CONCORSI PUBBLICI:
il requisito dell'altezza minima
previsto dal bando di concorso
è illegittimo e non può comportare
l'esclusione del candidato
(T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I,
sentenza 27 dicembre 2013 n. 1070)
Evidente il favor partecipationis.
Condivisibilissimo peraltro, almeno a mio avviso.
Anche perché, paradossalmente, tra esercizio del potere ed "altezza" c'è un rapporto di inversa proporzionalità (come la storia delle dittature insegna)!
Massima
1. Non è fondata la pretesa di estendere alla Polizia Locale la disciplina prevista per gli Agenti della Polizia di Stato, sul rilievo di una (pretesa) affinità delle mansioni.
2. La normativa primaria di riferimento è costituita ora non più dagli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986, ma dall’art. 31, co. 2, del d.lgs. n. 198/2006.
3. E' erronea l'interpretazione per cui le discriminazioni vietate da tale norma in materia di altezza per l’accesso ai pubblici impieghi sono solamente quelle fondate sul sesso, cioè quelle che impongono un limite di altezza unico per i sessi, sulla base di quattro profili:
a) per un motivo letterale, avendo l’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006 riprodotto la disciplina già prevista dagli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 (abrogati dall’art. 57 del citato decreto legislativo), sintetizzandola in un’unica disposizione, ma senza mutarne i contenuti;
b) per motivi logici e sistematici, poiché, a voler ritenere che l’inserimento all’interno del “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” (d.lgs. n. 198/2006) di una disciplina – quella degli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 – rimasta immutata nella sua formulazione, ne abbia modificato la portata, restringendola alle sole discriminazioni in materia di altezza tra i sessi, sorgerebbe un problema di incostituzionalità del d.lgs. n. 198 cit., per violazione dell’art. 76 Cost., sotto il profilo dell’eccesso rispetto alla delega conferita con l’art. 6 della l. n. 246/2005;
c) ancora per motivi logici, in quanto già l’art. 2 della l. n. 874/1986, al pari dell’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006, prevedeva – per la definizione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, delle ipotesi in cui vengono ammessi i limiti di altezza – che fosse sentita la Commissione per la parità tra uomo e donna (all’epoca “Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna”) e tuttavia non per questo i citati artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 si interpretavano come volti unicamente ad impedire discriminazioni in materia di altezza tra i sessi;
d) da ultimo, sempre per motivi logici, perché se fosse vero che ciascuna Amministrazione può, nei propri regolamenti e bandi di concorso, introdurre limiti di altezza per l’accesso agli impieghi, con il solo divieto di utilizzare tali limiti per discriminazioni tra i concorrenti basate sul sesso – essendo questo l’unico divieto posto dall’art. 31, co. 2, del d.lgs. n. 198/2006 – sarebbe del tutto inutile e priva di senso la già citata previsione del predetto art. 31, comma 2, che demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di dettare le ipotesi in cui sono ammessi i limiti di altezza. Non si capirebbe, infatti, perché l’art. 31, comma 2, cit., abbia indicato una specifica fonte normativa (il d.P.C.M.) per l’elencazione dei casi in cui si ammettono limiti di altezza, se, poi, ogni P.A. può con proprio atto introdurre altri e distinti limiti di altezza: il che tanto più rileva nel caso in esame, giacché è tuttora vigente il d.P.C.M. 22 luglio 1987, n. 411, il quale ha elencato le ipotesi in cui sono ammessi i limiti di altezza per la partecipazione ai concorsi pubblici, senza ricomprendervi i concorsi per Agente di Polizia Locale.
4. La fissazione di un ulteriore requisito soggettivo di accesso al pubblico impiego (la statura) mediante il regolamento del Corpo di Polizia Municipale appare, ad ogni modo, illegittima anche sotto il profilo dell’inidoneità della fonte (secondaria) prescelta rispetto alla fonte di produzione tipica ex art. 51 Cost..
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro
generale 250 del 2013, proposto dai sigg.ri
Fabrizio Merola e Viviana Guglielmo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giampiero Amorelli e Dorodea Ciano e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gaetano Colletta in Latina, Centro Latina Fiori, Torre 4 Magnolie
Fabrizio Merola e Viviana Guglielmo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giampiero Amorelli e Dorodea Ciano e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gaetano Colletta in Latina, Centro Latina Fiori, Torre 4 Magnolie
contro
Comune di Gaeta, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Annamaria Rak e con domicilio ex lege
stabilito presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4
a) con il ricorso originario
per l’annullamento
- della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta
29 gennaio 2013, n. 22, recante indizione di una selezione pubblica per la
formazione di una graduatoria di validità triennale per l’assunzione di
personale a tempo determinato nel profilo professionale di Agente di Polizia
Locale (Cat. C – posiz. econ. C1);
- della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta
29 gennaio 2013, n. 20, con la quale è stato modificato l’art. 19 del
regolamento del Corpo di Polizia Locale, prescrivendosi una statura minima di
mt. 1,65 per gli uomini e di mt. 1,61 per le donne
b) con i motivi aggiunti depositati il 6 maggio 2013:
per l’annullamento
degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo
nonché per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione e
previe misure cautelari provvisorie,
- della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta
n. 107 del 10 aprile 2013, con cui il predetto Comune, annullata la precedente
deliberazione n. 22/2013, ha nuovamente deciso di attivare una procedura di
selezione pubblica, per titoli ed esami, ai fini della formazione di una
graduatoria, da utilizzare per le assunzioni di personale a tempo determinato
nel profilo di Agenti di Polizia Locale, Cat. C – pos. econ. C1 ;
- della successiva determinazione dirigenziale n. 45
del 15 aprile 2013, con cui il Comandante del Corpo di Polizia Municipale ha
stabilito, in attuazione alla precedente deliberazione n. 107/2013, di dare
corso alla suddetta selezione pubblica e di approvare l’avviso di concorso;
- dell’avviso di selezione pubblica datato 19 aprile
2013;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o
consequenziale.
Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti depositati il 6 maggio 2013;
Visti l’istanza di misure cautelari provvisorie ed il
decreto presidenziale n. 156/2013 del 6 maggio 2013, con cui la suddetta
istanza è stata respinta;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione degli
atti impugnati con i succitati motivi aggiunti, proposta in via incidentale dai
ricorrenti;
Viste la memoria difensiva e la documentazione
depositate dal Comune di Gaeta;
Viste l’ordinanza n. 185/2013 del 23 maggio 2013,
contenente accoglimento dell’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti e
l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3304/13 del 28 agosto 2013, con
cui è stato respinto l’appello proposto contro la precedente;
Viste le memorie e le repliche depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 21
novembre 2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite,
come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue
FATTO
Gli odierni ricorrenti, sigg.ri Fabrizio Merola e
Viviana Guglielmo, espongono di essere risultati vincitori del concorso indetto
dal Comune di Gaeta con deliberazione n. 84 del 24 aprile 2009 per il
reclutamento di personale da assumere a tempo determinato nel profilo
professionale di “Agente di Polizia Municipale” e di essere stati assunti con
contratti a tempo determinato per il periodo dal 15 luglio al 30 settembre
2009.
Successivamente il Comune di Gaeta stipulava altri
contratti a tempo determinato con gli esponenti, frammezzati da brevissimi
periodi di interruzione. In particolare, gli ultimi contratti erano stipulati
con scadenza al 31 marzo 2013, sicché a tale data, per effetto della riferita
successione di contratti a tempo determinato, gli esponenti hanno maturato un
periodo lavorativo di trentasette mesi e cinque giorni, superiore – aggiungono
– al periodo di trentasei mesi, oltre il quale il rapporto di lavoro, per
legge, si converte in rapporto a tempo indeterminato.
Gli esponenti, perciò, anche in ragione della scadenza
della graduatoria relativa al concorso da essi vinto, hanno maturato il
convincimento di poter protrarre nel tempo il loro rapporto di lavoro con il
Comune di Gaeta, nel nuovo assetto – a loro avviso – realizzatosi.
Tuttavia, con deliberazione di Giunta Municipale n. 22
del 29 gennaio 2013, il Comune di Gaeta ha indetto una nuova selezione pubblica
per la formazione di una graduatoria, di validità triennale, per l’assunzione
di personale a tempo determinato nel profilo professionale di Agente di Polizia
Locale (Cat. C – pos. econ. C1).
Avverso la citata deliberazione n. 22/2013, ritenuta
ingiustamente lesiva dei loro diritti ed interessi, sono insorti gli esponenti,
impugnandola con il ricorso originario indicato in epigrafe e chiedendone
l’annullamento.
I sigg.ri Merola e Guglielmo hanno impugnato, altresì,
la deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta 29 gennaio 2013, n. 20, con
la quale è stato modificato l’art. 19 del regolamento del Corpo di Polizia
Locale, prescrivendosi, tra i requisiti psico-fisici, una statura non inferiore
a quanto stabilito dalla l. n. 121/1981 e dal d.P.R. n. 904/1983 (e cioè una
statura minima di mt. 1,65 per gli uomini e di mt. 1,61 per le donne).
A supporto del gravame i ricorrenti hanno dedotto, con
riferimento alla succitata deliberazione n. 22 del 29 gennaio 2013, i seguenti
motivi:
- totale difetto di istruttoria e di motivazione per
quanto concerne l’effettività della grave carenza di personale di cui viene
fatta menzione nel preambolo della deliberazione impugnata e conseguente
violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, lett. a), della l.r. n.
1/2005, violazione degli artt. 1, comma 01, e 5, comma 4-bis, del d.lgs. n.
368/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. n.
165/2001 e della clausola n. 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n.
1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia della CE con ordinanza
1° ottobre 2010 in causa C-310, in quanto nella fattispecie all’esame i
ricorrenti sarebbero ormai parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
con il Comune di Gaeta, con conseguente erroneità dell’affermazione – contenuta
nel preambolo della deliberazione impugnata – per cui il Corpo di Polizia
Municipale di Gaeta verserebbe in condizioni di grave carenza di personale;
- in via subordinata, illogicità e contraddittorietà,
nonché totale difetto di istruttoria e motivazione e violazione dell’art. 1,
comma 400, della l. n. 228/2012, in riferimento all’art. 1, commi 7, 8 e 9
della l. n. 92/2012, poiché il Comune di Gaeta con la deliberazione gravata,
avrebbe immotivatamente ed illogicamente scelto di reclutare nuovo personale
precario, anziché avvalersi della facoltà di proroga fino al 31 luglio 2013 dei
contratti in essere al 30 novembre 2012 (come quelli dei ricorrenti), di cui all’art.
