sabato 17 ottobre 2015

PROCESSO: la declaratoria d'illegittimità del provvedimento ai fini risarcitori può esser dichiarata solo in caso di contestuale proposizione della domanda risarcitoria (TAR Lazio, Roma, II "bis", sentenza 14 ottobre 2015, n. 11659).



PROCESSO: 
la declaratoria d'illegittimità 
del provvedimento 
ai fini risarcitori 
può esser dichiarata
 solo in caso di contestuale proposizione
 della domanda risarcitoria
 (TAR Lazio, Roma, II "bis", 
sentenza 14 ottobre 2015, n. 11659)



La pronuncia, pur avendo l' "attenuante" di inserirsi all'interno di una tesi giurisprudenziale vieppiù consolidata, non (mi) convince.
Al di là della chiaro tenore letterale dell'art. 34 co. 3 c.p.a., che non presuppone affatto ai fini della declaratoria dell'illegittimità del provvedimento (non annullato o annullabile) la contestuale domanda risarcitoria, o la relativa proposizione in un separato giudizio, ma richiede soltanto la sussistenza di un "interesse ai fini risarcitori", quindi una manifestazione di volontà e scienza della parte interessata, che emerga sì nel processo stesso, ma non necessariamente nelle predette asfittiche forme processuali, qui rileva una questione più generale.
E' evidente il disfavore, direi l'idiosincrasia del Giudice amministrativo, difatti, per la tutela risarcitoria contro la p.a
E "transeat" che oramai il diritto amministrativo si è trasformato in diritto pubblico dell'economia prima ed in contabilità di Stato ora (è un'iperbole ovviamente, ma rende l'evoluzione/involuzione), "transeat" che era ed è ragionevole pensare che fosse una questione di "forma mentis", diversa da quella del Giudice civile, "transeat" che il processo amministrativo è "a maglie larghe", per cui (al di là del rinvio al c.p.c. dell'art. 39) il lavorio pretorio è fondamentale...
Transeat tutto insomma, però ogni limite ha la sua pazienza diceva il grande Totò.
Anche perché trasformare il processo amministrativo da "soggettivo" a "soggettivista", rischia di farlo tornare ad essere "oggettivo" (e qui tornano la Contabilità di Stato).



Massima

1. Secondo l''orientamento giurisdizionale oramai prevalente, la previsione dell’art. 34, co. 3, c.p.a. secondo cui “qualora, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse a fini risarcitori”, può trovare applicazione soltanto “allorquando la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di risarcimento o che è in procinto di farlo” (cfr., ex multis, CdS, 23 aprile 2014, n. 2063; CdS, 15.5.13, n. 2626; C.d.S., 5.12.2012, n. 6229; TAR Lazio, 20.1.2014, n. 688; TAR Lazio, 24.9.2013, n. 8432).
2. Anche a voler seguire l'orientamento oramai recessivo, secondo cui, al fine di evitare un possibile inutile esercizio della funzione giurisdizionale, sul ricorrente grava almeno l’onere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dell’azione risarcitoria, a partire ovviamente dal danno sofferto (cfr. CdS  28.12.2012, n. 6703), non si sarebbe giunti a diversa conclusione, risultando inequivoco che l’interesse manifestato dalla ricorrente “a veder dichiarare l' "illegittimità del provvedimento originariamente impugnato” è connotato da estrema genericità e, precipuamente, del tutto avulso dalla produzione di elementi concreti in qualche modo riconducibili alla configurabilità dell’azione risarcitoria.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6097 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Telecom Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Maria Carla Galli, con domicilio eletto presso Marco Orlando in Roma, piazza della Libertà n. 20; 
contro
Comune di Torri in Sabina, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Colabianchi, con domicilio eletto presso Alberto Colabianchi in Roma, via Oslavia n. 30; 
nei confronti di
ARPA Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Riccardo Biz, con domicilio eletto presso Riccardo Biz in Roma, via dei Liburni n. 2; 
per l'annullamento,
previa sospensiva,
- quanto al ricorso introduttivo:
della determinazione dirigenziale 10.4.2013 n. 2265 del Comune di Torri in Sabina, Sportello Unico per l’Edilizia, con la quale è stata respinta la domanda della società ricorrente di autorizzazione a installare una stazione radio base per telefonia mobile;
ove occorra e per quanto di ragione, del “Regolamento Comunale per la disciplina delle installazioni delle stazioni radio base per la telefonia mobile e le telecomunicazioni”, approvato con delibera in data 25.3.3013 del Consiglio Comunale di Torri in Sabina, pubblicata nell’Albo Pretorio in data 11.4.2013;
- quanto ai motivi aggiunti:
del provvedimento del Comune di Torri in Sabina datato 30 dicembre 2014, prot. n. 7396, a mezzo del quale – in ottemperanza all’ordine di riesame disposto dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4217/2013 del 24 ottobre 2013 – è stato espresso un nuovo diniego alla istanza presentata dalla Telecom in data 13 marzo 2013 di installazione di SRB denominata “RI Torri in Sabina”, sita in via di Porta Ternana (Torri in Sabina);
di ogni altro atto ad esso presupposto, connesso e consequenziale;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Torri in Sabina e di ARPA Lazio;
Visto il ricorso incidentale proposto dal Comune di Torri in Sabina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2015 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
1. Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 6 giugno 2013 e depositato il successivo 26 giugno 2013, la società ricorrente – “autorizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico all’utilizzo delle frequenze 1800 MHz 800 MHz 2600 per lo sviluppo del nuovo sistema di comunicazione LTE” - impugna il provvedimento con cui, in data 10 aprile 2013, il Comune di Torri in Sabina le ha negato l’autorizzazione per l’installazione SRB per telefonia mobile denominata “RI Torri in Sabina”, sita in via Porta Ternana, nonché i relativi atti presupposti, ivi compreso, ove occorra, il “Regolamento Comunale per la disciplina delle installazioni delle stazioni radio base per la telefonia mobile e le telecomunicazioni”, approvato con deliberazione consiliare n. 13 del 25 marzo 2013.
In particolare, la ricorrente espone quanto segue:
- di aver inoltrato la richiesta per l’installazione dell’impianto su indicato in data 12 marzo 2013 al Comune di Torri in Sabina e alla ARPA Lazio;
- in data 29 marzo 2013 l’ARPA Lazio esprimeva parere favorevole;
- in ragione dell’intervenuta adozione con delibera di C.C. n. 13 del 25 marzo 2013 del regolamento comunale degli impianti di cui trattasi, in data 10 aprile 2013 il Comune di Torri in Sabina adottava, invece, un provvedimento di diniego, basato sulla non compatibilità dell’istanza “con le prescrizioni fissate” dal regolamento.
Avverso tale provvedimento la ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:
1. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 10 BIS DELLA LEGGE N. 241 DEL 1990. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCEDIMENTO. DIFETTO DI MOTIVAZIONE, DI ISTRUTTORIA, atteso che l’Amministrazione comunale non ha previamente comunicato il preavviso di rigetto.
2. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 9 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241 DEL 1990 E DEI PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO. DIFETTO ASSOLUTO DI MOTIVAZIONE, posto che il diniego opposto si basa su un’“espressione “acritica, del tutto generica ed apodittica” e, ancora, non tiene affatto conto che il regolamento è stato adottato “dopo che la ricorrente ha presentato l’istanza per la realizzazione dell’impianto” e, comunque, prevede – all’art. 25 – che solo le istanze “non definitivamente istruite per incompletezza di documentazione presentata saranno disciplinate dallo stesso”.
3. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 25 DEL REGOLAMENTO COMUNALE DEGLI IMPIANTI. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL GIUSTO PROCEDIMENTO E DELL’IRRETROATTIVITA’ DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI E CONTRADDITTORIETA’ DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL DINIEGO GRAVATO PER ILLEGITTIMITA’ DELL’ART. 8 DEL REGOLAMENTO E DELLO STESSO ART. 25 IN PARTE QUA, tenuto conto che il regolamento è stato pubblicato all’albo pretorio in data successiva all’adozione del diniego e – come già detto – non investe le richieste pervenute in epoca antecedente che – come quella della ricorrente – risultino “istruite”. In definitiva, il Comune ha attribuito a tale regolamento un’illegittima efficacia retroattiva.
4. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO GRAVATO PER ILLEGITTIMITA’ DEGLI ARTT. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 13, 15, 17, 19 E 23 DEL REGOLAMENTO COMUNALE DEGLI IMPIANTI PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE; VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4 E 8 DELLA LEGGE N. 36/2001; VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 86 E SS. D.LGS. N. 259/2003; VIOLAZIONE DEL DPCM 8 LUGLIO 2003. ECCESSO DI POTERE PER INCOMPETENZA. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO DI DINIEGO.
SEGUE: SULL’ILLEGITTIMITA’ DEGLI ARTT. 2, 4, 5, 6, 7, 8, 15 E 17 DEL REGOLAMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 117 COSTITUZIONE; DELL’ART. 8 DELLA LEGGE N. 36 DEL 2001; VIOLAZIONE DEL DPCM 8 LUGLIO 2003. ECCESSO DI POTERE PER INCOMPETENZA. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO DI DINIEGO, atteso che il citato art. 4 attribuisce allo Stato – e non alle Amministrazioni comunali, a cui sono attribuiti poteri in materia di “governo del territorio” - la competenza in ordine alla salvaguardia ed alla tutela della salute pubblica e, dunque, anche la prescrizione dei limiti di esposizione e l’introduzione di limiti alla localizzazione “per aspetti collegati con la salute umana”.
SEGUE: SULL’ILLEGITTIMITA’ DEGLI ARTT. 7, 8, 9, 19 E 23 DEL REGOLAMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 117 COSTITUZIONE; DELL’ART. 8 DELLA LEGGE N. 36 DEL 2001; VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 86 E SS. D.LGS. N. 259/2003; VIOLAZIONE DEL DPCM 8 LUGLIO 2003. ECCESSO DI POTERE PER INCOMPETENZA. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO DI DINIEGO, in quanto risulta introdotto l’obbligo di richiedere il permesso di costruire e la valutazione di impatto ambientale, in netto contrasto con la disciplina speciale che regolamenta la materia nonché le prescrizioni che definiscono le competenze comunali, senza, tra l’altro, considerare che il parere dell’ARPA “non è prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero per l’inizio dei lavori ma solo per l’attivazione dell’impianto”. Risulta, altresì, imposto il pagamento di una vera e propria imposta sulla SRB, in spregio dell’art. 93 del codice delle Comunicazioni e dell’art. 23 della Costituzione.
Con atto depositato in data 1 luglio 2013 si è costituito il Comune di Torri in Sabina per resistere al “ricorso principale”.
In particolare, il citato Comune ha sostenuto la correttezza del proprio operato invocando l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 e, sostanzialmente, affermando l’immediata eseguibilità del regolamento adottato con la delibera di C.C. n. 13 del 25 marzo 2013 e, dunque, delle prescrizioni in esso riportate all’art. 6, riguardanti l’esclusione delle “aree residenziali del centro storico ed urbano” e delle aree “che accolgono strutture scolastiche, casa di cura ed affini, quale quella destinata ad ospitare l’impianto della Telecom”, costituenti – di per sé – una motivazione per relationem.
Nel contempo, il citato Comune ha proposto “ricorso incidentale” ex art. 42 c.pr.amm., per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, del parere dell’ARPA del 13 marzo 2013 e della relativa nota di trasmissione del 29 marzo 2013 sulla base di motivi di diritto afferenti la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati profili, in ragione essenzialmente della collocazione dell’impianto all’interno del centro storico, a soli 60 metri da un asilo nido e poco oltre da una scuola materna, una casa di riposo e un parcheggio pubblico.
In data 24 luglio 2013 la ricorrente ha prodotto una memoria con cui: - ha eccepito l’inammissibilità del ricorso incidentale in ragione del rilievo che l’interesse del Comune all’impugnativa de qua non può ritenersi “sorto in dipendenza delle domande proposte in via principale” e, ancora, della natura non provvedimentale del parere dell’ARPA; - ha eccepito l’irricevibilità del ricorso incidentale per tardività (risalendo la conoscenza del provvedimento al 29 marzo 2013); - ha confutato le censure formulate.
Con atto depositato in data 26 luglio 2013 si è costituita l’ARPA Lazio, eccependo – del pari - l’inammissibilità del ricorso incidentale per violazione degli artt. 41 e 42 del c.pr.amm. e, comunque, adducendo l’infondatezza di quest’ultimo.
Il successivo 27 luglio 2013 il Comune di Torri in Sabina ha prodotto documenti e una memoria difensiva con cui ha insistito sull’illegittimità del parere dell’ARPA.
Con ordinanza n. 3219 del 2 agosto 2013 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente.
Tale provvedimento è stato riformato dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4217 del 24 ottobre 2013, con disposizione – nel contempo – “di un rinnovato e sollecito esame dell’originaria istanza di parte, nel pieno contraddittorio con tutti i soggetti interessati, compresa l’ARPA”.
In date 24 gennaio 2014 e 3 febbraio 2014 il Comune di Torri in Sabina ha prodotto documenti e uno scritto difensivo in cui è dato conto del riavvio del procedimento e della già avvenuta comunicazione con nota del 9 gennaio 2014 di “motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza”, con contestuale “istanza di rinvio” dell’udienza pubblica fissata per il 6 marzo 2014.
Nel corso dell’udienza pubblica in ultimo indicata tale istanza è stata accolta (con rinvio all’udienza pubblica del 9 ottobre 2014).
In date 29 luglio 2014 e 9 ottobre 2014 il Comune di Torri in Sabina ha prodotto documenti, inerenti, tra l’altro, la valutazione della “fattibilità” ad opera di Telecom Italia e Vodafone Omnitel di un “progetto di sharing dell’impianto di telecomunicazioni già esistente in Torri in Sabina, località Montagnola”
2. Tenuto conto delle peculiarità dell’evoluzione della vicenda in esame, con ordinanza n. 12139 del 2014 la Sezione ha ravvisato profili di improcedibilità del gravame e, pertanto, invitato le parti a depositare “memorie aggiuntive” entro il termine di 30 giorni, ai sensi dell’art. 73, u.c., c.pr.amm..
In data 30 dicembre 2014 la ricorrente ha prodotto “brevi note ex art. 73, comma III, D.Lgs. 104/2010”, adducendo la già avvenuta formazione del “silenzio assenso” in ordine all’istanza presentata, in virtù della mancata adozione di un provvedimento di diniego nel termine di 90 gg. prescritto dall’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, e, ancora, contestando l’orientamento assunto dal Comune con le note del 27 febbraio 2014, di sospensione del procedimento, e dell’8 ottobre 2014, riportante “valutazioni” in ordine alle “deduzioni” dell’ARPA.
3. Il successivo 23 marzo 2015 la ricorrente ha depositato “atto di motivi aggiunti”, proposti per l’annullamento, previa sospensione, del nuovo provvedimento di diniego opposto dal Comune con nota in data 30 dicembre 2014, prot. n. 7396.
In particolare, la ricorrente, dopo aver posto in evidenza, tra l’altro, di aver proceduto a sollecitare l’Amministrazione a “rilasciare il titolo autorizzatorio” anche con lettera del 31 luglio 2014, corredata da una “Nota tecnica per l’installazione degli impianti di telefonia mobile sul Comune di Torre in Sabina”, tesa a dimostrare “le scelte progettuali che hanno condotto .. all’implementazione sul territorio comunale” degli impianti di telefonia siti in Montagnola e Porta Ternana “con particolare attenzione alla verifica della copertura radio – elettrica” di quest’ultimi, deduce le seguenti censure:
1. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 87 D.LGS. N. 259/2003. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2 E 20 LEGGE N. 241/1990 E DEI PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO. ECCESSO DI POTERE. Secondo la normativa che regolamenta la materia, in assenza “di un provvedimento di diniego da parte dell’Amministrazione comunale interessata, da esprimersi entro il termine di 90 giorni, l’istanza per l’installazione degli impianti in questione deve intendersi come accolta”. Orbene, nel caso di specie – sia che si tenga conto dell’efficacia interruttiva del preavviso di rigetto sia che si consideri l’intervenuta “sospensione del procedimento” disposta per 60 gg. dal Comune con nota del 27 febbraio 2014 – non vi è dubbio che tale termine “è da ritenersi scaduto” e, pertanto, si è maturato il “silenzio assenso”. In senso contrario non possono, poi, deporre né la lettera di sollecito della ricorrente del 31 luglio 2014 né l’ulteriore preavviso di rigetto dell’Amministrazione del 9 ottobre 2014, in quanto si tratta di “comunicazioni” comunque assunte “dopo il maturarsi del titolo autorizzatorio tacito”. Ciò detto, il diniego gravato è sicuramente illegittimo.
2. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE; VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO GENERALE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO E DEL BUON ANDAMENTO ED IMPARZIALITA’ DELL’AMMINISTRAZIONE. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 86 E 87 D.LGS. N. 259/2003. VIOLAZIONE DEL D.P.C.M. 8 LUGLIO 2003. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3, 7 LEGGE N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI E CONTRADDITTORIATA’, ILLOGICITA’ ED IRRAZIONALITA’ DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA. SVIAMENTO DI POTERE.
2.I. SULLA ASSERITA MODIFICAZIONE DEL PROGETTO ORIGINARIO PRESENTATO DA TELECOM CON CONSEGUENTE ASSERITA ASSENZA DI VALORE DEL PARERE ARPA. “Non vi è stata alcuna modificazione al progetto originario presentato dalla Telecom”, specie ove si tenga conto che la progettazione fin dall’inizio elaborata era “riferita all’installazione di una Stazione Base di ultima generazione, in grado di supportare sia la trasmissione UMTS (3G), sia quella LTE (4G)” (così come – del resto – si trae dalla “Analisi di impatto elettromagnetico” - c.d. A.I.E., allegata all’istanza del 13 marzo 2013), predisposta nel rispetto dei limiti previsionali stabiliti dal DPCM 8 luglio 2003, in linea con quanto accertato anche dall’ARPA. L’errore in cui cade l’Amministrazione trae, tra l’altro, origine dal “ritenere il servizio UMTS alternativo rispetto a quello LTE” ma “non è assolutamente così, trattandosi di due sistemi perfettamente complementari”.
2.II. SULL’ASSERITA GENERICITA’ DEL PARERE FAVOREVOLE E DELLE OSSERVAZIONI RESE DALLA ARPA LAZIO. Attraverso le argomentazioni inerenti al parere dell’ARPA, riportate nel provvedimento, “l’Amministrazione ha surrettiziamente avocato a sé funzioni di tutela della salute pubblica… esautorando le competenze dell’ARPA ma anche eludendo, in pratica, due distinti pareri favorevoli resi dall’Ente Regionale”. La stessa Amministrazione non ha tenuto, poi, in alcun conto che il parere dell’ARPA “non ha alcuna incidenza nell’iter procedimentale per il rilascio del titolo edilizio” ma investe esclusivamente l’attivazione dell’impianto. In aggiunta, non si comprende “sulla base di quale prescrizione normativa il Comune .. pretenderebbe di applicare ad un campo agricolo i valori di attenzione prescritti per gli edifici adibiti ad abitazione”.
Dopo aver proceduto in data 17 aprile 2015 a depositare copia del provvedimento impugnato, con scritti difensivi prodotti in medesima data e in data 4 giugno 2015 il Comune di Torri in Sabina ha: - eccepito l’improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse, riconnessa alla sopravvenuta adozione, in esito ad una rinnovata istruttoria, di un nuovo provvedimento di diniego, “senza”, tra l’altro, “formulare alcuna domanda di accertamento dell’intervenuta formazione del silenzio assenso”; - in ogni caso, ha escluso la formazione del silenzio assenso, adducendo che quest’ultima presuppone “un comportamento di buona fede da parte dell’interessato richiedente”, il quale, nel caso di specie, è assolutamente mancato, tenuto conto delle differenti iniziative assunte da Telecom in relazione all’impianto in località Montagnola, le quali ben si prestavano a rivelare una “sopravvenuta carenza di interesse” della predetta alla “conclusione del procedimento” per l’impianto di Porta Ternana; - “ad ogni modo, allorché la Telecom … in data 4.8.2014 ha diffidato il Comune a concludere il procedimento nei successivi 90 giorni, l’Amministrazione comunale ha dato corso alla richiesta”; - il Comune non poteva, poi, certo esimersi dal considerare le modifiche connesse all’implementazione dell’impianto sito in località Montagnola e ritenere, per tale motivo, il parere dell’ARPA “inattuale”.
A seguito della produzione di memorie di “replica” ad opera delle parti costituite, con cui il Comune ha anche eccepito la sopravvenuta carenza di interesse per mancata “comunicazione di inizio dei lavori nel termine di legge” e la ricorrente ha dato evidenza del persistere del proprio interesse a “veder dichiarata l’illegittimità del provvedimento originariamente impugnato….. al fine di avviare ulteriori iniziative giudiziarie .. anche a carattere risarcitorio”, il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 7 luglio 2015.

DIRITTO
1. Come si trae dalla narrativa che precede, la questione prospettata risulta “complessa”, in quanto connotata dalla proposizione di due diverse impugnative, dirette a chiedere e ottenere l’annullamento di due differenti provvedimenti di diniego all’installazione di una stazione base in località “Porta Ternana”, e, ancora, da un ricorso incidentale, proposto dal Comune resistente al fine di contestare la legittimità del parere favorevole rilasciato dall’ARPA in ordine a tale installazione.
