sabato 20 luglio 2013

APPALTI: i limiti del sindacato sui criteri valutativi dell’offerta economicamente più vantaggiosa (Cons. St., Sez. V, sentenza 15 luglio 2013, n. 3802).


APPALTI: 
i limiti del sindacato sui criteri valutativi 
dell’offerta economicamente più vantaggiosa 
(Cons. St., Sez. V, sentenza 15 luglio 2013, n. 3802)


Il Consiglio di Stato "si lancia" nelle formule matematiche. Quali?
Ptn=35xPMin/POff...
Buona lettura.
FF

Massima

1. Nelle gare pubbliche la formula da utilizzare per la valutazione dell'offerta economica può essere scelta dall'amministrazione con ampia discrezionalità e di conseguenza la stazione appaltante dispone di ampi margini nella determinazione non solo dei criteri da porre quale riferimento per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche nella individuazione delle formule matematiche, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale nei confronti di tali scelte, tipica espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa, può essere consentito unicamente in casi di abnormità, sviamento e manifesta illogicità.
2.  E’ vero che è stato anche sottolineato (C.d.S., sez. V, 31 marzo 2012, n. 1899) che, proprio ai sensi dell'art. 83 del Codice dei contratti, nonché della direttiva CE 18/2004, nelle gare pubbliche il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa non può prescindere dal prezzo, con conseguente illegittimità di un criterio di valutazione dell'offerta prezzo che, mediante una formula aritmetica, conduca ad esiti opposti a quelli prefissati dal bando, giacché, seppure i criteri di attribuzione dei punteggi economici possono essere molteplici e variabili, ciò che conta è che nell'assegnazione dei punteggi, venga utilizzato tutto il potenziale range differenziale previsto per ciascuna voce ed in particolare della voce prezzo, al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell'offerta: tuttavia l’utilizzazione dell’intero potenziale del punteggio attribuibile in astratto all’offerta economica non può comportare, come pretenderebbero le appellanti, che la circostanza di aver presentato un’offerta economica migliore possa da sola giustificare l’aggiudicazione dell’appalto, proprio per la decisiva considerazione che nel metodo di scelta del contraente con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa deve tenersi conto anche dell’offerta tecnica e ben può accadere che possa risultare economicamente più vantaggiosa anche un’offerta che non sarebbe tale se si considerasse solo l’elemento economico.
3.  D’altra parte la formula prevista nella lex specialis, secondo cui il punteggio massimo attribuibile per l’elemento prezzo, pari a 35 punti, sarebbe stato assegnato secondo la formula Ptn=35xPMin/POff (dove Ptn è il punteggio dell’offerta n; PMin è il prezzo minimo offerto e POff è il prezzo offerta dalla ditta in esame) assicura, al di là di ogni ragionevole dubbio, un differenziale adeguato, logico e ragionevole tra le offerte, garantendo un significativo rapporto proporzionale in grado di determinare un notevole differenziale di punteggio allorquando l’offerta economica migliore sia significativamente inferiore alla base d’asta.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6122 del 2012, proposto da:
CONSORZIO NAZIONALE SERVIZI (CNS), in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. con Mantini s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, e MANTINI S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentati e difesi dagli avv. Daniele Vagnozzi e Sergio Della Rocca, con domicilio eletto presso Studio Vagnozzi in Roma, viale Angelico, n, 103;
contro
COMUNE DI SPOLTORE, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Ugo Di Silvestre, con domicilio eletto presso Antonello Patanè in Roma, via G. Ferrari, n. 11; 
nei confronti di
ECOLOGICA S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Tommaso Marchese e Stefano Colombari, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;
SANGALLI GIANCARLO & C. S.R.L. e DIODORO ECOLOGICA S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, non costituite in giudizio; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 236 del 24 maggio 2012, resa tra le parti, concernente affidamento servizio d'igiene urbana - ris. danni;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Spoltore e di Ecologica Srl, che ha spiegato anche appello incidentale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 marzo 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Daniele Vagnozzi, Leonello Brocchi, su delega dell'avv. Ugo Di Silvestre e Mario Sanino, in dichiarata sostituzione dell'avv. Tommaso Marchese;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
1. Il Comune di Spoltore con bando in data 10 agosto 2010 ha indetto una procedura aperta per l’affidamento della gestione del servizio di igiene urbana da aggiudicarsi con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base dei criteri del prezzo (40 punti) e dell’organizzazione servizi e proposte migliorative del servizio (60 punti) specificati nell’allegato 1 al bando stesso.
Con la sentenza n. 431 del 13 luglio 2011 il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sez. I, definitivamente pronunciando su quattro separati ricorsi proposti:
a) il primo, NRG. 282/2010, dalla Ecologica s.r.l. (nella asserita qualità di società costituita dal Consorzio comprensoriale per lo smaltimento dei rifiuti dell’area pescarese per l’esercizio in forma associata delle funzioni del comuni in materia dei comuni, cui era successivamente rimasta la concreta gestione del predetto servizio pubblico, mentre la funzione di organizzazione erano state attribuite alla Ambiente S.p.A., società in cui si era trasformato l’originario consorzio) per l’annullamento: a1) dell’ordinanza sindacale n. 90 del 18 maggio 2010; a2) della delibera consiliare n. 102 del 30 dicembre 2009; a3) delle determinazioni del responsabile del servizio n. 16 del 18 gennaio 20101 e n. 134 del 15 aprile 2010 (ricorso principale), oltre che a4) dell’ordinanza sindacale n. 131 del 12 agosto 2010; a5) dell’atto in data 3 agosto 2010 della documentazione prodotta dalla ditta incaricata; a6) della delibera della Giunta comunale n. 161 del 5 agosto e a7) della determinazione del responsabile del servizio n. 220 del 6 agosto 2010 (con motivi aggiunti), nella resistenza del Comune di Spoltore e con l’intervento della Ambiente S.p.A.;
b) il secondo, NRG. 422/2010, ancora dalla Ecologica s.r.l. per l’annullamento: b1) del bando di gara a procedura aperta del 9 agosto 2010; b2) della delibera consiliare n. 102 del 30 dicembre 2009; b3) delle determinazioni del responsabile del servizio n. 16 del 18 gennaio 20101 e n. 134 del 15 aprile 2010; b4) dell’ordinanza sindacale n. 90 del 18 maggio 2010; b5) del parere dell’ufficio d’igiene ambientale del 3 giugno 2010; b6) del parere dell’azienda sanitaria locale di Pescara del 13 luglio 2010; b7) del parere della polizia municipale dell’11 giugno 2010; b8) del parere dell’istruttore tecnico direttivo del 3 giugno 2010; b8) della delibera della Giunta comunale n. 161 del 5 agosto 2010; b9) della determinazione del responsabile del servizio n. 220 del 6 agosto 2010; b10) dell’ordinanza sindacale n. 131 del 12 agosto 2010; nonché per l’accertamento del proprio diritto a proseguire nella gestione del servizio di igiene urbana ai sensi dell’art. 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008 (ricorso principale) ed ancora per l’annullamento della nota del comune n. 27685 del 20 ottobre 2010 (con motivi aggiunti), nella resistenza del Comune di Spoltore e con l’intervento ad opponendum dell’A.T.I. tra Consorzio Nazionale Servizi (C.N.S.) e Mantini s.r.l.;
c) il terzo, NRG. 434/2010, dalla Ambiente S.p.A, per l’annullamento: c1) del bando di gara del 9 agosto 2010; c2) della delibera consiliare n. 102 del 30 dicembre 2009; c3) della determinazione dirigenziale 18 gennaio 2010 n. 33; c4) dell’ordinanza sindacale n. 90 del 18 maggio 2010; c5) dell’ordinanza sindacale n. 131 del 12 agosto 2010; nella resistenza del Comune di Spoltore e con l’intervento ad opponendum dell’A.T.I. tra Consorzio Nazionale Servizi (C.N.S.) e Mantini s.r.l.;
d) il quarto, NRG. 182/2011, dall’A.T.I. tra il Consorzio Nazionale Servizi (C.N.S.) e Mantini s.r.l. per l’annullamento: d1) della nota n. 106 del 10 marzo 2011, recante la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva della gara di appalto in questione; d2) della nota 6992 del 10 marzo 2011, di trasmissione dell’atto di aggiudicazione; d3) degli atti e delle operazioni della commissione di gara e dei relativi verbali di cui alle sedute del 21 ottobre 2010, 28 ottobre 2010, 30 dicembre 2010, 11 gennaio 2011, 13 gennaio 2011, 18 gennaio 2011 e 24 gennaio 2011; d4) della determina dirigenziale n. 24 del 27 gennaio 2011, di approvazione dei verbali di gara e aggiudicazione provvisoria alla Ecologica s.r.l.; d5) della determina dirigenziale n. 68 del 2 marzo 2011, di affidamento della gestione dei servizi in via temporanea e provvisoria alla Ecologica s.r.l.; d6) del bando di gara del 10 agosto 2010 nella parte in cui consente che l’apertura delle buste tecniche sia disposta in sedute riservate; d7) dell’allegato 1 del bando di gara, recante i criteri di attribuzione dei punteggi nella parte in cui prevede la formula per l’attribuzione dei punteggi relativi all’offerta economica; d8) del contratto ove intervenuto, nonché per la declaratoria di inefficacia del contratti ai sensi degli artt. 121 e 122 c.p.a. e per il risarcimento del danno (ricorso NRG. 182/2011), nella resistenza del Comune di Spoltore e della Ecologica s.r.l., che ha spiegato appello incidentale per l’annullamento di tutti gli atti impugnati con il ricorso principale e con quello iscritto al NRG. 422/2010, oltre che l’accertamento del suo diritto a proseguire nella gestione del servizio di igiene urbana ai sensi dell’art. 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008);
