venerdì 31 maggio 2013

Ed è subito Saviano.


Semplicemente Saviano.

"Penso a quanto sia miope credere che siano ben altre le priorità. Tutto si affronta partendo dai diritti".
Roberto Saviano

PROCEDIMENTO: il principio del legittimo affidamento (Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2013, n. 2603).


PROCEDIMENTO: 
il principio del legittimo affidamento 
(Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2013, n. 2603)


Massima

1.  In ordine allo spessore dell’interesse pubblico che deve animare un provvedimento adottato in sede di autotutela, al fine di assicurarne la legittimità, va, infatti, rammentato che esso va raffrontato con la misura raggiunta dal legittimo affidamento del privato in merito alla stabilità e fondatezza del vantaggio raggiunto. Da ciò deriva che l’affidamento deve poggiare (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440; 13 dicembre 2011, n. 6389; 12 febbraio 2010, n. 743, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d) e 120, co. 10, c.p.a.):
a) su di un atto avente carattere definitivo e non precario;
b) sulla convinzione da parte del suo destinatario della legittimità del vantaggio acquisito;
c) sul decorso di un apprezzabile periodo di tempo, che consenta la stabilizzazione dell’utilità portata dal provvedimento favorevole. 
2.  Nella fattispecie, a parte il primo requisito, giacché la revoca (ma nella fattispecie nonostante il nomen adoperato dalla stazione appaltante si tratta di un annullamento) ha avuto ad oggetto un’aggiudicazione definitiva, gli altri due elementi appaiono carenti. 
Infatti, il pregresso accoglimento del ricorso in opposizione spiegato dall’odierna appellante ha fornito all’appellata più di un indizio circa la probabile illegittimità dell’aggiudicazione a suo favore. 
Inoltre, il tempo intercorso appare talmente irrisorio da non consentire di ritenere integrato l’elemento cronologico: il ricorso in opposizione avverso l’aggiudicazione provvisoria dell’8 febbraio 2010 è del 15 febbraio 2010, l’accoglimento del ricorso in opposizione è del 24 febbraio 2010, l’aggiudicazione a favore dell’appellante è del 5 marzo 2010, l’avvio di comunicazione del procedimento in autotutela (imposto dall’ordinanza cautelare del TAR per il Lazio del 27 aprile 2010) è del 24 maggio 2010, la revoca dell’aggiudicazione a favore dell’appellata è del 9 giugno 2010. Da ciò deriva che l’interesse pubblico rappresentato dalla necessità di rispettare le clausole della lex specialis, dalla cui osservanza consegue non solo l’individuazione del miglior contraente, ma anche la tutela della concorrenza nel mercato degli appalti pubblici, appare legittimamente esercitato, perché non viola quei principi di correttezza e buona fede che devono animare l’esercizio del potere di autotutela (C.G.A., 7 novembre 2011, n. 785). 
3.  In definitiva, Nella fattispecie, infatti, risultano rispettati i limiti imposti dalla legge generale sul procedimento in termini di presenza di un interesse pubblico, ragionevolezza del termine entro il quale è intervenuto l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva, prevalenza dell’interesse pubblico su quello del destinatario dell’atto (Cons. St., Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11).


