EXPO 2015:
la rivincita dell'eccesso di potere
sulla violazione di legge
(Cons. St., Sez. IV,
sentenza 20 gennaio 2015, n. 143)
Al di là della rilevanza "metagiuridica" della sentenza - l'Esposizione Universale di Milano ha riflessi tutti i settori della vita italiana del 2015; inoltre sta per cominciare ... - e più che il contenuto centrale della pronuncia (vedi la massima), l'aspetto che più mi ha colpito della pronuncia è stata l'espressione usata dai Giudici di Palazzo Spada " ... senza che possano assumere rilievo ex se le eventuali condotte illecite (o finanche penalmente rilevanti) poste in essere dai soggetti che abbiano operato per conto della stessa p.a.; queste ultime, se del caso, potranno rilevare sotto il profilo dell’eccesso di potere per sviamento ".
L'eccesso di potere per sviamento dunque... Figura classica e "desueta", sempre meno ricorrente in ricorsi e sentenze amminstrative.
Non c'è manuale specialistico (o semi-specialistico, o "generalista"), difatti, che non abbia ripetuto come un "mantra" che l'eccesso di potere è figura patologica del provvedimento vieppiù recessiva rispetto alla violazione di legge (la stessa incompetenza che altro sarebbe se non una figura speciale della violazione di legge?), in particolare nei settori oggetto di puntuale normazione da parte del legislatore.
La disciplina casistica come vincolo alla P.A. dunque; alla stessa non rimarrebbe che un aut aut: o si rispetta la legge o la si viola. Attività vincolata in altre parole, e trasparenza assicurata. Niente discrezionalità, quindi niente arbitrio, niente possibilità di accordi corruttivi, niente inefficienze burocratiche.
Proprio qualche settimana fa, un Presidente di Sezione mi ha apostrofato: "Ma Avvocato, qui c'è attività vincolata, come fa a censurare la disparità di trattamento?!?". Ecco: dai manuali alle aule di giustizia il passo è breve.
Il problema è che le categorie, specie se manichee, sono più un parto dell'astrazione scissa dal reale che un una pragmatica sistemazione ricostruttiva del fatto.
Ed allora ci voleva una realtà che superasse la pur feconda fantasia degli Avvocati per reintrodurre nel dibattito amministrativistico la figura dell'eccesso di potere (per sviamento per giunta!).
Come? Tramite le "condotte penalmente rilevanti" negli affidamenti pubblici, sempre più frequenti o accertate, spesso accompagnate da misure cautelari reali o personali, quindi suffragate dai "gravi indizi di colpevolezza" della fase delle indagini preliminari, o addirittura da qualche rinvio a giudizio o condanna.
Insomma, il diritto penale che irrompe e riporta indietro nel tempo di qualche decennio il diritto amministrativo, in un certo senso.
A ben vedere, però, le "condotte penalmente rilevanti" sono soltanto l'ennesimo colpo proveniente dalla dura realtà: l'ingente contenzioso proprio nel settore degli appalti, le continue modifiche, disorganiche e contraddittorie, che hanno permesso l'et et alle stazioni appaltanti, non hanno già provveduto ad aumentare la (in astratto negata) discrezionalità della P.A.?
Ed avere un Codice con più di 250 articoli e venti allegati ed un relativo Regolamento esecutivo con più di 350 articoli, non è forse un monumento al laissez faire amministrativo?
Anzi si potrebbe ben dire che l'ipertrofia normativa è stata un potente volano per l'aumento della discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici, e di conseguenza, della giurisprudenza amministrativa - su quest'ultima, non dimentichiamoci che si è arrivati al paradosso di Plenarie in contraddizione tra di loro, come nel caso della priorità o meno del ricorso incidentale "paralizzante" -.
La patologia era già in atto ... E più che di tradizione, forse ci vorrebbe (almeno io la vorrei) un po' di palingenesi.
Massima
1. Occorre riaffermare il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, poiché il procedimento di scelta del privato contraente si conclude con l’aggiudicazione, relativamente alla quale il termine per proporre l’impugnazione decorre dalla conoscenza degli elementi essenziali di tale atto - quali la sua esistenza, l’autorità emanante, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo - non può assumere alcun rilievo la conoscenza sopravvenuta di nuovi vizi, la quale semmai può giustificare la proposizione di motivi aggiunti, ma non consente la riapertura dei termini per proporre l’impugnazione in via principale.
2. E' pertanto infondata la distinzione tra i vizi immediatamente evincibili dagli atti del procedimento, per i quali il dies a quo del termine per l’impugnazione coinciderebbe con la comunicazione dell’aggiudicazione, e altri vizi percepibili aliunde, per i quali dovrebbe farsi invece riferimento al momento dell’effettiva conoscenza, eventualmente successiva alla conoscenza del provvedimento conclusivo e degli atti della procedura selettiva - vedi, in particolare, i vizi afferenti “ai fatti e comportamenti tenuti dai soggetti partecipanti al procedimento e cioè a circostanze che non trovano né possono trovare negli atti di gara la loro rappresentazione”.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui
seguenti ricorsi in appello:
1) nr. 6681 del 2014, proposto da EXPO 2015 S.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli
avv.ti Guido Greco, Manuela Muscardini e Angelo Clarizia, con domicilio eletto
presso quest’ultimo in Roma, via Principessa Clotilde, 2,
contro
COSTRUZIONI
PERREGRINI S.r.l., PANZERI S.p.a. e MILANI GIOVANNI & C. S.r.l., in persona
dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, nelle
rispettive qualità di mandataria (la prima) e mandanti (le altre) di
costituendo r.t.i., rappresentate e difese dagli avv.ti Sergio Colombo, Elvira
Poscio e Massimo Letizia, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via
Monte Santo, 68,
nei
confronti di
AMMINISTRAZIONE
STRAORDINARIA DELL’IMPRESA COSTRUZIONI GIUSEPPE MALTAURO S.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, U.T.G. - PREFETTURA DI
MILANO, in persona del Prefetto pro tempore,PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, e
COMMISSARIO UNICO DEL GOVERNO PER EXPO 2015, rappresentati e difesi ope
legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la
stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
2)
nr. 7342 del 2014, proposto dall’AMMINISTRAZIONE PER LA STRAORDINARIA E
TEMPORANEA GESTIONE DELL’IMPRESA COSTRUZIONI GIUSEPPE MALTAURO S.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, e dall’U.T.G. - PREFETTURA DI
MILANO, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi,
12,
contro
COSTRUZIONI
PERREGRINI S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non
costituita,
nei
confronti di
EXPO 2015 S.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, non costituita,
entrambi
per la riforma,
previa
sospensione,
della
sentenza pronunciata ex art. 60 cod. proc. amm. dal T.A.R.
