ADUNANZE PLENARIE & MILITARI:
sull'indennità di trasferimento del personale militare
in caso di soppressione della sede di servizio
(Ad. Plen., sentenza 29 gennaio 2016, n. 1)
Principio
di diritto
Prima
dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24
dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29
marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento
prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede
di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di
appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di
gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli
ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova
e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in
comuni differenti.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 8 di A.P. del 2015, proposto dal Ministero
dell'economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza – in
persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per
legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei
Portoghesi n. 12;
contro
i
signori Luciano Giamberardino, Demetrio Dosa, Giacomo Ficchì, Giulio Ciociola,
Gabriele Rizzi, Nunzio Marmorea, Andrea Rizza, Marco Colombo, tutti
rappresentati e difesi dall'avvocato Aldo Travi, con domicilio eletto presso lo
studio dell’avvocato Fabrizio Ravidà in Roma, via Attilio Bertoloni n. 44/46;
per
la riforma
della
sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Milano - Sezione I, n. 569 del 28
febbraio 2014.
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio dei signori Luciano Giamberardino, Demetrio
Dosa, Giacomo Ficchì, Giulio Ciociola, Gabriele Rizzi, Nunzio Marmorea, Andrea
Rizza, Marco Colombo;
Viste
le memorie difensive depositate dall’Amministrazione e dagli intimati;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2015 il consigliere Vito Poli e
uditi per le parti gli avvocati Aldo Travi (in sede di chiamata preliminare) e
Maurizio Greco (per l’Avvocatura generale dello Stato);
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1.
L’ OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1.
L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di corresponsione
dell’indennità di trasferimento, prevista dall’art. 1, legge n. 86 del 29 marzo
2001, proposta da alcuni militari appartenenti al Corpo della Guardia di
finanza.
1.2.
Più in dettaglio, giova evidenziare in fatto che:
a)
nell’ambito di una più vasta manovra di revisione dell’organizzazione
territoriale del Corpo della Guardia di finanza, il Comandante generale del
Corpo ha soppresso la Tenenza ubicata nel Comune di Sesto Calende (in provincia
di Varese) con decorrenza 1° agosto 2011 (cfr. determinazione 15 giugno 2011);
b)
con nota del Comando regionale Lombardia in data 22 giugno 2011, i militari in
servizio presso la Tenenza di Sesto Calende sono stati invitati a proporre
domanda di trasferimento presso altri reparti ubicati all’interno della
circoscrizione territoriale ricompresa nel Comando interregionale dell’Italia
Nord-occidentale con la previsione dell’assegnazione alla sede prescelta anche
in soprannumero;
c)
i signori Luciano Giamberardino, Demetrio Dosa, Giacomo Ficchì, Giulio
Ciociola, Gabriele Rizzi, Nunzio Marmorea e Andrea Rizza, hanno indicato quale
nuova sede di servizio la Compagnia di Gallarate, mentre il signor Marco
Colombo ha indicato il Gruppo della G.d.f. di Malpensa (cfr. le corrispondenti
otto istanze di trasferimento a domanda, tutte datate 13 luglio 2011, ed
espressamente motivate, conformemente alla modulistica di riferimento, in
relazione alla soppressione della Tenenza di Sesto Calende);
d)
con determinazioni del Comando regionale Lombardia, tutte datate 21 luglio
2011, i su menzionati militari sono stati trasferiti a domanda nelle sedi
prescelte.
2.
IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO.
2.1.
Ricusata dall’Amministrazione la richiesta stragiudiziale di corresponsione
dell’indennità di trasferimento ex art. 1, l. n. 86 del 2001, gli istanti hanno
proposto ricorso davanti al T.a.r. per la Lombardia – allibrato al nrg. 2646
del 2012 - per l’accertamento del relativo diritto e la condanna al pagamento
della sorte capitale maggiorata dagli interessi legali dalla data del
trasferimento e sino all’effettivo soddisfo.
2.2
Radicatosi il contraddittorio, l’impugnata sentenza - T.a.r. per la Lombardia –
Milano - Sezione I, n. 569 del 28 febbraio 2014 -:
a)
ha ritenuto che il movimento di personale in questione, poiché disposto
nell’interesse dell’Amministrazione, fosse da sussumersi nel genus del
trasferimento d’ufficio e sotto tale angolazione perdesse rilevanza la
presentazione di una domanda di assegnazione alla sede prescelta da parte di
ciascuno dei militari ricorrenti perché comunque costretti ad abbandonare
l’originaria sede di servizio;
b)
ha considerato non retroattiva, e quindi ininfluente, la norma sopravvenuta nel
corso del giudizio - sancita dall’art. 1, co. 163, legge n. 228 del 24 dicembre
2012 che ha introdotto nel corpo dell’art. 1, l. n. 86 del 2001, il comma 1-bis -
in forza della quale è vietato corrispondere l’indennità in questione ai
militari trasferiti ad altra sede di servizio a seguito della soppressione del
reparto di appartenenza;
c)
ha condannato l’Amministrazione al pagamento della sorte capitale maggiorata
degli interessi legali;
d)
ha respinto la richiesta di rivalutazione monetaria delle somme dovute (tale
capo non è stato impugnato);
e)
ha compensato fra le parti le spese di lite.
3.
IL GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA IV SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.
3.1.
Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il Ministero dell'economia e
delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza – ha interposto
appello avverso la su menzionata sentenza articolando due connessi motivi di
gravame:
a)
con il primo (pagine 3 – 7 del ricorso), è stata lamentata la violazione e
falsa applicazione della legge n. 86 del 2001 nonché l’erronea valutazione
degli atti di causa; in particolare, richiamata la disciplina dei trasferimenti
(d’autorità e a domanda) e la novella introdotta dall'art. 1, co. 163 della l.
n. 228 del 2012, ed evidenziato il suo carattere innovativo e non
interpretativo, si nega che il criterio ermeneutico dell’argumentum a
contrario possa comportare il riconoscimento legale del diritto
all’indennità, in caso di trasferimenti conseguenti a soppressione di reparti o
articolazioni, per il periodo precedente e secondo la disciplina ante vigente
al 1° gennaio 2013;
b)
con il secondo motivo (pagine 7 – 12), è stata messa in luce la rilevanza della
dichiarazione di gradimento nell'ipotesi di trasferimento conseguente alla
soppressione del reparto; secondo l’Amministrazione militare, la presentazione
di istanza, contenente comunque una opzione preferenziale di gradimento per una
sede, esclude in radice, secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali, la
configurabilità di un trasferimento d’autorità.
3.2.
Si sono costituiti in giudizio gli intimati confutando, con dovizia di
argomenti ma nel rispetto del dovere di sinteticità, la fondatezza dell’appello
di cui hanno chiesto il rigetto.
3.3.
Con ordinanza n. 5407 del 26 novembre 2014 è stata accolta la richiesta di
sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza <<Considerato
che l’appello richiede definizione nel merito con approfondita rimeditazione
della problematica, e che a tal fine sarà fissata, con decreto presidenziale,
udienza di discussione nel tempo ragionevolmente più congruo; Considerata
l’opportunità che, nelle more della definizione di merito, la res
litigiosa permanga adhuc integra>>.
4.
L’ORDINANZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ADUNANZA PLENARIA.
4.1.
Con ordinanza n. 3269 del 1 luglio 2015, la IV Sezione del Consiglio di Stato:
a)
ha ricostruito analiticamente, in chiave storica e sistematica, l’istituto
dell’indennità di trasferimento di cui al più volte menzionato art. 1, l. n. 86
del 2001;
b)
ha dato atto del contrasto registratosi nella giurisprudenza del Consiglio di
Stato (anche in sede consultiva) e del Consiglio di giustizia amministrativa
per la regione siciliana, circa la possibilità di considerare sussistenti i
presupposti per il riconoscimento dell’indennità, in presenza di clausole di
gradimento accessive al provvedimento di trasferimento (situazione cui ha assimilato
quella in cui sia stata presentata una vera e propria domanda di
trasferimento);
c)
ha manifestato univocamente la preferenza per la tesi – che ha fatto risalire
alla decisione della Quarta Sezione n. 5201 del 23 ottobre 2008 – secondo cui<<…..la
dichiarazione di gradimento e cioè la dichiarazione di accettazione del
trasferimento a domanda impedisce la configurabilità di un trasferimento
d’ufficio, in quanto non si è in presenza di una mera dichiarazione di
disponibilità al trasferimento; né ha alcun autonomo rilievo la circostanza che
con il predetto trasferimento l’Amministrazione ha perseguito un interesse
proprio: attivando le procedure di reperimento del personale con la richiesta
di espressa disponibilità al trasferimento a domanda, essa ha inteso far
coincidere, nel pieno rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed
imparzialità che devono guidare l’azione amministrativa, l’interesse privato
con quello pubblico, senza che quest’ultimo in concreto possa considerarsi
prevalente…. Collegandosi alle incisive argomentazioni della decisione n. 5201
del 23 ottobre 2008, risulta, ad avviso di questo Collegio, assai difficile
negare la sostanziale consensualizzazione del movimento, e che questo quindi
non giunga, per dir così "a sorpresa", sebbene in un quadro in cui
all'interessato è stato offerto di poter valutare la soluzione preferibile
nell'ambito delle sedi viciniori disponibili, e di poter calibrare la sua
indicazione in funzione delle sue esigenze di vita, familiare e relazionale.
