APPALTI:
sul danno da mancata aggiudicazione
(Cons. St., Sez. V,
sentenza 22 gennaio 2015, n. 285)
Come di consueto, privilegiamo
nella pubblicazione le sentenze sistematiche.
Perché? Perché forse sono meno
"leggibili" su un piano "giornalistico", ma sicuramente più
utili a non perdersi nel ginepraio
delle pronunce del giustizia amministrativa, la quale ancora non ha
raggiunto un livello razionalità
concentrica (e non solo) da
potersi definire "diritto processuale amministrativo".
Anche perché non basta a tal fine un
Codice, pur pregevolissimo, se l'organo
di nomifilachia è giudice anche d'appello e
non solo di pura "legittimità", e se ci sono tanti organi
nomofilattici quante sono le giurisdizioni...
Massima
Premesso che, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno derivante dalla dichiarata illegittimità degli atti della procedura di gara, non è necessaria alcuna particolare indagine in ordine all’elemento soggettivo della responsabilità dell’amministrazione, essendo la stessa in re ipsa - ciò in quanto il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria a condizione che la possibilità di riconoscere detto risarcimento non sia subordinata alla constatazione di un comportamento colpevole - deve rammentarsi che in tema di determinazione del danno da mancata aggiudicazione la giurisprudenza ha raggiunto le seguenti univoche conclusioni, dalle quali non vi è motivo di discostarsi:
a) ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., il danneggiato deve offrire la prova dell'an e del quantum del danno che assume di aver sofferto;
b) in tema di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione, il giudice amministrativo è chiamato a valutare (art. 30, comma 3, c.p.a.), senza necessità di eccezione di parte e acquisendo anche d'ufficio gli elementi di prova all'uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento dell'atto illegittimo e dell'utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe evitato in tutto o in parte il danno, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente (Cons. St., Ad. Plen., 2011, n. 3);
c) spetta all'impresa danneggiata offrire la prova della percentuale di utile che avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.). Quest'ultimo, infatti, intanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l'asimmetria informativa tra amministrazione e privato, la quale contraddistingue l'esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell'azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del principio dispositivo sancito in generale dall'art. 2697, comma primo, cod. civ.;
d) il ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., è ammesso soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno;
e) le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente neppure nel caso di consulenza tecnica d'ufficio cosiddetta "percipiente", che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l'accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti;
f) la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni. Al riguardo, va precisato che, per la configurazione di una ‘presunzione’, non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre non può attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici. In ragione di ciò va esclusa la pretesa di ottenere l'equivalente del 10% dell'importo a base d'asta, sia perché detto criterio non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata, sia perché non può formularsi un giudizio di probabilità fondato sull’id quod plerumque accidit secondo il quale allegato l'importo a base d'asta può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo;
g) il mancato utile spetta nella misura integrale solo se la concorrente dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione, sicché, in assenza di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum;
h) anche per il cd. danno curricolare il presunto danneggiato deve offrire la prova puntuale del danno che asserisce di aver subito.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 6319 del 2014,
proposto dal COMUNE DI NEVIANO, in persona del sindaco in carica, rappresentato
e difeso dall'avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso
Sticchi Damiani Studio Bdl in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
contro
L’IMPRESA
DE PASCALI PANTALEO, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Quinto, con
domicilio eletto presso l’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n.
2;
nei confronti di
VISCONTI
COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica,
rappresentata e difesa dall'avvocato Valeria Pellegrino, con domicilio eletto
presso il suo studio in Roma, corso Rinascimento, n. 11;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. Puglia, Sez. di Lecce, Sez. II, n. 942 dell’11 aprile 2014,
resa tra le parti, concernente l’affidamento dei lavori di messa in sicurezza e
di prevenzione e di riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli
elementi presso l'edificio scolastico "Papa Giovanni XXIII" -
risarcimento danni;
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio dell’Impresa De Pascali Pantaleo e della
s.r.l. Visconti Costruzioni;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. Carlo Saltelli e
uditi per le parti gli avvocati Sticchi Damiani Saverio, Marchese T., per
delega dell’avvocato Quinto Pietro, e Pellegrino Gianluigi, per delega
dell’avvocato Pellegrino Valeria;
Ritenuto
in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1.