della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1802 depositata in data 9 luglio 2014, non
notificata.
Visti
i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di Costruzioni Perregrini S.r.l., Panzeri
S.p.a. e Milani Giovanni & C. S.r.l., nonché dell’Amministrazione
Straordinaria dell’Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro S.p.a., del
Commissario Unico del Governo per Expo 2015 e dell’U.T.G. - Prefettura di
Milano;
Viste
le memorie prodotte dalla appellante Expo 2015 S.p.a. (in date 2 e 5 dicembre
2014), dalle Amministrazioni appellanti (in data 1 dicembre 2014) e dalle appellate
Costruzioni Perregrini S.r.l. e altri (in date 11 settembre, 28 novembre e 5
dicembre 2014) a sostegno delle rispettive difese;
Vista
l’ordinanza di questa Sezione nr. 4089 del 16 settembre 2014, con la quale sono
state accolte le domande incidentali di sospensione dell’esecuzione della
sentenza impugnata;
Visti
tutti gli atti della causa;
Visti
gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore,
all’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014, il Consigliere Raffaele
Greco;
Uditi
gli avv.ti Clarizia e Muscardini per l’appellante Expo 2015 S.p.a.,
l’avv. Colombo per le appellate Costruzioni Perregrini S.r.l. e altre e gli
avv.ti dello Stato Fabio Tortora ed Ettore Figliolia per le Amministrazioni
statali;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1.
Il presente giudizio concerne la procedura ristretta indetta, con bando del 23
febbraio 2013, da Expo 2015 S.p.a., società incaricata di
organizzare e gestire l’Esposizione Universale del 2015 di Milano, per l’affidamento
dell’appalto integrato avente a oggetto “la progettazione esecutiva e
l’esecuzione dei lavori delle cd Architetture di Servizio, afferenti al sito
per l’Esposizione Universale del 2015”,
per un importo totale a base d’asta pari a € 67.080.501,72.
2.
L’appalto si è concluso con aggiudicazione definitiva del 21 novembre 2013 in
favore del costituendo r.t.i. con capogruppo l’Impresa di Costruzioni Giuseppe
Maltauro S.p.a., e il relativo contratto è stato sottoscritto in data 4
febbraio 2014.
3.
Nel mese di maggio del 2014, le cronache sono state scosse dalla notizia delle
indagini in corso da parte della Procura della Repubblica di Milano per gravi
ipotesi di reato (corruzione, turbativa d’asta etc.) in relazione agli appalti
affidati da Expo 2015 S.p.a., con l’esecuzione di misure
cautelari personali nei confronti di svariati soggetti, fra i quali l’allora
legale rappresentante dell’Impresa di Costruzioni Giuseppe Maltauro S.p.a. e il
Direttore Generale della stessa Expo 2015 S.p.a.
In
particolare, fra le procedure oggetto delle suindicate indagini penali vi era
anche quella relativa alle “Architetture di Servizio”, cui afferisce il
presente giudizio.
4.
Per quanto qui rileva, l’Impresa Costruzioni Perregrini S.r.l., capogruppo del
costituendo r.t.i. classificatosi secondo in graduatoria, dopo aver invitato la
stazione appaltante a valutare l’opportunità di una risoluzione del contratto
già sottoscritto, manifestando in tale ipotesi la propria disponibilità a
subentrare nell’affidamento, ha successivamente proposto ricorso
giurisdizionale dinanzi al T.A.R. della Lombardia, chiedendo l’annullamento
dell’aggiudicazione e la declaratoria di inefficacia del contratto.
Il
T.A.R. adito, con la sentenza parziale oggetto delle odierne impugnazioni, resa
all’esito di giudizio cautelare ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.:
-
ha respinto l’eccezione di tardività dell’impugnativa dell’aggiudicazione
sollevata da parte intimata;
-
ha annullato l’aggiudicazione in ragione della presunta violazione del
Protocollo di legalità sottoscritto tra la Prefettura di Milano ed Expo 2015 S.p.a.
in data 13 febbraio 2012, ritenendo di poter conoscere di tale violazione in
quanto rientrante nella propria giurisdizione;
-
ha escluso di poter dichiarare l’inefficacia del contratto di appalto, e
tuttavia ha lungamente argomentato in ordine alla sussistenza dei presupposti
perché la stazione appaltante procedesse alla sua risoluzione ed al conseguente
affidamento dell’appalto al r.t.i. ricorrente;
-
ha evidenziato l’irrilevanza, ai fini delle proprie statuizioni, della
sopravvenuta disciplina di cui al decreto-legge 24 giugno 2014, nr. 90, medio
tempore entrata in vigore (e sulla base della quale, in seguito,
l’Impresa Maltauro S.p.a. è stata assoggettata ad Amministrazione
Straordinaria);
-
ha rinviato a successiva udienza pubblica per la trattazione della domanda
risarcitoria formulata da parte istante in una alle domande di annullamento e
subentro nel contratto.