Non
ritiene, invece, il Collegio che possa annettersi alcun rilievo esegetico alla
disciplina novativa di cui al comma 1 bis, poiché l'argomento a contrario, in
senso proprio e stretto, e quello che equivale al criterio esegetico "ubi
lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", laddove non pare che una norma
sopravvenuta che disciplina in modo precipuo una fattispecie, e in quella
disciplina esaurisce la sua portata e i suoi effetti, possa avere valore
interpretativo retroattivo della fattispecie medesima.
In
altri termini, la circostanza che i trasferimenti per soppressione di reparto
siano ora collocati fuori dall'ambito applicativo entro il quale opera il
riconoscimento del beneficio, non può condurre a sostenere, che invece, per il
passato, vi ricadessero, o quantomeno a riconoscere valore risolutivo della
questione esegetica, trascurando peraltro la circostanza che la nuova
disciplina prescinde affatto da qualsiasi consensualizzazione del
movimento.>>;
d)
ha sottoposto all’Adunanza planaria la seguente questione ovvero <<se
debba riconoscersi l'indennità di cui all'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo
2001, n. 86 al personale ivi contemplato, e nel caso di specie a militari e
sottufficiali della Guardia di Finanza, che, in relazione alla soppressione (o
dislocamento) del reparto o articolazione organizzativa in cui prestavano
servizio, abbiano espresso, comunque, una indicazione preferenziale di
gradimento relativa a una sede distante oltre dieci chilometri da quella a quo,
cui sia stato dato seguito dall'Amministrazione. Il tutto per le ipotesi non
ricadenti sotto la vigenza dell’art. 1 comma 163 L. 24.12.2012 n. 228.>>.
4.2.
All’udienza pubblica del 18 novembre 2015 la causa è stata trattenuta in
decisione.
5.
NATURA GIURIDICA E PRESUPPOSTI APPLICATIVI DELL’INDENNITA’ EX ART. 1, L. N. 86
DEL 2001.
5.1.
E’ da premettersi che la questione che deve essere affrontata dall’Adunanza
plenaria riguarda sotto il profilo soggettivo il personale militare e sotto
quello cronologico situazioni ad esaurimento perché, dal 1° gennaio 2013, la
soppressione (o la diversa dislocazione) dei reparti (e delle relative
articolazioni), cui consegua il trasferimento d’autorità del personale
interessato alla movimentazione, ai sensi del menzionato comma 1-bis, in
nessun caso può consentire il pagamento di qualsivoglia emolumento (previsto a
titolo di rimborso spese o indennità), collegato a tale mutamento di sede di
servizio.
5.2.
Si riporta per comodità di lettura il più volte menzionato art. 1, l. n. 86 del
2001, rubricato Indennità di trasferimento, nel testo vigente
- evidenziando che il comma 1-bis è stato introdotto dall’art. 1,
co. 163, della l. n. 228 del 2012, a decorrere dal 1° gennaio 2013 ai sensi del
comma 561 del medesimo articolo -: <<1. Al personale volontario
coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze
di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma
dodecennale di cui al Codice dell'ordinamento militare emanato con decreto
legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , e, fatto salvo quanto previsto dall'
articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al
personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad
altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza,
compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera
per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per
i secondi dodici mesi.
