GIOCHI E SCOMMESSE:
il TAR Lecce rinvia alla Consulta
la decisione sulla legittimità costituzionale
del c.d. distanziometro della Regione Puglia
(leggi ludopatia)
(T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I,
ordinanza collegiale 22 luglio 2015, n. 2529)
Breve commento
Dopo la sentenza n.407/2015 del TAR Bologna, sembra che la decisione in commento di profili un mutamento di giurisprudenza, sia amministrativa che, credo, costituzionale.
Ricapitolando: la sentenza della Corte Costituzionale n. 300/2011 aveva portato molte Regioni ad emanare, al fine di tutelare la "salute" - materia ricompresa nella legislazione concorrente ex art. 117 co. 3 Cost. -, leggi regionali di contrasto alla "ludopatia" tramite la previsione di "distanze minime" (variabili; solitamente 500 metri) dai "luoghi sensibili" (chiese scuole, etc.).
A loro volta, molti Comuni, sulla base di espresse od implicite disposizioni di tali leggi, hanno emanato regolamenti in materia, spesso prevedendo anche limiti più stringenti (il TAR Roma ha annullato il regolamento del Comune di Genova che prevedeva una distanza minima di ben 1.000' metri!).
Ora il predetto revirement: il TAR Lecce ritiene, difatti, che spetti allo Stato assicurare la tutela della salute in maniera uniforme, anche alla luce della nozione di "ordine e sicurezza pubblici" ai sensi dell'art. 117 co. 2 lett. h) Cost., in cui rientra anche "l'incolumità pubblica".
Senza dimenticare il "decreto Balduzzi" (il d.l. n. 158/2012), che prevedeva un coinvolgimento di Regioni e Comuni in materia, ma non abilitava affatto quest'ultime ad agire in maniera disorganica e parcellizzata...
Ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce
- Sezione Prima
ha
pronunciato la presente
ORDINANZA
sul
ricorso numero di registro generale 2992 del 2014, proposto da:
Gilupi
srl , Chiriatti Tiziano & C Snc, rappresentate e difese dagli avv. Oronzo
Marco Calsolaro, Eugenio Gianluca Retucci, con domicilio eletto presso Oronzo
Marco Calsolaro in Lecce, Via Imbriani, 36;
contro
Comune
di Melendugno, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto De Giuseppe e presso lo
studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Lecce, Via Pietro Marti,
9/A;
Questura di Lecce, Aams - Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato Roma e Agenzia delle Dogane Roma, rappresentate e difese per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliate presso la sede di quest’ultima in Lecce, Via Rubichi;
Ministero dell'Interno, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Regione Puglia;
Questura di Lecce, Aams - Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato Roma e Agenzia delle Dogane Roma, rappresentate e difese per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliate presso la sede di quest’ultima in Lecce, Via Rubichi;
Ministero dell'Interno, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Regione Puglia;
per
l'annullamento
dell'ordinanza
n. 19 del 30/9/2014 del Responsabile del Servizio Commercio del Comune di
Melendugno, trasmessa con nota prot. n. 19540 del 30/9/2014 (notificata al sig.
Chiriatti in data 1/10/2014); di ogni altro atto presupposto, connesso e/o
consequenziale, ed ove occorra: della predetta nota di trasmissione prot. n.
19540 del 30/9/2014; dell'autorizzazione al trasferimento rilasciata dal
Questore di Lecce prot. n. DIV.PAS. Cat. 13/B-14 dell8/5/2014; della nota della
Questura di Lecce di pari data e protocollo inviata al Comune di Melendugno;
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di:Comune di Melendugno, Questura di
Lecce, Aams - Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato Roma e Agenzia delle
Dogane Roma;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 la dott.ssa Patrizia Moro e
uditi per le parti i difensori Oronzo M. Calsolaro, anche in sostituzione di
Eugenio G. Retucci, Roberto De Giuseppe, Giovanni Pedone.;
I.