1, comma 400, della l. n. 228/2012;
- in via ulteriormente subordinata, motivazione
contraddittoria, istruttoria lacunosa, violazione degli artt. 1, comma 01, 4 e
5 del d.lgs. n. 368/2001, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 1,
comma 1, del d.lgs. n. 368/2001, giacché il Comune di Gaeta non potrebbe
bandire nuovi concorsi per l’assunzione di personale a tempo determinato nel
profilo di Agente di Polizia Municipale, ma dovrebbe, semmai, coprire il
proprio fabbisogno strutturale di detto personale con contratti a tempo
indeterminato;
- in via estremamente subordinata, violazione
dell’art. 35, commi 3-bis, lettere a) e b), e 3-ter, del d.lgs. n. 165/2001,
totale difetto di istruttoria e di motivazione, violazione dell’art. 1, comma
400, della l. n. 228/2012, poiché, nell’indire la nuova selezione con la
deliberazione gravata, la P.A. non avrebbe previsto, a favore dei lavoratori
che versano nella situazione dei ricorrenti, né una riserva di posti, né un
punteggio volto a valorizzarne la specifica esperienza professionale.
I ricorrenti hanno poi dedotto i seguenti ulteriori
motivi, in relazione, stavolta, alla deliberazione n. 20 del 29 gennaio 2013:
- grave difetto istruttorio e conseguente errore di
fatto, violazione della sentenza del T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, n. 321
dell’11 maggio 2006, per non essersi il Comune rappresentato che la suddetta
sentenza ha annullato l’art. 19 del regolamento del Corpo di Polizia
Municipale, approvato con la deliberazione consiliare n. 54 del 13 giugno 1992;
- violazione degli artt. 51 Cost., 31, comma 2, del
d.lgs. n. 198/2006, 3 e 97 Cost., violazione e falsa applicazione della l. n.
121/1981 e del d.m. n. 198/2003, poiché per gli Agenti di Polizia Locale non
sussisterebbe nessuna disposizione di legge, o assunta con le modalità di cui
all’art. 31 del d.lgs. n. 198/2006, che prescriva un limite di altezza per
l’accesso all’impiego, né tale limite potrebbe essere fissato da un regolamento
comunale;
- eccesso di potere per difetto istruttorio, carenza
di motivazione e contraddittorietà, per essere stati i ricorrenti assunti, in
base al regolamento di Polizia Municipale all’epoca in vigore, e per avere essi
espletato le loro funzioni, senza che la statura costituisse requisito
impediente.
Con motivi aggiunti depositati il 6 maggio 2013 i
ricorrenti – oltre a reiterare l’impugnazione delle deliberazioni gravate con
il ricorso introduttivo – hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, previa
sospensione e previe misure cautelari provvisorie, i seguenti atti:
- la deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta 10
aprile 2013, n. 107, con cui è stata annullata in autotutela la deliberazione
29 gennaio 2013, n. 22, impugnata con l’atto introduttivo del giudizio, e si è
nel contempo deciso di attivare una nuova procedura di selezione pubblica per
la formazione di una graduatoria da impiegare per le assunzioni, a tempo
determinato, di personale nel profilo di Agente di Polizia Locale “nei periodi
di maggiore affluenza turistica”;
- la successiva determinazione dirigenziale n. 45 del
15 aprile 2013, con la quale il Comandante del Corpo di Polizia Municipale ha
stabilito, in attuazione della precedente, di dar corso alla suindicata
selezione pubblica e di approvare il relativo bando di concorso;
- il menzionato bando di concorso, recante la data del
19 aprile 2013.
A supporto dei motivi aggiunti i ricorrenti hanno,
innanzitutto, richiamato i motivi già dedotti con l’atto introduttivo del
giudizio. In aggiunta, hanno proposto le seguenti doglianze:
- difetto di istruttoria circa l’effettività della
grave carenza di personale e comunque la disponibilità di risorse per ulteriori
assunzioni, violazione degli artt. 1, comma 01, e 5, comma 4-bis, del d.lgs. n.
368/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. n.
165/2001, nonché della clausola n. 5 dell’Accordo quadro allegato alla
direttiva n. 1999/70/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia della
CE con ordinanza 1° ottobre 2010 in causa C-310, per avere il Comune di Gaeta
ignorato, anche con riguardo agli atti gravati con i motivi aggiunti, che i
ricorrenti sarebbero ormai parti di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, ed avere esso insistito nell’erronea tesi che il Corpo di
Polizia Municipale di Gaeta verserebbe in condizioni di grave carenza di
personale. Per di più, dalla stessa deliberazione n. 107/2013 si desumerebbe
che il nuovo concorso è divenuto vano, giacché, non essendovi risorse
aggiuntive, di queste non si potrebbe disporre per le nuove ed ulteriori
assunzioni;
- violazione degli artt. 1, comma 01, e 5, comma
4-bis, del d.lgs. n. 368/2001, violazione dell’art. 1, commi 7, 8 e 9, della l.
n. 92/2012, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 400, della l. n.
