poiché, a seguito delle verifiche effettuate in sede di rendicontazione, è stata considerata ‘inammissibile’ una prestazione rendicontata, conseguente ad una collaborazione della società D.C.R., sua ausiliaria, con cui aveva stipulato un contratto chiavi in mano.
La mancata valutazione della medesima prestazione era dipesa dal fatto che, ad avviso dell’amministrazione, la fornitura non assumeva un grado di complessità tale da giustificare il ricorso a siffatta tipologia contrattuale, anche perché non era stata considerata comprovata la specifica competenza tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.C.R.
II) Con il ricorso di primo grado n. 3435 del 2012 (proposto dinanzi al T.a.r. per il Lazio), l’impresa ha impugnato il decreto ministeriale n. 14 del 30 marzo 2012, emesso dal Direttore generale, chiedendo altresì il risarcimento dei danni subiti.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, eccependo la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e l’incompetenza territoriale del T.a.r. Lazio.
III) Il T.a.r. Lazio, con ordinanza n. 6392 del 2012, ha rilevato la sussistenza della competenza del T.a.r. per la Campania.
A seguito della riassunzione del giudizio, con la sentenza appellata il T.a.r. per la Campania ha dichiarato il difetto della giurisdizione amministrativa, rilevando che l’atto di ritiro di un contributo pubblico - per inadempimento del concessionario - inciderebbe su un diritto soggettivo, devoluto alla giurisdizione del giudice civile.
IV) Con l’appello in esame, l’impresa ha chiesto che, in riforma della sentenza del T.a.r., sia rilevata la sussistenza della giurisdizione amministrativa ed ha riproposto le censure già formulate in primo grado.
Il Ministero appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
In particolare, il Ministero ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite sulla sussistenza della giurisdizione civile, quando vi sia un atto di revoca, incidente su un diritto soggettivo, di un precedente atto concessivo di un contributo o di una sovvenzione (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 15618/2006).
Non si è costituito in giudizio l’istituto di credito delegato all’istruttoria, pure evocato.
Assunta la causa in decisione alla Camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, la sezione VI, con sentenza parziale e contestuale ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria n. 517/2013:
- ha respinto il primo motivo d’appello, con il quale l’impresa ha dedotto che il T.a.r. avrebbe erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione, poiché - a seguito della declaratoria d’incompetenza del T.a.r. per il Lazio e della susseguente riassunzione innanzi al T.a.r. per la Campania - si sarebbe formato il ‘giudicato implicito’ sulla questione di giurisdizione;
- passando al secondo motivo d’appello (con cui si è dedotta la sussistenza della giurisdizione amministrativa a conoscere della controversia), la Sezione ha ritenuto che il suo esame andasse deferito all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo. A questo proposito la Sezione VI premette che, nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. A tale orientamento, aggiunge l’ordinanza di rimessione, si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994. Nella specie, sottolineato in punto di fatto che le circostanze determinanti la contestata revoca sono emerse dopo il rilascio del provvedimento che ha disposto il beneficio non per vizi riconducibili all’originario provvedimento ma per ragioni inerenti alla rendicontazione finale e riguardanti la computabilità di spese che, ad avviso dell’amministrazione, non avrebbero potuto essere computate (anche per l’inadeguatezza della capacità tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.R.C), l’ordinanza della Sezione VI ritiene che la consolidata giurisprudenza in materia (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione) possa essere oggetto di una rimeditazione, ove si consideri che: a) il potere di autotutela dell’amministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per sé su posizioni d’interesse legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nell’ipotesi d’inadempimento del concessionario); b) l’art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice amministrativo ha giurisdizione nelle controversie “riguardanti provvedimenti, atti … riconducibili anche mediatamente all’esercizio” del potere pubblico (e non è dubbio che il provvedimento di ritiro di un precedente atto autoritativo a sua volta abbia natura autoritativa). L’ordinanza ricorda ancora in proposito che la configurabilità di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa. Peraltro, secondo l’ordinanza stessa, la sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990, riguardante i ‘provvedimenti attributivi di vantaggi economici’, che disciplina la “concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari”, attribuendo il nomen iuris di concessione a qualsiasi provvedimento che disponga l’erogazione del denaro pubblico. Sotto tale profilo, potrebbe risultare rilevante l’art. 133, comma 1, lettera b), sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le “controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici”. Né, si conclude, la portata applicativa delle disposizioni di legge sopra richiamate potrebbe essere riducibile in via interpretativa, per il rilievo da attribuire all’art. 44 della legge n. 69 del 2009, che ha condotto all’approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il riassetto del medesimo dovesse avvenire “alfine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele”.
In vista dell’odierna discussione parte appellante non ha depositato memorie illustrative, mentre parte appellata ha espresso, con memoria in data 4 maggio 2013, un nuovo e diverso orientamento in ordine alla controversa giurisdizione, in senso adesivo all’ordinanza di rimessione.
Alla Camera di consiglio del 27 maggio 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.
V) Ritiene l’Adunanza plenaria che l’appello sia fondato e vada accolto, restando peraltro a tal fine priva di rilevanza la questione rimessa all’esame dell’Adunanza stessa.
