venerdì 1 marzo 2013

L'Avvocato amministrativista (articolo del Consigliere T.A.R. D. Nazzaro)



L’AVVOCATO: STORIA E POST-MODERNITA’. L’AMMINISTRATIVISTA.


"Non esiste nessun modo migliore di esercitare l’immaginazione che lo studio della legge" (Albert Einstein) 
"Nessun poeta mai interpreterà la natura così liberamente come un avvocato la verità" (Jean Giraudoux: La
 guerra di Troia non si farà. Dramma teatrale del 1935). 
"E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte, le grandi strategie" (A. Einstein).


Un’istituzione di civiltà giuridica


Lo ad-vocatus (chiamato presso) è figlio della retorica greca (Lisia, Demostene) e dell’oratoria  romana (Cicerone, Plinio il giovane) lo definisce come “colui che nell’azione giudiziaria presta assistenza alle parti in  causa, essendo fornito di laurea ed iscritto all’albo”: una nozione empirica e per nulla  contenutistica. 

Nel processo più famoso della storia dell’umanità, giudice Ponzio Pilato, Gesù il Cristo non ha  avuto né un amico, né un avvocato, né consiglio, né conforto, né riposo, né intervallo.

Nel mondo ellenico ci sono i pragmaticoi, che preparano il materiale per la difesa, ed i retori, che  parlano a sostegno dei litiganti; ad Atene, dove vige il principio che ognuno deve sostenere da sé le  proprie ragioni, c’è il logografo il quale prepara il discorso scritto, cosa che Lisia fa per Socrate,  che, però, lo rifiuta per esprimere liberamente il suo pensiero sulla giustizia e le leggi della Polis.

Roma antica non conosce, per un certo periodo, l’avvocato, e vi è l’autodifesa fino a quando dalla  Gallia arriva una nutricula causidicorum (Giovenale); questi, però, svolgendo una funzione civica,  non è pagato, ma darsi all’avvocatura significa fare vita pubblica ed acquistare prestigio sociale.

Divenuta fonte di lucro, si ha una sua notevole diffusione che impone il numero chiuso (collegiae  matricula), un tetto agli onorari ed un limite temporale all’attività.

Continua il "Leitmotiv" della Plenaria: la competenza territoriale (Ad. Plen., Ord. 4 febbraio 2013 n. 4)



Ad. Plen., Ord. 4 febbraio 2013 n. 4

Massima (tratta dal sito Nel Diritto Editore)

1. In tema di competenza territoriale inderogabile del giudice amministrativo, il criterio principale è quello della sede dell’autorità che ha adottato l’atto impugnato e che tale criterio è sostituito da quello inerente agli effetti "diretti" dell’atto qualora essi si esplichino in luogo compreso nella circoscrizione territoriale di uno specifico Tribunale amministrativo regionale.

2. Ai fini della competenza territoriale vanno considerati solo gli effetti diretti e immediati dell’atto, mentre non assumono rilievo gli effetti mediati e indiretti eventualmente derivanti dalla connessione con atti non oggetto di specifico gravame, al pari dell’efficacia eventualmente ultraregionale degli atti impugnati.
3. L’informativa prefettizia tipica non costituisce atto a portata generale né ha efficacia sull’intero territorio nazionale ma opera in seno al singolo rapporto cui attiene e, pertanto, sortisce i suoi effetti "diretti" nell’esclusivo ambito della circoscrizione territoriale ove quest’ultimo è costituito e si svolge. Ne deriva che, non solo con riguardo all’atto applicativo a valle ma anche con riferimento all’informativa resa dall’Ufficio Territoriale del Governo di Cagliari - che ha inciso in modo diretto sul rapporto giuridico in controversia - sussiste la competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia in relazione sia al criterio dell’efficacia spaziale che a quello della sede dell’organo.
4. Sussiste la competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia in quanto, anche a considerare l’informativa presupposta resa dall’Ufficio Territoriale del Governo di Cagliari, il ricorso di primo grado ha investito detto atto nella misura in cui si è tradotto in un atto applicativo produttivo di effetti territorialmente limitati all’ambito della circoscrizione del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia. Nel dettaglio, l’informativa è stata resa in via diretta a enti richiedenti operanti nel territorio siciliano dall’Ufficio Territoriale del Governo di Caltanissetta pur se con rinvio ob relationem all’informativa precedente resa dall’Ufficio Territoriale di Governo di Cagliari. 
5. Non solo con riguardo all’atto applicativo a valle ma anche con riferimento all’informativa che ha inciso in modo diretto sul rapporto giuridico in controversia sussiste la competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia in relazione sia al criterio dell’efficacia spaziale che a quello della sede dell’organo. 



Ordinanza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 39 di A.P. del 2012, proposto da:

Entei S.p.A. - Environmental Technologies International-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Abbamonte e Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso Andrea Abbamonte in Roma, alla via degli Avignonesi, n. 5;

contro
il Ministero dell'Interno e l’Ufficio Territoriale di Governo di Cagliari in persona rispettivamente del Ministro e del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Stato, presso la quale sono legalmente domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
Ministero della Difesa, Prefettura di Caltanissetta, Comune di Ustica, Girgenti Acque Spa, Consorzio di Ambito Agrigento-Servizio Idrico Integrato, Comune di Ruviano, Comune di Larino, Acquedotto Lucano Spa, Comune di Biccari, Comune di Montesano sulla Marcellana, Comune di Albanella; 
per regolamento di competenza
avverso ordinanza collegiale del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE I n. 00832/2012, resa tra le parti, ex art. 15, comma 5, c.p.a. - interdittiva antimafia

Visto il regolamento di competenza proposto da Entei S.p.A;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale di Governo di Cagliari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’ art. 16, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2013 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Abbamonte e Soldani.;