dopo averli riuniti, ha respinto i primi tre ricorsi con i relativi motivi aggiunti e il ricorso incidentale spiegato nel quarto ricorso da Ecologica s.r.l., accogliendo poi il quarto ricorso, nei limiti e nei termini di cui in motivazione.
In particolare, il predetto tribunale, esaminando congiuntamente per comodità espositiva e per completezza logico – sistematica le varie censure sollevate nei ricordati ricorsi, ha:
- respinto le eccezioni preliminari in ordine alla tardività dell’impugnazione della delibera consiliare 30 dicembre 2009, n. 102 (trattandosi di un mero atto di indirizzo, non immediatamente lesivo); alla asserita, ma insussistente rilevanza, degli esiti del referendum popolare abrogativo celebratori il 12 – 13 giugno 2011 relativo all’art. 23 bis del d.l. 112 del 2008 (gli atti impugnati essendo ad esso precedenti); alla dedotta carenza di interesse della Ecologica s.r.l. ad impugnare l’indizione della gara ed i suoi esiti in quanto vincitrice (l’interesse della stessa essendo rivolto alla prosecuzione del rapporto contrattuale in corso fino alla scadenza di dodici anni secondo le precedenti condizioni) e alla carenza di interesse del Consorzio terzo classificato (in virtù del suo interesse strumentale alla ripetizione della gara), nonché alla presunta incompletezza della notifica del ricorso NRG. 182/2011;
- ritenuto legittima l’indizione della gara di appalto in questione da parte del Comune di Spoltore, in quanto il contratto tra il predetto ente locale e Ambiente S.p.A. era scaduto il 20 gennaio 2010 e non risultava intercorso alcun contratto con Ecologica s.r.l.;
- escluso che il contratto scaduto il 20 gennaio 2010, fosse destinatario della proroga fino al 31 dicembre 2011, ai sensi dell’art. 23 bis del d.l. n. 112 del 2008, con conseguente infondatezza del ricorso principale della Ambiente S.p.A. (NRG. 434/2010) e di quello incidentale di Ecologica s.r.l. (volti a ottenere l’accertamento, il primo, della proroga del contratto fino al 31 dicembre 2011 e, il secondo, del termine di scadenza di dodici anni dalla sua stipula della suscettibile della proroga), oltre che dei due primi ricorsi proposti dalla stessa Ecologica S.p.A.;
- considerato legittime le ordinanze contingibili ed urgenti con cui il Sindaco del Comune di Spoltore ha prorogato il contratto nelle more dell’espletamento della procedura di gara;
Quanto poi al ricorso NRG. 182/2011 (proposto dall’A.T.L. tra C.N.S. e Mantini s.r.l.):
- è stata innanzitutto rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Ecologica s.r.l. sul presupposto che le ricorrenti, in quanto beneficiarie di una proroga dell’affidamento di un servizio analogo da parte del Comune di Alanno, non avrebbero comunque potuto ottenere l’affidamento del servizio oggetto della gara: secondo il tribunale infatti la proroga del servizio disposta unilateralmente con ordinanza contingibile ed urgenza, finalizzata all’indizione di una gara, non costituiva motivo ostativo alla partecipazione alla gara in questione ed alla eventuale aggiudicazione in favore delle ricorrenti, tanto più che “…il divieto di partecipazione a gare per l’affidamento di servizi ulteriori oltre a quelli gestiti opera solo per le società che già gestiscono servizi pubblici locali a seguito di affidamento diretto o di procedure non a evidenza pubblica, rientrando tra quelle ad evidenza pubblica anche le forme previste dal secondo comma lettera b) del medesimo art. 23 bis”;
- è stata ugualmente rigettata l’eccezione di carenza di interesse spiegata sul presupposto che le ricorrenti si fossero collocate solo al terzo posto, sottolineando per contro la sussistenza di un interesse strumentale alla ripetizione della gara stessa;
- è stato ritenuto fondato il motivo di censura concernente l’erronea applicazione del criterio del confronto a coppie, previsto dal bando, per le offerte tecniche, in quanto non era stato effettuato il confronto tra tutte le coppie di offerte, “…ma solo a due a due previa estrazione per sorteggio delle medesime”, con conseguente illegittimità dell’intera gara, e necessità della sua ripetizione “anche se tra le sole ditte già ammesse alla gara stessa”;
- sono stati infine respinti i motivi di censura concernenti l’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche in seduta riservata, invece che pubblica; l’asserito mancato rispetto dell’obbligo di conservazione dei plichi (stante la non eccessiva durata delle operazioni di gara e la carenza di prova e tanto meno di indizi circa la eventuale manipolazione dei plichi) e la pretesa illegittimità della formula adottata per il calcolo dei punteggi da attribuire alle offerte tecniche;
In ordine poi alla domanda risarcitoria essa è stata accolta unicamente in forma specifica proprio con la ripetizione della gara, respingendo ogni altra richiesta.
2. In esecuzione di tale sentenza il Comune di Spoltore con lettera in data 12 agosto 2011 (avente ad oggetto: “Gestione dei servizi di igiene urbana. cod. CIG 0526298AD6. Riapertura termini per ripresentazione offerte tecniche ed economiche di cui al Bando di gara prot. n. 21071 del 10 agosto 2010 – Avviso per la ripetizione della procedura parziale di gara giusta sentenza TAR Abruzzo n. 00431/2011”) ha invitato le ditte che avevano partecipato alla gara annullata “una nuova offerta tecnica ed economica per l’affidamento della gestione dei servizi di igiene urbana di cui al bando in oggetto menzionato”, precisando le modalità di presentazione dell’offerta e quelle di svolgimento della gara.
All’esito della gara, vincitrice e aggiudicataria dell’appalto è risultata la società Ecologica s.r.l. per un importo complessivo di €. 7.327.551,70 (di cui €. 25.000,00 per oneri di sicurezza).
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sez. I, con la sentenza n. 236 del 24 maggio 2012, definitivamente pronunciando, nella resistenza del Comune di Spoltore e di Ecologica s.r.l., sul ricorso proposto dal Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa e dalla Mantini s.r.l. per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 333 del 28 dicembre 2011, recante l’aggiudicazione dell’appalto per l’affidamento del servizio di igiene urbana; della nota del 28 dicembre 2011, di comunicazione dell’aggiudicazione della gara; dell’avviso di avvenuta aggiudicazione del 28 dicembre 2011, pubblicato il 19 gennaio 2012; di tutti i verbali di gara (1 del 15 dicembre 2011, 2 del 18 dicembre 2011, 3 del 20 dicembre 2011, 4 del 22 dicembre 2011 e 5 del 27 dicembre 2011); della determinazione dirigenziale del 16 agosto 2011 e del relativo allegato uno; dell’allegato uno al bando di gara e della determinazione dirigenziale del 16 novembre 2011; lo ha respinto, ritenendo infondate tutte le censure.
3. Avverso tale sentenza hanno proposto rituale e tempestivo appello il Consorzio Nazionale Servizi (C.N.S.) – società cooperativa e la società Mantini s.r.l., lamentando l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone la riforma alla stregua di tre articolati motivi di gravami, rubricati rispettivamente, il primo “Erroneità della sentenza impugnata – Erronea percezione delle risultanze documentali – Error in judicando (Illogicità – Violazione della lex specialis – Violazione art. 83 del D. Lgs. n. 163/2006 – Contraddittorietà – Violazione D.P.R. 554/1999 e D.P.R. 207/2010 – Sull’irragionevolezza della formula utilizzata per l’attribuzione del punteggio relativo all’offerta economica”; il secondo “Erroneità della sentenza impugnata – Erronea percezione delle risultanze documentali – Error in judicando (Illogicità – Violazione della lex specialis – Violazione dell’Allegato 1 del bando di gara del 10.8.2011 – Violazione dei criteri di attribuzione dei punteggi fissati dal bando e dal verbale di gara del 21.10.2010 - Contraddittorietà – Illogicità manifesta – Violazione della sentenza n. 431/2011 del T.A.R. Pescara)” e il terzo “Erroneità della sentenza impugnata – Erronea percezione delle risultanze documentali – Error in procedendo (omessa statuizione su doglianze specificamente dedotte) Error in judicando (Violazione art. 4, comma 33, del D.L. 13.8.2011 n. 138 convertito in L. 14.9.2011 n. 148 – Violazione art. 23 bis, comma 9, del D.L. 112/2008 - Violazione della lex specialis – Eccesso di potere (sviamento, travisamento dei fatti) – Difetto di istruttoria)”: sono state in tal modo riproposte le censura sollevate con i primi tre motivi del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Gli appellanti hanno altresì riproposto l’istanza ex art. 121 e 122 c.p.a., quella di subentro e di risarcimento del danno.
Ha resistito al gravame il Comune di Spoltore, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.
