venerdì 3 gennaio 2014

CONCORSI PUBBLICI: il requisito dell'altezza minima previsto dal bando di concorso è illegittimo e non può comportare l'esclusione del candidato (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, sentenza 27 dicembre 2013 n. 1070).


CONCORSI PUBBLICI: 
il requisito dell'altezza minima
 previsto dal bando di concorso
 è illegittimo e non può comportare 
l'esclusione del candidato 
(T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 
sentenza 27 dicembre 2013 n. 1070)


Evidente il favor partecipationis
Condivisibilissimo peraltro, almeno a mio avviso.
Anche perché, paradossalmente, tra esercizio del potere ed "altezza" c'è un rapporto di inversa proporzionalità (come la storia delle dittature insegna)!


Massima

1. Non è fondata la pretesa di estendere alla Polizia Locale la disciplina prevista  per gli Agenti della Polizia di Stato, sul rilievo di una (pretesa) affinità delle mansioni.
2. La normativa primaria di riferimento è costituita ora non più dagli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986, ma dall’art. 31, co. 2, del d.lgs. n. 198/2006.
3. E' erronea l'interpretazione per cui le discriminazioni vietate da tale norma in materia di altezza per l’accesso ai pubblici impieghi sono solamente quelle fondate sul sesso, cioè quelle che impongono un limite di altezza unico per i sessi, sulla base di quattro profili:
a) per un motivo letterale, avendo l’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006 riprodotto la disciplina già prevista dagli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 (abrogati dall’art. 57 del citato decreto legislativo), sintetizzandola in un’unica disposizione, ma senza mutarne i contenuti;
b) per motivi logici e sistematici, poiché, a voler ritenere che l’inserimento all’interno del “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” (d.lgs. n. 198/2006) di una disciplina – quella degli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 – rimasta immutata nella sua formulazione, ne abbia modificato la portata, restringendola alle sole discriminazioni in materia di altezza tra i sessi, sorgerebbe un problema di incostituzionalità del d.lgs. n. 198 cit., per violazione dell’art. 76 Cost., sotto il profilo dell’eccesso rispetto alla delega conferita con l’art. 6 della l. n. 246/2005;
c) ancora per motivi logici, in quanto già l’art. 2 della l. n. 874/1986, al pari dell’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006, prevedeva – per la definizione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, delle ipotesi in cui vengono ammessi i limiti di altezza – che fosse sentita la Commissione per la parità tra uomo e donna (all’epoca “Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna”) e tuttavia non per questo i citati artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 si interpretavano come volti unicamente ad impedire discriminazioni in materia di altezza tra i sessi;
d) da ultimo, sempre per motivi logici, perché se fosse vero che ciascuna Amministrazione può, nei propri regolamenti e bandi di concorso, introdurre limiti di altezza per l’accesso agli impieghi, con il solo divieto di utilizzare tali limiti per discriminazioni tra i concorrenti basate sul sesso – essendo questo l’unico divieto posto dall’art. 31, co. 2, del d.lgs. n. 198/2006 – sarebbe del tutto inutile e priva di senso la già citata previsione del predetto art. 31, comma 2, che demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di dettare le ipotesi in cui sono ammessi i limiti di altezza. Non si capirebbe, infatti, perché l’art. 31, comma 2, cit., abbia indicato una specifica fonte normativa (il d.P.C.M.) per l’elencazione dei casi in cui si ammettono limiti di altezza, se, poi, ogni P.A. può con proprio atto introdurre altri e distinti limiti di altezza: il che tanto più rileva nel caso in esame, giacché è tuttora vigente il d.P.C.M. 22 luglio 1987, n. 411, il quale ha elencato le ipotesi in cui sono ammessi i limiti di altezza per la partecipazione ai concorsi pubblici, senza ricomprendervi i concorsi per Agente di Polizia Locale.
4. La fissazione di un ulteriore requisito soggettivo di accesso al pubblico impiego (la statura) mediante il regolamento del Corpo di Polizia Municipale appare, ad ogni modo, illegittima anche sotto il profilo dell’inidoneità della fonte (secondaria) prescelta rispetto alla fonte di produzione tipica ex art. 51 Cost..


Sentenza per esteso 

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 250 del 2013, proposto dai sigg.ri
Fabrizio Merola e Viviana Guglielmo, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giampiero Amorelli e Dorodea Ciano e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gaetano Colletta in Latina, Centro Latina Fiori, Torre 4 Magnolie 
contro
Comune di Gaeta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Annamaria Rak e con domicilio ex lege stabilito presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4
a) con il ricorso originario
per l’annullamento
- della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta 29 gennaio 2013, n. 22, recante indizione di una selezione pubblica per la formazione di una graduatoria di validità triennale per l’assunzione di personale a tempo determinato nel profilo professionale di Agente di Polizia Locale (Cat. C – posiz. econ. C1);
- della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta 29 gennaio 2013, n. 20, con la quale è stato modificato l’art. 19 del regolamento del Corpo di Polizia Locale, prescrivendosi una statura minima di mt. 1,65 per gli uomini e di mt. 1,61 per le donne

b) con i motivi aggiunti depositati il 6 maggio 2013:
per l’annullamento
degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo
nonché per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione e previe misure cautelari provvisorie,
- della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta n. 107 del 10 aprile 2013, con cui il predetto Comune, annullata la precedente deliberazione n. 22/2013, ha nuovamente deciso di attivare una procedura di selezione pubblica, per titoli ed esami, ai fini della formazione di una graduatoria, da utilizzare per le assunzioni di personale a tempo determinato nel profilo di Agenti di Polizia Locale, Cat. C – pos. econ. C1 ;
- della successiva determinazione dirigenziale n. 45 del 15 aprile 2013, con cui il Comandante del Corpo di Polizia Municipale ha stabilito, in attuazione alla precedente deliberazione n. 107/2013, di dare corso alla suddetta selezione pubblica e di approvare l’avviso di concorso;
- dell’avviso di selezione pubblica datato 19 aprile 2013;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti depositati il 6 maggio 2013;
Visti l’istanza di misure cautelari provvisorie ed il decreto presidenziale n. 156/2013 del 6 maggio 2013, con cui la suddetta istanza è stata respinta;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati con i succitati motivi aggiunti, proposta in via incidentale dai ricorrenti;
Viste la memoria difensiva e la documentazione depositate dal Comune di Gaeta;
Viste l’ordinanza n. 185/2013 del 23 maggio 2013, contenente accoglimento dell’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti e l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3304/13 del 28 agosto 2013, con cui è stato respinto l’appello proposto contro la precedente;
Viste le memorie e le repliche depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 21 novembre 2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO
Gli odierni ricorrenti, sigg.ri Fabrizio Merola e Viviana Guglielmo, espongono di essere risultati vincitori del concorso indetto dal Comune di Gaeta con deliberazione n. 84 del 24 aprile 2009 per il reclutamento di personale da assumere a tempo determinato nel profilo professionale di “Agente di Polizia Municipale” e di essere stati assunti con contratti a tempo determinato per il periodo dal 15 luglio al 30 settembre 2009.