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7511 del 2012, proposto da:
Infrater S.r.l. in proprio e quale Capogruppo Mandataria dell’A.T.I. con IGM S.r.l.., IGM S.r.l. in prorpio e quale mandante dell’A.T.I. con Infrater S.r.l. , rappresentate e difese dagli avvocati Michele Amatruda e Luigi Muraca, con domicilio eletto presso Antonella Martufi in Roma, via Giulia 16 
contro
Framich Srl in proprio e quale Capogruppo dell’A.T.I. con Airtecnica S.r.l. , rappresentata e difesa dagli avvocati Marianna Capizzi e Antonio Bivona, con domicilio eletto presso Antonino Barletta in Roma, piazza Margana 29; 
nei confronti di
Comune di Agrigento, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Giglio, con domicilio eletto presso Federica Casagni in Roma, via Trionfale. 21;
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma - Sezione II ter, n. 7872 del 18 settembre 2012, resa tra le parti, concernente aggiudicazione della gara indetta a procedura aperta per l'affidamento in appalto dei lavori di manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione di proprietà comunale.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Framich in proprio e nella qualità di capogruppo del R.T.I. costituendo con Airtecnica s.r.l., (in prosieguo ditta Framich) del Comune di Agrigento e del Ministero dell'interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 201 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Muraca, Barletta, per delega dell'Avvocato Bivona, Amatruda anche per delega dell'Avvocato Giglio, e Urbani Neri dell'Avvocatura generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. L’odierno gravame ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza n. 7872/2012 del Tar per il Lazio, che ha accolto il ricorso proposto dalla Framich s.r.l., avverso gli atti infra specificati adottati dal Comune di Agrigento nell’ambito della procedura aperta per l’affidamento in appalto dei “Lavori a contratto aperto di manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione di proprietà comunale – periodo Gennaio 2010 Dicembre 2011”, con importo a base d’asta pari ad €. 1.188.066,15 oltre €. 41.217,05 per oneri per la sicurezza.
2. L’appellante Società Infrater s.r.l. proponeva ricorso in opposizione avverso l’aggiudicazione a favore della Framich s.r.l., evidenziando la non corretta compilazione del modello G.A.P. da parte dell’originaria ricorrente e conseguentemente la violazione del punto 9) del disciplinare di gara. A seguito dell’accoglimento della menzionata opposizione la stazione appaltante annullava l’aggiudicazione a favore dell’odierna appellata e provvedeva alla nuova aggiudicazione a favore dell’odierna appellante.
2.1. Proponeva ricorso giurisdizionale la Framich s.r.l. con il quale chiedeva l’annullamento:
a) della nota del Comune di Agrigento di cui al prot. n. 1401/i del 24.2.2010;
b) del verbale della gara in data 5.3.2010;
c) della successiva aggiudicazione definitiva;
d) dell’eventuale contratto eventualmente stipulato nelle more del quale chiedeva la dichiarazione di nullità e inefficacia;
e) dei modelli comuni di compilazione G.A.P. approvati dal Ministero dell’interno.
Avanzava, inoltre, richiesta risarcitoria.
2.1. Successivamente, con ricorsi per motivi aggiunti, avanzava domanda di annullamento:
a) della nota del R.U.P. n. 30980 del 24.5.2010, con la quale, dato atto della tardività del ricorso in opposizione presentato dalla Infrater s.r.l., si comunicava l’avvio del contestuale procedimento di revoca in autotutela dell’aggiudicazione definitiva in favore della Framich e di riaggiudicazione della gara in favore della Infrater s.r.l. come già disposto con il verbale di gara rep. 743 del 5.2.2010;
b) del conseguente verbale della Commissione di gara del 9.6.2010.
2.3. In sede di appello cautelare il Consiglio di Stato con ordinanza n. 4312/2010, preceduta dal decreto presidenziale n. 3877/2010, valutando eccessiva l’esclusione dalla gara della ricorrente per aver omesso sul modello GAP l’indicazione del tipo di impresa, anche in considerazione della equivocità sul punto della disciplina di gara, accoglieva l’istanza cautelare disattesa dal primo giudice con ordinanza n. 3320/2010.
3. Il TAR per il Lazio, dato atto dell’improcedibilità per difetto di interesse del ricorso introduttivo per il superamento dell’originario provvedimento di esclusione da parte del successivo provvedimento di autotutela, accoglieva il ricorso per motivi aggiunti e respingeva la richiesta risarcitoria.
3.1. A giudizio del TAR l’esclusione fondata sulla sola circostanza della mancata corretta compilazione del modello G.A.P. in tutti i campi segnalati, con particolare riguardo al campo relativo all’indicazione del tipo di impresa, non sarebbe legittima in ragione delle considerazioni sposate da un nuovo orientamento giurisprudenziale. Il C.G.A. siciliano, infatti, con le pronunce nn. 814/2011 e 76/2012, avrebbe rimeditato la questione, anche alla luce delle sopravvenienze normative in materia, ai fini di assicurare il rispetto dei principi di semplicità ed affidamento nelle gare pubbliche.
4. Ha proposto appello la Società Infrater s.r.l. articolando i seguenti mezzi avverso la pronuncia del giudice di primo grado:
a) l’inserimento del comma 1-bis nell’art. 46, d.lgs. 163/2006, non può tradursi in un’elusione della funzione del modello GAP;