Si è costituita in giudizio anche Ecologica s.r.l. che, oltre a dedurre l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso appello, ha spiegato gravame incidentale con cui ha lamentato l’erroneità della sentenza impugnata per non aver dichiarato inammissibili il primo ed il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
4. Le parti hanno quindi ritualmente illustrato con puntuali memorie le rispettive tesi difensive.
All’udienza pubblica del 12 marzo 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
5. L’appello principale non è meritevole di favorevole considerazione.
5.1. Con il primo motivo, denunciando “Erroneità della sentenza impugnata – Erronea percezione delle risultanze documentali – Error in judicando (Illogicità – Violazione della lex specialis – Violazione art. 83 del D. Lgs. n. 163/2006 – Contraddittorietà – Violazione D.P.R. 554/1999 e D.P.R. 207/2010 – Sull’irragionevolezza della formula utilizzata per l’attribuzione del punteggio relativo all’offerta economica”, le parti appellanti hanno riproposto la questione della asserita illegittimità della formula matematica prevista dalla lex specialis per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica, sostenendo, per un verso, che in concreto quella formula non avrebbe consentito di utilizzare interamente il punteggio massimo attribuibile alle offerte esaminate e, per altro verso, che i primi giudici avrebbe ritenuto infondata la censura in virtù dell’erronea convinzione, pacificamente smentita dagli atti, secondo cui l’offerta migliore fosse stata quella presentata dall’aggiudicataria Ecologica s.r.l.; secondo le appellanti, d’altra parte, la formula in questione sarebbe stata legittima e corretta soltanto se avesse posto a confronto non i prezzi assoluti, ma i valori delle offerte, cioè i ribassi.
Le pur articolate e approfondite argomentazioni delle appellanti non sono convincenti.
Anche ad ammettere che, come sostenuto dalle appellanti, la questione in esame possa sfuggire alla preclusione derivante dal giudicato (pacificamente) formatosi sulla precedente sentenza dello stesso Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sez. I, n. 431 del 13 luglio 2011 che aveva già esaminato e respinto la censura relativamente alla stessa procedura di gara (ciò sul presupposto che con la rinnovazione del segmento di gara relativo alla presentazione di nuove offerte ed alla consequenziale nuova valutazione delle stesse si sarebbe modificato il substrato fattuale su cui era intervenuta la sentenza passata in giudicato), è sufficiente sul punto richiamare i consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa (C.d.S., sez. V, 18 febbraio 2013, n. 978; 27 giugno 2012, n. 3781; 22 marzo 2012, n. 1640; 1 marzo 2012, n. 1195; 18 ottobre 2011, n. 5583; sez. III, 22 novembre 2011, n. 6146; sez. VI, 11 maggio 2011, n. 2795; Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; Corte cost., 3 marzo 2011, n. 175), in forza dei quali, tra l’altro, nelle gare pubbliche la formula da utilizzare per la valutazione dell'offerta economica può essere scelta dall'amministrazione con ampia discrezionalità e di conseguenza la stazione appaltante dispone di ampi margini nella determinazione non solo dei criteri da porre quale riferimento per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche nella individuazione delle formule matematiche, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale nei confronti di tali scelte, tipica espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa, può essere consentito unicamente in casi di abnormità, sviamento e manifesta illogicità.
E’ vero che è stato anche sottolineato (C.d.S., sez. V, 31 marzo 2012, n. 1899) che, proprio ai sensi dell'art. 83 del Codice dei contratti, nonché della direttiva CE 18/2004, nelle gare pubbliche il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa non può prescindere dal prezzo, con conseguente illegittimità di un criterio di valutazione dell'offerta prezzo che, mediante una formula aritmetica, conduca ad esiti opposti a quelli prefissati dal bando, giacché, seppure i criteri di attribuzione dei punteggi economici possono essere molteplici e variabili, ciò che conta è che nell'assegnazione dei punteggi, venga utilizzato tutto il potenziale range differenziale previsto per ciascuna voce ed in particolare della voce prezzo, al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell'offerta: tuttavia l’utilizzazione dell’intero potenziale del punteggio attribuibile in astratto all’offerta economica non può comportare, come pretenderebbero le appellanti, che la circostanza di aver presentato un’offerta economica migliore possa da sola giustificare l’aggiudicazione dell’appalto, proprio per la decisiva considerazione che nel metodo di scelta del contraente con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa deve tenersi conto anche dell’offerta tecnica e ben può accadere che possa risultare economicamente più vantaggiosa anche un’offerta che non sarebbe tale se si considerasse solo l’elemento economico.
D’altra parte la formula prevista nella lex specialis, secondo cui il punteggio massimo attribuibile per l’elemento prezzo, pari a 35 punti, sarebbe stato assegnato secondo la formula Ptn=35xPMin/POff (dove Ptn è il punteggio dell’offerta n; PMin è il prezzo minimo offerto e POff è il prezzo offerta dalla ditta in esame) assicura, al di là di ogni ragionevole dubbio, un differenziale adeguato, logico e ragionevole tra le offerte, garantendo un significativo rapporto proporzionale in grado di determinare, come rilevato nelle proprie difesa dalla Ecologica s.r.l., un notevole differenziale di punteggio allorquando l’offerta economica migliore sia significativamente inferiore alla base d’asta.
In definitiva la discrezionalità utilizzata dall’amministrazione appaltante nella scelta della contestata formula matematica per l’attribuzione del punteggio alle offerte economiche in gare non risulta macroscopicamente affetta da irragionevolezza, illogicità, ingiustizia manifesta o arbitrarietà, risolvendosi per contro le deduzioni delle appellanti in mere inammissibili opinioni dissenzienti.
5.2. Con il secondo motivo di appello è stato denunciato “Erroneità della sentenza impugnata – Erronea percezione delle risultanze documentali – Error in judicando (Illogicità – Violazione della lex specialis – Violazione dell’Allegato 1 del bando di gara del 10.8.2011 – Violazione dei criteri di attribuzione dei punteggi fissati dal bando e dal verbale di gara del 21.10.2010 - Contraddittorietà – Illogicità manifesta – Violazione della sentenza n. 431/2011 del T.A.R. Pescara)”.
Ad avviso degli appellanti, l’amministrazione appaltante avrebbe utilizzato, ai fini della valutazione delle nuove offerte presentate, un disciplinare di gara diverso da quello originario (nel quale in particolare sarebbe stata prevista l’attribuzione di 35 punti, invece degli originari 40, per l’offerta economica e 65 punti, invece che 60, per l’offerta tecnica), del tutto erroneo ed in conferente essendo al riguardo il richiamo operato dai primi giudici al verbale della Commissione di gara del 21 ottobre 2010, in cui non vi era stata alcuna decisione in ordine alla riduzione del punteggio da attribuire all’offerta economica (da 40 a 35 punti), stabilendosi piuttosto di fissare a 60 il punteggio massimo attribuibile all’offerta economica (ciò per riportare correttamente a 100 punti il punteggio da attribuire complessivamente alle offerte (in luogo dei 105 punti, erroneamente indicati nel disciplinare); d’altra parte, sempre secondo la tesi degli appellanti, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, tale motivo di censura non poteva considerarsi inammissibile e tardivo (rispetto alla data del ricordato verbale della commissione di gara che, come dedotto, non conteneva alcuna modificazione in pejus del punteggio attribuibile all’elemento economico dell’offerta ), non potendo, sotto altro concorrente profilo, che la riduzione di quel punteggio (da 40 a 35) costituiva un ulteriore elemento di ingiustificata ed ingiustificabile illegittimità della gara, penalizzando le offerte economicamente significative.
Anche tale suggestivo motivo di censura è infondato.