228/2012, nonché dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, convertito con l.
n. 122/2010, carenza di motivazione e di giustificazione, sviamento di potere,
giacché la P.A. errerebbe nel ritenere che quella prevista dall’art. 1, comma
400, cit., sia una mera facoltà discrezionale, e non vincolante: ed infatti,
una volta che il Comune di Gaeta ha deciso di continuare ad avvalersi di
personale a tempo determinato, esso sarebbe stato tenuto a privilegiare la
proroga, atteso il disfavore legislativo per il moltiplicarsi del lavoro
precario;
- in subordine, violazione del principio per il quale
è stagionale l’attività preordinata ed organizzata all’espletamento temporaneo
limitato solamente ad una stagione e non anche a situazioni aziendali collegate
ad esigenze di intensificazione dell’attività lavorativa, contraddittorietà tra
la parte motiva della deliberazione n. 107/2013, il conseguente dispositivo, la
determinazione dirigenziale n. 45 del 2013 e l’avviso di selezione, sviamento
di potere, violazione degli art. 1, comma 01, 4 e 5 del d.lgs. n. 368/2001,
nonché dell’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368 stesso, per la contraddittorietà
esistente tra la deliberazione n. 107/2013, la determinazione dirigenziale n.
45 del 15 aprile 2013 ed il bando di concorso circa i motivi addotti dal Comune
per giustificare il mancato utilizzo della proroga ex art. 1, comma 400, della
l. n. 228 cit. (in specie, la necessità di assumere personale per fronteggiare
i periodi di maggior afflusso turistico nei mesi di agosto e settembre, non
coperti dalla proroga), in quanto dagli stessi atti sarebbe desumibile
l’intendimento della P.A. di formare una graduatoria cui attingere per l’intero
periodo dell’anno. Detto intendimento dimostrerebbe, altresì, lo sviamento in
cui è incorso il Comune di Gaeta con l’indire la selezione gravata, giacché i
lavoratori da assumere sarebbero destinati agli stessi compiti ai quali sono
stati destinati i ricorrenti e prima di essi, almeno dal 2003, altri lavoratori
precari, in violazione del principio per il quale le ragioni dell’impiego del
lavoro a tempo determinato debbono essere speciali e limitate nel tempo (e,
comunque, per periodi non superiori a trentasei mesi). Inoltre il Comune
avrebbe violato il principio – elaborato nel vigore della l. n. 230/1962 – per
cui è lavoro stagionale quello preordinato all’espletamento dell’attività per
una sola stagione, e non quello riguardante situazioni aziendali collegate ad
esigenze di intensificare l’attività lavorativa;
- violazione dell’art. 5, commi 4-quinquies e
4-sexies, del d.lgs. n. 368/2001, in quanto il Comune avrebbe dovuto indire una
selezione per l’assunzione a tempo indeterminato di Agenti della Polizia
Municipale, non potendosi validare l’assunzione di Agenti “stagionali”;
- violazione dell’art. 35, commi 3-bis, lettere a) e
b), e 3-ter, del d.lgs. n. 165/2001, nonché difetto di istruttoria e di
motivazione, perché anche nella nuova procedura selettiva indetta la P.A.
avrebbe omesso di prevedere una riserva di posti a favore dei titolari di un
rapporto a tempo determinato con almeno tre anni di servizio alle dipendenze
della P.A. autrice del bando; sarebbe, inoltre, irrisoria la valorizzazione
della specifica esperienza professionale maturata.
I ricorrenti hanno, altresì, riproposto le censure
avverso la deliberazione della Giunta n. 20/2013 già formulate con l’atto
introduttivo del giudizio.
L’istanza di misure cautelari provvisorie è stata
respinta con decreto presidenziale n. 156/2013 del 6 maggio 2013.
Si è costituito in giudizio il Comune di Gaeta
eccependo, in rito, il difetto di giurisdizione e, in ogni caso,
l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse. Ha, inoltre, eccepito
l’infondatezza nel merito del gravame, concludendo per il suo integrale
rigetto, previo rigetto della correlata domanda cautelare.
Nella Camera di consiglio del 23 maggio 2013 il
Collegio, ritenuta l’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti assistita
sia da fumus boni juris (per la fondatezza delle censure di contraddittorietà e
sviamento dedotte con il terzo motivo aggiunto), sia da periculum in mora (per
la neutralizzazione delle preoccupazioni rappresentate dal Comune, a seguito
della disciplina dettata dall’art. 4, comma 4, del d.l. n. 54/2013), con
ordinanza n. 185/2013 ha accolto l’istanza in questione.
Con ordinanza n. 3304/13 del 28 agosto 2013 il
Consiglio di Stato, Sezione V, ha respinto l’appello proposto contro la
precedente.
In prossimità dell’udienza di merito le parti hanno
depositato memorie e repliche, insistendo nelle rispettive tesi e difese.
All’udienza pubblica del 21 novembre 2013 la causa è
stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Formano oggetto del ricorso originario le
deliberazioni della Giunta Municipale di Gaeta n. 22 del 2013, recante
indizione di una selezione pubblica per la formazione di una graduatoria
triennale per assumere personale a tempo determinato nel profilo professionale
di Agente della Polizia Locale, e n. 20 del 2013, con la quale è stato
modificato l’art. 19 del regolamento del Corpo di Polizia Locale,
prescrivendosi una statura minima di mt. 1,65 per gli uomini e di mt. 1,61 per le
donne.
