PROCESSO:
giudice di ultima istanza
e rimessione alla Corte di Giustizia
"ex" art. 267 TFUE
(Cons. St., Sez. V,
sentenza 18 giugno 2015, n. 3102)
Massima
1. Se è ben vero che il testo dell'art. 267 TFUE pone una distinzione tra giudici di merito e giudici di ultima istanza dalla quale sembra far discendere che, in caso il rinvio per pregiudizialità sia richiesto al giudice di ultima istanza, esso non sia libero di valutare se rimettere o meno la questione di pregiudizialità all'esame della Corte di Giustizia, ma sia tenuto ad effettuare la rimessione («Quando una questione del genere è sollevata in un giudico pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte»), deve tuttavia rilevarsi che tale obbligo di rimessione non comporta un automatico ed indiscriminato rinvio da parte del giudizio di ultima istanza alla Corte di Giustizia di qualsiasi questione pregiudiziale di interpretazione di norme dell'Unione che venga sollevata dalle parti, specie se non motivata, priva di rilevanza nel caso concreto o manifestamente infondata.
2. E’ stato sottolineato (Cass. SS.UU. n. 20701 del 2013) infatti che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea non costituisce un rimedio giuridico esperibile automaticamente a sola richiesta delle parti, spettando solo al giudice stabilirne la necessità, spettando pertanto al giudice di ultima istanza un potere–dovere di delibare la questione al fine di impegnare la Corte di Giustizia soltanto con questioni che siano effettivamente rilevanti e necessarie ai fini della decisione, ovvero che siano pertinenti e rilevanti nel caso concreto, non siano già state sollevate in riferimento a fattispecie analoghe, non siano manifestamente infondate e non siano volte impropriamente a sollecitare un mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale da parte della Corte di Giustizia in senso favorevole al richiedente.
3. Orbene nel caso di specie la delineata infondatezza, alla stregua delle osservazioni svolte, dei motivi di gravame su cui sono imperniate le questioni oggetto della richiesta pregiudiziale, rendono le questioni stesse non rilevanti e non pertinenti ai fini della decisione della controversia in questione e pertanto ostano alla richiesta di rimessione delle questioni stesse alla Corte di Giustizia.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 460 del 2012, integrato da motivi aggiunti,
proposto dalla s.p.a. Impresa Pizzarotti e C., in proprio e quale mandataria
dall’a.t.i., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Caia, Mario Sanino, Vito
Salvadori ed Alberto Salvadori, con domicilio eletto presso lo studio
dell’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180; nonché dalla s.p.a.
Italiana Condotte dell'Acqua, dalla s.p.a. Ghella, dalla s.p.a. Seli; dalla
s.p.a. Siemens, dalla s.p.a. Gemmo, dalla s.a. Contrucciones Y Auxiliar De
Ferrocarrillo, dalla s.a. Rpat Developpment, dalla s.r.l. Geodata Engineering,
dalla s.p.a. Net Engineering, dalla s.r.l. Piacentini Ingegneria, in persona
dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e
difesi dagli avvocati Giuseppe Caia, Vito Salvadori, Mario Sanino ed Alberto
Salvadori, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Sanino in
Roma, viale Parioli, n. 180;
contro
Il
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato
e difeso dagli avvocati Maria Rita Surano, Maria Teresa Maffey, Elisabetta
D'Auria e Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato
Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;
Comune di Milano -Commissariato per l'emergenza del traffico e della mobilità nella città di Milano;
Comune di Milano -Commissariato per l'emergenza del traffico e della mobilità nella città di Milano;
nei
confronti di
La
s.p.a. Impregilo, in proprio e quale capogruppo mandataria dall’a.t.i., in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e
difeso dagli avvocati Piergiorgio Alberti, Riccardo Villata, Alberto Rho,
Maurizio Zoppolato e Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso lo
studio dell’avvocato Benedetto Giovanni Carbone in Roma, via degli Scipioni,
n.288;
la sp.a. Astaldi, –la s.p.a. Ansaldo Sts, la s.p.a. Ansaldobreda, la s.p.a. Azienda Trasporti Milanesi, la s.p.a. Sirti;
la sp.a. Astaldi, –la s.p.a. Ansaldo Sts, la s.p.a. Ansaldobreda, la s.p.a. Azienda Trasporti Milanesi, la s.p.a. Sirti;
per
la riforma
del
dispositivo di sentenza del T.A.R. Lombardia, Sede di Milano, Sez. III, n.
235/2012, resa tra le parti, concernente l’affidamento della concessione e
della gestione della Linea Metropolitana Milanese 4;
Visti
il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano e della s.p.a.
Impregilo, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’a.t.i.;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2015 il Cons. Carlo Saltelli e
uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Caia, Mario Sanino, Elisabetta
D'Auria, Alberto Rho, Riccardo Villata, Maurizio Zoppolato, Piergiorgio Alberti
e Benedetto Carbone;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.