Con bando di gara in data 26 aprile 2013, il Comune di Neviano ha indetto una
procedura aperta per l'affidamento dei lavori di messa in sicurezza e di
prevenzione e di riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli
elementi presso l'edificio scolastico "Papa Giovanni XXIII", per un
importo a base d’asta di €. 270.760,86, di cui €. 7.886,24 per oneri di
sicurezza, non soggetti a ribasso, da aggiudicarsi con criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa ai sensi dell'art. 83 del D. Lgs. 12 aprile
2006, n. 163.
All’esito
della gara l’appalto è stato aggiudicato definitivamente, giusta determinazione
n. 120 del 19 giugno 2013, alla s.r.l. Visconti Costruzioni, la cui offerta
aveva conseguito punti 84,097 (di cui punti 69,350 per l'aspetto tecnico e
punti 14,747 per quello economico).
2.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce,
sez. II, con la sentenza n. 942 dell’11 aprile 2014, nella resistenza
dell’intimata amministrazione comunale di Neviano e della controinteressata
aggiudicataria Visconti Costruzioni s.r.l., ha accolto il ricorso della Impresa
De Pascali Pantaleo, seconda classificata, ed ha annullato l’impugnato
provvedimento di aggiudicazione, ritenendo fondato il motivo di censura con cui
era stata lamentata la mancata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria che
aveva omesso la dichiarazione circa l’insussistenza delle cause di esclusione
di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 del socio maggioritario
(dichiarazione prevista espressamente prevista dal disciplinare, alla cui
mancanza non poteva supplire la diversa dichiarazione resa dalla legale
rappresentante della predetta società con riferimento “…ai soci elencati al
precedente numero 1 e al successivo numero 6 della presente dichiarazione”, tra
cui non risultava indicato il nominato del socio di maggioranza).
E’
stata peraltro respinta la domanda di inefficacia del contratto, che non
costituiva, secondo il tribunale, un effetto automatico dell’annullamento
dell’aggiudicazione, essendo piuttosto la conseguenza della giusta comparazione
degli interessi contrapposti, ostandovi l’avanzato stato di esecuzione dei
lavori; è stata accolta pertanto la domanda di risarcimento del danno per
equivalente nella misura del 10% dell’importo totale dell’appalto a base
d’asta, oltre al 3% a titolo di danno curriculare.
3.
Il Comune di Neviano ha chiesto la riforma della predetta sentenza alla stregua
di cinque articolati motivi di gravame così rubricati:
A)
in via principale: 1) “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha
annullato l'aggiudicazione definitiva in favore della Visconti Costruzioni
srl.”;
B)
in subordine: 2) “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha
quantificato il danno da mancato utile subito dall'Impresa De Pascali Pantaleo
nella misura pari al 10% dell'importo a base di gara”; 3) “erroneità della
sentenza appellata nella parte in cui ha quantificato il danno curriculare
subito dall'impresa De Pascali Pantaleo nella misura pari al 3% dell'importo a
base di gara”; 4) “erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha
affermato la responsabilità solidale della Visconti Costruzioni srl nella
causazione dei danni subiti dall'impresa De Pascali Pantaleo”; 5) “Erroneita
della sentenza appellata nella parte in cui ha condannato il Comune di Neviano
al pagamento, in favore dell'Impresa De Pascali Pantaleo, dell'importo erogato
a titolo di contributo unificato”.
Ha
resistito al gravame l’Impresa De Pascali Pantaleo, chiedendone il rigetto.
Si
è costituita in giudizio anche la s.r.l. Visconti Costruzioni, aderendo in
parte all’appello proposto dal Comune di Neviano con particolare riguardo al
primo motivo di gravame, e chiedendone invece il rigetto quanto alle censure
subordinate volte all’accertamento della sussistenza di una pretesa
responsabilità solidale.
4.
Nell’imminenza dell’udienza di trattazione, le parti hanno illustrato con
apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.
All’udienza
pubblica del 28 ottobre 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
5.
E’ infondato il primo motivo di gravame, con cui il Comune di Neviano,
deducendo “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato
l'aggiudicazione definitiva in favore della Visconti Costruzioni srl”, ha
sostenuto che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, nel caso di
specie l’omessa dichiarazione concernente il possesso dei requisiti ex art. 38
del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, da parte del socio di maggioranza
(trattandosi di società di capitali con meno di quattro soci) non sarebbe stata
sanzionata dal disciplinare di gara (punto 6, lett. c1) del disciplinare) con
l’esclusione dalla gara, ed ha aggiunto che tale mancanza si sarebbe potuta (e
dovuta) regolarizzare con l’esercizio del ‘soccorso istruttorio’, giacchè nella
domanda di partecipazione alla gara, conformemente alle previsioni della lex
specialis, erano contenute tutte le indicazioni necessarie a consentire la
consultazione dei registri camerali da parte della stessa amministrazione
appaltante (consultazione da cui sarebbe emerso agevolmente proprio il
nominativo del socio di maggioranza, nei cui confronti non sussisteva peraltro
alcuna situazione ostativa ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006).
5.1.
La Sezione osserva al riguardo che il citato art. 38 del D. Lgs. n. 163 del
2006 - nell’individuare le cause ostative alla partecipazione alle gare di
affidamento di concessioni e degli appalti di lavori, forniture o servizi
nonché alla stipula dei relativi contratti, con riferimento alle società -
ricomprende nel novero dei soggetti, nei cui confronti devono sussistere i
requisiti di ordine generale, i soci o il direttore tecnico se si tratta di
società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si
tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri
di rappresentanza o il direttore tecnico, o il socio unico persona fisica
ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se
si tratta di altro tipo di società.
Il
disciplinare di gara della gara de qua (punto 2.1., sub par.
par. 2) ha espressamente previsto che la dichiarazione concernente il possesso
dei requisiti di ordine generale e l’assenza di cause ostative, ex art. 38 del
D. Lgs. n. 163 del 2006, riguardava “tutte le persone fisiche di cui al
precedente numero 1)”, tra cui “il socio unico o i soci di maggioranza in caso
di società di capitali con meno di quattro soci”.
Il
successivo punto 6, nel prevedere le “cause di esclusione in fase di
ammissione”, stabiliva al punto c) che sarebbero stati “…altresì esclusi, prima
dell’apertura della busta interna, gli offerenti: c1) che non hanno presentato
una o più d’una delle dichiarazioni richieste, successivamente aperta per
qualsiasi motivo, ad eccezione di quanto diversamente previsto dal presente
disciplinare di gara; oppure che hanno presentato una o più d’una delle
dichiarazioni richieste recanti indicazioni gravemente erronee, insufficienti,
non pertinenti, non veritiere, comunque non idonee all’accertamento
dell’esistenza di fatti, circostanze o requisiti per i quali sono prodotte, che
non possono essere regolarizzate ai sensi dell’art. 46 del D. Lgs. 163/2006,
oppure non sottoscritte dal soggetto competente o non corredate, anche
cumulativamente, da almeno una fotocopia del documento di riconoscimento di
ciascun sottoscrittore o dichiarante; per gli operatori nazionali l’esclusione
non opera in assenza della dichiarazione di cui al capo 2.1, numero 1, purchè
siano dichiarate in modo in modo idoneo e sufficienti le indicazioni necessarie
alla consultazione d’ufficio dei Registri della Camera di Commercio, Industria,
Artigianato, Agricoltura, competente per territorio; (art. 13 – comma 3 –
Statuto delle imprese”.