5.
Avverso tali statuizioni ha proposto appello Expo 2015 S.p.a.,
sulla scorta dei seguenti motivi:
I)
violazione degli artt. 29, 41 e 120, comma 5, cod. proc. amm.; violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ.; violazione dell’art. 100 cod. proc. civ.;
eccesso di potere giurisdizionale: violazione degli artt. 111 e 113 Cost. (in
relazione alla reiezione dell’eccezione di irricevibilità per tardività
dell’impugnazione dell’aggiudicazione, se del caso mediante il non consentito
esame della determinazione del 4 giugno 2014 di Expo 2015 S.p.a.
– non specificamente impugnata da parte ricorrente – con cui si ribadiva la
volontà di proseguire nell’esecuzione dei lavori da parte dell’impresa
affidataria e, quindi, di non risolvere il contratto);
II)
illogicità della sentenza; violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; violazione
degli artt. 121 e 122 cod. proc. amm. (per avere il primo giudice annullato
l’aggiudicazione in accoglimento del secondo motivo di ricorso, che però aveva
a oggetto non già la domanda di annullamento, ma la domanda di declaratoria di
inefficacia del contratto, poi non accolta dallo stesso T.A.R.);
III)
violazione sotto altro profilo dell’art. 112 cod. proc. civ.; illogicità;
eccesso di potere giurisdizionale (per avere il primo giudice annullato
l’aggiudicazione sulla base di un vizio, la pretesa violazione del Protocollo
di legalità, non specificamente denunciato da parte ricorrente, e quindi
rilevato d’ufficio);
IV)
violazione degli artt. 38 e 46, comma 1-bis, del decreto
legislativo 12 aprile 2006, nr. 163; violazione dell’art. 45 della direttiva
2004/18/CE; violazione dell’art. 27 Cost.; carenza di giurisdizione,
travisamento dei fatti (per essere stato l’annullamento dell’aggiudicazione
motivato da causa cui l’ordinamento non riconosce tale effetto, ossia
dall’esistenza di mere indagini penali nei confronti del legale rappresentante
dell’impresa affidataria e di soggetti facenti parte dell’amministrazione della
stazione appaltante);
V)
in subordine: illogicità e contraddittorietà della sentenza; violazione
dell’art. 84 del d.lgs. nr. 163 del 2006; violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ.; erroneità per mancata rilevazione di assenza della domanda (atteso che,
ove sussistente, il vizio rilevato dal T.A.R. avrebbe dovuto comportare il
travolgimento dell’intera procedura selettiva, e non già l’annullamento della
sola aggiudicazione);
VI)
in ulteriore subordine: violazione per falsa applicazione della lex
specialis; violazione dell’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. nr.
163 del 2006; violazione dell’art. 1, comma 17, della legge 31 dicembre 2012,
nr. 190 (stante l’inconferenza del Protocollo di legalità ai fini
dell’annullamento dell’aggiudicazione);
VII)
difetto di giurisdizione; violazione dell’art. 133, comma 1, lettera e),
nr. 1, cod. proc. amm. (in relazione alle affermazioni rese dal T.A.R. in
ordine al contratto d’appalto ed alla sua risolubilità, questione sulla quale
pur formalmente il medesimo giudice aveva precisato di essere sfornito di
giurisdizione);
VIII)
eccesso di potere giurisdizionale; violazione del principio di separazione del
potere giurisdizionale dal potere esecutivo (in relazione al “suggerimento”
formulato dal T.A.R. alla stazione appaltante in ordine alla risoluzione del
rapporto contrattuale in essere);
IX)
eccesso di potere giurisdizionale sotto altro profilo; violazione dell’art. 32 del
d.l. nr. 90 del 2014; violazione dell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm.;
violazione degli artt. 60, 27 e 49 cod. proc. amm. (in relazione alle
affermazioni del T.A.R. circa l’irrilevanza della sopravvenuta normativa
relativa alla facoltà del Prefetto di intervenire sui contratti d’appalto in
corso di esecuzione laddove emergano fatti penalmente rilevanti);
X)
in estremo subordine: erroneità della sentenza; difetto di motivazione;
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; violazione degli artt. 135
e 140 del d.lgs. nr. 163 del 2006; violazione delle clausole di cui al
Protocollo di legalità; violazione dell’art. 81 cod. proc. civ. (in relazione
alla carenza di legittimazione e interesse dei ricorrenti, eccepita in primo
grado, quanto alla declaratoria di inefficacia del contratto ed al relativo
subentro).
6.
Si sono costituite le appellate Costruzioni Perregrini S.r.l., Panzeri S.p.a. e
Milani Giovanni & C. S.r.l., le quali si sono argomentatamente opposte
all’accoglimento del gravame, instando per la conferma della sentenza
impugnata.
7.
Si sono altresì costituiti la Prefettura di Milano, la Presidenza del Consiglio
dei Ministri e il Commissario Unico del Governo per Expo 2015,
associandosi invece all’appello di Expo 2015 S.p.a. e chiedendone l’accoglimento.
8.
La medesima Prefettura di Milano, unitamente all’Amministrazione per la
Straordinaria e Temporanea Gestione dell’Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro
S.p.a., ha poi proposto un separato appello avverso la medesima sentenza in
epigrafe, sulla scorta dei seguenti motivi, in parte sovrapponibili a quelli
articolati da Expo 2015 S.p.a.:
a) tardività del ricorso di primo grado
(non avendo il r.t.i. ricorrente proposto un’azione di nullità, ma
semplicemente censurato l’aggiudicazione definitiva della gara per cui è
causa);
b) erroneità della sentenza con riguardo
alla ritenuta violazione del Protocollo di legalità;
c) erroneità delle statuizioni di prime
cure con riguardo alla sorte del contratto di appalto.
