domenica 5 maggio 2013

EQUITALIA: sulla presunta "dirompente" sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, in materia di nullità degli atti presupposti agli atti impositivi di Equitalia (T.A.R. Lazio, Roma, sentenza 1 agosto 2011 n. 6884).



EQUITALIA: 
sulla presunta "dirompente" sentenza del TAR Lazio, Roma, in materia di nullità degli atti presupposti agli atti impositivi di Equitalia 
(T.A.R. Lazio, Roma, sentenza 1 agosto 2011 n. 6884)

Ho letto su qualche blog e sito che ci sarebbe una "dirompente" sentenza del T.A.R. Lazio che azzererebbe i debiti di tutti gli italiani, essendo tutti gli atti emanati da EQUITALIA affetti fa invalidità derivata da nullità degli atti presupposti.
Il vizio degli avvisi d'accertamento (degli Enti pubblici) sarebbe la mancanza della qualifica dirigenziale in capo ai sottoscrittori degli stessi...
La vicenda è ancora sub iudice (ossia il Consiglio di Stato deve ancora decidere, e dubito non faccia prevalere il favor erarii), ed inoltre le violazioni dedotte nella sentenza in esame riguardano gli atti presupposti sino al 31 dicembre 2010.
Leggiamoci bene la sentenza prima di fare "populismo giudiziario" in stile 2.0!
A presto.
FF 

Massima

1.  Alla luce, poi, dei chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate, in ordine ai posti dirigenziali ancora coperti mediante conferimento di incarico a funzionari privi di qualifica dirigenziale, risulta infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, considerato che anche nell’anno 2010 una parte rilevante dei posti vacanti è stata coperta secondo le indicazioni regolamentari di cui alla delibera impugnata.
Ciò premesso, nel merito è fondato il primo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione dei principi di cui agli artt. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.
L'art. 24, co. 2, del regolamento di amministrazione, nel testo risultante dalla delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22/12/2009 oggetto di impugnazione, stabilisce che «per inderogabili esigenze di funzionamento dell'Agenzia, le eventuali vacanze sopravvenute possono essere provvisoriamente coperte, previo interpello e salva l'urgenza, con le stesse modalità di cui al comma 1 ( cioè mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti) fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza e comunque fino al 31 dicembre 2010».
La delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22/12/2009, dunque, come già analoghe delibere adottate fin dal 2006, ha perpetuato fino al 31 /12/2010 la prassi del conferimento di incarichi dirigenziali, asseritamente in provvisoria reggenza, a copertura di posizioni dirigenziali vacanti.
Detti incarichi, però, conferiti senza l'espressa indicazione di un termine di durata, e sostanzialmente prorogati di anno in anno, risultano espletati da funzionari non dirigenti, senza che l'Agenzia delle Entrate abbia contemporaneamente provveduto a bandire le procedure concorsuali per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e implicano indiscutibilmente l'espletamento di mansioni superiori dirigenziali da personale privo della relativa qualifica.
2.  Configurandosi il conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente alla stregua dell'assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, il relativo atto di conferimento deve considerarsi radicalmente nullo ai sensi dell'art. 52 co. 5 del D.Lgs. n. 165/2001.
Infatti, come stabilisce il co. 5 dell'art. 52 cit., "al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore": e le ipotesi di cui al secondo comma si inseriscono esclusivamente nell'ambito del sistema di classificazione del personale dei livelli, come espressamente previsto anche dalla contrattazione collettiva. E', dunque, escluso che tale disciplina possa estendersi alla ipotesi di assegnazione di mansioni superiori dirigenziali, per le quali può ipotizzarsi il ricorso soltanto all'istituto della reggenza.
3.  Nel caso di specie, l'art. 24 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate non contempla affatto l'ipotesi di un incarico di temporanea reggenza ma il conferimento di un vero e proprio incarico dirigenziale, prevedendo la stipula di contratti individuali di lavoro a tempo determinato con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti .
Infatti nel caso della reggenza non è configurabile la predeterminazione di precisi limiti temporali né la stipulazione di apposito contratto individuale di lavoro, costituendo la "reggenza" un istituto di carattere eccezionale che risponde all'esigenza occasionale e transitoria di assicurare la continuità dell'azione amministrativa a seguito del venir meno di un organo per esigenze imprevedibili..
Inoltre, come ha avuto modo di notare ripetutamente la giurisprudenza, la reggenza dell'ufficio è consentita, senza dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di fuori di questi limiti, la reggenza dell'ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali (Cass. civ., Sez. Unite, 22 febbraio 2010, n. 4063).