Ciò detto, anche per fornire riscontro alle eccezioni di inammissibilità e improcedibilità sollevate dalle parti costituite in giudizio il Collegio ritiene - in via preliminare - di dover rilevare quanto segue:
- il ricorso incidentale va dichiarato primariamente inammissibile per carenza di un effettivo rapporto di dipendenza dell’interesse vantato dal Comune di Torri in Sabina, autore del ricorso de quo, rispetto alla proposizione del ricorso principale, nei termini in cui viene richiesto e, quindi, imposto dall’art. 42 c.pr.amm.. In linea – del resto – con le peculiarità che connotano il parere rilasciato dall’ARPA, strettamente inerente all’attivazione degli impianti di comunicazione nel rispetto dei limiti di “esposizione” prescritti dalla legge, sussistono, infatti, validi motivi per condividere le argomentazioni delle controparti concernenti l’impossibilità di fare ricorso - nel caso di specie - allo strumento dell’impugnativa “incidentale”, posto che l’interesse del Comune in esame risulta o, meglio, si presenta “autonomo” rispetto a quello vantato dalla società ricorrente Telecom e, pertanto, avrebbe richiesto l’attivazione fin da subito da parte dello stesso Comune degli strumenti di tutela offerti dall’ordinamento;
- preso atto delle considerazioni di cui sopra, diviene, peraltro, anche doveroso riconoscere l’irricevibilità per tardività del medesimo ricorso incidentale. Dall’accertamento dell’insussistenza dei presupposti richiesti dal legislatore per il ricorso allo strumento dell’impugnativa c.d. incidentale necessariamente consegue, infatti, anche l’inoperatività della relativa disciplina e, in particolare, dei termini all’uopo prescritti. Più in particolare, risulta evidente che – in esito a tale accertamento – riprende piena operatività la disciplina di carattere generale del combinato disposto di cui agli artt. 29 e 41 c.pr.amm., ossia l’onere di impugnativa per il soggetto interessato dell’atto e/o provvedimento ritenuto lesivo entro il termine decadenziale di legge di 60 gg., “decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto”. Posto che la documentazione prodotta in giudizio rivela che il parere dell’ARPA risulta essere stato comunicato al Comune con nota trasmessa “via fax” in data 29 marzo 2013, l’impugnativa proposta da quest’ultimo non può che essere dichiarata irricevibile per tardività in quanto la notificazione di essa - effettuata in data 28 giugno 2013 – risale ad un’epoca successiva allo spirare del termine prescritto dalla legge;
- il ricorso principale va, invece, dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Come già esposto in “fatto”, il Comune di Torri in Sabina – seppure in esecuzione di quanto disposto dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4217 del 24 ottobre 2013 – ha, infatti, proceduto al “riesame” della richiesta presentata dalla Telecom in data 12 marzo 2013 “di installazione SRB per telefonia mobile denominata TORRI IN SABINA” e, in esito a tale riesame, connotato da una rinnovata istruttoria, ha proceduto in data 30 dicembre 2014 all’adozione di un nuovo provvedimento di diniego, poggiante, tra l’altro, su un differente e ben più articolato supporto motivazionale. In ragione dell’evoluzione che connota la vicenda, risulta, pertanto, evidente – in linea, del resto, con la posizione già assunta dalla Sezione con l’ordinanza n. 12139 del 2014, emessa ai sensi dell’art. 73, u.c., c.pr.amm. - che un’eventuale condivisione delle censure originariamente formulate con il ricorso introduttivo del presente giudizio e, dunque, l’eventuale annullamento del provvedimento oggetto di impugnativa mediante la proposizione di quest’ultimo risulterebbero privi di ogni vantaggio concreto e attuale per la ricorrente, la quale si troverebbe – in ogni caso – inibita dall’installazione della stazione radio base a causa del provvedimento di diniego “sopravvenuto”. Tenuto conto di tale constatazione, la domanda di annullamento proposta con il ricorso principale va dichiarata improcedibile;
- per completezza, va – peraltro - ricordato che la ricorrente si è premurata di manifestare la persistenza dell’interesse in capo alla predetta “a veder dichiarare l’illegittimità del provvedimento originariamente impugnato. E ciò anche per stigmatizzare e rendere evidente la condotta posta in essere dall’Amministrazione al fine di avviare ulteriori iniziative giudiziarie nei confronti di quest’ultima, anche a carattere risarcitorio”. In altre parole, la ricorrente – pur non contestando la perdita di efficacia “del provvedimento impugnato con il ricorso principale” in quanto “sostituito con successivo provvedimento gravato con atto di motivi aggiunti” – vanta la pretesa a chiedere e ottenere una “pronuncia sulla legittimità o meno del provvedimento impugnato originariamente”, richiamando, tra l’altro, pronunce già emesse in tali termini dal giudice amministrativo. Al riguardo, si osserva che – pur corrispondendo a verità che, in relazione a casi similari, il giudice amministrativo ha avuto modo di pronunciarsi nei termini indicati – non può essere, però, sottaciuto che l’orientamento giurisprudenziale in materia non è univoco e, anzi, l’orientamento invocato dalla ricorrente ha oramai assunto carattere “recessivo”, atteso che quello prevalente è nel senso che la previsione dell’art. 34, comma 3, c.pr.amm., secondo cui “qualora, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse a fini risarcitori”, può trovare applicazione soltanto “allorquando la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di risarcimento o che è in procinto di farlo” (cfr., ex multis, C.d.S., 23 aprile 2014, n. 2063; C.d.S., 15 maggio 2013, n. 2626; C.d.S., 5 dicembre 2012, n. 6229; TAR Lazio, II, 20 gennaio 2014, n. 688; TAR Lazio, III bis, 24 settembre 2013, n. 8432). Posto che non si ravvisano validi elementi per discostarsi dall’orientamento da ultimo richiamato, diviene doveroso prendere atto che – nel caso di specie – le su esposte condizioni sono insussistenti e, quindi, pervenire alla conclusione che la pretesa della ricorrente di cui si discute non è meritevole di riscontro;
- risultando inequivoco che l’interesse manifestato dalla ricorrente “a veder dichiarare l’illegittimità del provvedimento originariamente impugnato” è connotato da estrema genericità e, precipuamente, del tutto avulso dalla produzione di elementi concreti in qualche modo riconducibili alla configurabilità dell’azione risarcitoria, preme aggiungere, ancora, che alla medesima conclusione avrebbe – del resto – condotto anche l’eventuale adesione all’ulteriore orientamento, meno restrittivo, secondo cui, al fine di evitare un possibile inutile esercizio della funzione giurisdizionale, sul ricorrente grava almeno l’onere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dell’azione risarcitoria, a partire ovviamente dal danno sofferto (cfr. C.d.S., Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703).
