PROCESSO:
l'ottemperanza
delle sentenze di condanna della P.A.
al pagamento di somme
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III "quater",
sentenza 2 luglio 2015, n. 8872)
Massima
1. L'art.
14, comma 1, d.l. n. 669 del 1996, convertito con l. n. 30 del 1997 pone un
precetto sostanziale: le Pubbliche Amministrazioni devono eseguire le sentenze
e ogni altro atto giurisdizionale aventi efficacia esecutiva e comportanti
l'obbligo di pagamento di somme di denaro senza attendere l'esecuzione forzata
e perciò entro il termine di 120 giorni dalla notificazione del titolo
esecutivo.
2. Correlativamente il secondo periodo dello stesso comma 1 pone un
precetto di natura processuale: il creditore di tali prestazioni non può
procedere ad esecuzione forzata, né alla notifica dell'atto di precetto (perché
quest'ultimo comporta ineluttabilmente ulteriori oneri patrimoniali per
l'esecutato, incrementando il debito per la sorte con i corrispondenti diritti
previsti dalla tariffa forense), prima che sia decorso il termine di 120 giorni
dalla notifica del titolo esecutivo.
3. Da una mera esegesi sistematica dei due
commi risulta chiaro che il loro combinato disposto ha inteso rendere
obbligatoria, sempre e in ogni caso, la preventiva notifica del titolo
esecutivo, come condizione di ammissibilità dell'esecuzione forzata.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione
Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 14112 del 2014, proposto da:
Beta Stepstone Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Brannetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Lisbona, 18;
Beta Stepstone Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Brannetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Lisbona, 18;
contro
Asl
101 - Rm/A;
per
l’ottemperanza
-
ai decreti ingiuntivi nn. 392/2008, 469/2008, 16/2009, 72/2009, 7645/2011,
428/2009, 11409/2011, 1199/2009 e 777/2008.
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 il dott. Alessandro
Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
In
accoglimento dei ricorsi presentati da ITOP Officine Ortopediche S.r.l., il
Tribunale di Tivoli emetteva nei confronti della ASL RM/A i seguenti decreti
ingiuntivi:
-
n. 392/2008, depositato il 15 ottobre 2008, con il quale veniva ingiunto il
pagamento di Euro 48.639,31, oltre interessi di legge come richiesti, nonché
spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 19 maggio 2009;
-
n. 469/2008, depositato il 20 novembre 2008 con il quale veniva ingiunto il
pagamento di Euro 86.747,63 oltre interessi moratori ex L. n. 231/2002, nonché
spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 20 febbraio 2009;
-
n. 16/2009, depositato il 19 gennaio 2009 con il quale veniva ingiunto il
pagamento di Euro 58.167,90 oltre interessi di legge come richiesti, nonché
spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 31 luglio 2009;
-
n. 72/2009, depositato il 18 marzo 2009 con il quale veniva ingiunto il
pagamento di Euro 50.101,25 oltre interessi di legge come richiesti, nonché
spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 23 giugno 2009.
Con
contratto di cessione del 19 febbraio 2009, ITOP cedeva alla ricorrente i
crediti vantati verso l’ASL di cui alle fatture liquidate nei decreti
ingiuntivi emessi dal Tribunale di Tivoli, Sezione staccata di Palestrina.
In
accoglimento del ricorso presentato dal Centro Ortopedico Romano Ce.O.R.
S.r.l., il Tribunale di Roma emetteva nei confronti della ASL RM/A il seguente
decreto ingiuntivo:
-
n. 7645/2011, depositato il 13 aprile 2011, con il quale veniva ingiunto il
pagamento di Euro 6.963,41, oltre interessi moratori ex L. n. 231/2002, nonché
spese di procedura ed accessori, dichiarato esecutivo in data 30 novembre 2012;
Con
contratto di cessione del 4 novembre 2010, il Centro Ortopedico Romano Ce.O.R.
S.r.l., cedeva alla ricorrente i crediti vantati verso l’ASL di cui alle
fatture liquidate nei decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Roma.