5.2.
Ciò posto, non può ragionevolmente dubitarsi della sussistenza dell’obbligo
della dichiarazione ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 anche per i soci di
maggioranza delle società con meno di quattro soci, obbligo la cui violazione
determinava l’esclusione dalla gara, e che nel caso in esame è stato
effettivamente violato.
Come
infatti emerge dalla documentazione versata in atti, la dichiarazione resa
dalla legale rappresentante della società appellante ai fini della
partecipazione alla gara non contiene alcuna indicazione circa il socio di
maggioranza, benché il modello predisposto dalla stessa amministrazione appaltante
e concretamente utilizzato prevedesse uno specifico riquadro proprio per le
società o i consorzi con meno di quattro soci, così che nessuna equivocità o
incertezza poteva derivare, incolpevolmente per i concorrenti, dall’utilizzo
del modello e tanto meno dalla tenore letterale della lex specialis.
Ciò
esclude che l’amministrazione appaltante, come sostenuto dalla società
appellante, avesse l’obbligo di esercitare il soccorso istruttorio, trattandosi
nel caso in esame non già di completare o di integrare una dichiarazione già
resa, ma di una dichiarazione completamente mancante (ex multis, Cons. St.,
sez. V, 28 aprile 2014, n. 2201, secondo cui nelle gare pubbliche, l'omessa
allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione
non può essere considerata alla stregua di un'irregolarità sanabile, in
applicazione del cd. dovere di soccorso di cui all'art. 46, d.lgs. 12 aprile
2006, n. 163 e, quindi, non ne è permessa l'integrazione o la regolarizzazione
postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali, e ciò tanto più
quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall'ambiguità di clausole
della legge di gara; sez. III, 9 maggio 2014, n. 2376; sez. IV, 29 maggio 2014,
n. 2778; sez. V, 17 luglio 2014, n. 3807). Ciò sotto altro concorrente profilo
rende irrilevante ed inutile, ai fini della eventuale sanatoria di tale
omissione, la dichiarazione prodotta dal socio di maggioranza in ordine al
possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 solo in
data 10 settembre 2013, laddove il termine per presentare la domanda di
partecipazione alla gara de qua scadeva improrogabilmente il 27 maggio 2013.
Deve
aggiungersi inoltre che l’esclusione dalla gara per l’omessa dichiarazione di
cui si discute, oltre a ricollegarsi direttamente alle previsioni del d. lgs.
n. 163 del 2006, era espressamente prevista, come rilevato in precedenza, dallo
stesso disciplinare di gara, non potendo trovare accoglimento la suggestiva
ricostruzione proposta dall’appellante secondo cui nel caso di specie
troverebbe ingresso l’eccezione, pure prevista dal punto 6, c1, del
disciplinare per essere comunque state fornite le indicazioni necessarie e
sufficienti alla stazioni appaltanti per la consultazione d’ufficio dei Registri
della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.
Al
riguardo, va sottolineato che l’esclusione dalla gara è stata determinata non
già dall’omessa indicazione del socio di maggioranza, ma dall’omessa
dichiarazione - da parte di costui - del possesso dei requisiti di ordine
generale del più volte ricordato art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 (così che
il fatto che le indicazioni altrimenti contenute nella domanda fossero
sufficienti alla consultazione dei registri della Camera di Commercio,
Industria, Artigianato e Agricoltura non sono idonee a neutralizzare la
mancanza della dichiarazione).
Le
finalità perseguite con la dichiarazione che è mancata non consentono poi di
apprezzare favorevolmente la tesi, propugnata dall’appellante, circa la necessaria
interpretazione ‘sostanzialistica’ delle ricordate disposizioni della lex
specialis (contrapposta a quella ‘formalistica’ che sarebbe stata
accolta dai primi giudici), secondo cui l’esclusione non avrebbe potuto mai
essere disposta o dichiarata, sussistendo in capo al socio maggioritario i
requisiti di ordine generale ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006.