Con la sentenza n. 458 del 10 febbraio 2012, preceduta dalla pubblicazione del
dispositivo n. 235 del 19 gennaio 2012, il TAR per la Lombardia, sez. III,
nella resistenza del Comune di Milano e della s.p.a. Impregilo (in proprio e
quale capogruppo mandataria dell’ATI con le s.p.a. Astaldi, Ansaldo Sts,
Ansaldobreda, Azienda Trasporti Milanesi e Sirti), ha deciso il ricorso,
integrato da tre atti per motivi aggiunti, proposto dalla s.p.a. Impresa
Pizzarotti e C. (in proprio e quale mandataria dell’ATI con le società Italia
Condotte dell’Acqua, Clf,, Ghella, Seli, Siemens, Gemmo, Contrucciones y
Auxiliar De Ferrocarillo Sa, Net Engineering, Rpat Developpment Sa, Geodata
Engineering e Piacentini Ingegneria, d’ora in avanti anche solo ATI Pizzarotti
o l’appellante), per:
a)
l’annullamento degli atti con cui il Comune di Milano ha aggiudicato, prima
provvisoriamente (determinazione n. 403/2011 PG 400934/2011), e poi
definitivamente (determinazione n. 613/2011 PG 596808/2011 dell’8 agosto 2011),
all’ATI Impregilo la concessione di costruzione e gestione della linea
metropolitana n. 4 di Milano, oltre a tutti gli atti presupposti (tra cui
l’ammissione dell’aggiudicataria, i verbali di gara e quelli di apertura delle
buste economiche, concernenti l'esame della relativa offerta; la lettera 12
luglio 2011, PG 52287112011, sulla comunicazione della stipula del contratto;
il bando per l'affidamento della concessione di costruzione, ove interpretato
nel senso di non prevedere che per avvalersi dei requisiti delle imprese
collegate occorre dimostrare la effettiva disponibilità dei mezzi necessari
all’esecuzione dell’appalto; la lettera di invito dell'ATI Impregilo; i verbali
relativi alla prequalifica ed in particolare quelli della IV seduta riservata
del 1° luglio 2009, della V seduta riservata del 3 luglio 2009, della VII
seduta riservata del 27 luglio 2009, della VIII seduta riservata del 28 giugno
2010, laddove si accerta che sono presenti i documenti inerenti al possesso dei
requisiti da parte dell'ATI Impregilo si dà atto del possesso dei requisiti; la
delibera di Giunta comunale 2 agosto 2011, n. 1929; i verbali di gara e l'atto
di nomina della commissione, nella parte non hanno escluso l’ATI Impregilo
ovvero le hanno attribuito un punteggio maggiore di quello assegnato all’ATI
Pizzarotti; l'atto con cui ATM, società in house del Comune di Milano, ha
aderito all'ATI Impregilo);
b)
l’accertamento ex art. 121 c.p.a. dell’inefficacia del contratto stipulato con
l’aggiudicataria e dell’obbligo dell’amministrazione di emanare i provvedimenti
conseguenti, ivi compresa l’aggiudicazione dell’appalto in suo favore;
c)
il risarcimento del danno causato dai provvedimenti impugnati, in forma
specifica o per equivalente.
Il
TAR ha respinto il ricorso principale, il secondo ed il terzo ricorso per
motivi aggiunti, ritenendo infondati i motivi di censura sollevati; ha
dichiarato irricevibile per tardività il primo ricorso per motiva aggiunti,
notificato il 16 agosto 2011; ha altresì dichiarato improcedibile il ricorso
incidentale, integrato da motivi aggiunti, spiegato dall’ATI Impregilo.
2.
Avverso il predetto dispositivo di sentenza, l’ATI Pizzarotti ha proposto
appello con riserva di motivi.
Dopo
la pubblicazione della sentenza, l’ATI Pizzarotti ha formulato motivi aggiunti,
deducendo l’erroneità alla sentenza sulla base di sei articolati motivi di
gravame, con cui ha riproposto le censure sollevate in primo grado ed ha
ribadito altresì anche la domanda di risarcimento del danno, sia in forma
specifica che per equivalente, nonché quella di inefficacia del contratto
stipulato con l’aggiudicataria.
Ha
resistito al gravame il Comune di Milano, che ne ha chiesto il rigetto,
deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza, con conferma della impugnata
sentenza.
L’ATI
Impregilo (poi ATI Salini Impregilo) si è costituita in giudizio, deducendo
l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, ed ha proposto appello
incidentale, con cui ha riproposto le censure formulate con il ricorso
incidentale di primo grado (integrato da motivi aggiunti e dichiarato
improcedibile per carenza di interesse a causa del rigetto del ricorso
principale), chiedendone l’accoglimento, con conseguente riforma della sentenza
impugnata e declaratoria di inammissibilità del ricorso principale dell’ATI
Pizzarotti.
3.
Con l’ordinanza cautelare n. 567 dell’8 febbraio 2012, è stata respinta la
domanda cautelare di sospensione del dispositivo della sentenza impugnata.
4.
Nell’imminenza dell’udienza di trattazione, le parti hanno puntualmente
illustrato le proprie rispettive tesi difensive con apposite memorie,
replicando a quelle avverse.
All’udienza
pubblica del 24 febbraio 2015, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
5.
La controversia all’esame della Sezione concerne il procedimento per la
selezione del socio operativo, ovvero di più soci, della società mista da
costituirsi tra il Comune di Milano e soggetti privati (ai sensi dell’art.
37 quinquies della legge 11 febbraio 1994, n. 109) per
l’affidamento della concessione di costruzione e gestione della linea 4 della
Metropolitana di Milano, ai sensi del D. Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, per la
prima tratta funzionale, da Lorenteggio a Sforza Policlinico, indetta con bando
di gara approvato dal Commissario delegato per l’emergenza del traffico e della
mobilità del Comune n. 606 del 23 maggio 2006.
Il
Commissario straordinario delegato «per l’evento Expo 2015» con decreto n. 3 del
4 maggio 2010 ha autorizzato la costituzione della s.p.a. SPV linea M4, per la
progettazione, la realizzazione e la gestione dell’intera Linea 4 della
Metropolitana di Milano, nonché l’estensione alla seconda tratta della linea M4
(da «Sforza Policlino» a «Linate») della procedura ad evidenza pubblica già
avviata, alle condizioni previste per la prima tratta.
Sono
state tutte «prequalificate» le imprese concorrenti che hanno presentato
domanda (C.m.b. Società Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi, in A.T.I.
con Consorzio Cooperative Costruzioni, le s.p.a. Alstom Ferroviaria, Maire
Engineering, Todini Costruzioni generali, Tecnicmont e F.N.M.; Impregilo, in
A.T.I. con Astaldi, Torno Internazionale, Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari,
S.I.R.T.I., Ansaldobreda e Azienda Trasporti Milanesi; Impresa Pizzarotti &
C. in A.T.I. con Società Italiana per condotte d’acqua, C.L.F., Ghella,
S.E.L.I., Siemens, Gemmo, Construcciones y Auxiliar de Ferrocarilles S.A., Net
Engineering, RATP Developpement S.A., Geodata., Piacentini Ingegneri).
Solo
due di esse, l’A.T.I. Impregilo e l’A.T.I. Pizzarotti, hanno effettivamente
partecipato alla successiva fase della procedura e, all’esito della valutazione
delle rispettive offerte, è risultata aggiudicataria l’A.T.I. Pizzarotti.
6.
Ciò premesso, la Sezione ritiene che l’appello sia infondato e vada respinto.
6.1.
Con il primo articolato motivo di gravame, l’A.T.I. Pizzarotti, reiterando
sostanzialmente la censura sollevata nel giudizio di primo grado, a suo avviso erroneamente
respinta dai primi giudici, sostiene che l’A.T.I. Impregilo avrebbe dovuto
essere esclusa dalla gara, perché avrebbe illegittimamente partecipato alla
associazione temporanea la s.p.a. Azienda Trasporti Milanese, le cui azioni
risultano possedute al 100% dal Comune di Milano.
