sabato 22 marzo 2014

"MEMOIRES D'UN JURISTE": la norma.


"MEMOIRES D'UN JURISTE": 
la norma.


Ha ragione Stella Richter: bisogna sempre partire dal dato positivo. 
Non può esserci serio discorso giuridico senza porre al centro la norma.
Dottrina, giurisprudenza, prassi, politica del diritto e filosofie varie etc. sono importanti, ma devono venir dopo.

venerdì 21 marzo 2014

APPALTI & GIURISDIZIONE: l'accordo bonario "ex" art. 240 del D.Lgs. n. 163/06 e la giurisdizione del Giudice ordinario (T.A.R. Toscana, sentenza 1 agosto 2013 n. 1204).


APPALTI & GIURISDIZIONE: 
l'accordo bonario "ex" art. 240 
del D.Lgs. n. 163/06 
e la giurisdizione del Giudice ordinario 
(T.A.R. Toscana, 
sentenza 1 agosto 2013 n. 1204).

Massima

Il procedimento finalizzato al raggiungimento di un accordo bonario, disciplinato dall'art240 del codice dei contratti pubblici, si inserisce (quale incidente eventuale) nella fase di esecuzione del contratto in corso tra le parti, caratterizzata dall'esistenza tra le stesse di un rapporto paritario (incompatibile con l'esercizio di poteri autoritativi da parte del contraente pubblico), rispetto al quale sono ravvisabili solo posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario circa l'impugnazione dell'atto di sospensione del procedimento di accordo bonario avviato.

giovedì 20 marzo 2014

PROCEDIMENTO: il diritto d'accesso dopo la L. n. 190/12 ed il D.Lgs n. 33/2013 (Cons. St., Sez. VI, sentenza 24 febbraio 2014 n. 865).


PROCEDIMENTO: 
il diritto d'accesso 
dopo la L. n. 190/12 ed il D.Lgs n. 33/2013 
(Cons. St., Sez. VI, 
sentenza 24 febbraio 2014 n. 865).


Massima

1.  Dapprima l’art. 1, commi da 15 a 33, della L. n. 190/12, e da ultimo il D.Lgs. n. 33/13, hanno indicato tra i dati oggetto di pubblicazione, e suscettibili di speculare accesso civico, anche i provvedimenti concessori, da intendersi comprensivi dei dati economici (v. artt. 24 e 26 D.Lgs 33/2013), allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche da parte delle amministrazioni (v. art. 1, D.Lgs. cit.).
2. I dati nella specie richiesti sono quindi dati pubblici e la nuova istanza aveva provveduto a radicarsi su una più esatta specificazione dei dati concretamente ritenuti di interesse, sicchè discorrere di limiti alla sindacabilità del diniego per ragioni attinenti all’asserita natura di interesse legittimo dell’accesso ed alla possibile elusione del termine decadenziale connesso alla reiterazione dell’istanza, appare oggi, invero, un fuor d’opera, non corrispondente all’esatta individuazione del sistema dell’accesso, e delle posizioni soggettive sottostanti, quale ricostruito da una consolidata giurisprudenza.
3.  Né può annettersi una qualche valenza alle considerazioni svolte dal controinteressato in ordine all’ inesistenza, in concreto, di una posizione dominante e del relativo abuso, essendo evidente che trattasi di questioni che non competono e non devono essere vagliate dall’amministrazione che ha formato o che detiene gli atti, la quale deve limitarsi alla verifica della giuridica rilevanza dell’interesse ostensivo in disparte quanto sopradetto in relazione alla dimensione civica ormai assunta dall’interesse, quando questo abbia ad oggetto “concessioni”)


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6346 del 2013, proposto da:
Auta Marocchi Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Alberto Quaglia, Francesco Paoletti, con domicilio eletto presso Francesco Paoletti in Roma, via Maresciallo Pilsudski, 118; 
contro
Industrie Rebora Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Gatto, Giuseppe Naccarato, con domicilio eletto presso Giuseppe Naccarato in Roma, via Tagliamento 76, Sc. 7, Int. 8;
Autorità Portuale di Genova, non costituita in giudizio.
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00852/2013, resa tra le parti, concernente diniego accesso ai documenti relativi ai rapporti di concessione di aree portuali