5.3.
In conclusione, non merita censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha
annullato l’aggiudicazione definitiva dell’appalto in favore della Impresa
Visconti Costruzioni s.r.l., che andava invece effettivamente esclusa dalla
gara.
6.
Il rigetto del primo motivo di appello impone alla Sezione di procedere allo
scrutinio degli altri motivi di gravame dedotti dall’appellante in via
espressamente subordinata al mancato accoglimento del primo.
6.1.
Possono essere esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo motivo, con cui
- lamentando “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha
quantificato il danno da mancato utile subito dall'Impresa De Pascali Pantaleo
nella misura pari al 10% dell'importo a base di gara” e “Erroneità della sentenza
appellata nella parte in cui ha quantificato il danno curriculare subito
dall'impresa De Pascale Pantaleo nella misura pari al 3% dell'importo a base di
gara” - l’appellante ha contestato l’ammontare del risarcimento del danno
riconosciuto spettante alla impresa De Pascali Pantaleo.
I
motivi sono parzialmente fondati, secondo le osservazioni che seguono.
6.1.1.
Premesso che, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del
danno derivante dalla dichiarata illegittimità degli atti della procedura di
gara, non è necessaria alcuna particolare indagine in ordine all’elemento
soggettivo della responsabilità dell’amministrazione, essendo la stessa in
re ipsa (ex multis, Cons. St., sez. V, 21 giugno 2013, n. 3397; sez.
IV, 27 marzo 2014, n. 1478, ciò in quanto il rimedio risarcitorio risponde al
principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria a
condizione che la possibilità di riconoscere detto risarcimento non sia
subordinata alla constatazione di un comportamento colpevole), deve rammentarsi
che in tema di determinazione del danno da mancata aggiudicazione la
giurisprudenza ha raggiunto le seguenti univoche conclusioni, dalle quali non
vi è motivo di discostarsi (Cons. St., sez. V, 8 agosto 2014, n. 4242):
a)
ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., il danneggiato deve offrire
la prova dell'an e del quantum del danno che
assume di aver sofferto;
b)
in tema di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione, il
giudice amministrativo è chiamato a valutare (art. 30, comma 3, c.p.a.), senza
necessità di eccezione di parte e acquisendo anche d'ufficio gli elementi di
prova all'uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento
dell'atto illegittimo e dell'utilizzazione degli altri strumenti di tutela
avrebbe evitato in tutto o in parte il danno, secondo un giudizio di causalità
ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento
globale del ricorrente (Cons. St., Ad. Plen., 2011, n. 3);
c)
spetta all'impresa danneggiata offrire la prova della percentuale di utile che
avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché
nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con
pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di
annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, cod. proc. amm.). Quest'ultimo, infatti,
intanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare
l'asimmetria informativa tra amministrazione e privato, la quale
contraddistingue l'esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio
dell'azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale
di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d.
vicinanza della prova determina il riespandersi del principio dispositivo
sancito in generale dall'art. 2697, comma primo, cod. civ.;
d)
il ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., è
ammesso soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema
difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno;
e)
le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento
dei propri diritti all'attività del consulente neppure nel caso di consulenza
tecnica d'ufficio cosiddetta "percipiente", che può costituire essa
stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l'accertamento di
determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è
necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi
specifici posti a fondamento di tali diritti;
f)
la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche
mediante presunzioni. Al riguardo, va precisato che, per la configurazione di
una ‘presunzione’, non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti
l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà
assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria),
ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto,
alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque
accidit (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché
il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento
discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti
legali della gravità, precisione e concordanza, mentre non può attribuirsi
valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici. In
ragione di ciò va esclusa la pretesa di ottenere l'equivalente del 10%
dell'importo a base d'asta, sia perché detto criterio non può essere oggetto di
applicazione automatica ed indifferenziata, sia perché non può formularsi un
giudizio di probabilità fondato sull’id quod plerumque accidit secondo
il quale allegato l'importo a base d'asta può presumersi che il danno da lucro
cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo;
g)
il mancato utile spetta nella misura integrale solo se la concorrente dimostra
di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a
disposizione in vista dell'aggiudicazione, sicché, in assenza di tale
dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente
riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente
decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde
perceptum vel percipiendum;
h)
anche per il cd. danno curricolare il presunto danneggiato deve offrire la
prova puntuale del danno che asserisce di aver subito.