FATTO E DIRITTO
1. Con tre separati ricorsi (nn 1174/2911, 42/2012 e 64/2012)la società ENTEI S.p.A. ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna l’informativa antimafia resa dall'Ufficio Territoriale del Governo di Cagliari con nota del 28 ottobre 2011, prot. n°67080, attestante la sussistenza, a carico della società, di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionarne le scelte e gli indirizzi.
Con i primi due ricorsi la società ha gravato anche i provvedimenti consequenziali adottati dalle amministrazioni aggiudicatrici, ossia la determinazione 16 novembre 2011, n. 5619, con cui il responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Ustica ha revocato l’aggiudicazione dell’appalto dei «lavori di adeguamento e completamento del depuratore comunale e realizzazione della condotta sottomarina di scarico», e le note del Consorzio di ambito di Agrigento (9 novembre 2011, n. 67080) e della Girgenti Acque S.p.A (10 novembre 2011, n. 220) con le quali è stata avviata la procedura finalizzata all’ esclusione della ENTEI dalla società mista deputata alla gestione del servizio idrico integrato. Per converso, il terzo ricorso ha ad oggetto in via esclusiva l’informativa prefettizia e gli atti ivi richiamati senza investire le determinazioni adottate a valle dalle stazioni appaltanti.
2. Con ordinanza n. 832/2012 il Tribunale adito ha disposto la riunione dei tre ricorsi, in quanto avvinti profili di connessione oggettiva e soggettiva, e ha declinato la competenza in favore del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sede di Palermo, in considerazione della poziorità del criterio di competenza funzionale di cui al combinato disposto degli artt. 14 e 119 del codice del processo amministrativo, rispetto ai criteri regolatori della competenza territoriale enucleati dal precedente articolo 13.
3. Con il ricorso per regolamento di competenza in epigrafe specificato, ritualmente notificato e depositato, la E.N.T.E.I., chiede, in via principale, che venga dichiarata la competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna originariamente adito, in virtù del criterio di regolazione basato sulla sede dell’amministrazione ex art. 13, comma 1, primo periodo, c.p.a. e, in via gradata, che sia riconosciuta la competenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ex art. 13, comma 3, in considerazione dell’efficacia ultraregionale degli effetti spiegati dall’interdittiva antimafia impugnata.
4. Il regolamento è stato assegnato all'adunanza plenaria, nella composizione integrata prevista dall'art. 10, comma 3, del d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato).
L’Amministrazione dell’Interno si è costituita in giudizio chiedendo la conferma della competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia.
Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
All'odierna camera di consiglio il regolamento è stato assunto in decisione.
5. Si deve puntualizzare, in via preliminare, che la fattispecie in esame riguarda l’impugnazione, congiuntamente agli atti applicativi, di un’informativa antimafia tipica adottata ai sensi degli artt. 4 d.lgs. 8 agosto 1990, n. 490 e 10 d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252.
E’ quindi estranea al thema decidendum la disciplina sopravvenuta recata dal d.lgs 6 settembre 2011, n. 159, recante Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia - da ultimo modificata dal d.lgs. 15 novembre 2012 n. 218 - che, previa abrogazione, ex art. 120, della normativa previgente, ha regolato in modo organico, agli articoli 84 e seguenti, la materia de qua, introducendo molteplici profili di novità, con riguardo, tra l’altro, agli effetti soggettivi, alla durata e alla pubblicità delle informative.
6. Tanto doverosamente premesso, il Collegio ritiene che, alla stregua del quadro normativo ratione temporis vigente, debba essere riconosciuta, per tutti e tre i ricorsi di primo grado, la competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia sulla scorta dell’applicazione delle coordinate ermeneutiche già fissate da questa adunanza plenaria con l’ordinanza 24 settembre 2012, n. 33, con riguardo proprio a fattispecie relativa all’impugnazione di informativa prefettizia tipica assoggettata alla disciplina anteriore all’entrata in vigore del codice antimafia.
6.1. Si deve muovere dal dato normativo che regola il tema della ripartizione della competenza in funzione del territorio.
L’ art. 13, comma 1, cod. proc. amm., rubricato "Competenza territoriale inderogabile", dispone, al primo periodo, che “sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il Tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede”. Il secondo periodo stabilisce, per converso, che “il Tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all'ambito territoriale della regione in cui il Tribunale ha sede”.
Come precisato nella relazione di accompagnamento al codice e chiarito dall’adunanza plenaria nelle ordinanze nn. 33 e 34/2012, i due precetti in esame, nel delineare - congiuntamente al successivo comma 3, dedicato agli atti ad efficacia ultra-regionale - i rapporti tra il criterio della sede e quello dell’efficacia spaziale secondo una logica di complementarietà e di reciproca integrazione, hanno inteso chiarire che il criterio ordinario, rappresentato dalla sede dell'autorità amministrativa cui fa capo l'esercizio del potere oggetto della controversia, cede il passo a quello dell’efficacia spaziale nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell’ambito territoriale di un tribunale periferico. In tal caso la competenza spetta, quindi, al tribunale nella cui circoscrizione tali effetti si verificano anche nell’ipotesi in cui l’atto sia stato adottato da un organo centrale dell’amministrazione statale, da un ente ultra regionale ovvero da un organo periferico dello Stato che abbia sede nell’ambito della circoscrizione di altro tribunale territoriale. Questo Consiglio (sez. VI, sentenza 11 luglio 2012, n. 4105), facendo leva sull'avverbio "comunque" presente nel rammentato incipit del secondo periodo del citato comma 1 dell’art. 13, ha, al riguardo, sottolineato, con osservazione condivisibile, che deve darsi la prevalenza al criterio del luogo di produzione degli effetti dell'atto impugnato ove esso sia limitato alla circoscrizione di un singolo tribunale.
Detta soluzione, normativa ed esegetica, si appalesa in linea con il più recente orientamento volto a privilegiare, anche in ragione delle possibili connessioni tra diversi giudizi, il criterio incentrato sull’ambito territoriale di efficacia del potere esercitato e vuole soddisfare l’esigenza di non accrescere oltremodo il carico del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sul quale altrimenti verrebbero a gravare tutte le controversie aventi ad oggetto l'attività delle amministrazioni che hanno sede nella capitale, anche quando tale attività riguardi in via diretta circoscritti ambiti territoriali.
Si deve allora concludere che, in tema di competenza territoriale inderogabile del giudice amministrativo, il criterio principale è quello della sede dell'autorità che ha adottato l'atto impugnato e che tale criterio è sostituito da quello inerente agli effetti "diretti" dell'atto qualora essi si esplichino in luogo compreso nella circoscrizione territoriale di uno specifico Tribunale amministrativo regionale.
Detta regula iuris è stata ribadita e rafforzata dallo jus superveniens di cui al comma 4 bis dell’art. 13 del codice del processo amministrativo- introdotto dall’articolo 1, lett. a), del d.lgs. 14 settembre 2012 n. 160, entrato in vigore il 3 ottobre 2012- secondo cui "la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento, tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza".
Tale sopravvenienza normativa, pur non applicabile ai processi instaurati prima della sua entrata in vigore in forza del generale principio di irretroattività cristallizzato dall’art. 11, comma 1, delle disposizioni del codice civile sulla legge in generale (così Cons. Stato, ad. Plen., ord. n. 34/2012 cit.), si risolve nell’esplicitazione della ricordata regola, già desumibile dal testo previgente, alla stregua della quale il criterio della sede dell'autorità che ha emesso l'atto impugnato è sostituito da quello dell’efficacia spaziale qualora questa si produca in un solo ambito territoriale regionale.
Va infine ribadito che, secondo pacifico insegnamento pretorio, ora confermato dal dato positivo (art. 13, comma 1, cit.), ai fini della competenza territoriale vanno considerati solo gli effetti diretti e immediati dell’atto mentre non assumono rilievo gli effetti mediati e indiretti eventualmente derivanti dalla connessione con atti non oggetto di specifico gravame (Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2010, n. 1494, con riguardo a controversia avente ad oggetto atti della procedura ad evidenza pubblica relativa a contratti strumentali all'esercizio della concessione mineraria avente portata nazionale), al pari dell’efficacia eventualmente ultraregionale degli atti impugnati (Cons. Stato, ad. plen., 9 dicembre 2011, n. 22, in materia di impugnazione del provvedimento di revoca del porto d’armi adottato da organo periferico dell’amministrazione statale; nonché, con riferimento al pregresso assetto normativo, Cons. Stato, sez. VI, 18 agosto 2009, n. 4965; sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3739; id., 27 aprile 2005, n. 1928).
6.2. L’applicazione di tali principi conduce all’affermazione della competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia per quel che afferisce ai ricorsi nn. 1174/2011 e 42/2012.
Invero, come si è accennato in precedenza, le controversie introdotte con tali impugnative interessano l’informativa antimafia tipica emessa dalla Prefettura di Cagliari congiuntamente agli atti applicativi adottati da amministrazioni e società pubbliche operanti nell’ambito territoriale della Regione Sicilia.
Ai fini della soluzione della questione di competenza devoluta a questa adunanza assume rilievo decisivo la circostanza che l’informativa prefettizia tipica non costituisce atto a portata generale né ha efficacia sull'intero territorio nazionale ma opera in seno al singolo rapporto cui attiene e, pertanto, sortisce i suoi effetti "diretti" nell'esclusivo ambito della circoscrizione territoriale ove quest'ultimo è costituito e si svolge.