Con i motivi aggiunti vengono impugnati la
deliberazione della Giunta Municipale di annullamento della precedente e di
indizione di una nuova selezione pubblica, e gli atti applicativi della stessa
(in particolare: la determinazione dirigenziale che ha dato corso alla
procedura selettiva ed approvato il relativo bando di concorso, nonché il bando
medesimo).
In via preliminare va dichiarata l’improcedibilità del
ricorso introduttivo, nella parte in cui esso ha ad oggetto la deliberazione
della Giunta Comunale n. 22/2013. Come appena ricordato, infatti, detta
deliberazione è stata annullata ed interamente sostituita dalla deliberazione
di Giunta impugnata con il ricorso per motivi aggiunti: nel caso di specie
deve, perciò, applicarsi in parte qua l’insegnamento giurisprudenziale, secondo
cui l’annullamento in autotutela del provvedimento impugnato comporta
l’improcedibilità della relativa domanda caducatoria per sopravvenuta carenza
di interesse (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 27 settembre 2013, n. 807).
Sul punto non può, invece, parlarsi di (parziale)
cessazione della materia del contendere, atteso che la deliberazione n.
107/2013, recante l’annullamento in autotutela della precedente n. 22/2013, ha
a sua volta deciso contestualmente l’indizione di una selezione pubblica per
l’assunzione di personale a tempo determinato nel profilo di Agente di Polizia
Locale. Essa, quindi, non può ritenersi in alcun modo atto satisfattivo, ai
sensi e per gli effetti dell’art. 34 c.p.a., della pretesa azionata dai
ricorrenti, tanto è vero che questi ultimi l’hanno impugnata con i motivi
aggiunti.
Il ricorso originario è, invece, fondato per quanto
concerne l’impugnazione della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta n.
20/2013, per le ragioni già delineate dalla sentenza di questa Sezione n. 321
dell’11 maggio 2006, da cui il Collegio non ravvisa elementi sufficienti per
discostarsi e che si intendono in questa sede richiamate. Vero è che nel
frattempo cambiata la normativa primaria di riferimento, costituita ora non più
dagli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986, ma dall’art. 31, comma 2, del d.lgs. n.
198/2006. Tuttavia l’interpretazione contraria, invocata dalla difesa comunale,
per la quale le discriminazioni vietate da tale norma in materia di altezza per
l’accesso ai pubblici impieghi sono solamente quelle fondate sul sesso, cioè
quelle che impongono un limite di altezza unico per i sessi, non convince, per
molteplici profili:
a) per un motivo letterale, avendo l’art. 31, comma 2,
del d.lgs. n. 198/2006 riprodotto la disciplina già prevista dagli artt. 1 e 2
della l. n. 874/1986 (abrogati dall’art. 57 del citato decreto legislativo),
sintetizzandola in un’unica disposizione, ma senza mutarne i contenuti;
b) per motivi logici e sistematici, poiché, a voler
ritenere che l’inserimento all’interno del “Codice delle pari opportunità tra
uomo e donna” (d.lgs. n. 198/2006) di una disciplina – quella degli artt. 1 e 2
della l. n. 874/1986 – rimasta immutata nella sua formulazione, ne abbia
modificato la portata, restringendola alle sole discriminazioni in materia di
altezza tra i sessi, sorgerebbe un problema di incostituzionalità del d.lgs. n.
198 cit., per violazione dell’art. 76 Cost., sotto il profilo dell’eccesso
rispetto alla delega conferita con l’art. 6 della l. n. 246/2005;
c) ancora per motivi logici, in quanto già l’art. 2
della l. n. 874/1986, al pari dell’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006,
prevedeva – per la definizione, con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, delle ipotesi in cui vengono ammessi i limiti di altezza – che fosse
sentita la Commissione per la parità tra uomo e donna (all’epoca “Commissione
nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna”) e tuttavia non per
questo i citati artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 si interpretavano come volti
unicamente ad impedire discriminazioni in materia di altezza tra i sessi;
d) da ultimo, sempre per motivi logici, perché se
fosse vero che ciascuna Amministrazione può, nei propri regolamenti e bandi di
concorso, introdurre limiti di altezza per l’accesso agli impieghi, con il solo
divieto di utilizzare tali limiti per discriminazioni tra i concorrenti basate
sul sesso – essendo questo l’unico divieto posto dall’art. 31, comma 2, del
d.lgs. n. 198/2006 – sarebbe del tutto inutile e priva di senso la già citata
previsione del predetto art. 31, comma 2, che demanda ad un apposito decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri di dettare le ipotesi in cui sono
ammessi i limiti di altezza. Non si capirebbe, infatti, perché l’art. 31, comma
2, cit., abbia indicato una specifica fonte normativa (il d.P.C.M.) per
l’elencazione dei casi in cui si ammettono limiti di altezza, se, poi, ogni
P.A. può con proprio atto introdurre altri e distinti limiti di altezza: il che
tanto più rileva nel caso in esame, giacché è tuttora vigente il d.P.C.M. 22
luglio 1987, n. 411, il quale ha elencato le ipotesi in cui sono ammessi i
limiti di altezza per la partecipazione ai concorsi pubblici, senza ricomprendervi
i concorsi per Agente di Polizia Locale.
