venerdì 6 dicembre 2013

CONFERENZE: "Giovani, università e mondo del lavoro: dinamiche attuali e prospettive future" - LUISS, Dipartimento di Giurisprudenza, 05 dicembre 2013


CONFERENZE: 
"Giovani, università e mondo del lavoro: dinamiche attuali e prospettive future" - 
LUISS, Dipartimento di Giurisprudenza, 
05 dicembre 2013.


Il Convegno di ieri (http://www.luiss.it/evento/2013/12/05/giovani-universita-e-mondo-del-lavoro-dinamiche-attuali-e-prospettive-future) ha visto un un piccolo intervento, sollecitato dal moderatore, amico e collega, Avv. Andrea Giordano.
Riporto la versione "ideale", avendo pronunciato solo l'ultima parta a causa dell'orario (20.15!).
A presto.
FF

*****

Beato quel paese che non ha bisogno di eroi” diceva Bertolt Brecht.
Direi che in Italia questa beatitudine “laica” stenta ad affermarsi.
Abbiamo bisogno di “eroi” quindi: ossia di persone (giuristi) corrette e preparate. Esserlo in prima persona; quindi richiederlo.
Il mio intervento sarà esperienziale, non  motivazionale/esortativo né encomiastico  o critico/ricostruttivo (sine ira ac metu direbbe Tacito).
Permettetemi prima, però, di esprimere le mie congratulazioni a tutti le persone che hanno permesso, a qualunque titolo, che l’esperienza di Excellence at Work potesse realizzarsi, e così bene. Mi riferisco innanzitutto a voi ragazzi, che avete già compreso quanto sia lontana la predetta beatitudine, oggi, in Italia, in particolari per noi giuristi.
Permettetemi di svolgere alcune rapide riflessioni.
Sarò breve, perché ho avuto abbastanza tempo per prepararmi (Cicerone ad Attico si scusava spesso d’esser troppo prolisso, giustificandosi di non aver avuto abbastanza tempo per la brevitas).

L’Università non è un esamificio.
Ovviamente è un giudizio di valore, non di fatto. Spesso lo è, e nel pubblico più che nel privato. Al di là delle generalizzazioni, posso dire che la LUISS mi è sembrata l’antitesi del’Università, in particolare di Giurisprudenza, come esamificio.
Forse ci si è avveduti, più che altrove, che il Sapere è la sintesi della conoscenza specialistica (di matrice anglossassone, l’empirismo ancora domina oltre la Manica e l’Oceano)  e della generale preparazione giuridica (la classicità si basa su fondamenta filosofiche). Oggi negli U.S.A. si parla di “terza cultura” per indicare la tendenza al riequilibrio di generale e specialistico, e di tecnico con etico.
I saperi sono interconnessi. Giannini negli anni ’70 lo predicava anche oltre i limiti delle partizioni giuridiche. Ma già i Romani erano perentori: “Purus grammaticus purus asinus”.
Il rischio è arrivare al parossismo ed al paradosso di “sapere tutto di nulla”,
I saperi presuppongono ovviamente non solo l’esperienza, ma anche l’intelligenza dell’esperienza.
E’ quello che ho cercato di trasmettere a Marco, nei pochi giorni di affiancamento (shadowing) nel lavoro di Studio, che fosse la redazione di un parere come un semplice deposito di un atto.
L’esperienza “ragionata” serve ad orientare, ad evitare lezioni “inutili”, ossia ad incorrere in errori che chi ci ha preceduto ha compiuto.
Si riduce così l’asimmetria di informazioni tra chi è “dentro” e chi “sta per entrarci”: basata sulla non consapevolezza della corsa ad ostacoli che si interpone tra un giovane, brillante studente universitario, un giurista nel caso di specie, ed il mondo professionale ad esso pertinente.
La “fuga dalle istituzioni”, che si estrinseca oggi in varie forme (positive o negative), come l’associazionismo (di ogni livello), ma anche il familismo, il nepotismo, il disfattismo o il carrierismo immorale, rappresentano aspetti centrifughi (positivi, negativi) a cui va contrapposta una centripeta ed una riaffermata consapevolezza del valore degli studi universitari al fine della formazione globale della classe dirigente.
Solo dove l’Università non è un esamificio, dove il Sapere è sintesi di specializzazione ed attenzione ad una solida preparazione giuridica di base, dove l’esperienza è messa al servizio per vincolo etico gratificazione umana e professionale, si può concepire e realizzare un’esperienza come quella di “Excellence at work” e la stessa relazione esperienziale come quella che sto svolgendo.
Poi, ovviamente, sono le persone che forgiano il modello, l’intuizione, la scelta. E non credo che qui siano mancate valide persone per un intelligente progetto.

“Miscere utile dulci”
 Credo sia il modello applicato ed appliabile.
Non è il semplice learning by doing, ma  la consapevolezza che giusto ed utile, uniti alla gratificazione che deriva dall’imprescindibile valore dei rapporti umani, devono tornare a guardare nella stessa direzione, qualunque sia l’ambito preso a riferimento: nella formazione e selezione di laureandi di Giurisprudenza come nella scelte macro-economiche o di politica nazionale (se è lecito paragonar ciò che è piccolo a ciò che è grande).
D’altronde la crisi economica non è una crisi di valori? Di fiducia tradita innanzitutto? Chi lo nega non conosce il grande economista (italiano) Pareto.
Dare fiducia a ragazzi che dimostrano impegno, talento e correttezza, è un compito di tutti. Anche dei ragazzi: che devono richiedere che il sacrificio non sia mercificato o svalutato, ma compreso, condiviso e valorizzato, e vanno messi nella condizione di scegliere dove profonder i proprio sforzi.
E’ un giudizio di valore. Cerchiamo, di farlo divenire di fatto.

Breve nota personale
 Inutile dire che anche un’attività (apparentemente) semplice, come quella da me svolta con Marco, di shadowing si è rivelata ricca di risvolti professionali ed umani. Il confronto con la mia generazione, con qualche anno in meno, solo con un po’ meno esperienza compensata, tuttavia, da uno slancio nell’apprendimento che fa presagire un rapido, indolore e sacrosanto sorpasso, nei ruoli come nelle responsabilità, mi ha permesso di apprender molte cose. Anche di apprender di non aver appieno appreso.
Una cosa non l’hai veramente capita se non sai spiegare a tua nonna”. Ecco tante cose non le avevo capite neanche io (un esempio? La disciplina dei limiti alla composizione del Cda della società in mano pubblica ai sensi della L. 13/12 e del D.Lgs. 39/13: siamo in attesa della Legge di stabilità). Spiegarla, semplificarla, parlarne cercando di eliminare l’accessorio e far rimanere l’essenziale, sforzarsi di trovare un registro linguistico, un metodo di comunicazione efficace e gratificante, umanamente e professionalmente, è innazitutto un arricchimento personale. Di cui ringrazio innanzitutto Marco sino a salire ai vertici dei soggetti organizzatori.

Ai ragazzi, come me, dico: “Crisi in greco significa "fine". La si può declinare come necessitato cambiamento, previa transizione, anche tragico perché brusco, imprevisto e difficile da realizzare, o come attesa che il ciclo si autorigeneri, che la palingenesi abbia una germinazione spontanea”.

Grazie per aver scelto, tutti, la prima accezione.

giovedì 5 dicembre 2013

SERVIZIO PUBBLICO LOCALE: la gestione di un impianto balneare non è servizio pubblico locale ai sensi dell'art. 112 T.U.E.L. (Cons. St., Sez. VI, sentenza 22 novembre 2013 n. 5532).


SERVIZIO PUBBLICO LOCALE:  
la gestione di un impianto balneare 
non è servizio pubblico locale 
ai sensi dell'art. 112 T.U.E.L. 
(Cons. St., Sez. VI, 
sentenza 22 novembre 2013 n. 5532).