9.
Con ulteriore memoria, le imprese appellate hanno altresì replicato anche al
secondo appello, eccependone in liminel’inammissibilità.
10.
Alla camera di consiglio del 16 settembre 2014, questa Sezione, riuniti gli
appelli in epigrafe, ha accolto le domande cautelari formulate in una agli stessi.
11.
Di poi, le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle
rispettive tesi.
In
particolare, la appellante Expo 2015 S.p.a. ha eccepito
l’improcedibilità del ricorso di primo grado, per sopravvenuta carenza di
interesse, a cagione dell’intervenuto assoggettamento dell’Impresa Maltauro
S.p.a. ad amministrazione straordinaria.
Al
contrario, parte appellata ha insistito nelle tesi svolte in prime cure,
giungendo a sollecitare il rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione Europea
della questione di compatibilità comunitaria dell’art. 120, comma 5, cod. proc.
amm. (in tema di decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione
definitiva), ovvero la rimessione all’Adunanza plenaria della relativa
questione interpretativa.
12.
All’udienza del 18 dicembre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
13.
Tutto ciò premesso, va innanzi tutto ribadita la riunione degli appelli, ai
sensi dell’art. 96 cod. proc. amm., già disposta in fase cautelare.
14.
In via preliminare, va poi respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello
delle Amministrazioni statali, sollevata dalle imprese odierne appellate sul
rilievo che le dette Amministrazioni non sarebbero legittimate a proporre
appello ex art. 102 cod. proc. amm., non essendo state parti del
giudizio di primo grado.
Ed
invero, come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, in ogni caso lo
strumento che le predette Amministrazioni avrebbero dovuto impiegare per
censurare una sentenza comunque pregiudizievole nei loro riguardi (sul punto, è
sufficiente rilevare che l’Amministrazione Straordinaria altro non è che
l’avente causa nella posizione contrattuale dell’originaria appaltatrice,
Impresa Maltauro S.p.a.) sarebbe stato l’intervento nel giudizio di appello già
instaurato da Expo 2015 S.p.a., ai sensi dell’art. 109,
comma 2, cod. proc. amm.; di conseguenza, l’autonomo appello dalle medesime
Amministrazioni spiegato ben può essere qualificato come atto di intervento nel
giudizio d’appello, avendone i requisiti di forma e sostanza e avendo finito
per sortirne gli effetti a seguito della riunione disposta da questa Sezione
nell’esercizio del potere di cui all’art. 96 cod. proc. amm.
15.
Ancora in via preliminare, non può trovare accoglimento l’eccezione di
improcedibilità del ricorso originario, per sopravvenuta carenza di interesse,
sollevata dalla appellante Expo 2015 S.p.a. nella propria memoria
conclusiva.
Secondo
l’appellante, la parte originaria ricorrente non potrebbe più ricavare alcuna
utilità dall’accoglimento delle proprie domande a seguito della sopravvenuta
entrata in vigore dell’art. 32 del già citato d.l. nr. 90 del 2014, che ha
superato la disciplina già contenuta nel Protocollo di legalità della cui
violazione si discuteva nel presente giudizio, e soprattutto del provvedimento
con cui il Prefetto di Milano, aderendo all’invito proveniente dall’Autorità
Nazionale Anti-Corruzione, ha “commissariato” l’Impresa Maltauro S.p.a.: in tal
modo sarebbe divenuto impossibile l’auspicato subentro del r.t.i. istante
nell’aggiudicazione e nel contratto.
L’eccezione
è infondata, in primo luogo, perché il provvedimento prefettizio ha una natura
intrinsecamente provvisoria, essendo preordinato ad impedire la realizzazione
di profitti d’impresa da parte dell’imprenditore il quale si trovi sottoposto a
procedimento penale per fatti delittuosi asseritamente connessi
all’aggiudicazione dell’appalto, e non esclude la possibilità di un reintegro
dello stesso nella propria posizione di contraente in ipotesi di esito
favorevole del giudizio penale (ed invero, come già anticipato in fase
cautelare, la soluzione legislativa adottata con la normativa in questione –
piaccia o no – ha qualificato come recessivo l’interesse delle imprese
partecipanti alla gara a subentrare nel contratto, rispetto al primario
interesse pubblico all’esecuzione di opere pubbliche considerate urgenti, ed ha
al tempo stesso sopperito all’assenza di previsioni normative per ipotesi, come
quella qui in esame, in cui non si configurano vizi o vicende tali da indurre a
un annullamento dell’aggiudicazione o della gara, e tuttavia appare
intollerabile consentire di proseguire i lavori a un imprenditore nei cui
confronti pendano imputazioni per gravissime fattispecie criminose collegate
alla stessa procedura di aggiudicazione).
Inoltre,
non potrebbe in nessun caso escludersi il residuare in capo alle originarie
ricorrenti, ai sensi del comma 3 dell’art. 34 cod. proc. amm., di un interesse
di natura risarcitoria a vedere accertata l’illegittimità degli atti
originariamente impugnati: e, anzi, un tale interesse nella specie è certamente
sussistente, se si considera da un lato che il giudizio avente a oggetto la
domanda risarcitoria è tuttora pendente in primo grado, e per altro verso che
quella per equivalente è l’unica forma di ristoro che astrattamente potrebbe
essere loro riconosciuto, operando comunque per l’affidamento de quo–
come del resto riconosciuto dallo stesso primo giudice – la preclusione di cui
all’art. 125, comma 3, cod. proc. amm. alla declaratoria di inefficacia del
contratto.
16.