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Industrie Rebora Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Quaglia e Naccarato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
La società Auta Marocchi, operante da tempo nel settore dei trasporti container, anche a Genova, ove tuttavia non ha mai ottenuto, nonostante le numerose richieste, la concessione di alcuno spazio per l’attività operativa in ambito portuale, instava per l’accesso agli atti relativi a tutte le concessioni di spazi ad uso deposito invece rilasciate in favore delle società facenti parte del gruppo Spinelli, diretto concorrente, e ciò al dichiarato fine di verificare la sussistenza di una posizione dominante e del suo eventuale abuso, in ambito portuale.
L’autorità portuale di Genova rispondeva all’istanza, presentata il 5 giugno 2012, confermando l’esistenza di concessioni in favore delle dette società ed indicandone gli estremi, ma non i dati economici. La società Auta Marocchi presentava allora una seconda domanda di accesso in data 6.11.2012 con la quale richiedeva le condizioni economiche praticate a fronte delle concessioni rilasciate, dato asseritamente rilevante per valutare l’abuso della posizione dominante nei confronti delle imprese, quali quella istante, costrette invece a procurarsi spazi facendo ricorso al libero mercato.
In relazione a tale seconda istanza decorrevano trenta giorni senza alcun riscontro, sicchè ritenuto formatosi il silenzio diniego, l’ Auta Marocchi ricorreva al TAR Liguria.
- Il TAR dichiarava il ricorso inammissibile. Riteneva in particolare l’istanza di accesso del 6.11.2012, meramente reiterativa di quella presentata in data 5.6.2012, in assenza di fatti sopravvenuti od elementi di novità (l’unico fatto nuovo sarebbe rappresentato dal diniego di accesso alle condizioni economiche di ciascun affidamento, nel frattempo manifestato dall’Autorità Portuale con la nota 6.9.2012, prot. 20631, non tempestivamente impugnato).
- Propone ora appello la società Auta Marocchi: si tratterebbe della tutela di un diritto soggettivo e non di un interesse legittimo; anche a voler ammettere l’applicazione tout court della disciplina dell’azione di annullamento, la nuova domanda non potrebbe considerasi identica alla precedente, in quanto contenente specificazioni fatte proprio in forza dei dati relativi ai rapporti concessori in corso, forniti nella prima risposta.
- L’Autorità portuale non si è costituita in giudizio. Si è invece costituita la società controinteressata, Industrie Rebora Srl. Quest’ultima sottolinea, in particolare, che la precisa indicazione degli estremi degli atti concessori in favore di società facenti capo al Gruppo Spinelli, contenuti nella prima parziale risposta dell’Autorità, non potesse considerarsi un elemento di novità tale da far ritenere ammissibile una domanda già parzialmente respinta in ragione della sua genericità e del difetto di interesse giuridicamente rilevante. Piuttosto, il parziale rigetto dell’istanza (in quanto generica) avrebbe, come correttamente statuito dal primo giudice, dovuto essere tempestivamente impugnata.
- La causa è stata trattenuta in decisione nella Camera di consiglio del 19 novembre 2013.
L’appello è fondato.
L’amministrazione, in prima battuta, ha indicato gli estremi dei rapporti concessori in corso con il Gruppo Spinelli, ma non i dati economici, ritenendo sul punto l’istanza eccessivamente generica. L’istante, a seguito della segnalata genericità, anziché impugnare il parziale diniego, ha chiesto nuovamente i dati economici relativi ai rapporti concessori, questa volta analiticamente indicati.
Il provvedimento di totale diniego che si è questa volta tacitamente formato non può essere considerato meramente confermativo del primo, parziale ed espresso diniego, non foss’altro perché la genericità, espressamente stigmatizzata a mezzo del primo provvedimento, è stata superata dai contenuti della seconda istanza, specificatamente riferita ai dati economici dei singoli rapporti concessori.
In ogni caso, giova segnalare, che dapprima l’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190, e da ultimo il D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, hanno indicato tra i dati oggetto di pubblicazione, e suscettibili di speculare accesso civico, anche i provvedimenti concessori, da intendersi comprensivi dei dati economici (Cfr. artt. 24 e 26 d.lgs 33/2013), allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche da parte delle amministrazioni (Cfr. art. 1, d.lgs cit.).
I dati nella specie richiesti sono quindi dati pubblici e la nuova istanza aveva provveduto a radicarsi su una più esatta specificazione dei dati concretamente ritenuti di interesse, sicchè discorrere di limiti alla sindacabilità del diniego per ragioni attinenti all’asserita natura di interesse legittimo dell’accesso ed alla possibile elusione del termine decadenziale connesso alla reiterazione dell’istanza, appare oggi, invero, un fuor d’opera, non corrispondente all’esatta individuazione del sistema dell’accesso, e delle posizioni soggettive sottostanti, quale ricostruito da una consolidata giurisprudenza.
Né può annettersi una qualche valenza alle considerazioni svolte dal controinteressato in ordine all’ inesistenza, in concreto, di una posizione dominante e del relativo abuso, essendo evidente che trattasi di questioni che non competono e non devono essere vagliate dall’amministrazione che ha formato o che detiene gli atti, la quale deve limitarsi alla verifica della giuridica rilevanza dell’interesse ostensivo in disparte quanto sopradetto in relazione alla dimensione civica ormai assunta dall’interesse, quando questo abbia ad oggetto “concessioni”)
L’appello è pertanto accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, è fatto obbligo all’amministrazione di esibire gli atti richiesti.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina all’amministrazione l’esibizione degli atti richiesti, comprensivi dei dati economici, entro e non oltre giorni 15 dalla notificazione o comunicazione della presente decisione.
Condanna l’amministrazione e Industrie Rebora Srl al pagamento in favore dell’appellante delle spese del doppio grado, forfettariamente liquidate in €. 7.000, rispettivamente a carico dell’amministrazione per €. 4.000, e di Industrie Rebora Srl per €. 3.000, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


martedì 18 marzo 2014

APPALTI: i costi d'interferenza di cui al DUVRI (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III "quater", sentenza 5 novembre 2013 n. 9435).


APPALTI: 
i costi d'interferenza 
di cui al DUVRI 
(T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III "quater", 
sentenza  5 novembre 2013 n. 9435).



Massima

1.  La questione della mancata indicazione di prescrizioni per i costi di sicurezza correlati direttamente all'offerta non appare (..) elemento preclusivo di partecipazione, dato che tali costi, ex lege, anche in assenza di previsione espressa nel bando di gara, debbono essere indicati da parte di ciascuna delle imprese concorrenti (ogni problematica al riguardo relativa a mancanza di espressa previsione nella lex specialis risolvendosi semmai in elemento di corretto successivo svolgimento della gara, in sede di valutazione della congruità dell'offerta o degli elementi giustificativi di eventuali esclusioni dalla gara stessa). 
2.  Quanto invece ai costi per la sicurezza da interferenza, è bensì vero, in generale, che tali costi debbono essere indicati dalla stazione appaltante in sede di bando di gara (avendo peraltro riconosciuto, in alcune occasioni, la giurisprudenza amministrativa – v. CdS, IV, n. 5671/2012 e III, n. 5421/2011- che la loro mancata indicazione impedisce la corretta e consapevole formulazione dell'offerta, con conseguente illegittimità dell'atto di indizione della procedura). 
3.  E tuttavia nella specie reputa il Collegio che non vi fosse necessità di indicazione di costi da interferenza (e quindi necessità di un DUVRI per determinarne l'entità), trattandosi di prestazioni da rendere al domicilio degli assistiti e quindi in assenza di più lavorazioni interferenti nei presidi aziendali (in termini cfr. del resto nota ASL RM D n. 2116 dell'8.1.2013, in cui deve quindi ritenersi che la quota parte dei costi di sicurezza indicata non sia quella specifica dei costi per la sicurezza da interferenza).