2. Tutto ciò premesso, permane da valutare l’atto di “motivi aggiunti”, con cui la ricorrente chiede l’annullamento del nuovo provvedimento di diniego del Comune di Torri in Sabina del 30 dicembre 2014.
Tale atto è procedibile e, nel contempo, fondato per le ragioni di seguito indicate.
2.1. Ai fini del decidere, appare opportuno ricordare quanto segue:
- in data 12 marzo 2013 la Telecom ha chiesto al Comune di Torri in Sabina, “ai sensi e per gli effetti degli Artt. 86, 87, 88 D.Lgs. 259/03, il rilascio dell’autorizzazione per l’installazione” di un impianto “con potenza in antenna maggiore a 20 Watt” “all’interno dell’area recintata della Centrale Telecom esistente sita” in via Porta Ternana, “dichiarandone la conformità ai limiti di esposizione ed ai valori di attenzione di cui alla Legge 22.02.2001, n. 36 ed al D.P.C.M. 08.07.2003”;
- pur essendo stato espresso parere favorevole all’esecuzione dell’opera da parte dell’ARPA Lazio in data 29 marzo 2013, con provvedimento del 10 aprile 2013 il Comune di Torri in Sabina ha rigettato l’indicata istanza “poiché non compatibile con le prescrizioni fissate dal Regolamento Comunale per la disciplina delle installazioni delle stazioni radio base per la telefonia mobile e le telecomunicazioni”, di cui alla Delibera di C.C. n. 13 del 25 marzo 2013, pubblicata all’Albo Pretorio comunale in data 11 aprile 2013;
- in ottemperanza all’ordine di riesame impartito dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4217/2013, di riforma dell’ordinanza di questo Tribunale n. 3219/2013, il Comune di Torri in Sabina è tornato a provvedere in ordine all’istanza su indicata, adottando in data 30 dicembre 2014 un nuovo provvedimento di diniego, essenzialmente basato sulla sopravvenuta inattualità del parere dell’ARPA, sull’idoneità dell’impianto nel frattempo assentito in località Montagnola a “garantire una copertura più che adeguata dell’intero territorio comunale”, ossia sulla possibilità di Telecom di “utilizzare la tecnologia 4G in località Montagnola invece che installare ormai superata tecnologia 3G sul Montagnola per giustificare la necessità dell’ulteriore impianto (anche esso in 3G come da ultimo modificato) in località Porta Ternana”, sull’indeterminatezza dell’originario parere dell’ARPA “circa l’area da interdire al pubblico transito” a cui “si aggiunge l’ulteriore questione.. di superamento di 4 Volt/metro in zona agricola, vicina all’impianto senza tener conto che in tale zona agricola la permanenza di persone è superiore alle 4 ore/giorno trattandosi di coltivazioni ed uliveti frequentemente presidiati dall’uomo” con successivo limite non di 20V/m bensì di 6V/m, e, ancora, su ulteriori considerazioni inerenti alla tecnologia dell’impianto, così come rappresentato nel progetto;
- la ricorrente insorge avverso tale provvedimento, denunciandone l’illegittimità per la sussistenza di molteplici vizi, inerenti alla violazione di legge ed all’eccesso di potere sotto svariati profili.
2.2. Ciò detto, il Collegio ritiene che rivesta carattere primario la disamina della censura afferente la violazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 e dei principi che governano il procedimento amministrativo, basata sul rilievo che, in ordine alla istanza di cui sopra, si sarebbe formato il “silenzio assenso” e, dunque, sulla circostanza che “l’istanza per l’installazione” dell’impianto in via Porta Ternana “deve intendersi come accolta”, tenuto anche conto che alla stessa problematica risulta, tra l’altro, riconnessa l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dal Comune resistente in ragione della mancata realizzazione delle opere entro il termine perentorio di dodici mesi (cfr. “repliche” depositate in data 16 giugno 2015).