1-
bis. L'indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso
previsti nei casi di trasferimento d'autorità non competono al personale
trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci
chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative
articolazioni.
2.
L'indennità di cui al comma 1 è ridotta del 20 per cento per il personale che
fruisce nella nuova sede di alloggio gratuito di servizio.
3.
Il personale che non fruisce nella nuova sede di alloggio di servizio può
optare, in luogo del trattamento di cui al comma 1, per il rimborso del 90 per
cento del canone mensile corrisposto per l'alloggio privato fino ad un importo
massimo di lire 1.000.000 mensili per un periodo non superiore a trentasei
mesi. Al rimborso di cui al presente comma si applica l'articolo 48, comma 5,
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.>>.
5.3.
La tesi propugnata dall’Amministrazione e fatta propria dall’ordinanza di
rimessione - secondo cui anche prima dell’entrata in vigore della novella al
più volte menzionato art. 1, l. n. 86 cit., la mobilità del personale militare
dovuta alla soppressione (ovvero alla diversa dislocazione) del reparto di
appartenenza se conseguente a domande di trasferimento o clausole di gradimento
accessive al provvedimento di trasferimento non integra il presupposto del
trasferimento d’autorità richiesto dalla legge – è suffragata da una parte
della giurisprudenza della Quarta, della Prima e della Seconda Sezione del
Consiglio di Stato (cfr. da ultimo Sez. IV, n. 3835 del 28 giugno 2012; Sez. I,
n. 1290 del 14 marzo 2013; Sez. II, n. 4407 del 25 ottobre 2013), e si basa, in
sintesi, oltre che sugli argomenti utilizzati dall’ordinanza di rimessione (retro §
4.1.), sulle ulteriori rationes decidendi, di seguito sintetizzate:
a)
la clausola di gradimento si risolve in una formale manifestazione di
acquiescenza al provvedimento di trasferimento con tutte le relative
conseguenze di carattere economico;
b)
la presentazione dell’istanza di trasferimento nella sede prescelta, a seguito
della soppressione del reparto di appartenenza, interrompe il nesso di
causalità fra la scelta organizzativa dell’Amministrazione e il successivo
movimento del militare interessato;
c)
la soppressione del reparto sostituito con un altro non dà luogo ad un vero e
proprio trasferimento d’autorità (che presuppone la permanenza della sede a
quo), ma ad un fenomeno di c.d. riorganizzazione necessitata.
5.4.
Tale tesi non può trovare accoglimento alla stregua delle seguenti
considerazioni.
5.4.1.
Storicamente, l’esigenza di sovvenire ai disagi personali e familiari legati ai
trasferimenti di sede di speciali categorie di personale statale
(fisiologicamente destinato a frequenti avvicendamenti) e, in particolare, del
personale militare – in relazione al quale il trasferimento d’autorità,
assumendo la veste di un vero e proprio ordine militare (ex art. 976 d.lgs. n.
66 del 15 marzo 2010, codice dell’ordinamento militare, che ha positivizzato il
diritto vivente), finisce per accentuarne l’onerosità quantomeno sotto il
profilo giuridico - ha costituito il presupposto di numerose interventi
normativi ad hoc, l’ultimo dei quali, per rilevanza sistematica, è
rappresentato dalla l. n. 86 del 2001 cit., che, in parte qua, ha
sostituito la disciplina recata dall’art. 1, l. n. 100 del 10 marzo 1987.
Circa
la natura giuridica, l’oggetto, i presupposti e gli effetti innovativi dettati
dalla l. n. 86 cit., si rinvia ai principi enucleati dall’Adunanza plenaria n.
23 del 14 dicembre 2011, senza tralasciare di osservare, specie in relazione a
quanto si dirà nel successivo § 5.4.4., che tale sentenza ha evidenziato come
il trendnormativo, in modo innovativo, è nel senso di restringere <<…il
raggio operativo del beneficio dell’indennità di trasferimento>>.