Tale
A.T.M. avrebbe infatti contribuito attivamente alla redazione del progetto
posto a base d’asta, con specifico riferimento alla quantificazione del flusso
di traffico della linea metropolitana ipotizzata (trattandosi di un elemento
indispensabile per la definizione del piano economico finanziaria su cui si
basa l’offerta economica); al coordinamento ed allo sviluppo del progetto
definitivo dell’interscambio con la stazione di San Babila della linea M1; alla
stazione tipologica a cielo aperto, la cui effettiva consistenza sarebbe stata
determinata proprio dalla s.p.a. ATM; alle «prescrizioni» da impartire in sede
di prefattibilità ambientale per sottrarre il progetto alla valutazione di
impatto ambientale, imperniate sulla previsione di un programma di manutenzione
di mezzi e rotaie basato su dati in possesso della sola ATM (e mai resi noti
agli altri concorrenti); alle generiche e sommarie indicazioni dei locomotori
utilizzabili sulla linea, limitate all’indicazione del tipo, Badoni e Greco,
senza alcuna ulteriore dato, salvo il rinvio ai disegni (di tali locomotori) di
ATM, disegni peraltro neppure essi diffusi.
Ciò,
secondo la tesi dell’appellante, avrebbe determinato una inaccettabile ed
ingiusta posizione di vantaggio per l’A.T.I. aggiudicataria, di cui è parte
anche A.T.M., il che ne avrebbe imposto l’esclusione immediata o tutt’al più
previo contraddittorio, all’esito cioè dell’apprezzamento e del riscontro della
sua incontestabile posizione che determinava la violazione dei principi di
concorrenza e di parità di trattamento; d’altra parte sarebbero non
condivisibili le argomentazioni con cui i primi giudici hanno aderito alle tesi
difensive del resistente Comune di Milano e dell’aggiudicataria, che avrebbero
sminuito immotivatamente il decisivo ruolo svolto da ATM nella predisposizione
degli atti posti a base della gara.
Le
prospettazioni dell’appellante, ancorché suggestive, sono infondate, sicché si
può prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità, sollevata al
riguardo dall’appellato Comune di Milano.
6.1.1.
Va premesso che l’atto di appello ha richiamato principi di per sé
effettivamente rilevanti, in tema di gare per l’affidamento di lavori pubblici,
servizi e forniture.
L’interesse
pubblico alla scelta del miglior contraente possibile va perseguito nel
rispetto dei principi, anche di natura comunitaria, di libera concorrenza,
parità di trattamento e di trasparenza, di cui all’art. 2, comma 1, del D. Lgs.
12 aprile 2006, n. 163 (corollari peraltro dei principi di imparzialità e buon
andamento dell’azione amministrativa, sanciti dall’art. 97 della Costituzione):
nel rispetto del principio di legalità, devono essere evitate o comunque
opportunamente valutate tutte quelle situazioni di incompatibilità che possano
concretamente intaccare i principi di trasparenza, libertà di concorrenza e
parità di condizioni (di cui all’art. 2359 c.c. e all’art. 90, comma 8, del D.
Lgs. n. 163 del 2006).
Ciò
posto, va riaffermato anche come tali situazioni di incompatibilità, proprio
perché incidono sugli altrettanto fondamentali principi di libertà di impresa e
di iniziativa economica, oltre che sulla concorrenza, debbano risultare oggetto
di specifica ed inequivoca prova (anche sulla base di elementi di fatto
indizianti, gravi, precisi e concordanti).
Inoltre,
secondo quanto stabilito dall’art. 2697 c.c., in tema di ripartizione
dell’onere della prova, spetta a chi deduce la sussistenza di una situazione di
incompatibilità l’onere della relativa prova [in tema, Cons. Stato, sez. V, 17
luglio 2014, n. 3779, secondo cui, qualora «non si tratti di una delle ipotesi
di incompatibilità legislativamente cristallizzate e in assenza di una clausola
limitativa contenuta nella disciplina di gara (il bando era meramente
riproduttivo della norma indicata), si deve ritenere, in applicazione delle
coordinate elaborate dalla giurisprudenza comunitaria (ex multis cfr. Corte di
Giustizia in cause riunite C 21/03 e 34/03 Fabricom SA contro Belgio; Corte di
Giustizia in causa C-538/07, Assitur contro Camera di commercio, industria e
Artigianato di Milano), che si sia al cospetto di una presunzione legale iuris
tantum da vincere attraverso una prova liberatoria da parte del
soggetto sospettato di versare in una condizione di indebito vantaggio competitivo,
con la conseguenza che incombe su chi invoca la pretesa situazione di
incompatibilità dimostrare in concreto i vantaggi tratti in sede di
partecipazione alla gara dall'affidamento precedentemente conseguito].
6.1.2.
Nel caso di specie, è contestata la partecipazione all’A.T.I. Impregilo della
s.p.a. A.T.M. non in quanto società interamente partecipata dal Comune di
Milano, ma «solo» in ragione del fatto del suo dedotto «ruolo preponderante» e
comunque assolutamente decisivo che avrebbe rivestito nella redazione del
progetto posto a fondamento della gara, dando così luogo ad un ingiusto
vantaggio concorrenziale per la citata A.T.I. aggiudicataria, a causa dei dati
e delle informazioni di cui era in possesso e che non sarebbero stati messi a
disposizione di tutti i concorrenti, violando così anche principio fondamentale
in tema di procedure ad evidenza pubblica costituito dalla parità dei
concorrenti.
Al
riguardo, a prescindere da ogni considerazione sulla eccepita (ad opera delle
parti appellate) marginalità degli elementi sintomatici della posizione di
incompatibilità di A.T.M., si deve rilevare come l’appellante non abbia fornito
alcuna sicura, oggettiva ed inequivocabile prova né dell’effettiva redazione
del progetto in quanto tale posto a base di gara da parte di A.T.M., né
dell’eventuale effettiva situazione di vantaggio di cui avrebbe fruito l’A.T.I.
aggiudicataria proprio per la presenza nella sua compagine di A.T.M., non
assurgendo le circostanze rappresentate neppure al rango di elementi fattuali
gravi, precisi e concordanti.
6.1.2.1.
In tal senso non può essere innanzitutto apprezzata la circostanza che nel
progetto preliminare (lotto 1, allegato M4 – 0331) si legge che «la
quantificazione del flusso di traffico che viene a gravare sulla linea ipotizzata
sia stata fatta da A.T.M. mediante i consueti processi di simulazione o di
assegnazione in rete e sulla base dei dati O/D aggiornati e calibrati con la
mobilità futura».