Tale censura non è meritevole di condivisione per le seguenti ragioni:
- la documentazione agli atti prova che – seppure in epoca successiva all’inoltro dell’istanza presentata dalla ricorrente – l’Amministrazione comunale ha adottato un regolamento che, ove effettivamente riportante - come affermato nel primo provvedimento impugnato - previsioni ostative all’installazione dell’impianto nella località indicata dal richiedente, avrebbe imposto la previa impugnativa dello stesso regolamento o, almeno, la disapplicazione di quest’ultimo al fine di poter configurare le condizioni di diritto utili per la maturazione del termine previsto per la formazione del silenzio assenso;
- in ogni caso, non può non tenersi conto della comunicazione con cui, in data 31 luglio 2014, la Telecom ha formalmente diffidato il Comune “a concludere nel termine di 90 giorni … il procedimento di rinnovo della richiesta di autorizzazione relativa all’impianto” di Torri in Sabina, pena il maturare del silenzio assenso, atteso che – dando anche per sussistenti le condizioni imposte dalla legge per la formazione del silenzio assenso - una tale comunicazione non può che rivestire l’inequivoco carattere di “rinuncia” al provvedimento ampliativo eventualmente formatosi in virtù del decorso del termine prescritto dalla legge, implicando chiaramente il pieno riconoscimento da parte del privato del persistere del potere dell’Amministrazione di provvedere in ordine all’istanza presentata;
- del resto, risulta incontestabile che la configurazione della comunicazione su indicata nei termini in precedenza riportati si profila come l’unica effettivamente rispondente ai principi di buona fede e di correttezza che devono presiedere anche i rapporti tra le Amministrazioni e i privati;
- a ulteriore favore della conclusione a cui si è pervenuti depongono poi ulteriori fattori, quali – in primis – il provvedimento di sospensione adottato dal Comune in data 27 febbraio 2014, non oggetto, tra l’altro, di tempestivo e autonomo gravame, in quanto idoneo inequivocabilmente a rivelare, oltre che la volontà del Comune stesso di ottemperare all’ordinanza del Consiglio di Stato n. 4217/2013, l’insorgenza nell’Amministrazione, chiaramente percepibile dalla controparte, di un determinato convincimento circa la sussistenza di un collegamento tra il persistere dell’interesse della Telecom alla realizzazione dell’impianto di via Porta Ternana e l’assenso del “progetto di sharing dell’impianto di telecomunicazioni già esistente in Torri in Sabina, località Montagnola” (avvalorato, tra l’altro, dalla mancata produzione ad opera della Telecom di deduzioni “circa la comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241/1990 dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza per l’installazione” dell’impianto in località Porta Ternana, effettuata dal Comune in data 9 gennaio 2014), il quale ben si presta di per sé a giustificare l’inerzia lamentata, con connessa impossibilità – sempre nel rispetto dei principi di buona fede e di correttezza - di ricondurre alla stessa inerzia la formazione di un provvedimento tacito di assenso;
- preso atto dell’impossibilità di configurare l’avvenuta formazione del silenzio assenso sia in data 9 aprile 2014 che in data 8 giugno 2014 (come, per contro, sostenuto dalla ricorrente) e, valutando, dunque, la questione in stretta aderenza ai contenuti della diffida della Telecom del 31 luglio 2014, sussistono valide condizioni per affermare che il silenzio assenso non si è formato nemmeno in epoca successiva, atteso che in data 8 ottobre 2014 il Comune ha comunicato il preavviso di rigetto e in data 30 dicembre 2014 ha, poi, adottato il provvedimento definitivo di diniego.
In sintesi, la censura inerente alla violazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, della legge n. 241 del 1990 e, ancora, dei “principi generali in materia di conclusione del procedimento amministrativo” è infondata in ragione dell’insussistenza delle condizioni di legge necessarie per la configurabilità del “silenzio assenso”.
In ragione di tale constatazione, si rivela, altresì, priva di fondamento l’eccezione di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dall’Amministrazione nelle “repliche” depositate in data 16 giugno 2014, riconnessa – appunto – alla mancata realizzazione delle opere “nel termine perentorio di dodici mesi” a fare data, tra l’altro, dalla formazione del silenzio assenso.
2.3. La ricorrente denuncia, ancora, l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge ed eccesso di potere sotto differenti profili, in quanto afferma che la decisione adottata risulta fondata su “presupposti di fatto del tutto errati”, quali la non conformità dell’impianto originariamente progettato a “quello rappresentato nella nota tecnica datata 31.7.2014” e, dunque, l’inattualità del parere dell’ARPA, e lamenta, tra l’altro, un’esautorazione da parte del Comune delle competenze della ARPA, con contestuale evidenziazione del pieno rispetto dei valori di attenzione prescritti.
Tale motivo di diritto è meritevole di positivo riscontro.
Come più volte posto in evidenza anche dalla giurisprudenza, la disciplina generale degli impianti di telefonia mobile (inerente precipuamente all’introduzioni di prescrizioni generali relative alle distanze minime da rispettare nel caso di installazione di impianti di tal genere nonché alla fissazione di limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici) è riservata allo Stato in quanto espressione del potere a quest’ultimo spettante di introduzione nell’ordinamento di “principi fondamentali”, atti a vincolare l’attività legislativa regionale e l’attività normativa locale (ai sensi dell’art. 117, u.c., della Cost.), perché intrinsecamente connessa alla c.d. “determinazione dei livelli essenziali di prestazioni” che l’Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale, e, ancora, poiché inerente alla salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema, ossia – in termini generali – in quanto riguardante materie di “preminente interesse generale”, siccome coinvolgenti l’interesse nazionale.