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11089 del 2012, proposto da:
Criosalento Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Ernesto Sticchi Damiani e Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il loro Studio in Roma, via Bocca di Leone, 78;
contro
ASL RM/D, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Ferrara e dall'avv. Gloria Di Gregorio, con domicilio eletto nella sede legale dell'Azienda, in Roma, via di Casal Bernocchi,73 (presso l'Ufficio Legale dell'Azienda stessa); 
per l'annullamento
del bando, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 5^ serie speciale, Contratti Pubblici, n. 132 del 12.11.2012, della gara indetta dalla ASL RM/D per l'affidamento biennale del servizio di ossigenoterapia domiciliare (OTD) per i pazienti residenti nel territorio dell'Azienda predetta;
del disciplinare di gara e del capitolato speciale di appalto allegati al suddetto bando di gara;
di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale ivi compresi i provvedimenti, allo stato non conosciuti, di approvazione dei surriferiti atti di indizione della gara;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Asl Rm/D;
Viste le memorie difensive delle parti;
Vista l'ordinanza istruttoria n. 191 del 17.1.2013;
Viste, per la fase cautelare, l'ordinanza reiettiva di questa Sezione n. 752 del 13.2.2013 e l'ordinanza n. 1118/2013 del Consiglio di Stato, sez. III;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore designato per l'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2013 il cons. Domenico Lundini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I. Con ricorso notificato il 12.12.2012 e depositato il giorno 19 successivo, l'istante Criosalento srl impugna il bando (con i relativi allegati disciplinare e capitolato speciale di appalto), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 5^ serie speciale, Contratti Pubblici, n. 132 del 12.11.2012, della gara indetta dalla ASL RM/D per l'affidamento biennale del servizio di ossigenoterapia domiciliare (OTD) per i pazienti residenti nel territorio dell'Azienda stessa, per un importo a base d'asta di euro 3.931.200,00, IVA compresa.
La ASL intimata, costituita in giudizio, ha controdedotto ex adverso, mentre Criosalento srl , in replica, ha ulteriormente argomentato, anche alla luce degli atti acquisiti in via istruttoria dal Tribunale, ai fini dell'accoglimento del gravame.
II. Avverso gli atti impugnati, preordinati a dare avvio alla gara sopra citata, la ricorrente, sul presupposto della loro immediata lesività, in quanto immediatamente escludenti ovvero impeditivi di una valida formulazione dell'offerta, propone sei articolati motivi di censura, che il Collegio reputa tuttavia privi di fondamento. Ciò consente al Collegio stesso di soprassedere dalla valutazione dell'eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata dall'Amministrazione, in buona sostanza, per non avere Criosalento impugnato l'aggiudicazione definitiva disposta, nelle more del giudizio, in favore di Linde Medicale srl con deliberazione della ASL RM D n. 190 del 26.7.2013.
III. Passando dunque al primo e al secondo motivo, essi si esaminano congiuntamente, in quanto proponenti, entrambi, la stessa questione dell'incongruità del prezzo a base di asta, sebbene sotto i diversi profili della mancata valutazione della incidenza economica di tutte le singole prestazioni oggetto dell'appalto e della inidoneità a remunerare tutti i relativi costi di esecuzione, essendo, per il resto, in identico modo rubricati (con riferimento alla violazione dell'art. 89 del D.Lgs. n. 163/2006, dei principi di tutela della concorrenza e di massima partecipazione nelle pubbliche gare, dell'art. 97 Cost., dei principi di buon andamento, efficacia ed efficienza della P.A.).
I motivi predetti sono da disattendere alla stregua delle seguenti considerazioni:
a) non rileva anzitutto il fatto che l'Amministrazione non abbia, come assume la ricorrente, espressamente e dettagliatamente quantificato i costi delle altre prestazioni a carico dell'aggiudicatario inserite nel capitolato di gara (fornitura di contenitori criogenici e set di accessori, istruzioni dell'assistito e/o dei familiari per il corretto uso delle attrezzature installate, servizio di emergenza 24 ore su 24, garanzia della professionalità degli operatori, piano organizzativo per il monitoraggio da parte dei Centri di pneumologia dei pazienti più critici, stimati in circa il 5% dei pazienti arruolati, con Sistema di telerilevamento a domicilio dei parametri vitali, software gestionale centralizzato, collaudo e manutenzione periodica di tutte le apparecchiature) in aggiunta alla mera fornitura dell'ossigeno medicinale. Invero, è pacifico che il costo del gas medicinale è comunque il costo preponderante tra i vari costi implicati dall'appalto in questione (come risulta anche dallo stesso elaborato peritale depositato in atti dalla ricorrente ed essendo peraltro affermato in giurisprudenza che "per comune esperienza, nell'economia generale dei contratti del tipo qui controverso, l'importo per la fornitura del prodotto ha normalmente un'incidenza del tutto preponderante rispetto al valore dei servizi di somministrazione": in tal senso, cfr. TAR Lazio, Roma Sez. III quater 8 luglio 2008, n. 6443);
b) per cui, in presenza di tale presupposto, era evidente che i costi per il complessivo appalto e quindi di tutte le prestazioni per esso previste, dovevano rientrare nel (ed essere remunerate con il) prezzo a base d'asta (calcolato sulla base del parametro "Euro/mc ossigeno", ovvero Euro 1,50), essendo evidentemente quest'ultimo elemento calcolato in termini tali da consentire, secondo la valutazione dell'Amministrazione, la remunerazione anche di tutte le altre prestazioni accessorie e collegate. D'altra parte non sembra illegittima, in questo tipo di appalti, una quantificazione della remunerazione a forfait, sulla base di un prezzo unico convenzionalmente riferito alla prestazione principale, se si considera, da un lato, che nello specifico l'elaborato peritale della ricorrente evidenzia che "il costo medio di produzione del farmaco ossigeno si attesta su un valore medio tra Euro 0,60 ed Euro 0,90", dall'altro, in termini più generali, che ai sensi dell'art. 29 comma 14 del D.Lgs. n. 163/2006, "il calcolo del valore stimato di un appalto misto di servizi e forniture si fonda sul valore totale dei servizi e delle forniture, prescindendo dalle rispettive quote";
c) quanto alla stima del prezzo effettuata dall'Amministrazione, essa non appare patentemente illogica o incongrua, dovendosi apprezzare in proposito come elemento significativo quanto rappresentato dall'Amministrazione in sede difensiva per cui essa deve (e ha dovuto) nella determinazione dell'importo annuo della fornitura, pur considerando la necessità di rimborsare il prodotto in maniera adeguata, tenere nella giusta considerazione le limitazioni di spesa imposte dalla L. 7.8.2012, n. 135. E d'altra parte la stessa Regione Lazio, con nota n. 106163 del 30.5.2012 (in atti), aveva autorizzato l'Azienda sanitaria intimata ad esperire autonoma gara prescrivendo tuttavia che fosse definita la base d'asta tenendo conto "dei prezzi a base d'asta della gara centralizzata" e in modo tale da garantire un risparmio non inferiore al 10% della spesa precedentemente sostenuta per la medesima fornitura;
