PROCEDIMENTO:
il principio del legittimo affidamento
(Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2013, n. 2603)
Massima
1. In ordine allo spessore dell’interesse pubblico che deve animare un provvedimento adottato in sede di autotutela, al fine di assicurarne la legittimità, va, infatti, rammentato che esso va raffrontato con la misura raggiunta dal legittimo affidamento del privato in merito alla stabilità e fondatezza del vantaggio raggiunto. Da ciò deriva che l’affidamento deve poggiare (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440; 13 dicembre 2011, n. 6389; 12 febbraio 2010, n. 743, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d) e 120, co. 10, c.p.a.):
a) su di un atto avente carattere definitivo e non precario;
b) sulla convinzione da parte del suo destinatario della legittimità del vantaggio acquisito;
c) sul decorso di un apprezzabile periodo di tempo, che consenta la stabilizzazione dell’utilità portata dal provvedimento favorevole.
2. Nella fattispecie, a parte il primo requisito, giacché la revoca (ma nella fattispecie nonostante il nomen adoperato dalla stazione appaltante si tratta di un annullamento) ha avuto ad oggetto un’aggiudicazione definitiva, gli altri due elementi appaiono carenti.
Infatti, il pregresso accoglimento del ricorso in opposizione spiegato dall’odierna appellante ha fornito all’appellata più di un indizio circa la probabile illegittimità dell’aggiudicazione a suo favore.
Inoltre, il tempo intercorso appare talmente irrisorio da non consentire di ritenere integrato l’elemento cronologico: il ricorso in opposizione avverso l’aggiudicazione provvisoria dell’8 febbraio 2010 è del 15 febbraio 2010, l’accoglimento del ricorso in opposizione è del 24 febbraio 2010, l’aggiudicazione a favore dell’appellante è del 5 marzo 2010, l’avvio di comunicazione del procedimento in autotutela (imposto dall’ordinanza cautelare del TAR per il Lazio del 27 aprile 2010) è del 24 maggio 2010, la revoca dell’aggiudicazione a favore dell’appellata è del 9 giugno 2010. Da ciò deriva che l’interesse pubblico rappresentato dalla necessità di rispettare le clausole della lex specialis, dalla cui osservanza consegue non solo l’individuazione del miglior contraente, ma anche la tutela della concorrenza nel mercato degli appalti pubblici, appare legittimamente esercitato, perché non viola quei principi di correttezza e buona fede che devono animare l’esercizio del potere di autotutela (C.G.A., 7 novembre 2011, n. 785).
3. In definitiva, Nella fattispecie, infatti, risultano rispettati i limiti imposti dalla legge generale sul procedimento in termini di presenza di un interesse pubblico, ragionevolezza del termine entro il quale è intervenuto l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva, prevalenza dell’interesse pubblico su quello del destinatario dell’atto (Cons. St., Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7511 del 2012,
proposto da:
Infrater S.r.l. in proprio e quale Capogruppo Mandataria dell’A.T.I. con IGM
S.r.l.., IGM S.r.l. in prorpio e quale mandante dell’A.T.I. con Infrater S.r.l.
, rappresentate e difese dagli avvocati Michele Amatruda e Luigi Muraca, con
domicilio eletto presso Antonella Martufi in Roma, via Giulia 16
contro
Framich Srl in proprio e quale Capogruppo dell’A.T.I.
con Airtecnica S.r.l. , rappresentata e difesa dagli avvocati Marianna Capizzi
e Antonio Bivona, con domicilio eletto presso Antonino Barletta in Roma, piazza
Margana 29;
nei confronti di
Comune di Agrigento, rappresentato e difeso
dall'avvocato Marco Giglio, con domicilio eletto presso Federica Casagni in
Roma, via Trionfale. 21;
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura
generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma - Sezione II ter,
n. 7872 del 18 settembre 2012, resa tra le parti, concernente aggiudicazione
della gara indetta a procedura aperta per l'affidamento in appalto dei lavori
di manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione di proprietà comunale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della
società Framich in proprio e nella qualità di capogruppo del R.T.I. costituendo
con Airtecnica s.r.l., (in prosieguo ditta Framich) del Comune di Agrigento e
del Ministero dell'interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile
201 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati
Muraca, Barletta, per delega dell'Avvocato Bivona, Amatruda anche per delega
dell'Avvocato Giglio, e Urbani Neri dell'Avvocatura generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
1. L’odierno gravame ha ad oggetto la richiesta di
riforma della sentenza n. 7872/2012 del Tar per il Lazio, che ha accolto il
ricorso proposto dalla Framich s.r.l., avverso gli atti infra specificati
adottati dal Comune di Agrigento nell’ambito della procedura aperta per
l’affidamento in appalto dei “Lavori a contratto aperto di manutenzione degli
impianti di pubblica illuminazione di proprietà comunale – periodo Gennaio 2010
Dicembre 2011”, con importo a base d’asta pari ad €. 1.188.066,15 oltre €.