A tal proposito va ricordato che, ai sensi del d.P.R. 30 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia), le informazioni del Prefetto, richieste dall'amministrazione interessata (art. 10, comma 3), producono effetti giuridici diretti, in via esclusiva, nei confronti dell’ente istante, inibendo all’ amministrazione destinataria delle informazioni la stipulazione, l’approvazione o l’autorizzazione del contratto al pari del rilascio di concessioni e dell’autorizzazione di erogazioni (art. 10, comma 2), ovvero, ancora, innescando il dispiegarsi, da parte del medesimo ente, del potere discrezionale di revoca o recesso rispetto ai rapporti già in essere (art. 11, comma 2). Ciò non toglie, naturalmente, che il Prefetto possa corrispondere con analoghe informazioni alla richiesta di altra amministrazione pubblica o che possano intervenire informazioni di altre Prefetture che recepiscano ob relationem i contenuti dell’interdittiva originaria. In tal caso, tuttavia, verrà in rilievo un diverso provvedimento dotato di efficacia inibitoria o potenzialmente risolutoria nei riguardi di quell’ amministrazione e in relazione a quel rapporto in funzione del quale la richiesta sia stata formulata (vedi Cons. Stato, ad plen., ord. n. 34/2012, in materia di informativa atipica).
La trasposizione di detti canoni interpretativi al caso di specie conduce allora all’affermazione della competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia in quanto i ricorsi in esame hanno investito atti applicativi, adottati dagli enti destinatari dell’informativa, che spiegano effetti diretti, in via esclusiva, nell’ambito della circoscrizione di detto plesso giurisdizionale.
Non è, infatti, revocabile in dubbio che l’informativa è stata oggetto di impugnazione nella parte in cui ha prodotto, attraverso la mediazione degli atti consequenziali a valle, effetti lesivi in un ambito territoriale circoscritto ai sensi dell’art. 13, comma 1, secondo periodo, cit. Di qui il corollario del radicamento della competenza territoriale del giudice periferico, id est il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia.
6.3. La competenza territoriale di detto Tribunale deve essere affermata anche con riferimento al ricorso n. 64/2012 che, come ricavabile dal tenore dell’impugnazione originaria e ribadito in sede di ricorso per regolamento e nella discussione orale, ha investito l’informativa ex se, senza gravare i pur menzionati atti applicativi.
Reputa infatti l’adunanza che l’impugnazione di un’interdittiva già investita, congiuntamente agli atti applicativi, da due precedenti ricorsi, debba essere attratta, anche in ragione di profili di connessione e del principio di prevenzione, dalla competenza già radicata con riguardo ai due gravami già incardinati.
Si deve, infatti, escludere, alla stregua delle considerazioni che seguono, la sussistenza dei presupposti per la declaratoria della competenza sia del Tribunale amministrativo regionale del Lazio che del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna.
6.3.1. Non viene in rilievo, in primo luogo, al fine di supportare la tesi della competenza del Tribunale centrale, la disciplina dettata dall’articolo art. 13, comma 3, del codice del processo, secondo cui “negli altri casi e' inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma e, per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra regionale, il Tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il soggetto”.
In disparte la questione della portata della locuzione “atti statali” e la connessa tematica del rapporto tra tale criterio di competenza e quello imperniato sulla sede dell’amministrazione, di cui al periodo iniziale del primo comma, non è ravvisabile, nel caso di specie, il profilo qualificante degli effetti ultra-regionali sortiti dell’atto impugnato.
Si è già ricordato in precedenza che l’informativa antimafia non è un atto di natura generale operante su tutto il territorio nazionale in quanto la sua efficacia diretta è limitata alle amministrazioni richiedenti e ai relativi rapporti incisi dall’interdittiva.
Non vale a spostare i termini della questione la dedotta circostanza fattuale della ripercussione prodotta dall’informativa in esame, anche attraverso l’intermediazione di informative rese da altri Uffici Territoriali di Governo, su ulteriori rapporti con altre stazioni appaltanti operanti nelle circoscrizioni di diversi tribunale periferici.
A prescindere dalla qualificazione di detta propagazione effettuale in termini di efficacia diretta o indiretta, assume valore decisivo ilprincipio della cd. scindibilità degli effetti, secondo cui, a fronte dell’ impugnazione di atto potenzialmente idoneo a operare in più regioni, debbono essere apprezzati, ai fini della statuizione sulla competenza territoriale, i soli effetti interessati dall’azione giudiziaria proposta e, quindi, la portata effettuale dell’ipotetica pronuncia di accoglimento (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8213).
Nel caso di specie, in mancanza dell’impugnazione degli ulteriori atti applicativi adottati nell’esercizio del non contestato potere discrezionale di recesso e revoca di cui all’art. 11, comma 2, cit. del d.P.R. n. 252 del 1998, cit., l’annullamento dell’informativa antimafia impugnata in via autonoma con il ricorso n. 62/2012 non è idonea a produrre effetti caducanti con riguardo a determinazioni diverse da quelle aggredite con i primi due ricorsi e, quindi, non risulta caratterizzata dall’efficacia potenzialmente ultraregionale richiesta dall’articolo 13, comma 3 (cfr., sulla portata non caducante della sentenza di annullamento dell’informativa prefettizia ex art. 10 d.P.R. n. 252/1998 rispetto agli atti di revoca e recesso di cui al successivo art. 11, ex plurimis, Cons. St., Sez. V, 29 aprile 2010 n. 2460; 31 maggio 2007, n. 2828). Ne deriva, anche in ragione del criterio della prevenzione temporale, la soggezione del terzo ricorso, privo di profili integrativi sul piano dell’oggetto e dell’effetto dell’impugnativa, alla vis attractiva spiegata dalla competenza operante per i primi due ricorsi.
6.3.2. Va altresì esclusa la competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna in base al criterio della sede dell’amministrazione di cui al più volte richiamato articolo 13, comma 1, primo periodo, del codice del processo amministrativo.
Ferme restando le assorbenti considerazioni prima esposte in merito alla prevalenza del criterio dell’efficacia territorialmente circoscritta di cui al secondo periodo di detta ultima disposizione, si deve soggiungere che la competenza del Tribunale amministrativo regionale della Sardegna va esclusa anche in base al principio della prevalenza, in caso di connessione, del criterio della competenza funzionale rispetto a quello della competenza territoriale.
Questa adunanza ha già rimarcato, con sentenza 25 giugno 2012, n. 23, che la stessa natura della competenza funzionale, caratterizzata da profili di specialità ed espressione di esigenze affatto peculiari, ne implica la prevalenza rispetto alla competenza territoriale delineata in via generale dall'art. 13 cod. proc. amm. con riferimento alla sede dell'autorità emanante o alla sfera territoriale degli effetti degli atti.
Con riguardo proprio a fattispecie relativa all’impugnazione di informativa antimafia tipica, questa adunanza, con la citata ordinanza, n. 33/2012, ha precisato che la natura funzionale da riconoscersi, in virtù del combinato disposto degli artt. 14, comma 3, e 119, cod. proc.amm., alla competenza relativa al giudizio avente ad oggetto l’atto applicativo inerente ad una procedura di affidamento, produce l’effetto di spostare la competenza sull’atto presupposto in capo al giudice funzionalmente deputato alla cognizione dell’atto a valle.
La vis attractiva della competenza funzionale è confermata dal dettato dell’art. 42, comma 4, del codice del processo, che devolve la cognizione del ricorso principale al tribunale amministrativo regionale avente competenza funzionale sul ricorso incidentale ai sensi dell’articolo 14.
Si deve allora convenire che, anche a dare seguito alla prospettazione di parte ricorrente in merito alla configurabilità, con riguardo al ricorso n. 64/2012, della competenza del Tribunale amministrativo per la Sardegna in base al criterio territoriale della sede dell’amministrazione, l’applicazione del principio della prevalenza della competenza funzionale come criterio regolatore della connessione, produrrebbe in ogni caso l’estensione della competenza funzionale radicata in funzione dell’impugnazione degli atti applicativi, in materia di procedure di affidamento, al giudizio relativo all’informativa antimafia tipica già gravata con i due precedenti ricorsi.
6.3.3. Va quindi riconosciuta, anche con riguardo al ricorso n. 64/2012, la competenza del medesimo giudice territoriale al quale è affidata, in base agli argomenti svolti al punto 6.2., la cognizione sui primi due ricorsi.
La soluzione raggiunta, oltre a essere coerente con i criteri regolatori della competenza di cui agli art. 13, commi 1 e 3, e 14, soddisfa il principio che impone la concentrazione di tutti i giudizi pendenti aventi ad oggetto un medesimo atto in capo ad un unico plesso giudiziario in guisa da assicurare il simultaneus processus e da realizzare i valori dell’effettività della tutela e della ragionevole durata del processo di cui agli articoli 1 e 2 del codice del processo amministrativo (vedi, in materia, Cons. Stato, ad. plen., ord. 16 novembre 2011, n. 20).
7. In forza dei rilievi esposti deve essere dichiara la competenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia
La peculiarità e la complessità delle questioni oggetto di giudizio giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (adunanza plenaria)
definitivamente pronunciando sul regolamento di competenza in epigrafe, dichiara competente il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sede di Palermo.
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Coraggio, Presidente
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Antonino Anastasi, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore
Anna Leoni, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