5.2.1. In punto di fatto occorre osservare che il disciplinare di gara “originario”, all’allegato I, recante i criteri per l’attribuzione dei punteggi, prevedeva 40 punti per l’elemento presso e (erroneamente) 65 punti per l’organizzazione servizi e proposte migliorative del servizio, così ripartiti: punti 20 alle offerte tecniche organizzative dei servizi ritenute più rispondenti alla realtà territoriale del Comune di Spoltore (organizzazione e programmazione delle diverse attività, squadre e carichi di lavoro, giorni ed orari di servizio, punteggio a suo volta così ulteriormente ripartito: punti 3 servizio di raccolta della frazione secca residua ; punti 3 servizi di raccolta della frazione umida; punti 2 servizi di raccolta della frazione carta e cartone; punti 2 servizi di raccolta della frazione plastica/lattine; punti 2 servizi di raccolta della frazione vetro; punti 1 servizi di raccolta presso utenze non domestiche; punti 1 servizi di raccolta degli ingombranti; punti 2 servizi di raccolta delle altre frazioni di rifiuti; punti 2 servizi di spazzamento strade; punti 2 servizi vari di pulizia complementari); punti 15 alle offerte contenenti migliorie aggiuntive rispetto alle prescrizioni minime previste dal capitolato d’oneri (punteggio così ulteriormente ripartito: punti 3 per l’incremento delle frequenze di raccolta di secco residuo, umido, carta/cartone, plastica/lattine, vetro per particolari categorie di utenze; punti 3 per soluzioni di raccolta per il Centro Storico; punti 3 per l’incremento del servizio di spazzamento meccani con frequenza quindicinale; punti 2 per l’incremento delle utenze - case sparse - servite porta a porta per le diverse frazioni di rifiuti; punti 2 per servizi riferiti alla raccolta dei rifiuti ingombranti, dei rifiuti urbani pericolosi, del verde, di rifiuti urbani particolari; punti 2 per altre proposte migliorative riferite ai servizi base); punti 12 per eventuali servizi aggiunti proposti dagli offerenti rispetto a quelli previsti dal capitolato d’oneri (così suddivisi, punti 3 per l’attivazione del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento degli olii e grassi alimentari utilizzati; punti 3 per i servizi di affiancamento e rafforzamento delle attività comunali tramite personale della ditta, espresso in ore/uomo anno rese disponibili; punti 3 per il servizio di rimozione polloni e getti dalle alberature effettuato su tutto il patrimonio di piante comunali; punti 3 per altri servizi aggiuntivi - per esempio, pulizia fosse a tenuta, derattizzazione, etc.); punti 6 in relazione al numero e alla qualifica del personale operativo proporzionalmente al numero complessivo di ore di lavoro; punti 4 relativamente all’offerta organizzativa dei rapporti con l’utenza; punti 2 quanto alla vetustà dei mezzi previsti per i diversi servizi; punti 2 per le caratteristiche dei mezzi previsti per i diversi servizi; punti 2 per il possesso del sistema di gestione ambientale registrato (EMAS) ai sensi del Regolamento CE n. 761/2001 e s.m.i.; punti 2 per i sistemi di comunicazione dei piani organizzativi dei servizi e dei dati in genere con l’amministrazione.
Come emerge dalla sua stessa semplice lettura, la somma dei punteggi attribuibili all’elemento economico dell’offerta (prezzo 40 punti) e a quello tecnico (65 punti) raggiungeva i 105 punti, evidentemente frutto di un macroscopico difetto di coordinamento dei predetti punteggi rispetto a quello massimo attribuibile (100 punti).
5.2.2. Precisato che gli appellanti non disconoscono l’erroneità della predetta previsione del disciplinare di gara, occorre rilevare che a loro avviso che la Commissione di gara nella riunione del 21 ottobre 2010, accortasi dell’errore, lo avrebbe emendato nel senso di riportare a 60 i punti da attribuire all’elemento tecnico delle offerte, lasciando inalterati i 40 punti da attribuire al prezzo: di conseguenza in sede di rinnovazione del segmento di gara concernente la valutazione delle offerte, come peraltro stabilito dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione Pescara, n. 431 del 13 luglio 2011, l’amministrazione appaltante, e per essa la commissione di gara, non avrebbe potuto alterare quei punteggi, modificandoli in 65 punti per l’elemento tecnico e 35 per quello economico.
Sennonchè tale ricostruzione è smentita innanzitutto in fatto.
Se è vero che la Commissione di gara nella riunione del 21 ottobre 2010 si rese conto dell’errore che era sul punto in argomento contenuto nel disciplinare di gara, è anche vero che essa, lungi dal decidere a 60 i punti da attribuire all’offerta tecnica, come pretenderebbero gli appellanti (decisione che del resto sarebbe stata assolutamente illegittima), ritenne piuttosto che la ricordata incongruità era da attribuirsi ad un mero errore materiale e che la stessa potesse essere ragionevolmente “…superata mediante un mero calcolo proporzionale tra il totale di 60 e quello di 65; in sostanza, ipotizzando che una ditta concorrente riporti un conteggio complessivo di punti 40 su 65, verrà applicata la formula x:60. Cioè 40 x 60/65”; la commissione peraltro aggiungeva che di tale soluzione avrebbe chiesto “…il giudizio o l’eventuale controdeduzione e/o alternativa alla ditta…estensore materiale del bando su incarico del Comune intestato”.
Anche a voler prescindere dalla pur non secondaria considerazione che anche l’applicazione della formula (di correzione) ipotizzata dalla commissione di gara nel ricordato verbale comportava l’attribuzione all’elemento economico dell’offerta non già di 40 punti bensì di punti 36,92 (il che costituisce già constatazione sufficiente a rendere infondata la censura in esame), non può peraltro negarsi che del tutto correttamente l’amministrazione appaltante ha proceduto alla rinnovazione del segmento di gara annullato dai primi giudici sulla base del disciplinare originario emendandolo dall’errore più volte ricordato nel senso sostanzialmente inteso dalla commissione di gara proprio nel verbale del 21 ottobre 2010, con l’unica (logica, ragionevole e non arbitraria) rettificazione riguardante non solo l’indicazione in numero intero (e non decimale) del punteggio attribuibile all’elemento prezzo, ma anche della sua congruenza rispetto al punteggio previsto per l’elemento tecnico, punti 65, tanto più che proprio per l’elemento tecnico erano puntualmente ed espressamente individuati nel bando i singoli criteri e sottocriteri di valutazioni (con l’individuazione per ognuno di essi dei singoli punteggi).
E’ appena il caso di osservare al riguarda che, aderendo alla tesi degli appellanti, ammettendo cioè la riduzione dei punti da assegnare all’elemento tecnico delle offerte, da 65 a 40 punti, si sarebbe ineluttabilmente stravolta la griglia dei criteri e sottocriteri di valutazione del predetto elemento tecnico (griglia imperniata su 65 punti), modificandosi sostanzialmente lo stesso disciplinare di gara e così violando lo stesso comando contenuto nella più volte citata sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione Pescara, n. 431 del 13 luglio 2011, che aveva ordinato la rinnovazione della gara esclusivamente sulla base dell’originario disciplinare.
Peraltro non può fare a meno di evidenziarsi che per un verso neppure le appellanti hanno dedotto quale sarebbe stato il criterio od il sottocriterio che, nella riduzione del punteggio dell’elemento tecnico da 65 a 60, avrebbe dovuto essere sacrificato.
5.2.3. Sulla scorta di tali rilievi il secondo motivo di gravame deve essere respinto; il che esime la Sezione dall’esaminare le questioni attinenti la tardività o meno della contestazione dei nuovi criteri di valutazioni delle offerte contenuti nel disciplinare di gara posto a base della rinnovazione del segmento di gara in questione.
5.3. Quanto al terzo motivo di gravame, con cui gli appellanti hanno lamentato “Erroneità della sentenza impugnata – Erronea percezione delle risultanze documentali – Error in procedendo (omessa statuizione su doglianze specificamente dedotte) Error in judicando (Violazione art. 4, comma 33, del D.L. 13.8.2011 n. 138 convertito in L. 14.9.2011 n. 148 – Violazione art. 23 bis, comma 9, del D.L. 112/2008 - Violazione della lex specialis – Eccesso di potere (sviamento, travisamento dei fatti) – Difetto di istruttoria)”, sostenendo che la Ecologica s.r.l. non avrebbe potuto neppure partecipare alla procedura di gara in esame, ostandovi le previsioni dell’art. 23 bis del D.L. 112/2008, in vigore al momento della gara, la Sezione rileva che, a prescindere da qualsivoglia altra considerazione (quale tra l’altro l’asserita violazione del sopravvenuto art. 4 del D.L. n. 138/2011, dichiarato incostituzionale dal giudice delle leggi con la sentenza n. 199 del 2012) la predetta questione era stata affrontata e risolta, in senso sfavorevole alle tesi delle appellanti, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione Pescara, con la sentenza n. 431 del 13 luglio 2011, decidendo in particolare proprio il ricorso NRG. 182/2011 proposto dall’A.T.L. tra C.N.S. e Mantini s.r.l., odierne appellanti; la predetta sentenza, come già si è avuto modo di ricordare, ha disposto la rinnovazione del segmento di gara concernente la valutazione delle offerte tra i soli candidati già ammessi.
Poiché tale statuizione non è stata impugnata e la nuova aggiudicazione della gara in favore di Ecologica s.r.l. non è l’effetto di nuova procedura di gara ma consegue solo alla parziale rinnovazione di un segmento di quella (unica) originaria, sul punto controverso oggetto del motivo di gravame in esame si è formato il giudicato (sfavorevole alle appellanti).
Ciò determina quindi l’inammissibilità del motivo di gravame in questione.
6. Al rigetto dell’appello principale consegue l’improcedibilità dell’appello incidentale spiegato da Ecologica s.r.l.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica nondimeno la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto dal Consorzio Nazionale Servizi società cooperativa e da Mantini s.r.l., nonché sull’appello incidentale spiegato da Ecologica s.r.l., avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sede staccata di Pescara, sez. I, n. 236 del 24 maggio 2012, così provvede:
- respinge l’appello principale;
- dichiara improcedibile l’appello incidentale;
- dichiara compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