Come rammentato anche dalla già menzionata sentenza di
questa Sezione n. 321/2006, del resto, la fissazione di un ulteriore requisito
soggettivo di accesso al pubblico impiego (la statura) mediante il regolamento
del Corpo di Polizia Municipale appare illegittima anche sotto il profilo
dell’inidoneità della fonte (secondaria) prescelta rispetto alla fonte di
produzione tipica ex art. 51 Cost..
Le preoccupazioni avanzate dal Comune di Gaeta in
punto di fatto, legate alla possibilità di impiego degli Agenti di Polizia
Municipale in compiti di ordine pubblico, a prescindere dalla loro irrilevanza
a fronte del delineato quadro normativo, sono poi confutate dalla circostanza
dell’avere il medesimo Comune mantenuto in servizio i ricorrenti, stipulando
con essi molteplici contratti di lavoro a tempo determinato, fino al 15 marzo
2013.
In definitiva, non si può condividere, per tutte le
ragioni sopra illustrate, la pretesa di estendere alla Polizia Locale la disciplina
prevista per gli Agenti della Polizia di Stato, sul rilievo di una (pretesa)
affinità delle mansioni. Ne deriva che l’impugnazione della deliberazione della
Giunta n. 20/2013 è fondata e da accogliere, essendo fondati tutti i motivi
contro di essa dedotti dai ricorrenti in sede di ricorso originario e reiterati
con i motivi aggiunti; per conseguenza, la deliberazione in discorso va
annullata.
Venendo al ricorso per motivi aggiunti, il Collegio
deve in via preliminare scrutinare le eccezioni di rito proposte avverso lo
stesso dalla difesa comunale, sintetizzabili:
a) nel difetto di giurisdizione da cui sarebbe affetto
il gravame proposto, per avere esso ad oggetto l’accertamento dell’intervenuta
conversione del rapporto di lavoro dei ricorrenti in rapporto a tempo
indeterminato;
b) nell’inammissibilità del ricorso per carenza di
interesse, vista la mancanza di fondi per assumere i due ricorrenti, nonché
quanti hanno proposto distinto ricorso con analogo oggetto, con contratto a
tempo indeterminato;
Nessuna delle suesposte eccezioni pregiudiziali può
trovare accoglimento.
Ed invero, va anzitutto respinta l’eccezione di
difetto di giurisdizione, atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dal
Comune di Gaeta, nel caso di specie formano oggetto di impugnazione gli atti di
indizione di una procedura concorsuale, cosicché deve trovare applicazione
l’insegnamento della più autorevole giurisprudenza, per cui la contestazione
della procedura di indizione di un concorso è devoluta alla cognizione del G.A.
(cfr. C.d.S., A.P., 28 luglio 2011, n. 14): la contestazione, infatti, investe
l’esercizio di un potere della P.A., cui corrisponde una situazione di
interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo
(cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, 21 marzo 2013, n. 440).
Del resto, è la stessa difesa comunale ad affermare
che, per conseguire la declaratoria dell’avvenuta conversione del rapporto a
tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, i ricorrenti hanno
azionato distinto rimedio – e, segnatamente, il ricorso ex art. 700 c.p.c. –
dinanzi al G.O. in veste di Giudice del Lavoro. Va, quindi, condivisa sul punto
la replica dei ricorrenti, i quali hanno rimarcato l’estraneità al gravame in
epigrafe di qualsiasi domanda di accertamento dell’esistenza di posizioni di
diritto soggettivo, ed in specie del diritto alla protrazione a tempo
indeterminato dei loro rapporti di lavoro.
Va respinta, altresì, l’eccezione di inammissibilità
del gravame per carenza di interesse.
Ed invero, la mancanza di fondi sufficienti per
assumere i ricorrenti con contratti di lavoro a tempo indeterminato non incide
in alcun modo sull’interesse degli stessi a far sì che la P.A., anziché indire
una nuova selezione per assumere personale precario, scegliesse di avvalersi
della facoltà di proroga di cui all’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012.
Detta norma ha attribuito alle Pubbliche
Amministrazioni il potere di prorogare i contratti di lavoro subordinato a
tempo determinato in essere al 30 novembre 2012, che superano il limite di
trentasei mesi, fino al 31 luglio 2013; tale limite è stato ulteriormente
portato al 31 dicembre 2013, a seguito delle modifiche apportate all’art. 1,
comma 400, cit., dall’art. 4, comma 4, del d.l. n. 54/2013, conv. con l. n.
85/2013. I ricorrenti, pertanto, avevano un indubbio interesse a che il Comune
di Gaeta si avvalesse della facoltà di proroga prevista dall’art. 1, comma 400,
della l. n. 228 cit.: facoltà, per il cui esercizio risultava presupposto
imprescindibile la previa rimozione della procedura concorsuale (da ottenersi
mediante l’accoglimento del ricorso proposto in questa sede). Né su tale
interesse può incidere l’invocata carenza di fondi per le assunzioni a tempo
indeterminato, investendo la proroga de qua rapporti di lavoro che conservano
la configurazione di rapporti a tempo determinato. Donde l’infondatezza della
riferita eccezione di carenza di interesse.