Massima

1.  La previsione dell’apprestamento di opere da parte del concessionario di un’area demaniale marittima non è sufficiente a far individuare, come parte “a cui favore” si instaura il rapporto, il Comune che indice il bando per il rilascio della concessione. Le opere in questione, e la relativa convenzione, hanno infatti per oggetto comunque e anzitutto il bene demaniale ed è la concessione d’uso del bene che determina il contenuto proprio del rapporto giuridico ed individua lo Stato, proprietario del bene, come parte di tale rapporto; ne deriva che la convenzione, che pure impegni il concessionario nei confronti del Comune, è accessiva al rapporto concessorio e non viceversa; se non si desse luogo alla concessione del bene non vi sarebbe infatti alcuna ragione per convenire l’eventuale, connessa esecuzione di interventi sul bene stesso.
In riferimento a quanto sopra si richiama la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, per la quale le competenze regionali in ordine al demanio marittimo non possono incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario, le quali precedono logicamente la ripartizione delle competenze (per tutte: sentenza n. 370 del 2008), venendo con ciò ribadita la essenziale e prioritaria rilevanza della proprietà demaniale dei beni.
Ciò è confermato dalla disciplina del procedimento di concessione posta con la L.R. n. 33/02 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), per la quale ai Comuni è trasferita la “funzione amministrativa per il rilascio, il rinnovo e ogni modificazione inerente alle concessioni demaniali marittime” (art. 46), nell’ambito della programmazione regionale di utilizzazione dei beni del demanio marittimo specificata dai Comuni con i piani di utilizzo degli arenili (articolo 47), provvedendo i Comuni all’accertamento dei canoni e all’accertamento e riscossione dell’imposta regionale sulle concessioni statali (art. 49).
Su questa base risulta corretta l’affermazione del primo giudice per cui non può ritenersi che il bene demaniale divenga parte del patrimonio giuridico dei comuni per effetto della subdelega delle citate funzioni amministrative, che, come emerge chiaramente dal delineato quadro normativo, sono esercitate, pur con procedure articolate, per la concessione di un bene che resta demaniale, non potendo incidere sulla titolarità del bene la delega di funzioni amministrative per il suo uso.
2. Riguardo alla nozione di servizio pubblico, e quindi di servizio pubblico locale, questo Consiglio ha chiarito che:
a) è necessario muovere dal dato di diritto positivo dell’art. 112 del d.lgs, n. 267/2000  che ha definito i servizi pubblici locali come quelli aventi “per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”, con espressione che, in sostanza, rinvia l’individuazione degli scopi sociali e di sviluppo di cui si tratta a scelte di carattere politico (Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369);
b) pervenendosi in tale quadro a precisare le coordinate di riferimento della nozione di servizio pubblico, nel senso che essa si “…si fonda su due elementi: 
1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti
2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità” (sez. V, 14 febbraio 2013, n. 911)".
Il servizio pubblico locale perciò, in quanto volto al perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della comunità, è finalizzato al soddisfacimento diretto di esigenze collettive della stessa con effetto generalizzato sul suo assetto socio-economico; riguarda di conseguenza un’utenza indifferenziata, anche se sia fruibile individualmente, ed è sottoposto a obblighi di esercizio imposti dall’ente pubblico perché gli scopi suddetti siano garantiti, inclusa la determinazione del corrispettivo in forma di tariffe.
3. Queste connotazioni non si rinvengono integralmente nel caso di specie riguardo alla gestione degli stabilimenti balneari, mancando in particolare, data l’incidenza settoriale e limitata del servizio, la rilevanza di un effetto generalizzato sull’assetto della comunità a soddisfacimento di una sua esigenza collettiva, con obblighi connessi, e mancando in correlazione l’elemento del pagamento di una tariffa in senso proprio, quale misura determinata dall’ente locale in corrispettivo di un servizio, che, in quanto imposta come obbligo al gestore, è indice della natura pubblica del servizio pur se erogato da un soggetto privato.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3719 del 2009, proposto dal Comune di Eraclea, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello M. Fracanzani, Eugenio Picozza, con domicilio eletto presso Eugenio Picozza in Roma, via San Basilio, 61; 
contro
Cogest s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Pafundi, Francesco Acerboni, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14; 
nei confronti di
Regione Veneto;
Commissione giudicatrice della gara per le concessioni demaniali marittime;
Eraclea Patrimonio e Servizi s.r.l. in proprio e quale capogruppo r.t.i.;
Sindacato Italiano Balneari;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 230/2009, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2013 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato Luigi Manzi per delega dell’avvocato Fracanzani e l’avvocato Pafundi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Il Comune di Eraclea ha indetto il bando, prot. n. 28561 dell’11 dicembre 2007, “per l’assentimento di una concessione demaniale marittima finalizzata all’insediamento di stabilimenti balneari nell’arenile di Eraclea mare (Settore SA1 porzione Eraclea – Settore SA2 aree Ce. 15, Cn. 9, Cnv/11- Settore SA3 aree Ce.21 e Cnv/18 – e relative aree per servizi di spiaggia del P.P.I.A. del Comune di Eraclea)”.
All’esito della gara è risultato vincitore il costituendo Raggruppamento temporaneo di imprese fra la s.r.l. Eraclea Patrimonio e Servizi (d’ora in poi “EPS”) quale mandataria, il cui capitale sociale è interamente posseduto dal Comune di Eraclea, e la s.a.s. La Bottega dei Sogni, di Rovere Nadia & C., Spolaor Enzo e Bassetti Luciano, questi ultimi in qualità di soggetti mandanti.
2. La C.O.G.E.S.T. s.c.a.r.l risultata seconda all’esito della gara, con il ricorso n. 763 del 2008 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ha chiesto:
a) con il ricorso introduttivo:
- l’annullamento del provvedimento del Comune di Eraclea prot. n. 8820 del 4 aprile 2008, di cui al bando prot. 28651dell’11 dicembre 2007, con il quale è stata comunicata alla ricorrente l’aggiudicazione provvisoria della gara al Raggruppamento di imprese tra la s.r.l. Eraclea Patrimonio e Servizi e la Bottega dei sogni di Rovere Nadia & C., Spolaor Enzo e ATI Bassetto Luciano; dei verbali di gara in data 13 febbraio, 26 febbraio e 26 marzo 2008; nonché del verbale di gara e/o del provvedimento di aggiudicazione provvisoria, del provvedimento di aggiudicazione definitiva e del provvedimento di rilascio della concessione; del bando del Comune di Eraclea in data 11 dicembre 2007, prot. n. 28561; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;
-il risarcimento del danno;
b) con i motivi aggiunti: l’annullamento dei verbali di procedura selettiva, rispettivamente in data 26 febbraio 2008 (I seduta), in data 13 marzo 2008 (II seduta) e in data 26 marzo 2008 (III seduta).
La EPS ha proposto, con il controricorso, ricorso incidentale.
Sono intervenuti, ad opponendum, la Regione Veneto e, ad adiuvandum, il Sindacato Italiano Balneari (S.I.B.).
3. Il Ta.r. per il Veneto, sezione prima, con la sentenza n. 230 del 2009, ha accolto il ricorso “nei sensi indicati in motivazione, anche con riguardo al risarcimento del danno”. Ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
4. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.
5. All’udienza del 15 ottobre 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO
1. Nella sentenza di primo grado:
- si richiama anzitutto l’art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (“Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.”; convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248), per il quale, a tutela della concorrenza, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali “per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti”, venendo anche disposto che le dette società sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono violare le prescrizioni ora citate (commi 1 e 2);
- è quindi accolto l’assorbente motivo di ricorso per cui la partecipazione della EPS alla gara sarebbe in contrasto con la norma citata poiché, in sintesi:
-a) il capitale della EPS è posseduto interamente dal Comune di Eraclea, potendo la sua attività rivolgersi soltanto a favore del Comune, in quanto: l’oggetto sociale esclusivo della società consiste, secondo il suo statuto, nella gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Eraclea, nella gestione degli immobili ed infrastrutture, degli impianti e dotazioni patrimoniali dell’Ente e nell’erogazione di servizi pubblici locali sia di rilevanza economica che non economica; il bando di cui si tratta ha per oggetto l’assentimento di concessione demaniale marittima e l’esercizio delle funzioni amministrative devolute ai Comuni per il rilascio, il rinnovo e ogni modificazione inerente tali concessioni (art. 46 della legge regionale n. 33 del 2002);
- b) ne consegue che, essendo il bene oggetto della gara per la concessione di proprietà demaniale e non comunale, l’attività della EPS quale concessionaria si rivolgerebbe nei confronti dello Stato e non del Comune che possiede l’intero pacchetto azionario della Società con il fine della gestione del proprio patrimonio immobiliare; né il detto bene può dirsi acquisito a tale patrimonio per il motivo che il Comune introiterebbe gran parte del canone, poiché, in base alla normativa, la misura devoluta è il sessanta per cento della percentuale, del 5%, spettante alla Regione sul canone versato allo Stato (art. 49 della legge regionale citata);
- c) non si può neppure sostenere che con la gestione delle strutture balneari il concessionario venga a svolgere un servizio pubblico, trattandosi di un servizio di certo di interesse pubblico poiché indirizzato alla collettività (non solo comunale), ma non esclusivamente rivolto a fini di interesse generale essendo comunque presente l’elemento imprenditoriale;
- d) né sussiste l’asserito potere di ingerenza del Comune nella fissazione dei prezzi del servizio, come avviene per le tariffe, dovendo soltanto essere comunicati al Comune per la vidimazione (art. 59 della legge regionale citata) i prezzi stabiliti dal gestore a fini di profitto.