Le società ricorrenti deducono quanto segue:
la
soci. Gi.Lu.Pi. srl è concessionaria di 20 diritti di gioco sportivo ex art.38
c.2 d.l. 4.7.2006 n.223, uno dei quali è stato affidato alla Società Chiriatti
Tiziano & C. snc la quale, titolare di licenza di somministrazione al
pubblico di alimenti e bevande dal 20.2.1990, a far data dal 24.8.2012 è stata
autorizzata dal Questore a esercitare anche l’attività di raccolta di scommesse
lecite;
a
seguito di sfratto, quest’ultima ha chiesto ad AAMS di essere autorizzata a
trasferire il punto vendita di tale diritto da via Pertini n.108 (vecchia sede)
nei nuovi locali di via Olimpiadi 67, ottenendo positivo riscontro da parte di
AAMS, che ha autorizzato il trasferimento con atto del 19.3.2014; con atto
dell’8.5.2014 il Questore di Lecce ha autorizzato la medesima società a
trasferire l’attività di raccolta scommesse nella nuova sede.
Tuttavia,
con comunicazione del 22.5.2014, il Comune di Melendugno ha rappresentato
l’impossibilità di autorizzare l’esercizio dell’attività di raccolta scommesse
nel nuovo locale, stante l’asserito contrasto con l’art.7 L.R.43/2013 e,
successivamente, ha adottato la gravata ordinanza con cui ha imposto la
sospensione delle attività di raccolta delle scommesse sportive in quanto i
nuovi locali sono ubicati a meno di 500 metri da un istituto scolastico, in
violazione dell’art.7 della L.43/2013.
Avverso
tale atto è insorta la ricorrente con il ricorso all’esame deducendo le
seguenti censure:
Violazione
e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 88 e 110 comma 6
lett.a) del R.D. n.773/1931, dell’art.38 del d.l. n.223/2006, dell’art. 7,
comma 8, 9 e 10 del d.l. n.158/2012 e degli artt. 7 e 10 L.R.43/2013 –
violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.3 e 6 della
L.241/1990 – eccesso di potere per difetto di motivazione – difetto istruttoria
– erronea presupposizione.
Secondo
le ricorrenti, il sistema di contrasto alla ludopatia introdotto con il d.l.
suindicato si fonda su più strumenti di lotta, articolati nella distinzione tra
attività di raccolta di scommesse e attività di raccolta di gioco praticato
mediante gli apparecchi di cui all’art.110 comma 6 lett.a) del Tulps, ossia le
c.d. “slot-machines”; solo per questi ultimi è prevista la progressiva
ricollocazione fisica ove siano situati in prossimità di luoghi ritenuti
sensibili(scuole, chiese, ospedali).
Inoltre,
sarebbero vietati solo gli esercizi ubicati in un raggio inferiore, e non
uguale, a cinquecento metri.
Poiché
la ricorrente è stata autorizzata a svolgere l’attività nell’agosto 2012, prima
dell’entrata in vigore della L.R.43/2013, avrebbe errato il Comune a ritenere
l’applicabilità di tale ultima disciplina regionale, non essendo mai cessata,
né scaduta l’autorizzazione.
Viene
altresì dedotta l’incostituzionalità della normativa regionale per:
-
violazione degli artt. 117 c.1 e c.2 lett.e) rilevandosi l’impossibilità per le
regioni di compromettere il livello di tutela della concorrenza assicurato
dalla legge statale atteso che la numerosità dei luoghi sensibili rispetto a un
comune di piccole dimensioni finisce per inibire l’apertura di centri
all’interno del perimetro urbano;
-
violazione degli artt.76 e 117 c.3 della Costituzione in quanto il decreto
Balduzzi, che si inserisce nella materia della “Tutela della salute” ha
ripartito le competenze di ciascun ente coinvolto nel procedimento di
ricollocamento geografico dei centri di raccolta del gioco, laddove al Ministero
dell’economia e delle Finanze è delegato/riservato il compito di fissare, con
proprio decreto, i principi che presiedono all’individuazione dei criteri di
progressiva ricollocazione della rete fisica di raccolta del gioco, di concerto
con il Ministro della salute e previa intesa sancita in sede di conferenza
unificata Stato –Regioni-Autonomie Locali;
- è
stato violato “un principio fondamentale stabilito dallo Stato per la tutela
della salute”, trattandosi di una “misura di profilassi igienico-sanitaria a
carattere generale”.