41.217,05 per oneri per la sicurezza.
2. L’appellante Società Infrater s.r.l. proponeva
ricorso in opposizione avverso l’aggiudicazione a favore della Framich s.r.l.,
evidenziando la non corretta compilazione del modello G.A.P. da parte
dell’originaria ricorrente e conseguentemente la violazione del punto 9) del
disciplinare di gara. A seguito dell’accoglimento della menzionata opposizione
la stazione appaltante annullava l’aggiudicazione a favore dell’odierna appellata
e provvedeva alla nuova aggiudicazione a favore dell’odierna appellante.
2.1. Proponeva ricorso giurisdizionale la Framich
s.r.l. con il quale chiedeva l’annullamento:
a) della nota del Comune di Agrigento di cui al prot.
n. 1401/i del 24.2.2010;
b) del verbale della gara in data 5.3.2010;
c) della successiva aggiudicazione definitiva;
d) dell’eventuale contratto eventualmente stipulato
nelle more del quale chiedeva la dichiarazione di nullità e inefficacia;
e) dei modelli comuni di compilazione G.A.P. approvati
dal Ministero dell’interno.
Avanzava, inoltre, richiesta risarcitoria.
2.1. Successivamente, con ricorsi per motivi aggiunti,
avanzava domanda di annullamento:
a) della nota del R.U.P. n. 30980 del 24.5.2010, con
la quale, dato atto della tardività del ricorso in opposizione presentato dalla
Infrater s.r.l., si comunicava l’avvio del contestuale procedimento di revoca
in autotutela dell’aggiudicazione definitiva in favore della Framich e di
riaggiudicazione della gara in favore della Infrater s.r.l. come già disposto
con il verbale di gara rep. 743 del 5.2.2010;
b) del conseguente verbale della Commissione di gara
del 9.6.2010.
2.3. In sede di appello cautelare il Consiglio di
Stato con ordinanza n. 4312/2010, preceduta dal decreto presidenziale n.
3877/2010, valutando eccessiva l’esclusione dalla gara della ricorrente per
aver omesso sul modello GAP l’indicazione del tipo di impresa, anche in
considerazione della equivocità sul punto della disciplina di gara, accoglieva
l’istanza cautelare disattesa dal primo giudice con ordinanza n. 3320/2010.
3. Il TAR per il Lazio, dato atto dell’improcedibilità
per difetto di interesse del ricorso introduttivo per il superamento
dell’originario provvedimento di esclusione da parte del successivo provvedimento
di autotutela, accoglieva il ricorso per motivi aggiunti e respingeva la
richiesta risarcitoria.
3.1. A giudizio del TAR l’esclusione fondata sulla
sola circostanza della mancata corretta compilazione del modello G.A.P. in
tutti i campi segnalati, con particolare riguardo al campo relativo
all’indicazione del tipo di impresa, non sarebbe legittima in ragione delle
considerazioni sposate da un nuovo orientamento giurisprudenziale. Il C.G.A.
siciliano, infatti, con le pronunce nn. 814/2011 e 76/2012, avrebbe rimeditato
la questione, anche alla luce delle sopravvenienze normative in materia, ai
fini di assicurare il rispetto dei principi di semplicità ed affidamento nelle
gare pubbliche.
4. Ha proposto appello la Società Infrater s.r.l.
articolando i seguenti mezzi avverso la pronuncia del giudice di primo grado:
a) l’inserimento del comma 1-bis nell’art.