d) sostanzialmente, dunque, il prezzo a base d'asta della gara de qua non appare manifestamente incongruo, alla stregua di quanto sopra, non occorrendo peraltro approfondire le specifiche contestazioni della ricorrente, formulate in memoria nel corso della controversia all'esame, su alcuni dei prezzi di aggiudicazione della gara centralizzata recentemente espletata in ambito regionale (dalla ASL di Latina in qualità di capofila), dal momento che sono incontestati invece i prezzi di aggiudicazione della procedura centralizzata per analoga fornitura espletata direttamente dalla Regione Lazio. E in tale gara, suddivisa in sei lotti, cinque lotti sono stati aggiudicati ad un prezzo unitario (Euro/mc ossigeno) inferiore a quello posto a base della gara de qua. Per la precisione, a parte il Lotto 1, aggiudicato ad Euro 1,52 mc, i lotti dal n. 2 al n. 6 della predetta gara regionale sono stati aggiudicati, rispettivamente, ad E/mc 1,25, 1,15, 1,35, 1,35, 143. Trattasi peraltro di gara che espressamente prevedeva, come risulta dal relativo capitolato in atti, oltre alla fornitura in senso stretto del gas medicinale, servizi aggiuntivi ed accessori analoghi a quelli richiesti nella gara in contestazione (ovvero, a solo titolo esemplificativo: contenitori criogenici, materiale di consumo, professionalità degli operatori, formazione degli operatori, degli assistiti, dei familiari e care/giver, numero verde, sistema informativo, tele monitoraggio, assistenza tecnica e manutenzione);
e) pertanto deve riconoscersi che il prezzo posto nella specie a base d'asta, tenuto conto di quelli di cui sopra, ai quali analoghi appalti sono stati aggiudicati, non poteva essere considerato (in un'ottica legittima di risparmio e contenimento delle spese pubbliche, nello spirito della attuale situazione finanziaria e correlata legislazione) tale addirittura da azzerare qualsiasi margine di convenienza e quindi nella sostanza preclusivo di ogni possibilità ragionevole di partecipazione alla pubblica gara;
f) d'altra parte, è anche particolarmente significativo, in senso contrario agli assunti di parte ricorrente, il fatto che la contestata gara sia stata alfine utilmente espletata, con aggiudicazione al ribasso ad una società aggiudicataria (che ha preceduto oltretutto anche un'altra ditta partecipante);
g) non rilevano dunque gli esaminati profili di censura né i riferimenti ad eventuali problematiche che potrebbero asseritamente derivare, nella gara de qua (stanti le modalità seguite per la determinazione del prezzo), in sede di eventuale giudizio di anomalia delle offerte, trattandosi di questione ipotetica e indimostrata e che non sembra comunque integrare un elemento tale da impedire radicalmente, ex ante, la presentazione dell'offerta;
h) infine, circa l'incongruità del prezzo della gara in questione alla stregua del prezzo dell'ossigeno terapeutico di cui alla determinazione AIFA 25.1.2006 (prezzo ex factory di 4,20 euro/m3 da scontarsi in misura non inferiore al 50% ai sensi dell'art. 1 comma 1, lett. oo), del D.Lgs. n. 219/2006), è sufficiente rimarcare come la giurisprudenza amministrativa abbia ritenuto che il prezzo determinato dall'AIFA per l'ossigeno terapeutico non possa essere considerato un prezzo imposto e tanto meno inderogabile (Cons. Stato, sez. V, n.3479 del 3.6.2010). Né hanno rilievo (a fronte degli elementi parametrici costituiti dai sopra citati prezzi di aggiudicazione della gara centralizzata regionale) i prezzi di aggiudicazione di altre gare portati ad esempio dalla ricorrente. Il bando di gara, invero, non può essere ritenuto illegittimo ed annullato, con riferimento al prezzo a base d'asta, in ragione del fatto che tale prezzo non sia particolarmente favorevole, ma solo quando esso impedisca, nella sostanza, qualsiasi ragionevole possibilità di partecipazione. Il che nella specie non appare comunque dimostrato.
IV. E' infondato anche il terzo mezzo (di violazione dell'art. 86 comma 3 bis del D.Lgs. n. 163/2006 e dell'art. 26 comma 6 del D.Lgs. n. 81/2008) riferito alla mancata indicazione, nella contestata lex specialis, dei costi per la sicurezza ed alle mancate prescrizioni, negli atti stessi di gara, di indicazioni da formularsi al riguardo nelle offerte dei concorrenti. Da un lato, invero, la questione della mancata indicazione di prescrizioni per i costi di sicurezza correlati direttamente all'offerta non appare comunque elemento preclusivo di partecipazione, dato che tali costi, ex lege, anche in assenza di previsione espressa nel bando di gara, debbono essere indicati da parte di ciascuna delle imprese concorrenti (ogni problematica al riguardo relativa a mancanza di espressa previsione nella lex specialis risolvendosi semmai in elemento di corretto successivo svolgimento della gara, in sede di valutazione della congruità dell'offerta o degli elementi giustificativi di eventuali esclusioni dalla gara stessa). Quanto invece ai costi per la sicurezza da interferenza, è bensì vero, in generale, che tali costi debbono essere indicati dalla stazione appaltante in sede di bando di gara (avendo peraltro riconosciuto, in alcune occasioni, la giurisprudenza amministrativa – v. CdS, IV, n. 5671/2012 e III, n. 5421/2011- che la loro mancata indicazione impedisce la corretta e consapevole formulazione dell'offerta, con conseguente illegittimità dell'atto di indizione della procedura). E tuttavia nella specie reputa il Collegio che non vi fosse necessità di indicazione di costi da interferenza (e quindi necessità di un DUVRI per determinarne l'entità), trattandosi di prestazioni da rendere al domicilio degli assistiti e quindi in assenza di più lavorazioni interferenti nei presidi aziendali (in termini cfr. del resto nota ASL RM D n. 2116 dell'8.1.2013, in cui deve quindi ritenersi che la quota parte dei costi di sicurezza indicata non sia quella specifica dei costi per la sicurezza da interferenza). E d'altra parte, non a caso, negli stessi già citati atti di indizione delle gare centralizzate indette, una, dalla ASL di Latina in qualità di capofila e, l'altra, dalla Regione Lazio in sede di procedura centralizzata, espressamente veniva precisato che "In considerazione della natura del servizio oggetto della presente gara, non sussiste la necessità di procedere alla predisposizione del DUVRI e di indicare la relativa stima dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso d'asta, di cui al combinato disposto degli art. 86, comma 3-bis e 3 ter, del D.Lgs. 163/2006 e dell'art. 26 del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81".
V. E' poi privo di fondamento, in punto di fatto, il profilo di censura (motivo n. 4) relativo alla previsione nel bando di gara in questione, come requisito di ammissione, dell'autorizzazione rilasciata dalla Regione Lazio per la distribuzione di gas medicinali (sul rilievo addotto dalla ricorrente che tale autorizzazione, ai sensi dell'art. 100 del D.Lgs. n. 219/2006, "non è prevista se l'interessato" –come la ricorrente appunto nel caso di cui trattasi- "è in possesso dell'autorizzazione alla produzione prevista dall'art. 50", vale a dire dell'autorizzazione rilasciata dall'AIFA), in quanto la ricorrente è stata comunque ammessa alla gara de qua (cui infatti ha presentato domanda di partecipazione, risultandone esclusa solo "per aver presentato un'offerta economica superiore al prezzo a base d'asta") e tenuto conto che alla stregua dei chiarimenti resi dalla stazione appaltante (cfr. nota del 4.12.2012, in atti) si è precisato espressamente che la contestata autorizzazione "è sostituita dalla autorizzazione alla produzione rilasciata da AIFA".
VI. Quanto, infine, ai motivi di ricorso n. 5 e n. 6, relativi alla dedotta genericità dei criteri di valutazione dell'offerta (quattro macro criteri senza sub criteri e sub pesi o sub punteggi) e alla commistione tra requisiti soggettivi di qualificazione dei concorrenti e criteri oggettivi di valutazione dell'offerta tecnica (essendo previsto un punteggio di 20 punti su 50 per il criterio inerente alla "organizzazione aziendale e potenzialità della ditta"), si tratta di profili che non impediscono comunque, in termini assoluti, la partecipazione alla gara, e non legittimano dunque all'impugnativa, ex ante, della relativa normativa di indizione, a prescindere dall'esito della gara stessa. I motivi predetti sono dunque inammissibili.
VII. Sulla base delle superiori considerazioni, il ricorso in epigrafe deve essere respinto, ma le spese, sussistendo giustificati motivi in relazione alla particolarità delle questioni trattate, possono essere compensate integralmente tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Domenico Lundini, Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