Sintetizzando
le condivisibili conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza di questo
Consiglio in ordine all’indennità di cui alla l. n. 86 cit. (che pure si pone,
per molti aspetti, in continuità con quella di cui alla l. n. 100 del 1987 ),
si osserva quanto segue:
a)
gli elementi costitutivi del diritto di credito alla corresponsione della
indennità di trasferimento sono: I) un provvedimento di trasferimento
d’ufficio; II) una distanza fra la vecchia e la nuova sede di oltre 10
chilometri; III) l’ubicazione della nuova sede in un comune diverso;
b)
è qualificabile come d’ufficio il trasferimento diretto a soddisfare in via
primaria l’interesse pubblico, da ritenersi prioritario nei casi di
assegnazione di funzioni superiori o spiccatamente diverse o di maggiore
responsabilità rispetto a quelle precedentemente ricoperte senza che rilevino
le eventuali dichiarazioni di assenso o di disponibilità dell’interessato; la
considerazione del requisito della permanenza del disagio arrecato dal nuovo
incarico a causa del mutamento, in senso proprio, della sede di servizio,
induce ad escludere, in linea generale, che in caso di comando o distacco possa
essere attribuita l’indennità con la conseguenza che la destinazione alla prima
sede di servizio al termine della stessa fase addestrativa non costituisce
trasferimento d’autorità (come risulta oggi esplicitato dall’art. 976, co.1,
cod. ord. mil.);
c)
in linea generale, e salve le specifiche deroghe normative, l’indennità di
trasferimento mutua lo stesso regime giuridico dell’indennità di missione; da
qui gli ulteriori conseguenti corollari: I) la decorrenza retroattiva delle
promozioni, eventualmente conseguite dal personale destinatario dell’indennità,
non comporta l’attribuzione ex novo del compenso ovvero il
ricalcolo per i periodi già decorsi alla data del decreto di promozione (ex
art. 4, l. n. 836 del 1973); II) non spetta il beneficio in ogni caso di
assegnazione solo temporanea ad altra sede di servizio (ad esempio in caso di
assegnazione ad una diversa sede per facilitare l’esercizio del mandato
elettorale), ovvero, atteso il carattere novativo del rapporto, nel caso di
superamento di concorso pubblico con il conferimento di posti di ruolo non
rientranti nella quota riservata al personale militare già in servizio;
d)
anche nella vigenza della l. n. 100 del 1987, il trasferimento del militare ad
altra sede, disposto a seguito della soppressione dell’ente o della struttura
alla quale il suddetto dipendente era originariamente assegnato, si qualificava
necessariamente come trasferimento d’ufficio in quanto palesemente preordinato
alla soluzione di un problema insorto a seguito di una scelta organizzativa
della stessa Amministrazione e, quindi, alla tutela di un pubblico interesse,
risultando ininfluente la circostanza che gli interessati fossero stati
invitati a presentare istanza di trasferimento e che agli stessi fosse stata
contestualmente offerta la possibilità d’indicare, per altro entro ben definiti
ambiti territoriali, le nuove sedi di gradimento (Cons. Stato, Sez. IV, 12
luglio 2007, n. 3964; successivamente, nello stesso senso, Cons. gist. amm., 18
giugno 2014, n. 333).
5.4.2.
Seguendo un approccio sostanziale all’interpretazione della disciplina di
riferimento, assume un valore decisivo la circostanza che il mutamento di sede
origina da una scelta esclusiva dell’Amministrazione militare che, per la
miglior cura dell’interesse pubblico, decide di sopprimere un reparto (o una
sua articolazione) obbligando inderogabilmente i militari di stanza a
trasferirsi presso la nuova sede, ubicata in un altro luogo, onde prestare il
proprio servizio.
Viene
integrato, dunque, il primo indefettibile presupposto divisato dalla legge
quale elemento costitutivo del diritto di credito alla corresponsione della
relativa indennità di trasferimento e, al contempo, si disvela la natura e la
portata della clausola di gradimento che ad esso eventualmente accede (ovvero
dell’istanza di trasferimento sollecitata in conseguenza della soppressione del
reparto di appartenenza del richiedente).
Tale
clausola, infatti, incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato
sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta
acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio
diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti
richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde
evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e
113, co. 1, Cost. (sin da Ad. plen., 20 novembre 1972, n. 12; successivamente e
da ultimo, cfr. Cons. giust. amm., 28 gennaio 2015, n. 75; Cons. Stato, Sez.