Nel merito, gli appelli sono fondati e pertanto meritevoli di accoglimento.
17.
In particolare, merita condivisione il primo motivo di entrambi gli appelli,
con cui è reiterata l’eccezione di tardività dell’originaria impugnazione
dell’aggiudicazione definitiva.
17.1.
In punto di fatto, risulta incontestato che il ricorso di primo grado è stato
notificato a controparte ben oltre il trentesimo giorno dal ricevimento da
parte del r.t.i. istante della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva di
cui all’art. 79 del d.lgs. nr. 163 del 2006, con conseguente superamento del
termine decadenziale di cui all’art. 120, comma 5, cod. proc. amm.
17.2.
A fronte dell’eccezione in tal senso sollevata dalle parti intimate, il primo
giudice ha però ritenuto tempestiva la domanda assumendo che nella specie il
termine d’impugnazione dovesse considerarsi decorrente dalla data, successiva
all’aggiudicazione ed alla relativa comunicazione, in cui le imprese ricorrenti
avevano acquisito conoscenza dei vizi che inficiavano la procedura selettiva,
data coincidente con le sopravvenute notizie di cronaca in ordine alle indagini
penali ed alle misure cautelari eseguite per gravi reati commessi (anche) in
occasione della gara di che trattasi.
17.3.
Questa Sezione non condivide siffatta ricostruzione, ritenendo che anche nella
presente fattispecie vada riaffermato il consolidato indirizzo
giurisprudenziale secondo cui, poiché il procedimento di scelta del privato
contraente si conclude con l’aggiudicazione, relativamente alla quale il
termine per proporre l’impugnazione decorre dalla conoscenza degli elementi
essenziali di tale atto (quali la sua esistenza, l’autorità emanante, il
contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo), non può assumere alcun rilievo
la conoscenza sopravvenuta di nuovi vizi, la quale semmai può giustificare la
proposizione di motivi aggiunti, ma non consente la riapertura dei termini per
proporre l’impugnazione in via principale (cfr. ex plurimis Cons.
Stato, sez. IV, 21 maggio 2004, nr. 3298; id., sez. V, 2 aprile 1996, nr. 381;
id., 4 ottobre 1994, nr. 1120; C.g.a.r.s., 20 aprile 1998, nr. 261).
17.4.
Più specificamente, non convince il tentativo della parte odierna appellata di
proporre una distinzione tra i vizi immediatamente evincibili dagli atti del
procedimento, per i quali effettivamente il dies a quo del
termine per l’impugnazione coinciderebbe con la comunicazione
dell’aggiudicazione, e altri vizi percepibili aliunde, per i quali
dovrebbe farsi invece riferimento al momento dell’effettiva conoscenza
(eventualmente successiva alla conoscenza del provvedimento conclusivo e degli
atti della procedura selettiva); in particolare, si assume che nella seconda
categoria rientrerebbero i vizi afferenti “ai fatti e comportamenti tenuti
dai soggetti partecipanti al procedimento e cioè a circostanze che non trovano
né possono trovare negli atti di gara la loro rappresentazione”.
La
Sezione, per vero, non ravvisa ragione per discostarsi dalla comune
individuazione, oggi consacrata a livello positivo dall’art. 21-octies, comma
1, della legge 7 agosto 1990, nr. 241, dei vizi del provvedimento
amministrativo nelle tradizionali categorie della violazione di legge,
dell’incompetenza e dell’eccesso di potere: con la precisazione che per “provvedimento
adottato in violazione di legge” deve intendersi quello in cui il vizio sia
stato posto in essere nell’ambito dell’attività procedimentale/provvedimentale
della p.a., senza che possano assumere rilievo ex se le
eventuali condotte illecite (o finanche penalmente rilevanti) poste in essere
dai soggetti che abbiano operato per conto della stessa p.a.; queste ultime, se
del caso, potranno rilevare sotto il profilo dell’eccesso di potere per
sviamento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2000, nr. 5366), ma a condizione
che tale vizio trovi “rappresentazione” negli atti impugnati attraverso
le sue figure sintomatiche, come sempre è necessario perché possa configurarsi
tale tipologia di vizio (e come, invece, la stessa parte appellata
esplicitamente nega sia avvenuto nel caso che qui occupa).
Né
deve sorprendere il fatto che, a fronte di condotte illecite e anche penalmente
rilevanti poste in essere da pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie
funzioni, possa non sussistere anche un vizio di legittimità negli atti da
questi posti in essere: trattasi invero di evenienza fisiologica, connessa alla
diversa natura del giudizio amministrativo di legittimità, che presuppone
sempre l’accertamento di vizi che devono ricavarsi dai provvedimenti impugnati
o dall’iter procedimentale che li ha preceduti, rispetto al
giudizio penale, che ha a oggetto l’accertamento di responsabilità individuali
per fatti previsti dalla legge come reati (e la cui commissione, come è noto,
può determinare anche l’interruzione del rapporto di immedesimazione organica
tra il pubblico ufficiale e la p.a. presso cui presta servizio).
17.5.
Per completezza espositiva, può aggiungersi che nemmeno può rilevare, al fine
di addivenire a diverse conclusioni, la determinazione del 4 giugno 2014 con la
quale Expo 2015 S.p.a. ha comunicato, in
riscontro alla sollecitazione proveniente dal r.t.i. Costruzioni Perregrini
S.r.l., l’insussistenza dei presupposti per una risoluzione del contratto
stipulato con il r.t.i. aggiudicatario (determinazione della quale, peraltro,
nel presente grado parte appellata nega il carattere decisivo ai fini
dell’asserita tempestività del ricorso introduttivo).