INTERVISTA: l'europeizzazione del diritto amministrativo (Avv. e Ric. Gabriele Pepe).



Pubblico volentieri l'intervista al mio amico e collega Gabriele Pepe, con l'augurio che il tempo dia ragione ai nostri sacrifici. 
FF
Intervista 
a Gabriele Pepe 
sul tema della europeizzazione del diritto amministrativo

Introduzione
Agli albori del Nuovo Millennio, in un mondo sempre più interconnesso e globale, il diritto amministrativo, un tempo espressione esclusiva dei pubblici poteri nazionali, travalica i propri originari confini, per aprirsi verticalmente ed orizzontalmente alle influenze di altri ordinamenti, statali e sovranazionali. In un panorama delle fonti giuridiche, ormai pluralistico e multilivello, il diritto dell'Unione europea viene progressivamente a plasmare gli apparati giuridici nazionali, alterandone le originarie caratteristiche.
Il volume Principi generali dell'ordinamento comunitario e attività amministrativa di Gabriele Pepe analizza natura e caratteri dei principi generali europei, soffermandosi principalmente sulle ricadute che gli stessi hanno nell’ordinamento amministrativo italiano.
Il fil rouge dell'indagine è rintracciabile nella tesi che i principi generali dell'ordinamento europeo, coniati e sviluppati dalla Corte di giustizia, abbiano conformato capillarmente i rapporti tra potere pubblico e cittadini, da un lato, limitando privilegi e abusi delle autorità amministrative, dall'altro, valorizzando le libertà e le pretese dei c.d. amministrati. "I diritti e le libertà individuali rappresentano, infatti, la stella cometa del nuovo panorama europeo e nazionale, fungendo sia da finalità che da limite all’esercizio dei pubblici poteri".
In special modo i principi di certezza del diritto, legittimo affidamento, giusto procedimento, proporzionalità, pienezza ed effettività della tutela hanno innescato profondi mutamenti, sia in via diretta che in modo riflesso, nell'azione delle Pubbliche Amministrazioni, ampliando gli spazi di libertà del cittadino e, contestualmente, ridimensionando con l'imposizione di nuove regole i profili più imperativi dell'attività amministrativa.