Successivamente il Comune di Gaeta stipulava altri contratti a tempo determinato con gli esponenti, frammezzati da brevissimi periodi di interruzione. In particolare, gli ultimi contratti erano stipulati con scadenza al 31 marzo 2013, sicché a tale data, per effetto della riferita successione di contratti a tempo determinato, gli esponenti hanno maturato un periodo lavorativo di trentasette mesi e cinque giorni, superiore – aggiungono – al periodo di trentasei mesi, oltre il quale il rapporto di lavoro, per legge, si converte in rapporto a tempo indeterminato.
Gli esponenti, perciò, anche in ragione della scadenza della graduatoria relativa al concorso da essi vinto, hanno maturato il convincimento di poter protrarre nel tempo il loro rapporto di lavoro con il Comune di Gaeta, nel nuovo assetto – a loro avviso – realizzatosi.
Tuttavia, con deliberazione di Giunta Municipale n. 22 del 29 gennaio 2013, il Comune di Gaeta ha indetto una nuova selezione pubblica per la formazione di una graduatoria, di validità triennale, per l’assunzione di personale a tempo determinato nel profilo professionale di Agente di Polizia Locale (Cat. C – pos. econ. C1).
Avverso la citata deliberazione n. 22/2013, ritenuta ingiustamente lesiva dei loro diritti ed interessi, sono insorti gli esponenti, impugnandola con il ricorso originario indicato in epigrafe e chiedendone l’annullamento.
I sigg.ri Merola e Guglielmo hanno impugnato, altresì, la deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta 29 gennaio 2013, n. 20, con la quale è stato modificato l’art. 19 del regolamento del Corpo di Polizia Locale, prescrivendosi, tra i requisiti psico-fisici, una statura non inferiore a quanto stabilito dalla l. n. 121/1981 e dal d.P.R. n. 904/1983 (e cioè una statura minima di mt. 1,65 per gli uomini e di mt. 1,61 per le donne).
A supporto del gravame i ricorrenti hanno dedotto, con riferimento alla succitata deliberazione n. 22 del 29 gennaio 2013, i seguenti motivi:
- totale difetto di istruttoria e di motivazione per quanto concerne l’effettività della grave carenza di personale di cui viene fatta menzione nel preambolo della deliberazione impugnata e conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, lett. a), della l.r. n. 1/2005, violazione degli artt. 1, comma 01, e 5, comma 4-bis, del d.lgs. n. 368/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001 e della clausola n. 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia della CE con ordinanza 1° ottobre 2010 in causa C-310, in quanto nella fattispecie all’esame i ricorrenti sarebbero ormai parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il Comune di Gaeta, con conseguente erroneità dell’affermazione – contenuta nel preambolo della deliberazione impugnata – per cui il Corpo di Polizia Municipale di Gaeta verserebbe in condizioni di grave carenza di personale;
- in via subordinata, illogicità e contraddittorietà, nonché totale difetto di istruttoria e motivazione e violazione dell’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012, in riferimento all’art. 1, commi 7, 8 e 9 della l. n. 92/2012, poiché il Comune di Gaeta con la deliberazione gravata, avrebbe immotivatamente ed illogicamente scelto di reclutare nuovo personale precario, anziché avvalersi della facoltà di proroga fino al 31 luglio 2013 dei contratti in essere al 30 novembre 2012 (come quelli dei ricorrenti), di cui all’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012;
- in via ulteriormente subordinata, motivazione contraddittoria, istruttoria lacunosa, violazione degli artt. 1, comma 01, 4 e 5 del d.lgs. n. 368/2001, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368/2001, giacché il Comune di Gaeta non potrebbe bandire nuovi concorsi per l’assunzione di personale a tempo determinato nel profilo di Agente di Polizia Municipale, ma dovrebbe, semmai, coprire il proprio fabbisogno strutturale di detto personale con contratti a tempo indeterminato;
- in via estremamente subordinata, violazione dell’art. 35, commi 3-bis, lettere a) e b), e 3-ter, del d.lgs. n. 165/2001, totale difetto di istruttoria e di motivazione, violazione dell’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012, poiché, nell’indire la nuova selezione con la deliberazione gravata, la P.A. non avrebbe previsto, a favore dei lavoratori che versano nella situazione dei ricorrenti, né una riserva di posti, né un punteggio volto a valorizzarne la specifica esperienza professionale.
I ricorrenti hanno poi dedotto i seguenti ulteriori motivi, in relazione, stavolta, alla deliberazione n. 20 del 29 gennaio 2013:
- grave difetto istruttorio e conseguente errore di fatto, violazione della sentenza del T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, n. 321 dell’11 maggio 2006, per non essersi il Comune rappresentato che la suddetta sentenza ha annullato l’art. 19 del regolamento del Corpo di Polizia Municipale, approvato con la deliberazione consiliare n. 54 del 13 giugno 1992;
- violazione degli artt. 51 Cost., 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006, 3 e 97 Cost., violazione e falsa applicazione della l. n. 121/1981 e del d.m. n. 198/2003, poiché per gli Agenti di Polizia Locale non sussisterebbe nessuna disposizione di legge, o assunta con le modalità di cui all’art. 31 del d.lgs. n. 198/2006, che prescriva un limite di altezza per l’accesso all’impiego, né tale limite potrebbe essere fissato da un regolamento comunale;
- eccesso di potere per difetto istruttorio, carenza di motivazione e contraddittorietà, per essere stati i ricorrenti assunti, in base al regolamento di Polizia Municipale all’epoca in vigore, e per avere essi espletato le loro funzioni, senza che la statura costituisse requisito impediente.
Con motivi aggiunti depositati il 6 maggio 2013 i ricorrenti – oltre a reiterare l’impugnazione delle deliberazioni gravate con il ricorso introduttivo – hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione e previe misure cautelari provvisorie, i seguenti atti:
- la deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta 10 aprile 2013, n. 107, con cui è stata annullata in autotutela la deliberazione 29 gennaio 2013, n. 22, impugnata con l’atto introduttivo del giudizio, e si è nel contempo deciso di attivare una nuova procedura di selezione pubblica per la formazione di una graduatoria da impiegare per le assunzioni, a tempo determinato, di personale nel profilo di Agente di Polizia Locale “nei periodi di maggiore affluenza turistica”;
- la successiva determinazione dirigenziale n. 45 del 15 aprile 2013, con la quale il Comandante del Corpo di Polizia Municipale ha stabilito, in attuazione della precedente, di dar corso alla suindicata selezione pubblica e di approvare il relativo bando di concorso;
- il menzionato bando di concorso, recante la data del 19 aprile 2013.
A supporto dei motivi aggiunti i ricorrenti hanno, innanzitutto, richiamato i motivi già dedotti con l’atto introduttivo del giudizio. In aggiunta, hanno proposto le seguenti doglianze:
- difetto di istruttoria circa l’effettività della grave carenza di personale e comunque la disponibilità di risorse per ulteriori assunzioni, violazione degli artt. 1, comma 01, e 5, comma 4-bis, del d.lgs. n. 368/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001, nonché della clausola n. 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia della CE con ordinanza 1° ottobre 2010 in causa C-310, per avere il Comune di Gaeta ignorato, anche con riguardo agli atti gravati con i motivi aggiunti, che i ricorrenti sarebbero ormai parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ed avere esso insistito nell’erronea tesi che il Corpo di Polizia Municipale di Gaeta verserebbe in condizioni di grave carenza di personale. Per di più, dalla stessa deliberazione n. 107/2013 si desumerebbe che il nuovo concorso è divenuto vano, giacché, non essendovi risorse aggiuntive, di queste non si potrebbe disporre per le nuove ed ulteriori assunzioni;
- violazione degli artt. 1, comma 01, e 5, comma 4-bis, del d.lgs. n. 368/2001, violazione dell’art. 1, commi 7, 8 e 9, della l. n. 92/2012, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012, nonché dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, convertito con l. n. 122/2010, carenza di motivazione e di giustificazione, sviamento di potere, giacché la P.A. errerebbe nel ritenere che quella prevista dall’art. 1, comma 400, cit., sia una mera facoltà discrezionale, e non vincolante: ed infatti, una volta che il Comune di Gaeta ha deciso di continuare ad avvalersi di personale a tempo determinato, esso sarebbe stato tenuto a privilegiare la proroga, atteso il disfavore legislativo per il moltiplicarsi del lavoro precario;
- in subordine, violazione del principio per il quale è stagionale l’attività preordinata ed organizzata all’espletamento temporaneo limitato solamente ad una stagione e non anche a situazioni aziendali collegate ad esigenze di intensificazione dell’attività lavorativa, contraddittorietà tra la parte motiva della deliberazione n. 107/2013, il conseguente dispositivo, la determinazione dirigenziale n. 45 del 2013 e l’avviso di selezione, sviamento di potere, violazione degli art. 1, comma 01, 4 e 5 del d.lgs. n. 368/2001, nonché dell’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368 stesso, per la contraddittorietà esistente tra la deliberazione n. 107/2013, la determinazione dirigenziale n. 45 del 15 aprile 2013 ed il bando di concorso circa i motivi addotti dal Comune per giustificare il mancato utilizzo della proroga ex art. 1, comma 400, della l. n. 228 cit. (in specie, la necessità di assumere personale per fronteggiare i periodi di maggior afflusso turistico nei mesi di agosto e settembre, non coperti dalla proroga), in quanto dagli stessi atti sarebbe desumibile l’intendimento della P.A. di formare una graduatoria cui attingere per l’intero periodo dell’anno. Detto intendimento dimostrerebbe, altresì, lo sviamento in cui è incorso il Comune di Gaeta con l’indire la selezione gravata, giacché i lavoratori da assumere sarebbero destinati agli stessi compiti ai quali sono stati destinati i ricorrenti e prima di essi, almeno dal 2003, altri lavoratori precari, in violazione del principio per il quale le ragioni dell’impiego del lavoro a tempo determinato debbono essere speciali e limitate nel tempo (e, comunque, per periodi non superiori a trentasei mesi). Inoltre il Comune avrebbe violato il principio – elaborato nel vigore della l. n. 230/1962 – per cui è lavoro stagionale quello preordinato all’espletamento dell’attività per una sola stagione, e non quello riguardante situazioni aziendali collegate ad esigenze di intensificare l’attività lavorativa;
- violazione dell’art. 5, commi 4-quinquies e 4-sexies, del d.lgs. n. 368/2001, in quanto il Comune avrebbe dovuto indire una selezione per l’assunzione a tempo indeterminato di Agenti della Polizia Municipale, non potendosi validare l’assunzione di Agenti “stagionali”;
- violazione dell’art. 35, commi 3-bis, lettere a) e b), e 3-ter, del d.lgs. n. 165/2001, nonché difetto di istruttoria e di motivazione, perché anche nella nuova procedura selettiva indetta la P.A. avrebbe omesso di prevedere una riserva di posti a favore dei titolari di un rapporto a tempo determinato con almeno tre anni di servizio alle dipendenze della P.A. autrice del bando; sarebbe, inoltre, irrisoria la valorizzazione della specifica esperienza professionale maturata.