Al
riguardo, si deve confermare la valutazione con cui il TAR ha dato rilievo alla
tesi della difesa del Comune di Milano, secondo cui il flusso del traffico
stimato da ATM (gestore del servizio di trasporto pubblico locale) è riferito
all’anno 2003 e che quei dati sono stati poi autonomamente aggiornati e
rielaborati dalla s.p.a. M.M. (autrice del progetto posto a base di gara).
Inoltre,
la ratio decidendi dei primi giudici non è stato oggetto di
una convincente confutazione con l’atto di appello, in cui è stata
semplicemente riproposta la censura di primo grado.
In
ogni caso, ritiene il Collegio che l’elaborazione dei dati concernenti il
flusso di traffico (e cioè la potenziale utenza della Linea 4 della
Metropolitane di Milano) non può essere considerata come un elemento di per sé
idoneo a dimostrare la conoscenza del progetto posto a base di gara,
costituendo solo uno degli elementi del progetto stesso e peraltro neppure
particolarmente determinante o decisivo, se non ai diversi fini della razionale
valutazione di avviare o meno l’attività di progettazione preliminare dell’opera,
così che non può essere considerato un elemento fattuale grave, preciso e
concordante della partecipazione alla redazione del progetto posto a base di
gara (indipendentemente dall’eventuale suo rilievo ai fini della
predisposizione del piano economico – finanziario, come dedotto
dall’appellante).
6.1.2.1.
Ad identiche conclusioni deve giungersi anche con riferimento alla questione
concernente la progettazione della stazione di interscambio San Babila e a
quella della stazione per i servizi collaterali per l’utenza,
Quanto
alla prima, l’affermazione contenuta nell’all. AK – 0002 (secondo cui «il
progetto definitivo con la stazione San Babila della linea M1 è stato
coordinato e sviluppato con ATM»), non prova affatto che quest’ultima abbia
effettivamente comunque partecipato alla redazione del progetto posto a base di
gara, tanto più che quel periodo, suggestivamente sottolineato dall’appellante,
continua aggiungendo le ulteriori parole: «tenuto conto delle modifiche che la
stessa ha recentemente realizzato nella stazione M1 per inserire un ampio
spazio commerciale all’interno del mezzanino della stazione M1. Si rimanda ai
lay out funzionali dell’interscambio (disegni dal n. AK-0100 al n. AK-0103)».
La
lettura dell’intero periodo, piuttosto che insinuare il dubbio di una indebita
partecipazione di ATM alla progettazione, induce piuttosto a ritenere che il
tracciato della nuova linea metropolitana M4 in quel punto interferisce con la
linea M1, gestita da ATM, che pertanto non poteva che evidenziare detta interferenza
e non poteva che rappresentare gli elementi idonei a rendere la nuova linea
metropolitana in parte qua coerente con quella già esistente.
Simili
considerazioni rilevano per le scelte già operate da ATM, gestore della linea
M1, per la progettazione della stazione tipologica, cui il progetto fa
riferimento, come sottolineato dalla difesa del Comune di Milano, per dare
uniformità e continuità progettuale al sistema delle metropolitane
complessivamente considerato e senza che, per converso, da quelle indicazioni
possano trarsi elementi, certi, seri ed inequivoci circa la conoscenza da parte
di ATM del progetto posto a base di gara.
6.1.2.3.
Il medesimo progetto - quanto alla problematica di mantenere il fenomeno
vibratorio sotto la soglia di percezione, soprattutto notturno, ed alla
conseguente necessità di un apposito accurato programma di manutenzione di
mezzi e rotaie - evidenzia (doc. AK – 0008) che «il programma non rientra nelle
competenze di Metropolitana Milanese S.p.A., ma in quelle del gestore ultimo
della linea», in tal modo rinviando ogni sua definizione ai concorrenti
(evidentemente anche e soprattutto in relazione alle modalità di realizzazione
della linea ed alle caratteristiche dei convogli utilizzati).
In
tal senso la circostanza rilevata in quel paragrafo 4 («Se fosse ATM Spa,
questo, per quanto di nostra conoscenza, possiede già i criteri di valutazione
del grado di usura, tal da permettere una manutenzione costante e
programmatica») non è prova della conoscenza del progetto da parte di ATM, ma
indica soltanto, al più, che quest’ultima è stata considerata in possesso
dell’esperienza necessaria (data dall’effettiva gestione della linea M1) per
potere predisporre un idoneo piano manutentivo nell’ipotesi che si rendesse
gestore anche della nuova linea metropolitana, esperienza peraltro che può aver
qualsiasi altro concorrente che abbia gestito o gestisca una linea di trasporto
ferroviario, soprattutto se metropolitana, senza perciò determinare alcun
vantaggio ingiusto per l’ATI aggiudicataria o una violazione della parità dei
concorrenti in gara.
Non
si può del resto negare che l’esperienza acquisita in un determinato settore,
desumibile attraverso le modalità più svariate (come nell’ipotesi di requisiti
di capacità tecnico – professionale artt. 40 ss., D. Lgs. n. 163 del 2006),
costituisca un requisito indispensabile per la stessa partecipazione alle
procedure pubbliche per l’affidamento di lavori, forniture e servizi.
6.1.2.4.
Infine deve rilevarsi che non è contestato che il progetto a base di gara non
abbia imposto ai concorrenti l’utilizzo sulla nuova linea metropolitana
specifici tipi di locomotori o di vettura, così che il riferimento contenuto a
locomotori di servizio di tipo Badoni o Greco è stato puramente indicativo, con
conseguente irrilevanza della mancata indicazione di altre caratteristiche
idonee o sufficienti per la valutazione delle ricadute progettuali, trattandosi
di aspetti tecnici che dovevano essere necessariamente ed esclusivamente
elaborati dai singoli concorrenti.
6.1.2.5.
Alla stregua delle osservazioni svolte, non possono trovare favorevole
considerazione neppure le invero apodittiche affermazioni secondo cui l’ATI
aggiudicataria avrebbe comunque goduto di una posizione di vantaggio,
determinata da una serie di conoscenze di dati e di informazioni da parte di
ATM, che quest’ultima non avrebbe messo a disposizione di tutti i concorrenti.
6.2.