-
Violazione dell’art.117 c.3 sotto altro profilo, in quanto la norma regionale
equipara i centri di raccolta scommesse e i centri di raccolta gioco mediante
slot-machines in palese frontale contrasto con il principio definito dalla
norma statale in relazione alla ricollocazione dei soli centri di raccolta del
gioco mediante slot-machines e solo in relazione a concessioni aggiudicate dopo
l’11 novembre 2012;
-
Violazione dell’art.3 della Costituzione e dei principi di uguaglianza e
ragionevolezza.
Violazione
e falsa applicazione degli artt.3,6,7 e 10 l.241/1990 – violazione e falsa
applicazione del combinato disposto degli artt.88 e 110 comma 6 lett.a) del
R.D. n.773/1931, dell’art.38 del d.l. n.223/2006, dell’art. c.8 e 9 e 10 del
d.l. n.158/2012 e degli artt. 7 e 10 L.R.n.43/2013- violazione e falsa
applicazione del trattato UE e dell’art. 117 c.2 lett.e della Cost. –
violazione del principio del giusto procedimento e del principio di
partecipazione al procedimento amministrativo – eccesso di potere per carenza e
illogicità della motivazione, per difetto istruttorio
Le
ricorrenti deducono il deficit motivazionale del provvedimento impugnato in
quanto lo stesso avrebbe dovuto disapplicare la normativa regionale.
Con
atto depositato in giudizio in data 5 gennaio 2015 si è costituito in giudizio
il Comune di Melendugno insistendo per la reiezione del ricorso.
II.
Pregiudiziale, rilevante e non manifestamente infondata si pone la questione di
costituzionalità dell’art.7 della L.R. 43/2013, atteso che l’applicazione della
stessa impedisce alle ricorrenti di ottenere il bene della vita richiesto,
ossia il trasferimento dell’attività di raccolta di scommesse lecite ai locali
di via Olimpiadi, in quanto posti alla distanza di 500 metri da un istituto
scolastico.
II.I.
In particolare, in punto di pregiudizialità e rilevanza, basti rilevare
l’infondatezza delle censure proposte dalle ricorrenti con riferimento ai
seguenti profili:
-
non è condivisibile il rilievo espresso nel primo motivo di ricorso secondo il
quale solo per i centri di raccolta in cui si effettui l’attività di gioco
praticato con le “slot machines” sarebbe prevista la ricollocazione fisica
delle attività situate in prossimità dei luoghi ritenuti sensibili, in quanto
l’art.7 della L.R.43/2013 (nel prevedere che “ L'esercizio delle sale da gioco
e l'installazione di apparecchi da gioco di cui all'articolo 110, comma 6, del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, emanato con regio decreto 18
giugno 1931, n. 773, nonché ogni altra tipologia di offerta di gioco con
vincita in denaro sono soggetti al regime autorizzatorio previsto dalle norme
vigenti.2. Fuori dai casi previsti dall'articolo 110, comma 7, del r.d.
773/1931, l'autorizzazione all'esercizio non viene concessa nel caso di
ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la
distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi
di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili, centri sociali o altri
istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o
semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e, inoltre,
strutture ricettive per categorie protette. L'autorizzazione è concessa per
cinque anni e può essere chiesto il rinnovo dopo la scadenza”) include nel
divieto tutti gli apparecchi idonei per il gioco lecito inseriti
nell’art.110.c.6 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, emanato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 nonché la raccolta di scommesse sportive.
-
non è condivisibile neppure l’assunto secondo il quale non sarebbe incluso nel
divieto l’esercizio posto a 500 metri dal luogo sensibile, atteso che
l’accezione “l'autorizzazione all'esercizio non viene concessa nel caso di
ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri” appare significare
la necessità di una distanza minima non inferiore a 500 metri;
-
quanto all’applicazione della normativa suindicata alla fattispecie, se è pur
vero che, all’entrata in vigore della stessa, l’autorizzazione della ricorrente
non era scaduta, pur tuttavia, il richiesto trasferimento presso altra sede ha,
di fatto, concretizzato l’esame dell’istanza ex novo stante la necessità
dell’istruttoria in relazione a uno dei presupposti fondanti l’autorizzazione
medesima, ossia l’idoneità del locale;
-
quanto al difetto motivazionale, la censura non è fondata in quanto l’iter
logico-giuridico seguito dalla P.A. è facilmente ricostruibile.
L’impossibilità
di accogliere le suindicate censure, comporta la pregiudizialità e rilevanza
della questione di costituzionalità dell’art.7 della L.R.43/2013, atteso che la
stessa impedisce il rilascio dell’autorizzazione nel raggio di cinquecento
metri dai luoghi sensibili e quindi impedisce l’accoglimento dell’istanza delle
ricorrenti.
III.
Circa la non manifesta infondatezza della questione, il collegio ritiene che
l’art.7 della l.43/2013 nel prevedere che “2. Fuori dai casi previsti
dall'articolo 110, comma 7, del r.d. 773/1931, l'autorizzazione all'esercizio
non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a
cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti
scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e
centri giovanili, centri sociali o altri istituti frequentati principalmente da
giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito
sanitario o socio-assistenziale e, inoltre, strutture ricettive per categorie
protette”, si ponga in contrasto con l’art.7 c.10 D.L. 158/2012, convertito con
modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189.
Tale
disposizione prevede che “10. L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato
e, a seguito della sua incorporazione, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli,
tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche
relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da
strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri
socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita
in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti
della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di
cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio
decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano
territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano
relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite
successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della
dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle
strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del
relativo bando. Ai fini di tale pianificazione si tiene conto dei risultati
conseguiti all'esito dei controlli di cui al comma 9, nonché di ogni altra
qualificata informazione acquisita nel frattempo, ivi incluse proposte motivate
dei comuni ovvero di loro rappresentanze regionali o nazionali” .
Risulta
quindi evidente che, mentre la disposizione regionale in esame prevede una
immediata entrata in vigore del divieto in esame, la norma statale ne
differisce l’effettiva entrata in vigore per le nuove concessioni alle
pianificazioni da attuarsi in conformità delle medesime disposizioni, in
assenza delle quali, non vi sarebbero impedimenti alla collocazione di esercizi
in prossimità dei luoghi sensibili.
III.I.
Il Collegio non ignora l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale in
materia, secondo il quale la lotta alla ludopatia va indubitabilmente ascritta
alla materia dell'ordine pubblico e della sicurezza (così Corte Cost., 26
febbraio 2010 n. 72 e 22 giugno 2006 n. 237, nonché Cons. Stato, Sez. VI, 18
aprile 2007 n. 1772) e quello di recente espresso nella sent.300/2011- con la
quale si è affermato che : A. le finalità perseguite dalla Provincia di Bolzano
con le disposizioni della legge n. 13 del 2010, a tutela di soggetti ritenuti
maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di
tipo sanitario o socio-assistenziale, e prevenzione di forme di gioco
cosiddetto compulsivo, nonché di effetti pregiudizievoli per il contesto
urbano, la viabilità e la quiete pubblica, "valgono a differenziare le
disposizioni impugnate dal contesto normativo, in materia di gioco, di cui si è
già occupata questa Corte -sentenze n. 72 del 2010 e n. 237 del 2006-, rendendo
la normativa provinciale in esame non riconducibile alla competenza legislativa
statale in materia di "ordine pubblico e sicurezza"; materia che, per
consolidata giurisprudenza della Corte, attiene alla "prevenzione dei
reati ed al mantenimento dell'ordine pubblico", inteso questo quale
"complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici
primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale"
- sentenza n. 35 del 2011"; B. gli interessi pubblici primari, che vengono
in rilievo nell'art. 117, comma 2, lettera h), Cost. sono "unicamente gli
interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile:
risultando evidente come, diversamente opinando, si produrrebbe una smisurata
dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in crisi
la stessa ripartizione costituzionale delle competenze legislative, con
l'affermazione di una preminente competenza statale potenzialmente riferibile a
ogni tipo di attività. La semplice circostanza che la disciplina normativa
attenga a un bene giuridico fondamentale non vale, dunque, di per sé, a
escludere la potestà legislativa regionale o provinciale, radicando quella
statale"; C. le disposizioni della legge regionale n. 13 del 2010
"hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto
pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell'ordine
pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto,
delle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori
psicologicamente più deboli, nonché dell'impatto sul territorio dell'afflusso a
detti giochi degli utenti"; pertanto tali disposizioni "non incidono
direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su
fattori, quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità, che
potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti
psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti
alla capacità suggestiva dell'illusione di conseguire, tramite il gioco,
vincite e facili guadagni).