mercoledì 27 febbraio 2013

PROCEDIMENTO: energia elettrica, principio di specialità e conferenza di servizi (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 novembre 2012 n. 5994).


PROCEDIMENTO: 
energia elettrica, principio di specialità 
e conferenza di servizi 
(Consiglio di Stato, Sez. VI,  27 novembre 2012 n. 5994)


Massima

1. La disciplina ex art. 12 del D.Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/ Ce relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità) incentrata sulla concentrazione procedimentale in ragione del confronto richiesto dall'approvvigionamento energetico mediante tecnologie che non immettano in atmosfera sostanze nocive, e sul valore aggiunto intrinseco allo stesso confronto dialettico delle amministrazioni interessate presenta carattere speciale anche per ciò che riguarda la valutazione dell'impatto paesaggistico, rispetto a quella ordinaria prevista dall'art. 151 D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 e poi dagli artt. 159 e 146 D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42: di guisa che il modello procedimentale e provvedimentale legittimante l'installazione di siffatti impianti è esclusivamente quello dell'autorizzazione unica regionale, tipizzato espressamente da questo art. 12 D.Lgs. n. 387 del 2003 che prescrive, al fine del rilascio dell'autorizzazione unica, il ««rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico.
2. Il tratto peculiare dall'art. 12 del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/Ce relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), frutto di finalità semplificatorie e di concentrazione, consiste nella individuazione nella conferenza di servizi del modulo procedimentale ordinario essenziale alla formazione del successivo titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.

martedì 26 febbraio 2013

SERVIZI PUBBLICI: installazione di impianti di telefonia mobile tra localizzazione comunale e realizzazione statale delle infrastrutture (T.A.R. Campania - Napoli -, Sez. VII, 25 gennaio 2013 n. 609)


SERVIZI PUBBLICI: 
installazione di impianti di telefonia mobile tra localizzazione comunale 
e realizzazione statale delle infrastrutture 
(T.A.R. Campania - Napoli -, Sez. VII, 
25 gennaio 2013 n. 609)

Massima

Le limitazioni alla localizzazione specie ove, come nella fattispecie, riferiti all'installazione di impianti di telefonia mobile all'interno del centro abitato, sono funzionali non al governo del territorio ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l'art. 4 della l. n. 36 del 2000 riserva allo Stato attraverso l'individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con d.P.C.M. su proposta del Ministro dell'Ambiente di concerto con il Ministro della Salute. Infatti, ancorché il Comune mantenga intatte le proprie competenze in materia di governo del territorio, queste tuttavia, per espressa valutazione legislativa, non possono interferire con quelle relative all'installazione delle reti di telecomunicazione e, in particolare, non possono determinare vincoli e limiti così stringenti da concretizzarsi in un divieto di carattere pressoché generalizzato (e senza prevedere alcuna possibile localizzazione alternativa) in contrasto con le esigenze tecniche necessarie a consentire la realizzazione effettiva della rete di telefonia cellulare che assicuri la copertura del servizio nell'intero territorio.

lunedì 25 febbraio 2013

La corruzione irrompe nella Relazione orale del Presidente della Corte dei Conti all'inaugurazione dell'anno giudiziario (5 febbraio 2013).




5 febbraio 2013 - Corte dei conti - Aula Sezioni Riunite 

Inaugurazione anno giudiziario 2013



Alla presenza delle più alte cariche istituzionali il giorno 5 febbraio 2013 alle ore 11,00 nell'aula delle Sezioni riunite si è tenuta la cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario 2013. Il Presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino, ha svolto la relazione sull'attività della Corte dei conti nel 2012. Sono seguiti gli interventi del Procuratore Generale della Corte dei conti Salvatore Nottola e di un rappresentante del Consiglio nazionale forense. Questo è il link: Sito ufficiale della Corte dei Conti.