Con il secondo motivo di gravame, riproponendo l’identica censura sollevata in
primo grado, il cui senso sarebbe stato travisato dai primi giudici,
l’appellante ha lamentato la violazione dei principi di imparzialità e di buon
andamento in relazione alla composizione della commissione di gara, di cui ha
fatto parte il direttore del Settore mobilità del Comune di Milano, sostenendo
in sintesi che, poiché quel funzionario intratteneva istituzionalmente rapporti
diretti con ATM (partecipata dal Comune di Milano, affidataria del trasporto
pubblico locale e della linee 1, 2 e 3 della Metropolitana) e non svolgeva
compiti meramente tecnici, tale situazione non avrebbe potuto non influire sui
giudizi che egli aveva espresso nella qualità di commissario di gara, tanto più
che il criterio dell’aggiudicazione della gara era quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa.
Ciò
del resto avrebbe trovato positiva conferma nell’art. 8, comma 8, del d.P.R. 7
settembre 2010, n. 168, e nell’articolo 4, comma 26, del D.L. 13 agosto 2011,
n. 138, convertito con modifiche nella legge 14 settembre 2011, n. 148, che
avrebbero una portata non innovativa, ma meramente ricognitiva dei ricordati
principi di rilievo costituzionale (art. 97).
Anche
tale censura deve essere respinta.
6.2.1.
Innanzitutto deve escludersi l’applicabilità al caso di specie delle
disposizioni invocate di cui al comma 26 dell’art. 4 del D.L. n. 138 del 2011,
convertito con modificazioni nella legge n. 148 del 2011, atteso che esse si
inquadrano nel diverso ambito dell’adeguamento della disciplina dei servizi
pubblici locali al referendum popolare ed alle normative dell’Unione Europea,
riguardando la gara per la gestione di un servizio pubblico locale.
Inoltre,
il successivo comma 27 del predetto articolo 4, stabilendo espressamente che «le
incompatibilità e i divieti di cui ai commi dal 19 al 26 si applicano alle
nomine e agli incarichi da conferire successivamente alla data di entrata in
vigore del presente decreto», ne ha escluso l’applicabilità anche ratione
temporis, il che rende irrilevante ogni considerazione sulla natura
innovativa o ricognitiva dei principi che ispirano le disposizioni stesse.
Sempre
alla diversa fattispecie della disciplina dei servizi pubblici locali, come
tale perciò non pertinente alla controversia in esame, attiene l’invocata
disposizione dell’art. 8, comma 8, del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, secondo
cui, «Nell'ipotesi in cui alla gara concorre una società partecipata
dall'ente locale che la indice, i componenti della commissione di gara non
possono essere né dipendenti né amministratori dell'ente locale stesso»,
principio che è funzionale alla distinzione tra funzioni di regolazione e
funzioni di gestione.
6.2.2.
Va dunque richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale (ex multis, in
generale, Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 325; sez. V, 24 luglio
2014, n. 2402) dal quale non vi è motivo di discostarsi, per il quale le
ipotesi di incompatibilità - in quanto danno vita ad una limitazione (sia pur
in ragione della necessaria tutela dell’interesse pubblico e dei principi di
imparzialità e buon andamento cui deve conformarsi l’attività amministrativa)
dell’attività dei pubblici funzionari incaricati di specifici e delicati
compiti, anch’essi funzionali e strumentali al corretto funzionamento
dell’amministrazione - sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili
di applicazione analogica.
Nel
caso di specie non si possono considerare sussistenti, né sono state provate,
nè le specifiche cause di incompatibilità di cui all’art. 84, comma 4, del D.
Lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui i commissari diversi dal Presidente della
commissione non possono aver svolto né possono svolgere alcun altra funzione o
incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui
affidamento si tratta), né quelle corrispondenti alle fattispecie che impongono
l’astensione, ai sensi dell’art. 51 c.p.c., richiamate dal successivo comma 7
del medesimo articolo 84.
Deve
anche aggiungersi che non è stato neppure provato che la Direzione Centrale
Mobilità, Trasporti, Ambiente alla quale è risultato preposto quale dirigente
il dott. Adriano Musitelli, peraltro presidente della commissione della gara in
questione, abbia svolto compiti e funzioni gestionali operative, tali da poter
incidere (e condizionare) effettivamente sui comportamenti e sulle attività di
A.T.M. con specifico riferimento alla realizzazione del progetto della linea 4
della Metropolitana di Milano, essendo rimaste prive di qualsiasi adeguata
confutazione le difese delle parti appellate secondo cui, per un verso,
quell’ufficio risultava competente solo per il controllo sulla gestione della
qualità dei servizi di trasporto pubblico locale e, per altro verso, il
predetto dirigente non avrebbe mai partecipato, come delegato
dell’amministrazione comunale o altra analoga funzione, alle assemblee della
s.p.a. A.T.M.
6.3.
Con il terzo motivo di gravame, l’A.T.I. Pizzarotti ha dedotto innanzitutto
l’erroneità della pronuncia di irricevibilità per tardività dei primi motivi
aggiunti, contestando poi il rigetto nel merito dei motivi di censura ivi
sollevati.
L’infondatezza
dei singoli motivi di censura riproposti esime tuttavia la Sezione dall’esame
della questione concernente la tempestività o meno del primo atto per motivi
aggiunti.
Al
riguardo si osserva quanto segue.
6.3.1.
Sotto un primo profilo, l’appellante, reiterando la censura formulata nel corso
di giudizio di primo grado e limitandosi a sostenere l’erroneità del suo
rigetto da parte dei primi giudici, ha sostenuto l’illegittimità
dell’aggiudicazione della gara in favore dell’A.T.I. Impregilo, giacchè
quest’ultima, in violazione del bando di gara, aveva semplicemente indicati i
soggetti di cui si sarebbe avvalsa per la redazione della progettazione che
sarebbe dunque stata eseguita all’esterno, senza indicare i progettisti
«interni».
La
tesi, come convincentemente rilevato dai primi giudici, non può essere accolta
ad
una attenta lettura delle disposizioni del bando di gara.
Effettivamente,
la lettera B del predetto bando stabilisce che «non è ammessa la candidatura di
soggetti che non intendano eseguire in proprio – cioè direttamente con la
propria organizzazione di impresa o indirettamente mediante le imprese
collegate a norma dell’art. 3 della Direttiva 93/37/CEE (art. 63 par. 2 della
dir. 2004/18/CE) – i lavori, le forniture e i servizi – (compresa la gestione
dell’infrastruttura) – oggetto della concessione. Non saranno pertanto
qualificati i soggetti che, non avendo i requisiti di cui ai punti A.1. e A.3.,
volessero sostituirli con i requisiti di cui al punto A.2 moltiplicati,
riservandosi di valersi di terzi appaltatori dei lavori, delle forniture e dei
servizi che, per le prestazioni rispettivamente affidate, presentino i
requisiti prescritti».