Con il secondo motivo di appello, il cui esame è stato appunto deferito a questa Adunanza dalla Sezione Sesta, si deduce invero che “la revoca disposta con riferimento alle agevolazioni concesse ex Lege 19 dicembre 1992 n. 488 sia sempre riconducibile alla giurisdizione amministrativa, anche quando venga disposta dopo la concessione provvisoria del finanziamento” ( pag. 9 app. ).
Rileva in proposito il Collegio che vertesi in tema di sovvenzioni e finanziamenti erogati dalla p.a. a privati e, in particolare, di agevolazioni di cui al D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, destinate - sulla base di una graduatoria formata dalla pubblica amministrazione - alle imprese operanti nei settori di attività individuati dalle direttive emanate con delibera del CIPE del 27 aprile 1995, e con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 20 luglio 1998 e successive modifiche e integrazioni, ai sensi del D.L. n. 415 cit., art. 1, comma 2 e del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 18, comma 1, lett. aa); esse sono concesse ed erogate secondo le modalità e i criteri previsti dalle dette direttive, nonchè secondo le disposizioni del D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, che, nel prevedere all'art. 6, comma 7, la "concessione provvisoria" del contributo - erogato con le modalità di cui all'art. 7 e revocabile ai sensi dell'art. 8 - stabilisce che, all'esito della "documentazione definitiva" di spesa inviata dall'impresa e trasmessa dalle banche concessionarie al Ministero dell'industria, l'amministrazione provveda alla c.d. concessione definitiva, disciplinata dal successivo art. 10.
Orbene, sul tema specifico all’esame la Corte regolatrice, premesso che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge ( e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all'effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa ) da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere l'ausilio previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario apprezzando discrezionalmente l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione, ha affermato che “la controversia avente ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una sovvenzione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi da questa puntualmente indicati (per una fattispecie simile, v. Cass. Sez. Un. 25 novembre 2008 n. 28041); e ciò, ancorchè il finanziamento medesimo sia stato già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6, comma 7” ( Cassazione civile, sez. un., 16 dicembre 2010, n. 25398, in ipotesi di revoca del finanziamento già concesso in via provvisoria ed in parte erogato, determinata dall’intervenuto accertamento di spese dichiarate non ammissibili in quanto sostenute prima della domanda di ammissione ).
V.1) Non contrastano peraltro con l’enunciato principio:
- né, come rilevato espressamente dalla medesima citata Ord. n. 25398 del 2010, il precedente della stessa Corte 10 luglio 2006, n. 15618, che riguarda la giurisdizione non già sul provvedimento di revoca dell'intera agevolazione, bensì sulla riduzione - in rapporto a spese non ammissibili - di un finanziamento provvisorio già deliberato, in ordine al quale, sino a che il titolo non venga meno nelle forme di legge, sussiste un diritto soggettivo del beneficiario;
- né il precedente costituito da Cass., Sez. un., 20 luglio 2011, n. 15867, nel quale si afferma la giurisdizione del giudice ordinario in una controversia sulla revoca di un finanziamento erogato ai sensi della legge n. 44 del 1986 per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel mezzogiorno, per l’impossibilità del raggiungimento delle finalità perseguite con il beneficio finanziario a séguito della dichiarazione di fallimento dell’impresa destinataria dello stesso e dunque in un caso in cui, come sottolineato dall’ordinanza stessa, l’Amministrazione, nel revocare il contributo stesso o nel dichiarare la decadenza da esso, non compie alcuna valutazione discrezionale, rispetto alla quale il privato possa vantare una posizione di interesse legittimo; ma si limita piuttosto ad accertare il venir meno di un presupposto previsto in modo puntuale dalla legge.
Ciò posto, nel caso in esame la revoca del finanziamento non è stata oggetto di un provvedimento vincolato dall’intervenuto accertamento dell’insussistenza di un presupposto puntualmente indicato dalla legge, ma in applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, art. 8, comma 1, lett. f), che la consente qualora “calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali” ( del tutto analogamente, dunque, al caso deciso dalla citata decisione delle Sez. Un. n. 25398 del 2010, concernente una ipotesi di applicazione della lett. e) dello stesso comma 1 ); e dunque nell’esercizio di un potere discrezionale ( in relazione alla ammissibilità di alcune spese rendicontate che ha determinato uno scostamento del grado previsto dall’indicata lett. f) ), in relazione al quale la posizione del privato è di interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo.
VI. Deve pertanto conclusivamente affermarsi, in accoglimento dell’appello, la giurisdizione del giudice amministrativo, in applicazione dei principii ripetutamente enunciati dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche; donde l’irrilevanza, nel presente giudizio, della questione di diritto posta dall’Ordinanza di rimessione, postulante la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla base del superamento nella materia de qua degli ordinarii criterii di riparto fondati sulla natura delle posizioni soggettive azionate.
La causa va conseguentemente rimessa, ai sensi del comma 1 dell’art. 105 c.p.a., al giudice di primo grado, dinanzi al quale le parti dovranno riassumere il processo con le modalità e nei termini, di cui al comma 3 dello stesso articolo.
La sostanziale coincidenza delle posizioni delle parti quanto alla controversia questione di giurisdizione induce il Collegio a compensare integralmente tra esse le spese della presente fase di appello.

P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.
Rimette la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 c.p.a.
Spese della presente fase compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2013, con l'intervento dei giudici:
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere


IL PRESIDENTE



L'ESTENSORE
IL SEGRETARIO





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2013
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione