PLENARIE & APPALTI:
ancora sull'applicabilità
dell'art. 31 del d.l. n. 69/2013
alle procedura di gara
ai sensi del D.Lgs. n. 163/2006
(Ad. Plen., sentenza 25 maggio 2016, n. 10)
Principio di diritto
1.
- In conformità al principio di diritto
espresso nelle sentenze di questa Adunanza Plenaria nn. 5 e 6 del 29 febbraio
2016, al quesito posto deve rispondersi nel senso di ritenere l’ambito di applicazione dell’art. 31 d.l. n. 69
del 2013 limitato ai rapporti fra ente previdenziale ed operatore privato
richiedente il rilascio del d.u.r.c.. Di conseguenza, va escluso che detta
disposizione abbia determinato una implicita modifica all’art. 38 d.lgs. n. 163
del 2006.
2.
- Il quesito può
esser, quindi, rinviando al principio di diritto espresso da questa Adunanza
Plenaria nelle sentenze nn. 5 e 6 del 2016. In quella sede,
l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato si è espressa nel senso di
ritenere che “Anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto
legge 21 giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio
dell'economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98,
non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale,
dovendo l’impresa essere in regola con l'assolvimento degli obblighi
previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e
conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e
del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un
eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L’istituto
dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già
previsto dall’art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora
recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21
giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente
previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al
DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità
dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) ai fini
della partecipazione alla gara d’appalto”.
3.
- In
tal modo è stato chiarito che l’art. 31 d.l. n. 69 del 2013 non ha modificato
la disciplina dettata dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006: la regola del
preavviso di d.u.r.c. negativo, dunque, non trova applicazione nel caso di
certificazione richiesta dalla stazione appaltante, ai fini della verifica delle
dichiarazioni rese dell’impresa partecipante. Il meccanismo, di cui al citato
art. 31 comma 8, si applica solo nei rapporti fra ente previdenziale ed
operatore economico richiedente, senza venire in rilievo nel caso in cui sia la
stazione appaltante a richiedere il d.u.r.c. ai fini della verifica circa la
regolarità dell’autodichiarazione.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato
la presente
SENTENZA
sul ricorso
numero di registro generale 20 di A.P. del 2015, proposto da:
Società Servizi Socioculturali Cooperativa Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, 5;
Società Servizi Socioculturali Cooperativa Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, 5;
contro
Società
Cooperativa Sociale Onlus Segni di Integrazione a r.l., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Girolamo Rubino,
Fabrizio Paoletti, con domicilio eletto presso Fabrizio Paoletti in Roma, viale
M. Pilsudski Nr.118;
nei confronti di
Provincia di
Verona, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv.
Giancarlo Biancardi, Stefano Gattamelata, Isabella Sorio, con domicilio eletto
presso Stefano Gattamelata in Roma, Via di Monte Fiore 22;
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avv. Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Carla D'Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano, Ester Sciplino, domiciliata in Roma, Via della Frezza, 17;
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avv. Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Carla D'Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano, Ester Sciplino, domiciliata in Roma, Via della Frezza, 17;
per la riforma
della sentenza
del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00218/2015, resa tra le parti,
concernente affidamento servizio di integrazione socio-didattica a favore di
allievi con disabilità sensoriali, anni scolastici 2014-2015 e 2015-2016.
Visti il ricorso
in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti
di costituzione in giudizio della Società Cooperativa Sociale Onlus Segni di
Integrazione a r.l., della Provincia di Verona, che ha proposto appello
incidentale e dell’ Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le
memorie difensive;
Visti tutti gli
atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2016 il Cons. Nicola Russo e uditi
per le parti gli avvocati Reggio D'Aci in dichiarata delega di Manzi, Lucia
Alfieri per delega di Rubino, e Gattamelata.;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Provincia di
Verona indiceva, in data 9 aprile 2014, una gara per l’affidamento del servizio
di integrazione didattica a favore degli allievi con disabilità sensoriali per
gli anni scolastici 2014/2015 e 2015/2016, da aggiudicarsi con l’offerta
economicamente più vantaggiosa. A questa procedura partecipavano la Società
Servizi Socio Culturali Cooperativa Sociale Onlus ed il R.T.I. composto dalla
Società Cooperativa Sociale Onlus Segni di Integrazione a r.l., in qualità di
mandataria, e dalla Società Cooperativa Sociale Elfo Onlus.
All’esito
dell’esame delle offerte e della attribuzione dei relativi punteggi, in data 26
maggio 2014, veniva disposta l’aggiudicazione provvisoria in favore del R.T.I..
Successivamente, la stazione appaltante provvedeva al controllo del possesso
dei requisiti di moralità di cui all’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006: nello
specifico, la stazione appaltante acquisiva il d.u.r.c. I.N.P.S. - I.N.A.I.L.
di Palermo - prot. n. 30364143 del 16 luglio 2014 - da cui risultavano alcune
irregolarità contributive ascrivibili alla Società Cooperativa Sociale Onlus
Segni di Integrazione a r.l..
Tale ultima
circostanza giustificava la comminazione dell’esclusione dalla procedura per il
R.T.I.: con la determinazione n. 2903 del 17 luglio 2014, oltre
all’estromissione dalla gara, veniva disposta l’escussione della cauzione
prestata dal R.T.I., nonché la segnalazione alla competente Autorità di
settore. Con il medesimo provvedimento veniva, altresì, aggiudicato
provvisoriamente il servizio, oggetto della procedura di gara, alla Società
Servizi Socio Culturali Cooperativa Sociale Onlus, seconda in graduatoria.
Con successiva
determinazione n. 3009 del 28 luglio 2014 il servizio veniva aggiudicato
definitivamente alla Società Servizi Socio Culturali Cooperativa Sociale Onlus,
alla quale era imposta una immediata esecuzione delle prestazioni scaturenti
dal contratto, stante l’imminenza dell’inizio dell’anno scolastico.
Con ricorso
r.g. n. 1241 del 2014, la Società Cooperativa Sociale Onlus Segni di
Integrazione a r.l. adiva il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto,
per un verso, lamentando l’illegittimità dei provvedimenti con i quali era
stata disposta l’esclusione dalla procedura del R.T.I. ed il contestuale
affidamento del servizio alla Società Servizi Socio Culturali Cooperativa
Sociale Onlus e, per altro verso, domandando la declaratoria di inefficacia del
contratto nel frattempo stipulato ed il subentro nel medesimo. I motivi di
censura afferivano, in primo luogo, alla sussistenza di un credito nei
confronti di una pubblica Amministrazione di ammontare superiore
all’esposizione debitoria nei confronti dell’ente previdenziale: l’applicazione
dell’art. 13-bis d.l. n. 52 del 2012 (convertito in l. n. 94 del 2012) avrebbe
consentito al R.T.I. di operare una compensazione idonea a regolarizzare la
propria posizione contributiva nei confronti dell’ente previdenziale. In
secondo luogo, il d.u.r.c. avrebbe dovuto considerarsi illegittimo in virtù
della mancata applicazione dell’art. 7 comma 3 del decreto del Ministero del
Lavoro del 24 ottobre 2007 e dell’art. 31 comma 8 del d.l. n. 69 del 2013
(convertito in l. n. 98 del 2013): le disposizioni citate avrebbero imposto,
prima di considerare definitivamente accertata l’irregolarità contributiva, un
previo invito alla sanatoria del debito gravante sulla Società Cooperativa
Sociale Onlus Segni di Integrazione a r.l..
Il Tribunale
territoriale, con la sentenza n. 218 del 23 febbraio 2015, dopo aver respinto
l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’I.N.P.S. ed affermato, dunque,
la sussistenza della giurisdizione amministrativa nella fattispecie de qua,
accoglieva nel merito il ricorso e, per l’effetto, annullava gli atti
impugnati, dichiarando l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato, e
disponeva il relativo subentro a favore della ricorrente: a sostegno della
decisione citata, il Tar richiamava l’omessa applicazione dell’art. 31 comma 8
d.l. n. 69 del 2013 (convertito in l. n. 98 del 2013), che non avrebbe
consentito di considerare definitivamente accertata la irregolarità
contributiva ed, in ultima analisi, invocando il principio di massima
partecipazione alle procedure di evidenza pubblica.
La Società
Servizi Socio culturali Cooperativa Sociale Onlus impugnava, con atto di
appello assistito da tre articolati motivi, la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale. In via preliminare, l’appellante sollevava il motivo,
già fatto valere in promo grado in via di eccezione e disatteso dal T.A.R.,
relativo al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento
alla legittimità e definitività del d.u.r.c.: stante la natura certificativa o
di attestazione, avente carattere meramente dichiarativo dei dati in possesso
dell’ente previdenziale, il d.u.r.c. rientrerebbe nell’alveo delle
dichiarazioni di scienza assistite da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700
c.c. e facenti fede fino a querela di falso. Da ciò dovrebbe desumersi la
giurisdizione ordinaria per ogni ipotesi di controversia concernente le
inesattezze e gli errori contenuti nel d.u.r.c..
Con il secondo,
articolato, motivo di gravame, la società appellante sostiene la erroneità del
richiamo all’art. 31 comma 8 del d.l. n.69 del 2013 effettuato dal giudice di
primo grado: la norma, nel caso di specie, non avrebbe potuto invocarsi per una
pluralità di motivi. Sotto un primo profilo, l’introduzione della citata
disposizione non potrebbe condurre ad una modificazione dell’art. 38 del d.lgs.
n. 163 del 2006, stante la necessità, a tal fine, di una espressa previsione
legislativa, come previsto dall’art. 255 del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006.
In secondo luogo, l’applicazione dell’art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013,
ipotizzato dal giudice di prime cure, avrebbe consentito una inammissibile
regolarizzazione postuma della posizione contributiva della Società Cooperativa
Sociale Onlus Segni di Integrazione a r.l.: in effetti, il campo di
applicazione della disposizione citata dovrebbe limitarsi all’ipotesi in cui
l’ente previdenziale debba adottare un d.u.r.c. attestante l’attuale situazione
contributiva di un operatore, non potendosi, al contrario, ipotizzare un invito
a regolarizzare una situazione contributiva pregressa. Sotto un ulteriore
profilo, l’appellante ritiene erroneo il richiamo al principio di massima
partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici: se fosse
avallata tale interpretazione, si consentirebbe la partecipazione alle gare
anche ad operatori che, pur non essendo in regola con il versamento dei
contributi previdenziali, attestino falsamente la regolarità della propria
posizione nei confronti dell’ente previdenziale. Questa possibilità, lungi dal
conformarsi allo spirito del principio di massima partecipazione alle gare,
lederebbe le regole della par condicio fra i concorrenti, partecipanti ad una
procedura di evidenza pubblica. Infine, l’applicazione del citato art. 1 comma
8, lederebbe, sotto un ulteriore profilo, la parità di trattamento nei
confronti degli operatori economici stabiliti in Stati diversi dall’Italia:
questi ultimi, ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento dei
contratti, sono obbligati a produrre la documentazione attestante la regolarità
della propria posizione contributiva alla data di scadenza per la presentazione
delle offerte, in virtù del combinato disposto degli artt. 38 comma 2 e 47
comma 2 d.lgs. n. 163 del 2006.
Con il terzo
motivo di appello, la Società Servizi Socio culturali Cooperativa Sociale Onlus
riteneva erronea la sentenza del Tar per violazione dell’art. 122 c.p.a.:
all’uopo, parte appellante censurava la insufficiente motivazione riguardo alla
scelta di ordinare il subentro nel contratto in favore del R.T.I.; inoltre,
lamentava l’assenza di una espressa domanda di parte in tal senso, visto che la
Società Cooperativa Sociale Onlus Segni di Integrazione a r.l. aveva proposto
il ricorso introduttivo del giudizio in proprio e non in qualità di mandataria
del R.T.I.; sotto un ulteriore profilo, veniva evidenziato che lo stato di
esecuzione delle prestazioni derivanti dal contratto, nonché le peculiari
caratteristiche strutturali delle medesime, non avrebbero giustificato un
subentro, se non con un consistente pregiudizio per gli utenti del servizio.
Si costituiva
in giudizio la Provincia di Verona, proponendo appello incidentale avverso la
sentenza di primo grado, con il quale sosteneva l’erroneità nell’applicazione
dell’art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013: al riguardo venivano proposti motivi
di impugnazione in parte coincidenti con quelli già sollevati dall’appellante
principale. In particolare, secondo l’appellante incidentale, l’inapplicabilità
alla fattispecie de qua, del citato art. 31 comma 8, deriverebbe da
argomentazioni, anzitutto, di carattere letterale: in effetti, la disposizione
invocata non farebbe espresso riferimento ai contratti pubblici, a differenza
dei commi da 2 a 7 del medesimo articolo che, invece, richiamano espressamente
le procedure finalizzate all’affidamento di commesse pubbliche; inoltre, le
norme sull’evidenza pubblica, individuando la loro fonte nell’ordinamento
eurounitario, hanno un ambito di applicazione molto più ampio dell’art. 31
comma 8, il quale, invece, si rivolgerebbe soltanto all’I.N.P.S.,
all’I.N.A.I.L. ed alle Casse Edili. Da ciò potrebbe ricavarsi, altresì, una
diversità di rationes delle norme che compongono il d.l. n. 69 del 2013: se,
nel complesso, le disposizioni ivi contenute sono finalizzate alla promozione
dello sviluppo economico del mercato interno all’ordinamento, il comma 8
dell’art. 31 introduce un regime di favore per chi violi gli obblighi
contributivi. Da un punto di vista logico, inoltre, l’applicazione dell’art. 31
comma 8, nei termini indicati dal giudice di primo grado, condurrebbe ad un
insanabile contrasto con il regime sanzionatorio posto a garanzia della
veridicità delle dichiarazioni espresse in sede di presentazione delle offerte:
l’inapplicabilità dell’art. 31 comma 8, in altri termini, deriverebbe dalla
necessità di verificare il possesso dei requisiti di ammissione alla procedura,
alla data di scadenza dei termini di presentazione delle offerte.
L’appellante
incidentale censurava la sentenza del Tar anche perché, avallando la scelta del
giudice di prime cure, si concretizzerebbe una coincidenza fra la definitività
dell’accertamento sulla gravità delle violazioni contributive ed il termine
della procedura di regolarizzazione espressa nell’art. 31 comma 8 d.l. n. 69
del 2013; invece, secondo la Provincia di Verona, il d.u.r.c. in quanto
insindacabile dalle stazioni appaltanti, potrebbe essere contestato
dall’interessato soltanto con i mezzi e le forme previste dall’ordinamento e
correlate alla sua natura di dichiarazione di scienza, avente carattere
meramente dichiarativo dei dati in possesso dell’ente e facente prova fino a
querela di falso.
Infine, secondo
l’appellante incidentale, l’art. 31 comma 8 non potrebbe condurre ad una
modifica dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, stante la presenza della clausola
di modifica espressa di cui all’art. 255 d.lgs. n. 163 del 2006.
Si costituiva
in giudizio l’appellata, Società Cooperativa Sociale Onlus Segni di Integrazione
a r.l., che, con memoria eccepiva l’infondatezza dell’appello principale,
chiedendone il rigetto.
Si costituiva,
altresì, in giudizio l’I.N.P.S. sostenendo le ragioni poste a fondamento della
domanda cautelare proposta dall’appellante principale.
La Quinta
Sezione di questo Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1379 dell’1 aprile 2015,
in accoglimento della domanda cautelare proposta dall’appellante principale,
sospendeva l’esecutività della sentenza di primo grado, ritenendo prevalente,
fra gli opposti interessi, quello alla continuità del servizio svolto.
Dopo l’udienza
di merito, con ordinanza n. 4799 del 21 ottobre 2015, la Quinta Sezione ha
ritenuto opportuno sollevare due questioni, consequenziali fra di loro,
rimettendole all’esame di questa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, a
causa dei contrasti interpretativi insorti e della notevole rilevanza pratica
che rivestono.
Con il primo
dei due quesiti la Sezione remittente chiede “se rientri nella giurisdizione
del giudice amministrativo, adito per la definizione di una controversia avente
ad oggetto l’aggiudicazione di un appalto pubblico, ovvero al giudice
ordinario, accertare la regolarità del documento unico di regolarità
contributiva, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei
requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara”.
Sul punto, si
registra un contrasto giurisprudenziale fra chi afferma la sussistenza della
giurisdizione amministrativa e chi, invece, propende, per la giurisdizione
ordinaria.
A favore della
tesi secondo cui l’accertamento della regolarità del d.u.r.c., in sede di
verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara,
rientri nell’ambito della giurisdizione amministrativa, si è espressa parte
della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sentenze, Sez. V, 16
febbraio 2015 n. 781, id. 14 ottobre 2014 n. 5064; id. 11 maggio 2009 n. 2874;
Sez. VI, 4 maggio 2015 n. 2219). Secondo questo filone giurisprudenziale, la
verifica sulla regolarità del d.u.r.c. non verrebbe in rilievo autonomamente,
ma si inserirebbe nella fase procedimentale amministrativa di aggiudicazione di
un appalto: stante la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo nelle controversie relative a procedure di affidamento di pubblici
lavori, servizi, forniture, ai sensi dell’art. 133 c.p.a., dovrebbe, dunque,
affermarsi la giurisdizione amministrativa rispetto alla verifica della
regolarità del d.u.r.c.. Tale verifica verrebbe effettuata ai sensi dell’art. 8
c.p.a.: in altri termini, l’accertamento del giudice amministrativo verrebbe
svolto in via incidentale, senza assumere l’efficacia di giudicato nel rapporto
previdenziale sotteso al rilascio del d.u.r.c. (cfr. Corte di Cassazione, Sez.
Un. ordinanza n. 3169 del 9 febbraio 2011). La Corte di Cassazione, con
l’ordinanza n. 25818 dell’11 dicembre 2007, ha affermato che non vi sarebbe
alcun travalicamento dei limiti della giurisdizione ordinaria, in quanto
l’oggetto dell’indagine del giudice amministrativo si incentrerebbe sulla mera
regolarità della certificazione prodotta, attestante la regolarità contributiva
dell’impresa partecipante alla gara di appalto, che, in ultima analisi, si
sostanzia in un requisito necessario ai fini della ammissione alla gara.
Di diverso
avviso, invece, è altra parte della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato
(sentenza Sez. IV 12 marzo 2015 n. 1321, che richiama la sentenza dell’Adunanza
plenaria n. 8 del 4 maggio 2012), la quale afferma la sussistenza della
giurisdizione ordinaria in virtù, anzitutto, della natura del d.u.r.c. quale
atto rientrante fra le dichiarazioni di scienza, assistite da pubblica fede ai
sensi dell’art. 2700 c.c. e facenti prova fino a querela di falso. Inoltre, la
giurisdizione ordinaria si ricaverebbe dal principio di diritto, espresso dalla
citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 4 maggio 2012, secondo cui “la
verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure
di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata
agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (d.u.r.c.) si impongono alle
stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto”. Da questo
principio, dunque, dovrebbe discendere che gli eventuali errori contenuti nel
d.u.r.c. incidono su situazioni giuridiche di diritto soggettivo e, data
l’attinenza al rapporto contributivo, possono essere corretti dal solo giudice
ordinario con gli appositi strumenti messi a disposizione dall’ordinamento
(querela di falso o giudizio in materia di previdenza ed assistenza
obbligatoria). In più, l’accertamento incidenter tantum ipotizzato da chi
propende per la giurisdizione amministrativa, non si concilierebbe con
l’accertamento fidefacente dei fatti e dei diritti sottesi al d.u.r.c.: in
effetti, nell’accertamento circa la regolarità di detta certificazione,
verrebbe in rilievo un rapporto obbligatorio, non un rapporto pubblicistico
(cfr. Consiglio di Stato, sentenze, Sez. V, 26 marzo 2014, n. 1468; id. 3
febbraio 2011, n. 789; Sez. IV 12 marzo 2009, n. 1458).
La Sezione
rimettente ritiene, inoltre, di dover sottoporre all’esame di questa Adunanza
Plenaria un ulteriore quesito, qualora venga affermata la sussistenza della
giurisdizione del giudice amministrativo nella materia de qua. In particolare,
con il secondo quesito sottoposto ai sensi dell’art. 99 comma 1 c.p.a., la
Sezione rimettente chiede “se la norma di cui all'art. 31, comma 8, del d.l. 21
giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni, nella l. 9 agosto 2013, n.
98, sia limitata al rapporto tra impresa ed Ente preposto al rilascio del
d.u.r.c. senza che lo svolgimento di tale fase riguardi la stazione appaltante
(dovendo essa applicare comunque l’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, che
richiede il possesso dei requisiti al momento della partecipazione alla gara),
ovvero se la disposizione abbia sostanzialmente modificato, per abrogazione
tacita derivante da incompatibilità, detto art. 38 e si possa ormai ritenere
che la definitività della irregolarità sussista solo al momento di scadenza del
termine di quindici giorni da assegnare da parte dell’Ente previdenziale per la
regolarizzazione della posizione contributiva”.
Anche in merito
alla presente questione vengono in rilievo due orientamenti giurisprudenziali
opposti.
Secondo un
primo filone giurisprudenziale, avallato dal Tar Veneto nella fattispecie di
cui è causa, l’art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013 farebbe emergere la volontà
del legislatore di favorire la massima partecipazione alle procedure di
affidamento dei contratti pubblici: per tale ragione la stazione appaltante non
dovrebbe limitarsi a prendere atto della irregolarità emersa dal d.u.r.c., ma
dovrebbe procedere a valutarne autonomamente il carattere definitivo (cfr.
Consiglio di Stato, sentenza, Sez. V, 14 ottobre 2014 n. 5064). A tali
conclusioni si dovrebbe giungere in virtù di un’implicita modifica all’art. 38
d.lgs. n. 163 del 2006, determinata proprio dall’entrata in vigore dell’art. 31
comma 8 d.l. n. 69 del 2013: in altri termini, l’assenza del requisito di
regolarità contributiva assumerebbe carattere definitivo soltanto al termine
dei quindici giorni previsti dalla procedura di regolarizzazione della
posizione contributiva (cfr. Consiglio di Stato, sentenza, Sez. V, 16 febbraio
2015, n. 781). Questo indirizzo interpretativo condurrebbe, quindi, a ritenere
possibile la presentazione di una domanda di partecipazione ad una gara, in
pendenza del termine assegnato dall’ente previdenziale per la regolarizzazione
della posizione contributiva, qualora sia stata al contempo estinta la
situazione di irregolarità: in tal caso, infatti, la situazione di irregolarità
non potrebbe ritenersi “definitivamente accertata” (v. Consiglio di Stato, Sez.
III, 1 aprile 2015, n. 1733).
Un secondo e
contrapposto indirizzo giurisprudenziale afferma, invece, che non potrebbe
essere rimessa alla stazione appaltante la valutazione circa la gravità né la
definitività dell’irregolarità contributiva ascrivibile all’impresa
concorrente: l’art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013, pur prevedendo un
meccanismo di “flessibilizzazione” delle situazioni di irregolarità
contributiva, non avrebbe modificato le modalità di verifica, da parte delle
stazioni appaltanti, dei requisiti partecipativi (cfr. Consiglio di Stato,
sentenza, Sez. VI, 4 maggio 2015, n. 2219). Di conseguenza, la definitività
della situazione di irregolarità contributiva dovrebbe coincidere sempre con il
termine previsto per la presentazione delle offerte per partecipare alla
procedura, concretizzandosi, in caso contrario, una lesione del principio della
par condicio fra concorrenti e dell’interesse pubblico alla scelta di un
contraente affidabile.
In vista
dell’udienza di discussione le parti hanno prodotto memorie illustrative e
riepilogative delle rispettive tesi, domande, eccezioni e conclusioni.
All’udienza
pubblica del 23 marzo 2016, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’esame dei
quesiti sottoposti al vaglio di questa Adunanza Plenaria deve necessariamente
prendere le mosse dalla pregiudiziale questione di giurisdizione sollevata
dalla Sezione rimettente. Occorre, al riguardo, delimitare l’estensione della
giurisdizione del giudice amministrativo in relazione agli accertamenti
inerenti al documento unico di regolarità contributiva.
Le
problematiche sorgono in virtù dell’apparente inconciliabilità fra la natura
del d.u.r.c. ed il criterio di riparto della giurisdizione fra giudice
amministrativo ed ordinario, che si basa sul criterio della causa petendi ed,
in definitiva, sulla situazione giuridica fatta valere. Le criticità si
paleserebbero nel corso dei giudizi aventi ad oggetto procedure di affidamento
di contratti pubblici ed, in particolare, con riguardo all’accertamento della
regolarità del d.u.r.c..
Come è noto, ai
sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, “Sono esclusi dalla partecipazione
alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture
e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare
i relativi contratti i soggetti: [...] i) che hanno commesso violazioni gravi,
definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e
assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono
stabiliti”.
Nel caso in cui
sorgano delle controversie inerenti ad un riscontro negativo in tema di
regolarità contributiva, come risultante dal d.u.r.c., si pone la problematica
del riparto di giurisdizione in quanto, per un verso, la certificazione
prodotta dall’ente previdenziale assume il carattere di dichiarazioni di
scienza, assistita da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 c.c. e facente
prova fino a querela di falso; per altro verso, tale accertamento si inserisce
nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica, rispetto alla quale
sussiste, ai sensi dell’art. 133 c.p.a., la giurisdizione esclusiva del Giudice
Amministrativo.
Ad avviso di
una parte della giurisprudenza, le contestazioni in merito agli errori
contenuti nel d.u.r.c. non potrebbero essere esaminate dal giudice
amministrativo, sia perché incidono su situazioni di diritto soggettivo, sia
perché disvelano un sottostante rapporto obbligatorio, di tipo non
pubblicistico.
Il Collegio
ritiene, tuttavia, di dover risolvere la questione nel senso di devolvere alla
cognizione del giudice amministrativo, adito per la definizione di una
controversia avente ad oggetto l’aggiudicazione di un appalto pubblico,
l’accertamento circa la regolarità del d.u.r.c., quale atto interno della fase
procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal
partecipante ad una gara.
Nelle
controversie in materia di contratti pubblici, in effetti, il d.u.r.c. viene in
rilievo non in via principale, ma in qualità di presupposto di legittimità di
un provvedimento amministrativo adottato dalla stazione appaltante.
Al riguardo, il
Collegio evidenzia che non è revocabile in dubbio la natura di dichiarazione di
scienza attribuibile al d.u.r.c., che si colloca fra gli atti di certificazione
o di attestazione facenti prova fino a querela di falso. Questo elemento non
risulta, tuttavia, ostativo all’esame, da parte del giudice amministrativo,
della regolarità delle risultanze della documentazione prodotta dall’ente
previdenziale in un giudizio avente ad oggetto l’affidamento di un contratto
pubblico di lavori, servizi o forniture.
A ben vedere,
l’operatore privato può impugnare le determinazioni cui è giunta la stazione
appaltante, all’esito dell’accertamento sulla regolarità contributiva,
sollevando profili di eccesso di potere per erroneità dei presupposti, qualora
contesti le determinazioni derivanti dall’esito dell’attività valutativa.
Questa conclusione, affermata da una recente giurisprudenza di questo Consiglio
di Stato (sentenza, Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 781), è giustificata dalla
possibilità, per il giudice amministrativo, di compiere un accertamento
puramente incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., sulla regolarità del
rapporto previdenziale: ciò implica che le statuizioni, adottate sul punto,
hanno efficacia esclusivamente in relazione alla controversia concernente gli
atti di gara e non esplicano i loro effetti nei rapporti fra l’ente
previdenziale e l’operatore coinvolto.
L’ambito della
cognizione del Giudice Amministrativo, in effetti, concerne l’attività
provvedimentale successiva e consequenziale alla produzione del d.u.r.c. da
parte dell’ente previdenziale: l’operatore privato, nel giudizio instaurato
dinanzi all’autorità giudiziaria amministrativa, non censura direttamente
l’erroneità del contenuto del d.u.r.c., ma le statuizioni successive della
stazione appaltante, derivanti dalla supposta erroneità del d.u.r.c..
Per tale
ragione ed in un’ottica di effettività della tutela, risulta doverosa la
concentrazione della verifica circa la regolarità della documentazione
contributiva, ancorché effettuata in via incidentale, in capo ad un’unica
autorità giudiziaria: il diritto di difesa verrebbe, in effetti, leso se si
costringesse il privato a contestare, dinanzi al giudice ordinario, la
regolarità del d.u.r.c. e, successivamente, dopo aver ottenuto l’accertamento
dell’errore compiuto dall’ente previdenziale, la illegittimità delle
determinazioni della stazione appaltante dinanzi al giudice amministrativo. Un
iter processuale di tal genere risulterebbe eccessivamente gravoso per il
privato ed incompatibile con la celerità che il legislatore ha imposto per il
rito degli appalti nel c.p.a.: l’attesa di una decisione sulla regolarità della
posizione previdenziale, non permetterebbe di impugnare entro i termini di cui
agli artt. 120 e ss. c.p.a., i provvedimenti adottati dalla stazione appaltante
in relazione alla procedura di evidenza pubblica di riferimento.