6.1.2.
Applicando tali principi alla fattispecie in esame, deve convenirsi con
l’amministrazione appellante sull’erroneità della decisione impugnata, che,
acriticamente aderendo alla richiesta della originaria ricorrente ed invocando
un ‘consolidato’ indirizzo giurisprudenziale che per contro non è tale, ha
quantificato il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione nella misura
del 10% dell’importo totale dell’appalto a base d’asta, ritenendo a tal fine
sufficiente la prova del congelamento dei mezzi aziendali nelle more del
contenzioso e riconoscendo altresì a titolo di danno curriculare un ulteriore
importo pari al 3% della somma a base d’asta.
In
effetti non può ammettersi un tale riconoscimento forfettario del danno subito,
ciò costituendo un’inammissibile elusione dell’onere della prova
dell’effettività del danno subito, con violazione degli articoli 30, 40 e 124,
comma 1, c.p.a., oltre che dell’art. 2697 c.c., tanto più che – in applicazione
dei principi costituzionali del diritto di difesa e del contraddittorio - va comunque
consentito all’amministrazione resistente di poter contestare l’effettiva
sussistenza dei danni e la loro quantificazione.
D’altra
parte, il criterio forfettario di quantificazione del danno, previsto per la
diversa ipotesi di recesso ad nutumdella stazione appaltante nella
fase di esecuzione del contratto, proprio quale eccezione alla regola generale
del principio secondo cui onus probandi incubit ei qui dicit, non è
suscettibile di applicazione analogica alla fattispecie risarcitoria,
introducendosi altrimenti una forma generalizzata di indennizzo predeterminato
ed automatico, contrario alla stessa natura della tutela risarcitoria, oltre
che agli ordinari principi probatori (Cons. St., sez. V, 6 aprile 2009, n.
2143; 20 aprile 2012, n. 2317).
Si
può tuttavia ammettere, fermo restando il principio fondamentale dell’onere
della prova, che l’ammontare del risarcimento possa essere determinato in via
equitativa nella misura del 10% dell’importo dell’offerta, solo se ed in quanto
l’impresa abbia documentato di non aver potuto utilizzare, in quanto apprestati
ed approntati in previsione dell’appalto da aggiudicare, mezzi e maestranze per
l’esecuzione di altri contratti, ed in caso diverso potendo operarsi una
decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde
perceptum (Cons. St., sez. V, 7 settembre 2013, n. 4376).
6.1.3.
Nel caso in esame, escluso, in mancanza di adeguata prova dell’effettivo
ammontare del danno subito (e non essendo stata neppure prospettata una
impossibilità incolpevole di fornire la predetta prova), che possa riconoscersi
forfettariamente a titolo di risarcimento per l’illegittimità dell’impugnato
provvedimento di aggiudicazione la somma corrispondente al 10% dell’importo a
base d’asta, come statuito dai primi giudici, può tuttavia accedersi ad una
valutazione equitativa del danno.