Nella sentenza è poi dichiarato inammissibile il ricorso incidentale della EPS, poiché recante censure avverso giudizi tecnico-discrezionali della Commissione giudicatrice che non risultano illogici o irrazionali, e, quanto al risarcimento del danno, si afferma che è ottenuto in forma specifica dovendosi aggiudicare la gara alla ricorrente.
2. Nell’appello, e successiva memoria, si deduce anzitutto che la sentenza sarebbe viziata per ultrapetizione nel rito poiché, avendo il ricorrente qualificato la fattispecie come sottratta al regime dell’art. 23-bis della legge n. 1034 del 1971, si è poi proceduto al deposito del dispositivo della sentenza ai sensi della norma citata.
Nel merito si deduce che:
- a) nella specie la EPS deve essere individuata quale controparte contrattuale non dello Stato ma del Comune; questo ha infatti messo a gara la realizzazione di opere di riqualificazione dell’arenile per oltre un milione di euro, previste dal piano particolareggiato, quale obbligo ulteriore e prevalente rispetto al pagamento del canone, nel quadro di una concessione-contratto che risulta, quindi, a favore del Comune;
- b) ciò è peraltro coerente con il quadro delle funzioni svolte dal Comune nella gestione del demanio litorale che non sono di mera delega di quelle statali ma, in sostanza, di successione nella loro titolarità, considerato che il Comune di Eraclea, ai sensi della legge regionale n. 32 del 2000, disciplina l’uso del demanio in via esclusiva, valuta l’interesse pubblico alla concessione, ne regola l’assegnazione e la può revocare, vigila sull’esecuzione delle opere, fissa l’eventuale corrispettivo in eccedenza al canone demaniale e percepisce il 60% dell’imposta regionale, emergendo da ciò chiaramente che la ratio del decentramento funzionale è quella di rendere i beni utilizzabili per le esigenze strumentali dell’ente locale;
- c) il concessionario svolge un servizio pubblico di rilevanza economica, poiché utilizzato da un numero indeterminato di utenti e così qualificato anche dalla normativa (d.m. 31 dicembre 1983), non rilevando in contrario la sua conduzione in forma imprenditoriale comune alla gestione affidata a privati di altri servizi pubblici;
-d) il servizio svolto favorisce lo sviluppo della comunità locale, andando a beneficio del Comune le opere realizzate, a fronte della irrilevanza comparativa del canone che incassa lo Stato, la cui posizione nella specie è assimilabile a quella del “nudo proprietario”.
3. Nella memoria depositata dalla C.O.G.E.S.T. il 24 settembre 2013 si eccepisce l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, essendo stata nel frattempo esclusa la C.O.G.E.S.T e indette nuove gare per l’assegnazione delle medesime concessioni nonché dichiarata nulla, con sentenza del T.a.r. per il Veneto passata in giudicato, la variante al Piano particolareggiato degli arenili di Eraclea e di Jesolo di cui al bando per il quale è controversia.
4. Si esaminano ora le questioni preliminari sollevate dall’appellante, con cui si asserisce il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, e dalla parte appellata riguardo alla sopravvenuta carenza di interesse all’appello.
Le deduzioni devono essere entrambe respinte, dovendosi osservare che:
- a) il vizio di ultrapetizione sussiste quando, in violazione dell’art. 112 c.p.c., pacificamente applicabile al processo amministrativo, la pronuncia giudiziale trascende i limiti oggettivi della controversia, quali risultano dalle contrapposte domande ed eccezioni delle parti, ciò che nella specie non è rilevabile né eccepito; né tale vizio si individua, come asserito, “in rito” non risultando, né essendo stata provata, alcuna lesione in primo grado dei diritti di difesa dell’odierno appellante per effetto della pubblicazione del dispositivo di sentenza ai sensi dell’art. 23-bis della legge n. 1034 del 1971;
- b) la valutazione dell'interesse alla prosecuzione dell'azione spetta anzitutto al ricorrente che nulla ha dichiarato a questo fine nel presente giudizio, potendo essere rilevata anche d’ufficio se siano acquisiti al giudizio atti e documenti obbiettivamente rilevanti in tal senso, ciò che nella specie non risulta.
5. Nel merito l’appello è infondato per le ragioni di seguito esposte.
5.1. La previsione dell’apprestamento di opere da parte del concessionario di un’area demaniale marittima non è sufficiente a far individuare, come parte “a cui favore” si instaura il rapporto, il Comune che indice il bando per il rilascio della concessione. Le opere in questione, e la relativa convenzione, hanno infatti per oggetto comunque e anzitutto il bene demaniale ed è la concessione d’uso del bene che determina il contenuto proprio del rapporto giuridico ed individua lo Stato, proprietario del bene, come parte di tale rapporto; ne deriva che la convenzione, che pure impegni il concessionario nei confronti del Comune, è accessiva al rapporto concessorio e non viceversa; se non si desse luogo alla concessione del bene non vi sarebbe infatti alcuna ragione per convenire l’eventuale, connessa esecuzione di interventi sul bene stesso.
In riferimento a quanto sopra si richiama la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, per la quale le competenze regionali in ordine al demanio marittimo non possono incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario, le quali precedono logicamente la ripartizione delle competenze (per tutte: sentenza n. 370 del 2008), venendo con ciò ribadita la essenziale e prioritaria rilevanza della proprietà demaniale dei beni.