b) le sopravvenienze normative intervenute in materia dopo il d.l. 629/1982 non sono tali da scalfire il dettato del comma 5 dell’art. 1 del citato d.l., specie se si pensi alla diversità dei casi vagliati dalla giurisprudenza del C.G.A. richiamata dalla pronuncia gravata, questo perché nella fattispecie non si registra una difformità tra il G.A.P. ed il modello ministeriale, ma una non corretta compilazione dello stesso. In questo senso sarebbero illuminanti i richiami al parere n. 154/2007 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che ribadisce l’importanza del modello G.A.P. ed al parere del 7 febbraio 2011 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che precisa come l’esclusione non possa essere disposta solo in presenza di clausola del bando ambigua in ordine all’omessa presentazione del G.A.P. e non la sua scorretta compilazione e dei limiti in cui può operare la stazione appaltante con il cd. soccorso istruttorio;
c) corretta appare l’interpretazione della lex specialis da parte della stazione appaltante stante la chiarezza del suo dettato;
d) non può invocarsi il soccorso istruttorio ex art. 46, d.lgs. 163/2006, perché si violerebbe il principio di par condicio;
e) il punto 9) del disciplinare di gara contiene una clausola espulsiva nell’ipotesi di scorretta compilazione del modello G.A.P., né può ritenersi che la desumibilità aliunde delle informazioni omesse ne sterilizzi l’efficacia.
5. In data 2 novembre 2012 si è costituito il Ministero dell’Interno.
6. In data 8 novembre 2012 si è costituita la Framich s.r.l., concludendo per la conferma della sentenza gravata, e riproponendo quattro doglianze del ricorso per motivi aggiunti di primo grado, assorbite dalla sentenza gravata.
6.1. La prima censura assorbita riguarda la mancata enucleazione da parte della stazione appaltante di un interesse pubblico, che non si riduca al mero difetto di compilazione del modello GAP, idoneo a sorreggere il provvedimento adottato in autotutela.
6.2. La seconda e terza doglianza del gravame per motivi aggiunti, sulle quali il TAR ha omesso di pronunciarsi, sono tra loro correlate e si articolano più in dettaglio:
a) nella violazione del punto 9) del disciplinare di gara, che non sarebbe stato correttamente interpretato dalla stazione appaltante, in quanto l’espulsione potrebbe conseguire solo alla mancata specificazione dell’attività di impresa, ma non di quella relativa al tipo di impresa;
b) nell’erronea applicazione dei principi che regolano i contratti pubblici, in quanto lo stesso punto 9) del disciplinare di gara si presenterebbe come ambiguo, tanto da imporre una sua interpretazione diversa da quella sposata dall’amministrazione comunale e, quindi, in senso favorevole ad un’ampia partecipazione dei concorrenti;
c) nella violazione del principio del soccorso istruttorio e dei criteri di proporzionalità amministrativa. L’art. 46, comma 1, d.lgs. 163/2006, specie in considerazione del fatto che l’elemento omesso risulta desumibile dall’altra documentazione depositata, avrebbe imposto alla stazione appaltante di chiedere un’integrazione e/o regolarizzazione della documentazione che:
I) sarebbe avvenuta senza alcuna violazione del principio di par condicio;
II) avrebbe avuto ad oggetto un requisito di partecipazione e non l’offerta;
III) non avrebbe superato il limite degli elementi essenziali.
6.4. La quarta censura assorbita concerne l’assenza nel modello G.A.P. ministeriale di una previsione secondo la quale il mancato contrassegno di alcuni campi possa condurre all’esclusione del concorrente e l’eventuale illegittimità del modello stesso, qualora si ritenesse che una sua scorretta interpretazione conduca a tale conclusione.
7. In data 26 marzo 2013 si è costituito in giudizio il Comune di Agrigento sottolineando:
a) l’erroneità del ragionamento compiuto da primo Giudice attesa l’inconferenza delle sentenze poste a base dell’accoglimento del ricorso proposto dall’odierna appellata, poiché il revirement della giurisprudenza amministrativa siciliana avrebbe ad oggetto la differente ipotesi della cd. eterointegrazione della lex specialis da parte della disciplina legislativa in materia di GAP;
b) la mancata impugnazione da parte dell’appellata delle clausole della lex specialis;
c) l’impossibilità di applicare ratione temporis il comma 1-bis dell’art. 46 d.lgs. 163/2006;
d) la natura vincolata dei provvedimenti di espulsione da una gara d’appalto rispetto ad una clausola del bando che indica le modalità di presentazione dei documenti a pena di esclusione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e merita di essere accolto.
2. Preliminarmente, va delimitato il thema decidendi che si snoda attraverso l’impugnazione dei provvedimenti indicati nella parte in fatto sub 2.1., rimarcando, pertanto, che tra questi non può essere annoverata la lex specialis del bando. Da ciò deriva che nei confronti della previsione contenuta nei confronti del punto 9 del disciplinare di gara non è possibile esaminare alcuna censura di legittimità, che l’abbia ad oggetto, ma solo le censure di legittimità che si risolvono in una non corretta applicazione dei precetti ivi contenuti. Inoltre non è stato proposto appello incidentale avverso la sentenza gravata nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Sicché vanno esaminati l’appello principale e le doglianze assorbite contenute nel ricorso per motivi aggiunti proposto dalla parte appellata dinanzi al TAR per il Lazio.