Tuttavia,
vanno richiamate anche le previsioni di gara concernenti i requisiti di
capacità tecnica, di cui rispettivamente ai punti A.1.4. (secondo cui i
concorrenti dovevano presentare «dichiarazione contenente indicante i tecnici o
gli organi tecnici, che facciano o meno parte integrante dell’impresa») e
A.1.5. (secondo cui i concorrenti dovevano presentare «dichiarazione indicante
le qualifiche professionali dei tecnici (singoli professionisti i associati, o
società di ingegneria) competenti per la fornitura dei servizi di ingegneria
relativi alla progettazione esecutiva dell’infrastruttura (opere ed impianti),
che abbiano titoli professionali adeguati alla bisogna»).
Tutte
tali previsioni inducono a ritenere che effettivamente, come ritenuto dai primi
giudici, per i servizi di ingegneria relativi alla progettazione esecutiva
dell’infrastruttura non sussistesse l’obbligo per i candidati di eseguirla
internamente con la propria diretta o indiretta organizzazione d’impresa.
Del
resto solo ove così interpretate le clausole in esame sfuggono ad una
altrimenti palese contraddittorietà e perplessità, laddove non è illogico ed
irragionevole che i candidati debbano necessariamente possedere al proprio
interno (anche indirettamente attraverso imprese collegate) le figure
professionali e gli organi tecnici necessari per l’effettiva realizzazione dei
lavori, forniture e servizi oggetto della concessione e che invece possano servirsi
di singoli professionisti anche associati o società di ingegneria (strutture di
cui è non neppure ipotizzabile l’esistenza all’interno di un’azienda) per la
redazione della progettazione esecutiva, senza che ciò dia luogo ad un’ipotesi
di subappalto, come suggestivamente, ma infondatamente sostenuto
dall’appellante.
6.3.2.
Quanto poi alla tesi dell’appellante, secondo cui l’ATI Impregilo avrebbe
dovuto essere esclusa per il mancato possesso dei requisiti di capacità
tecnica, essendosi avvalsa di imprese esterne in mancanza di un valido ed
idoneo titolo attestante la possibilità di avvalimento, va osservato che, in
realtà nel caso di specie, diversamente da quanto prospettato con il gravame,
non viene affatto in rilievo una specifica ipotesi di avvalimento.
Tale
non è infatti quella delineata dal punto 2 del bando di gara, che al punto A
(Requisiti di qualificazione) precisava che i requisiti ivi indicati dovevano
essere posseduti dai concorrenti «direttamente o indirettamente mediante le
imprese collegate a norma dell’art. 3 paragrafo 6 della direttiva 93/37/CEE del
Consiglio del 14 giugno 1993»: l’ultimo periodo del comma quattro di tale
articolo espressamente prevede che «per ‘impresa collegata’ s'intende qualsiasi
impresa su cui il concessionario può esercitare direttamente o indirettamente
un'influenza dominante o qualsiasi impresa che può esercitare un'influenza
dominante di un'altra impresa per motivi attinenti alla proprietà, alla
partecipazione finanziaria o alle norme che disciplinano l'impresa stessa.
L'influenza dominante è presunta quando un'impresa direttamente o
indirettamente, nei confronti di un'altra impresa: - detiene la maggioranza del
capitale sottoscritto dell'impresa, o - dispone della maggioranza dei voti
connessi alle partecipazioni al capitale dell'impresa, o - può designare più
della metà dei membri dell'organo di amministrazione, direzione o di vigilanza
dell'impresa».
Ciò
posto, poiché è pacifico e non contestato tra le parti che le dichiarazioni
rese dell’A.T.I. Impregilo riguardano la disponibilità relative ad imprese
collegate, nessun ragionevole dubbio può esservi sulla legittimità
dell’ammissione alla gara di quell’A.T.I. (tanto più che le imprese collegate
indicate hanno anche effettivamente a loro volta prodotto idonee dichiarazioni,
non contestate, circa il possesso dei requisiti di capacità tecnica, dal che
può del tutto ragionevolmente desumersi la sicura effettiva volontà delle
predette imprese collegate di mettere a disposizione delle controllanti le
risorse necessarie).
6.3.3.
Quanto infine al dedotto mancato possesso dei requisiti richiesti in capo alla
mandante Ansaldobreda, in quanto la fornitura del materia rotabile (relativa
alla metropolitana di Copenaghen) non sarebbe stato effettuato nel quinquennio
precedente il bando di gara, come è stato correttamente evidenziato dai primi
giudici (senza che sul punto sia svolta alcuna puntuale deduzione da parte
dell’appellante), deve ritenersi che l’attività effettivamente svolta da
Ansaldobreda nell’ambito del materiale rotabile (con il relativo collaudo)
fornito per la metropolitana di Copenaghen si è effettivamente dipanato tra il
2002 ed il 2005 e quindi nel quinquennio precedente il bando di concorso in
esame: ciò infatti ha trovato conferma nella lettera del 2 dicembre 2008,
versata in atti, della Metroselkabet (già Orestadselkabet Development
Corporation).
6.4.
Ugualmente da respingere è il quarto motivo di gravame, con cui l’A.T.I.
Pizzarotti ha dedotto l’illegittimità dell’aggiudicazione della gara all’A.T.I.
Impregilo per aver indebitamente beneficiato di beni pubblici in possesso di
ATM, quale affidatario e gestore del servizio di trasporto pubblico locale: ciò
con particolare riguardo al posto centrale di controllo, ai punti di
informazione (Infopoint) ed al centro di assistenza su chiamata, la cui
disponibilità da parte di ATM avrebbe sostanzialmente alterato la gara in
ragione della sua posizione dominante quale gestore delle esistenti linee della
metropolitana milanese.