IV, 17 febbraio 2014, n. 74); in sintesi: condotta (espressa o tacita) univoca
sulla irrefutabile volontà di accettare gli effetti e l’operatività del
provvedimento; volizione libera, successiva o contestuale all’emanazione del
provvedimento astrattamente lesivo; irrilevanza della contingente tolleranza
manifestata anche attraverso il compimento di attività necessarie per
fronteggiare gli effetti del provvedimento lesivo in una logica soggettiva di
riduzione del pregiudizio.
L’acquiescenza
rende dunque irretrattabile l’individuazione della sede prescelta rendendo
inammissibili, per carenza di interesse ad agire, le eventuali iniziative
contenziose intraprese dal militare che subisce il trasferimento, ma non incide
sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla
legge al ricorrere di determinati presupposti; certamente anche il diritto di
credito in questione può essere oggetto di rinuncia (rectius rimessione
del debito nel linguaggio dell’art. 1236 c.c.), ma al verificarsi di tutte le
condizioni previste dalla richiamata disposizione che sono diverse e non
sovrapponibili rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie
dell’acquiescenza, non fosse altro che per la diversa indole della situazione
soggettiva coinvolta (diritto soggettivo in relazione alla spettanza
dell’indennità, interesse legittimo in relazione all’esercizio del potere
organizzatorio e gerarchico da parte dell’Autorità militare).
5.4.3.
Anche il precedente valorizzato nell’ordinanza di rimessione (Cons. Stato, Sez.
IV, n. 5201 del 2008, capostipite di una lunga serie di analoghe sentenze), non
ha mai affermato che le clausole di gradimento accessive ad ordini di
trasferimento consensualizzino l’ordine militare nell’ipotesi di soppressione
delle sedi a quo; tale precedente, invero, conformemente
all’indirizzo esegetico assolutamente prevalente formatosi sotto l’egida della
abrogata l. n. 100 del 1987, ha correttamente ritenuto che non si dovesse
consentire l’erogazione della pertinente indennità a seguito di un
trasferimento d’autorità (cui accedeva una clausola di gradimento della nuova
sede), disposto in relazione ad un normale movimento di personale militare
della G. di f. (nella specie il militare ricorrente era stato trasferito dal
Comando regionale di Catanzaro al Comando di Compagnia di Catanzaro, sezione di
Sellia Marina ubicata nell’omonimo comune); tanto nel decisivo presupposto che,
in questo caso, non fosse rinvenibile un reale interesse pubblico (prevalente
rispetto a quello del militare) al mutamento di sede, perché <<…sarebbe
stato possibile per l’interessato, negare il gradimento e rinunciare al
trasferimento presso il Comando Compagnia di Catanzaro, sez. operativa di
Sellia Marina>>.
Detto
altrimenti, il Consiglio di Stato ha inteso evitare un ingiustificato esborso
erariale in presenza di un trasferimento che, formalmente emanato come ordine
militare, nella sostanza dissimulava un trasferimento a domanda; evenienza
questa che non può mai verificarsi nel caso di soppressione del reparto (o
diversa dislocazione delle sue articolazioni), perché il militare è, per forza
di cose, obbligato ad abbandonare la precedente sede di servizio che non esiste
più.
5.4.4.
La norma introdotta dal più volte menzionato comma 1-bis non ha
natura di interpretazione autentica (già in questo senso cfr. l’indirizzo
inaugurato da Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; successivamente,
Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 5553; Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2088).
Una
siffatta conclusione si impone perché non si rinvengono tutti gli indici
rivelatori di tale peculiare categoria di norme, elaborati dalla consolidata
giurisprudenza costituzionale, europea ed amministrativa (cfr., da ultimo e fra
le tante, Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati;
Corte cost., 11 giugno 2010, n. 209; 6 dicembre 2004, n. 376; Cons. St., Ad.
plen., 25 febbraio 2014, n. 9; 24 maggio 2011, n. 9).
In
particolare, pur verificatosi il presupposto dell’incertezza applicativa della
norma antecedente quella asseritamente di interpretazione autentica - ancorché
si registri la presenza di un indirizzo largamente maggioritario in favore
della tesi sostenuta dagli odierni appellati - difetta non solo il (pur non
vincolante per l’interprete) requisito formale dato dalla auto qualificazione
della norma come di interpretazione autentica, ma soprattutto, non si riscontra
l’effetto tipico insito in tutte le norme di interpretazione autentica, ovvero
l’incidere su rapporti pendenti.