In
accoglimento del ricorso presentato da CIRAP 2000 S.r.l., il Tribunale di
Latina emetteva nei confronti della ASL RM/A il seguente decreto ingiuntivo:
-
n. 1199/2009, depositato il 10 agosto 2009, con il quale veniva ingiunto il
pagamento di Euro 3.077,60, oltre interessi legali, nonché spese di procedura
ed accessori, dichiarato esecutivo in data 11 febbraio 2010 e notificato in
forma esecutiva in data 26 marzo 2010;
In
accoglimento del ricorso presentato dalla MAFO Ortopedia Sanitaria Levantesi
S.r.l.., il Giudice di Pace di Albano Laziale emetteva nei confronti dell’ASL
di Latina:
-
il decreto ingiuntivo n. 428/2009;
-
il decreto ingiuntivo n. 777/2008, depositato l’11 dicembre 2008, con il quale
veniva ingiunto il pagamento di Euro 2.279,79 oltre interessi di mora ex L. n.
231/2002, dichiarato esecutivo in data 11 giugno 2009 e notificato in forma
esecutiva in data 28 luglio 2009;
In
accoglimento del ricorso presentato dalla Sanitaria Ortopedia Casilina
Fantauzzi S.r.l., il Tribunale di Roma emetteva nei confronti della ASL RM/A il
seguente decreto ingiuntivo:
-
n. 11409/2011, depositato il 6 giugno 2011, con il quale veniva ingiunto il
pagamento di Euro 16.800,02, oltre interessi moratori ex D.Lgs. n.231/2002,
nonché spese di procedura ed accessori.
Alla
camera di consiglio del 21 aprile 2015 il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
Il
ricorso è inammissibile con riferimento ai decreti ingiuntivi nn. 392/2008,
469/2008, 16/2009, 72/2009, 7645/2011, 428/2009, 11409/2011 in considerazione
della assenza di prova in merito alla notifica dei decreti ingiuntivi
dichiarati esecutivi (Cfr., per la necessità della notifica del titolo
esecutivo, Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 27 luglio 2012, n. 725 e, sullo
specifico profilo della notifica del decreto ingiuntivo, TAR Catania, Sez. I,
21 ottobre 2014, n. 2737).
Rileva
il Collegio come davanti al giudice ordinario l’esperimento dell'azione
esecutiva deve essere di norma preceduto dalla notifica, oltre che del
precetto, del titolo esecutivo (con poche eccezioni, previste dalla legge), in
relazione al disposto di cui art. 479 c.p.c.
Davanti
al giudice amministrativo, ai fini dell'esperimento del giudizio
d'ottemperanza, tale incombente, di norma, non è richiesto: l’art. 114 c.p.a.,
infatti, dispone che, anche nel giudizio d'ottemperanza, “L'azione si propone
con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti”
e che, comma 2 del cit. art. 114, “Unitamente al ricorso è depositato in copia
autentica il provvedimento di cui si chiede l'ottemperanza, con l'eventuale
prova del suo passaggio in giudicato”.
Nondimeno,
il giudizio di ottemperanza - che, per sua natura, è un giudizio c.d. misto: di
esecuzione e di cognizione - è, in molti casi, un giudizio anche di esecuzione.
Tra
questi casi, si annoverano certamente quelli in cui la parte ricorrente adisce
il giudice amministrativo per ottenere l'esecuzione di provvedimenti
giurisdizionali da cui scaturiscono obbligazioni pecuniarie della pubblica
amministrazione rimaste inadempiute.
Pure
in tali casi, non v'è dubbio che il giudizio di ottemperanza resti unicamente
regolato dalle proprie regole, senza interferenze di quelle
processualcivilistiche.
Ciò
non toglie che - per specifici ambiti, presi in considerazione dalla legge - le
modalità di esercizio del potere amministrativo sul piano sostanziale e,
correlativamente, le condizioni per la esperibilità del giudizio di ottemperanza
sul piano processuale, possano avere ulteriori fonti disciplinari esterne al
codice del processo amministrativo; che, sebbene cronologicamente ad esso
precedenti, non ne sono state caducate in ragione della loro specialità.