Sul
punto, va innanzitutto rilevato come l’appellante non abbia dimostrato, com’era
suo onere, che l’utilizzo dei beni indicati (la cui rilevanza nell’ambito di
una gara tanto complessa, come non illogicamente dedotto dalle parti appellate,
può essere considerata marginale) abbia potuto effettivamente falsare la
concorrenza; occorre poi anche rilevare per un verso che, com’è pacifico tra le
parti, la s.p.a. A.T.M., per quanto partecipata dal Comune di Milano, non
svolge attività strumentale per quest’ultimo ed è stata costituita
principalmente per la gestione di servizi pubblici locali di trasporto, con
attività rivolta al mercato (così che non può dubitarsi della sua possibilità
di partecipare in regime di parità di trattamento con le imprese private) e,
per altro verso, che l’oggetto della gara di cui si discute non rientra in ogni
caso nell’ambito del trasporto pubblico locale, così che sotto questo profilo
non è ipotizzabile una eventuale posizione dominate di cui la stessa s.p.a. ATM
possa aver abusato per l’utilizzo dei beni di cui aveva la disponibilità.
D’altra
parte, quanto ai beni o alle utilità che avrebbero determinato tale
ingiustificata situazione di vantaggio (la sala controllo, gli infopoint ed il
centro di assistenza su chiamata, della cui natura pubblica peraltro non vi è
alcuna prova, essendo essi di proprietà privata, in quanto appartengono ad
A.T.M., mentre è irrilevante la loro strumentalità all’esercizio del servizio
di trasporto pubblico locale svolto da A.T.M.), deve rilevarsi che, come
sottolineato da Cons. Stato, sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4428, l’obbligo del
proprietario di una risorsa di rilievo economico di concederne l’uso a terzi
(essential facility doctrine) sussiste quanto la risorsa abbia carattere di
unicità ed essenzialità, sia cioè indispensabile per lo svolgimento dell'attività
da parte del soggetto richiedente; sia inoltre insostituibile e la sua
duplicabilità sia impossibile non solo per l'impresa che richiede l'accesso ma
per qualsiasi impresa o soggetto richiedente, con la precisazione che come
parametro di riferimento della mancanza di duplicabilità si pongono non già le
capacità economiche della singola impresa che aspira ad accedere alla risorsa,
ma quelle di un operatore medio del settore.
Orbene
nel caso di specie i beni e le utilità indicati dall’ATI appellante non
presentano affatto le delineate caratteristiche di unicità, essenzialità ed
insostituibilità; inoltre, come evidenziato dalla difesa del Comune, il posto
di controllo risulta solo fisicamente collocato vicino a quello delle linee già
in esercizio, ma dal punto di vista funzionale è costituito da apparecchiature
e sistemi tecnici ed informatici specificamente ed esclusivamente dedicati alla
linea M4, completamente automatizzata rispetto alle altre tre linee gestite da
ATM (così che in concreto nessuna situazione di indebito vantaggio può dirsi
realizzata in favore dell’ATI Impregilo per la partecipazione di ATM).
Quanto
agli infopoint ed al centro di assistenza, a riprova dell’inesistenza di una
situazione di asserito favore determinata dalla partecipazione di ATM all’ATI
Impregilo, entrambi i concorrenti in gara hanno ottenuto per le relative
offerte al riguardo l’identico punteggio (1 su 3 disponibile).
Sono
pertanto destituite di fondamento le dedotte violazioni dell’articolo 8 della
legge n. 287 del 1990 e della legge n. 422 del 1997.
6.5.
L’appellante ha poi formulato con quinto motivo di gravame la seguente istanza:
«Nella
denegata e non creduta ipotesi in cui Codesto Ecc.mo Consiglio di Stato ritenga
che l’ordinamento interno non precluda: - ad ATM progettista dell’opera, di
partecipare alla successiva gara per l’affidamento della concessione di
costruzione e gestione; - ad ATM di mettere a disposizione beni pubblici e/o
dei beni destinati ad uso pubblico, remunerati con denaro pubblico, almeno in
parte qualificabili come essential facilities, a vantaggio di un raggruppamento
privato, scelto arbitrariamente senza alcuna procedura di confronto
comparativo; si richiede sui predetti punti, la formulazione di istanza di
rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 Trattato
UE, al fine di sottoporre ad essa i seguenti quesiti: accerti la CGCE se in presenza
di chiare affermazione negli atti di gara sulla partecipazione di un soggetto
(ATM) alla progettazione di un’opera (M4), sia possibile che tale soggetto
partecipi alla successiva gara per l’assegnazione della concessione di
costruzione e gestione dell’opera, senza nemmeno alcun previo contraddittorio,
svolto in sede amministrativa, al fine di verificare se il progettista abbia
beneficiato di un flusso di informazioni riservate tale da falsare la
concorrenza. Stabilisca altresì la CGCE se sia doveroso escludere dalla gara
per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione un concorrente –
che dagli atti di gara risulta aver preso parte alla progettazione a monte –
nel momento in cui tale concorrente non produce alcun documento inerente alla
progettazione svolta, impedendo così a priori qualunque seria verifica sul
punto. Accerti ancora la CGCE se una società pubblica, che gestisce le
metropolitane cittadine (ATM) (con disponibilità esclusiva della sala di
controllo inerente al sistema ferroviario metropolitano e dei punti informativi
posti sulle linee), possa partecipare alla gara per la costruzione e gestione
di una nuova linea metropolitana (M4) individuando in modo arbitrario e senza
procedura comparativa un’impresa privata (l’ATI Impregilo) con la quale
associarsi ai fini della gara, attribuendo all’ATI così costituita il vantaggio
rappresentato dalla disponibilità dei beni di cui sopra. Accerti la CGCE se
tale situazione sia legittima ovvero se il diritto comunitario non imponga che
la disponibilità di tali beni sia invece attribuita a chi vince la gara, nel
rispetto del principio di parità di trattamento tra gli offerenti. Accerti,
infine, la CGCE se sia conforme al diritto comunitario, che qualora alla gara
acceda una società interamente detenuta dalla stazione appaltante, la
Commissione giudicatrice sia composto di soli funzionari della predetta
stazione appaltante».
Tale
istanza di rimessione pregiudiziale non può essere accolta.
Come
sottolineato dalla giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 1° aprile 2014, n.
7521), se è ben vero che il testo dell'art. 267 TFUE pone una distinzione tra
giudici di merito e giudici di ultima istanza dalla quale sembra far discendere
che, in caso il rinvio per pregiudizialità sia richiesto al giudice di ultima
istanza, esso non sia libero di valutare se rimettere o meno la questione di
pregiudizialità all'esame della Corte di Giustizia, ma sia tenuto ad effettuare
la rimessione («Quando una questione del genere è sollevata in un giudico
pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui
decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno,
tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte»), deve tuttavia
rilevarsi che tale obbligo di rimessione non comporta un automatico ed
indiscriminato rinvio da parte del giudizio di ultima istanza alla Corte di
Giustizia di qualsiasi questione pregiudiziale di interpretazione di norme
dell'Unione che venga sollevata dalle parti, specie se non motivata, priva di
rilevanza nel caso concreto o manifestamente infondata.