3. Erronea si presenta la ricostruzione giuridica operata dal TAR per il Lazio, in quanto non corretto è il richiamo alle pronunce del C.G.A. siciliano nn. 814/2011 e 76/2012, che enunciano un principio di diritto che non può essere applicato nell’odierna fattispecie stante la diversità fattuale, che la caratterizza. Infatti, le citate pronunce innovano i precedenti approdi giurisprudenziali nella misura in cui escludono che ricorra l’obbligo per le imprese concorrenti di presentare il modello G.A.P., se tale adempimento non è prescritto dal bando di gara. Nelle fattispecie poste all’esame del C.G.A. viene in rilievo la diversa questione della possibile eterointegrazione del bando di gara con la previsione imperativa, ivi non contenuta, dell’obbligo di presentare il modello GAP. Con le sentenze n. 814/11 e n. 76/2012 del CGA si assiste ad un mutamento dell’indirizzo giurisprudenziale precedente favorevole a tale meccanismo di implementazione delle clausole espulsive del bando di gara in relazione al GAP. Le ragioni di questo mutato orientamento risiedono:
a) nell’esigenza di tutela dell’affidamento del concorrente e della semplificazione delle procedure di gara, sulla scia della introduzione del comma 1 bis nell'art. 46 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, che dispone la tassatività delle clausole di esclusione (norma quest’ultima non applicabile ratione temporis, né all’odierna fattispecie, né a quello vagliata dal C.G.A.);
b) nella mancanza nel dettato legislativo di una chiara previsione di esclusione in caso di mancata produzione del modello G.A.P., a fronte, invece, della presenza di espresse e differenti sanzioni di natura penale ed amministrativa;
c) nella necessità di offrire un’interpretazione restrittiva dell’art. 1, l. 726/1982, in quanto norma di carattere eccezionale.
3.1. Appare evidente, quindi, l’erroneità del richiamo operato dal primo Giudice, poiché in entrambe le fattispecie esaminate dalle citate pronunce l’obbligo di presentazione del modello G.A.P. non era contenuto nella lex specialis e, quindi, veniva in rilievo la diversa questione della eterointegrazione del bando di gara. Al contrario, nell’odierna fattispecie è il disciplinare di gara che impone l’obbligo di presentazione del GAP e, al più, può discutersi se la clausola ivi contenuta sia sufficientemente chiara, senza che i principi consacrati nel mutamento giurisprudenziale de quo risultino sul punto risolutivi. Occorre, pertanto, affrontare le altre censure assorbite nella valutazione operata dal TAR per il Lazio, ritualmente, riproposte in appello con la memoria di costituzione.
4. La premessa sopra operata consente di confrontarsi immediatamente, per disattenderla, con la quarta censura contenuta nel ricorso per motivi aggiunti non esaminata dal primo giudice. Infatti, la clausola contenente l’esclusione dalla gara in ipotesi di non corretta compilazione del modello GAP è prevista dal disciplinare di gara e non dal modello G.A.P., giacché quest’ultimo qualifica come obbligatoria la specificazione del tipo di impresa, in omaggio alle note per la compilazione diffuse dalla prefettura di Agrigento in data 22 maggio 2000. Ma il mancato rispetto dell’obbligo di offrire informazioni veritiere previsto dall’art. 1, comma 4, l. 726/1982, non è punito con l’esclusione dalla procedura di gara, ma con l’arresto da sei mesi ad un anno e la condanna comporta la sospensione dall’albo degli appaltatori (art. 1, comma 6, l. 726/1982). È la stessa giurisprudenza del C.G.A.,richiamata dalla sentenza gravata che boccia il meccanismo di eterointegrazione, a far concludere per l’infondatezza della censura in esame: l’esclusione non si desume né dal dettato legislativo, né dal modello ministeriale, bensì dalla stessa lex specialis.
5. Del pari infondata è la prima censura con la quale l’appellata si duole della mancata indicazione di un interesse pubblico diverso dalla mera violazione del disciplinare di gara in grado di sostenere il provvedimento in autotutela adottato nei confronti dell’aggiudicazione disposta a suo favore. In ordine allo spessore dell’interesse pubblico che deve animare un provvedimento adottato in sede di autotutela, al fine di assicurarne la legittimità, va, infatti, rammentato che esso va raffrontato con la misura raggiunta dal legittimo affidamento del privato in merito alla stabilità e fondatezza del vantaggio raggiunto. Da ciò deriva che l’affidamento deve poggiare (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440; 13 dicembre 2011, n. 6389; 12 febbraio 2010, n. 743, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d) e 120, co. 10, c.p.a.):
a) su di un atto avente carattere definitivo e non precario;
b) sulla convinzione da parte del suo destinatario della legittimità del vantaggio acquisito;
c) sul decorso di un apprezzabile periodo di tempo, che consenta la stabilizzazione dell’utilità portata dal provvedimento favorevole. Nella fattispecie, a parte il primo requisito, giacché la revoca (ma nella fattispecie nonostante il nomen adoperato dalla stazione appaltante si tratta di un annullamento) ha avuto ad oggetto un’aggiudicazione definitiva, gli altri due elementi appaiono carenti. Infatti, il pregresso accoglimento del ricorso in opposizione spiegato dall’odierna appellante ha fornito all’appellata più di un indizio circa la probabile illegittimità dell’aggiudicazione a suo favore. Inoltre, il tempo intercorso appare talmente irrisorio da non consentire di ritenere integrato l’elemento cronologico: il ricorso in opposizione avverso l’aggiudicazione provvisoria dell’8 febbraio 2010 è del 15 febbraio 2010, l’accoglimento del ricorso in opposizione