46, d.lgs. 163/2006, non può tradursi in un’elusione della funzione del modello
GAP;
b) le sopravvenienze normative intervenute in materia
dopo il d.l. 629/1982 non sono tali da scalfire il dettato del comma 5
dell’art. 1 del citato d.l., specie se si pensi alla diversità dei casi
vagliati dalla giurisprudenza del C.G.A. richiamata dalla pronuncia gravata,
questo perché nella fattispecie non si registra una difformità tra il G.A.P. ed
il modello ministeriale, ma una non corretta compilazione dello stesso. In
questo senso sarebbero illuminanti i richiami al parere n. 154/2007
dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che ribadisce
l’importanza del modello G.A.P. ed al parere del 7 febbraio 2011 dell’Autorità
per la vigilanza sui contratti pubblici, che precisa come l’esclusione non
possa essere disposta solo in presenza di clausola del bando ambigua in ordine
all’omessa presentazione del G.A.P. e non la sua scorretta compilazione e dei
limiti in cui può operare la stazione appaltante con il cd. soccorso
istruttorio;
c) corretta appare l’interpretazione della lex
specialis da parte della stazione appaltante stante la chiarezza del
suo dettato;
d) non può invocarsi il soccorso istruttorio ex art.
46, d.lgs. 163/2006, perché si violerebbe il principio di par condicio;
e) il punto 9) del disciplinare di gara contiene una
clausola espulsiva nell’ipotesi di scorretta compilazione del modello G.A.P.,
né può ritenersi che la desumibilità aliunde delle
informazioni omesse ne sterilizzi l’efficacia.
5. In data 2 novembre 2012 si è costituito il
Ministero dell’Interno.
6. In data 8 novembre 2012 si è costituita la Framich
s.r.l., concludendo per la conferma della sentenza gravata, e riproponendo
quattro doglianze del ricorso per motivi aggiunti di primo grado, assorbite
dalla sentenza gravata.
6.1. La prima censura assorbita riguarda la mancata
enucleazione da parte della stazione appaltante di un interesse pubblico, che
non si riduca al mero difetto di compilazione del modello GAP, idoneo a
sorreggere il provvedimento adottato in autotutela.
6.2. La seconda e terza doglianza del gravame per
motivi aggiunti, sulle quali il TAR ha omesso di pronunciarsi, sono tra loro
correlate e si articolano più in dettaglio:
a) nella violazione del punto 9) del disciplinare di
gara, che non sarebbe stato correttamente interpretato dalla stazione
appaltante, in quanto l’espulsione potrebbe conseguire solo alla mancata
specificazione dell’attività di impresa, ma non di quella relativa al tipo di
impresa;
b) nell’erronea applicazione dei principi che regolano
i contratti pubblici, in quanto lo stesso punto 9) del disciplinare di gara si
presenterebbe come ambiguo, tanto da imporre una sua interpretazione diversa da
quella sposata dall’amministrazione comunale e, quindi, in senso favorevole ad
un’ampia partecipazione dei concorrenti;
c) nella violazione del principio del soccorso
istruttorio e dei criteri di proporzionalità amministrativa. L’art. 46, comma
1, d.lgs. 163/2006, specie in considerazione del fatto che l’elemento omesso
risulta desumibile dall’altra documentazione depositata, avrebbe imposto alla
stazione appaltante di chiedere un’integrazione e/o regolarizzazione della documentazione
che:
I) sarebbe avvenuta senza alcuna violazione del
principio di par condicio;
II) avrebbe avuto ad oggetto un requisito di
partecipazione e non l’offerta;
III) non avrebbe superato il limite degli elementi
essenziali.
6.4. La quarta censura assorbita concerne l’assenza
nel modello G.A.P. ministeriale di una previsione secondo la quale il mancato
contrassegno di alcuni campi possa condurre all’esclusione del concorrente e
l’eventuale illegittimità del modello stesso, qualora si ritenesse che una sua
scorretta interpretazione conduca a tale conclusione.
7. In data 26 marzo 2013 si è costituito in giudizio
il Comune di Agrigento sottolineando:
a) l’erroneità del ragionamento compiuto da primo
Giudice attesa l’inconferenza delle sentenze poste a base dell’accoglimento del
ricorso proposto dall’odierna appellata, poiché il revirement della
giurisprudenza amministrativa siciliana avrebbe ad oggetto la differente
ipotesi della cd. eterointegrazione della lex specialis da
parte della disciplina legislativa in materia di GAP;
b) la mancata impugnazione da parte dell’appellata
delle clausole della lex specialis;
c) l’impossibilità di applicare ratione
temporis il comma 1-bis dell’art. 46 d.lgs. 163/2006;
d) la natura vincolata dei provvedimenti di espulsione
da una gara d’appalto rispetto ad una clausola del bando che indica le modalità
di presentazione dei documenti a pena di esclusione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e merita di essere accolto.
