sabato 2 febbraio 2013

GIURISDIZIONE: il riparto di giurisdizione in materia di revoca dei contributi pubblici (Consiglio di Stato, ordinanza di rimessione ALL'ADUNANZA PLENARIA, 28 gennaio 2013, n. 517).



GIURISDIZIONE: 
il riparto di giurisdizione in materia di revoca dei contributi pubblici: 
(Consiglio di Stato, ordinanza di rimessione 
ALL'ADUNANZA PLENARIA, 28 gennaio 2013, n. 517)


Massima

1.  Non si può escludere che, nel silenzio del codice, il giudice amministrativo di primo grado, ove ictu oculi risulti insussistente la propria giurisdizione, possa preferire di dichiarare immediatamente tale carenza, per ragioni di economia processuale e per non tardare la definizione sostanziale del giudizio, sulla base del principio della ragionevole durata del processo.
Qualora, però, il T.a.r. si pronunci con ordinanza nel senso della propria incompetenza, individuando quella di un altro T.a.r., non vi è alcuna pronuncia implicita sulla giurisdizione.
Del resto, oltre ad una distinta normativa del codice sulle questioni di competenza e su quelle di giurisdizione, risultano ben diverse le indagini che il giudice amministrativo effettua al riguardo.
2.  Ai sensi dell'art. 99 c.p.a. la questione rimessa alla Plenaria è la seguente.
2.1  Nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo.
A tale orientamento si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994).
2.2  Ritiene al riguardo la Sezione che la consolidata giurisprudenza in materia (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione) possa essere oggetto di una rimeditazione, ove si consideri che:
a) il potere di autotutela dell’amministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per sé su posizioni d’interesse legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nell’ipotesi d’inadempimento del concessionario);
b) l’art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice amministrativo ha giurisdizione nelle controversie “riguardanti provvedimenti, atti … riconducibili anche mediatamente all’esercizio” del potere pubblico (e non è dubbio che il provvedimento di ritiro di un precedente atto autoritativo a sua volta abbia natura autoritativa).
D’altra parte, la configurabilità di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa (onde neppure si giustificherebbe sul piano della logica giuridica l’attribuzione alla giurisdizione civile della controversia riguardante la legittimità dell’atto di ritiro, mentre indubbiamente sussiste quella amministrativa per le controversie riguardanti la fase di ulteriore attribuzione delle risorse recuperate a seguito dell’atto di ritiro).
Peraltro, la sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 , riguardante i ‘provvedimenti attributivi di vantaggi economici’, che disciplina la “concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari”, attribuendo il nomen iuris di concessione a qualsiasi provvedimento che disponga l’erogazione del denaro pubblico.
Sotto tale profilo, potrebbe risultare rilevante l’art. 133, comma 1, lettera b), sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le “controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici”;
La portata applicativa delle disposizioni di legge sopra richiamate non sembra riducibile in via interpretativa, per il rilievo da attribuire all’art. 44 della legge n. 69 del 2009 (che ha condotto all’approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il riassetto del medesimo dovesse avvenire “alfine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori [...]".
Infatti, la finalità di adeguamento alla giurisprudenza della Corte costituzionale ha consentito l’elaborazione dell’art. 7 del codice, ripetitivo di espressioni contenute nelle sentenze della Corte stessa n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006.
Inoltre, la distinta, e parimenti rilevante, finalità di “assicurare la concentrazione delle tutele” comunque può aver giustificato l’attribuzione alla giurisdizione amministrativa delle controversie riguardanti - per il tramite dell’esercizio del potere di autotutela - il ritiro dei provvedimenti “attributivi di vantaggi economici”, aventi ex lege natura concessoria, e dunque delle controversie che peraltro già di per sé potevano essere riferite ai rapporti inerenti alla concessione di un bene pubblico (il denaro), prima ancora delle modificazioni disposte dal codice del processo amministrativo.




Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA
con contestuale SENTENZA PARZIALE

sul ricorso r.g.n. 8445/2012, proposto dalla Az System s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Feliciano Palmieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigina Palombi, in Roma, via Niobe, 19/A, Frazione Morena;

contro
il Ministero per lo sviluppo economico, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
M.p.s. Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, n.c.; 
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sezione III, n. 4317/2012, che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in tema di revoca di agevolazioni finanziarie e connesse richieste risarcitorie.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato;
Visti gli artt. 105, comma 1, ed 87, comma 3, del codice del processo amministrativo;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed udito, per il Ministero appellato, l’avvocato dello Stato Palmieri.