In
conclusione, il Collegio ritiene, che, a seguito dell’entrata in vigore del
c.d. decreto Balduzzi, le disposizioni volte alla prevenzione della ludopatia,
rientrino nell’ambito della tutela della salute, materia rimessa dall’art. 117,
terzo comma, della Costituzione alla competenza concorrente dello Stato e delle
Regioni.
Invero,
il c.d. Decreto Balduzzi (decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito
in legge 8 novembre 2012, n. 189) , al fine di assicurare un "più alto
livello di tutela della salute", ha:
disposto
l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza estendendoli alle
prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione da ludopatia, come definita
dalla stessa norma (art. 5);
adottato
specifiche "misure di prevenzione per contrastare la ludopatia"
disciplinando le forme pubblicitarie, introducendo divieti e controlli per
contrastare il gioco minorile, nonché, come già detto, affidando all'Agenzia
delle dogane e dei monopoli la pianificazione di forme di progressiva ricollocazione
dei punti della rete fisica di raccolta del gioco territorialmente prossimi a
"istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e
ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi".
Appare
quindi evidente che la norma statale citata abbia inteso prevedere misure di
prevenzione della ludopatia proprio al fine di tutelare il diritto della
salute, diritto che, in base all’ art. 117, comma 3 Cost., trova la sua
disciplina fondamentale nella legislazione nazionale, spettando alle regioni di
concorrere al completamento delle regole nel rispetto dei principi fondamentali
posti dalla legislazione statale.
Nella
specie, l’art.7 l.R.43/2013, nel disporre l’immediata entrata in vigore delle
norme in materia di distanza dai luoghi sensibili, contraddice l’art.7 c.10
D.L.158/2012, che invece demanda l’applicazione della nuova disciplina alla
pianificazione ivi prevista( pianificazione che vede il coinvolgimento di
diversi soggetti e che invece la L.R. pretermette del tutto) così violando “un
principio fondamentale stabilito dallo Stato per la tutela della salute”.
Del
resto, la giurisprudenza ha in effetti evidenziato che, coerentemente con le
esigenze tutelate - medesime sull'intero territorio del Paese -, gli strumenti
di contrasto della ludopatia devono trovare la loro disciplina di base a
livello centrale ed essere inseriti nel sistema della pianificazione nazionale,
entro i cui limiti poi opereranno gli enti locali, fermo restando il potere dei
sindaci di adottare ordinanze contingibili e urgenti in caso di situazioni di
effettiva emergenza (v. TAR Veneto, Sez. III, 16 aprile 2013 n. 578).
Se
la materia della "tutela della salute" è soggetta alla competenza
legislativa concorrente delle Regioni, sicchè queste possono provvedere a
dettare regole di settore in coerenza con la disciplina statale e con i
relativi principi fondamentali, è riservato allo Stato il potere di fissare
livelli di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale, restando ferma la
possibilità per le Regioni di stabilire livelli di tutela più elevati per il
raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (cfr. in tal senso T.A.R.
Lombardia 4.4.2012 n. 1006; T.A.R. Puglia 7.12.2012 n. 2100; Corte Cost. 5
marzo 2009, n. 61; Corte Cost. 14 marzo 2008, n. 62).