2. Preliminarmente, va delimitato il thema
decidendi che si snoda attraverso l’impugnazione dei provvedimenti
indicati nella parte in fatto sub 2.1., rimarcando, pertanto, che tra questi
non può essere annoverata la lex specialis del bando. Da ciò
deriva che nei confronti della previsione contenuta nei confronti del punto 9
del disciplinare di gara non è possibile esaminare alcuna censura di
legittimità, che l’abbia ad oggetto, ma solo le censure di legittimità che si
risolvono in una non corretta applicazione dei precetti ivi contenuti. Inoltre
non è stato proposto appello incidentale avverso la sentenza gravata nella
parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo del
giudizio di primo grado. Sicché vanno esaminati l’appello principale e le doglianze
assorbite contenute nel ricorso per motivi aggiunti proposto dalla parte
appellata dinanzi al TAR per il Lazio.
3. Erronea si presenta la ricostruzione giuridica
operata dal TAR per il Lazio, in quanto non corretto è il richiamo alle
pronunce del C.G.A. siciliano nn. 814/2011 e 76/2012, che enunciano un
principio di diritto che non può essere applicato nell’odierna fattispecie
stante la diversità fattuale, che la caratterizza. Infatti, le citate pronunce
innovano i precedenti approdi giurisprudenziali nella misura in cui escludono
che ricorra l’obbligo per le imprese concorrenti di presentare il modello
G.A.P., se tale adempimento non è prescritto dal bando di gara. Nelle
fattispecie poste all’esame del C.G.A. viene in rilievo la diversa questione della
possibile eterointegrazione del bando di gara con la previsione imperativa, ivi
non contenuta, dell’obbligo di presentare il modello GAP. Con le sentenze n.
814/11 e n. 76/2012 del CGA si assiste ad un mutamento dell’indirizzo
giurisprudenziale precedente favorevole a tale meccanismo di implementazione
delle clausole espulsive del bando di gara in relazione al GAP. Le ragioni di
questo mutato orientamento risiedono:
a) nell’esigenza di tutela dell’affidamento del
concorrente e della semplificazione delle procedure di gara, sulla scia della
introduzione del comma 1 bis nell'art. 46 D.L.vo 12 aprile
2006 n. 163, che dispone la tassatività delle clausole di esclusione (norma
quest’ultima non applicabile ratione temporis, né all’odierna
fattispecie, né a quello vagliata dal C.G.A.);
b) nella mancanza nel dettato legislativo di una
chiara previsione di esclusione in caso di mancata produzione del modello
G.A.P., a fronte, invece, della presenza di espresse e differenti sanzioni di
natura penale ed amministrativa;
c) nella necessità di offrire un’interpretazione
restrittiva dell’art. 1, l. 726/1982, in quanto norma di carattere eccezionale.
3.1. Appare evidente, quindi, l’erroneità del richiamo
operato dal primo Giudice, poiché in entrambe le fattispecie esaminate dalle
citate pronunce l’obbligo di presentazione del modello G.A.P. non era contenuto
nella lex specialis e, quindi, veniva in rilievo la diversa
questione della eterointegrazione del bando di gara. Al contrario, nell’odierna
fattispecie è il disciplinare di gara che impone l’obbligo di presentazione del
GAP e, al più, può discutersi se la clausola ivi contenuta sia sufficientemente
chiara, senza che i principi consacrati nel mutamento giurisprudenziale de
quo risultino sul punto risolutivi. Occorre, pertanto, affrontare le
altre censure assorbite nella valutazione operata dal TAR per il Lazio,
ritualmente, riproposte in appello con la memoria di costituzione.