I) L’impresa ricorrente in primo grado è stata ammessa al beneficio di un contributo con il decreto n. 1522307 del 1° dicembre 2006, riguardante il progetto "La nuova scocca per camper AZ”, relativo ad un programma di sviluppo precompetitivo e d’industrializzazione (in applicazione della legge n. 488 del 1992).
Con il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, la Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali del Ministero per lo sviluppo economico ha disposto la revoca totale del provvedimento che ha ammesso al beneficio, poiché, a seguito delle verifiche effettuate in sede di rendicontazione, è stata considerata ‘inammissibile’ una prestazione rendicontata, conseguente ad una collaborazione della società D.C.R., sua ausiliaria, con cui aveva stipulato un contratto chiavi in mano.
La mancata valutazione della medesima prestazione era dipesa dal fatto che, ad avviso dell’amministrazione, la fornitura non assumeva un grado di complessità tale da giustificare il ricorso a siffatta tipologia contrattuale, anche perché non era stata considerata comprovata la specifica competenza tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.C.R.
II) Con il ricorso di primo grado n. 3435 del 2012 (proposto al T.a.r. per il Lazio), l’impresa ha impugnato il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, emesso dal Direttore generale, chiedendo altresì il risarcimento dei danni subiti.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, eccependo la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e l’incompetenza territoriale del T.a.r. Lazio.
III) Il T.a.r. Lazio, con ordinanza n. 6392 del 2012, ha rilevato la sussistenza della competenza del T.a.r. per la Campania.
A seguito della riassunzione del giudizio, con la sentenza appellata il T.a.r. per la Campania ha dichiarato il difetto della giurisdizione amministrativa, rilevando che l’atto di ritiro di un contributo pubblico - per inadempimento del concessionario - inciderebbe su un diritto soggettivo, devoluto alla giurisdizione del giudice civile.
IV) Con l’appello in esame, l’impresa ha chiesto che, in riforma della sentenza del T.a.r., sia rilevata la sussistenza della giurisdizione amministrativa ed ha riproposto le censure già formulate in primo grado.
Il Ministero appellato si è costituito in giudizio, depositando una memoria nella quale ha rilevato che l’atto di appello è stato irritualmente notificato presso gli uffici dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli; ha chiesto che, pertanto, si tenga conto delle argomentazioni difensive (pur se la memoria non è stata depositata nel rispetto del termine di cui all’art. 87 n. 3, del c.p.a.) ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
In particolare, il Ministero ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite sulla sussistenza della giurisdizione civile, quando vi sia un atto di revoca, incidente su un diritto soggettivo, di un precedente atto concessivo di un contributo o di una sovvenzione (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 15618/2006).
V) Con il primo motivo d’appello, l’impresa ha dedotto che il T.a.r. avrebbe erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione, poiché - a seguito della declaratoria d’incompetenza del T.a.r. per il Lazio e della susseguente riassunzione innanzi al T.a.r. per la Campania - si sarebbe formato il ‘giudicato implicito’ sulla questione di giurisdizione.
Ad avviso dell’appellante, nel sistema processuale ed in base ai princìpi generali, le questioni di competenza vanno ‘logicamente’ esaminate dopo quelle di giurisdizione, onde la statuizione del T.a.r. per il Lazio sulla competenza presupporrebbe la declaratoria implicita della sussistenza della propria giurisdizione.
VI) Ritiene la Sezione che tale deduzione vada respinta.
Nel sistema processuale amministrativo, vi sono regole sulla più rapida definizione della questione sulla competenza territoriale dei T.a.r., disciplinata come inderogabile dall’attuale codice del processo amministrativo.
Le relative disposizioni acceleratorie sono vòlte alla più rapida definizione della questione di competenza.
Non si può escludere che, nel silenzio del codice, il giudice amministrativo di primo grado, ove ictu oculi risulti insussistente la propria giurisdizione, possa preferire di dichiarare immediatamente tale carenza, per ragioni di economia processuale e per non tardare la definizione sostanziale del giudizio, sulla base del principio della ragionevole durata del processo.
Qualora, però, il T.a.r. si pronunci con ordinanza nel senso della propria incompetenza, individuando quella di un altro T.a.r., non vi è alcuna pronuncia implicita sulla giurisdizione.
Del resto, oltre ad una distinta normativa del codice sulle questioni di competenza e su quelle di giurisdizione, risultano ben diverse le indagini che il giudice amministrativo effettua al riguardo.
VII) Passando al secondo motivo d’appello (con cui si è dedotta la sussistenza della giurisdizione amministrativa a conoscere della controversia), ritiene la Sezione che il suo esame vada deferito all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.
VIII) Nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo.
A tale orientamento si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994).
IX) Nella specie, le circostanze determinanti la contestata revoca sono emerse dopo il rilascio del provvedimento che ha disposto il beneficio, non per vizi riconducibili all’originario provvedimento, ma per ragioni inerenti alla rendicontazione finale e riguardanti la computabilità di spese che, ad avviso dell’amministrazione, non avrebbero potuto essere computate (anche per l’inadeguatezza della capacità tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.R.C).
Ritiene al riguardo la Sezione che la consolidata giurisprudenza in materia (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione) possa essere oggetto di una rimeditazione, ove si consideri che:
a) il potere di autotutela dell’amministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per sé su posizioni d’interesse legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nell’ipotesi d’inadempimento del concessionario);
b) l’art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice amministrativo ha giurisdizione nelle controversie “riguardanti provvedimenti, atti … riconducibili anche mediatamente all’esercizio” del potere pubblico (e non è dubbio che il provvedimento di ritiro di un precedente atto autoritativo a sua volta abbia natura autoritativa).
D’altra parte, la configurabilità di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa (onde neppure si giustificherebbe sul piano della logica giuridica l’attribuzione alla giurisdizione civile della controversia riguardante la legittimità dell’atto di ritiro, mentre indubbiamente sussiste quella amministrativa per le controversie riguardanti la fase di ulteriore attribuzione delle risorse recuperate a seguito dell’atto di ritiro).
Peraltro, la sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 , riguardante i ‘provvedimenti attributivi di vantaggi economici’, che disciplina la “concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari”, attribuendo il nomen iuris di concessione a qualsiasi provvedimento che disponga l’erogazione del denaro pubblico.
Sotto tale profilo, potrebbe risultare rilevante l’art. 133, comma 1, lettera b), sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le “controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici”;
La portata applicativa delle disposizioni di legge sopra richiamate non sembra riducibile in via interpretativa, per il rilievo da attribuire all’art. 44 della legge n. 69 del 2009 (che ha condotto all’approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il riassetto del medesimo dovesse avvenire “alfine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele”).
Infatti, la finalità di adeguamento alla giurisprudenza della Corte costituzionale ha consentito l’elaborazione dell’art. 7 del codice, ripetitivo di espressioni contenute nelle sentenze della Corte stessa n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006.
Inoltre, la distinta, e parimenti rilevante, finalità di “assicurare la concentrazione delle tutele” comunque può aver giustificato l’attribuzione alla giurisdizione amministrativa delle controversie riguardanti - per il tramite dell’esercizio del potere di autotutela - il ritiro dei provvedimenti “attributivi di vantaggi economici”, aventi ex lege natura concessoria, e dunque delle controversie che peraltro già di per sé potevano essere riferite ai rapporti inerenti alla concessione di un bene pubblico (il denaro), prima ancora delle modificazioni disposte dal codice del processo amministrativo.
X) Pertanto, la Sezione:
a) respinge il primo motivo d’appello con sentenza parziale;
b) sulle ulteriori censure rivolte contro l’appellata statuizione di difetto di giurisdizione (e le conseguenti statuizioni), per il loro evidente carattere di massima, ne rimette l’esame all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge il primo motivo dell’appello n. 8445/2012 con sentenza parziale e, in relazione alle restanti deduzioni dell’appellante, ne dispone il deferimento all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente sentenza-ordinanza al Segretario incaricato di assistere all'udienza dell’Adunanza plenaria.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, con l'intervento dei giudici:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

giovedì 31 gennaio 2013

Il Discorso di Silvio Spaventa 133 anni dopo... Ieri è già domani.


Silvio Spaventa (1822-1893), patriota, politico e giurista. "Fondatore" e primo Presidente della IV Sezione (la prima giurisdizionale) del Consiglio di Stato a partire dal 1889.
Tra i primi teorici del Diritto Amministrativo italiano (insieme a Gian Domenico Romagnosi e Vittorio Emanuele Orlando), diede i natali all'interesse legittimo e al centralismo del Consiglio di Stato in materia giurisdizionale (durata sino al 1971, quando la l. n. 1034 ha istituto i T.A.R.), evidentemente influenzato dalla sua formazione hegeliana.
Nel suo "Politica della Destra (storica, ndr"), scrive:
"Io non diventerò progressista; e questo è ciò che mi importa che si sappia, e non già perché io non voglia riforme o ripugni a qualsiasi progresso ragionevole della nostra vita pubblica, chè anzi in questo campo forse precorro molti dei progressisti più audaci; ma io non voglio essere progressista del genere che sono i “progressisti d'Italia”, i quali si contraddistinsero in questo specialmente dai moderati, che da essi nacquero; cioè che essi non seppero mai resistere ai radicali, e la resistenza contro costoro fu fatta sempre e dappertutto dai moderati; condizione a cui l'Italia potè farsi e l'opera fatta non andare in rovina".
Di seguito vi riporto il "Discorso sulla Giustizia" del 7 maggio del 1880 pronunciato davanti all'Associazione costituzionale di Bergamo. Lo trovate qui in pdf.
L'attualità e la profondità del pensiero spaventiano sono un'ottima base per il futuro politico e giuridico dell'Italia (altro che gli odierni tecnocrati, in paragone a Spaventa dei pigmei)...Purché se ne abbia contezza e consapevolezza. E volontà (anche non hegelianamente intesa).

mercoledì 30 gennaio 2013

GIURISDIZIONE: il riparto di giurisdizione in materia sanitaria (T.A.R. Campania - Napoli - sent. 11 gennaio 2013 n. 277).




GIURISDIZIONE: 
il riparto di giurisdizione in materia sanitaria 
(T.A.R. Campania - Napoli - 
sent. 11 gennaio 2013 n. 277)



Il riparto di giurisdizione è quaestio trasversale a tutta la parte speciale del diritto amministrativo (con poche eccezioni: vd. la materia degli appalti ed il decisivo intervento sulla "sorte del contratto" da parte del D.Lgs. n. 53/2010).
La recente sentenza in esame (T.A.R. Campania - Napoli - sent. 11 gennaio 2013 n. 277) ribadisce comunque un consolidato orientamento, sia delle Sez. Un. della Suprema Corte che della giurisprudenza amministrativa.