Nella
specie, non si è trattato di fissare limiti più rigorosi di tutela ma si è
stabilita la immediata entrata in vigore di misure per le quali la legge
nazionale aveva invece disposto la necessità di un procedimento pianificatorio
con il coinvolgimento di tutti i soggetti indicati nel citato art.7 c.10 del
D.L.
IV.
Sotto altro profilo, il Collegio ritiene che continuino a sussistere dubbi in
ordine alla costituzionalità dell’art.7 della L.R.43/2013, sempre in relazione
al contrasto con l’art. 7.c.10 del D.L. 158/2012 (con modificazioni, dalla L.8
novembre 2012, n. 189.) per violazione dell’art.117, comma 2, lett. h), della
Costituzione, che attribuisce allo Stato la competenza legislativa in materia
di “ordine pubblico e sicurezza” in quanto la norma regionale citata comunque
incide sugli esercizi che accettano scommesse ( come nella specie ), cioè su
esercizi soggetti al controllo dell’autorità di P.S. ex art. 88 R.D. 773/1931.
Peraltro,
il controllo esercitato dall’Autorità di pubblica sicurezza in ordine al
rilascio di concessioni/autorizzazioni ex art.88 è un controllo che investe una
pluralità di interessi, tutti diretti al mantenimento dell’ordine pubblico e
della sicurezza, mediante la verifica della sussistenza di una serie di
requisiti soggettivi e oggettivi del richiedente la concessione.
Proprio
la sussistenza di tali requisiti soggettivi e oggettivi deve essere verificata
dall’Amministrazione statale in vista del mantenimento dell’ “ordine pubblico e
sicurezza” , ossia nell’ambito dell’attività finalizzata alla prevenzione dei
reati e al mantenimento dell’ordine pubblico.
Del
resto con la sentenza 222/2006, la Corte Costituzionale ha ritenuto che il
criterio
teleologico
adottato nell’individuazione dei contenuti della materia “sicurezza” mantenga
comunque una notevole capacità penetrativa della potestà legislativa statale
nelle materie di competenza regionale,con un intervento di tipo trasversale e
potenzialmente espansivo su
altre
materie di competenza regionale. Questo implica allora che le Regioni non
possono approvare o applicare leggi o provvedimenti, che, benché vertenti su
altre materie di competenza regionale, comportino anche effetti che
direttamente o indirettamente vanifichino o neutralizzino quelle misure
amministrative adottate dall’amministrazione statale che siano previste o
consentite da leggi statali aventi l’obiettivo di prevenire il compimento di
reati, al di fuori dei casi e dei modi nei quali la stessa legge statale
consenta alla Regione di introdurre simili riduzioni.
Con
sentenza 237/2006, la Corte ha ritenuto fuori da ogni dubbio che “la disciplina dei
giochi d’azzardo, ma, inevitabilmente, anche quella relativa ai giochi che, pur
presentando un elemento aleatorio e distribuendo vincite, non sono ritenuti
giochi d’azzardo (si tratta delle ipotesi di cui al comma 6 dell’art. 110
TULPS) sia riconducibile alla materia dell’ordine pubblico e della sicurezza
pubblica di cui all’art. 117, comma 1, lett. h), Cost.”.
Con
sentenza 21/2010, la Corte ha affermato che la materia della sicurezza di cui
all’art. 117, comma 2, lett. h), della Cost., “non si esaurisce nell’adozione
di misure relative alla prevenzione e repressione dei reati, ma comprende la
tutela dell’interesse generale alla incolumità delle persone, e quindi la
salvaguardia di un bene che abbisogna di una regolamentazione uniforme su tutto
il territorio nazionale” ed ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale di una
disposizione
di legge statale che attribuiva al Ministro dello sviluppo economico il potere
di emanare decreti volti a disciplinare tutti gli impianti posti all’interno di
edifici (impianti elettrici, radiotelevisivi,di riscaldamento, ecc.), in quanto
volti a tutelare gli utilizzatori degli impianti medesimi, garantendo la loro
incolumità, nonché l’integrità delle cose.