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4949 del 2010, proposto da:
Dirpubblica (Federazione Funzionari Professionisti e Dirigenti delle Ppaa e delle Agenzie), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Carmine Medici, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Properzio, 37;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- della delibera del comitato di gestione n. 55 del 2.12.2009, con cui è stato sostituito l'art. 24 del regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate;
- di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, conseguente e connesso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate;
Viste le memorie difensive;
Vista le sentenza non definitiva n. 260 del 2011;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2011 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Dirpubblica ha proposto ricorso per l’annullamento della delibera del Comitato di gestione dell’Agenzia delle Entrate, indicata in epigrafe, con la quale è stato modificato l’art. 24 del regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, consentendo il conferimento, fino al 31 dicembre 2010, di incarichi dirigenziali in favore di funzionari non in possesso della qualifica dirigenziale.
Il gravame è affidato alle seguenti censure di diritto:
-) Violazione e falsa applicazione dell’art. 52 , commi 2, 4 e 5, del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165; violazione e falsa applicazione delle norme in materia di assegnazione allo svolgimento di mansioni superiori; violazione e falsa applicazione dell’allegato A) del CCNL Comparto Agenzie Fiscali, sottoscritto il 28 maggio 2004 sulla reggenza degli uffici e il riconoscimento del trattamento economico dirigenziale; carenza dei presupposti, eccesso di potere e sviamento.
Si contesta, in sostanza, la possibilità per l’Agenzia di conferire incarichi dirigenziali a funzionari non in possesso della qualifica relativa, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, senza indicazione del termine di durata e senza che l’ente abbia provveduto a bandire le procedure concorsuali per l’accesso alla qualifica dirigenziale.
-) Violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 27 e 28 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e degli artt. 60 e 71 del d. lgs. 30 luglio 1999 n. 300; violazione e falsa applicazione dei principi in materia di conferimento di incarichi dirigenziali e dei principi in materia di reggenza degli uffici dirigenziali; violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost.; violazione del principio per cui l’accesso alla qualifica dirigenziale avviene a seguiti di concorso pubblico; eccesso di potere e sviamento.
L’Agenzia, con la modifica normativa impugnata, avrebbe oltrepassato i limiti alla propria autonomia regolamentare, violando i principi fondamentali per l’accesso alla qualifica dirigenziale.
Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate ed ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente e per carenza di interesse; nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso.
Con sentenza non definitiva del 24.11/13.1.2011 il Collegio, rigettando l’eccezione della difesa erariale, ha ritenuto sussistente la legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente e , considerata l’indizione del concorso per la copertura di 175 posti di dirigente di seconda fascia, allo scopo di accertare l’effettività dell’interesse al ricorso, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate di rendere chiarimenti in ordine al numero complessivo dei posti di dirigente ulteriormente vacanti rispetto a quelli messi a concorso e da coprire, eventualmente, mediante conferimento di incarichi a funzionari privi della qualifica dirigenziale in applicazione della delibera impugnata.
Con nota depositata in data 5.2.2011 l’Agenzia chiariva che, alla data del 31 gennaio 2011, su complessive n. 1.143 posizioni dirigenziali, i posti coperti da dirigenti sono soltanto 376, mentre ben 767 sono i posti coperti temporaneamente tramite incarichi ad interim o vacanti.
Anche a prescindere dai 175 posti messi a concorso, residuano un complesso di 592 posti vacanti , per i quali la delibera impugnata ha legittimato la copertura mediante conferimento di incarichi a funzionari non dirigenti.
Alla pubblica udienza del giorno 25 maggio 2011, in esito alla discussione, la causa è stata pertanto trattenuta dal Collegio per la definizione nel merito.