In aderenza a tale premessa è stato, pertanto, affermato che:
- alle Regioni e ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile, quali, ad esempio, il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.), mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (cfr., ex multis, C.d.S., n. 44 del 2013);
- più specificamente, ai Comuni è consentito l’esercizio di poteri che risultino strettamente correlati o, meglio, si rivelino funzionali al c.d. “governo del territorio”, con conseguente impossibilità per i predetti di adottare misure idonee, nella sostanza, ad introdurre deroghe ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato o, comunque, misure che non si prestino a trovare giustificazione alcuna se non quella della tutela della popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, riservate – come già detto – allo Stato (cfr., tra le altre, TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 12 marzo 2015, n. 764);
- per i motivi in precedenza indicati, risulta, altresì, evidente che – in sede di disamina di istanze di autorizzazione all’installazione di impianti di comunicazione – i Comuni debbono sempre e comunque limitarsi a valutare i profili riguardanti l’ordine urbanistico e territoriale degli impianti e non possono, per contro, procedere a considerazioni riguardanti il rispetto o meno dei valori di esposizione imposti dalla normativa nazionale;
- del resto, è noto che, in relazione alla verifica di suddetti valori, sussiste la specifica competenza dell’ARPA, la quale risulta tenuta, ai sensi di legge, ad esprimere il proprio parere affinché trovi adeguata tutela la salute della popolazione esposta, senza che residuino campi di intervento per l’Amministrazione comunale.
Tutto ciò detto, la compiuta disamina di quanto riportato nel provvedimento di diniego gravato conduce ad affermare che il Comune non ha correttamente operato, atteso che:
- quanto riportato nella nota tecnica allegata alla diffida della Telecom del 31 luglio 2014 appare inadeguato a giustificare le asserzioni dell’Amministrazione circa l’introduzione di una “modifica sostanziale del progetto”, atta – in quanto tale – a comportare, tra l’altro, la perdita di valore del “parere originario ARPA”;
- come posto in evidenza anche dalla ricorrente, l’esame della “scheda tecnica dell’impianto” (cfr. all. n. 4 del ricorso introduttivo) rivela, infatti, in termini inequivoci che la progettazione in origine presentata contemplava non soltanto la trasmissione UMTS (3G), bensì anche quella LTE (4G), sicché il riferimento nella indicata nota tecnica alle “emissioni 3G” si rivela privo di un effettivo carattere innovativo, valido – di per sé – a concretizzare una modifica sostanziale del “progetto”;
- nella stessa nota tecnica la ricorrente offre, poi, un’esaustiva rappresentazione delle ragioni alla base del persistere – pure a seguito dell’attivazione del sito in località di Montagnola - dell’interesse per l’installazione dell’impianto in via Porta Ternana ma di tali ragioni l’Amministrazione non sembra avere tenuto adeguatamente conto, limitandosi ad affermare che l’impianto Vodafone 4G assentito in località Montagnola “appare” idoneo a garantire una copertura più che adeguata dell’intero territorio comunale compreso il centro storico;
- il Comune si sofferma, poi, diffusamente sul parere dell’ARPA, attribuendo sostanzialmente ad esso un carattere che non gli compete, ossia il carattere di condizione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione comunale;
- in aggiunta, il Comune procede ad un vero e proprio sindacato sui contenuti del parere dell’ARPA, mettendo in discussione le considerazioni da quest’ultima effettuate circa il mancato superamento dei limiti di legge ed effettuando, altresì, valutazioni in ordine alla rilevanza del parere de quo, in esito all’intervento di adeguamento che ha interessato l’impianto in località Montagnola.
In definitiva, non può che prendersi atto che il Comune resistente ha sostanzialmente travalicato i limiti che connotano la propria competenza, estendendo il proprio sindacato anche a profili al predetto estraneo, in quanto riguardanti aspetti differenti da quelli del governo del territorio e, dunque, riservati – in quanto tali - alla competenza di organismi giuridici differenti (quale l’ARPA).
A ulteriore conferma di quanto già detto depone – del resto – anche il rilievo che il Comune ha proceduto a negare l’autorizzazione richiesta sulla base, tra l’altro, di argomenti già riportati nel ricorso incidentale, quali quelli riguardanti il rispetto del limite di 6V/m rispetto agli “asilo nido” e agli “uffici pubblici nei pressi di Porta Ternana”, realizzando - in tal modo - una sorta di tutela “in proprio”, assolutamente inaccettabile nel nostro ordinamento giuridico.
3. Per le ragioni illustrate, il ricorso incidentale è inammissibile, il ricorso introduttivo del presente giudizio è improcedibile, mentre l’atto di motivi aggiunti va accolto.
Le spese di giudizio sono liquidate a favore della ricorrente in € 2.000,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge, e compensate tra le altre parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6097/2013, come in epigrafe proposto:
- dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dal Comune di Torri in Sabina;
- dichiara improcedibile il ricorso introduttivo del giudizio;
- accoglie i “motivi aggiunti” e, per l’effetto, annulla il provvedimento di diniego adottato dal Comune di Torri in Sabina in data 30 dicembre 2014;
- condanna il Comune di Torri in Sabina al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a favore della ricorrente in € 2.000,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge. Le compensa tra le altre parti;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2015 con l'intervento dei Magistrati:
Domenico Lundini, Presidente
Solveig Cogliani, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)