I ricorrenti hanno, altresì, riproposto le censure avverso la deliberazione della Giunta n. 20/2013 già formulate con l’atto introduttivo del giudizio.
L’istanza di misure cautelari provvisorie è stata respinta con decreto presidenziale n. 156/2013 del 6 maggio 2013.
Si è costituito in giudizio il Comune di Gaeta eccependo, in rito, il difetto di giurisdizione e, in ogni caso, l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse. Ha, inoltre, eccepito l’infondatezza nel merito del gravame, concludendo per il suo integrale rigetto, previo rigetto della correlata domanda cautelare.
Nella Camera di consiglio del 23 maggio 2013 il Collegio, ritenuta l’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti assistita sia da fumus boni juris (per la fondatezza delle censure di contraddittorietà e sviamento dedotte con il terzo motivo aggiunto), sia da periculum in mora (per la neutralizzazione delle preoccupazioni rappresentate dal Comune, a seguito della disciplina dettata dall’art. 4, comma 4, del d.l. n. 54/2013), con ordinanza n. 185/2013 ha accolto l’istanza in questione.
Con ordinanza n. 3304/13 del 28 agosto 2013 il Consiglio di Stato, Sezione V, ha respinto l’appello proposto contro la precedente.
In prossimità dell’udienza di merito le parti hanno depositato memorie e repliche, insistendo nelle rispettive tesi e difese.
All’udienza pubblica del 21 novembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
Formano oggetto del ricorso originario le deliberazioni della Giunta Municipale di Gaeta n. 22 del 2013, recante indizione di una selezione pubblica per la formazione di una graduatoria triennale per assumere personale a tempo determinato nel profilo professionale di Agente della Polizia Locale, e n. 20 del 2013, con la quale è stato modificato l’art. 19 del regolamento del Corpo di Polizia Locale, prescrivendosi una statura minima di mt. 1,65 per gli uomini e di mt. 1,61 per le donne.
Con i motivi aggiunti vengono impugnati la deliberazione della Giunta Municipale di annullamento della precedente e di indizione di una nuova selezione pubblica, e gli atti applicativi della stessa (in particolare: la determinazione dirigenziale che ha dato corso alla procedura selettiva ed approvato il relativo bando di concorso, nonché il bando medesimo).
In via preliminare va dichiarata l’improcedibilità del ricorso introduttivo, nella parte in cui esso ha ad oggetto la deliberazione della Giunta Comunale n. 22/2013. Come appena ricordato, infatti, detta deliberazione è stata annullata ed interamente sostituita dalla deliberazione di Giunta impugnata con il ricorso per motivi aggiunti: nel caso di specie deve, perciò, applicarsi in parte qua l’insegnamento giurisprudenziale, secondo cui l’annullamento in autotutela del provvedimento impugnato comporta l’improcedibilità della relativa domanda caducatoria per sopravvenuta carenza di interesse (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 27 settembre 2013, n. 807).
Sul punto non può, invece, parlarsi di (parziale) cessazione della materia del contendere, atteso che la deliberazione n. 107/2013, recante l’annullamento in autotutela della precedente n. 22/2013, ha a sua volta deciso contestualmente l’indizione di una selezione pubblica per l’assunzione di personale a tempo determinato nel profilo di Agente di Polizia Locale. Essa, quindi, non può ritenersi in alcun modo atto satisfattivo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34 c.p.a., della pretesa azionata dai ricorrenti, tanto è vero che questi ultimi l’hanno impugnata con i motivi aggiunti.
