EQUITALIA:
sulla presunta "dirompente" sentenza del TAR Lazio, Roma, in materia di nullità degli atti presupposti agli atti impositivi di Equitalia
sulla presunta "dirompente" sentenza del TAR Lazio, Roma, in materia di nullità degli atti presupposti agli atti impositivi di Equitalia
(T.A.R. Lazio, Roma, sentenza 1 agosto 2011 n. 6884)
Ho letto su qualche blog e sito che ci sarebbe una "dirompente" sentenza del T.A.R. Lazio che azzererebbe i debiti di tutti gli italiani, essendo tutti gli atti emanati da EQUITALIA affetti fa invalidità derivata da nullità degli atti presupposti.
Il vizio degli avvisi d'accertamento (degli Enti pubblici) sarebbe la mancanza della qualifica dirigenziale in capo ai sottoscrittori degli stessi...
La vicenda è ancora sub iudice (ossia il Consiglio di Stato deve ancora decidere, e dubito non faccia prevalere il favor erarii), ed inoltre le violazioni dedotte nella sentenza in esame riguardano gli atti presupposti sino al 31 dicembre 2010.
Leggiamoci bene la sentenza prima di fare "populismo giudiziario" in stile 2.0!
A presto.
FF
1. Alla luce, poi, dei chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate, in ordine ai posti dirigenziali ancora coperti mediante conferimento di incarico a funzionari privi di qualifica dirigenziale, risulta infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, considerato che anche nell’anno 2010 una parte rilevante dei posti vacanti è stata coperta secondo le indicazioni regolamentari di cui alla delibera impugnata.
Ciò premesso, nel merito è fondato il primo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione dei principi di cui agli artt. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.
L'art. 24, co. 2, del regolamento di amministrazione, nel testo risultante dalla delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22/12/2009 oggetto di impugnazione, stabilisce che «per inderogabili esigenze di funzionamento dell'Agenzia, le eventuali vacanze sopravvenute possono essere provvisoriamente coperte, previo interpello e salva l'urgenza, con le stesse modalità di cui al comma 1 ( cioè mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti) fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza e comunque fino al 31 dicembre 2010».
La delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22/12/2009, dunque, come già analoghe delibere adottate fin dal 2006, ha perpetuato fino al 31 /12/2010 la prassi del conferimento di incarichi dirigenziali, asseritamente in provvisoria reggenza, a copertura di posizioni dirigenziali vacanti.
Detti incarichi, però, conferiti senza l'espressa indicazione di un termine di durata, e sostanzialmente prorogati di anno in anno, risultano espletati da funzionari non dirigenti, senza che l'Agenzia delle Entrate abbia contemporaneamente provveduto a bandire le procedure concorsuali per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e implicano indiscutibilmente l'espletamento di mansioni superiori dirigenziali da personale privo della relativa qualifica.
2. Configurandosi il conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente alla stregua dell'assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, il relativo atto di conferimento deve considerarsi radicalmente nullo ai sensi dell'art. 52 co. 5 del D.Lgs. n. 165/2001.
Infatti, come stabilisce il co. 5 dell'art. 52 cit., "al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore": e le ipotesi di cui al secondo comma si inseriscono esclusivamente nell'ambito del sistema di classificazione del personale dei livelli, come espressamente previsto anche dalla contrattazione collettiva. E', dunque, escluso che tale disciplina possa estendersi alla ipotesi di assegnazione di mansioni superiori dirigenziali, per le quali può ipotizzarsi il ricorso soltanto all'istituto della reggenza.
3. Nel caso di specie, l'art. 24 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate non contempla affatto l'ipotesi di un incarico di temporanea reggenza ma il conferimento di un vero e proprio incarico dirigenziale, prevedendo la stipula di contratti individuali di lavoro a tempo determinato con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti .
Infatti nel caso della reggenza non è configurabile la predeterminazione di precisi limiti temporali né la stipulazione di apposito contratto individuale di lavoro, costituendo la "reggenza" un istituto di carattere eccezionale che risponde all'esigenza occasionale e transitoria di assicurare la continuità dell'azione amministrativa a seguito del venir meno di un organo per esigenze imprevedibili..
Inoltre, come ha avuto modo di notare ripetutamente la giurisprudenza, la reggenza dell'ufficio è consentita, senza dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di fuori di questi limiti, la reggenza dell'ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali (Cass. civ., Sez. Unite, 22 febbraio 2010, n. 4063).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
4949 del 2010, proposto da:
Dirpubblica (Federazione Funzionari Professionisti e Dirigenti delle Ppaa e
delle Agenzie), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato
e difeso dall'avv. Carmine Medici, con domicilio eletto presso il suo studio in
Roma, via Properzio, 37;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- della delibera del comitato di gestione
n. 55 del 2.12.2009, con cui è stato sostituito l'art. 24 del regolamento di
amministrazione dell'Agenzia delle Entrate;
- di ogni altro atto e/o provvedimento
preordinato, conseguente e connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
di Agenzia delle Entrate;
Viste le memorie difensive;
Vista le sentenza non definitiva n. 260
del 2011;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
25 maggio 2011 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori
come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO
Dirpubblica ha proposto ricorso per
l’annullamento della delibera del Comitato di gestione dell’Agenzia delle
Entrate, indicata in epigrafe, con la quale è stato modificato l’art. 24 del
regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, consentendo il
conferimento, fino al 31 dicembre 2010, di incarichi dirigenziali in favore di
funzionari non in possesso della qualifica dirigenziale.
Il gravame è affidato alle seguenti
censure di diritto:
-) Violazione e falsa applicazione
dell’art. 52 , commi 2, 4 e 5, del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165; violazione e
falsa applicazione delle norme in materia di assegnazione allo svolgimento di
mansioni superiori; violazione e falsa applicazione dell’allegato A) del CCNL
Comparto Agenzie Fiscali, sottoscritto il 28 maggio 2004 sulla reggenza degli
uffici e il riconoscimento del trattamento economico dirigenziale; carenza dei
presupposti, eccesso di potere e sviamento.
Si contesta, in sostanza, la possibilità per
l’Agenzia di conferire incarichi dirigenziali a funzionari non in possesso
della qualifica relativa, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste
dalla legge, senza indicazione del termine di durata e senza che l’ente abbia
provveduto a bandire le procedure concorsuali per l’accesso alla qualifica
dirigenziale.
-) Violazione e falsa applicazione degli
artt. 19, 27 e 28 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e degli artt. 60 e 71 del d.
lgs. 30 luglio 1999 n. 300; violazione e falsa applicazione dei principi in
materia di conferimento di incarichi dirigenziali e dei principi in materia di
reggenza degli uffici dirigenziali; violazione e falsa applicazione degli artt.
3, 51 e 97 Cost.; violazione del principio per cui l’accesso alla qualifica
dirigenziale avviene a seguiti di concorso pubblico; eccesso di potere e
sviamento.
L’Agenzia, con la modifica normativa
impugnata, avrebbe oltrepassato i limiti alla propria autonomia regolamentare,
violando i principi fondamentali per l’accesso alla qualifica dirigenziale.
Si è costituita in giudizio l’Agenzia
delle Entrate ed ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso
per difetto di legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente e per
carenza di interesse; nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso.
Con sentenza non definitiva del
24.11/13.1.2011 il Collegio, rigettando l’eccezione della difesa erariale, ha
ritenuto sussistente la legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente e
, considerata l’indizione del concorso per la copertura di 175 posti di
dirigente di seconda fascia, allo scopo di accertare l’effettività
dell’interesse al ricorso, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate di rendere
chiarimenti in ordine al numero complessivo dei posti di dirigente
ulteriormente vacanti rispetto a quelli messi a concorso e da coprire,
eventualmente, mediante conferimento di incarichi a funzionari privi della
qualifica dirigenziale in applicazione della delibera impugnata.
Con nota depositata in data 5.2.2011
l’Agenzia chiariva che, alla data del 31 gennaio 2011, su complessive n. 1.143
posizioni dirigenziali, i posti coperti da dirigenti sono soltanto 376, mentre
ben 767 sono i posti coperti temporaneamente tramite incarichi ad interim o
vacanti.
Anche a prescindere dai 175 posti messi a
concorso, residuano un complesso di 592 posti vacanti , per i quali la delibera
impugnata ha legittimato la copertura mediante conferimento di incarichi a
funzionari non dirigenti.
Alla pubblica udienza del giorno 25 maggio
2011, in esito alla discussione, la causa è stata pertanto trattenuta dal
Collegio per la definizione nel merito.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio rileva la
sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione all’impugnazione
della delibera indicata in epigrafe, con la quale il Comitato di gestione
dell’Agenzia delle entrate, nell’esercizio di un potere organizzativo e
regolamentare, ha disposto in ordine alle modalità di copertura dei posti di
dirigente vacanti, consentendo fino al 31 dicembre 2010 il conferimento di
incarichi dirigenziali in favore di funzionari non dirigenti.