L’impresa
De Pascali Pantaleo, ricorrente in primo grado, come si evince dalla
documentazione in atti, aveva rappresentato all’amministrazione comunale di
Neviano sin dal 27 settembre 2013 (in occasione della comunicazione di
proposizione dell’appello avverso l’ordinanza cautelare del tribunale salentino
che aveva respinto la richiesta di sospensione dell’esecutività dell’impugnata
aggiudicazione) di non aver acquisito “…ulteriori impegni incompatibili con
quelli per cui è causa, mantenendo inutilizzati mezzi e personali che, in caso
di esito vittorioso del giudizio, sarebbero utili ed indispensabili per lo
svolgimento dell’appalto…”.
Tale
specifica circostanza, che è stata confermata con la successiva nota in data 31
ottobre 2013 (con la quale la predetta impresa aveva chiesto la revoca
dell’impugnata aggiudicazione, sospesa per effetto dell’accoglimento
dell’appello cautelare, giusta ordinanza n. 4272 del 29 ottobre 2013 della
Quinta Sezione del Consiglio di Stato) e che non è stata in alcun modo
contestata dall’amministrazione, costituisce un elemento di fatto di cui si può
ragionevolmente tener conto ai fini dell’effettiva sussistenza del danno.
Quest’ultimo,
tenuto conto del tempo trascorso tra il provvedimento di aggiudicazione (19
giugno 2013) e le ricordate note dell’impresa ricorrente (27 settembre 2013 e
31 ottobre 2013), del valore presuntivo che esse hanno ai fini dell’esistenza
del danno e del fatto che, come già rilevato, non è stata neppure prospettata
una impossibilità incolpevole a provare l’effettività del danno subito, può
essere pertanto equitativamente quantificato nella misura del 5% dell’importo a
base d’asta, decurtato della percentuale di ribasso offerta in sede di gara.
6.1.4.
Nessuna somma può essere invece riconosciuta, in difetto di specifica prova, a
titolo di danno curriculare.
Occorre
al riguardo premettere, per la esatta individuazione di tale categoria di
danno, che di norma l'interesse alla aggiudicazione di un appalto, nella vita
di un operatore economico, non si esaurisce nella sola esecuzione dell'opera e
nei relativi ricavi diretti, ad essa ricollegandosi anche una serie di effetti
favorevoli indiretti, quali l’immagine della società, il suo radicamento nel
mercato, l’ampliamento della sua capacità industriale o commerciale (Cons. St.,
sez. IV, 27 ottobre 2010, n. 8253).
Proprio
a tali effetti indiretti deve pertanto ragionevolmente ricollegarsi la
fattispecie del danno curriculare, che non può pertanto coincidere con il danno
derivato direttamente dall’illegittimità dell’aggiudicazione e conseguentemente
dal mancato legittimo conseguimento dell’appalto, né può essere ricompreso
nella mera perdita di chanches: sennonché di nessuno di tali effetti indiretti
è stato oggetto della necessaria prova, né è stata altrimenti provata la
perdita di specifiche concrete possibilità di incrementare il proprio
avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi
anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli
specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (su
tali affermazioni di principio, v. Cons. St. sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 20 ;
sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751; sez. IV, 6
giugno 2008, n. 2680; sez. V, 23 luglio 2009, n. 4594; sez. V, 12 febbraio
2008, n. 491; sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3723 ; Cass., 4 giugno 2007, n.
12929).
6.2.
Deve essere parzialmente accolto anche il quarto motivo di gravame, rubricato
“Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha affermato la
responsabilità solidale della Visconti Costruzioni srl nella causazione dei
danni subiti dall'impresa De Pascale Pantaleo”.
Non
può infatti negarsi che l’illegittimità del provvedimento impugnato sia da
attribuirsi non solo all’operato dell’amministrazione appaltante, che non ha
verificato la mancata produzione da parte della aggiudicataria della
dichiarazione del socio di maggioranza, ma anche – e soprattutto - alla stessa
aggiudicataria s.r.l. Visconti Costruzioni, che effettivamente non ha prodotto
quella dichiarazione, agendo con ‘specifica negligenza’, non rinvenendosi alcun
elemento di equivocità o di incertezza al riguardo nelle previsioni della lex
specialis e nella modulistica predisposta, che possa giustificare quel
comportamento.