Tale
determinazione infatti, oltre ad afferire all’esercizio (rectius: al
mancato esercizio) di una facoltà civilistica e attinente alla fase esecutiva e
paritetica del rapporto contrattuale, risulta resa in risposta a una nota con
la quale il r.t.i. risultato secondo in graduatoria nemmeno aveva
esplicitamente chiesto l’esercizio di poteri di autotutela sull’aggiudicazione
– ferma e impregiudicata, ove tale fosse stato il tenore delle richiesta, la
questione se una risposta negativa al riguardo sarebbe stata o meno atto
impugnabile in sede giurisdizionale -, limitandosi piuttosto a manifestare la
propria disponibilità a subentrare nel contratto di appalto, qualora la
stazione appaltante si fosse determinata a risolvere il rapporto con il r.t.i.
Maltauro S.p.a.
Infine,
come correttamente evidenziato dalle parti appellanti, la ridetta
determinazione del 4 giugno 2014 non risulta neanche essere stata impugnata, atteso
che il ricorso di primo grado aveva a oggetto unicamente la domanda di
annullamento dell’aggiudicazione (oltre a quelle di declaratoria di inefficacia
del contratto di appalto e di condanna della stazione appaltante al
risarcimento del danno).
17.6.
Le considerazioni che precedono valgono a dar conto anche delle ragioni per le
quali la Sezione non ritiene di aderire alle richieste subordinate di parte
appellata, aventi a oggetto la rimessione all’Adunanza plenaria ovvero alla
Corte di giustizia UE della questione interpretativa relativa al dies a
quo del termine per l’impugnazione degli atti in materia di appalti.
Al
riguardo, premesso che il combinato disposto degli artt. 79 del d.lgs. nr. 163
del 2006 e 120, comma 5, cod. proc. amm. risulta ispirato da evidenti finalità
acceleratorie e semplificatorie (con l’individuazione di una presunzione legale
di conoscenza alla data della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva e la
“concentrazione” della successiva fase dell’accesso in tempi e modalità tali da
assicurare il rispetto del consequenziale termine di decadenza), è avviso di
questa Sezione che l’inciso “…ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza
dell’atto” contenuto nel citato comma 5 dell’art. 120 cod. proc. amm. sia
da intendersi riferito esclusivamente all’ipotesi in cui gli avvisi di cui
all’art. 79, d.lgs. nr. 163/2006 siano stati omessi dalla stazione appaltante;
in ogni caso, è noto che tuttora pende presso la Corte di giustizia UE la
questione di compatibilità comunitaria delle disposizioni citate, a seguito di
rinvio pregiudiziale da parte del T.A.R. della Puglia (ord. 25 marzo 2013, nr.
427), e chemedio tempore l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato
ha ritenuto di non potersi esprimere su di essa (sent. 20 maggio 2013, nr. 14).
Tuttavia,
alla luce di quanto sopra esposto, le dette questioni risultano manifestamente
irrilevanti ai fini del decidere.
Infatti,
una volta esclusa – come si è visto dover escludersi – la configurabilità di
vizi non ricavabili dagli atti amministrativi impugnati, ma evincibili aliunde da
condotte materiali di persone, perde rilevanza ogni questione circa la
sopravvenuta conoscenza di tali condotte e la correlativa ipotetica decorrenza
da tale conoscenza del termine per impugnare gli atti della procedura selettiva,
che sarebbe già spirato ove riferito alla data della conoscenza degli atti
medesimi.
18.
La fondatezza dei motivi d’appello testé esaminati, comportando, in riforma
della sentenza impugnata, la declaratoria di irricevibilità del ricorso di
primo grado, è suscettibile di esaurire il presente giudizio d’appello
esonerando il Collegio dall’esame di ogni residua questione.
Tuttavia,
in considerazione del fatto che risulta tuttora pendente dinanzi al T.A.R.
della Lombardia il giudizio relativo alla domanda risarcitoria formulata dalle
originarie ricorrenti in una alle domande già esaminate con la sentenza qui
impugnata, e tenuto conto della proponibilità della domanda risarcitoria anche
in via autonoma e indipendente dalle altre (art. 30, comma 1, cod. proc. amm.),
non è fuori luogo, anche al fine di orientare le successive determinazioni
giudiziali, svolgere qualche ulteriore osservazione in ordine alle ragioni di
merito poste dal primo giudice a base dell’annullamento dell’aggiudicazione,
soffermandosi sulle questioni sostanziali esaminate e prescindendo dai vizi
“formali” lamentati dalle parti odierne appellate (violazione dell’art. 112
cod. proc. civ., difetto di interesse in ragione della potenziale caducabilità
dell’intera gara etc.).
19.
Orbene, come già sopra anticipato, il primo giudice ha ritenuto che il vizio
suscettibile di determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione fosse nella
specie ravvisabile nella violazione del Protocollo di legalità sottoscritto in
data 13 febbraio 2012 tra la Prefettura di Milano ed Expo 2015 S.p.a.
e richiamato dal bando di gara in ottemperanza all’art. 1, comma 17, della
legge nr. 190 del 2012 (ovvero, come oggi parte appellata preferisce
argomentare, de plano nella violazione di tale ultima
disposizione).
19.1.
Per chiarezza, si rammenta il contenuto della disposizione dianzi citata: “…Le
stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di
invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di
legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”.
19.2.
Avvalendosi di tale facoltà, Expo 2015 S.p.a. aveva previsto, nella lex
specialis di gara, l’obbligo delle imprese partecipanti di
sottoscrivere la dichiarazione sostitutiva di cui all’art. 4, comma 1, punto
iii), del Protocollo suindicato, con la quale il concorrente si impegnava a “dare
notizia senza ritardo alla prefettura, dandone comunicazione a EXPO 2015 s.p.a.,
di ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura
criminale in qualunque forma esso si manifesti nei confronti dell’imprenditore,
degli eventuali componenti la compagine sociale o dei loro familiari (richiesta
di tangenti, pressioni per indirizzare l’assunzione di personale o
l’affidamento di lavorazioni, forniture, servizi o simili a determinate
imprese, danneggiamenti o furti di beni personali o in cantiere ecc.)”