Massima

1.  Il sempre attuale insegnamento della Suprema Corte per il quale, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, cioè della intrinseca natura della controversia dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (Cfr.: Cass. Civ. SS.UU., Ordinanza n. 10180/2004) e, anche seguendo la direttiva ermeneutica indicata dalla Corte Costituzionale a partire dalla importante sentenza 204/2004 l’elemento decisivo per radicare la giurisdizione amministrativa, al di là della prospettazione del ricorrente, è indubbiamente costituito dall’esistenza di un potere autoritativo dell’amministrazione espresso nel provvedimento impugnato.
2. Ciò precisato, riguardo al riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo nella materia de qua in giurisprudenza si è operato un chiaro distinguo fra le controversie concernenti l’individuazione delle zone carenti di assistenza primaria o di continuità assistenziale e quelle, logicamente conseguenti e successive alle prime, relative all’assegnazione delle zone precedentemente individuate, ai singoli medici aspiranti ad incarichi di continuità assistenziale o di assistenza primaria; nell’ambito di tale distinzione, mentre le controversie inerenti all’individuazione delle zone carenti, sì come implicanti l’esercizio di un potere organizzativo della pubblica amministrazione di indubbia natura discrezionale (a fronte del quale possono configurarsi situazioni di interesse legittimo degli interessati) sono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, le seconde, invece, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario e, ciò, sul presupposto che l’assegnazione delle zone carenti in precedenza individuate presuppone una scelta dei soggetti cui affidare gli incarichi (in ogni caso, non di lavoro subordinato, ma) di natura libero-professionale, previo rigoroso riscontro della sussistenza dei requisiti normativamente previsti, dal quale esula ogni valutazione di natura discrezionale.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2379 del 2012, proposto da:
PERROTTA ANNA, rappresentata e difesa dagli Avv. ti Teresa Laddaga e Leonardo Mennella, ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli Avv. ti Antonio Coccia e Teresa Laddaga, in Napoli, alla Via E. De Marinis, n. 19; 
contro
REGIONE CAMPANIA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Tiziana Taglialatela ed elettivamente domiciliata in Napoli, alla Via S. Lucia, n. 81; 
nei confronti di
FORMISANO COLOMBA, rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Maria D’Angiolella presso lo studio del quale elettivamente domicilia in Napoli, al Viale Gramsci, n. 16; 
per l’annullamento, previa sospensiva
1) del decreto dirigenziale n. 83 del 16.4.2012 della Regione Campania (A.G.C. 20 Assistenza Sanitaria - settore 1 Prevenzione, Assistenza Sanitaria - Igiene Sanitaria) avente ad oggetto “Procedimento di revoca e contestuale rassegnazione della zona carente di assistenza primaria anno 2008 ambito di Ercolano” pubblicato sul B.U.R.C. n. 25 del 18 aprile 2012, con cu veniva decretata: 1. la revoca della zona carente di Assistenza Primaria anno 2008 dell’ambito di Ercolano assegnata alla dott. ssa Perrotta Anna; 2. il conferimento della zona carente di Ercolano alla dott. ssa Formisano Colomba; 3. l’approvazione e pubblicazione della zona di Assistenza Primaria dell’ambito di Torre del Greco anno 2008, notificata in data 8 maggio a mezzo nota prot. 2012. 0332842 del 2 maggio 2012;
2) per quanto di ragione, della nota prot. 2012. 0179262 del 7 marzo 2012, pervenuta alla ricorrente in data 14 marzo 2012, con la quale la Regione Campania ha comunicato alla ricorrente, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/90 il procedimento di revoca dell’assegnazione della zona carente di A.P. ambito 2008 ambito di Ercolano;
3) del provvedimento, senza estremi, contenuto nel telegramma dell’8 maggio 2012 del Settore Prevenzione, Assistenza Sanitaria, Igiene Sanitaria, a firma del Dirigente del Settore con il quale la ricorrente era invitata in Assessorato per il 29 maggio al fine di formalizzare la revoca dell’assegnazione della zona carente ambito di Ercolano;
4) della nota prot. 2012. 003322842 del 2 maggio 2012 con la quale la Regione Campania notificava alla ricorrente il decreto dirigenziale n. 83/2012 già impugnato sub 1);
5) di tutti gli atti preordinati, connessi o, comunque, conseguenti;
per l’accertamento
del diritto della ricorrente alla conservazione dell’assegnazione della zona carente di A:P. ambito di Ercolano, in virtù del principio di legittimo affidamento in lei ingenerato dal decorso del tempo e rafforzato in termini di diritto dalla insussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale capace di giustificare la rimozione in autotutela del precedente provvedimento e perché interesse prevalente all’esito della doverosa comparazione degli interessi contrapposti nella vicenda in oggetto;
e per la condanna
in subordine, dell’intimata Amministrazione, in persona del legale rappresentante p.t., al risarcimento del danno mediante reintegrazione in forma specifica, ovvero, in subordine, per equivalente e/o in via equitativa, ai sensi dell’art. 21-quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata Regione;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della controinteressata Formisano Colomba;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 699 del 22 maggio 2012 di questa Sezione;
Uditi - Relatore alla pubblica udienza del 13 dicembre 2013 il cons. dr. Cernese - i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso notificato il 16-17.5.2012 e depositato il giorno 18 successivo - laureata in Medicina e Chirurgia il 9.11.1998 ed abilitata all’esercizio della professione nel mese di marzo 1989 - impugnava, innanzi a questo Tribunale, il decreto dirigenziale n. 83 del 16.4.2012 in epigrafe, notificato in data 8 maggio, a mezzo nota prot. 2012.0332842 del 2.5.2012, con cui il Dirigente del Settore A.G.C. 20 Assistenza Sanitaria - Settore 1 Prevenzione, Assistenza Sanitaria - Igiene Sanitaria della Regione Campania, premesso che, per mero errore materiale, nella graduatoria regionale di medicina generale anno 2007, alla dott. ssa Perrotta Anna era stato attribuito un punteggio superiore a quello spettante (punti 31,10 anziché punti 28,90) e che tale errato punteggio aveva determinato l’assegnazione della zona carente di Assistenza Primaria ambito di Ercolano anno 2008 a favore della dott. ssa Perrotta Anna ai danni della dott. ssa Formisano Colomba, disponeva:
“- di procedere alla revoca della zona carente di Assistenza Primaria anno 2008 dell’ambito di Ercolano assegnata alla dott. ssa Perrotta Anna;
- di procedere al conferimento della zona carente di Ercolano alla dott. ssa Formisano Colomba, legittima assegnataria;
- di approvare e pubblicare la zona di assistenza primaria dell’ambito di Torre del Greco anno 2008 (……) ”.
Parte ricorrente chiedeva, altresì, l’accertamento del diritto alla conservazione dell’assegnazione della zona carente di A:P. ambito di Ercolano, nonché la condanna, in subordine, dell’intimata Amministrazione, in persona del legale rappresentante p.t., al risarcimento del danno mediante reintegrazione in forma specifica, ovvero, in subordine, per equivalente e/o in via equitativa, ai sensi dell’art. 21-quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990;
All’uopo, in punto di fatto, l’interessata premetteva:
- di avere presentato, alla luce dei titoli posseduti, domanda di ammissione alla graduatoria unica regionale della Campania per incarichi e sostituzioni di Medicina Generale e di essere stata posizionata al n. 1110 con punti 31,10 nella graduatoria regionale definitiva anno 2007, valida per il 2008, dei Medici aspiranti ad incarichi di Medicina Generale, redatta ai sensi dell’art. 16 dell’A.C.N. vigente del 23.3.2005 ed approvata con decreto dirigenziale n. 350 del 13 dicembre 2007, pubblicato sul B.U.R.C. n. 67 del 31 dicembre 2007;
- di avere ottenuto, in virtù della predetta graduatoria - non impugnata dalla dott. ssa Formisano Colomba che risultava posizionata nella stessa al n. 1677 con punti 25,30 -, in data 14.10.2010, l’assegnazione come titolare della zona carente di Ercolano per l’anno 2008 e, per l’effetto, riponendo (in buona fede) legittimo affidamento nel provvedimento dalla P.A. in data 20.10.2010, presentato le proprie dimissioni dall’attività professionale sino ad allora svolta presso il Centro Diagnostico Plinio dell’A.S:L. NA 5 - distretto 82 - Ercolano;
- che, in data 23.10.2010, a completamento del procedimento amministrativo, la Regione Campania - A.S.L. Napoli 3 Sud (ex Napoli 5) con nota prot. 30049 del 23.10.2010 le comunicava l’incarico a tempo indeterminato di Assistenza Primaria - Comune di Ercolano - verificata la idoneità dello studio professionale ed invitando la stessa al ritiro dei ricettari ed a tutti gli adempimenti di rito;
- che, nel contempo, in virtù della medesima graduatoria, la Regione Campania aveva assegnato alla dott. ssa Formisano Colomba la zona carente di Assistenza Primaria ambito di Torre del Greco anno 2008, sede accettata dalla dott. ssa Formisano, non avendo la medesima impugnato la graduatoria definitiva nei termini di legge, e presso la sede medesima avendo svolto e svolgendo tuttora le funzioni assegnate di Assistenza Primaria;
- che soltanto in data 2.1.2012, la Giunta Regionale della Campania con nota prot. 2012.0001235 del 2.1.2012 le inviava, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, la comunicazione di avvio del procedimento in riferimento alla sua assegnazione come titolare della zona carente di Assistenza Primaria ambito di Ercolano per l’anno 2008 avvenuta in data 14 febbraio 2010.
Tanto premesso ed evidenziato che l’impugnato decreto era preceduto dalla nota prot. 2012.0179262 del 7.3.2012 con cui la Regione le comunicava, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, il procedimento di revoca dell’assegnazione della zona carente di A.P. anno 2008 ambito di Ercolano considerato che “in relazione ad una verifica, su segnalazione, effettuata dalla scrivente Amministrazione si è constatato l’attribuzione di un punteggio superiore al dovuto e precisamente 4,60 invece di punti 2,40 nell’annualità 2007” e che “tale punteggio ha determinato l’irregolare assegnazione a suo favore della zona carente dell’ambito di Ercolano ai danni dei legittimi aventi diritto”, le ricorrente deduceva svariati profili di violazione di legge (artt. 3 e 97 Cost.; L. 7.8.1990, n. 241 e s.m.i.; principio di proporzionalità) e di eccesso di potere (per violazione del principio di proporzionalità, violazione del principio di legittimo affidamento, irragionevolezza, difetto di motivazione).
L’intimata Regioni si costituiva in giudizio preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.
Si costituiva in giudizio anche la controinteressata Formisano Colomba, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.
Con l’ordinanza in epigrafe la Sezione accoglieva l’istanza cautelare.
Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2012 il ricorso era ritenuto in decisione.