DIRITTO
Preliminarmente il Collegio rileva la sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione all’impugnazione della delibera indicata in epigrafe, con la quale il Comitato di gestione dell’Agenzia delle entrate, nell’esercizio di un potere organizzativo e regolamentare, ha disposto in ordine alle modalità di copertura dei posti di dirigente vacanti, consentendo fino al 31 dicembre 2010 il conferimento di incarichi dirigenziali in favore di funzionari non dirigenti.
Secondo la giurisprudenza della Corte regolatrice della giurisdizione, infatti, in materia di pubblico impiego privatizzato sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti gli atti amministrativi adottati dalle pubbliche amministrazioni nell’esercizio del potere loro conferito dall’art. 2 comma 1 del d. lgs. n. 29 del 1993 (riprodotto nell’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001) aventi ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali delle organizzazioni degli uffici – nel cui quadro i rapporti di lavoro si costituiscono e si svolgono – caratterizzati da uno scopo esclusivamente pubblicistico, sul quale non incide la circostanza che gli stessi possano influire sullo status di una categoria di dipendenti pubblici, costituendo quest’ultimo un effetto riflesso, inidoneo ed insufficiente a connotarli delle caratteristiche degli atti adottati iure privato rum ( cfr. Cass. Sez. un. 13 luglio 2006 n. 15904).
Nel caso di specie la natura organizzatoria dell’atto impugnato e la finalizzazione al pubblico interesse alla copertura dei posti dirigenziali vacanti appare fuor di dubbio, cosicchè la controversia, pur potendo avere riflessi sui contratti stipulati o stipulandi in applicazione della delibera de qua, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, investendo direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge di disposizioni organizzative con le quali vengono definite le linee organizzative per l’organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità delle posizioni dirigenziali (cfr. anche Cass. Sez. un. 25.9.2009 n. 20642).
Alla luce, poi, dei chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate, in ordine ai posti dirigenziali ancora coperti mediante conferimento di incarico a funzionari privi di qualifica dirigenziale, risulta infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, considerato che anche nell’anno 2010 una parte rilevante dei posti vacanti è stata coperta secondo le indicazioni regolamentari di cui alla delibera impugnata.
Ciò premesso, nel merito è fondato il primo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione dei principi di cui agli artt. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.
L'art. 24, co. 2, del regolamento di amministrazione, nel testo risultante dalla delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22/12/2009 oggetto di impugnazione, stabilisce che «per inderogabili esigenze di funzionamento dell'Agenzia, le eventuali vacanze sopravvenute possono essere provvisoriamente coperte, previo interpello e salva l'urgenza, con le stesse modalità di cui al comma 1 ( cioè mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti) fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza e comunque fino al 31 dicembre 2010».
La delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22/12/2009, dunque, come già analoghe delibere adottate fin dal 2006, ha perpetuato fino al 31 /12/2010 la prassi del conferimento di incarichi dirigenziali, asseritamente in provvisoria reggenza, a copertura di posizioni dirigenziali vacanti.
Detti incarichi, però, conferiti senza l'espressa indicazione di un termine di durata, e sostanzialmente prorogati di anno in anno, risultano espletati da funzionari non dirigenti, senza che l'Agenzia delle Entrate abbia contemporaneamente provveduto a bandire le procedure concorsuali per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e implicano indiscutibilmente l'espletamento di mansioni superiori dirigenziali da personale privo della relativa qualifica.
Costituisce infatti circostanza di fatto pacifica, perché peraltro non smentita in giudizio neanche dalla difesa erariale, che le mansioni oggetto degli incarichi de quibus corrispondono a quelle tipiche della qualifica dirigenziale, implicando conseguentemente l’attribuzione del relativo trattamento economico.
Ora, l'espletamento di mansioni superiori da parte di dipendenti pubblici contrattualizzati, al di fuori di ipotesi tassativamente previste, è vietato dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, all' art. 56, nel testo sostituito dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 25, e successivamente modificato prima dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, art. 15 e poi dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, con conseguente nullità dell'atto di conferimento illegittimo.