Siamo oggi in compagnia di Gabriele Pepe, Autore della monografia "Principi generali dell'ordinamento comunitario e attività amministrativa", Roma, 2012

Alcune informazioni sull'Autore

Allievo dei Prof.i di Diritto Amministrativo Massimo Stipo e Gennaro Terracciano.
Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca ed è Ricercatore in Diritto amministrativo dal 2011. Svolge incarichi di Commissario Liquidatore di Cooperative in Liquidazione Coatta Amministrativa ed esercita la Professione di Avvocato occupandosi in special modo di Procedure ad Evidenza pubblica e Contrattualistica.

Nella suo opera monografica Lei affronta la tematica della europeizzazione del diritto amministrativo italiano. Può fornirci chiarimenti al riguardo?

Sin dal XIX sec. il diritto amministrativo ha fedelmente rispecchiato le tradizioni giuridiche di ciascuna Nazione, in omaggio ad una concezione "statocentrica" riconducibile al dogma della statualità del diritto.
Dunque, per decenni, il diritto amministrativo è stato il prodotto di un'autoreferenziale elaborazione statale, impermeabile ad influenze esterne.
La crisi delle mitologie giuridiche del positivismo (sovranità statale, primato della legge, rigida separazione dei poteri, gerarchia delle fonti), iniziata nel corso del XX sec., ha innescato un processo di progressiva apertura della produzione normativa, attraverso fenomeni di legal transplants e cross-fertilization fra ordinamenti.
La nascita delle Comunità europee (oggi Unione europea), accompagnata da un'inarrestabile globalizzazione economica e giuridica, consacra la carsica e progressiva "europeizzazione" dei diritti amministrativi domestici.
La primazia delle fonti europee sulle fonti interne (anche di rango costituzionale) impone, infatti, al legislatore ed alla giurisprudenza nazionali l'osservanza dei principi e delle regole dell'ordinamento UE. Conseguentemente il diritto amministrativo italiano viene ad essere profondamente conformato dalla normativa sovranazionale in un sistema delle fonti ormai policentrico, concorrente e multilivello.
Una europeizzazione che, in ragione del primato del diritto sovranazionale sul diritto interno, impone un'apertura (verticale) degli Stati al diritto europeo, determinando altresì meccanismi spontanei di apertura (orizzontale) tra ordinamenti attraverso processi di imitazione ed osmosi fra sistemi giuridici, un tempo distanti ed ora sempre più vicini.

Quale è stata la fonte di ispirazione del suo Volume?

L'idea di questo volume nasce da un'intuizione del Prof. Massimo Stipo che ai tempi dell'individuazione del tema di ricerca per il dottorato mi propose un'indagine sul ruolo della Corte di giustizia nell'enucleazione dei principi generali europei e sull'impatto da questi esercitato nella realtà amministrativa italiana. Particolarmente illuminante fu l'osservazione secondo cui le pronunce del giudice di Lussemburgo, a differenza delle comuni statuizioni giurisprudenziali, esplicherebbero un'efficacia non già inter partes ma erga omnes, assurgendo a vere e proprie fonti del diritto, applicabili direttamente negli ordinamenti nazionali.
Da quel momento prese l'abbrivio il mio percorso di ricerca lungo il quale ho potuto, altresì, fare affidamento sui preziosi consigli del Prof. Gennaro Terracciano; di particolare utilità è stata soprattutto l'idea secondo cui la valorizzazione nell'ordinamento italiano delle pretese degli amministrati sarebbe ascrivibile principalmente all'influenza esercitata dai principi dell'ordinamento europeo, una tesi che rappresenta il fil rouge dell'intera indagine.

Può brevemente descriverci i contenuti della sua opera?

L'indagine svolta mira ad applicare un metodo di analisi diacronico ed interdisciplinare che tenta di essere scorrevole nella forma ed al contempo approfondito nei contenuti.
Il volume si suddivide in due parti. La prima parte è composta da tre capitoli.
Nel primo capitolo si analizzano le profonde trasformazioni che nel corso del XX secolo hanno segnato lo scenario giuridico europeo, con il superamento dei capisaldi della tradizione giuridica giuspositivista. Attraverso un percorso storico ed interdisciplinare si ripercorrono la genesi e l'evoluzione del sistema giuridico comunitario, in un processo di integrazione tra ordinamenti, accentuato dalla forza conformativa del diritto europeo e dai rimedi all'uopo previsti (interpretazione conforme, rinvio pregiudiziale, disapplicazione).
Nel secondo capitolo l'indagine si sofferma su alcune questioni di teoria generale utili ad illustrare natura e caratteri dei principi europei che, come noto, attingono alle tradizioni giuridiche dei Paesi europei. L'analisi prosegue, poi, con la descrizione dell'attività di elaborazione dei principi generali da parte della Corte di giustizia, seguita dall'analisi delle forme di invalidità degli atti amministrativi nazionali per contrasto con il diritto europeo.
Nel terzo capitolo il volume si sofferma sui principi generali di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento, proporzionalità, giusto procedimento, pienezza ed effettività della tutela nonché sul decisivo ruolo dagli stessi ricoperto nell'ampliamento degli spazi di tutela del cittadino nei rapporti amministrativi.
Nella seconda parte del volume (capitoli dal quarto al settimo) viene illustrata l'influenza concretamente esercitata dai principi del diritto europeo su talune regole ed istituti del sistema amministrativo italiano.
Nel quarto capitolo si approfondiscono in particolare le nozioni di situazioni giuridiche soggettive comunitarie, miste e nazionali (tra cui l'interesse legittimo), nonché la diversa incidenza sulle stesse esercitata dal diritto europeo.
Il quinto capitolo si concentra, poi, sull'evoluzione delle dinamiche autorità-libertà in una rigenerata dimensione dell'esercizio del potere amministrativo, orientata al soddisfacimento delle pretese individuali, in cui l'amministrato diviene "coautore" delle scelte pubbliche che lo riguardano. Di questa rinnovata filosofia è possibile rinvenire traccia, nella nuova prospettiva della "legalità di risultato", nell'istituto delle illegittimità non invalidanti, nel sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa.
Nel sesto capitolo il focus dell'indagine riguarda alcune tra le plurime applicazioni del principio di tutela del legittimo affidamento quale principio europeo dal maggior impatto sull'ordinamento amministrativo. Si vedano in tal senso l'istituto degli accordi ex art. 11 l. 241 del 1990, il regime dell'autotutela, la risarcibilità del danno "da ritardo puro".
Nel settimo capitolo sono, infine, esaminate le ricadute del principio di pienezza ed effettività della tutela sul processo amministrativo italiano (atipicità della tutela, ampliamento delle azioni esperibili, transizione del giudizio dall'atto al rapporto intersoggettivo controverso).