È
questo il caso del precetto normativo introdotto dal cit. art. 14, comma 1,
D.L. n. 669/1996, convertito con L. n. 30/1997, che trova applicazione anche al
giudizio di ottemperanza sulla base di una sostanziale identità di ratio con
l'esecuzione forzata regolata dal c.p.c., trattandosi di istituti che, ancorché
per vie e con risultati diversi, hanno ambedue ad oggetto l'adempimento di
obbligazione pecuniaria derivante dall'ordine del giudice (Cfr. Cons. Stato,
Sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1772; Cons. Stato, Sez. V, 9 marzo 2015, n. 1174;
TAR Lazio, Sez. I, 5 febbraio 2015, n. 2143).
Tale
disposto normativo, del resto, trova applicazione alle Aziende USL che sono
inserite, ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001, nell’ambito delle
Amministrazioni dello Stato (Cfr. art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001 secondo
cui “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni
dello Stato, ivi compresi (…) tutti gli enti pubblici non economici nazionali,
regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale”; vedi anche Tribunale Napoli, 25 settembre 2006 “Attesa la
natura di ente pubblico in senso stretto, non già economico, della ASL – la
quale non svolge attività imprenditoriale bensì persegue un preciso fine
istituzionale (porre in essere prestazioni di natura sanitaria ed
assistenziale) - trova applicazione, nei suoi confronti, l’art. 14 del d.l. 31
dicembre 1996 n. 669, sicché non si può procedere ad esecuzione forzata né alla
notifica dell’atto di precetto prima che sia decorso il termine ivi previsto”).
Osserva
il Collegio come l’art. 14, comma 1, ponga, palesemente, un precetto
sostanziale: le pubbliche amministrazioni devono eseguire le sentenze e ogni
altro atto giurisdizionale “aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo
di pagamento di somme di danaro” (in altri termini: i provvedimenti
giurisdizionali esecutivi da cui scaturiscono obbligazioni pecuniarie) senza
attendere l'esecuzione forzata e, perciò, “entro il termine di centoventi
giorni dalla notificazione del titolo esecutivo”.
Correlativamente
il secondo periodo dello stesso comma 1 pone un precetto di natura processuale:
il creditore di tali prestazioni non può procedere ad esecuzione forzata, né
alla notifica dell'atto di precetto (perché quest'ultimo comporta ineluttabilmente
ulteriori oneri patrimoniali per l'esecutato, incrementando il debito per la
sorte con i corrispondenti diritti previsti dalla tariffa forense), prima che
sia decorso il termine di centoventi giorni dalla notifica del titolo
esecutivo.
Da
una mera esegesi sistematica dei due commi, risulta chiaro che il loro
combinato disposto ha inteso rendere obbligatoria, sempre e in ogni caso, la
preventiva notifica del titolo esecutivo, come condizione di ammissibilità
dell'esecuzione forzata.
Proprio
perché si tratta di un precetto che ha, insieme, finalità e natura sostanziali
e processuali, sarebbe incongruo limitarne la portata unicamente al processo
esecutivo disciplinato dal codice di rito civile.
Peraltro,
scaturendo tale precetto da una fonte esterna a detto codice, la quale neppure
sul piano letterale reca alcun riferimento al processo esecutivo di cui
relativo libro III, sembra palesemente trattarsi di un precetto che debba avere
generale applicazione, dunque a prescindere dall'ambito giurisdizionale di cui
il creditore si avvalga per azionare esecutivamente il proprio credito.
Diversamente
opinando, infatti, sarebbe vanificata l'effettività del precetto nella sua
interezza (ossia anche in riferimento alla relativa porzione sostanziale),
giacché l'amministrazione non sarebbe posta in condizione di adempiere i propri
debiti, al netto di ogni ipotetico onere ulteriore, alla sola condizione di
esitare le procedure di pagamento nel termine fissato dal comma 1 di detto art.
14: e ciò, da un lato, perché, se non si ritiene obbligatoria la preventiva
notifica del titolo, tale termine neppure inizierebbe mai a decorrere; nonché,
dall'altro lato, perché la potenziale instaurazione immediata del giudizio di
ottemperanza (prima che le procedure di pagamento spontaneo, pur se tempestive
e sollecite, siano completate) potrebbe comportare - contro l'espressa volontà
del legislatore - l'implementazione del credito con le relative spese
giudiziali (che andrebbero liquidate in ogni caso in base alla soccombenza
virtuale; e di cui ormai il combinato disposto degli artt. 26 c.p.a. e 91
c.p.c. preclude, salvo ragioni eccezionali, ogni facoltà di compensazione).