è del 24 febbraio 2010, l’aggiudicazione a favore dell’appellante è del 5 marzo 2010, l’avvio di comunicazione del procedimento in autotutela (imposto dall’ordinanza cautelare del TAR per il Lazio del 27 aprile 2010) è del 24 maggio 2010, la revoca dell’aggiudicazione a favore dell’appellata è del 9 giugno 2010. Da ciò deriva che l’interesse pubblico rappresentato dalla necessità di rispettare le clausole della lex specialis, dalla cui osservanza consegue non solo l’individuazione del miglior contraente, ma anche la tutela della concorrenza nel mercato degli appalti pubblici, appare legittimamente esercitato, perché non viola quei principi di correttezza e buona fede che devono animare l’esercizio del potere di autotutela (C.G.A., 7 novembre 2011, n. 785). Nella fattispecie, infatti, risultano rispettati i limiti imposti dalla legge generale sul procedimento in termini di presenza di un interesse pubblico, ragionevolezza del termine entro il quale è intervenuto l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva, prevalenza dell’interesse pubblico su quello del destinatario dell’atto (Cons. St., Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11).
6. Si può, dunque, passare all’esame della seconda e terza doglianza del gravame per motivi aggiunti spiegato dall’odierna appellata in primo grado. L’esame congiunto delle stesse può essere operato in ragione della stretta correlazione che presentano anche nelle loro sotto articolazioni. Può anticiparsi, al riguardo, che la stazione appaltante non ha male interpretato il punto 9) del disciplinare di gara e che nella fattispecie non poteva intervenire con il cd. soccorso istruttorio per rimediare alla mancanza dell’odierna appellata.
6.1. Quanto alla supposta ambiguità della lex specialis la stessa non può essere affermata, considerato che il disciplinare di gara dispone che nella busta “A-Documentazione” deve essere inserito a pena di esclusione il modello G.A.P., che ai sensi del punto 9) deve essere debitamente compilato e sottoscritto in ogni sua parte. La clausola del disciplinare nella sua portata precettiva, infatti, deve desumersi dalla lettura congiunta di entrambe le previsioni, come si evince agevolmente anche dalla circostanza che è data come alternativa alla presentazione del G.A.P. quella di utilizzare una dichiarazione con sottoscrizione autenticata che specifichi quanto previsto dal modello G.A.P.. Né appare rilevante il richiamo all’attività di impresa operato dal disciplinare di gara e non anche al tipo di impresa, posto che nel diciplinare di gara vi è la espressa indicazione che si tratta di un modello da compilare in tutti i suoi elementi e che, ancor prima, il modello stesso considera anche il tipo di impresa (come gli altri contrassegnati da asterisco) un elemento obbligatorio nella redazione del modello.
6.2. Il carattere non ambiguo della disposizione esclude l’obbligo di adottare un’interpretazione favorevole alla più ampia partecipazione dei concorrenti, tale da non assegnare valenza espulsiva della violazione commessa dalla parte appellata.
6.3. Del pari, non si registra violazione del principio del soccorso istruttorio, né di quello di proporzionalità, tanto anche sulla scorta del rilievo che nell’attuale controversia non può ritenersi operante ratione temporis il dettato del comma 1-bis, dell’art. 46, d.lgs. 163/2006 in tema di tassatività delle clausole di esclusione. Secondo i principi costanti elaborati dalla giurisprudenza amministrativa nella vigenza della pregressa disciplina (cfr. Cons. St., sez. V, n. 4518 del 2012; sez. IV, n. 3925 del 2012; C.G.A., 12 marzo 2012, n. 278; 4 luglio 2011, n. 501; Cons. St., Sez. V, 23 maggio 20111, n. 3077, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d) e 120, co. 10, c.p.a.), si ritiene che nelle gare d'appalto:
a) la richiesta di regolarizzazione non può essere formulata dall'Amministrazione se vale ad integrare documenti che in base a previsioni univoche del bando o della lettera di invito avrebbero dovuto essere prodotte a pena di esclusione;
b) l'omessa allegazione di un documento o di una dichiarazione prescritti a pena di esclusione non può essere integrata o regolarizzata, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali;
c) nelle gare d'appalto di lavori pubblici, va compilato il modello G.A.P. al fine di consentire agli organi preposti un immediato screening delle qualità soggettive delle Imprese partecipanti, in chiave antimafia, e pertanto non occorre che esso sia firmato e datato, mentre tutte le altre indicazioni sono necessarie se e in quanto risultino tali dalla predisposizione del modello, a prescindere dal fatto che il dato omesso possa ricavarsi aliunde dalla documentazione prodotta.
7. L’appello, pertanto, merita di essere accolto, mentre risultano infondate tutte le censure proposte avverso i provvedimenti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti di primo grado e riproposte in questa sede.
8. Nella pluralità, complessità e parziale novità delle questioni affrontate, il collegio ravvisa, a mente del combinato disposto degli artt. 26, co. 1, c.p.a. e 92, co. 2, c.p.c., eccezionali ragioni per l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, sull’appello (Ricorso n. 7511/2012), come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso per motivi aggiunti di primo grado.
Spese compensate per entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Francesco Caringella, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