4. La premessa sopra operata consente di confrontarsi
immediatamente, per disattenderla, con la quarta censura contenuta nel ricorso
per motivi aggiunti non esaminata dal primo giudice. Infatti, la clausola
contenente l’esclusione dalla gara in ipotesi di non corretta compilazione del
modello GAP è prevista dal disciplinare di gara e non dal modello G.A.P.,
giacché quest’ultimo qualifica come obbligatoria la specificazione del tipo di
impresa, in omaggio alle note per la compilazione diffuse dalla prefettura di
Agrigento in data 22 maggio 2000. Ma il mancato rispetto dell’obbligo di
offrire informazioni veritiere previsto dall’art. 1, comma 4, l. 726/1982, non
è punito con l’esclusione dalla procedura di gara, ma con l’arresto da sei mesi
ad un anno e la condanna comporta la sospensione dall’albo degli appaltatori
(art. 1, comma 6, l. 726/1982). È la stessa giurisprudenza del
C.G.A.,richiamata dalla sentenza gravata che boccia il meccanismo di
eterointegrazione, a far concludere per l’infondatezza della censura in esame:
l’esclusione non si desume né dal dettato legislativo, né dal modello
ministeriale, bensì dalla stessa lex specialis.
5. Del pari infondata è la prima censura con la quale
l’appellata si duole della mancata indicazione di un interesse pubblico diverso
dalla mera violazione del disciplinare di gara in grado di sostenere il
provvedimento in autotutela adottato nei confronti dell’aggiudicazione disposta
a suo favore. In ordine allo spessore dell’interesse pubblico che deve animare
un provvedimento adottato in sede di autotutela, al fine di assicurarne la
legittimità, va, infatti, rammentato che esso va raffrontato con la misura
raggiunta dal legittimo affidamento del privato in merito alla stabilità e
fondatezza del vantaggio raggiunto. Da ciò deriva che l’affidamento deve
poggiare (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. V, 3 agosto 2012,
n. 4440; 13 dicembre 2011, n. 6389; 12 febbraio 2010, n. 743, cui si rinvia a
mente del combinato disposto degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d) e 120, co.
10, c.p.a.):
a) su di un atto avente carattere definitivo e non
precario;
b) sulla convinzione da parte del suo destinatario
della legittimità del vantaggio acquisito;
c) sul decorso di un apprezzabile periodo di tempo,
che consenta la stabilizzazione dell’utilità portata dal provvedimento
favorevole. Nella fattispecie, a parte il primo requisito, giacché la revoca
(ma nella fattispecie nonostante il nomen adoperato dalla
stazione appaltante si tratta di un annullamento) ha avuto ad oggetto
un’aggiudicazione definitiva, gli altri due elementi appaiono carenti. Infatti,
il pregresso accoglimento del ricorso in opposizione spiegato dall’odierna
appellante ha fornito all’appellata più di un indizio circa la probabile
illegittimità dell’aggiudicazione a suo favore. Inoltre, il tempo intercorso
appare talmente irrisorio da non consentire di ritenere integrato l’elemento cronologico:
il ricorso in opposizione avverso l’aggiudicazione provvisoria dell’8 febbraio
2010 è del 15 febbraio 2010, l’accoglimento del ricorso in opposizione è del 24
febbraio 2010, l’aggiudicazione a favore dell’appellante è del 5 marzo 2010,
l’avvio di comunicazione del procedimento in autotutela (imposto dall’ordinanza
cautelare del TAR per il Lazio del 27 aprile 2010) è del 24 maggio 2010, la
revoca dell’aggiudicazione a favore dell’appellata è del 9 giugno 2010. Da ciò
deriva che l’interesse pubblico rappresentato dalla necessità di rispettare le
clausole della lex specialis, dalla cui osservanza consegue non
solo l’individuazione del miglior contraente, ma anche la tutela della
concorrenza nel mercato degli appalti pubblici, appare legittimamente esercitato,
perché non viola quei principi di correttezza e buona fede che devono animare
l’esercizio del potere di autotutela (C.G.A., 7 novembre 2011, n. 785). Nella
fattispecie, infatti, risultano rispettati i limiti imposti dalla legge
generale sul procedimento in termini di presenza di un interesse pubblico,
ragionevolezza del termine entro il quale è intervenuto l’annullamento
dell’aggiudicazione definitiva, prevalenza dell’interesse pubblico su quello
del destinatario dell’atto (Cons. St., Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11).