"[...].
6. Con riguardo, invece, alle misure per combattere la corruzione  politica ed amministrativa, emblematiche, sotto diversi profili, risultano  alcune disposizioni contenute nella legge 6 novembre 2012, n. 190.
E’  da tempo che si  è avuto modo di rilevare che la corruzione è divenuta da fenomeno burocratico/pulviscolare, fenomeno politico– amministrativo-sistemico. La risposta, pertanto, non può essere di soli puntuali, limitati, interventi  - circoscritti, per di più, su singole norme del codice penale - ma la risposta  deve essere articolata ed anch’essa sistemica.
Inoltre, la metamorfosi del fenomeno criminale della corruzione ha comportato un significativo mutamento della natura del disvalore dei fatti  di corruzione e del bene giuridico offeso.
In particolare, la natura sistemica della corruzione ha comportato un  ingigantimento del bene giuridico offeso e una rarefazione del contenuto  di disvalore dei singoli comportamenti di corruzione. In effetti, la  corruzione sistemica, oltre al prestigio, all'imparzialità e al buon  andamento della pubblica amministrazione, pregiudica, da un lato, la  legittimazione stessa delle Pubbliche Amministrazioni, e, dall’altro – come  più volte la Corte ha evidenziato - l’economia della Nazione.
Da qui, l’importanza della parte amministrativa della legge 190/2012  che assume la portata di una riforma delle pubbliche amministrazioni ai  fini della prevenzione e della lotta alla corruzione, riforma che attende ora  la sua prova più difficile, quella della sua realizzazione.
Questa richiede intima convinzione di fondo, conoscenza delle  pubbliche amministrazioni nei loro vari livelli e nelle loro  variegate  conformazioni, fino a quelle più insidiose aventi un’ambigua e sovente  ingiustificata forma privatistica; consapevolezza dei contesti, anche  economico-finanziari nei quali esse operano; volontà e capacità di  incidere, lasciando al giudice penale - nonché al giudice contabile nella sua  specifica sfera  - l’opera, auspicabilmente sempre più eventuale,  di chiusura del sistema. [...]".

APPALTI: il soccorso istruttorio illegittimo (Cons. St., Sez. V, sent. 18 febbraio 2013 n. 974)




APPALTI: 
il soccorso istruttorio illegittimo 
(Cons. St., Sez. V, sent. 18 febbraio 2013 n. 974)


Massima

L’acquisizione postuma da parte del R.u.p. dell'attestazione S.O.A. in corso di validità, prima di procedere all'aggiudicazione definitiva della gara, si sostanzia in una illegittima attività di soccorso istruttorio non conciliabile con il principio della par condicio, restando escluso che l’Amministrazione possa indebitamente sopperire alla negligenza del raggruppamento di imprese partecipanti alla gara, procedendo autonomamente alla richiesta di chiarimenti o a verifiche ulteriori sulla sussistenza dei requisiti, data la chiara previsione del bando e del disciplinare di gara, con cui è stata richiesta a pena di esclusione la presentazione dell'attestazione S.O.A. in corso di validità.

Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6055 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Colanzi Costruzioni di Colanzi Domenicantonio e Tonino S.n.c., rappresentata e difesa dall'avv. Evelina Torrelli, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2; 
contro
Provincia di Pescara, rappresentata e difesa dall'avv. Ugo Di Silvestre, con domicilio eletto presso Daniele Vagnozzi in Roma, viale Angelico, 103; 
nei confronti di
S.A.C.E.B. S.p.A. in proprio e quale Capogruppo Rti con Di Persio Costruzioni S.r.l. e Co.Ge.Pri S.r.l., rappresentati e difesi dagli avv. Giovanni Legnini, Annamaria Bello, con domicilio eletto presso Maria Cristina Bello in Roma, viale Parioli, 79/H; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA n. 00372/2012, resa tra le parti, concernente affidamento lavori di adeguamento plano-altimetrico e messa in sicurezza strada provinciale 151 della valle del Tavo.