Nel merito, il ricorso per motivi aggiunti è fondato e
va accolto per i medesimi motivi già indicati in sede cautelare, da cui il
Collegio, pur ad un più approfondito esame proprio della fase di merito del
giudizio, non ravvisa elementi per discostarsi.
Invero, la decisione di non avvalersi della facoltà di
proroga di cui all’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012 viene motivata dalla
deliberazione della Giunta Comunale n. 107 del 10 aprile 2013 con riferimento
alla necessità di un incremento del personale di Polizia Municipale nei mesi di
agosto e settembre, originariamente non coperti dall’art. 1, comma 400, cit.:
quest’ultimo, infatti, prima delle modifiche apportatevi dall’art. 4, comma 4,
del d.l. 21 maggio 2013, n. 54, limitava la proroga al 31 luglio 2013.
Tuttavia, sia la determinazione dirigenziale n. 45 del 2013 (di indizione del
concorso), sia lo stesso bando di concorso non limitano in nessun modo
l’assunzione del personale ai soli mesi di agosto e settembre ed anzi,
affermano esplicitamente che alla graduatoria approvata in esito alla predetta
selezione “si attingerà per le assunzioni a tempo determinato che si renderanno
necessarie durante il periodo di validità della stessa” (così il punto c) del
dispositivo della determinazione n. 45 cit.; v., altresì, l’art. 7 del bando).
Ciò, del resto, è ammesso dalla stessa difesa del Comune, la quale riconosce
espressamente la possibilità che la citata graduatoria, durante il triennio
della sua vigenza, sia utilizzata per assumere personale anche in altri periodi
dell’anno. Peraltro, già la deliberazione n. 107/2013 – nelle sue premesse ed
in flagrante contraddizione rispetto alla motivazione enunciata per rifiutare
la proroga dei contratti dei ricorrenti – dà atto che alla graduatoria “si
attingerà per le assunzioni a tempo pieno e determinato che si renderanno
necessarie durante il periodo di validità della stessa” (tre anni a far data
dalla sua pubblicazione); con ulteriore ambiguità, tuttavia, al punto 3) del
dispositivo viene richiesto al Comandante della Polizia Municipale di attivare
la procedura di selezione per l’assunzione di personale a tempo determinato nel
profilo di Agente di Polizia Locale “nei periodi (di) maggiore affluenza
turistica”.
Dall’illustrato contrasto scaturisce la fondatezza
delle doglianze di contraddittorietà e sviamento di potere dedotte con il terzo
motivo aggiunto.
La contraddizione tra la motivazione addotta dal
Comune nella deliberazione n. 107/2013 per non avvalersi della proroga ex art.
1, comma 400, cit., e le determinazioni successivamente assunte – in asserita
consequenzialità rispetto alla predetta deliberazione – è sintomatica,
innanzitutto, del vizio di eccesso di potere per contraddittorietà degli atti
impugnati. Per la costante giurisprudenza, infatti, tale vizio si rinviene in
presenza di un provvedimento che evidenzi contraddizioni od incongruenze
rispetto a precedenti valutazioni della stessa Autorità emanante, o di
manifestazioni di volontà, che si pongano in contrasto fra di loro (cfr., ex
multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 2 maggio 2011, n. 753; T.A.R. Campania,
Napoli, Sez. IV, 4 novembre 2010, n. 22679).
Inoltre, la descritta contraddizione è sintomatica
dello sviamento di potere da cui, del pari, risultano affetti gli atti gravati
e che conduce, a sua volta, a considerarli illegittimi.
In argomento si ricorda che, per la costante
giurisprudenza (cfr. C.d.S., Sez. IV, 8 gennaio 2013, n. 32), lo sviamento
consiste nell’effettiva e comprovata divergenza fra l’atto e la sua funzione
tipica, ovvero quando il potere è stato esercitato per finalità diverse da
quelle enunciate dal Legislatore con la norma attributiva dello stesso e, in
particolare, quando l’atto posto in essere sia stato determinato da un
interesse diverso da quello pubblico. Peraltro, la censura di sviamento deve
essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dare
conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non
bastando mere supposizioni od indizi, che non si traducano nella dimostrazione
della finalità illegittima perseguita in concreto dalla P.A. (T.A.R. Lazio,
Latina, Sez. I, 7 giugno 2013, n. 524).
Tanto premesso, nel caso in esame il carattere
meramente surrettizio della motivazione addotta dal Comune di Gaeta a
fondamento della decisione di non avvalersi della proroga ex art. 1, comma 400,
cit. si ricava proprio dalla non limitazione delle assunzioni dei vincitori
della procedura concorsuale gravata ai soli mesi di agosto e settembre, e
dall’estensione della possibilità di tali assunzioni anche agli altri mesi
dell’anno: risulta, perciò, comprovato che nel caso di specie il Comune non ha
affatto inteso fronteggiare le esigenze di maggior presenza dei presidi di
Polizia Locale per il controllo del territorio derivanti dal maggior afflusso
di turisti nei mesi estivi, ed in specie nei mesi di agosto e di settembre,
come affermato nelle premesse della deliberazione n. 107/2013. In realtà, il
Comune ha esercitato il potere in esame per il ben diverso fine di
precostituirsi un’ennesima riserva di personale a tempo determinato, ad onta
della disciplina su tale tipo di rapporto di lavoro.