AFORISMI: "E poi ci sono rimasto per un problema morale..." (Paolo Borsellino).


AFORISMI: 
"E poi ci sono rimasto per un problema morale...
(Paolo Borsellino)



"Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia. 
Ci sono entrato per caso 
E poi ci sono rimasto per un problema morale:
la gente mi moriva attorno". 

(Paolo Borsellino)

EDILIZIA: abusi e distinzione tra i vari interventi in materia edilizia (T.A.R. Piemonte, Sez. I, sentenza 12 luglio 2013 n. 889)


EDILIZIA: 
abusi e distinzione tra i vari interventi in materia edilizia  (T.A.R. Piemonte, Sez. I, sentenza 12 luglio 2013 n. 889)


Massima

1. Per qualificare la natura degli abusi - nell’alternativa tra le due fattispecie del “risanamento” e della “ristrutturazione” - occorre premettere che gli interventi di risanamento conservativo, per costante giurisprudenza, sono preordinati alla conservazione dell'organismo edilizio e si caratterizzano essenzialmente per il mantenimento dei preesistenti elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio. Viceversa, nella ristrutturazione edilizia le opere sono funzionali non alla mera conservazione, ma all’integrale rinnovo delle strutture edilizie, potendo anche portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente.
2.  Ciò posto in linea generale, secondo l'orientamento della giurisprudenza maggioritaria, gli interventi edilizi che alterano, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportano l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro o risanamento conservativo, ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia.
Ciò in quanto, affinché sia ravvisabile un intervento di ristrutturazione edilizia è sufficiente che siano modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi, ovvero l'ordine in cui risultavano disposte le diverse porzioni dell'edificio, per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente.
3.  Nel caso in esame la creazione di una nuova unità immobiliare, comportando l'inserimento di ulteriori impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, risulta incompatibile con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo che presuppongono, come detto, la realizzazione di lavori che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie.
4.  Ad analoghe conclusioni si perviene assumendo quale elemento discriminante il dato sostanziale dell’incremento del complessivo carico urbanistico, potenzialmente conseguente ad interventi di ristrutturazione, ed invece assente nell’ipotesi di restauro, risanamento o manutenzione (cfr. Cons. St. sez. IV, 19 novembre 2012, n. 5818).
5.  Correttamente quindi l’amministrazione comunale ha respinto l’istanza di sanatoria ritenendo che l’intervento in oggetto - integrando un’ipotesi di ristrutturazione edilizia (e non di semplice risanamento), non ammesso dall’art. 49 delle N.T.A. vigenti al momento dell’abuso (che consentivano solo interventi di manutenzione, risanamento e restauro) - fosse escluso dal regime di cui all’art. 13 L. 47/1985.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 893 del 2000, proposto da:
Colletta Quirino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Riccardo Ludogoroff e Maria Teresa Fanzini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Montevecchio, 50; 
contro
Comune La Loggia, rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Santilli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Paolo Sacchi, 44; 
nei confronti di
Responsabile dei Servizi Tecnici Settore Edilizia del Comune; 