Nel suo lavoro descrive con efficacia l'influenza esercitata dai principi comunitari nell'ordinamento italiano. Può fornirci lumi al riguardo?

Nel corso dei decenni i principi generali dell'ordinamento comunitario, elaborati e definiti dalla Corte di giustizia, si sono infiltrati con imprevedibile capillarità nei sistemi giuridici nazionali, conformandone in via diretta o riflessa i principali istituti.
In particolare nell'area del diritto amministrativo italiano i principi europei hanno svolto un ruolo determinante nell'evoluzione in senso democratico dei rapporti tra il potere pubblico e i cittadini, imponendo un'evoluzione dell'azione amministrativa dall'autorità alla libertà, dall'unilateralità alla consensualità, dalla gerarchia alla paritarietà.
Il procedimento amministrativo diviene, oggi, luogo della rinnovata centralità del cittadino attraverso la valorizzazione delle situazioni soggettive di cui egli è portatore.
Inoltre, in base al primato del diritto europeo sul diritto italiano, sia i giudici sia le pubbliche amministrazioni nazionali sono tenute ad osservare nonché a fornire piena attuazione ai principi sovranazionali, anche disapplicando norme interne con essi in conflitto.
In definitiva i principi generali dell'ordinamento comunitario rappresentano un nuovo parametro di legittimità dell’azione di tutti i pubblici poteri, europei e nazionali, legislativi e amministrativi.

Qual è il ruolo del giurista moderno in un'epoca di grandi cambiamenti?

Per troppo tempo il giurista italiano ed europeo, sotto l'influenza della scuola pandettistica tedesca, ha vissuto in una solitaria turris eburnea, elaborando metodi di indagine e soluzioni lontane dal contesto sociale e politico di riferimento.
Le tumultuose ed incessanti trasformazioni che hanno segnato negli ultimi decenni i processi  politici, economici e culturali hanno imposto al giurista un cambio di paradigma, costringendolo a venir fuori dal proprio tradizionale isolamento per adeguare tecniche e schemi giuridici ad una realtà in perenne evoluzione.
Con la rivisitazione dei capisaldi della tradizione giuspositivista (piena sovranità statale, centralità della legge, gerarchia delle fonti, separazione dei poteri), il giurista del Terzo Millennio è chiamato ad immergersi completamente nel mondo che lo circonda, per cogliere ogni aspetto (politico, sociologico, economico) dei fenomeni oggetto di indagine.
Eclettismo, pragmatismo e trasversalità di analisi devono oggi arricchire lo strumentario del giurista moderno che voglia affrontare con successo le nuove sfide della modernità.


Ringraziamo Gabriele Pepe per la disponibilità in attesa di futuri incontri

domenica 16 marzo 2014

PUBBLICO IMPIEGO: niente "badge" per gli Avvocati pubblici (T.A.R. Campania, Sez. V, sentenza breve 17 febbraio 2014 n. 1075).


PUBBLICO IMPIEGO: 
niente "badge
per gli Avvocati pubblici 
(T.A.R. Campania, Sez. V, 
sentenza breve 17 febbraio 2014 n. 1075).


Massima

1.  Sussiste un'incompatibilità logica e strutturale fra le mansioni implicate dal profilo professionale di avvocato e il sistema automatico di rilevazione fondato sul cd. “badge”, ancorché previsto in astratto come alternativo alla rilevazione delle presenze mediante apposito foglio, tenuto conto che, in definitiva, spetta comunque all’amministrazione decidere di quale modalità concreta valersi in un certo momento storico.
Il sistema di rilevazione automatica si risolve, quanto meno in astratto (anche al di là delle intenzioni di chi decide di adottarlo), in uno strumento idoneo obiettivamente a produrre una limitazione dei profili di autonomia professionale e di indipendenza che vanno invece riconosciuti a questa figura, per prassi amministrativa, dalla costante giurisprudenza e soprattutto nel rispetto della vigente legislazione.
2.  In secondo luogo l’avvocato di un ente pubblico, per intuibili ragioni connesse alle esigenze di patrocinio, è spesso costretto ad assentarsi dal posto di lavoro per raggiungere le sedi giudiziarie dove pendono le controversie in cui è parte l’ufficio da lui rappresentato ed è evidente quanto siffatta necessaria mobilità sia in contrasto con gli obblighi, ma anche con le formalità ed i tempi legati ad un (obbligatorio) utilizzo del badge» e, deve aggiungersi, con la preventiva comunicazione dei servizi esterni a sua volta incompatibile con la spesso non prevedibile esigenza di prestare la propria attività professionale fuori della sede di servizio interno.
3.  Infine, a definitivo conforto della tesi qui esposta, vale la pena di ricordare che la giurisprudenza ha costantemente affermato i principi sopra condivisi. 
Sin dal 1996,  il T.A.R. (Campania, Napoli, Sez. II, 4 dicembre 1996 n. 560), ha stabilito che: "Il provvedimento col quale l'Inps dispone che anche i dipendenti appartenenti al ruolo legale soggiacciano alle medesime procedure di rilevazione automatica delle presenze vigenti per il restante personale, è da considerasi illegittimo perché il lavoro esterno che in talune occasioni può essere richiesto al detto personale, non può giustificare metodi di accertamento del rispetto dell'orario di servizio differenti”.