Secondo la giurisprudenza della Corte
regolatrice della giurisdizione, infatti, in materia di pubblico impiego
privatizzato sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le
controversie concernenti gli atti amministrativi adottati dalle pubbliche
amministrazioni nell’esercizio del potere loro conferito dall’art. 2 comma 1
del d. lgs. n. 29 del 1993 (riprodotto nell’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001)
aventi ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali delle
organizzazioni degli uffici – nel cui quadro i rapporti di lavoro si
costituiscono e si svolgono – caratterizzati da uno scopo esclusivamente
pubblicistico, sul quale non incide la circostanza che gli stessi possano
influire sullo status di una categoria di dipendenti pubblici, costituendo
quest’ultimo un effetto riflesso, inidoneo ed insufficiente a connotarli delle
caratteristiche degli atti adottati iure privato rum ( cfr. Cass. Sez. un. 13
luglio 2006 n. 15904).
Nel caso di specie la natura
organizzatoria dell’atto impugnato e la finalizzazione al pubblico interesse
alla copertura dei posti dirigenziali vacanti appare fuor di dubbio, cosicchè
la controversia, pur potendo avere riflessi sui contratti stipulati o
stipulandi in applicazione della delibera de qua, appartiene alla giurisdizione
del giudice amministrativo, investendo direttamente il corretto esercizio del
potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge di
disposizioni organizzative con le quali vengono definite le linee organizzative
per l’organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità
delle posizioni dirigenziali (cfr. anche Cass. Sez. un. 25.9.2009 n. 20642).
Alla luce, poi, dei chiarimenti resi
dall’Agenzia delle Entrate, in ordine ai posti dirigenziali ancora coperti
mediante conferimento di incarico a funzionari privi di qualifica dirigenziale,
risulta infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di
interesse, considerato che anche nell’anno 2010 una parte rilevante dei posti
vacanti è stata coperta secondo le indicazioni regolamentari di cui alla
delibera impugnata.
Ciò premesso, nel merito è fondato il
primo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione dei principi di
cui agli artt. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.
L'art. 24, co. 2, del regolamento di
amministrazione, nel testo risultante dalla delibera del Comitato di gestione
n. 55 del 22/12/2009 oggetto di impugnazione, stabilisce che «per
inderogabili esigenze di funzionamento dell'Agenzia, le eventuali vacanze
sopravvenute possono essere provvisoriamente coperte, previo interpello e salva
l'urgenza, con le stesse modalità di cui al comma 1 ( cioè mediante la
stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con
l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti) fino
all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza e comunque fino al 31
dicembre 2010».
La delibera del Comitato di gestione n. 55
del 22/12/2009, dunque, come già analoghe delibere adottate fin dal 2006, ha
perpetuato fino al 31 /12/2010 la prassi del conferimento di incarichi
dirigenziali, asseritamente in provvisoria reggenza, a copertura di posizioni
dirigenziali vacanti.
Detti incarichi, però, conferiti senza
l'espressa indicazione di un termine di durata, e sostanzialmente prorogati di
anno in anno, risultano espletati da funzionari non dirigenti, senza che
l'Agenzia delle Entrate abbia contemporaneamente provveduto a bandire le
procedure concorsuali per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e implicano
indiscutibilmente l'espletamento di mansioni superiori dirigenziali da
personale privo della relativa qualifica.
Costituisce infatti circostanza di fatto
pacifica, perché peraltro non smentita in giudizio neanche dalla difesa
erariale, che le mansioni oggetto degli incarichi de quibus corrispondono a
quelle tipiche della qualifica dirigenziale, implicando conseguentemente
l’attribuzione del relativo trattamento economico.
Ora, l'espletamento di mansioni superiori
da parte di dipendenti pubblici contrattualizzati, al di fuori di ipotesi
tassativamente previste, è vietato dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, all' art.
56, nel testo sostituito dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 25, e
successivamente modificato prima dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, art. 15 e
poi dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, con conseguente nullità
dell'atto di conferimento illegittimo.
In altre parole, configurandosi il
conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente
alla stregua dell'assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi
tassativamente previste dalla legge, il relativo atto di conferimento deve
considerarsi radicalmente nullo ai sensi dell'art. 52 co. 5 del D.Lgs. n.
165/2001.
Infatti, come stabilisce il co. 5
dell'art. 52 cit., "al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è
nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica
superiore": e le ipotesi di cui al secondo comma si inseriscono
esclusivamente nell'ambito del sistema di classificazione del personale dei
livelli, come espressamente previsto anche dalla contrattazione collettiva. E',
dunque, escluso che tale disciplina possa estendersi alla ipotesi di
assegnazione di mansioni superiori dirigenziali, per le quali può ipotizzarsi
il ricorso soltanto all'istituto della reggenza.