NOVITA': da oggi sul blog le sottocategorie!


NOVITA'!


Continua l'eterno "restyling" del blog...
Da oggi al lato destro trovate le sottocategorie (AMBIENTE, APPALTI, ENERGIA, etc.) per consultare più velocemente quel che cercate o vi interessa! 
A presto.
FF

AMBIENTE: il principio di precauzione in materia ambientale (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 2013, n. 2425).

AMBIENTE: 
il principio di precauzione in materia ambientale (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 2013, n. 2425)


Massima

Il cd. principio di precauzione, di paternità comunitaria, fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, la sicurezza e l'ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell'applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione; la sua applicazione comporta che ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4429 del 2008, proposto da:
Bergonzoni Guido, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Di Benedetto, con domicilio eletto presso Paolo Bonaiuti in Roma, via Riccardo Grazioli Lante,16; Gennari Stefania, Masi Romano, Morelli Guido, Torti Adolfo, Carli Isabella e Carli Rossella quali eredi di Carli Fausto; 
contro
Comune di Olbia, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
nei confronti di
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente p.t., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SARDEGNA – Cagliari - Sezione II n. 02443/2007, resa tra le parti, concernente diniego concessione in sanatoria – Rigetto dell’opposizione a decreto di perenzione –
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Nicola Di Benedetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
E’ appellata la sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il TAR Sardegna ha respinto l’opposizione avverso decreto di perenzione ultradecennale pronunciato dal Presidente di quel Tribunale.
Dinanzi all’opposizione, incentrata sulla mancata ricezione dell’avviso di presentazione di nuova istanza di fissazione, ex art. 9 l.205/2000, asseritamente causata da un malfunzionamento dell’apparecchio fax del domiciliatario, il TAR ha evidenziato la presunzione di ricezione connessa al rapporto di trasmissione positiva, e rilevato l’insussistenza, nel caso di specie, di una prova tale da superare detta presunzione.
In sede di appello è ora dedotto:
Insufficiente motivazione circa un fatto decisivo ai fini del giudizio. Gli opponenti hanno prodotto in giudizio la dichiarazione dell’avvocato domiciliatario, nonché la fattura relativa alla riparazione del guasto. Il Giudice di prime cure non avrebbe adeguatamente tenuto conto della documentazione probatoria, ed in particolare della dichiarazione del domiciliatario dalla quale poteva evincersi la mancata ricezione di fax per tutto il periodo di gennaio antecedente alla riparazione, poi avvenuta il 18 gennaio 2007.
In sede conclusiva, gli appellanti richiamano a supporto del proprio assunto una recente giurisprudenza del Consiglio di Stato e osservano che, trattandosi della prova di un fatto negativo (mancato funzionamento), un eccessivo rigore si tradurrebbe in una probatiodiabolica.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 febbraio 2013.
L’appello è fondato.
Trattasi di contestazione avente ad oggetto il mancato recapito dell’avviso previsto dall’art 9 della legge 205/2000, finalizzato alla verifica dell’interesse alla prosecuzione del processo nonostante il lungo decorso temporale, avviso propedeutico rispetto alla dichiarazione di perenzione.
La norma, all’epoca vigente, prevedeva che “…a cura della segreteria è notificato alle parti costituite, dopo il decorso di dieci anni dalla data di deposito dei ricorsi, apposito avviso in virtù del quale è fatto onere alle parti ricorrenti di presentare nuova istanza di fissazione d'udienza con la firma delle parti entro sei mesi dalla data di notifica dell'avviso medesimo. I ricorsi per i quali non sia stata presentata nuova domanda di fissazione vengono, dopo il decorso infruttuoso del termine assegnato, dichiarati perenti…..” L’art. 12 della legge n. 205/2000 disponeva inoltre che “il presidente del tribunale può disporre che la notifica del ricorso o di provvedimenti sia effettuata con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o telefax, ai sensi dell’art. 151 del codice di procedura civile”.
A prescindere dall’esistenza di un decreto presidenziale che espressamente autorizzasse alla notifica via fax (circostanza non contestata), giova rilevare che, nel caso di specie, il ricorrente si è semplicemente limitato, nell’ambito del ricorso originario (3338/1996 RG), ad eleggere domicilio presso lo studio dell’avvocato Macis, in Cagliari, ma non ha specificatamente autorizzato l’effettuazione di comunicazioni via fax.
In difetto di un preventivo assenso non può quindi discorrersi di presunzione di ricezione, né tale presunzione è deducibile dalle caratteristiche tecnologiche del mezzo.
L’appellante ha prodotto oltre ad una dichiarazione del domiciliatario in ordine al malfunzionamento dell’apparecchio fax (non in relazione al singolo episodio, ma per tutto il periodo del mese di gennaio), una fattura di avvenuta riparazione, emessa pochi giorni dopo quello di presunta notifica così come risultante dal rapporto di trasmissione in possesso della segreteria TAR. Trattasi invero di documentazione non esaustiva, ma comunque sufficiente a sollevare ragionevoli dubbi sull’effettiva ricezione del fax trasmesso, soprattutto ove si consideri, come già accennato, che una presunzione di ricezione sulla base del rapporto di trasmissione può giustificarsi come tale, solo ove la parte, costituendosi in giudizio, abbia manifestato la disponibilità a ricevere tale comunicazione a mezzo fax, presso una utenza indicata all’uopo.
Alla carenza di consenso non può del resto supplire la funzionalità del mezzo, atteso che il telefax non fornisce alcuna garanzia in ordine al soggetto che materialmente raccoglie l’atto né in ordine alla effettiva leggibilità della copia spedita, in ciò differenziandosi nettamente dalla posta elettronica certificata, che perviene ad una casella di posta elettronica che si presume nella sola disponibilità del destinatario e che certamente consente al medesimo di ricevere una copia integra.
In conclusione può richiamarsi il principio, di recente affermato dalla Sezione VI, per il quale “nei casi di comunicazione dell’avviso di segreteria a mezzo fax, quando manchi il preventivo consenso del destinatario e residui, a fronte di opposizione del ricorrente, il dubbio sull’effettivo conseguimento dello scopo, ossia che l’avviso stesso sia stato non solo inviato ma altresì ricevuto si rende necessaria la reiscrizione della causa sul ruolo” (cfr. Consiglio di Stato, Sez VI, 4 luglio 2012, n. 3909).
In conclusione l’appello è accolto, così come, in riforma della sentenza gravata, è accolta l’opposizione avverso il decreto di perenzione. La causa è rimessa al giudice di primo grado a norma dell’art. 105 cod. proc. amm., affinché sia deciso il ricorso di primo grado.
Le spese della presente fase del giudizio possono essere compensate, avuto riguardo alla peculiarità dell’oggetto e delle questioni trattate.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza gravata, rimette la causa al TAR per la Sardegna per la reiscrizione a ruolo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Andrea Migliozzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

giovedì 30 maggio 2013

MOBILITA': ZTL (a San Giovanni Rotondo) e principio di probabilità (T.A.R. Puglia, Sez. II, sentenza 24 maggio 2013 n. 843).


MOBILITA': 
ZTL  (a San Giovanni Rotondo)
e principio di probabilità 
(T.A.R. Puglia, Sez. II, sentenza 24 maggio 2013 n. 843)