sul ricorso numero di registro generale 2857 del 2000, proposto da:
Manfrin Germano e Ramello Antonio, rappresentati e difesi dagli avv.ti Riccardo Ludogoroff e Maria Teresa Fanzini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Montevecchio, 50; 
contro
Comune La Loggia, rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Santilli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Paolo Sacchi, 44; 
nei confronti di
Resp. Servizi Tecnici Ed. Privata ed Urbanistica- La Loggia-; 
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 893 del 2000:
del provvedimento prot. n. 919 del 27 gennaio 2000, notificato il 1° febbraio 2000, con il quale il Comune di La Loggia ha respinto l'istanza di concessione in sanatoria presentata dal ricorrente,
per l'annullamento, previa sospensione,
- dell'ordinanza di demolizione n. 1/2000 del 7 febbraio, notificata il 12 febbraio 2000, delle opere realizzate in parziale difformità dalla concessione edilizia;
- dell'ingiunzione di pagamento prot. n. 1255 dell' 8 febbraio 2000;
nonché
di ogni altro atto comunque connesso
con i motivi aggiunti depositati in data 17 ottobre 2000
per l'annullamento, previa sospensione,
- dell'ordinanza prot. n. 8588 notificata in data 11/9/2000, con la quale il Responsabile del Servizio Edilizia Privata ed Urbanistica del Comune di La Loggia ingiunge al ricorrente, il pagamento in solido di L. 379.987.820
nonché per l'annullamento
di tutti gli atti preordinati, consequenziali e comunque connessi al procedimento sanzionatorio.
quanto al ricorso n. 2857 del 2000:
delle ordinanze prot. nn. 8589 e 8590 del 6.9.2000, notificate rispettivamente i giorni 8.9.2000 e 13.9.2000, aventi ad oggetto "irrogazione sanzione pecuniaria - art. 12 comma 2 della L. 28.2.1985 n. 45", con la quale il Responsabile del Servizio Edilizia Privata ed Urbanistica del Comune di La Loggia ingiunge ai ricorrenti il pagamento in solido di £. 379.987.820;
nonché per l'annullamento
di tutti gli atti preordinati, consequenziali e comunque connessi al procedimento.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di La Loggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Quirino Colletta è nudo proprietario di un fabbricato, gravato da usufrutto in favore dei genitori, situato in Frazione Tetti Griffa, Comune di La Loggia, Via dei Campassi n. 7, su di un'area individuata a catasto al F. 14, mappali nn. 52, 128, 129, 130, 163, 164, 190, 191.
L'edificio, originariamente rurale, è stato risanato e recuperato a civile abitazione previo rilascio della concessione edilizia n. 35/89.
L’introduzione di varianti al progetto originario ha tuttavia reso necessaria la richiesta di formale autorizzazione in data 21 novembre 1998.
Su tale istanza la commissione edilizia in data 09 aprile 1990 ha espresso un parere favorevole condizionato alla presentazione di nuovi elaborati grafici. L’integrazione documentale tuttavia non è stata assolta, pur a fronte della prosecuzione dei lavori, che sono stati completati secondo ulteriori modifiche non comunicate all’amministrazione.
A lavori ultimati è stata presentata, in data 05 aprile 1993, una richiesta di concessione in sanatoria, ex art. 13 L. 47/1985, sulla quale la commissione edilizia ha espresso “parere favorevole, previo pagamento della sanzione ex legge 47/1985”.
Con nota in data 11 maggio 1993 il Comune ha richiesto per il prosieguo della pratica la presentazione del computo metrico (necessario per il calcolo della sanzione) e del parere della U.S.S.L. 32. Anche queste richieste documentali sono rimaste inevase.
L’istanza - ulteriormente reiterata con note del 15 aprile 1998 e del 5 novembre 1999 - ha avuto risposta solo in data 13 novembre 1999.
A quel punto la commissione edilizia ha potuto esprimere il proprio parere (comunicato con nota comunale del 27 gennaio 2000), ritenendo non assentibile l’intervento in quanto in contrasto con gli artt. 49 e 20.2 delle N.T.A..
Nel corso dell’anno 2000 sono infine intervenuti il diniego della concessione in sanatoria (atto prot. n. 919 del 27 gennaio 2000), l'ordinanza di demolizione delle opere asseritamente eseguite in parziale difformità dalla concessione edilizia n. 35/89 (ordinanza n.1/2000 del 7 febbraio 2000), nonché l’ingiunzione di pagamento della sanzione per ritardato versamento degli oneri concessori (in data 08 febbraio 2000).
2. I tre atti testé menzionati sono stati impugnati con il ricorso iscritto ad R.G. 893/2000.
3. In data 05 settembre 2000 l’ufficio tecnico del Comune di La Loggia ha effettuato un sopralluogo sulla località, per l’accertamento della consistenza degli abusi in funzione della demolizione da eseguire. Constatata l’impossibilità di demolire le opere abusive senza pregiudizio per quelle conformi, in data 06 settembre 2000 ha emanato tre distinte ordinanze (nn. 8588 - 8589 - 8590) contenenti la determinazione della sanzione pecuniaria alternativa, ex art. 12, comma 2, L. 47/1985, per un importo di £. 379.987.820,00, e ne ha intimato il pagamento, in solido tra di loro, al concessionario, al costruttore e al direttore dei lavori.
4. Con motivi aggiunti, notificati il 13 ottobre 2000 e depositati il 17 ottobre 2000, il ricorrente ha esteso l’impugnazione all’ordinanza prot. n. 8588, notificatagli in data 11 settembre 2000.
5. Parallelamente, nel distinto procedimento iscritto ad R.G. 2857/2000, i ricorrenti Manfrin e Ramello, in qualità rispettivamente di costruttore e direttore dei lavori, hanno impugnato le ordinanze sanzionatorie prot. n. 85889 e 8590, notificate nei loro confronti in data 8 e 13 settembre 2000, adottate sui medesimi presupposti e recanti il medesimo contenuto dell’ordinanza prot. n. 8588.
6. In entrambi i procedimenti è stata accolta l’istanza cautelare di sospensiva limitatamente all’irrogazione della sanzione pecuniaria.
7. A seguito della costituzione in giudizio del Comune di la Loggia e dell’acquisizione d’ufficio degli atti del procedimento, i due ricorsi riuniti sono pervenuti a decisione all’udienza del 27 giugno 2013.
8. Questi i motivi dedotti.
8.1 Relativamente al diniego di concessione in sanatoria, il sig. Colletta - con una prima censura per eccesso di potere per errore essenziale e difetto assoluto del presupposto. Violazione di legge in relazione all’art. 3 Legge n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione. Violazione dei principi generali di correttezza e buon andamento dell’amministrazione. Violazione dei principi generali della materia – contesta l’affermazione del Comune in base alla quale l’intervento oggetto di istanza di sanatoria, integrando un’ipotesi di ristrutturazione edilizia (e non di semplice risanamento), non sarebbe ammesso dall’art. 49 delle N.T.A. vigenti al momento dell’abuso, sicché resterebbe escluso dal regime di cui all’art. 13 L. 47/1985. A detta del ricorrente l’entità dell’intervento (consistente nella realizzazione di vani cantina interrati, nella suddivisione degli alloggi da due a tre e in alcune irrilevanti modifiche di facciata) risulterebbe invece compatibile con l’ipotesi del risanamento, ammessa dalle N.T.A..
Sotto un diverso profilo, viene contestato l’ulteriore rilievo del Comune secondo cui l’intervento si porrebbe in contrasto con l’art. 20/2 delle N.T.A., che ammette la ristrutturazione solo allorché vengano garantite le opere di urbanizzazione primaria, mancanti nel progetto presentato.
Secondo il ricorrente, nell’affermare ciò l’amministrazione avrebbe trascurato di considerare che l’area in questione era già dotata delle opere di urbanizzazione primaria.
Viene inoltre contestata la tardività del provvedimento impugnato, la carenza di adeguata motivazione sui profili sopra menzionati e la sua contraddittorietà rispetto ai due pareri favorevoli in precedenza espressi dalla commissione edilizia.
8.2 Con un secondo motivo - rubricato “illegittimità derivata. Erronea applicazione dell'art. 12 Legge n. 47/1985. Violazione dell'art. 3 Legge n. 241/1990” - i vizi dedotti con riferimento al diniego di concessione in sanatoria vengono estesi in via derivata all'ordinanza di demolizione n. 1/2000.
Il ricorrente contesta inoltre l’applicazione del primo comma dell’art. 12 L. 47/1985, in quanto la demolizione delle parti ritenute abusive non potrebbe avvenire senza pregiudizio delle parti regolarmente assentite con la concessione edilizia n. 35/89. Viene dedotto infine il difetto di motivazione, in quanto il notevole lasso di tempo trascorso dall’asserito abuso avrebbe imposto una motivata ponderazione tra il sacrificio della posizione privata del ricorrente e l’attuazione dell’interesse generale.
8.3 Con un terzo motivo - Illegittimità derivata. Erronea applicazione artt. 1 e 3 Legge n.10/1977 - i vizi dedotti con riferimento al diniego di concessione in sanatoria e all'ordinanza di demolizione vengono estesi in via derivata all'ingiunzione di pagamento. Il sig. Colletta deduce, inoltre, che il Comune di La Loggia avrebbe dovuto rideterminare il contributo commisurato al costo di costruzione tenendo conto del progetto di variante presentato. Non essendo mai stata effettuata tale rideterminazione, nessun inadempimento sarebbe imputabile alla parte richiedente.
9. Avverso l’ordinanza recante l’irrogazione della sanzione pecuniaria, ex art. 12, comma 2, L. 47/1985, impugnata con motivi aggiunti e con ricorso autonomo dai sigg.ri Manfrin e Ramello (nel procedimento iscritto ad R.G. 2857/2000), sono stati dedotti due ordini di motivi.
9.1 Con un primo – rubricato “violazione di legge in riferimento all’art. 12 ella L. 47/1985 e agli artt. 3, 7 e seguenti della L. 241/1990. Violazione del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Illegittimità derivata. Carenza di istruttoria. Ingiustizia grave e manifesta” – si lamenta: la mancanza di avviso di avvio del procedimento di adozione della misura sanzionatoria; la mancanza di accertamento tecnico sui presupposti della scelta fra demolizione e irrogazione della sanzione pecuniaria; la mancata esternazione dei criteri e delle basi di calcolo, dovendo il conteggio essere rapportato alle sole parti abusive dell’opera.
9.2 Con un secondo motivo – rubricato “violazione di legge in relazione all’art. 6 della L. 47/1985. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta. Sviamento. Difetto di istruttoria e motivazione” – si lamenta il fatto che la sanzione sia stata irrogata in via solidale con il direttore dei lavori e il costruttore; si afferma, inoltre, che il provvedimento risulterebbe ingiusto, in quanto adottato in pendenza di giudizio e dopo un lungo protrarsi del procedimento.
Sempre con i motivi aggiunti è stata formulata istanza di risarcimento dei danni.
10. I profili di connessione oggettiva e soggettiva giustificano la riunione dei due procedimenti iscritti ad R.G. 893/00 e 2857/00.
11. Il primo ricorso (R.G. 893/00) non pare meritevole di accoglimento.
La successione cronologica dei fatti rende innanzitutto palese l’inconsistenza della censurata tardività degli atti impugnati. Nelle premesse in fatto, sono stati posti in rilievo i mutamenti di percorso indotti dal variare dei progetti sottoposti dal ricorrente all’amministrazione comunale, al fine del conseguimento dell’autorizzazione in variante e, successivamente, della concessione in sanatoria. Da queste consecutive variazioni progettuali è derivata la necessità di rinnovo delle attività istruttorie, le cui risultanze non possono essere genericamente censurate per contraddittorietà, stante le diversità dei dati sostanziali alle stesse sottesi.
La prolungata inerzia manifestata dal ricorrente nel dare riscontro alle richieste di documentazione integrativa (soddisfatte solo con nota del 10 dicembre 1999), ha determinato - per ragioni certo non imputabili al Comune di La Loggia - il ritardo nell’espletamento della procedura di sanatoria.
Non sussistono elementi, pertanto, per poter formulare addebiti di colpevole ritardo in capo all’amministrazione.
12. Parimenti infondata appare la censura riguardante la consistenza degli abusi edilizi.
Le modifiche al progetto licenziato sono desumibili dalle planimetrie allegate in atti. Tali variazioni sono consistite nell’incremento di un’unità immobiliare della consistenza iniziale prevista in due unità; in alcune modifiche degli interni e della facciata; nella costruzione di locali cantina completamente interrati.
12.1 Per qualificare la natura degli abusi - nell’alternativa tra le due fattispecie del “risanamento” e della “ristrutturazione” - occorre premettere che gli interventi di risanamento conservativo, per costante giurisprudenza, sono preordinati alla conservazione dell'organismo edilizio e si caratterizzano essenzialmente per il mantenimento dei preesistenti elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio. Viceversa, nella ristrutturazione edilizia le opere sono funzionali non alla mera conservazione, ma all’integrale rinnovo delle strutture edilizie, potendo anche portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente.
12.2 Ciò posto in linea generale, secondo l'orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, gli interventi edilizi che alterano, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportano l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro o risanamento conservativo, ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia (cfr. da ultimo T.A.R. Brescia sez. II, 2 marzo 2012, n. 355; T.A.R. Lazio sez. I, 05 aprile 2013, n. 3506). Ciò in quanto, affinché sia ravvisabile un intervento di ristrutturazione edilizia è sufficiente che siano modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi, ovvero l'ordine in cui risultavano disposte le diverse porzioni dell'edificio, per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente (T.A.R. Napoli sez. VII, 07 giugno 2012, n. 2712; T.A.R. Latina sez. I, 12 gennaio 2010, n. 5; T.A.R. Molise sez. I, 27 marzo 2009, n. 99).
12.3 Nel caso in esame la creazione di una nuova unità immobiliare, comportando l'inserimento di ulteriori impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, risulta incompatibile con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo che presuppongono, come detto, la realizzazione di lavori che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie.
12.4 Ad analoghe conclusioni si perviene assumendo quale elemento discriminante il dato sostanziale dell’incremento del complessivo carico urbanistico, potenzialmente conseguente ad interventi di ristrutturazione, ed invece assente nell’ipotesi di restauro, risanamento o manutenzione (cfr. Cons. St. sez. IV, 19 novembre 2012, n. 5818). Non pare, infatti, seriamente dubitabile che l’incremento di un’unità immobiliare all’interno di uno stabile costituisca fattore dotato di diretta incidenza sul parametro del peso urbanistico: la sola alterazione dell'originaria consistenza fisica di un immobile, anche sotto il profilo della sua distribuzione interna, implica la necessità di dotare le nuove unità immobiliari, ricavate dal frazionamento mediante strutture murarie, dei relativi servizi accessori ad uso abitativo, degli impianti e dei necessari spazi pertinenziali, con conseguente incremento del carico urbanistico (T.A.R. Liguria sez. I, 17 aprile 2003, n. 496; Cons. St. sez. V, 23 maggio 2000, n. 2988).
Correttamente quindi l’amministrazione comunale ha respinto l’istanza di sanatoria ritenendo che l’intervento in oggetto - integrando un’ipotesi di ristrutturazione edilizia (e non di semplice risanamento), non ammesso dall’art. 49 delle N.T.A. vigenti al momento dell’abuso (che consentivano solo interventi di manutenzione, risanamento e restauro) - fosse escluso dal regime di cui all’art. 13 L. 47/1985.
13. Va quindi esaminato l’ulteriore assunto di parte ricorrente secondo cui la zona era “già dotata di opere di urbanizzazione primaria” – sicché non sussisterebbe alcun contrasto tra il progetto presentato per la sanatoria (privo dell’indicazione delle opere di urbanizzazione primaria) e l’art. 20/2 delle N.T.A., che ammetteva la ristrutturazione solo allorché fossero state garantite le opere di urbanizzazione primaria.
Il Comune ha replicato sul punto allegando l’estratto planimetrico del P.R.G. dal quale si ricava che la rete fognaria (colorata in rosso) è inesistente nell’intera zona di Tetti Griffa. È agli atti, inoltre, una relazione tecnica del 10 dicembre 1999, a firma del geom. Ramello (professionista incaricato dal ricorrente), dalla quale risulta che l’edificio, quanto a smaltimento delle acque reflue, è allacciato a due fosse biologiche con annessi pozzi neri.
Le circostanziate allegazioni documentali della parte resistente non sono state adeguatamente confutate dal ricorrente, il quale si è limitato a replicare che la variante al P.R.G.C. attesta l’esistenza della rete fognaria. Trattasi tuttavia di variante approvata (nel 1999) in epoca successiva alla presentazione dell’istanza di sanatoria (datata 05 aprile 1993), quindi non rilevante ai fini dell’accoglimento dell’istanza di sanatoria.
Come noto, l'accertamento di conformità, oggi previsto dall'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 e disciplinato dall'allora vigente art. 13, l. n. 47 del 1985, è diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l'area su cui sorgono, vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria (cd. " doppia conformità "). In assenza di tale presupposto, le conseguenti determinazioni dell’amministrazione assumono connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, dovendo l'autorità procedente valutare l'assentibilità dell'opera eseguita sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione ad entrambi i momenti considerati dalla norma. Nel caso di specie non potrebbe sostenersi che le opere fossero conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica, applicabile per l'area su cui sorgono, vigente al momento della loro realizzazione e della presentazione dell'istanza di sanatoria.
Le ragioni esposte, confermate dal parere della commissione edilizia, giustificano appieno i rilievi fondanti il diniego di sanatoria.