DIRITTO
1. Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella presente controversia, sollevata sia dalla resistente Regione Campania che dalla controinteressata Formisano Colomba.
1.1. L’eccezione merita condivisione per esulare la controversia in esame dalla giurisdzione del giudice amministrativo e rientrare nella giurisdzione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Sul punto giova tenere presente il sempre attuale insegnamento della Suprema Corte per il quale, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, cioè della intrinseca natura della controversia dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (Cfr.: Cass. Civ. SS.UU., Ordinanza n. 10180/2004) e, anche seguendo la direttiva ermeneutica indicata dalla Corte Costituzionale a partire dalla importante sentenza 204/2004 l’elemento decisivo per radicare la giurisdizione amministrativa, al di là della prospettazione del ricorrente, è indubbiamente costituito dall’esistenza di un potere autoritativo dell’amministrazione espresso nel provvedimento impugnato.
2. Ciò precisato, riguardo al riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo nella materia de qua in giurisprudenza si è operato un chiaro distinguo fra le controversie concernenti l’individuazione delle zone carenti di assistenza primaria o di continuità assistenziale e quelle, logicamente conseguenti e successive alle prime, relative all’assegnazione delle zone precedentemente individuate, ai singoli medici aspiranti ad incarichi di continuità assistenziale o di assistenza primaria; nell’ambito di tale distinzione, mentre le controversie inerenti all’individuazione delle zone carenti, sì come implicanti l’esercizio di un potere organizzativo della pubblica amministrazione di indubbia natura discrezionale (a fronte del quale possono configurarsi situazioni di interesse legittimo degli interessati) sono attribuite alla giurisdzione del giudice amministrativo, le seconde, invece, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario e, ciò, sul presupposto che l’assegnazione delle zone carenti in precedenza individuate presuppone una scelta dei soggetti cui affidare gli incarichi (in ogni caso, non di lavoro subordinato, ma) di natura libero-professionale, previo rigoroso riscontro della sussistenza dei requisiti normativamente previsti, dal quale esula ogni valutazione di natura discrezionale.
3. In tema di riparto di giurisdzione della materia de qua in giurisprudenza si è ritenuto che: << Nella procedura per il conferimento da parte delle aziende sanitarie locali, ai sensi della legge n. 833 del 1978 in relazione al D.P.R. n. 500 del 1996, degli incarichi ai medici della medicina generale in regime di convenzione, mentre nella fase di individuazione delle zone carenti che l’amministrazione intende ricoprire e nella formulazione delle graduatorie vi sono spazi per valutazioni discrezionali (cui corrisponde la posizione di interesse legittimo degli aspiranti), stabilite tali graduatorie la p.a. deve procedere alle convenzioni di diritto privato sulla base dell’ordine progressivo della graduatoria, senza che residui alcun potere discrezionale; ne consegue che ricade nell’ambito della giurisdizione ordinaria la controversia promossa dal medico che rivendichi il diritto alla costituzione della convenzione sulla base della sua posizione nella graduatoria e della deduzione della mancata cancellazione di altro medico, a lui anteposto ed assegnatario di altro incarico >> (Cass. SS.UU. 18 febbraio 2004, n. 3231; Cass. SS.UU. 2 aprile 2007, n. 8087; anche, in termini, T.A.R. Lazio, Latina, 18 aprile 2007, n. 273; T.A.R. Basilicata, 12 luglio 2006, n. 480 T.A.R. Abruzzo, Pescara, 3 marzo 2005, n. 94) >>.
Recentemente, in un caso analogo, la giurisprudenza ha statuito che: << Una volta costituito il rapporto di lavoro, le controversie che hanno oggetto i diritti dei quali il medico lamenti la lesione da parte della Regione e dell’Azienda Sanitaria Locale appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, la quale non trova deroga a favore del giudice amministrativo per il fatto che la domanda del professionista denunci l’illegittimità di atti regolamentari o provvedimenti emessi dalla pubblica amministrazione, spettando al giudice ordinario la loro eventuale disapplicazione (cfr: T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 4.11.2008, n. 2748; T.A.R. Campania, sez. V, 6.6.1008, n. 5400; T.A.R. Campania, sez. V, 17.10.2007, n. 9592; Cass. Civ., SS.UU. 21.10.2005, n. 20344) >> (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 29.9.2009, n. 1594).
4. Anche la Sezione ha già avuto modo di affrontare la questione condividendo la soluzione proposta dalla giurisprudenza ed ha approfondito la ratio di un tale riparto giurisdizionale, rilevando come: << Secondo l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. in particolare le sentenze n. 10960-2001, 532-2000, 4955-1997, 8632-1996), va ancora una volta ribadito, non ravvisandosi e non essendo state prospettate ragioni per discostarsene, che il rapporti tra i medici convenzionati esterni e le Unità sanitarie locali, disciplinati dall’art. 48 L. 23 dicembre 1978, n. 833 e dagli accordi collettivi nazionali stipulati in attuazione di tale norme, pur se costituiti in vista dello scopo di soddisfare le finalità istituzionali del Servizio sanitario nazionale, dirette a tutelare la salute pubblica, sono rapporti di lavoro libero-professionali “parasubordinati”, che si volgono su un piano di parità, non esercitando gli enti pubblici nei confronti del medico convenzionato alcun potere autoritativo, all’infuori di quello di sorveglianza, e non potendo tali enti incidere unilateralmente sulle posizioni di diritto soggettivo nascenti, per il professionista, dal rapporto di lavoro autonomo, limitandole o degradandole ad interessi legittimi.
Invero, una volta costituito il detto rapporto di lavoro, le controversie che hanno ad oggetto i diritti dei quali il medico lamenti la lesione da parte della U.S.L., della A.S.L. o della Regione, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, la quale non trova deroga a favore del giudice amministrativo per il fatto che la domanda del professionista denunci, quale mezzo al fine della tutela dei diritti scaturenti dal detto rapporto, l’illegittimità di atti regolamentari o provvedimenti emessi dalla pubblica amministrazione, spettando al giudice ordinario la loro eventuale disapplicazione >> (T.A.R. Campania, sez. V, 6 giugno 2008, n. 5400; cfr., in termini, anche T.A.R. Lazio, Latina, 4 maggio 1994, n. 454).
5. Pertanto alla stregua della su emarginata giurisprudenza deriva che, una volta pubblicate le graduatorie definitive, l’Amministrazione, senza che residuino spazi per l’esercizio di un potere discrezionale, deve procedere a stipulare con i medici di base, convenzioni di diritto privato, costitutive dei rapporti di prestazione d’opera professionale connotati dalla collaborazione continuativa e coordinata e che, nella fattispecie in esame, sia mancata qualsivoglia valutazione discrezionale da parte della Regione risulta anche da quanto argomentato dalla difesa regionale circa la presenza di un mero errore materiale di digitazione alla base dell’erronea attribuzione del punteggio.
6. In tal modo, ai fini del riparto di giurisdizione ed operandosi una corretta applicazione del su menzionato criterio del petitum sostanziale, viene in rilievo una questione, successiva all’individuazione delle zone carenti, di assegnazione di tali zone messe a bando ed inerente all’instaurazione del rapporto di convenzionamento, sulla base di una graduatoria (che, non avendo natura concorsuale, dovrebbe, più correttamente, qualificarsi quale un mero elenco nonostante a ciascun soggetto ivi inserito sia stato attribuito un punteggio sulla base, però, di titoli tassativamente previsti dalla normativa di riferimento) e, più precisamente, all’atto di revoca dell’assegnazione in una fase successiva all’instaurazione del rapporto che si perfeziona con la sottoscrizione della convenzione, a seguito del quale la giurisdzione spetta al giudice ordinario.
7. In definitiva il Tribunale adito deve declinare la propria giurisdizione, in favore dell’autorità giudiziaria ordinaria, atteso che alcun potere autoritativo risulta essere stato esercitato dall’Amministrazione resistente nell’emanazione dell’atto impugnato.
8. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 2134/2010 R.G.) proposto da Perrotta Anna, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, rientrando la controversia in esame nella giurisdizione del giudice ordinario.
Compensa le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Cernese, Presidente FF, Estensore
Gabriele Nunziata, Consigliere
Carlo Buonauro, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