6. Si può, dunque, passare all’esame della seconda e
terza doglianza del gravame per motivi aggiunti spiegato dall’odierna appellata
in primo grado. L’esame congiunto delle stesse può essere operato in ragione
della stretta correlazione che presentano anche nelle loro sotto articolazioni.
Può anticiparsi, al riguardo, che la stazione appaltante non ha male
interpretato il punto 9) del disciplinare di gara e che nella fattispecie non
poteva intervenire con il cd. soccorso istruttorio per rimediare alla mancanza
dell’odierna appellata.
6.1. Quanto alla supposta ambiguità della lex
specialis la stessa non può essere affermata, considerato che il
disciplinare di gara dispone che nella busta “A-Documentazione” deve essere
inserito a pena di esclusione il modello G.A.P., che ai sensi del punto 9) deve
essere debitamente compilato e sottoscritto in ogni sua parte. La clausola del
disciplinare nella sua portata precettiva, infatti, deve desumersi dalla
lettura congiunta di entrambe le previsioni, come si evince agevolmente anche
dalla circostanza che è data come alternativa alla presentazione del G.A.P.
quella di utilizzare una dichiarazione con sottoscrizione autenticata che
specifichi quanto previsto dal modello G.A.P.. Né appare rilevante il richiamo
all’attività di impresa operato dal disciplinare di gara e non anche al tipo di
impresa, posto che nel diciplinare di gara vi è la espressa indicazione che si
tratta di un modello da compilare in tutti i suoi elementi e che, ancor prima,
il modello stesso considera anche il tipo di impresa (come gli altri
contrassegnati da asterisco) un elemento obbligatorio nella redazione del
modello.
6.2. Il carattere non ambiguo della disposizione
esclude l’obbligo di adottare un’interpretazione favorevole alla più ampia
partecipazione dei concorrenti, tale da non assegnare valenza espulsiva della
violazione commessa dalla parte appellata.
6.3. Del pari, non si registra violazione del
principio del soccorso istruttorio, né di quello di proporzionalità, tanto anche
sulla scorta del rilievo che nell’attuale controversia non può ritenersi
operante ratione temporis il dettato del comma 1-bis,
dell’art. 46, d.lgs. 163/2006 in tema di tassatività delle clausole di
esclusione. Secondo i principi costanti elaborati dalla giurisprudenza
amministrativa nella vigenza della pregressa disciplina (cfr. Cons. St., sez.
V, n. 4518 del 2012; sez. IV, n. 3925 del 2012; C.G.A., 12 marzo 2012, n. 278;
4 luglio 2011, n. 501; Cons. St., Sez. V, 23 maggio 20111, n. 3077, cui si
rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d) e
120, co. 10, c.p.a.), si ritiene che nelle gare d'appalto:
a) la richiesta di regolarizzazione non può essere
formulata dall'Amministrazione se vale ad integrare documenti che in base a previsioni
univoche del bando o della lettera di invito avrebbero dovuto essere prodotte a
pena di esclusione;
b) l'omessa allegazione di un documento o di una
dichiarazione prescritti a pena di esclusione non può essere integrata o
regolarizzata, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali;
c) nelle gare d'appalto di lavori pubblici, va
compilato il modello G.A.P. al fine di consentire agli organi preposti un
immediato screening delle qualità soggettive delle Imprese
partecipanti, in chiave antimafia, e pertanto non occorre che esso sia firmato
e datato, mentre tutte le altre indicazioni sono necessarie se e in quanto
risultino tali dalla predisposizione del modello, a prescindere dal fatto che
il dato omesso possa ricavarsi aliunde dalla documentazione
prodotta.
7. L’appello, pertanto, merita di essere accolto,
mentre risultano infondate tutte le censure proposte avverso i provvedimenti
impugnati con il ricorso per motivi aggiunti di primo grado e riproposte in
questa sede.
8. Nella pluralità, complessità e parziale novità
delle questioni affrontate, il collegio ravvisa, a mente del combinato disposto
degli artt. 26, co. 1, c.p.a. e 92, co. 2, c.p.c., eccezionali ragioni per
l’integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando, sull’appello (Ricorso n. 7511/2012), come in
epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto in parziale riforma della
sentenza impugnata, respinge il ricorso per motivi aggiunti di primo grado.
Spese compensate per entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 16 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Francesco Caringella, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)