D’altra
parte, affinché il decreto ingiuntivo acquisti efficacia esecutiva – e salva la
provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo – occorre un decreto del giudice
che ha pronunciato l’ingiunzione ai sensi del disposto di cui all’art. 647
c.p.c., non bastando, a tal fine, la semplice pronuncia del decreto ingiuntivo
la cui notifica risulta utile ai fini della eventuale opposizione ma non già
della attivazione della procedura esecutiva.
Non
v’è dubbio, dunque, che il decreto ingiuntivo, regolarmente notificato ai fini
della opposizione, debba essere rinotificato una volta divenuto esecutivo.
Ciò
induce a ritenere senz'altro, e riassuntivamente, che:
1)
l'obbligo della preventiva notifica del titolo esecutivo, nonché il correlativo
termine di grazia di centoventi giorni, stabiliti dal cit. art. 14, sussistono
in relazione a ogni credito pecuniario verso pubbliche amministrazioni;
2)
limitatamente a tale tipo di obbligazioni, senza la preventiva notifica del
titolo e finché pende il termine conseguente, "il creditore non può
procedere ad esecuzione forzata" in nessuna forma: né per espropriazione,
ai sensi del codice di procedura civile; né in sede di ottemperanza, ai sensi
del codice del processo amministrativo;
3)
altrimenti, se è stata omessa (come nel caso in esame) la preventiva
notificazione del titolo, l'esecuzione - in qualunque forma e sede essa sia
stata intrapresa - è inammissibile; ovvero, se sia stata attivata nella
pendenza del termine predetto, è improcedibile fino alla sua infruttuosa
scadenza;
4)
in ogni caso, la ragione ostativa dell'esecuzione forzata è soggetta a rilievo
d'ufficio, afferendo a una condizione dell'azione.
Il
ricorso, al contrario, deve essere accolto con riferimento ai decreti
ingiuntivi nn. 1199/2009 e 777/2008.
L’Azienda
sanitaria intimata, infatti, non ha adempiuto alla propria obbligazione e non
si è costituita in giudizio.
Occorre,
peraltro, rilevare che ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., è
ammissibile il giudizio di ottemperanza per i decreti ingiuntivi non opposti o
confermati in sede di opposizione (Cons. St., sez. V, 20 aprile 2012, n. 2334).
Il
decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari
della sentenza passata in giudicato, essendo impugnabile solo con la
revocazione o con l’opposizione di terzo nei limitati casi di cui all’art. 656
c.p.c., ha infatti valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione
del ricorso per l’ottemperanza (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2011, n. 5045;
Tar Pescara 3 giugno 2013, n. 310).
Né
potrebbe ritenersi che il pagamento del decreto ingiuntivo sia nel caso
all’esame del Collegio impedito dall’art. 3, d.l. 8 aprile 2013, n. 35,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l. 6 giugno 2013,
n. 64, recante disposizioni per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio
sanitario nazionale, tenuto conto che tali disposizioni, pur essendo state
dettate per regolare l’ordinato pagamento dei debiti delle Amministrazioni
sanitarie, non impediscono l’esercizio di azioni esecutive, rese poi possibili
dalla richiamata sentenza n. 186 del 12 luglio 2013 della Corte costituzionale,
che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 51, l.13
dicembre 2010, n. 220, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in quanto,
sospendendo prolungatamente (di proroga in proroga) la tutela esecutiva, non
solo vanificava gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai
creditori delle Aziende sanitarie locali, ma determinava anche disparità di
trattamento tra le parti. Effetto tipico della sentenza n. 186 del 2013 è il
venir meno con efficacia ex tunc della disposizione di legge incriminata e, con
esso, dell’impedimento alla tutela esecutiva assicurata, nel caso di specie,
dal giudizio di ottemperanza (Cons. St., sez. III, 24 dicembre 2013, n. 6237;
id. 10 dicembre 2013, n. 5888).
Non
può parimenti sostenersi che il Commissario ad acta nominato dal giudice non
potrebbe in ogni caso procedere al pagamento, dovendo essere seguito l’ordine
di priorità dei crediti stabiliti dalla Regione.