Ciò non
impedisce all’operatore privato di impugnare autonomamente il d.u.r.c. con gli
ordinari strumenti predisposti dall’ordinamento: in tal caso, tuttavia, ci si
troverebbe al di fuori della cognizione del Giudice Amministrativo, per il
dirimente motivo che una tale controversia concernerebbe il rapporto
obbligatorio che lega l’operatore privato all’ente previdenziale e non le
decisioni della stazione appaltante.
Come è
risaputo, con riferimento all’affidamento di lavori, servizi o forniture, il
giudice amministrativo è titolare di giurisdizione esclusiva (art. 244, primo
comma, d.lgs. 163/2006, già art. 6, primo comma, della l. 2005/2000) e può
pertanto compiere, a prescindere dalla consistenza della corrispondente
posizione soggettiva, ogni accertamento che gli sia domandato dalla parte per
verificare il rispetto dei principi comunitari in materia di concorrenza (tra i
quali la regolarità contributiva delle imprese partecipanti).
Sostenere, in
tale contesto, che pur dovendo stabilire della legittimità degli appalti
pubblici (e quindi della conformità di questi anche alle regole di derivazione
comunitaria), il giudice amministrativo, ancorché domandato dalla parte, non
possa spingersi ad accertare la sussistenza o meno di un requisito di
partecipazione sol perché questo è attestato dal provvedimento di
un’amministrazione (come avviene per il d.u.r.c.), significherebbe limitare
irragionevolmente l’ambito della tutela accordata dall’ordinamento anche in
violazione dei principi comunitari di efficacia e rapidità dei mezzi di
ricorso.
Allorché sia a
ciò chiamato dalla parte nell’ambito di una procedura pubblica volta
all’affidamento di lavori, servizi o forniture, il giudice amministrativo (come
del resto potrebbe fare alla stregua dell’art. 8 del c.p.a. - già art. 8 della
l. n. 1034/1971 - se nella materia considerata non gli fosse riconosciuta
giurisdizione esclusiva) ben può incidentalmente valutare la sussistenza dei
requisiti di partecipazione siano essi o meno attestati da atti della p.a.
Conforme
risulta, d’altronde, l’orientamento della Corte regolatrice, la quale, proprio
riferendosi alla certificazione INPS e ad una procedura concorsuale soggetta
alla disciplina comunitaria, ha già avuto modo di stabilire che appartiene alla
cognizione del giudice amministrativo “verificare la regolarità di una
certificazione costituente specifico requisito per la partecipazione alla gara
(Cass. civ., Sez. Un., 11 dicembre 2007, ord. 25818).
Come, dunque,
chiarito anche dalla Sezione rimettente, sul punto, le Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, con la ordinanza n. 25818 dell’11 dicembre 2007
(confermata dalla successiva ordinanza n. 3169 del 9 febbraio 2011), hanno
avuto modo di chiarire che la giurisdizione, in controversie relative a
procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture, appartiene al giudice
amministrativo quando venga in rilievo la certificazione attestante la
regolarità contributiva, sulla cui base l’Amministrazione abbia successivamente
adottato un provvedimento. Al riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che la
certificazione sulla regolarità contributiva dell’impresa partecipante ad una
gara d’appalto costituisce uno dei requisiti posti dalla normativa in materia
di appalti pubblici ai fini dell’ammissione alla gara. Dunque, la giurisdizione
appartiene al giudice amministrativo perché è costui competente a sindacare la
decisione della stazione appaltante inerente alla sussistenza o meno di un
requisito utile a partecipare ad una procedura di affidamento di un contratto.
Ciò che
consente di affermare la giurisdizione amministrativa è, in definitiva, la
diversità del tipo di sindacato compiuto dal giudice amministrativo rispetto a
quello effettuato dal giudice ordinario sulla documentazione attestante la
regolarità contributiva.
In effetti, il
combinato disposto degli artt. 442 comma 1 e 444 comma 3 c.p.c. devolve alla
giurisdizione ordinaria le controversie in materia di assistenza e previdenza
obbligatorie: ciò implica che il giudice ordinario sarà chiamato ad accertare
la sussistenza di un diritto del prestatore di lavoro. Diversamente, l’art. 133
c.p.a., attribuisce alla giurisdizione amministrativa le controversie aventi ad
oggetto le procedure relative all’affidamento di lavori, servizi e forniture:
in quest’ambito, dunque, il giudice deve verificare la regolarità dei requisiti
che, ad esempio, un’impresa esclusa dalla relativa procedura ha prodotto in
sede di offerta, al fine di dichiarare illegittima detta esclusione.
In altri
termini, la certificazione relativa alla regolarità contributiva dinanzi al
giudice amministrativo viene in rilievo alla stregua di requisito di
partecipazione alla gara e, pertanto, il regime relativo alla valutazione circa
la sua regolarità non può essere differente da quello previsto per gli altri
requisiti. Ad ulteriore conferma di questo assunto, il Collegio ritiene di
poter utilmente richiamare l’esempio delle certificazioni antimafia che la
Sezione rimettente ha descritto nell’ordinanza di rimessione. Anche in questa
ipotesi, infatti, si è in presenza di un provvedimento che, a seconda dei casi,
può costituire l’oggetto principale di una controversia oppure venire in
rilievo come requisito propedeutico alla partecipazione ad una procedura di
gara, nel qual caso ne viene esaminato il contenuto da parte del giudice
amministrativo.
Alla luce delle
pregresse considerazioni, il quesito sottoposto a questa Adunanza Plenaria può
essere risolto enunciando il seguente principio di diritto:
“Rientra nella
giurisdizione del giudice amministrativo, adito per la definizione di una
controversia avente ad oggetto l’affidamento di pubblici lavori, servizi e
forniture, l’accertamento inerente alla regolarità del documento unico di
regolarità contributiva, quale atto interno della fase procedimentale di
verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara.
Tale accertamento viene effettuato, nei limiti del giudizio relativo
all’affidamento del contratto pubblico, in via incidentale, cioè con
accertamento privo di efficacia di giudicato nel rapporto previdenziale”.