5.2. Ciò è confermato dalla disciplina del procedimento di concessione posta con la legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), per la quale ai Comuni è trasferita la “funzione amministrativa per il rilascio, il rinnovo e ogni modificazione inerente alle concessioni demaniali marittime” (art. 46), nell’ambito della programmazione regionale di utilizzazione dei beni del demanio marittimo specificata dai Comuni con i piani di utilizzo degli arenili (articolo 47), provvedendo i Comuni all’accertamento dei canoni e all’accertamento e riscossione dell’imposta regionale sulle concessioni statali (art. 49).
Su questa base risulta corretta l’affermazione del primo giudice per cui non può ritenersi che il bene demaniale divenga parte del patrimonio giuridico dei comuni per effetto della subdelega delle citate funzioni amministrative, che, come emerge chiaramente dal delineato quadro normativo, sono esercitate, pur con procedure articolate, per la concessione di un bene che resta demaniale, non potendo incidere sulla titolarità del bene la delega di funzioni amministrative per il suo uso.
5.3. Si esamina ora la deduzione sull’asserito svolgimento nella specie da parte della EPS di un servizio pubblico locale.
Riguardo alla nozione di servizio pubblico, e quindi di servizio pubblico locale, questo Consiglio ha chiarito che:
-a) è necessario muovere dal dato di diritto positivo dell’art. 112 del d.lgs, n. 267 del 2000 (Testo unico delle norme sugli enti locali, in seguito “Testo unico”) che ha definito i servizi pubblici locali come quelli aventi “per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”, con espressione che, in sostanza, rinvia l’individuazione degli scopi sociali e di sviluppo di cui si tratta a scelte di carattere politico (Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369);
b) pervenendosi in tale quadro a precisare le coordinate di riferimento della nozione di servizio pubblico, nel senso che essa si “…si fonda su due elementi: 1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; 2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità” (sez. V, 14 febbraio 2013, n. 911), essendo stato specificato che “…partendo dalla nozione comunemente accolta da dottrina e giurisprudenza del servizio pubblico locale (in contrapposizione a quella di appalto di servizi), va osservato che essa accorda tale natura a quelle attività che sono destinate a rendere un'utilità immediatamente percepibile ai singoli o all'utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all'interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore” (sez. V, 1 aprile 2011, n. 2012).
Il servizio pubblico locale perciò, in quanto volto al perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della comunità, è finalizzato al soddisfacimento diretto di esigenze collettive della stessa con effetto generalizzato sul suo assetto socio-economico; riguarda di conseguenza un’utenza indifferenziata, anche se sia fruibile individualmente, ed è sottoposto a obblighi di esercizio imposti dall’ente pubblico perché gli scopi suddetti siano garantiti, inclusa la determinazione del corrispettivo in forma di tariffe.
Queste connotazioni non si rinvengono integralmente nel caso di specie riguardo alla gestione degli stabilimenti balneari, mancando in particolare, data l’incidenza settoriale e limitata del servizio, la rilevanza di un effetto generalizzato sull’assetto della comunità a soddisfacimento di una sua esigenza collettiva, con obblighi connessi, e mancando in correlazione l’elemento del pagamento di una tariffa in senso proprio, quale misura determinata dall’ente locale in corrispettivo di un servizio, che, in quanto imposta come obbligo al gestore, è indice della natura pubblica del servizio pur se erogato da un soggetto privato.
Per quest’ultimo aspetto, come correttamente rilevato dal primo giudice, nella specie “I titolari e i gestori degli stabilimenti balneari comunicano, al Comune competente, i prezzi minimi e massimi, comprensivi di IVA, che intendono applicare” ed il Comune provvede “alla vidimazione e alla verifica delle comunicazioni pervenute..” (art. 59 della legge regionale n. 33 del 2002), non risultando alcun suo potere di determinazione tariffaria.
Né appare sufficiente l’inclusione degli “stabilimenti balneari” tra “i servizi pubblici locali a domanda individuale” di cui al D.M. 31 dicembre 1983 (Individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale), peraltro relativo ad attività “gestite direttamente dall’ente” (come indicato in premessa), dovendo essere collocato il detto decreto, pur se di ausilio interpretativo, nel quadro della normativa primaria sopravvenuta, a cominciare dal citato art. 112 del Testo unico, la cui ampia previsione normativa ha richiesto la specifica elaborazione giurisprudenziale più sopra riportata.
6. Per le ragioni esposte l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.
La particolare articolazione dei profili di diritto della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe, n. 3719 del 2009.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2013, con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