14. La seconda serie di motivi si appunta sull’ordine di demolizione.
Va innanzitutto respinto il rilievo inerente la carenza di adeguata motivazione, argomentato sulla base del fatto che il notevole lasso di tempo trascorso dall’asserito abuso avrebbe imposto una motivata ponderazione tra la posizione privata sacrificata e l’attuazione dell’interesse pubblico.
Sul punto è sufficiente rilevare che l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato alla constatata abusività, che non richiede alcuna specifica valutazione delle sottese ragioni d'interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (cfr. Cons. St. sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185; sez. V, 17 settembre 2012, n. 4915).
Né può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo non può giammai legittimare (cfr. Cons. St. sez. IV, 10 giugno 2013 n. 3182; T.A.R. Liguria sez. I, 29 gennaio 2013, n. 217; T.A.R. Napoli sez. II, 12 marzo 2013, n. 1410 e sez. III, 8 marzo 2013, n. 1374).
14.1 Il ricorrente lamenta ancora, sempre sotto il profilo della carenza di motivazione, l’assenza nell’ordine di demolizione del giudizio sintetico-valutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell'abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria. Anche tale censura non pare dotata di fondamento.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il menzionato giudizio sintetico - valutativo si inserisce in un momento successivo all’ordine di demolizione, allorché il privato non ottemperi spontaneamente alla demolizione e l'autorità, in conseguenza, indirizzi agli uffici competenti l’ordine di esecuzione in danno dei proprietari. Solo in questo secondo momento diventa attuale il problema della legittimità di un'ingiunzione a demolire sprovvista di qualsiasi valutazione intorno agli eventuali pregiudizi sulla staticità degli immobili ed alla eventuale, conseguente, applicazione dell'alternativa sanzione pecuniaria (cfr. T.A.R. Lazio 2 marzo 2012 n. 2165).


15. Venendo all’ingiunzione di pagamento datata 8 febbraio 2000, avente ad oggetto la liquidazione dei costi di costruzione dei lavori oggetto della concessione edilizia n. 35/89, la parte ricorrente deduce che il Comune di La Loggia avrebbe dovuto rideterminare l’importo del contributo, commisurandolo al progetto di variante e tenendo conto della tipologia degli interventi ivi contemplati e delle aliquote regionali agli stessi applicabili. Non essendo mai stata effettuata tale rideterminazione, nessun inadempimento sarebbe imputabile al richiedente. Secondo questa impostazione, pertanto, in presenza di variante, sarebbe illegittima la pretesa del Comune di riscuotere il contributo per il costo di costruzione relativo alla concessione originaria.
15.1 In aggiunta al rilievo esposto, la parte ricorrente eccepisce la prescrizione del credito inerente il contributo edilizio.
15.2 Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.
Va precisato, preliminarmente, che l’ingiunzione di pagamento datata 8 febbraio 2000 riguarda esclusivamente i costi di costruzione, essendo incontestato l’avvenuto versamento della parte di contributo commisurata all’incidenza delle opere di urbanizzazione.
Nel merito, con riferimento all’eccezione di prescrizione occorre rilevare che il termine prescrizionale applicabile ai crediti vantati dal Comune per oneri di urbanizzazione e costi di costruzione è quello decennale, siccome stabilito in via generale dall'art. 2946 c.c. (cfr. T.A.R. Catanzaro sez. I, 14 aprile 2011, n. 522 e sez. II, 12 giugno 2006, n. 628; T.A.R. Salerno sez. II, 22 aprile 2005, n. 647).
Quanto al dies a quo, la giurisprudenza differenzia le due ipotesi e, per quanto concerne il credito a titolo di oneri di urbanizzazione, lo individua nella data di rilascio della concessione, poiché è da tale momento che viene determinato e che diventa esigibile (T.A.R. Campania sez. II, 11 luglio 2006, n. 7392; T.A.R. Catanzaro 22 novembre 2000 n. 1439; T.A.R. Pescara, 10 maggio 2002 n. 477); mentre, per quanto concerne il credito a titolo di costo di costruzione - poiché l'importo dovuto, sebbene determinato all'atto del rilascio della concessione, viene corrisposto in corso d'opera (con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune) non oltre sessanta giorni dall'ultimazione dei lavori – individua il dies a quo del termine ordinario prescrizionale non nella data stabilita in concessione per l'ultimazione dei lavori, ma in quella in cui l'opera è stata effettivamente ultimata, tenuto conto che di questo elemento di fatto deve essere data contezza all'amministrazione da parte del privato, sicché, in difetto di tale elemento, il termine prescrizionale non decorre nei confronti dell'amministrazione creditrice (T.A.R. Salerno, 16 maggio 1997 n. 293; T.A.R. Catanzaro sez. I, 14 aprile 2011, n. 522).
Nel caso in esame non risulta essere stata effettuata alcuna comunicazione di ultimazione dei lavori. In ogni caso, se anche - per mera ipotesi - detto termine avesse iniziato a decorrere, la nota del 15 aprile 1998 n. 4645, inoltrata dal Comune alla parte privata con raccomandata a.r. in data 21 aprile 1998, sarebbe valsa a interrompere la prescrizione.
15.3 Superata l’eccezione preliminare, occorre esaminare la tesi svolta dalla parte ricorrente in merito all’entità del credito vantato dal Comune. In proposito si osserva che tutte le procedure edilizie successive alla concessione n. 35/89 non hanno avuto esito, in quanto il progetto di variante è stato abbandonato in itinere dalla parte richiedente, mentre la procedura di sanatoria non si è mai perfezionata. Il solo titolo edilizio di cui il ricorrente si è legittimamente avvalso, portandolo ad esecuzione, consiste quindi nella concessione n. 35/1989. Il Comune, quindi, ha correttamente fatto riferimento ai lavori licenziati con la concessione n. 35/89 ai fini della determinazione degli oneri dovuti dal privato.
Il conteggio del contributo non poteva, pertanto, che coincidere con quello già effettuato al momento del rilascio della concessione, non essendo intervenute ulteriori e successive autorizzazioni edilizie.
La doglianza in esame non può quindi trovare accoglimento.