Massima

1. La ZTL è espressione di lungimirante amministrazione e come tale è, addirittura, doverosa.
Diversa questione è se le sue specifiche prescrizioni siano opportune (ma ogni questione sul punto esula dal sindacato di questo Giudice) o legittime perché ragionevoli e rispettose del principio di proporzionalità.
E’ esattamente questo il punto nodale della decisione e su ciò deve appuntarsi l’attenzione del Collegio, chiamato a pronunciarsi su una delibera del Comune di San Giovanni Rotondo che impone il pass ai bus turistici sa e verso i siti alberghieri.
2.  A tal fine occorre muovere proprio dal principio di proporzionalità.
Esso si sostanzia nella coerenza e congruità tra mezzi (o azioni positive della p.a.) e finalità da raggiungere.
In merito a ciò, occorre subito chiarire che più che ragionevole è la previsione, contenuta nelle disposizioni della delibera impugnata, di richiedere la documentazione (mediante esibizione di voucher o attestazione del gestore dell’albergo) della prenotazione nella struttura cui si pretende di accedere con il pulmann.
Tale prescrizione è chiaramente funzionale a esigenze di controllo, al fine di evitare che vi possano essere appesantimenti del traffico veicolare da parte di pulmann privi di una meta predeterminata o in mero transito di attraversamento del centro cittadino.
Tanto chiarito, la interpretazione complessiva della delibera evidenzia che l’intento perseguito è quello di consentire l’accesso ai mezzi di trasporto diretti a strutture di ristoro (ristoranti o alberghi) purché già prenotati (lo dimostra la previsione di pass che consentono l’accesso ai ristoranti, per il solo tempo di consumazione del pasto).
Si vuole per ciò evitare, chiaramente, un turismo “esplorativo” che implica maggior disordine nella circolazione, rendendola insostenibile.
Tuttavia, proprio la previsione dei pass “R” di accesso ai ristoranti (dalle 12,00 alle 15,00) evidenzia che la finalità perseguita non coincide con quella di assecondare un turismo di durata minima (almeno una giornata con pernottamento), perché altrimenti tali pass di accesso non troverebbero giustificazione, essendo evidentemente destinati ad un accesso anche infragiornaliero.
3.  La ZTL, pertanto, ammette già, tra le sue previsioni un accesso per un particolare tipo di turismo definibile “diurno”.
Se così è, non trova giustificazione la previsione di pass solo per gli alberghi che offrano il pernottamento e non anche per quelli che offrano servizi diurni, purché dimostrati da regolare voucher (o altro documento giustificativo che il Comune ritenga equipollente).
E’ sotto tali limitati aspetti che la delibera si manifesta lesiva del principio di proporzionalità e va, per tale parte, pertanto, annullata.
Nessuna violazione degli anzidetti principi si rinviene, invece, in ordine, alle previsioni del pass di tipo “R”.
La istituzione dell’accesso controllato, come già detto, supera ampiamente il vaglio di legittimità e la specifica previsione di un tempo limitato supera, comunque, quello di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto il tempo di permanenza ammesso nella struttura di ristoro è del tutto congruo per le esigenze di consumazione del pasto.
4. Il ricorso va, pertanto, parzialmente accolto con conseguente annullamento della delibera della Giunta del Comune di San Giovanni Rotondo nella parte in cui non consente l’accesso ai servizi alberghieri, comprovati da effettiva prenotazione, benché solo diurni.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1432 del 2012, proposto da:
Gaggiano Lucia (in qualità di imprenditore titolare dell’Hotel Gaggiano) e Frabbrini Paola (in qualità di imprenditore titolare dell’Hotel Le Terrazze Sul Gargano), rappresentate e difese dall'avv. Fabrizio Lofoco, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Pasquale Fiore, n. 14; 
contro
Comune di San Giovanni Rotondo,in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Augello, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Gianluca Nocco in Bari, via Piccinni n. 128; 
per l'annullamento
- della deliberazione della Giunta comunale del comune di San Giovanni Rotondo n. 145 del 21 giugno 2012, pubblicata nell’albo pretorio dal 22 giugno 2012 per 15 giorni consecutivi e divenuta esecutiva il 1° luglio 2012;
- della circolare prot. 21586 del 6 settembre 2012, avente ad oggetto “sintesi disciplina di funzionamento della z.t.l. per bus turistici”, a firma dell’Assessore ai parcheggi;
- di ogni altro atto precedente, seguente e comunque connesso a detta delibera, ancorché non conosciuto;
nonché per l’accertamento del diritto
- delle società ricorrenti a ricevere clienti giunti in pulmann anche se costoro non ritengono di pernottare in albergo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di San Giovanni Rotondo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Fabrizio Lofoco e avv. Giovanni Augello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Le titolari degli alberghi indicati in epigrafe, in qualità di imprenditori turistici operanti in San Giovanni Rotondo, impugnano la delibera indicata in oggetto con cui il Comune, per esigenze di ordinata regolamentazione del traffico cittadino, ha reiterato e ridisciplinato la ZTL (zona a traffico limitato), prevedendo (per la parte che qui interessa) la consegna ed utilizzo di appositi pass, da ritirare in un check- point pubblico ( definito di scambio, denominato “pozzo cavo” ed attrezzato alla ricezione e smistamento di mezzi e passeggeri) che consentono, ai pulmann turistici, il transito nella ZTL da e per le strutture turistiche ricettive.
Contestano in particolare le previsioni della delibera n.145/2012 nella parte in cui, prevedono i predetti pass di tipologia “HP” e “H” che consentono, nello specifico, l’accesso alle strutture ricettive stesse (alberghi, rispettivamente dotati o meno di autorimessa) solo laddove i turisti debbano ivi pernottare.
Deducono, in particolare – ed in questo è il nucleo delle doglianze- che la limitazione dell’accesso alle sole ipotesi di gruppi turistici pernottanti, con esclusione, dunque, di quelli che non si trattengano per la notte, ma fruiscono degli alberghi con la formula “day use”, costituirebbe una impropria ed ingiustificata - e per ciò irragionevole- limitazione.