Risolta la
prima questione relativa alla giurisdizione nei termini anzidetti, viene in
rilievo, in modo consequenziale, il secondo quesito proposto dalla Sezione
rimettente. Esso concerne la corretta interpretazione del requisito della
definitività dell’accertamento delle violazioni in materia di contributi
previdenziali ed assistenziali, previsto dall’art. 38 comma 1 d.lgs. n. 163 del
2006, come causa di esclusione dalle procedure di affidamento delle concessioni
e degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.
In seguito
all’entrata in vigore dell’art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013 (che riproduce
sostanzialmente, la procedura già prevista dall’art. 7 D.M. 24 ottobre 2007) è
stata introdotta una procedura di flesibilizzazione (c.d. “preavviso di
d.u.r.c. negativo”) che consente all’impresa richiedente il rilascio della
certificazione contributiva, di sanare la propria posizione, prima della
definitiva certificazione negativa: in virtù di tale procedura, l’ente
previdenziale, qualora riscontri delle irregolarità, deve invitare l’operatore
richiedente a sanare la propria posizione entro il termine di quindici giorni.
Soltanto qualora l’operatore non effettui la regolarizzazione della propria
posizione, entro il termine anzidetto, l’ente previdenziale potrà adottare un
d.u.r.c. negativo.
L’introduzione,
o meglio la “legificazione” del preavviso di d.u.r.c. negativo, ha posto il
problema di individuare esattamente il momento a partire dal quale la
violazione della legislazione in materia di contributi previdenziali ed
assistenziali, possa ritenersi definitiva, ai fini dell’applicazione dell’art.
38 d.lgs. n. 163 del 2006.
Sul punto, come
evidenziato nell’ordinanza di rimessione, è sorto un contrasto
giurisprudenziale.
Il Collegio
ritiene che il quesito possa essere risolto rinviando al principio di diritto
espresso da questa Adunanza Plenaria nelle sentenze nn. 5 e 6 del 29 febbraio
2016. In quella sede, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato si è
espressa nel senso di ritenere che “Anche dopo l’entrata in vigore dell’art.
31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per
il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto
2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione
previdenziale, dovendo l’impresa essere in regola con l'assolvimento degli
obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e
conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e
del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un
eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L’istituto
dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già
previsto dall’art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora
recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21
giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente
previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche
al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità
dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) ai fini
della partecipazione alla gara d’appalto”.
In tal modo è
stato chiarito che l’art. 31 d.l. n. 69 del 2013 non ha modificato la
disciplina dettata dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006: la regola del preavviso
di d.u.r.c. negativo, dunque, non trova applicazione nel caso di certificazione
richiesta dalla stazione appaltante, ai fini della verifica delle dichiarazioni
rese dell’impresa partecipante. Il meccanismo, di cui al citato art. 31 comma
8, si applica solo nei rapporti fra ente previdenziale ed operatore economico
richiedente, senza venire in rilievo nel caso in cui sia la stazione appaltante
a richiedere il d.u.r.c. ai fini della verifica circa la regolarità
dell’autodichiarazione.
Questa Adunanza
Plenaria ha giustificato le predette conclusioni con una serie di
argomentazioni, di carattere letterale, storico e sistematico, che, seppur
brevemente, il Collegio ritiene opportuno richiamare.
In primo luogo,
l’inapplicabilità alle procedure di evidenza pubblica del meccanismo di cui al
comma 8 è desumibile dalla lettura complessiva dell’articolo 31 d.l. n. 69 del
2013. In effetti, i commi dal 2 al 7 di tale norma contengono un preliminare ed
espresso riferimento ai contratti di pubblici lavori, servizi o forniture o,
comunque, un rinvio al d.lgs. n. 163 del 2006. Diversamente, il comma 8 non
contiene un riferimento di tal genere, né sarebbe possibile desumerlo, in
maniera implicita, dal testo della disposizione.
Inoltre, la
modifica al testo dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 non può essere sostenuta
argomentando in merito ad una presunta incompatibilità fra le due disposizioni:
in questo senso osta l’art. 255 d.lgs. n. 163 del 2006 a tenore del quale
“[o]gni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso
disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o
sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute”. Il d.l. n. 69 del
2013 contiene, all’art. 31 comma 2, le disposizioni del d.lgs. n. 163 del 2006
che sono state modificate, in conformità alla clausola di abrogazione esplicita
di cui all’art. 255: tuttavia, in tale elenco non rientra l’art. 38 d.lgs. n.
163 del 2006.
Ad ulteriore
conferma della conclusione cui è giunta, questa Adunanza Plenaria ha
evidenziato l’assenza, nei commi da 3 a 7 dell’art. 31, di qualsivoglia
riferimento ad una possibile regolarizzazione postuma dell’inadempienza
contributiva imputabile all’operatore che abbia partecipato alla gara o che
stia eseguendo il contratto: nelle norme richiamate è la stazione appaltante a
richiedere all’ente previdenziale il rilascio del d.u.r.c., ai fini della
verifica della veridicità della autodichiarazione presentata dall’operatore
privato. Diversamente, il comma 8, nel disciplinare la procedura di preavviso
di d.u.r.c. negativo, si riferisce alle sole ipotesi in cui sia l’operatore
privato a richiedere all’ente previdenziale il rilascio della certificazione.
Sotto il
profilo sistematico, questa Adunanza Plenaria afferma il parziale parallelismo
strutturale che sussiste fra il meccanismo di cui all’art. 31 comma 8 ed il
preavviso di rigetto disciplinato dall’art. 10-bis l. n. 214 del 1990. Al
riguardo viene premesso, per un verso, che il preavviso di rigetto - previsto
in via generale per i procedimenti iniziati ad istanza di parte - non opera,
per espressa scelta legislativa, in relazione ai procedimenti in materia previdenziale.