Nel caso di specie, l'art. 24 del
Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate non contempla affatto
l'ipotesi di un incarico di temporanea reggenza ma il conferimento di un vero e
proprio incarico dirigenziale, prevedendo la stipula di contratti individuali
di lavoro a tempo determinato con l'attribuzione dello stesso trattamento
economico dei dirigenti .
Infatti nel caso della reggenza non è
configurabile la predeterminazione di precisi limiti temporali nè la
stipulazione di apposito contratto individuale di lavoro, costituendo la
"reggenza" un istituto di carattere eccezionale che risponde
all'esigenza occasionale e transitoria di assicurare la continuità dell'azione
amministrativa, consentito solo nei casi in cui il venir meno della titolarità
di un organo per cause imprevedibili imponga l'urgente individuazione di un
nuovo soggetto temporaneamente preposto all'organo a salvaguardia degli
interessi pubblici perseguiti.
Inoltre, come ha avuto modo di notare
ripetutamente la giurisprudenza, la reggenza dell'ufficio è consentita, senza
dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, a
condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto
vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura. Al di
fuori di questi limiti, la reggenza dell'ufficio concreta svolgimento di
mansioni dirigenziali (Cass. civ., Sez. Unite, 22 febbraio 2010, n. 4063).
Più nello specifico, per quanto in questa
sede interessa, va poi aggiunto che lo svolgimento temporaneo di incarichi
dirigenziali ( nel senso propriamente implicato dalla reggenza) è stato
ricondotto tra i contenuti professionali di base propri della terza area
funzionale, così come definiti dall'Allegato "A" del C.C.N.L. del
comparto Agenzie fiscali, sottoscritto il 28 maggio 2004, per cui
l'assegnazione dei predetti incarichi non dovrebbe comportare il diritto al
trattamento economico dirigenziale, mentre in applicazione della delibera oggi
impugnata il conferimento di incarichi dirigenziali ad interim con contratto
individuale di lavoro implica anche l'attribuzione del trattamento economico
del dirigente..
Alla luce delle superiori considerazioni
ritiene il Collegio che le fattispecie disciplinate dall'art. 24 del
Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate non siano
riconducibili nell'ambito degli incarichi di temporanea reggenza, implicando piuttosto
il conferimento di veri e propri incarichi dirigenziali a soggetti privi della
relativa qualifica, così collocandosi in rotta di collisione con i principi di
cui agli arti. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.
La difesa erariale, nelle memorie difensive
presentate in vista dell’udienza di discussione del ricorso, evidenzia in
maniera analitica le ragioni per le quali, nel tempo, l’Agenzia delle Entrate
non sia stata in grado di provvedere alla copertura di un numero così rilevante
di posizioni dirigenziali mediante l’indizione di pubblici concorsi, essendo
quindi costretta a ricorrere all’impiego di funzionari non dirigenti.
Ora, osserva il Collegio, che a
prescindere dalla bontà di siffatta ricostruzione, e dalla possibile
individuazione di cause di una situazione di fatto anche riferibili a condotte
e determinazioni di pertinenza dell’amministrazione, rimane il dato
indiscutibile del contrasto della scelta organizzativa del conferimento di
incarichi dirigenziali, senza concorso, a funzionari privi della qualifica
dirigenziale, con la puntuale disciplina di cui agli artt. 19 e 52 del d. lgs.
n. 165/2001.
Una deroga così ampia sul piano
quantitativo e temporale al principio del reclutamento del personale
dirigenziale mediante il sistema concorsuale per la copertura delle posizioni
dirigenziali è valsa ad introdurre e consolidare nel tempo una situazione
complessiva di grave violazione di principi fondamentali di regolamentazione
del rapporto di pubblico impiego e delle garanzie relative all’accesso alle qualifiche,
alla selezione del personale e allo svolgimento del rapporto.
Per tali ragioni il ricorso appare
meritevole di accoglimento, previo assorbimento degli ulteriori profili di
censura; conseguentemente va disposto l’annullamento della delibera impugnata.
Le spese di giudizio seguono la
soccombenza e vanno liquidate in complessivi euro 3000,00 ( tremila) oltre
accessori come per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento
impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al
pagamento delle spese processuali che liquida come in parte motiva.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 25 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Giampiero Lo Presti, Consigliere,
Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
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|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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