Allegano, in estrema sintesi, la violazione non solo della normativa di settore che presiede all’istituzione delle ZTL, individuandone i presupposti (in questo caso asseritamente carenti), ma anche del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
Lamentano, inoltre, e sotto altro profilo, la ulteriore forte penalizzazione derivante anche dalla previsione del pass tipo “R” destinato ai ristoranti privi di parcheggio: esso consente l’accesso alla ZTL solo per i passeggeri diretti ad un ristorante con una stringente limitazione oraria (dalle 12,00 alle 15,00).
Dopo l’iniziale reiezione dell’istanza cautelare, il ricorso, è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 26.3.2013.
Il percorso argomentativo seguito dalla Sezione non può che prendere le mosse dalle difese del Comune che ribadisce la necessità e la appropriatezza della ZTL, sostanzialmente imposta dall’imponente afflusso di turisti (devoti di S. Pio da Pietralcina) e pazienti della Casa di sollievo della sofferenza (Istituto di cura sorto in analogo ambito religioso) in un centro, come quello di S. Giovanni Rotondo, di piccole dimensioni e, di fatto, sottodimensionato, per le proprie caratteristiche urbanistiche e viarie (peraltro, non modificabili a causa della situazione dei luoghi), rispetto all’imponente presenza di non residenti.
Insiste, pertanto, nella assoluta necessità di disporre un ordinato assetto del traffico per garantire i requisiti minimi di ordine viario ed ambientale, imposti da un decorosa qualità della vita.
Le deduzioni comunali, sono, in linea di principio del tutto condivisibili e consentono a questo punto di focalizzare esattamente le questioni sottoposte all’esame della Sezione.
Occorre, infatti, distinguere tra ragionevolezza e legittimità della complessiva istituzione della ZTL e ragionevolezza e legittimità delle sue specifiche prescrizioni.
In ordine al primo aspetto deve chiarirsi che ricorrono, senz’altro, i presupposti per la istituzione della ZTL.
Lo dimostrano le pregresse delibere istitutive della stessa (non istituita ex novo, ma solo reiterata, con la delibera in esame, benché con modifiche rispetto alle preesistenti previsioni) che, nella parte in cui prendono atto della corposa affluenza turistica, possono dirsi un dato acquisito, in punto di fatto, e inoppugnabile, in punto di diritto.
Lo dimostra, ancora, il raffronto tra le dimensioni e la struttura dell’insediamento cittadino e la presenza, nonché il movimento, di pellegrini e pazienti.
Dati, questi, di tale pacifica evidenza, da potersi inquadrare nel notorio.
Conclusivamente la ZTL è espressione di lungimirante amministrazione e, addirittura, doverosa.
Diversa questione è se le sue specifiche prescrizioni siano opportune (ma ogni questione sul punto esula dal sindacato di questo Giudice) o legittime perché ragionevoli e rispettose del principio di proporzionalità.
E’ esattamente questo il punto nodale della decisione e su ciò deve appuntarsi l’attenzione del Collegio.
A tal fine occorre muovere proprio dal principio di proporzionalità.
Esso si sostanzia nella coerenza e congruità tra mezzi (o azioni positive della p.a.) e finalità da raggiungere.
In merito a ciò, occorre subito chiarire che più che ragionevole è la previsione, contenuta nelle disposizioni della delibera impugnata, di richiedere la documentazione (mediante esibizione di voucher o attestazione del gestore dell’albergo) della prenotazione nella struttura cui si pretende di accedere con il pulmann.
Tale prescrizione è chiaramente funzionale a esigenze di controllo, al fine di evitare che vi possano essere appesantimenti del traffico veicolare da parte di pulmann privi di una meta predeterminata o in mero transito di attraversamento del centro cittadino.
Tanto chiarito, la interpretazione complessiva della delibera evidenzia che l’intento perseguito è quello di consentire l’accesso ai mezzi di trasporto diretti a strutture di ristoro (ristoranti o alberghi) purché già prenotati (lo dimostra la previsione di pass che consentono l’accesso ai ristoranti, per il solo tempo di consumazione del pasto).
Si vuole per ciò evitare, chiaramente, un turismo “esplorativo” che implica maggior disordine nella circolazione, rendendola insostenibile.
Tuttavia, proprio la previsione dei pass “R” di accesso ai ristoranti (dalle 12,00 alle 15,00) evidenzia che la finalità perseguita non coincide con quella di assecondare un turismo di durata minima (almeno una giornata con pernottamento), perché altrimenti tali pass di accesso non troverebbero giustificazione, essendo evidentemente destinati ad un accesso anche infragiornaliero.
La ZTL, pertanto, ammette già, tra le sue previsioni un accesso per un particolare tipo di turismo definibile “diurno”.
Se così è, non trova giustificazione la previsione di pass solo per gli alberghi che offrano il pernottamento e non anche per quelli che offrano servizi diurni, purché dimostrati da regolare voucher (o altro documento giustificativo che il Comune ritenga equipollente).
E’ sotto tali limitati aspetti che la delibera si manifesta lesiva del principio di proporzionalità e va, per tale parte, pertanto, annullata.
Nessuna violazione degli anzidetti principi si rinviene, invece, in ordine, alle previsioni del pass di tipo “R”.
La istituzione dell’accesso controllato, come già detto, supera ampiamente il vaglio di legittimità e la specifica previsione di un tempo limitato supera, comunque, quello di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto il tempo di permanenza ammesso nella struttura di ristoro è del tutto congruo per le esigenze di consumazione del pasto.
Il ricorso va, pertanto, parzialmente accolto con conseguente annullamento della delibera della Giunta del Comune di San Giovanni Rotondo n. 145/2012 nella parte in cui non consente l’accesso ai servizi alberghieri, comprovati da effettiva prenotazione, benché solo diurni.
Analoga sorte spetta alla circolare esplicativa indicata in epigrafe.
La reciproca soccombenza impone la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente e per l’effetto annulla la delibera di G.C. del Comune di S. Giovanni Rotondo n. 145/2012, nonché la circolare esplicativa indicata in epigrafe, nei limiti precisati in motivazione.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 marzo e 16 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)