Sentenza breve per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4448 del 2013, proposto da:
Tiziana Di Grezia, rappresentata e difesa dagli avv. Ezio Maria Zuppardi e Debora Chiaviello, con domicilio eletto in Napoli, al viale Gramsci, 16 
contro
Comune di Marano di Napoli, in persona del legale rapp.te, rappresentato e difeso dall'avv. Saverio Griffo, con domicilio processuale in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. 
per l'annullamento
della deliberazione del Commissario straordinario del Comune di Marano di Napoli n 77 del 24. 5.2013, successivamente recante l'approvazione del regolamento in materia di presenza in servizio dei dipendenti comunali e, in particolare, dell’art. 12, rubricato “Orario di servizio responsabile avvocatura” nella parte in cui stabilisce che l’avvocato comunale è sottoposto ad un sistema automatico di rilevazione delle presenze in servizio (art. 12, comma 1), nonché ad un sistema di preventiva comunicazione in caso di prestazione dei servizi esterni (art. 12, comma 2).

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Marano di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2014 il dott. Alfredo Storto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

FATTO E DIRITTO

Col ricorso in esame, Tiziana Di Grezia, avvocato del Comune di Marano di Napoli col profilo professionale funzionario amministrativo avvocato categoria D3, iscritta all’albo speciale ex art. 3 r.d. n. 1578/1933, impugna l’art. 12 della deliberazione del Commissario straordinario del Comune n. 77/2013 nella parte in cui prevede l’utilizzo del badge magnetico quale sistema d rilevazione delle presenze dell’avvocato dell’ente ed impone la preventiva comunicazione dei servizi esterni del medesimo avvocato al capo dell’amministrazione.
Ad avviso della ricorrente tali previsioni, ledendo l’autonomia dell’avvocato comunale, sarebbero in contrasto con l’art. 3 del r.d. n. 1578/1933, con l’art. 15 l. n. 70/1975 e con l’art. 2 d.lgs. n. 30/2006, nonché con gli artt. 3 e 97 Cost., oltre ad essere viziate da contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta, carenza ed erroneità dell’istruttoria e della motivazione, sviamento di potere.
Si è difesa l’amministrazione comunale considerando, in particolare, che il regolamento consentirebbe la rilevazione, oltre che tramite badge magnetico, anche con l’utilizzo di un foglio di presenze e che la preventiva comunicazione dei servizi esterni non inciderebbe sull’attività professionale.
Ritiene il Collegio che il processo possa essere definito con sentenza in forma semplificata, ricorrendo le condizioni processuali ex art. 60 c.p.a. ed essendo state sentite sul punto le parti comparse nell’odierna camera di consiglio.
Questa Sezione ha infatti già statuito (cfr. da ultimo sentenza 24 gennaio 2013, n. 547) ritenendo un’incompatibilità logica e strutturale fra le mansioni implicate dal profilo professionale di avvocato e il sistema automatico di rilevazione fondato sul cd. “badge”, ancorché previsto in astratto come alternativo alla rilevazione delle presenze mediante apposito foglio, tenuto conto che, in definitiva, spetta comunque all’amministrazione decidere di quale modalità concreta valersi in un certo momento storico.
Il sistema di rilevazione automatica «si risolve, quanto meno in astratto (anche al di là delle intenzioni di chi decide di adottarlo), in uno strumento idoneo obiettivamente a produrre una limitazione dei profili di autonomia professionale e di indipendenza che vanno invece riconosciuti a questa figura, per prassi amministrativa, dalla costante giurisprudenza e soprattutto nel rispetto della vigente legislazione.
In secondo luogo (…) l’avvocato di un ente pubblico, per intuibili ragioni connesse alle esigenze di patrocinio, è spesso costretto ad assentarsi dal posto di lavoro per raggiungere le sedi giudiziarie dove pendono le controversie in cui è parte l’ufficio da lui rappresentato ed è evidente quanto siffatta necessaria mobilità sia in contrasto con gli obblighi, ma anche con le formalità ed i tempi legati ad un (obbligatorio) utilizzo del badge» e, deve aggiungersi, con la preventiva comunicazione dei servizi esterni a sua volta incompatibile con la spesso non prevedibile esigenza di prestare la propria attività professionale fuori della sede di servizio interno.
«Infine, a definitivo conforto della tesi qui esposta, vale la pena di ricordare che la giurisprudenza – dalla quale non vi è motivo di discostarsi in questa sede – ha costantemente affermato i principi sopra condivisi (cfr., da tempi risalenti, in materia di sistemi di rilevazione automatica della presenza degli avvocati degli enti pubblici questo Tar Campania, Napoli, Sez. II, 4 dicembre 1996 n. 560, secondo cui :”Il provvedimento col quale l'Inps dispone che anche i dipendenti appartenenti al ruolo legale soggiacciano alle medesime procedure di rilevazione automatica delle presenze vigenti per il restante personale, è da considerasi illegittimo perché il lavoro esterno che in talune occasioni può essere richiesto al detto personale, non può giustificare metodi di accertamento del rispetto dell'orario di servizio differenti.”»
Questi motivi inducono all’accoglimento del ricorso, e, per l’effetto, all’annullamento in parte qua del provvedimento impugnato, regolando le spese in dispositivo secondo soccombenza.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla in parte qua l’atto con esso gravato.
Condanna il Comune di Marano di Napoli a rifondere a Tiziana Di Grezia le spese di lite liquidate in complessivi euro 1.000,00 (mille), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Domenico Nappi, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere
Alfredo Storto, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)