martedì 29 gennaio 2013

"Quando si accendono i roghi, SEMPRE dalla parte delle streghe". (Indro Montanelli)





"Quando si accendono i roghi, SEMPRE dalla parte delle streghe".

(Indro Montanelli)

Come va declinato il principio penalistico in dubio pro reo, o quello civilistico summum ius summa iniuria.
Il fine non giustifica mai i mezzi (capito Machiavelli?).

AUTHORITIES: l'ISVAP è l'Autorità competente ad adottare i provvedimento sanzionatori in materia di tutela del consumatore (T.A.R. Lazio - Roma - sent. 17 gennaio 2013 n. 535).



AUTHORITIES:
l'ISVAP è l'Autorità competente ad adottare i provvedimento sanzionatori 
in materia di tutela del consumatore 
(T.A.R. Lazio - Roma - sent. 17 gennaio 2013 n.  535)


Massima

La questione della individuazione dell’Autorità competente ad adottare provvedimenti sanzionatori in materia di tutela del consumatore, evidenziata con il motivo in rassegna, assume profili di delicatezza e di rilevanza anche alla luce della recente rimessione della questione, da parte del Consiglio di Stato (ord. n. 5526 del 12 ottobre 2011) all’Adunanza Plenaria – ancorché con riferimento a fattispecie involgente due Autorità diverse – del rapporto tra due plessi normativi aventi possibili aspetti di complementarità ed il concorso nell’esercizio dei poteri in funzione di vigilanza e di controllo in relazione al comportamento ritenuto rilevante.
Sono dunque intervenute le decisioni dell’Adunanza Plenaria dell’11 maggio 2012, nn. 11-16, che si sono pronunciate sulla questione di principio attinente al più complesso problema della coerenza del sistema con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione, attesa anche la rilevanza, per l’amministrazione nonché per i privati, dei procedimenti di controllo e sanzionatori, conducendo altresì un attento esame del rapporto tra la normativa generale in materia di tutela del consumatore e la disciplina speciale di settore (nella specie, le comunicazioni elettroniche).
In particolare, nelle decisioni in questione il Supremo Consesso ha ritenuto che, perché possa trovare applicazione la norma di settore in luogo di quella generale del Codice del Consumo, non debba necessariamente verificarsi una vera e propria situazione di antinomia normativa tra disciplina generale e speciale, dal momento che tale interpretazione restrittiva vanificherebbe la portata del principio di specialità, principio immanente e di portata generale sul piano sanzionatorio nel nostro ordinamento, come si evince dall’art. 15 del cod. pen. e dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981, confinandolo a situazioni eccezionali di incompatibilità tra discipline concorrenti.
Il richiamo alle conclusioni dell’Adunanza Plenaria citata rileva, nella specie, poiché la parte ricorrente contesta la competenza dell’AGCM ad emettere il provvedimento in applicazione della normativa generale del Codice del Consumo in materia di pratiche commerciali scorrette, stante l'esistenza di una normativa speciale - rappresentata dal Codice delle Assicurazioni private (in seguito, il Codice), istituito dal d.lgs 7 settembre 2005, n. 209 - che attribuisce la competenza in materia in via esclusiva all'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (in seguito, ISVAP) e che disciplina anche i profili relativi alla tutela del consumatore, prevedendo un complesso di norme rilevanti esclusivamente indirizzate alla "tutela dell'assicurato" e ai relativi"obblighi di informazione", che gli operatori del settore sono chiamati ad assolvere nel rispetto dei principi di correttezza e trasparenza.
Sulla base dell'analisi degli artt. 3, 5 e 182 co. 18 del predetto Codice, e procedendo per analogia con quanto stabilito dalle predette Ad. Plen. le disposizioni normative in rassegna rendono evidenziano l’attribuzione in capo all’ISVAP di una generale competenza nella materia delle assicurazioni private anche con specifico riferimento alla tutela del consumo; dal descritto quadro normativo risulta infatti l’attribuzione all’Istituto di chiari e specifici poteri interdittivi, sanzionatori e prescrittivi in materia di pubblicità di prodotti assicurativi (avendo, oltretutto, l'ISVAP dato attuazione alle disposizioni in questione mediante la Circolare ISVAP n. 533/04 applicabile a tutte le fattispecie di pubblicità di prodotti assicurativi).



Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 585 del 2010, proposto da:
Società Zuritel Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Gian Luca Zampa, Isidoro Niola e Andrea Marega, con domicilio eletto presso Gian Luca Zampa in Roma, piazza del Popolo, 18; 
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
Aldo Mario Trevisan, non costituito; 
per l'annullamento
- del provvedimento dell' Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 20399 adottato nell' adunanza del 22 ottobre 2009 e notificato alla ricorrente in data 6 novembre 2009 con il quale la ricorrente è stata condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria pari ad euro 55 mila per aver posto in essere una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20 e 22 del d.lgs 6 settembre 2005, n. 206, come modificato dal d.lgs n. 146/07 (il Codice del Consumo);
- del provvedimento dell' Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 20399 assunto in data 6 agosto 2009, con il quale è stata rigettata l’istanza per la presentazione di impegni presentata da Zuritel s.p.a. in data 24 giugno 2009, ai sensi dell’art. 27, comma 7, del Codice del Consumo e dell’art. 8 del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. La società Zuritel s.p.a. (in seguito anche "Zuritel " o “la società”), odierna esponente, ha rappresentato quanto segue:
2. Zuritel è una società del gruppo Zurich specializzata nella vendita di prodotti assicurativi esclusivamente tramite internet e telefono, utilizzando il marchio “Zurich Connect”.
In data 2 marzo 2009 la società lanciava l’iniziativa denominata “Battiamo la tua polizza" (in seguito, l'Iniziativa), diffusa con vari mezzi di comunicazione (segnatamente TV, stampa, radio ed internet), originariamente protratta sino al 30 marzo 2009 e poi riproposta dal 5 maggio al 30 giugno 2009.
I soggetti interessati, se titolari di un contratto di assicurazione "RC auto" con copertura furto/incendio in corso con altra compagnia di assicurazioni, potevano partecipare all'Iniziativa richiedendo un preventivo Zuritel per una polizza "RC auto" con copertura furto/incendio con le medesime caratteristiche: tali soggetti, una volta confrontate le condizioni economiche del preventivo della polizza ottenuto da Zuritel con la polizza in proprio possesso, avrebbero potuto richiedere un buono carburante pari a Euro 50 qualora l'importo del premio come "preventivato" da Zuritel fosse risultato maggiore (e quindi meno conveniente) di quello previsto dalla polizza in corso con la loro compagnia. Per l'erogazione del bonus era altresì necessario che il soggetto richiedente fosse titolare di un contratto "RC Auto" avente decorrenza/ validità da almeno 5 anni
consecutivi, senza aver registrato sinistri negli ultimi 5 anni (compreso l'anno in corso) e che il preventivo Zuritel fosse inclusivo della condizione "guida esclusiva" o "esperta" .
3. Con comunicazione del 25 maggio 2009 1'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in seguito anche “AGCM “ o “Autorità”) informava Zuritel dell'avvio nei suoi confronti di un procedimento istruttorio (PS/3721), ai sensi dell' art. 27, comma 3, del Codice del Consumo, nonché ai sensi dell' art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette (il Regolamento), avente ad oggetto una condotta idonea ad integrare un’ipotesi di violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, essendo tale condotta " ... contraria alla diligenza professionale ed idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio …", ed "… ingannevole, in quanto sarebbero state fornite ai consumatori informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete, ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in ordine a presupposti e condizioni per poter fruire della promozione avente ad oggetto l'attribuzione dei buoni carburante. La pratica, pertanto, potrebbe aver indotto, ovvero essere risultata idonea ad indurre il consumatore medio in errore e/o ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".
Nello specifico, l'omissione informativa avrebbe riguardato la necessità di possedere una garanzia che coprisse anche il furto e l'incendio nonché il fatto che"... la garanzia aggiuntiva incendio e furto non sarebbe stata prestata da Zuritel a favore dei contraenti residenti in determinate aree territoriali..”
4. Avuta conoscenza dell’avvio dell’istruttoria, Zuritel apportava significative modifiche alle modalità di diffusione dell’Iniziativa, sia nella pagina iniziale del sito web sia nelle pagine interne successive, rendendo più esplicite le limitazioni relative alle modalità di partecipazione, e ne informava prontamente l’Autorità.
Con memoria del 4 giugno 2009 la società poi presentava, ai sensi dell’art. 27, comma 7, del codice del consumo e dell’art. 8, comma 1, del Regolamento, una proposta di impegni aggiuntivi rispetto alle modifiche già attuate.
5. Con delibera del 6 agosto 2009 l’AGCM rigettava l’istanza di assunzione degli impegni, per manifesta scorrettezza e gravità delle condotte contestate.
Veniva quindi acquisito il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che con nota del 15 ottobre 2009 si pronunciava nel senso di ritenere la pratica scorretta, ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo.
6. Con provvedimento n. 22399 del 22 ottobre 2009, AGCM deliberava la scorrettezza della pratica commerciale oggetto del procedimento, ai sensi degli articoli 20 e 22 del Codice del Consumo, e irrogava a Zuritel s.p.a. una sanzione pari a 55.000 euro.
7. Avverso il suddetto provvedimento e avverso il provvedimento di rigetto degli impegni del 6 agosto 2009, la società ha proposto il ricorso in epigrafe, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
I. Violazione e falsa applicazione dell' art. 19, comma 3, del Codice del Consumo da parte dell'Autorità nella Delibera n. 20399 del 22 ottobre 2009. Incompetenza dell'Autorità nell'applicazione delle norme in materia di pratiche commerciale scorrette con riferimento ai prodotti assicurativi;
La fattispecie oggetto del provvedimento, trattandosi di prodotti assicurativi, rientrerebbe nella competenza dell'ISVAP.
II. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli arti. 18, comma 1, lett. e) ed m), 20 e 22 del Codice del Consumo da parte dell’Autorità nella Delibera n. 20399 del 22 ottobre 2009;
La condotta contestata non ha prodotto un ipotetico pregiudizio al comportamento economico del consumatore, né un'influenza nelle decisioni di natura commerciale, in quanto l'iniziativa non era finalizzata ad invitare all'acquisto di una polizza, non essendo la corresponsione del bonus condizionata all'acquisto.
III. Violazione e falsa applicazione dell' art. 27, comma 7, del Codice del Consumo e dell’art. 8 del Regolamento in relazione al provvedimento di rigetto degli impegni. Eccesso di potere per irragionevolezza;
La ricorrente si duole del mancato accoglimento degli impegni dalla stessa presentati, in quanto ritiene che il rigetto sia stato fondato su due assunti di fatto errati: che le condotte fossero caratterizzate da un elevato grado di offensività e che risultassero di particolare gravità.
IV. Violazione e falsa applicazione dell' art. 11 della legge n. 689/1981 nella delibera n. 20399 del 22 ottobre 2009, nella parte relativa alla quantificazione della sanzione. Violazione del principio di proporzionalità. Abuso di potere per carenza istruttoria. Contraddittorietà della motivazione;
La ricorrente lamenta l'assenza di proporzionalità nella determinazione della sanzione, in quanto l'Autorità non avrebbe tenuto in debito conto il ravvedimento operoso di Zuritel, la circoscritta durata della condotta e avrebbe altresì sovrastimato il parametro della dimensione economica senza ricorrere a dati oggettivi.
V. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e ss., e in particolare dell’art. 10, della legge n. 241/90;
L’Autorità, benché fosse tenuta a valutare effettivamente e compiutamente le argomentazioni e difese svolte dalla parte nel corso del procedimento, nel provvedimento finale non ha tenuto in alcuna considerazione le argomentazioni giuridiche svolte da Zuritel nelle due memorie procedimentali.
8. Si è costituita AGCM per resistere al ricorso, chiedendone il rigetto nel merito.
9. Alla Pubblica Udienza dell’11 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione; nella discussione in camera di consiglio il Collegio si è riservato, rinviandone la decisione alla camera di consiglio del 19 dicembre 2012.

DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il primo motivo di impugnazione riveste carattere preliminare in quanto teso a accertare la competenza dell’Autorità ad emanare il provvedimento sanzionatorio in materia.
Come la Sezione ha già avuto occasione di rilevare (Tar Lazio, I, 12 luglio 2012, n. 6325), la questione della individuazione dell’Autorità competente ad adottare provvedimenti sanzionatori in materia di tutela del consumatore, evidenziata con il motivo in rassegna, assume profili di delicatezza e di rilevanza anche alla luce della recente rimessione della questione, da parte del Consiglio di Stato (ord. n. 5526 del 12 ottobre 2011) all’Adunanza Plenaria – ancorché con riferimento a fattispecie involgente due Autorità diverse – del rapporto tra due plessi normativi aventi possibili aspetti di complementarità ed il concorso nell’esercizio dei poteri in funzione di vigilanza e di controllo in relazione al comportamento ritenuto rilevante.
1.1 Sono dunque intervenute le decisioni dell’Adunanza Plenaria dell’11 maggio 2012, nn. 11-16, che si sono pronunciate sulla questione di principio attinente al più complesso problema della coerenza del sistema con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione, attesa anche la rilevanza, per l’amministrazione nonché per i privati, dei procedimenti di controllo e sanzionatori, conducendo altresì un attento esame del rapporto tra la normativa generale in materia di tutela del consumatore e la disciplina speciale di settore (nella specie, le comunicazioni elettroniche).
1.2 Invero, l’Adunanza è partita dall’assunto condivisibile che “Una volta acclarato tale assetto normativo, finalizzato ad individuare la disciplina da applicare in concreto, potrà essere agevolmente individuata l’Autorità chiamata ad intervenire nella fattispecie in esame, quale Autorità preposta alla tutela del corpo normativo di cui si è individuata l’applicazione”.
Dall’analisi condotta, l’Adunanza Plenaria ha concluso evidenziando come “emerge ictu oculi che l’intenzione del legislatore (sia nazionale che comunitario, trattandosi in gran parte di norme di diretta derivazione comunitaria) è quella di ricomprendere a pieno titolo nella disciplina in esame anche la tutela del consumatore/utente, nell’ambito di una regolamentazione che dai principi scende fino al dettaglio dello specifico comportamento. D’altronde, se così non fosse, non dovrebbe neppure ammettersi la competenza di AGCOM ad intervenire con atti regolatori o linee di indirizzo a tutela dei consumatori (oltre che ad autorganizzarsi con la istituzione di un’apposita direzione denominata “Tutela dei consumatori”) e dovrebbe negarsi la legittimità della stessa delibera n. 664/06/CONS, aspetto questo che non risulta in alcun modo contestato da Antitrust né dagli operatori di settore”. Ed ancora ha sottolineato che “Non può, quindi, convenirsi con la tesi sostenuta da Antitrust, che cioè la disciplina di settore delle comunicazioni elettroniche avrebbe finalità di sola tutela della concorrenza e di garanzia del pluralismo informativo, poiché queste ultime finalità non possono non affiancarsi alla tutela del consumatore, come sopra evidenziato. Anzitutto, appare ben difficile sezionare chirurgicamente la disciplina in esame, al fine di enucleare singoli interessi oggetto di tutela, poiché tale modus operandi contrasta con l’inevitabile unitarietà degli interessi operanti nelle singole fattispecie concrete. Ma soprattutto tale distinzione - ove in ipotesi possibile – non trova riscontro nel dato normativo, come si è fin qui constatato”.
1.3 Passando, poi, ad esaminare le disposizioni contenute nel Codice del consumo, l’Adunanza ha precisato che esso “detta una disciplina articolata proprio al fine di tutelare le esigenze e le aspettative del consumatore/utente in tutti i campi del commercio, senza prendere in considerazione le specificità di singoli settori quale, relativamente alla fattispecie in esame, quello delle comunicazioni elettroniche. A tal fine sovviene l’art. 19, comma 3, del Codice del consumo, ai sensi del quale, in caso di contrasto, prevalgono le norme che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette. In sostanza, la norma in esame si iscrive nell’ambito del principio di specialità (principio immanente e di portata generale sul piano sanzionatorio nel nostro ordinamento, come si evince dall’art. 15 del cod. pen. e dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981), ai sensi del quale non si può fare contemporanea applicazione di due differenti disposizioni normative che disciplinano la stessa fattispecie, ove una delle due disposizioni presenti tutti gli elementi dell’altra e aggiunga un ulteriore elemento di specificità (o per aggiunta o per qualificazione). In altre parole, le due norme astrattamente applicabili potrebbero essere raffigurate come cerchi concentrici, di cui quello più grande è quello caratterizzato dalla specificità. Né all’applicazione del principio di specialità può opporsi che debba esistere una situazione di contrasto tra i due plessi normativi: difatti, ad una lettura più meditata, occorre ritenere che tale presupposto consista in una difformità di disciplina tale da rendere illogica la sovrapposizione delle due regole. Ed invero, al riguardo può concretamente soccorrere quanto previsto dal considerando 10 della direttiva 2005/29/CE (testo normativo recepito nel nostro ordinamento nel d.lgs. n. 206 del 2005, ossia nel Codice del consumo), secondo cui la disciplina di carattere generale si applica soltanto qualora non esistano norme di diritto comunitario che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali; in pratica, essa offre una tutela ai consumatori ove a livello comunitario non esista una legislazione di settore. Alla luce di questa impostazione occorre leggere, pertanto, quanto previsto all’art. 3, comma 4, della medesima direttiva, trasfuso nell’art. 19, comma 3, del Codice del consumo, secondo cui prevale la disciplina specifica in caso di contrasto con quella generale: il presupposto dell’applicabilità della norma di settore non può essere individuato solo in una situazione di vera e propria antinomia normativa tra disciplina generale e speciale, poiché tale interpretazione in pratica vanificherebbe la portata del principio affermato nel considerando 10, confinandolo a situazioni eccezionali di incompatibilità tra discipline concorrenti. Occorre, invece, leggere il termine conflict (o conflit), usato nella direttiva nelle versioni in inglese (e francese) e tradotto nel testo italiano come contrasto, come diversità di disciplina, poiché la voluntas legis appare essere quella di evitare una sovrapposizione di discipline di diversa fonte e portata, a favore della disciplina che più presenti elementi di specificità rispetto alla fattispecie concreta. In altre parole, la disciplina generale va considerata quale livello minimo essenziale di tutela, cui la disciplina speciale offre elementi aggiuntivi e di specificazione”.
1.4 Di tal che, con una prima argomentazione conclusiva, l’Adunanza ha determinato l’applicabilità della disciplina speciale alla fattispecie in esame e, con una seconda, ha stabilito l’intera riconduzione di questa nell’ambito della normativa di settore (Tar Lazio, I , cit.).
In particolare, nelle decisioni in questione il Supremo Consesso ha ritenuto che, perché possa trovare applicazione la norma di settore in luogo di quella generale del Codice del Consumo, non debba necessariamente verificarsi una vera e propria situazione di antinomia normativa tra disciplina generale e speciale, dal momento che tale interpretazione restrittiva vanificherebbe la portata del principio di specialità, confinandolo a situazioni eccezionali di incompatibilità tra discipline concorrenti.
2. Il richiamo alle conclusioni dell’Adunanza Plenaria citata rileva, nella specie, poiché la parte ricorrente contesta la competenza dell’AGCM ad emettere il provvedimento in applicazione della normativa generale del Codice del Consumo in materia di pratiche commerciali scorrette, stante l'esistenza di una normativa speciale - rappresentata dal Codice delle Assicurazioni private (in seguito, il Codice), istituito dal d.lgs 7 settembre 2005, n. 209 - che attribuisce la competenza in materia in via esclusiva all'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (in seguito, ISVAP) e che disciplina anche i profili relativi alla tutela del consumatore, prevedendo un complesso di norme rilevanti esclusivamente indirizzate alla "tutela dell'assicurato" e ai relativi"obblighi di informazione", che gli operatori del settore sono chiamati ad assolvere nel rispetto dei principi di correttezza e trasparenza.