Per altro verso, il meccanismo di cui all’art. 31 comma 8 prevede un
procedimento in cui rileva la materia previdenziale ed al contempo strutturato
come procedimento ad istanza di parte. Pertanto, l’art. 31 comma 8, costituendo
una “deroga alla deroga”, non può applicarsi al di fuori delle ipotesi
espressamente descritte dal legislatore e, cioè, quelle in cui l’operatore
privato richieda all’ente previdenziale il rilascio del d.u.r.c.. Quando,
invece, è la stazione appaltante a richiedere la certificazione all’ente
previdenziale, ci si pone al di fuori dell’ambito applicativo della fattispecie
ex art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013.
Sempre sotto il
profilo sistematico, si afferma anche che “l’esclusione del c.d. preavviso di
DURC negativo nell’ambito del procedimento d’ufficio per la verifica della
veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della
partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che
governano appunto le procedure di gara” e cioè quello di parità di trattamento
e di autoresponsabilità, nonché il principio di continuità nel possesso dei
requisiti di partecipazione alla gara.
Risulta
evidente, in effetti, che, consentire la partecipazione ad una gara ad
operatori che non possiedono, in materia di contributi previdenziali, i
requisiti necessari a prendere parte alla procedura comparativa, ma ne
autodichiarano il possesso, comporta due conseguenze evidenti: da un lato,
l’operatore potrebbe integrare un requisito indispensabile alla partecipazione
solo dopo aver preso parte alla gara ed in seguito al suo esito favorevole, a
differenza degli altri concorrenti; dall’altro lato, l’autodichiarazione resa
in sede di presentazione dell’offerta sarebbe viziata da una intrinseca
falsità, di per sé idonea a giustificare l’esclusione dalla procedura. Inoltre,
consentire una regolarizzazione postuma dei requisiti di partecipazione alla
gara urterebbe con la impossibilità, affermata anche dalla sentenza di questa
Adunanza Plenaria n. 8 del 20 luglio 2014, di perdere i requisiti neanche
temporaneamente nel corso della procedura.
Infine, da un
punto di vista storico - normativo, questa Adunanza Plenaria ha richiamato il
D.M. 24 ottobre 2007, il cui art. 7 comma 3 prevedeva un procedimento
strutturalmente simile a quello previsto dall’art. 31 comma 8:
“[n]ell’interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del
previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di
richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla
stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d’appalto”.
Alla luce delle
precedenti considerazioni, il secondo quesito sottoposto dalla Sezione
rimettente deve essere risolto, in conformità al principio di diritto espresso
nelle sentenze di questa Adunanza Plenaria nn. 5 e 6 del 29 febbraio 2016, nel
senso di ritenere l’ambito di applicazione dell’art. 31 d.l. n. 69 del 2013
limitato ai rapporti fra ente previdenziale ed operatore privato richiedente il
rilascio del d.u.r.c.. Di conseguenza, va escluso che detta disposizione abbia
determinato una implicita modifica all’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006.
L’applicazione
dei suesposti principi alla fattispecie oggetto del presente contenzioso
determina: - che si debba respingere il primo motivo dell’appello principale
con il quale era stato riproposta, in sede di impugnazione, l’eccezione di
difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in relazione
all’accertamento sulla regolarità del d.u.r.c., già disattesa dal giudice di
prime cure;
- che si debba,
invece, accogliere il secondo motivo dell’appello principale, con il quale la
Società Servizi Socio Culturali Cooperativa Sociale Onlus sostiene l’erroneità
della sentenza del Tar Veneto per aver ritenuto illegittima l’esclusione comminata
ai danni dell’appellata, argomentando tale illegittimità, sull’asserita mancata
applicazione dell’art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013.
Il motivo è
fondato e va accolto.
A causa
dell’impossibilità di applicare il preavviso di d.u.r.c. negativo al caso
concreto, il Collegio ritiene, in definitiva, legittimo l’operato
dell’Amministrazione la quale ha validamente escluso dalla procedura la società
appellata, in conseguenza delle irregolarità riscontrate all’esito del
controllo in merito alla regolarità contributiva.
La fondatezza
del secondo motivo dell’appello principale, relativo alla impossibilità di
applicazione dell’art. 31 comma 8 d.l. n. 69 del 2013 nei rapporti fra stazione
appaltante e ente preposto al rilascio del d.u.r.c., consente di ritenere assorbita
l’ulteriore censura, sollevata dalla società appellante, relativa alla errata
applicazione dell’art. 122 c.p.a..
L’accoglimento
dell’appello principale determina, altresì, l’assorbimento dell’appello
incidentale proposto dalla Provincia di Verona.
Alla luce delle
considerazioni sopra esposte, l’accoglimento del secondo motivo dell’appello
principale comporta che, in riforma della sentenza di primo grado, vada
respinto il ricorso introduttivo del giudizio.
La novità e la
complessità delle questioni affrontate, nonché i contrasti giurisprudenziali
esistenti sulle vicende affrontate, nonché il parziale accoglimento, consentono
al Collegio di disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese del
doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente pronunciando
sugli appelli, principale ed incidentale, come in epigrafe proposti, così
provvede:
- respinge il
primo motivo dell’appello principale e, per l’effetto, dichiara la giurisdizione
del giudice amministrativo sulla presente controversia;
- accoglie il
secondo motivo dell’appello principale e, per l’effetto, in riforma della
sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado;
- dichiara
assorbito l’appello incidentale;
- compensa le
spese del doppio grado.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2016 con l'intervento dei
magistrati:
Alessandro
Pajno, Presidente
Filippo Patroni
Griffi, Presidente
Sergio Santoro,
Presidente
Giuseppe
Severini, Presidente
Luigi Maruotti,
Presidente
Carlo Deodato,
Consigliere
Nicola Russo,
Consigliere, Estensore
Salvatore
Cacace, Consigliere
Sandro Aureli,
Consigliere
Roberto
Giovagnoli, Consigliere
Manfredo
Atzeni, Consigliere
Raffaele Greco,
Consigliere
Giulio
Castriota Scanderbeg, Consigliere
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IL PRESIDENTE
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2016
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
|