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pescara e di S.A.C.E.B. S.p.A. in proprio e quale Capogruppo Rti con Di Persio Costruzioni S.r.l. e Co.Ge.Pri S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Antonio Bianchi e uditi per le parti gli avvocati Torrelli, Vagnozzi, per delega dell'Avv. Di Silvestre, Legnini e Bello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La Provincia di Pescara, con bando di gara prot. n. 246676/2011, indiceva una procedura aperta per l’affidamento dei lavori di adeguamento plano-altimetrico e messa in sicurezza della strada provinciale n. 151 della valle del Tavo.
All’esito della valutazione delle offerte, risultava provvisoriamente aggiudicatario della gara il raggruppamento temporaneo di imprese costituito dagli operatori S.A.C.E.B. S.p.A. - Di Persio Costruzioni S.r.l. e Co.Ge.Pri S.r.l. (in seguito SACEB).
Con successiva determinazione n. 742 del 2012, il Dirigente del competente settore confermava, poi, in via definitiva la predetta aggiudicazione.
La società Colanzi Costruzioni S.n.c. (di seguito Colanzi), classificatasi al secondo posto in graduatoria, impugnava l’aggiudicazione anzidetta innanzi il TAR Abruzzo, chiedendone l’annullamento con conseguente aggiudicazione della gara in suo favore.
Il TAR adito, con sentenza n. 372 del 2012, respingeva il ricorso.
Avverso la predetta decisione Colanzi ha interposto l’odierno appello, chiedendone l’integrale riforma con ogni ulteriore effetto in ordine all’aggiudicazione della gara.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Pescara chiedendo la reiezione del gravame, siccome infondato.
Si è, altresì, costituita in giudizio la controinteressata SACEB chiedendo parimenti la reiezione del ricorso.
Con successive memorie le parti hanno insistito nelle rispettive tesi.
Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato sotto gli assorbenti profili di censura dedotti con il primo ed il secondo mezzo di gravame.
2. Con il primo motivo, l’appellante assume l’erroneità della gravata sentenza, laddove non ha accolto la censura dedotta in primo grado con cui si chiedeva l’esclusione della SACEB dalla gara per non aver compiutamente corrisposto alle prescrizioni del relativo disciplinare.
2.1 Il rilievo merita di essere condiviso.
Ed infatti il disciplinare di gara espressamente dispone:
“Nella busta A-documentazione devono essere contenuti a pena di esclusione i seguenti documenti: A-1 domanda di partecipazione alla gara, sottoscritta dal legale rappresentante del concorrente (modello autocertificazione 4-11);
A-2 omissis … ;
A-3 autocertificazione contenente, a pena di esclusione, tutte le dichiarazioni sottoelencate (modello autocertificazione 4-11) … con la quale il legale rappresentante del concorrente … , assumendosene la piena responsabilità dichiara: a) i nominativi, le date di nascita e di residenza dei titolari, soci, direttore tecnici, amministratori muniti di poteri di rappresentanza, soci accomandatari, institori e procuratori …”.
Il disciplinare, poi, al punto A-8 precisa che “i modelli di partecipazione predisposti dalla S.A. sono disponibili …; si precisa che nel caso di uso dei modelli predetti saranno applicate le seguenti norme: in qualunque caso di 1) dichiarazioni non contrassegnate (es. con X) anche se complete, 2) dichiarazioni non completate ove richiesto, 3) dichiarazioni tra loro contraddittorie, esse si intenderanno non rese e, ove previsto, ciò sarà motivo di esclusione”.
Nel modello 4-11, con riferimento alla dichiarazione di cui al punto A-1), viene richiamata la nota 2 che, specifica di “indicare la natura giuridica della Società (responsabilità limitata, in accomandita ecc…) ed il numero di soci”; con riferimento, invece, alla dichiarazione di cui al punto A-3), viene richiamata la nota 3, in base alla quale “è necessario indicare specificatamente la qualifica dei soggetti precisando, nel caso dei soci, il tipo di socio (di maggioranza, accomandante ecc.), nel caso in cui lo spazio non fosse sufficiente si può allegare il modello denominato nominativi oppure copia del certificato integrale della CCIAA/visura dello stesso”.
Ciò posto la SACEB, come risulta dalla documentazione in atti, nell’autocertificazione prodotta ai sensi dei predetti punti A-1 e A-3 lett. a) del disciplinare, che è stata redatta utilizzando il modello 4-11 predisposto dall’Amministrazione, ha omesso di indicare:
- con riferimento a quanto previsto alla lett. A-1, il tipo di società ed il numero dei soci;
- con riferimento a quanto previsto alla lettera A-3 lett. a), i nominativi dei soci, le loro date di nascita e le rispettive residenze, limitandosi ad indicare il nominativo, la data di nascita e la residenza del solo Signor Silvano Primavera, quale “Presidente del C.d.A e D.T.”.
In sostanza la SACEB, nell’autocertificazione prodotta, oltre a non aver indicato il tipo di società, non ha altresì indicato il numero dei soci che compongono la società stessa, né i loro dati identificativi, contrariamente a quanto richiesto a pena di esclusione dal disciplinare di gara.
Analogamente la mandante Di Persio Costruzioni, nell’autocertificazione prodotta, ha omesso di indicare i nominativi, le date di nascita e le residenze dei soci, limitandosi ad indicare quelli dell’Amministratore unico e dei Direttori tecnici.
Le rilevate omissioni, peraltro, non potevano neppure essere superate in base alle risultanze dei certificati camerali prodotti dalle società interessate.
Infatti, il certificato depositato dalla SACEB, non solo non conteneva l’indicazione dei soci ma, quel che più conta, essendo stato rilasciato in data 2.03.2011 ed avendo validità di sei mesi, alla data fissata per la presentazione delle offerte (08.09.2011) risultava altresì scaduto.
Il certificato prodotto dalla Di Persio, poi, pur essendo in corso di validità, non indicava i nominativi dei soci e i loro dati identificativi e, pertanto, non poteva di per sé colmare le riscontrate carenze dichiarative.
Pertanto, a fronte delle omissioni predette riguardanti le autodichiarazioni sia della capogruppo sia di una delle mandanti, la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere dalla gara il raggruppamento SACEB, in applicazione delle chiare ed inequivoche clausole del disciplinare di gara.
2.2 Né, al riguardo, può accedersi alla tesi sostenuta dall’Amministrazione e condivisa dal T.A.R., secondo cui tali clausole, ancorché previste dal capitolato, sarebbero “da ritenersi tamquam non esset anche se il capitolato non faccia richiamo esplicito all’art. 46, comma 1 bis, del DLG 163/2006”.
In primo luogo, infatti, la giurisprudenza della Sezione ha già avuto modo di precisare come anche dopo le modifiche introdotte dal c.d. decreto sviluppo di cui al d.l. n.70/2011, sia rimasta inalterata la facoltà delle amministrazioni aggiudicatrici di richiedere, a pena di esclusione, tutti i documenti e gli elementi ritenuti necessari o utili per identificare e selezionare i partecipanti ad una procedura concorsuale nel rispetto del principio di proporzionalità, ai sensi degli art. 73 e 74 del Codice dei contratti (cfr. Sez, V, 12 giugno 2012, n. 3884).
E, nella specie, non v’è dubbio alcuno che l’onere dichiarativo prescritto dalla normativa di gara sia del tutto ragionevole e non sproporzionato, essendo agevolmente assolvibile.
Quanto sopra, consente quindi di escludere già di per sé l’invocata applicabilità della comminatoria di nullità contenuta nell’art. 46, comma 1 bis, del codice dei contratti pubblici, atteso che la copertura normativa delle clausole escludenti è rinvenibile, come già precisato, nelle disposizioni dei citati artt.73 e 74 del codice stesso.
In secondo luogo, il bando di gara è stato pubblicato nella vigenza dell’invocato comma 1 bis dell’art. 46 del codice e, pertanto, deve ragionevolmente ritenersi che l’Amministrazione abbia deliberatamente introdotto nel disciplinare di gara le clausole esclusive in contestazione proprio ai sensi degli artt. 73 e 74 del codice, al fine di una corretta individuazione e selezione degli operatori nel rispetto del principio di proporzionalità.
In terzo luogo, l’Amministrazione non ha mai pubblicato chiarimenti o correzioni in merito alla valenza delle clausole in questione, imponendo quindi ai partecipanti la loro pedissequa osservanza a pena di esclusione.
In quarto luogo, in nessun verbale di gara risulta che la competente Commissione abbia ritenuto di dover deliberatamente disapplicare le chiare disposizioni escludenti della disciplina concorsuale, ai sensi del comma 1 bis dell’art. 46 del codice, dando di tale scelta puntuale ed adeguata ragione.
E tale circostanza, rende l’ammissione della SACEB alla gara del tutto immotivata, considerate le oggettive omissioni presenti nelle autodichiarazioni rese dalla SACEB stessa, sanzionabili “a pena di esclusione”.