Sul
punto vale osservare che il Commissario ad acta è un ausiliare del giudice (ai
sensi degli artt. 21 e 114, comma 4, lett. d), c.p.a.), titolare di un potere
che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad
esecuzione; ne deriva che detto organo è legittimato, anche al di fuori delle
norme che governano l’azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti,
ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi in concreto
idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene
della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nel provvedimento
giurisdizionale da portare ad attuazione.
L’esigenza
di svincolare l’azione del Commissario dal rispetto dei vincoli procedurali
ordinari dell’azione amministrativa, anche con riguardo alla disciplina
procedimentale che regola l’emissione dei mandati di pagamento, trova conferma
decisiva nel principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela
di cui all’art. 24 Cost., oltre che nei principi, in tema di equità del
processo ed effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione
CEDU.
La
corretta attuazione di detti principi suggerisce, infatti, l’approdo ad una
soluzione esegetica che consenta la piena attuazione del precetto giudiziario
con il ricorso ad ogni determinazione idonea al concreto conseguimento dello
scopo, anche in deroga ai canoni ordinari dell’azione amministrativa (Cons.
St., sez. III, 7 giugno 2013, n. 3124; Id., sez. V, 1 marzo 2012, n. 1194; Tar
Milano, sez. III, 5 dicembre 2013, n. 2713).
Ciò
stante, il Collegio deve affermare l’obbligo della A.S.L. Roma C di dare
esecuzione ai decreti ingiuntivi nn. 1199/2009 e 777/2008, nei limiti di quanto
ancora dovuto e così come richiesto nel ricorso per ottemperanza.
Deve
altresì trovare accoglimento l’ulteriore richiesta di parte ricorrente relativa
alla debenza degli ulteriori interessi maturati e maturandi sulla sorte dovuta,
successivi alla data del passaggio in giudicato e sino all’effettivo soddisfo,
in applicazione dell’art. 112, comma 3, prima parte, c.p.a., secondo cui “può
essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell'ottemperanza,
azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi
maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza….” (Tar Lazio, sez. I,
18 ottobre 2013, n. 9028).
Per
l’ipotesi di ulteriore inadempienza alla scadenza del termine assegnato si
nomina sin d’ora il Segretario Generale del Ministero del lavoro o un
funzionario da lui delegato, Commissario ad acta per l’adozione degli atti di
esecuzione necessari, da compiersi entro giorni 60 (sessanta) dalla scadenza
del termine in precedenza fissato, a carico e a spese dell’Amministrazione
inadempiente.
A
detto Commissario l’Amministrazione dovrà tempestivamente comunicare l’avvenuto
adempimento.
Conseguentemente
e per i motivi esposti, il ricorso deve essere dichiarato in parte
inammissibile e, per la restante parte, deve essere accolto nei sensi di cui
alla motivazione.
Le
spese, in considerazione della reciproca soccombenza, possono essere compensate
per intero tra le parti.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,così
decide:
-
dichiara inammissibile il ricorso con riguardo ai decreti ingiuntivi nn.
392/2008, 469/2008, 16/2009, 72/2009, 7645/2011, 428/2009, 11409/2011;
-
dichiara l’obbligo della Azienda USL Roma C di dare esecuzione, entro il
termine di 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via
amministrativa della presente decisione, ai decreti ingiuntivi nn. 1199/2009 e
777/2008 secondo quanto indicato in motivazione.
-
dispone che, in caso di inutile decorso del termine assegnato per
l’ottemperanza, all’esecuzione della predetta sentenza provveda il Commissario
ad acta, nominato sin d’ora nella persona del Segretario Generale del Ministero
del lavoro o un funzionario da lui delegato, per l’adozione dei provvedimenti
di esecuzione entro ulteriori 60 (sessanta) giorni dalla scadenza del termine
assegnato ed eventualmente spirato.
-
pone a carico della stessa Amministrazione anche il compenso spettante a detto
Commissario ad acta, nella misura che il Collegio si riserva di quantificare a
conclusione dell’incarico affidatogli.
-
compensa le spese di lite.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Sapone, Presidente FF
Pierina Biancofiore, Consigliere
Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
02/07/2015
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)