A
ciò consegue che, sotto il profilo causale, non può ragionevolmente dubitarsi
che il danno subito sia ascrivibile alla s.r.l. Visconti Costruzioni, oltre che
alla amministrazione appellante: ad entrambe essa deve ascriversi in misura
uguale (50%), non emergendo dagli atti di causa, né essendo stato prospettato
dalla stessa amministrazione appaltante elementi di fatto idonei ad una diversa
ripartizione della responsabilità.
Deve
al riguardo aggiungersi, sotto il profilo processuale, che l’accertamento della
responsabilità concorrente della società originariamente aggiudicataria e del
riparto interno della stessa nella misura del 50% deve ritenersi consentito non
solo dai principi fondanti la giustizia amministrativa, in base ai quali la
controversia deve essere decisa con l’esercizi di poteri decisori e
conformativi, e dall’art. 41, comma 2, c.p.a. (che prevede il litisconsorzio
necessario del beneficiario dell’atto, in ragione dei peculiari poteri concernenti
le statuizioni da adottare anche nei confronti del beneficiario dell’atto
illegittimo), ma anche delle domande, eccezioni e difese avanzate dalle parti,
con il conseguente rispetto del principio di necessaria corrispondenza tra
chiesto e pronunciato (in termini, Cons. St., sez. VI, 15 ottobre 2012, n.
5279).
6.3.
E’ invece infondato il quinto motivo, con cui l’amministrazione appellante ha
ritenuto erroneo ed ingiusto il capo delle sentenza che, pur compensando tra le
parti le spese del giudizio, l’ha tuttavia condannata al pagamento in favore
della ricorrente in primo grado dell’importo erogato a titolo di contributo
unificato.
Al
riguardo, va rilevato che nel processo amministrativo nella compensazione delle
spese giudiziali non può ritenersi compreso anche il contributo unificato,
atteso che esso, ai sensi dell'art. 13 comma 6 bis, del d.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115, introdotto dall'art. 2 comma 35 bis, lett. e), del decreto legge 13
agosto 2011, n. 138, come integrato dalla legge di conversione 14 settembre
2011, n. 148, è oggetto di un'obbligazione "ex lege" sottratta
alla potestà del giudice, sia quanto alla possibilità di disporne la
compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare (Cons. St.,
sez. III, 13 marzo 2014, n. 1160).
7.
In conclusione l’appello deve essere parzialmente accolto nei sensi di cui in
motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, il
ricorso proposto in primo grado dalla impresa De Pascali Pantaleo deve essere
parzialmente accolto, nei sensi pure indicati in motivazione.
La
parziale fondatezza del gravame giustifica la compensazione tra le parti delle
spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando
sull’appello proposto dal Comune di Neviano avverso la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, n.
942 dell’11 aprile 2014, così provvede:
-
accoglie l’appello nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto,
parzialmente riformando la sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso
proposto in primo grado dall’impresa De Pascali Pantaleo ed in particolare: 1)
annulla il provvedimento di aggiudicazione; 2) dichiara responsabili del danno
subito dalla ricorrente impresa De Pascali Pantaleo in misura uguale (50%)
l’amministrazione comunale di Neviano e la società Visconti Costruzioni s.r.l.;
3) condanna l’amministrazione comunale di Neviano al pagamento in favore della
ricorrente a titolo dell’intero risarcimento del danno, equitativamente
determinato, della somma corrispondente al 5% dell’importo dell’appalto a base
d’asta, detratto del ribasso percentuale offerto in sede di gara;
-
dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di
giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Luigi
Maruotti, Presidente
Carlo
Saltelli, Consigliere, Estensore
Manfredo
Atzeni, Consigliere
Fulvio
Rocco, Consigliere
Antonio
Bianchi, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
22/01/2015
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)