(clausola nr. 1), a “denunciare all’autorità giudiziaria o agli Organi di
Polizia ogni illecita richiesta di denaro, prestazione o altra utilità ad essa
formulata prima della gara e/o dell’affidamento o nel corso dell’esecuzione dei
lavori (…) e comunque ogni illecita interferenza nelle
procedure di aggiudicazione o nella fase di esecuzione dei lavori”
(clausola nr. 2) e ad “accettare il sistema sanzionatorio” previsto dal
medesimo Protocollo di legalità (clausola nr. 3).
Sotto
tale ultimo profilo, l’art. 4, comma 2, del Protocollo stabiliva che la
violazione degli obblighi suindicati fosse “espressamente sanzionata ai
sensi dell’art. 1456 c.c.”, e il successivo art. 7, comma 3, prevedeva “…la
risoluzione automatica del contratto o la revoca dell’affidamento da parte di Expo nei casi indicati dal presente
Protocollo”.
19.3.
Tutto ciò premesso, nella sentenza si assume che le indagini penali di cui si è
appreso nel mese di maggio del 2014, facendo emergere l’ipotesi di gravi
collusioni e accordi fraudolenti, coinvolgenti fra gli altri rappresentanti
dell’impresa aggiudicataria e della stessa stazione appaltante, al fine di
“orientare” in favore del r.t.i. Maltauro S.p.a. l’esito della procedura
selettiva de qua, avrebbero disvelato la violazione degli
obblighi suindicati: ciò in quanto, rispetto alla condotta di chi in violazione
degli impegni assunti ometta di segnalare o denunciare condotte illecite e
interferenze di terzi, ancor più grave dovrebbe qualificarsi il comportamento
di chi in prima persona si renda responsabili dei medesimi illeciti, di modo
che non potrebbe non pervenirsi ad annullamento dell’aggiudicazione per la
sostanziale violazione degli obblighi assunti all’atto della presentazione
della domanda di partecipazione.
19.4.
La Sezione reputa non condivisibile tale impostazione.
19.4.1.
Ed invero, va innanzi tutto evidenziato come l’assunzione degli obblighi di
denuncia e/o segnalazione sopra richiamati fosse destinata a valere per tutta
la durata del rapporto tra concorrente e stazione appaltante, e pertanto non
solo per le eventuali interferenze e condotte illecite di cui si avesse notizia
in corso di gara, ma anche, quanto all’impresa aggiudicataria, per quelle che
avessero dovuto manifestarsi nella successiva fase dell’esecuzione
dell’appalto; naturalmente, diverse sarebbero state la violazione dell’impegno
in ragione del diverso momento in cui questo si fosse verificato, potendo solo
nella prima fase predicarsi un’esclusione dalla procedura del concorrente
inottemperante, mentre nella seconda avrebbe dovuto farsi luogo alla
risoluzione del contratto e/o alla revoca dell’aggiudicazione (come stabilito
dall’art. 7 del Protocollo, sopra citato).
19.4.2.
Posta dunque la fondamentale distinzione tra la fase pubblicistica della
procedura selettiva e quella privatistica e paritetica del rapporto
contrattuale, assumono le parti odierne appellanti, che con riguardo alla prima
fase, l’esclusione era espressamente comminata dalla lex specialis per
il solo caso di “omissione” della sottoscrizione della dichiarazione
d’impegno (pag. 8 della lettera d’invito: cfr. documento nr. 3 delle produzioni
della appellante Expo 2015 S.p.a.), omissione che
pacificamente non vi fu da parte del r.t.i. poi risultato aggiudicatario;
pertanto, non potrebbe in alcun modo discorrersi di violazione dell’art. 1,
comma 17, della legge nr. 190 del 2012, atteso che nella specie la stazione
appaltante non si era avvalsa della facoltà di ricollegare l’esclusione del
concorrente anche al “mancato rispetto delle clausole contenute nei
protocolli di legalità o nei patti di integrità”.
Ma,
in ogni caso, quand’anche si reputasse, sulla base del tenore complessivo delle
prescrizioni dianzi richiamate, che anche la violazione degli impegni assunti
avrebbe potuto indurre la stazione appaltante ad escludere il concorrente
interessato (ed al di là dei problemi di compatibilità col principio di
tassatività di cui all’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. nr. 163 del
2006 che una tale opzione ermeneutica porrebbe), tale esclusione in tanto
avrebbe potuto essere disposta in quanto l’inottemperanza agli impegni fosse
stata accertata durante la fase pubblicistica dell’affidamento; al contrario,
nel caso che qui occupa è incontestato che nessuna violazione emerse né fu
accertata durante la fase selettiva, essendo le notizie delle indagini penali e
gli arresti di molto successivi all’aggiudicazione ed alla stessa stipulazione
del contratto d’appalto.
19.4.3.
Né può affermarsi, come torna a fare parte appellata (senza però gravare in via
incidentale la sentenza in epigrafe, che ha respinto in parte qua le
doglianze attoree), che l’accaduto rileverebbe sotto il profilo della falsità
delle dichiarazioni rese in sede di gara, dovendo quindi condurre
all’esclusione del concorrente ex art. 38, comma 1, lettera m),
del d.lgs. nr. 163 del 2006.
Al
riguardo - in disparte ogni approfondimento della questione relativa alla
configurabilità o meno di un falso in relazione a dichiarazioni non di scienza
o comunque aventi a oggetto rappresentazioni di fatti, stati o qualità, ma di
impegno a tenere determinati comportamenti - risulta in radice discutibile
che possa contestarsi un falso a chi abbia omesso di segnalare o denunciare
condotte illecite da egli stesso commesse, ostandovi il fondamentale principio nemo
tenetur se detegere.