Il ricorso originario è, invece, fondato per quanto concerne l’impugnazione della deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta n. 20/2013, per le ragioni già delineate dalla sentenza di questa Sezione n. 321 dell’11 maggio 2006, da cui il Collegio non ravvisa elementi sufficienti per discostarsi e che si intendono in questa sede richiamate. Vero è che nel frattempo cambiata la normativa primaria di riferimento, costituita ora non più dagli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986, ma dall’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006. Tuttavia l’interpretazione contraria, invocata dalla difesa comunale, per la quale le discriminazioni vietate da tale norma in materia di altezza per l’accesso ai pubblici impieghi sono solamente quelle fondate sul sesso, cioè quelle che impongono un limite di altezza unico per i sessi, non convince, per molteplici profili:
a) per un motivo letterale, avendo l’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006 riprodotto la disciplina già prevista dagli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 (abrogati dall’art. 57 del citato decreto legislativo), sintetizzandola in un’unica disposizione, ma senza mutarne i contenuti;
b) per motivi logici e sistematici, poiché, a voler ritenere che l’inserimento all’interno del “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” (d.lgs. n. 198/2006) di una disciplina – quella degli artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 – rimasta immutata nella sua formulazione, ne abbia modificato la portata, restringendola alle sole discriminazioni in materia di altezza tra i sessi, sorgerebbe un problema di incostituzionalità del d.lgs. n. 198 cit., per violazione dell’art. 76 Cost., sotto il profilo dell’eccesso rispetto alla delega conferita con l’art. 6 della l. n. 246/2005;
c) ancora per motivi logici, in quanto già l’art. 2 della l. n. 874/1986, al pari dell’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006, prevedeva – per la definizione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, delle ipotesi in cui vengono ammessi i limiti di altezza – che fosse sentita la Commissione per la parità tra uomo e donna (all’epoca “Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna”) e tuttavia non per questo i citati artt. 1 e 2 della l. n. 874/1986 si interpretavano come volti unicamente ad impedire discriminazioni in materia di altezza tra i sessi;
d) da ultimo, sempre per motivi logici, perché se fosse vero che ciascuna Amministrazione può, nei propri regolamenti e bandi di concorso, introdurre limiti di altezza per l’accesso agli impieghi, con il solo divieto di utilizzare tali limiti per discriminazioni tra i concorrenti basate sul sesso – essendo questo l’unico divieto posto dall’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 198/2006 – sarebbe del tutto inutile e priva di senso la già citata previsione del predetto art. 31, comma 2, che demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di dettare le ipotesi in cui sono ammessi i limiti di altezza. Non si capirebbe, infatti, perché l’art. 31, comma 2, cit., abbia indicato una specifica fonte normativa (il d.P.C.M.) per l’elencazione dei casi in cui si ammettono limiti di altezza, se, poi, ogni P.A. può con proprio atto introdurre altri e distinti limiti di altezza: il che tanto più rileva nel caso in esame, giacché è tuttora vigente il d.P.C.M. 22 luglio 1987, n. 411, il quale ha elencato le ipotesi in cui sono ammessi i limiti di altezza per la partecipazione ai concorsi pubblici, senza ricomprendervi i concorsi per Agente di Polizia Locale.
Come rammentato anche dalla già menzionata sentenza di questa Sezione n. 321/2006, del resto, la fissazione di un ulteriore requisito soggettivo di accesso al pubblico impiego (la statura) mediante il regolamento del Corpo di Polizia Municipale appare illegittima anche sotto il profilo dell’inidoneità della fonte (secondaria) prescelta rispetto alla fonte di produzione tipica ex art. 51 Cost..
Le preoccupazioni avanzate dal Comune di Gaeta in punto di fatto, legate alla possibilità di impiego degli Agenti di Polizia Municipale in compiti di ordine pubblico, a prescindere dalla loro irrilevanza a fronte del delineato quadro normativo, sono poi confutate dalla circostanza dell’avere il medesimo Comune mantenuto in servizio i ricorrenti, stipulando con essi molteplici contratti di lavoro a tempo determinato, fino al 15 marzo 2013.
In definitiva, non si può condividere, per tutte le ragioni sopra illustrate, la pretesa di estendere alla Polizia Locale la disciplina prevista per gli Agenti della Polizia di Stato, sul rilievo di una (pretesa) affinità delle mansioni. Ne deriva che l’impugnazione della deliberazione della Giunta n. 20/2013 è fondata e da accogliere, essendo fondati tutti i motivi contro di essa dedotti dai ricorrenti in sede di ricorso originario e reiterati con i motivi aggiunti; per conseguenza, la deliberazione in discorso va annullata.
Venendo al ricorso per motivi aggiunti, il Collegio deve in via preliminare scrutinare le eccezioni di rito proposte avverso lo stesso dalla difesa comunale, sintetizzabili:
a) nel difetto di giurisdizione da cui sarebbe affetto il gravame proposto, per avere esso ad oggetto l’accertamento dell’intervenuta conversione del rapporto di lavoro dei ricorrenti in rapporto a tempo indeterminato;
b) nell’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, vista la mancanza di fondi per assumere i due ricorrenti, nonché quanti hanno proposto distinto ricorso con analogo oggetto, con contratto a tempo indeterminato;
Nessuna delle suesposte eccezioni pregiudiziali può trovare accoglimento.
Ed invero, va anzitutto respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune di Gaeta, nel caso di specie formano oggetto di impugnazione gli atti di indizione di una procedura concorsuale, cosicché deve trovare applicazione l’insegnamento della più autorevole giurisprudenza, per cui la contestazione della procedura di indizione di un concorso è devoluta alla cognizione del G.A. (cfr. C.d.S., A.P., 28 luglio 2011, n. 14): la contestazione, infatti, investe l’esercizio di un potere della P.A., cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, 21 marzo 2013, n. 440).
Del resto, è la stessa difesa comunale ad affermare che, per conseguire la declaratoria dell’avvenuta conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, i ricorrenti hanno azionato distinto rimedio – e, segnatamente, il ricorso ex art. 700 c.p.c. – dinanzi al G.O. in veste di Giudice del Lavoro. Va, quindi, condivisa sul punto la replica dei ricorrenti, i quali hanno rimarcato l’estraneità al gravame in epigrafe di qualsiasi domanda di accertamento dell’esistenza di posizioni di diritto soggettivo, ed in specie del diritto alla protrazione a tempo indeterminato dei loro rapporti di lavoro.
Va respinta, altresì, l’eccezione di inammissibilità del gravame per carenza di interesse.