E’
stato sottolineato (Cass. SS.UU. n. 20701 del 2013) infatti che il rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea ai sensi dell'art. 267 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea non costituisce un rimedio
giuridico esperibile automaticamente a sola richiesta delle parti, spettando
solo al giudice stabilirne la necessità, spettando pertanto al giudice di
ultima istanza un potere–dovere di delibare la questione al fine di impegnare
la Corte di Giustizia soltanto con questioni che siano effettivamente rilevanti
e necessarie ai fini della decisione, ovvero che siano pertinenti e rilevanti
nel caso concreto, non siano già state sollevate in riferimento a fattispecie
analoghe, non siano manifestamente infondate e non siano volte impropriamente a
sollecitare un mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale da
parte della Corte di Giustizia in senso favorevole al richiedente (in senso
sostanzialmente conforme anche Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, n.
5542).
Orbene
nel caso di specie la delineata infondatezza, alla stregua delle osservazioni
svolte, dei motivi di gravame su cui sono imperniate le questioni oggetto della
richiesta pregiudiziale, rendono le questioni stesse non rilevanti e non
pertinenti ai fini della decisione della controversia in questione e pertanto
ostano alla richiesta di rimessione delle questioni stesse alla Corte di
Giustizia.
6.6.
Con l’ultimo motivo di gravame, l’ATI appellante ha infine riproposto le
censure concernenti l’erroneità e l’ingiustizia dei punteggi attribuiti dalla
commissione di gara alle offerte in competizione (relativamente al profilo
dell’impatto ambientale dei cantieri; alla riduzione dei tempi di consegna
della tratta Linate – S. Babila; all’item «accessibilità e percorsi
passeggeri»; all’item «Layout di impianti di servizio del pubblico» e
«disposizioni dei locali tecnici ed eventuali locali commerciali»; all’item
relativo alla caratterizzazione delle vie di corse con riferimento alle caratteristiche
di taglio delle vibrazione e della rumorosità; all’item «impatto costruttivo»;
alla valutazione dell’approccio tecnico al progetto), lamentando che le stesse
sarebbero state ingiustamente respinte dai primi giudici con motivazioni
affatto condivisibili.
Le
doglianze prospettate, indipendentemente dalla loro infondatezza, sono
inammissibili.
Infatti,
come ribadito anche recentemente da questa stessa Sezione (22 gennaio 2015, n.
257), «costituisce invero jus receptumche le valutazioni operate
dalle commissioni di gara delle offerte tecniche presentate dalle imprese
concorrenti, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte
al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano
manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate
su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti (Cons. St., sez.
V 26 marzo 2014, n. 1468; sez. III, 13 marzo 2012, n. 1409) ovvero ancora salvo
che non vengono in rilievo specifiche censure circa la plausibilità dei criteri
valutativi o la loro applicazione (Cons. St., sez. III, 24 settembre 2013, n.
4711)».
Gli
atti amministrativi espressione di valutazioni tecniche sono suscettibili di
sindacato giurisdizionale esclusivamente nel caso in cui l'amministrazione
abbia effettuato scelte che si pongono in contrasto con il principio di
ragionevolezza tecnica, aggiungendosi che non è sufficiente che la contestata
determinazione sia, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente
opinabile, in quanto il giudice amministrativo non può sostituire - in
attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri - proprie
valutazioni a quelle effettuate dall'autorità pubblica, quando si tratti di
regole (tecniche) attinenti alle modalità di valutazione delle offerte (Cons.
St., sez. VI, 7 maggio 2013, n. 2458).
Ciò
posto, va sottolineato che le censure sollevate dall'appellante, piuttosto che
dar conto del dedotto travisamento dei fatti ovvero dell'illogicità,
irragionevolezza, irrazionalità o arbitrarietà delle valutazioni operate dalla
commissione di gara, si limitano a contrapporre a queste ultime propri giudizi,
asseritamente corretti ed obiettivi, formulati in virtù di una altrettanto
soggettiva interpretazione dei criteri di attribuzione dei punteggi e dei
chiarimenti formulati su alcuni di essi da parte dell'amministrazione
appaltante: ciò costituisce un mero inammissibile dissenso dalle valutazioni
della commissione di gara, di per sé insuscettibile di dar luogo ad uno
scrutinio di legittimità dei giudizi della commissione.
7.
L’infondatezza dell’appello principale rende improcedibile per carenza di
interesse l’appello incidentale proposto dall’A.T.I. Impregilo (con cui sono
state sollevate censure in ordine all’ammissione alla gara dell’ATI
ricorrente).
Va
comunque precisato che tale gravame incidentale comunque risulta ammissibile
pur se proposto solo nei confronti del dispositivo, senza l’integrazione di
motivi aggiunti successivamente al deposito della sentenza, giacché con esso
sono stati solo riproposti i motivi del ricorso incidentale di primo grado, non
esaminato in quanto dichiarato improcedibile a causa del rigetto del ricorso
principale (così che nessun elemento nuovo è stato apportato sul punto dalla
conoscenza della motivazione della sentenza).
8.
In conclusione, sulla base delle osservazioni svolte l’appello principale deve
essere respinto e l’appello incidentale deve essere dichiarato improcedibile.
Le
spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sull’appello principale n. 460 del 2012, proposto dalla s.p.a.
Impresa Pizzarotti, in proprio e nella qualità in atti, e su quello incidentale
della s.p.a. Impregilo (poi divenuta s.p.a. Salini Impregilo), in proprio e
nella qualità in atti, avverso la sentenza del TAR per la Lombardia, sez. III,
n. 458 del 10 febbraio 2012, respinge l’appello principale e dichiara
improcedibile l’appello incidentale.
Condanna
la s.p.a. Impresa Pizzarotti al pagamento in favore del Comune di Milano e
della s.p.a. Impregilo, ora s.p.a. Salini Impregilo, delle spese del presente
grado di appello, che liquida complessivamente in €. 15.000,00 (quindicimila),
€. 7.500,00 (settemilacinquecento) ciascuna, oltre IVA, CPA ed altri accessori
di legge, se dovuti.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
|
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L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
18/06/2015
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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