2.1 Orbene, sulla scorta delle argomentazioni di parte ricorrente, osserva il Collegio che, nella normativa di settore, primario e dirimente rilievo assume per la presente controversia l’esame degli artt. 3 e 5, 182-18 del Codice.
2.2 Si consideri infatti che l’art. 3, nell'elencazione delle finalità della "vigilanza sull'attività assicurativa e riassicurativa", stabilisce, per quanto in questa sede di interesse, che la stessa “..ha per scopo [ ... ] la trasparenza e la correttezza dei comportamenti delle imprese, degli intermediari e degli altri operatori del settore assicurativo, avendo riguardo [ ... ] alla tutela degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative, all'informazione ed alla protezione dei consumatori”.
2.3 La vigilanza del settore risulta affidata all'ISVAP, il quale, ai sensi del successivo art. 5 del Codice, “svolge le funzioni di vigilanza sul settore assicurativo mediante l'esercizio dei poteri di natura autorizzativa, prescrittiva, accertativa, cautelare e repressiva previsti dalle disposizioni del presente codice ... " ed in particolare "... effettua le attività necessarie per promuovere un appropriato grado di protezione del consumatore”.
2.4 Ancor più rilevante è l’attribuzione all’ISVAP di specifiche competenze in materia di pubblicità di prodotti assicurativi: a mente dell’art. 182 del Codice delle Assicurazioni, “la pubblicità utilizzata per i prodotti delle imprese di assicurazione è effettuata avendo riguardo alla correttezza dell'informazione ed alla conformità rispetto al contenuto della nota informativa e delle condizioni di contratto cui i prodotti stessi si riferiscono"; “L'ISVAP sospende in via cautelare, per un periodo non superiore a novanta giorni, la diffusione della pubblicità in caso di fondato sospetto di violazione delle disposizioni in materia di trasparenza e correttezza” e “… vieta la diffusione della pubblicità in caso di accertata violazione delle disposizioni in materia di trasparenza e correttezza”.
2.5 Sempre il suddetto Istituto, a norma degli artt. 182 e 183 del ripetuto Codice, è l'ente preposto a stabilire, mediante regolamento, i criteri di riconoscibilità della pubblicità e di chiarezza e correttezza dell'informazione, nonché ad emanare “..specifiche disposizioni relative alla determinazione delle regole di comportamento da osservare nei rapporti con i contraenti, in modo che l'attività si svolga con correttezza e con adeguatezza rispetto alle specifiche esigenze dei singoli”.
2.6 Di poi, la circolare ISVAP n. 533/2004 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, ed oggi sostituita dal Regolamento ISVAP n. 35 del 26 maggio 2010) reca la disciplina delle modalità attraverso le quali il messaggio pubblicitario avente ad oggetto prodotti assicurativi deve essere costruito; all'art. 6.1 essa richiama proprio i principi del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 67 (modificativo del d.lgs. n. 74/92), vale a dire la fonte normativa che - prima dell'entrata in vigore del Codice del Consumo - disciplinava la pubblicità ingannevole e comparativa.
Come rappresentato dalla parte ricorrente, l'art. 6.3 della circolare stabilisce che il messaggio pubblicitario avente ad oggetto prodotti assicurativi "... deve essere costruito così da non ingenerare confusione sulle caratteristiche delle polizze, in modo che le prestazioni pubblicizzate corrispondano a quelle previste in polizza e che i loro contenuti siano conformi a quelli descritti nei documenti informativi distribuiti al cliente; devono altresì essere utilizzate forme espressive e caratteri tipografici chiari, ben visibili e leggibili ...”.
La stessa circolare ISVAP, nelle proprie premesse, chiarisce che "con l'atto in oggetto si introducono, nella distribuzione e nella intermediazione assicurativa, regole di correttezza e cautele a favore degli assicurati anche in ordine al pagamento dei premi, adempimenti per le imprese in ordine alla formazione professionale dei soggetti incaricati della commercializzazione delle polizze, principi generali ai quali ispirarsi per la pubblicità delle garanzie assicurative, sia nel settore delle assicurazioni sulla vita che in quello dell'assicurazione contro i danni ... "; da tanto si evince che il contenuto della circolare, e quindi la competenza dell'ISVAP, si applica in relazione a tutte le fattispecie di pubblicità di prodotti assicurativi.
2.7 Infine, merita considerazione l’art. 184 del Codice, che delinea anche i poteri cautelari ed interdittivi dell'ISVAP, il quale può sospendere o vietare la commercializzazione del prodotto laddove accerti la violazione delle disposizioni in materia di trasparenza e correttezza dell'informazione.
3. In definitiva, le disposizioni normative in rassegna rendono evidenziano l’attribuzione in capo all’ISVAP di una generale competenza nella materia delle assicurazioni private anche con specifico riferimento alla tutela del consumo; dal descritto quadro normativo risulta infatti l’attribuzione all’Istituto di chiari e specifici poteri interdittivi, sanzionatori e prescrittivi in materia di pubblicità di prodotti assicurativi avendo, oltretutto, l'ISVAP dato attuazione alle disposizioni in questione mediante la suindicata Circolare, applicabile a tutte le fattispecie di pubblicità di prodotti assicurativi.
3.1 Sono dunque evidenti – pur nella diversità dei settori considerati - le analogie della fattispecie all’odierna attenzione del Collegio con la situazione già all’esame dell’Adunanza Plenaria, in quanto anche nel presente caso esiste una normativa settoriale (e, quindi speciale), esaustiva nei contenuti, che attribuisce all'Autorità di regolazione sia la funzione di vigilanza circa "la trasparenza e la correttezza dei comportamenti delle imprese, degli intermediari e degli altri operatori nel settore assicurativo, avendo riguardo [ ... ] alla tutela degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative, all'informazione ed alla protezione dei consumatori", sia la titolarità di specifiche competenze in materia di pubblicità di prodotti assicurativi sia, infine, la competenza a stabilire le modalità attuativi dei nuovi obblighi comportamentali posti a carico dei soggetti regolati.
3.2 Tanto basta, a parere del Collegio, per risolvere in favore dell’ISVAP il conflitto di competenze con l’AGCM in merito all'applicazione della normativa in materia di tutela del consumatore con riguardo ai prodotti assicurativi e per decretare la conseguente esclusione dell'applicazione delle norme generali del Codice del Consumo alla condotta in esame.
3.3 Ciò, in quanto il "principio di specialità", sancito nell'articolo 19 del Codice del Consumo, comporta che " .. . la disciplina generale delle pratiche commerciali scorrette non possa trovare applicazione quando sussista una disciplina speciale di settore che non si limiti a regolare puntualmente e compiutamente il contenuto degli obblighi di correttezza, sotto il profilo informativo e di condotta, in una specifica materia, ma definisca anche i relativi poteri ispettivi, inibitori e sanzionatori, attribuendoli ad una Autorità settoriale” (Consiglio di Stato, parere della Sez. I, n. 3999/2008).
4.Alle superiori considerazioni consegue che il provvedimento sanzionatorio impugnato è stato emesso da un'autorità amministrativa incompetente, in violazione dell'art. 19, comma terzo, del Codice del Consumo, ed è pertanto illegittimo.
5. Il motivo di ricorso in esame è dunque fondato e pertanto, assorbita ogni altra censura e deduzione, il gravame deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
6. Per la novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con esso impugnati.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 11 dicembre 2012 e 19 dicembre 2012, con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Solveig Cogliani, Consigliere
Rosa Perna, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)