Peraltro,
nella specifica materia, la limitazione stabilita dalla legge regionale,
comporta inevitabili restrizioni agli esercizi commerciali de quibus;
restrizioni che, in comuni di ridotte dimensioni demografiche e territoriali,
incidono notevolmente impedendone di fatto l’esercizio, così intervenendo sulla
concessione ex art.88 R.D.773/1931.
IV.I.Sotto
altro profilo vi è da rilevare che la L.R. 43/2013 incide sulle concessioni ex
art. 88 cit., in contrasto con quanto previsto dall’art. 7 c.10 D.L.158/2012,
sia sotto il profilo sostanziale, che su quello temporale.
In
particolare, la norma statale prevede che “10. L'Amministrazione autonoma dei
monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l'Agenzia delle dogane
e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di
criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e
secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri
socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita
in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti
della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di
cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio
decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano
territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano
relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite
successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della
dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle
strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del
relativo bando”.
Pertanto,
sotto un profilo sostanziale mentre la norma statale prescrive che la
progressiva ricollocazione riguardi solo gli apparecchi di cui all'articolo
110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del
1931, (Ossia quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti
rilasciato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione
autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete
telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, si
attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti
di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia
e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali
insieme con l'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che
consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso
della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di
gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della
partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi
e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non
superiore a 100 euro, erogate dalla macchina), l’art.7 della L.R.43/2013
prevede che le restrizioni ivi indicate riguardino tutti gli “apparecchi da
gioco di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, emanato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonché ogni altra
tipologia di offerta di gioco con vincita in denaro soggetti al regime
autorizzatorio previsto dalle norme vigenti.”( ossia oltre quelli di cui alla
lett.b dell’art.110 c.6 R.D.773/1931, soggetti al rilascio del titolo
amministrativo, anche la raccolta di scommesse, soggetta al rilascio del titolo
di polizia ex art. 88 R.D. n. 773/1931)
Sotto
un profilo temporale, inoltre, mentre la il D.L.158/2012 prevede che le nuove
disposizioni si applichino esclusivamente alle concessioni di raccolta di gioco
pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto e valgano, per ciascuna nuova concessione, in funzione
della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari,
delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla
data del relativo bando, l’art.7 della L.R. 43/2013 dispone che
l'autorizzazione all'esercizio non venga più concessa nel caso di ubicazioni in
un raggio non inferiore a cinquecento metri, sin dalla sua entrata in vigore.
Dal
che discende che l’applicazione della normativa regionale in assenza degli
strumenti di raccordo e pianificazione previsti dal c.10 d.l.158/2012 di fatto
incide del tutto ingiustificatamente sui valori costituzionali innanzi
esplicitati.
V.
Le considerazioni suindicate comportano quindi, a giudizio del Collegio, la non
manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art.7
L.R.43/2013 in relazione all’art.7 c.10 D.L.158/2012 determinando la violazione
degli artt.117 c.3 e 117, secondo comma, lettera h) Cost.
Il
giudizio deve quindi essere sospeso, stante la pregiudizialità della questione,
e va rimessa alla Corte Costituzionale la relativa questione di legittimità.
Spese
al definitivo.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
a)rimette
alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art.
7 L.R.43/2013 nella parte di cui in motivazione, in relazione all’art.7 c.10
D.L.158/2012, per violazione degli artt.117 c.3,117, secondo comma lettera h);
b)
sospende il giudizio;
c)
dispone che, a cura della Segreteria, gli atti del giudizio siano trasmessi
alla Corte Costituzionale e che il presente atto sia notificato alle parti e al
Presidente della Giunta Regionale della Puglia, e sia comunicato al Presidente
del Consiglio Regionale della Puglia.
Spese
al definitivo.
Così
deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Antonio
Cavallari, Presidente
Patrizia
Moro, Consigliere, Estensore
Roberto
Michele Palmieri, Referendario
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
22/07/2015
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)