Infine, in nessun verbale di gara risulta parimenti che la Commissione si sia attivata in modo autonomo, per acquisire aliunde i dati richiesti dalla disciplina concorsuale e mancanti nelle autodichiarazioni rese dalla SACEB, con ciò risultando vieppiù immotivata l’ammissione di quest’ultima alla gara stessa.
In conclusione, non può ragionevolmente essere assunto in via postuma che le clausole in questione siano “da ritenersi tamquam non esset”, dopo che le stesse sono state deliberatamente inserite nella disciplina di gara nella vigenza del comma 1 bis dell’art. 46 del codice, trovano la loro copertura normativa negli articoli 73 e 74 del codice stesso, non sono state mai fatte oggetto di specifici chiarimenti in ordine alla loro valenza e non sono state parimenti fatte oggetto di formale disapplicazione da parte della Commissione di gara con specifiche ed adeguate argomentazioni.
3. Con il secondo motivo, l’appellante assume l’erroneità della gravata sentenza, laddove ha disatteso la censura dedotta in primo grado con cui veniva chiesta l’esclusione della SACEB dalla gara per aver prodotto una attestazione Soa scaduta nella pendenza del procedimento di gara.
3.1 La censura è fondata.
Ed invero, la lett. A-3, punto d1), del disciplinare di gara espressamente dispone che “l’attestazione Soa dovrà avere validità al momento della qualificazione (cioè alla data di apertura delle offerte busta A) e dovrà permanere per tutta la durata del procedimento di gara e, in caso di aggiudicazione per tutta la durata del contratto pena l’esclusione ovvero la revoca dell’aggiudicazione, ovvero, la rescissione contrattuale”.
Orbene, è incontroverso in causa, che la attestazione Soa prodotta dalla mandante CO.GE.PRI. sia pervenuta alla sua scadenza triennale il 6 ottobre 2011, nella pendenza del procedimento di gara, e che la nuova verifica di validità sia intervenuta in data 18 ottobre 2011.
Pertanto, la GO.GE.PRI. è rimasta oggettivamente priva della richiesta qualificazione per il periodo sopra specificato, intercorrente tra la data di scadenza della precedente attestazione e la data di inizio del nuovo periodo triennale di validità dalla Soa.
Ne consegue, che il raggruppamento SACEB doveva essere escluso dalla procedura concorsuale in virtù della espressa ed inequivoca clausola del disciplinare sopra riportata, secondo cui l’attestazione Soa doveva “permanere per tutta la durata del procedimento di gara”.
3.2 Né, al riguardo, possono essere condivise le diverse conclusioni a cui è pervenuto il primo giudice, laddove ha ritenuto che per aversi continuità dell’iscrizione sia “sufficiente che l’impresa stipuli il relativo contratto con la Soa prima della scadenza triennale” in quanto “come è stato di recente chiarito (Cons. St., Ad. Pl., 18 luglio 2012, n.27), l’impresa che abbia richiesto nei prescritti termini la verifica triennale del proprio attestato Soa può partecipare alle gare indette dopo il triennio anche se la verifica sia compiuta successivamente, fermo restando che l’efficacia dell’aggiudicazione è subordinata all’esito positivo della verifica stessa”.
Verso è, infatti, che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con la richiamata decisione, ha affermato il principio testé enunciato circa la possibilità per le imprese che abbiano fatto tempestiva richiesta di verifica triennale del proprio attestato Soa, di partecipare alle gare indette in pendenza della sua esecuzione.
E’ altrettanto vero, però, che nella medesima decisione viene altresì precisato che tale possibilità è subordinata alla esibizione da parte dell’impresa alla stazione appaltante, della richiesta di verifica insieme con la domanda di partecipazione alla gara.
L’Adunanza, infatti, ha ritenuto corretta l’interpretazione secondo cui “le imprese che abbiano richiesto la verifica entro il termine possono partecipare alle gare esibendo alla stazione appaltante anche soltanto la domanda di richiesta della verifica”, statuendo quindi che l’impresa ” esibita alla stazione appaltante, insieme con la domanda di partecipazione alla gara, quella proposta in termini per la verifica, potrà concorrere nella procedura di affidamento “.
Pertanto, l’esibizione della richiesta di verifica insieme con la domanda di partecipazione alla gara, è condizione necessaria per poter concorrere nelle procedure di affidamento, nella pendenza dell’esecuzione della verifica stessa.
E tale specifico incombente, è appena il caso di rilevarlo, non solo è del tutto ragionevole, siccome posto a presidio dell’esigenza della stazione appaltante di conoscere sin dall’inizio le vicende relative all’attestazione Soa e poter monitorare la perdurante idoneità tecnica del concorrente, ma è altresì non sproporzionato, essendo assolvibile in modo del tutto agevole.
Diversamente ritenendo, del resto, l’Amministrazione si vedrebbe di volta in volta costretta a porre in essere una specifica attività di soccorso istruttorio difficilmente conciliabile con il superiore principio della par condicio, traducendosi in una indebita sostituzione alla diligenza esigibile in via ordinamentale da parte di tutti i concorrenti ed identificabile nella completezza della documentazione presentata a corredo dell’offerta, specie quando espressamente richiesta a pena di esclusione.
Ed in questo senso, peraltro, si è espressa la stessa Adunanza Plenaria nella richiamata decisione, ritenendo espressamente infondato l’assunto “per cui la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere alla richiesta di chiarimenti o a verifiche ulteriori sulla sussistenza dei requisiti, data la chiara previsione del bando e del disciplinare di gara, con cui è stata richiesta a pena di esclusione la presentazione dell’attestazione Soa in corso di validità”.
Ciò posto in linea di principio, è incontroverso in punto di fatto come la CO.GE.PI non abbia esibito, insieme con la domanda di partecipazione alla gara, la richiesta di verifica triennale del proprio attestato Soa che veniva a scadere nella pendenza della procedura concorsuale (il 06 ottobre 2011), né abbia altrimenti notiziato formalmente di tale circostanza la stazione appaltante.
Per quanto sopra, illegittimamente l’amministrazione ha ammesso il raggruppamento SACEB alla procedura concorsuale, anziché escluderlo alla stregua delle chiare ed in equivoche disposizioni del disciplinare di gara, considerato che la Soa di uno dei suoi componenti risultava in scadenza e difettava agli atti qualsivoglia formale documentazione a comprova della tempestiva attivazione del procedimento di verifica e, ancor meno, della sua positiva conclusione.
Né, al riguardo, può assumere valenza sanante l’acquisizione postuma da parte del Rup della anzidetta documentazione, prima di procedere all’aggiudicazione definitiva della gara a SACEB.
Detta acquisizione, infatti, si è sostanziata in una illegittima attività di soccorso istruttorio non conciliabile con il principio della par condicio, restando escluso che l’Amministrazione, come precisato dall’Adunanza Plenaria nella decisione più sopra richiamata, potesse indebitamente sopperire alla negligenza del raggruppamento SACEB, procedendo autonomamente “alla richiesta di chiarimenti o a verifiche ulteriori sulla sussistenza dei requisiti, data la chiara previsione del bando e del disciplinare di gara, con cui è stata richiesta a pena di esclusione la presentazione dell’attestazione Soa in corso di validità”.
4. Attesa la fondatezza dell’appello interposto dalla Colanzi, vanno esaminate le censure dedotte da SACEB con il ricorso incidentale, su cui il primo giudice ha omesso di pronunciarsi.
5. Con il primo motivo, SACEB deduce che gli elaborati progettuali presentati dalla ricorrente principale sono firmati esclusivamente dalla società Colanzi, in persona del geometra Nicola Colanzi, e non da tecnico abilitato come viceversa dovuto (asseritamente un ingegnere).
5.1 La doglianza non ha pregio.
Ed invero, è incontroverso in causa, che nella specie si tratti di appalto di sola esecuzione, come del resto oggettivamente risulta dal chiaro tenore letterale del bando di gara.
Ciò posto, l’art. 53 comma 3 del codice dei contratti, prevede che solo nel caso in cui l’appalto abbia per oggetto anche la progettazione, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta.
Proprio in ragione della peculiarità dell’appalto, quindi, nella normativa di gara l’Amministrazione non ha richiesto né specificato i predetti requisiti, né ha indicato l’ammontare delle spese di progettazione comprese nell’importo a base del contratto e/o le modalità per la corresponsione diretta al progettista della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione, come previsto dal comma 3 bis del richiamato articolo 53.