Appare altresì fondata – ed è essa stessa sintomatica
dello sviamento di potere in cui risulta incorso il Comune di Gaeta – la
doglianza di illegittimità degli atti gravati per avere essi confuso le
distinte nozioni – elaborate dalla giurisprudenza sulla base dell’ora abrogato
art. 1 della l. n. 230/1962 – di lavoro stagionale e di “punte stagionali”:
invero, mentre il primo per sua natura non può eccedere i limiti temporali di
una stagione (sia pure intesa in senso lato), le cd. punte stagionali si
verificano in presenza di un’intensificazione dell’attività ordinaria (non
stagionale), cui non si riesca a sopperire con il normale organico (cfr. Cass.
civ., Sez. lav., 29 gennaio 1993, n. 1095). Nel caso ora in esame, il Comune di
Gaeta, essendosi riservato la possibilità di assumere il personale a tempo determinato
anche in periodi diversi dai mesi di agosto e settembre, ha preteso di
qualificare in termini di lavoro stagionale una fattispecie che va, invece,
ascritta alle cd. punte stagionali: con il ché, risulta vieppiù confermato il
carattere surrettizio ed apparente della motivazione addotta
dall’Amministrazione per spiegare la decisione di non avvalersi della proroga
ex art. 1, comma 400, cit..
Non convincono le opposte argomentazioni addotte dalla
difesa comunale, incentrate tutte, in buona sostanza, sulla mancanza di fondi
per procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato: a confutazione
delle stesse, infatti, è sufficiente rilevare che l’art. 1, comma 400, cit.
prevede la mera proroga di contratti che, comunque, restano a tempo determinato.
Né può trascurarsi che l’indizione di una procedura concorsuale ha importanti
costi, del tutto assenti nell’ipotesi di utilizzo del rimedio ex art. 1, comma
400 cit.. Gli atti gravati, quindi, appaiono ben lungi dal comportare quel
risparmio di spesa, che pure si pretende ad essi sotteso: con il ché paiono
confermati, anche sotto il profilo ora indicato, i vizi di contraddittorietà e
sviamento da cui sono affetti gli atti in questione.
Il punto richiede un ultimo approfondimento.
La deliberazione n. 107/2013 adduce, a giustificazione
del diniego di proroga, anche la circostanza che detta proroga avrebbe inciso
negativamente sul limite di spesa cui è assoggettato il Comune di Gaeta,
stabilito dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 nel 50% della spesa
sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009: si tratta, tuttavia, di un
assunto del tutto indimostrato e che, anzi, trascura la possibilità
(evidentemente intrinseca al meccanismo previsto dall’art. 1, comma 400, cit.)
di valersi della predetta proroga entro il limite di spesa ora riferito,
modulando temporalmente i contratti con modalità analoghe a quelle già seguite
nel triennio di validità della precedente graduatoria. Peraltro, l’argomento
secondo cui la proroga dei contratti a tempo determinato avrebbe inciso
negativamente sul limite di spese ex art. 9, comma 28, cit., viene utilizzato
dalla deliberazione n. 107/2013 cit. per sostenere che, in tal modo, non si
sarebbe poi potuto più assumere personale nei mesi della stagione estiva, pur
in presenza di un aumento delle esigenze di controllo del territorio: ma si è
già visto che il Comune ha manifestato l’intenzione di attingere alla nuova
graduatoria derivante dalla procedura concorsuale contestata anche per
assunzioni a tempo determinato in periodi diversi da quello estivo, cosicché
pure per questo verso la motivazione addotta dalla P.A. si configura come
apparente e non sfugge ai profili di contraddittorietà sopra diffusamente
evidenziati.
In definitiva, pertanto, il ricorso per motivi
aggiunti è fondato e va accolto, attesa la fondatezza del terzo motivo con lo
stesso dedotto e previo assorbimento degli ulteriori motivi. Per l’effetto,
vanno annullati gli atti con esso impugnati, ed in specie la deliberazione
della Giunta Municipale di Gaeta n. 107/2013, la determinazione dirigenziale n.
45/2013 e l’avviso di selezione pubblica del 19 aprile 2013.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate
come da dispositivo a carico del Comune di Gaeta, risultato soccombente sia –
in parte – rispetto al ricorso introduttivo, sia rispetto a quello per motivi
aggiunti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio –
Sezione staccata di Latina (Sezione Prima), così definitivamente pronunciando
sul gravame originario e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:
a) dichiara improcedibile il ricorso originario, nella
parte in cui ha ad oggetto la deliberazione n. 22 del 2013, e lo accoglie,
invece, nella parte in cui ha ad oggetto la deliberazione n. 20 del 2013, per
l’effetto annullando l’indicata deliberazione n. 20;
b) accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto,
annulla gli atti con essi impugnati.
Condanna il Comune di Gaeta al pagamento in favore dei
ricorrenti di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in €
2.500,00 (duemilacinquecento/00) complessivamente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del
giorno 21 novembre 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)