In altre parole, configurandosi il conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente alla stregua dell'assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, il relativo atto di conferimento deve considerarsi radicalmente nullo ai sensi dell'art. 52 co. 5 del D.Lgs. n. 165/2001.
Infatti, come stabilisce il co. 5 dell'art. 52 cit., "al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore": e le ipotesi di cui al secondo comma si inseriscono esclusivamente nell'ambito del sistema di classificazione del personale dei livelli, come espressamente previsto anche dalla contrattazione collettiva. E', dunque, escluso che tale disciplina possa estendersi alla ipotesi di assegnazione di mansioni superiori dirigenziali, per le quali può ipotizzarsi il ricorso soltanto all'istituto della reggenza.
Nel caso di specie, l'art. 24 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate non contempla affatto l'ipotesi di un incarico di temporanea reggenza ma il conferimento di un vero e proprio incarico dirigenziale, prevedendo la stipula di contratti individuali di lavoro a tempo determinato con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti .
Infatti nel caso della reggenza non è configurabile la predeterminazione di precisi limiti temporali nè la stipulazione di apposito contratto individuale di lavoro, costituendo la "reggenza" un istituto di carattere eccezionale che risponde all'esigenza occasionale e transitoria di assicurare la continuità dell'azione amministrativa, consentito solo nei casi in cui il venir meno della titolarità di un organo per cause imprevedibili imponga l'urgente individuazione di un nuovo soggetto temporaneamente preposto all'organo a salvaguardia degli interessi pubblici perseguiti.
Inoltre, come ha avuto modo di notare ripetutamente la giurisprudenza, la reggenza dell'ufficio è consentita, senza dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di fuori di questi limiti, la reggenza dell'ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali (Cass. civ., Sez. Unite, 22 febbraio 2010, n. 4063).
Più nello specifico, per quanto in questa sede interessa, va poi aggiunto che lo svolgimento temporaneo di incarichi dirigenziali ( nel senso propriamente implicato dalla reggenza) è stato ricondotto tra i contenuti professionali di base propri della terza area funzionale, così come definiti dall'Allegato "A" del C.C.N.L. del comparto Agenzie fiscali, sottoscritto il 28 maggio 2004, per cui l'assegnazione dei predetti incarichi non dovrebbe comportare il diritto al trattamento economico dirigenziale, mentre in applicazione della delibera oggi impugnata il conferimento di incarichi dirigenziali ad interim con contratto individuale di lavoro implica anche l'attribuzione del trattamento economico del dirigente..
Alla luce delle superiori considerazioni ritiene il Collegio che le fattispecie disciplinate dall'art. 24 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate non siano riconducibili nell'ambito degli incarichi di temporanea reggenza, implicando piuttosto il conferimento di veri e propri incarichi dirigenziali a soggetti privi della relativa qualifica, così collocandosi in rotta di collisione con i principi di cui agli arti. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.
La difesa erariale, nelle memorie difensive presentate in vista dell’udienza di discussione del ricorso, evidenzia in maniera analitica le ragioni per le quali, nel tempo, l’Agenzia delle Entrate non sia stata in grado di provvedere alla copertura di un numero così rilevante di posizioni dirigenziali mediante l’indizione di pubblici concorsi, essendo quindi costretta a ricorrere all’impiego di funzionari non dirigenti.
Ora, osserva il Collegio, che a prescindere dalla bontà di siffatta ricostruzione, e dalla possibile individuazione di cause di una situazione di fatto anche riferibili a condotte e determinazioni di pertinenza dell’amministrazione, rimane il dato indiscutibile del contrasto della scelta organizzativa del conferimento di incarichi dirigenziali, senza concorso, a funzionari privi della qualifica dirigenziale, con la puntuale disciplina di cui agli artt. 19 e 52 del d. lgs. n. 165/2001.
Una deroga così ampia sul piano quantitativo e temporale al principio del reclutamento del personale dirigenziale mediante il sistema concorsuale per la copertura delle posizioni dirigenziali è valsa ad introdurre e consolidare nel tempo una situazione complessiva di grave violazione di principi fondamentali di regolamentazione del rapporto di pubblico impiego e delle garanzie relative all’accesso alle qualifiche, alla selezione del personale e allo svolgimento del rapporto.
Per tali ragioni il ricorso appare meritevole di accoglimento, previo assorbimento degli ulteriori profili di censura; conseguentemente va disposto l’annullamento della delibera impugnata.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi euro 3000,00 ( tremila) oltre accessori come per legge.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali che liquida come in parte motiva.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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