Ne consegue, che la controfirma da parte di un ingegnere degli elaborati progettuali presentati dalla Colanzi non era nella specie necessaria, siccome non imposta dalla richiamata normativa codicistica, né dalla disciplina di gara, né da altra specifica disposizione.
Disciplina di gara, peraltro, avverso cui la SACEB non ha proposto alcun specifico gravame e che, pertanto, è sul punto divenuta comunque inoppugnabile.
Né può, al riguardo, essere condiviso l’assunto di SACEB secondo cui, anche se la lex specialis non prevedeva alcuna sanzione per il difetto di competenza tecnica, l’Amministrazione avrebbe dovuto escludere comunque la Colanzi ai sensi dell’art. 46, comma 1 bis, del codice dei contratti ed inoltre quest’ultima, avendo avanzato nelle proposte migliorative importanti modifiche tecnico-strutturali, avrebbe dovuto assumere ogni conseguente responsabilità ed onere tecnico sulle stesse.
Quanto al primo rilievo, infatti, è appena il caso di osservare che l’invocato comma 1 bis dell’art. 46, dispone l’esclusione dei concorrenti per il caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice e da altre disposizioni di legge, ovvero dalla normativa di gara in relazione a talune specifiche prescrizioni.
E nel caso di specie, come già precisato, non è ravvisabile uno specifico inadempimento di tale genere.
Quanto al secondo rilievo, poi, va osservato come la possibilità prevista dal disciplinare di gara di poter avanzare proposte migliorative, non è idonea di per sé a modificare la natura sostanziale dell’oggetto dell’appalto, che resta di “sola esecuzione” e, come tale, sottratto alla specifica disposizione di cui al terzo comma dell’art. 53 del codice.
A ciò aggiungasi, che non risulta comunque dimostrato in modo oggettivo che le migliorie proposte dalla Colanzi comportino “calcoli e analisi dei carichi che superano la competenza dei geometri” e che, peraltro, la stessa SACEB afferma contraddittoriamente nel secondo motivo di ricorso, che le anzidette migliorie “si riferiscono prevalentemente a variazioni della qualità dei materiali con allegazione di schede….”.
La dedotta censura, si appalesa quindi priva di fondamento.
6. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la SACEB deduce la violazione della lett. B.2.2) del disciplinare, sull’assunto che la proposta migliorativa presentata dalla ricorrente sarebbe “per alcuni versi inadeguata al raffronto con l’elaborato grafico di progetto a base d’asta, per altri versi non corrispondente allo stato dei luoghi mutati nelle more della gara da interventi urbanistici sul sito”.
6.1 La censura è inconducente.
In primo luogo, infatti, detta censura è inammissibile, siccome volta a censurare valutazioni tecniche discrezionali della commissione, in quanto tali non sindacabili in questa sede.
In secondo luogo, la stessa non può valere comunque a “paralizzare” il ricorso principale atteso che, incidendo il vizio sulla valutazione della proposta migliorativa, al più potrebbe determinare una diversa attribuzione di punteggio e quindi solo una diversa collocazione in graduatoria della Colanzi.
7. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, SACEB deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 86, comma V, del codice dei contratti “ sull’assunto che la Colanzi avrebbe giustificato i maggiori lavori, di importo pari ad €. 991.266,35, “con una riassegnazione del tutto arbitraria e nuova delle singole voci di costo….andando ad individuare ‘a posteriori’ una serie di risparmi (senza in alcun modo documentarli) che coinvolgono: 1) i costi per i noli …”) utile d’impresa…3) spese generali”.
7.1 La censura è inammissibile.
Ed invero, è insegnamento giurisdizionale pacifico che, con riferimento al procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte, il giudice amministrativo possa sindacare le valutazioni compiute dalla stazione appaltante solo sotto lo stretto profilo della logicità e della congruità dell’istruttoria, senza poter operare autonomamente alcuna verifica della congruità dell’offerta presentata e delle singole voci, poiché, così facendo, invaderebbe una sfera propria della p.a., connotata dall’esercizio di discrezionalità tecnica.
Infatti, “Il sindacato del G.A. sui giudizi espressione di discrezionalità tecnica deve limitarsi al controllo formale dell’iter logico seguito; ne consegue che esula dalle competenze di questo il riesame delle autonome valutazioni dell’interesse pubblico compiute dalla S.A. sulla base delle cognizioni tecniche acquisite, non potendo consistere nella integrale ripetizione delle operazioni valutative compiute poiché ciò comporterebbe un’inammissibile violazione del principio di separazione dei poteri” (cfr. tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, nn.7631/2010, 3769/2009, 4494/2008).
Tanto premesso, osserva il Collegio come, nella specie, non siano ravvisabili nelle valutazioni effettuate dalla Commissione in merito alla proposta migliorativa presentata dalla Colanzi; illogicità od incongruenze tali da consentirne l’annullamento nell’odierna sede di legittimità.
E ciò, avuto anche riguardo all’ulteriore insegnamento giurisprudenziale, che il Collegio pienamente condivide, secondo cui “fermo restando il principio che in appalto l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti, considerato che obiettivo della verifica di anomalia è quello di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso, e nel suo importo originario, affidabile o meno, il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi, sia quelli che militano a favore, sia quelli che militano contro l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme: deve di conseguenza ritenersi possibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che per converso altre voci di prezzo sono state inizialmente sopravvalutate, e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci “ (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2012, n.636).
Del resto, nella dedotta censura, la SACEB non precisa sulla scorta di quali presupposti concreti l’offerta della Colanzi avrebbe dovuto essere nella sostanza ritenuta anomala perché inattendibile e, pur deducendo una asserita violazione della par condicio, non specifica in cosa la stessa si sarebbe concretizzata, rendendo la doglianza vieppiù inconducente.
In ogni caso, giova ribadirlo, quel che rileva per i fini considerati è che il giudizio di verifica della congruità di una offerta ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta stessa nel suo insieme, con conseguente irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento, e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, mirando invece ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, n. 343 del 26 gennaio 2012; Sez. IV, n.4206 del 23 luglio 2012).
Ed alla stregua di quanto precisato, la valutazione operata dalla Commissione non risulta illogica né incongruente.
8. Per quanto sopra, il ricorso incidentale proposto in primo grado da SACEB è da respingere, siccome infondato.
9. Conclusivamente, l’appello si appalesa fondato e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso proposto in primo grado dalla Colanzi e quindi annullata l’aggiudicazione della gara disposta in favore della controinteressata SACEB.
10. Per ciò che attiene all’istanza risarcitoria avanzata in forma specifica dalla Colanzi, la stessa merita accoglimento sussistendo tutti i requisiti di cui all’art. 122 del codice del processo amministrativo, atteso che:
- la Colanzi, quale seconda classificata, si trova nella effettiva possibilità di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati;
- il contratto si trova nello stato iniziale di esecuzione, attesa la data della sua stipula e della consegna dei relativi lavori fissata nei successivi quarantacinque giorni;
- il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara, e la Colanzi ha proposto specifica domanda di subentro nel contratto.
11. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, così dispone:
- respinge il ricorso incidentale proposto in primo grado da SACEB;
- accoglie il ricorso principale proposto in primo grado da Colanzi e, di conseguenza, annulla l’aggiudicazione definitiva della gara disposta in favore della SACEB;
- dichiara l’inefficacia del contratto stipulato tra l’Amministrazione e la SACEB, a decorrere dalla data di pubblicazione della presente decisione;
- dispone il subentro della Colanzi, nel contratto per cui è causa entro i trenta giorni successivi alla pubblicazione della presente decisione, previo esperimento della verifica della sussistenza di tutti requisiti necessari per il subentro stesso.
Spese compensate dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)