19.4.4.
Superata dunque la fase pubblicistica, e con riguardo alla fase esecutiva del
contratto d’appalto, risulta incontestabile che l’unico strumento azionabile, a
fronte dell’emergere di un’ipotetica violazione del Protocollo di legalità,
sarebbe stata la risoluzione contrattuale: quest’ultima, contrariamente a
quanto sostenuto dal primo giudice, attiene all’esercizio di un diritto
potestativo di tipo privatistico e paritetico, con la conseguenza che ogni
controversia relativa al suo esercizio (o mancato esercizio) sfugge alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
19.4.5.
Alla luce di quanto fin qui svolto, risulta evidente che nella specie ogni
ipotetica violazione del Protocollo di legalità, che dovesse ricollegarsi alle
indagini della Procura della Repubblica di Milano ed alla conseguente
esecuzione di misure cautelari, giammai avrebbe potuto viziare l’aggiudicazione
definitiva determinandone l’illegittimità: perché, verificatosi l’evento in un
momento successivo all’esaurimento della fase pubblicistica di scelta del
contraente, esso non avrebbe potuto mai “retroagire” in modo da viziare ex
post gli atti della gara.
19.5.
Ma vi è di più, ché nel caso che occupa è quanto meno discutibile che una
violazione del Protocollo, nei sensi stigmatizzati dal primo giudice,
effettivamente vi sia stata.
E,
difatti, è vero – come sottolineato dalle parti appellanti – che la
dichiarazione d’impegno di cui all’art. 4 del Protocollo mirava a
“responsabilizzare” i concorrenti rispetto a eventuali condotte illecite
commesse da terzi, dei quali essi fossero vittima o comunque avessero
conoscenza restandovi estranei, imponendo loro di segnalarle alla stazione
appaltante e denunciarle alle competenti Autorità; non v’è chi non veda,
invece, l’incongruità di ricavare dalla predetta dichiarazione un analogo
obbligo anche a carico di chi fosse egli stesso artefice o responsabile di
abusi e illeciti: un siffatto impegno alla “autodenuncia” sarebbe da
considerare in ogni caso tamquam non esset, siccome contrario
al già evocato principio nemo tenetur se detegere.
Né
vale obiettare, come fa la parte odierna appellata, che nella specie i soggetti
sottoposti a indagini e a misure cautelari personali sarebbero stati tenuti al
rispetto dell’impegno de quo in quanto anche “vittime”
dei reati contestati, alla cui commissione sarebbero stati indotti dagli altri
indagati: sul punto, è sufficiente rilevare che, dalla documentazione prodotta
dalle stesse appellate, i soggetti cui esse fanno riferimento risultano
sottoposti a indagini da parte del P.M. milanese per concorso nei reati
ascritti agli altri indagati (qualità che, notoriamente, è incompatibile con
quella di persona offesa dei medesimi reati).
19.6.
In definitiva, la vicenda penale che a partire dal maggio del 2014 ha coinvolto
anche l’affidamento per cui qui è causa, senza necessariamente ridondare a
vizio di legittimità degli atti della procedura selettiva, avrebbe potuto al
più indurre la stazione appaltante a valutare l’opportunità di un intervento in
via di autotutela sull’aggiudicazione ovvero di una risoluzione del contratto
di appalto già stipulato; ma su questi punti nulla è dato aggiungere nella
presente sede, in considerazione dell’essere tali interventi rimessi alla piena
discrezionalità dell’Amministrazione (e, nel secondo caso, anche estranei alla sfera
delle questioni conoscibili da questo giudice), nonché della già evidenziata
opzione normativa che privilegia, anche in presenza di gravi vizi di
legittimità (la cui sussistenza comunque nella specie non è stata provata), il
mantenimento in essere del rapporto contrattuale in funzione della sollecita
esecuzione dei lavori.
19.7.
Sotto tale ultimo profilo, mette conto richiamare nuovamente la sopravvenuta
disciplina di cui al già citato d.l. nr. 90 del 2014, la quale secondo l’avviso
di questa Sezione costituisce la miglior conferma del carattere non
automaticamente viziante di fatti come quelli emersi durante l’esecuzione
dell’appalto di che trattasi (come dimostrato dal fatto che il legislatore ha
dovuto escogitare uno strumento ad hoc per impedire all’affidatario
di continuare a percepire quello che potrebbe essere il profitto di un reato),
e al tempo stesso dell’opzione normativa in favore del mantenimento in essere
del rapporto contrattuale scaturito dall’originario affidamento (come
dimostrato dall’avere il legislatore bilanciato unicamente i due interessi
pubblici alla sollecita realizzazione dell’opera pubblica e ad impedire al
possibile reo di lucrare sul proprio illecito, lasciando sullo sfondo
l’interesse delle altre imprese partecipanti alla gara a monte).
Tale
ultimo interesse, se del caso, potrà trovare tutela in via risarcitoria
attraverso la costituzione di parte civile nel giudizio penale ovvero
attraverso la proposizione di autonoma azione nei confronti di coloro che
dovessero risultare responsabili di reati (laddove, quanto ai pubblici
funzionari, l’effettivo e definitivo accertamento della loro responsabilità
penale confermi l’interruzione del rapporto di immedesimazione organica con
l’Amministrazione di appartenenza).
20.
In considerazione della novità delle questioni esaminate, sussistono giusti
motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), riuniti gli
appelli in epigrafe, definitivamente pronunciando su di essi, li accoglie e,
per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il
ricorso di primo grado.
Compensa
tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 con
l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)