mercoledì 4 dicembre 2013

EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA: l'impugnazione del provvedimento di rilascio di immobile E.R.P. (ATER), consequenziale a quello di diniego di regolarizzazione (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, sentenza 29 ottobre 2013 n. 9248).


EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA: 
l'impugnazione del provvedimento di rilascio di immobile E.R.P. (ATER), 
consequenziale a quello di diniego di regolarizzazione (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 
sentenza 29 ottobre 2013 n. 9248). 


Breve commento

Per l'impugnazione del provvedimento di decadenza si va dal G.O. (da due anno il T.A.R. Lazio è irremovibile). Se invece si impugna il provvedimento di diniego di regolarizzazione o (come nel caso di specie) il consequenziale ordine di rilascio dell'immobile occupato sine titulo, si ritorna al G.A..
Buono a sapersi; sulla coerenza delle decisioni sul riparto in subiecta materia (di giurisdizione esclusiva peraltro) ho qualche dubbio però.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE 
EPIGRAFE
[...]

FATTO
1. Con ricorso notificato in data 8 agosto 2012 e depositato il successivo 31 agosto il sig. Ca. Ba. ha impugnato il decreto di rilascio dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, emesso dall'A.T.E.R. del Comune di Roma il 20 giugno 2012.
Espone, in fatto, che l'appartamento in questione, sito in Roma, via Venafro n. 29, Sc N, int. 4, era stato originariamente assegnato alla nonna, sig.ra Bianca Marini. Dopo il decesso di quest'ultima il 29 ottobre 2006 il ricorrente ha pagato l'indennità di occupazione e le utenze. Con il provvedimento impugnato l'Ater ha ordinato il rilascio dell'alloggio sull'assunto che lo stesso è stato occupato abusivamente e che la domanda di sanatoria ex l. reg. Lazio n. 27 del 2006 è stata respinta dal Comune di Roma Capitale per eccedenza del reddito del nucleo familiare rispetto al limite normativo.
2. Avverso l'impugnato ordine di rilascio il ricorrente è insorto deducendo:
a) Violazione e falsa applicazione art. 10, l. n. 265 del 1999 in relazione all'art. 137 c.p.c..
La notifica del provvedimento impugnato è affetta da vizi di forma tali da renderla nulla per mancata indicazione, nella busta contenente la copia dell'atto, del numero cronologico progressivo e della sottoscrizione del messo notificatore.
b) Eccesso di potere - Violazione e falsa applicazione art. 3, l. n. 241 del 1990.
La declaratoria di inammissibilità della domanda di sanatoria è stata impugnata dinanzi al Tar Lazio (ricorso n. 6385/2009). L'ordine di rilascio è viziato per illegittimità derivata dai vizi che impingono la declaratoria di inammissibilità della domanda di sanatoria
3. Si è costituita in giudizio l'Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica (A.T.E.R.) del Comune di Roma, che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.
4. Si è costituita in giudizio Roma Capitale, che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.
5. Con memorie depositate alla vigilia dell'udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
6. Con ordinanza n. 3476 del 27 settembre 2012 è stata respinta l'istanza cautelare di sospensiva.
7. All'udienza del 23 ottobre 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, è impugnato il decreto di rilascio dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, emesso dall'A.T.E.R. del Comune di Roma il 20 giugno 2012 sul rilievo che il ricorrente avrebbe occupato sine titulo l'immobile. Con precedente ricorso n. 6385/2009 era stato impugnato il diniego di regolarizzazione opposto, con provvedimento n. 174 del 19 maggio 2009, dal Comune di Roma per eccedenza del reddito del nucleo familiare rispetto al limite normativo, ed il conseguente ordine di rilascio dello stesso immobile. Il ricorso è stato respinto con sentenza della sez. II del Tar Lazio n. 5658 del 6 giugno 2013 sul rilievo che, ai fini del computo del reddito, occorre considerare anche quello del coniuge separato solo in via di fatto.