16. Restano da esaminare i motivi aggiunti.
Le tre ordinanze di pari contenuto adottate in data 06 settembre 2000, fanno tutte applicazione dell’art. 12, secondo comma, della L. 47/1985 (“quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il sindaco applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dalla concessione, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell'ufficio tecnico erariale, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”).
Detti provvedimenti vengono censurati per la mancata comunicazione di avvio del procedimento di adozione della misura sanzionatoria; per il mancato accertamento istruttorio sui presupposti della scelta fra demolizione e irrogazione della sanzione pecuniaria; nonché per la inadeguata esternazione dei criteri e delle basi di calcolo della sanzione.
I ricorrenti lamentano, inoltre, il fatto che la sanzione sia stata irrogata in via solidale con il direttore dei lavori e il costruttore, e censurano di ingiustizia i provvedimenti impugnati, in quanto adottati in pendenza di giudizio e dopo un lungo protrarsi del procedimento.
16.1 Seguendo l’ordine di formulazione delle censure, si osserva quanto segue.
Innanzitutto, i ricorrenti non hanno ragione di dolersi di supposte violazioni delle disposizioni riguardanti le facoltà di partecipazione al procedimento. Per un verso, infatti, il provvedimento adottato ai sensi dell'art. 12 comma 2 della L. 47/1985, nel disporre il pagamento di una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, ha corrisposto ad un’aspettativa manifestata dalla stessa parte ricorrente nei suoi atti difensivi (cfr. pag. 9 del ricorso)
Per altro verso, i ricorrenti non hanno articolato alcuna argomentazione per minare la fondatezza delle conclusioni cui è pervenuta l'amministrazione comunale, cosicché, ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/1990, non è possibile ritenere che il contenuto dispositivo del provvedimento sarebbe stato diverso ove fosse stata garantita la partecipazione procedimentale dell'interessato.
In aggiunta ai rilievi che precedono, va osservato che l’avvio del procedimento, quanto meno nei confronti del Colletta e del Manfrin, è stato comunicato due volte, in data 1 febbraio 2000 e 12 febbraio 2000: in entrambe le occasioni l’amministrazione ha esplicitato la possibilità di avvalersi dell’art. 12 L. 47/1985.
16.2 Circa le attività istruttorie preliminari alla scelta tra demolizione e applicazione della sanzione pecuniaria, è utile osservare che nel sopralluogo effettuato dai tecnici comunali in data 06 settembre 2000 è stata appurata l’impossibilità di limitare la demolizione alle sole parti abusive. La tesi, come detto, è stata propugnata dal ricorrente sin dal ricorso introduttivo (cfr. pag. 9), sicché la censura svolta sul punto non pare supportata da interesse ad agire.
16.3 Quanto alle risultanze del conteggio, esso si è basato sul computo dei costi di costruzione fornito dalla parte privata in data 10 dicembre 1999 e riguardante le sole opere abusive (per le quali veniva richiesta sanatoria). L’adesione da parte dell’amministrazione a tale analitico conteggio non giustifica censure circa l’incompletezza e l’erroneità del calcolo, in quanto, per un verso, si tratta di dati elaborati direttamente dalla proprietà; mentre, per altro verso, detta erroneità dei conteggi viene dedotta in termini del tutto generici e indeterminati.
Il calcolo in questione consiste nella duplicazione (ai sensi del secondo comma dell’art. 12 L. 47/1985) del costo di produzione delle opere eseguite in difformità dalla concessione edilizia. Tale costo di produzione era stato determinato, appunto, nel computo metrico estimativo fornito dal sig. Colletta in data 13 dicembre 1999 ai fini del perfezionamento della pratica di sanatoria.
L’importo, pari a £. 189.993.910, è la risultante dell’applicazione dei listini delle opere edili in Milano, correnti nel mese di agosto 1999 alle sole opere oggetto della richiesta di concessione in sanatoria, come chiarito nelle premesse del documento.
Nel lamentare la non correttezza del calcolo, i ricorrenti non indicano quali specifici parametri o coefficienti sarebbero stati omessi o erroneamente applicati. La genericità delle deduzioni - particolarmente eloquente se si considera la paternità dei dati in contestazione - priva di consistenza e rende non accoglibile la censura in esame.
16.4 Va infine chiarito il profilo di doglianza riguardante l’estensione soggettiva della sanzione.
L’art. 6 della L. 47/1985 prevede che “il titolare della concessione, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché - unitamente al direttore dei lavori - a quelle della concessione ad edificare e alle modalità esecutive stabilite dalla medesima. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l'esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso”.
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale, la norma si limita ad individuare le categorie di soggetti che, quali responsabili a vario titolo dell'abuso edilizio, sono in astratto destinatari della sanzione, e quindi soggetti passivi della correlativa obbligazione. Tuttavia, la sanzione pecuniaria, collegata al singolo abuso edilizio, resta oggettivamente unica per ciascun abuso, e non applicabile distintamente, individualmente e in misura piena nei confronti di ciascuno dei responsabili. Ciò in quanto le sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi non sono sanzioni punitive (cioè correlate esclusivamente alla responsabilità personale dell'autore della violazione), ma costituiscono misure con finalità ripristinatorie, di carattere meramente patrimoniale, trasmissibili agli eredi.
Né il fatto che l'art. 6 della L. n. 47/1985 preveda il vincolo della solidarietà solo per il recupero delle spese sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione in danno, significa che la sanzione pecuniaria sia reiterabile nei confronti di ciascuno dei possibili soggetti passivi; la disposizione si può intendere nel senso che l'obbligazione grava in via principale sul responsabile primario dell'abuso (titolare della concessione, se è stato rilasciato un titolo edilizio; committente, in caso di interventi senza titolo), e in via sussidiaria sugli altri soggetti, salvo rivalsa di questi nei confronti del primo (T.A.R. Milano sez. II, 04 aprile 2007, n. 1397).
In conclusione, quindi, il titolare della concessione, il committente, il costruttore e il direttore dei lavori sono responsabili della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché al contenuto della concessione ad edificare e alle modalità esecutive stabilite dalla medesima. Essi sono altresì tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso (T.A.R. Lecce sez. I, 07 luglio 2006, n. 3921).
Nel caso di specie, le ordinanze hanno fatto applicazione dei principi sopra indicati, avanzando una richiesta di pagamento rivolta ai soggetti ritenuti responsabili della difformità delle opere.
Il riferimento alla “solidarietà” - superfluo e non del tutto appropriato, se rapportato all’esatta esegesi della norma - non pare tuttavia indicativo di un’errata applicazione dell’art. 6 L. 47/1985, se solo si considera che: I) l’obbligazione solidale non è collettiva o cumulativa, quindi non comporta il pagamento del debito da parte di tutti i soggetti obbligati, sicché è da escludersi che l’amministrazione abbia voluto reiterare la sanzione nei confronti di tutti i soggetti ritenuti responsabili dell’abuso; II) i sigg.ri Ramello e Manfrin risultano destinatari delle sanzioni nella loro specifica veste, rispettivamente, di direttore e di esecutore dei lavori, il che vuol dire che l’addebito di responsabilità è stato formulato in ragione del ruolo dagli stessi assunto in relazione all’esecuzione delle opere edili.
Sotto entrambi i profili le ordinanze impugnate si pongono in linea con le indicazioni desumibili dall’art. 6.
Va da sé che sui destinatari delle ordinanze grava l’onere della prova della loro estraneità all’abuso, in difetto della quale l’amministrazione potrà riscuotere l’importo della sanzione rifacendosi in via principale sul responsabile primario dell'abuso (titolare della concessione), e in via sussidiaria sugli altri soggetti.
Per tutte le ragioni esposte i ricorsi riuniti non possono trovare accoglimento.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti,
li respinge entrambi.
Condanna le parti ricorrenti a rifondere in favore della parte resistente le spese di lite che liquida in complessivi €. 3.000,00, oltre Iva, cpa e accessori di legge, ponendo tale importo a carico del Colletta nella misura dei 2/3, e a carico di Manfrin e Ramello, in via solidale, nella misura di 1/3.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Paola Malanetto, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)