Ed invero, la mancanza di fondi sufficienti per assumere i ricorrenti con contratti di lavoro a tempo indeterminato non incide in alcun modo sull’interesse degli stessi a far sì che la P.A., anziché indire una nuova selezione per assumere personale precario, scegliesse di avvalersi della facoltà di proroga di cui all’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012.
Detta norma ha attribuito alle Pubbliche Amministrazioni il potere di prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere al 30 novembre 2012, che superano il limite di trentasei mesi, fino al 31 luglio 2013; tale limite è stato ulteriormente portato al 31 dicembre 2013, a seguito delle modifiche apportate all’art. 1, comma 400, cit., dall’art. 4, comma 4, del d.l. n. 54/2013, conv. con l. n. 85/2013. I ricorrenti, pertanto, avevano un indubbio interesse a che il Comune di Gaeta si avvalesse della facoltà di proroga prevista dall’art. 1, comma 400, della l. n. 228 cit.: facoltà, per il cui esercizio risultava presupposto imprescindibile la previa rimozione della procedura concorsuale (da ottenersi mediante l’accoglimento del ricorso proposto in questa sede). Né su tale interesse può incidere l’invocata carenza di fondi per le assunzioni a tempo indeterminato, investendo la proroga de qua rapporti di lavoro che conservano la configurazione di rapporti a tempo determinato. Donde l’infondatezza della riferita eccezione di carenza di interesse.
Nel merito, il ricorso per motivi aggiunti è fondato e va accolto per i medesimi motivi già indicati in sede cautelare, da cui il Collegio, pur ad un più approfondito esame proprio della fase di merito del giudizio, non ravvisa elementi per discostarsi.
Invero, la decisione di non avvalersi della facoltà di proroga di cui all’art. 1, comma 400, della l. n. 228/2012 viene motivata dalla deliberazione della Giunta Comunale n. 107 del 10 aprile 2013 con riferimento alla necessità di un incremento del personale di Polizia Municipale nei mesi di agosto e settembre, originariamente non coperti dall’art. 1, comma 400, cit.: quest’ultimo, infatti, prima delle modifiche apportatevi dall’art. 4, comma 4, del d.l. 21 maggio 2013, n. 54, limitava la proroga al 31 luglio 2013. Tuttavia, sia la determinazione dirigenziale n. 45 del 2013 (di indizione del concorso), sia lo stesso bando di concorso non limitano in nessun modo l’assunzione del personale ai soli mesi di agosto e settembre ed anzi, affermano esplicitamente che alla graduatoria approvata in esito alla predetta selezione “si attingerà per le assunzioni a tempo determinato che si renderanno necessarie durante il periodo di validità della stessa” (così il punto c) del dispositivo della determinazione n. 45 cit.; v., altresì, l’art. 7 del bando). Ciò, del resto, è ammesso dalla stessa difesa del Comune, la quale riconosce espressamente la possibilità che la citata graduatoria, durante il triennio della sua vigenza, sia utilizzata per assumere personale anche in altri periodi dell’anno. Peraltro, già la deliberazione n. 107/2013 – nelle sue premesse ed in flagrante contraddizione rispetto alla motivazione enunciata per rifiutare la proroga dei contratti dei ricorrenti – dà atto che alla graduatoria “si attingerà per le assunzioni a tempo pieno e determinato che si renderanno necessarie durante il periodo di validità della stessa” (tre anni a far data dalla sua pubblicazione); con ulteriore ambiguità, tuttavia, al punto 3) del dispositivo viene richiesto al Comandante della Polizia Municipale di attivare la procedura di selezione per l’assunzione di personale a tempo determinato nel profilo di Agente di Polizia Locale “nei periodi (di) maggiore affluenza turistica”.
Dall’illustrato contrasto scaturisce la fondatezza delle doglianze di contraddittorietà e sviamento di potere dedotte con il terzo motivo aggiunto.
La contraddizione tra la motivazione addotta dal Comune nella deliberazione n. 107/2013 per non avvalersi della proroga ex art. 1, comma 400, cit., e le determinazioni successivamente assunte – in asserita consequenzialità rispetto alla predetta deliberazione – è sintomatica, innanzitutto, del vizio di eccesso di potere per contraddittorietà degli atti impugnati. Per la costante giurisprudenza, infatti, tale vizio si rinviene in presenza di un provvedimento che evidenzi contraddizioni od incongruenze rispetto a precedenti valutazioni della stessa Autorità emanante, o di manifestazioni di volontà, che si pongano in contrasto fra di loro (cfr., ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 2 maggio 2011, n. 753; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 4 novembre 2010, n. 22679).
Inoltre, la descritta contraddizione è sintomatica dello sviamento di potere da cui, del pari, risultano affetti gli atti gravati e che conduce, a sua volta, a considerarli illegittimi.
In argomento si ricorda che, per la costante giurisprudenza (cfr. C.d.S., Sez. IV, 8 gennaio 2013, n. 32), lo sviamento consiste nell’effettiva e comprovata divergenza fra l’atto e la sua funzione tipica, ovvero quando il potere è stato esercitato per finalità diverse da quelle enunciate dal Legislatore con la norma attributiva dello stesso e, in particolare, quando l’atto posto in essere sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico. Peraltro, la censura di sviamento deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dare conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non bastando mere supposizioni od indizi, che non si traducano nella dimostrazione della finalità illegittima perseguita in concreto dalla P.A. (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 7 giugno 2013, n. 524).