Sul
punto è dirimente quanto stabilito dai commi 163 e 561 del più volte menzionato
art. 1, l. n. 228 cit., secondo cui la nuova più restrittiva disciplina trova
applicazione a partire dal 1 gennaio 2013 e dunque si rende applicabile ai soli
movimenti di personale successivi a tale data, in base ad un’esegesi improntata
al principio generalissimo, codificato dall’art. 11 disp. prel. c.c., secondo
cui <<la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha
effetto retroattivo>>; il ché significa, in applicazione del
corollario applicativo tempus regit actum, che deve escludersi
in radice ogni possibilità di applicazione della innovativa disposizione ai
provvedimenti che (come quelli oggetto del presente giudizio) dispongono il
trasferimento del militare con decorrenza antecedente all’entrata in vigore del
più volte menzionato comma 1-bis.
Rafforza
tale conclusione anche il dato sistematico enucleabile dal raffronto del comma 1-bis, con
l’art. 3, co., 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350 – secondo cui<<74.
L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.
271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli
agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri
e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini
dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di
trasferimento di sede.>>- perché emerge con immediatezza che quando
la legge ha voluto dettare una norma di interpretazione autentica, in materia
di indennità di trasferimento con finalità di contenimento della spesa e
risoluzione dei contrasti giurisprudenziali, ha utilizzato le consuete clausole
normative tradizionalmente impiegate al perseguimento di tali obbiettivi.
Una
volta assodata la portata non retroattiva della nuova disciplina, è
consequenziale ritenere, analizzando in chiave storica l’evoluzione della legge
sul punto controverso, che assume rilievo il criterio esegetico fondato sul
c.d. argumentum a contrario: la nuova norma presuppone logicamente
che la pregressa disciplina abbia attribuito, in caso di soppressione del
reparto di appartenenza e nel concorso di tutti gli altri presupposti di legge,
l’indennità di trasferimento anche al militare che avesse espresso il
gradimento circa la nuova sede di servizio in quanto privo di alternativa alla
movimentazione (non esistendo più la pregressa sede di servizio) ed astretto al
dovere di obbedienza.
6.
LA FORMULAZIONE DEL PRINCIPIO DI DIRITTO E LA DECISIONE DELLA CAUSA.
6.1.
Alla stregua delle su esposte argomentazioni, l’Adunanza plenaria formula il
seguente principio di diritto: <<Prima dell’entrata in vigore (al
1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha
introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al
personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del
medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a
soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative
articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di
scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti
individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede
di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni
differenti>>.
6.2.
Ai sensi dell’art. 99, co. 1. e 4, c.p.a., l’Adunanza plenaria decide l’intera
controversia alla stregua del principio di diritto formulato e,
conseguentemente, respinge l’appello proposto dall’Amministrazione non essendo
stata contestata (e non essendo contestabile sulla scorta della documentazione
versata in atti), nel particolare caso di specie, la sussistenza degli altri
presupposti individuati dall’art. 1, l. n. 86 del 2001 per il sorgere del
diritto di credito all’indennità ivi prevista.
6.3.
Nei mutamenti e contrasti giurisprudenziali registratisi sulla questione
sottoposta all’Adunanza plenaria, il Collegio ravvisa le eccezionali ragioni
che, a mente del combinato disposto degli artt. 26, co.1, c.p.a. e 92, co. 2,
c.p.c., consentono di compensare integralmente fra le parti le spese del
presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per
l'effetto, conferma l’impugnata sentenza.
Dichiara
integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Riccardo
Virgilio, Presidente
Pier
Giorgio Lignani, Presidente
Stefano
Baccarini, Presidente
Alessandro
Pajno, Presidente
Paolo
Numerico, Presidente
Vito
Poli, Consigliere, Estensore
Francesco
Caringella, Consigliere
Carlo
Deodato, Consigliere
Nicola
Russo, Consigliere
Bruno
Rosario Polito, Consigliere
Sandro
Aureli, Consigliere
Roberto
Giovagnoli, Consigliere
Claudio
Contessa, Consigliere
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IL PRESIDENTE
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
29/01/2016
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il
Dirigente della Sezione