Con l'odierno gravame il ricorrente deduce vizi di illegittimità derivata dal diniego di regolarizzazione e vizi propri.
2. Preliminarmente il Collegio dà atto della competenza del giudice amministrativo a decidere la controversia de qua.
Ha infatti chiarito il giudice della giurisdizione (Cass. civ., S.U., 8 marzo 2012, n. 3623) che qualora l'ente gestore di alloggio dell'edilizia economica e popolare ordini il rilascio del bene nei confronti di chi assuma occuparlo senza titolo, l'opposizione proposta da parte di detto occupante, rivolta a sostenere la sussistenza dei requisiti per conseguire la regolarizzazione del rapporto, si ricollega ad una posizione non di diritto soggettivo ma di interesse legittimo, e spetta di conseguenza alla cognizione del giudice amministrativo, poiché la suddetta regolarizzazione rientra nei poteri pubblicistici dell'ente, in esito ad un procedimento amministrativo analogo a quello di assegnazione dell'immobile.
3. Passando al merito, deve essere respinto il secondo motivo di ricorso, con il quale è dedotta l'illegittimità dell'ordine di rilascio per essere illegittimo il diniego di regolarizzazione. Come si è detto sub 1, infatti, il ricorso (n. 6385/2009) proposto avverso detto diniego è stato respinto con sentenza della sez. II del Tar Lazio n. 5658 del 6 giugno 2013.
4. Con il primo motivo il ricorrente afferma che la notifica del provvedimento impugnato è affetta da vizi di forma tali da renderla nulla per mancata indicazione, nella busta contenente la copia dell'atto, del numero cronologico progressivo e della sottoscrizione del messo notificatore.
Il motivo deve essere respinto perché non supportato da un principio di prova. In ogni caso la notifica del provvedimento - che, è bene ricordarlo, è atto meramente conseguenziale del diniego diregolarizzazione - ha raggiunto lo scopo, essendo stato l'ordine di rilascio notificato, conosciuto dal ricorrente e da questi tempestivamente impugnato.
5. Il ricorso deve pertanto essere respinto ma sussistono giusti motivi, in considerazione della natura della controversia. per disporre l'integrale compensazione delle spese e degli onorari del giudizio fra le parti costituite in giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Giuseppe Sapone, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 OTT. 2013.


lunedì 2 dicembre 2013

RESPONSABILITA' CONTABILE & DIRITTO DELLE SOCIETA' PUBBLICHE: sentenza "storica" delle Sezioni Unite sulle società "in house" (SS. UU. sentenza 25 novembre 2013 n. 26283).


RESPONSABILITA' CONTABILITA 
& DIRITTO DELLE SOCIETA' PUBBLICHE: 
sentenza "storica" delle Sezioni Unite 
sulle società "in house"  
(SS. UU. sentenza 25 novembre 2013 n. 26283)     


Sentenza di portata storica: dopo un parere del 1985 del Consiglio di Stato, la Legge n. 142/1990 e l'apertura alle aziende nella gestione dei servizi pubblici locali, la sentenza della Corte di Giustizia Teckal (invero relativa ad un consorzio e non ad una S.p.A.), le SS.UU. (non il Consiglio di Stato o la Corte dei Conti, da sempre più "aperte" alle influenze comunitarie) stabiliscono che le società in house sono P.A. in senso formale, e non sostanziale. P.A. a tutti gli effetti; ergo si applica la giurisdizione contabile, lo statuto penalistico (reati propri), la finanza contabile (e relativo consolidamento dei bilanci con gli EE.LL. per il rispetto del Patto di stabilità interno), il Codice degli Appalti per l'evidenza pubblica ed il principio del pubblico concorso di cui all'art. 98 Cost. ed al T.U. del Pubblico Impiego (D.Lgs. n. 165/01).


Massima

Le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto
La Corte dei conti ha giurisdizione sull'azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso detta corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.


Sentenza per esteso

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