Tanto premesso, nel caso in esame il carattere meramente surrettizio della motivazione addotta dal Comune di Gaeta a fondamento della decisione di non avvalersi della proroga ex art. 1, comma 400, cit. si ricava proprio dalla non limitazione delle assunzioni dei vincitori della procedura concorsuale gravata ai soli mesi di agosto e settembre, e dall’estensione della possibilità di tali assunzioni anche agli altri mesi dell’anno: risulta, perciò, comprovato che nel caso di specie il Comune non ha affatto inteso fronteggiare le esigenze di maggior presenza dei presidi di Polizia Locale per il controllo del territorio derivanti dal maggior afflusso di turisti nei mesi estivi, ed in specie nei mesi di agosto e di settembre, come affermato nelle premesse della deliberazione n. 107/2013. In realtà, il Comune ha esercitato il potere in esame per il ben diverso fine di precostituirsi un’ennesima riserva di personale a tempo determinato, ad onta della disciplina su tale tipo di rapporto di lavoro.
Appare altresì fondata – ed è essa stessa sintomatica dello sviamento di potere in cui risulta incorso il Comune di Gaeta – la doglianza di illegittimità degli atti gravati per avere essi confuso le distinte nozioni – elaborate dalla giurisprudenza sulla base dell’ora abrogato art. 1 della l. n. 230/1962 – di lavoro stagionale e di “punte stagionali”: invero, mentre il primo per sua natura non può eccedere i limiti temporali di una stagione (sia pure intesa in senso lato), le cd. punte stagionali si verificano in presenza di un’intensificazione dell’attività ordinaria (non stagionale), cui non si riesca a sopperire con il normale organico (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 29 gennaio 1993, n. 1095). Nel caso ora in esame, il Comune di Gaeta, essendosi riservato la possibilità di assumere il personale a tempo determinato anche in periodi diversi dai mesi di agosto e settembre, ha preteso di qualificare in termini di lavoro stagionale una fattispecie che va, invece, ascritta alle cd. punte stagionali: con il ché, risulta vieppiù confermato il carattere surrettizio ed apparente della motivazione addotta dall’Amministrazione per spiegare la decisione di non avvalersi della proroga ex art. 1, comma 400, cit..
Non convincono le opposte argomentazioni addotte dalla difesa comunale, incentrate tutte, in buona sostanza, sulla mancanza di fondi per procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato: a confutazione delle stesse, infatti, è sufficiente rilevare che l’art. 1, comma 400, cit. prevede la mera proroga di contratti che, comunque, restano a tempo determinato. Né può trascurarsi che l’indizione di una procedura concorsuale ha importanti costi, del tutto assenti nell’ipotesi di utilizzo del rimedio ex art. 1, comma 400 cit.. Gli atti gravati, quindi, appaiono ben lungi dal comportare quel risparmio di spesa, che pure si pretende ad essi sotteso: con il ché paiono confermati, anche sotto il profilo ora indicato, i vizi di contraddittorietà e sviamento da cui sono affetti gli atti in questione.
Il punto richiede un ultimo approfondimento.
La deliberazione n. 107/2013 adduce, a giustificazione del diniego di proroga, anche la circostanza che detta proroga avrebbe inciso negativamente sul limite di spesa cui è assoggettato il Comune di Gaeta, stabilito dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 nel 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009: si tratta, tuttavia, di un assunto del tutto indimostrato e che, anzi, trascura la possibilità (evidentemente intrinseca al meccanismo previsto dall’art. 1, comma 400, cit.) di valersi della predetta proroga entro il limite di spesa ora riferito, modulando temporalmente i contratti con modalità analoghe a quelle già seguite nel triennio di validità della precedente graduatoria. Peraltro, l’argomento secondo cui la proroga dei contratti a tempo determinato avrebbe inciso negativamente sul limite di spese ex art. 9, comma 28, cit., viene utilizzato dalla deliberazione n. 107/2013 cit. per sostenere che, in tal modo, non si sarebbe poi potuto più assumere personale nei mesi della stagione estiva, pur in presenza di un aumento delle esigenze di controllo del territorio: ma si è già visto che il Comune ha manifestato l’intenzione di attingere alla nuova graduatoria derivante dalla procedura concorsuale contestata anche per assunzioni a tempo determinato in periodi diversi da quello estivo, cosicché pure per questo verso la motivazione addotta dalla P.A. si configura come apparente e non sfugge ai profili di contraddittorietà sopra diffusamente evidenziati.
In definitiva, pertanto, il ricorso per motivi aggiunti è fondato e va accolto, attesa la fondatezza del terzo motivo con lo stesso dedotto e previo assorbimento degli ulteriori motivi. Per l’effetto, vanno annullati gli atti con esso impugnati, ed in specie la deliberazione della Giunta Municipale di Gaeta n. 107/2013, la determinazione dirigenziale n. 45/2013 e l’avviso di selezione pubblica del 19 aprile 2013.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo a carico del Comune di Gaeta, risultato soccombente sia – in parte – rispetto al ricorso introduttivo, sia rispetto a quello per motivi aggiunti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione Prima), così definitivamente pronunciando sul gravame originario e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:
a) dichiara improcedibile il ricorso originario, nella parte in cui ha ad oggetto la deliberazione n. 22 del 2013, e lo accoglie, invece, nella parte in cui ha ad oggetto la deliberazione n. 20 del 2013, per l’effetto annullando l’indicata deliberazione n. 20;
b) accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla gli atti con essi impugnati.
Condanna il Comune di Gaeta al pagamento in favore dei ricorrenti di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in € 2.500,00 (duemilacinquecento/00) complessivamente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del giorno 21 novembre 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


PROCESSO: nel rito speciale del silenzio-inadempimento, il preavviso di rigetto "ex" art. 10-bis della L.n. 241/1990 è inidoneo a determinare la pronuncia di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse in caso di mancata impugnazione (Cons. St., Sez. V, sentenza 17 ottobre 2013 n. 5040).


PROCESSO:
 nel rito speciale del silenzio-inadempimento,
il preavviso di rigetto
 "ex" art. 10-bis della L.n. 241/1990 
è inidoneo a determinare la pronuncia 
di improcedibilità del ricorso 
per sopravvenuta carenza di interesse 
in caso di mancata impugnazione 
(Cons. St., Sez. V, 
sentenza 17 ottobre 2013 n. 5040).


Massima

1. Gli atti endoprocedimentali quali quelli adottati dalla Regione non fanno venire meno il silenzio inadempimento dell’appellata, atteso che l’obbligo, cui va traguardata l’azione avverso il silenzio della P.A., ha per oggetto l’adozione del provvedimento finale nel termine complessivo stabilito per quel determinato procedimento. 
2.  “Il preavviso di rigetto, essendo atto meramente interlocutorio finalizzato a stimolare il contraddittorio infraprocedimentale, non è idoneo ad assolvere all'obbligo dell'Amministrazione di concludere il procedimento con una determinazione espressa, come sancito dall'art. 2 L. 7 agosto 1990 n. 241, sicché nel caso di ricorso proposto ai sensi dell'art. 117 Cod. proc. amm. per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio-rifiuto, il giudice deve dichiarare l'obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi con un provvedimento che abbia il carattere sostanziale della definitività” (Cons. St., Sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3798).


Sentenza per esteso

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6705 del 2012, proposto da:
Delta Petroli S.p.A., rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Scanzano, con domicilio eletto presso Studio Legale Chiomenti, in Roma, via XXIV Maggio, n. 43; 
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Triggiani, Tiziana Colelli, con domicilio eletto presso Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, n. 92; 
nei confronti di
Comitato Cittadino Minervino Sana; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 01389/2012, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dalla Regione Puglia sull'istanza di valutazione di impatto ambientale per l'esercizio di una piattaforma destinata al trattamento, valorizzazione e stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi nel comune di Minervino Murge.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti l’avvocato F. Scanzano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Considerato che l’odierno appellante proponeva ricorso ex art. 117 c.p.a. dinanzi al TAR per la Puglia per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Puglia sull’istanza di valutazione di impatto ambientale per l’esercizio di una piattaforma destinata al trattamento, valorizzazione e stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi nel Comune di Minervino Murge e per la condanna al risarcimento del danno.
2. Rilevato che il primo Giudice dichiarava l’improcedibilità della domanda volta all’accertamento dell’illegittimità del silenzio per effetto dell’atto di preavviso di diniego (in data 12 marzo 2012) e della successiva richiesta di integrazione documentale (in data 3 maggio 2012), disponendo la prosecuzione del giudizio secondo il rito ordinario per la trattazione della connessa domanda di risarcimento del danno.
3. Considerato che l’appellante nell’atto di gravame si duole della pronuncia del Tribunale in quanto il procedimento di rilascio della VIA deve avere una durata massima di 150 giorni dal momento del deposito del progetto da parte del proponente, pertanto, considerata la data della presentazione (21 ottobre 2010), lo stesso si sarebbe dovuto concludere il 21 marzo 2011. Sicché l’inadempimento della Regione sarebbe in quel momento maturato, tanto che i successivi atti regionali: 1) il preavviso di diniego del 12 marzo 2012; 2) la richiesta di integrazione documentale del 3 maggio 2012, non potevano produrre un effetto di proroga del termine procedimentale già scaduto.
4. Rilevato che l’appellante sostiene che il mero preavviso di diniego non sterilizzerebbe l’interesse alla pronuncia giurisdizionale e, pertanto, il primo Giudice non avrebbe potuto adottare una sentenza dichiarativa del difetto di interesse dell’originario ricorrente.
5. Considerato che in subordine, ove si aderisse all’interpretazione offerta dal Tribunale, l’appellante chiede disporsi rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE per violazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
6. Rilevato che a giudizio dell’originario ricorrente l’orientamento fatto proprio dal TAR sull’interpretazione dell’art. 10 bis, l. 241/90, sarebbe lesivo degli artt. 3, 24, 111 e 113 cost., tanto da imporre una rimessione alla Corte costituzionale.
7. Considerato che in data 4 ottobre 2013 l’appellante depositava dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse.
8. Rilevato che sussistono ex art. 74 c.p.a. i presupposti per adottare pronuncia in forma semplificata, risultando l’odierno appello manifestamente improcedibile in ragione della dichiarazione dell’appellante sopra richiamata.
9. Rilevato che la Regione Puglia si costituiva in giudizio in data 7 ottobre 2013.
10. Valutato che ai soli fini della soccombenza virtuale per regolare le spese del presente giudizio, va considerato che gli atti endoprocedimentali quali quelli adottati dalla Regione non fanno venire meno il silenzio inadempimento dell’appellata, atteso che l’obbligo, cui va traguardata l’azione avverso il silenzio della p.a., ha per oggetto l’adozione del provvedimento finale nel termine complessivo stabilito per quel determinato procedimento. Sicché come già chiarito da questo Consiglio, Sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3798: “Il preavviso di rigetto, essendo atto meramente interlocutorio finalizzato a stimolare il contraddittorio infraprocedimentale, non è idoneo ad assolvere all'obbligo dell'Amministrazione di concludere il procedimento con una determinazione espressa, come sancito dall'art. 2 L. 7 agosto 1990 n. 241, sicché nel caso di ricorso proposto ai sensi dell'art. 117 Cod. proc. amm. per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio-rifiuto, il giudice deve dichiarare l'obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi con un provvedimento che abbia il carattere sostanziale della definitività”.
11. Considerato, pertanto, che la soccombenza virtuale impone di porre a carico dell’appellata le spese del presente giudizio che vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Condanna la Regione Puglia alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 2000 (duemila) oltre agli accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)