mercoledì 29 aprile 2015

PROCESSO: la cancellazione della causa dal ruolo tra principio dispositivo ed interesse pubblico alla decisione (Cons. St., Sez. IV, sentenza 29 dicembre 2014, n. 6414).


PROCESSO:
 la cancellazione della causa dal ruolo
 tra principio dispositivo 
ed interesse pubblico alla decisione
 (Cons. St., Sez. IV, 
sentenza 29 dicembre 2014, n.  6414)


Giusto una precisazione: non si può chiedere "la cancellazione dal ruolo delle sospensive", come spesso gli Avvocati, "coadiuvati" dai Giudici, impropriamente fanno. Si rinuncia alla sospensiva e si chiede la cancellazione della causa dal ruolo...

Massima 

1. secondo il pacifico e consolidato insegnamento della giurisprudenza, non esiste norma giuridica o principio ordinamentale che attribuisca alla ricorrente il diritto al rinvio della discussione del ricorso, atteso che la parte interessata ha solo la facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della decisione spetta comunque al giudice.
2. E ciò, in quanto la richiesta di cancellazione della causa dal ruolo ovvero di rinvio della trattazione di una causa deve trovare il suo fondamento giuridico in gravi ragioni idonee ad incidere, se non tenute in considerazione, sulle fondamentali esigenze di tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite, atteso che, pur non potendo revocarsi in dubbio che anche il processo amministrativo è regolato dal principio dispositivo, deve pur sempre ricordarsi che in esso non vengono in rilievo esclusivamente interessi privati, ma trovano composizione e soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3740 del 2004, proposto da:
Marchi Angelo, rappresentato e difeso dall'avv.to Renzo Serafino Vecoli, con domicilio eletto presso Luca Pardini in Roma, via Cicerone, 44; 
contro
Comune di Capannori, rappresentato e difeso dall'avv.to Mauro Giovannelli, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 01926/2003, resa tra le parti, concernente rimozione palo con antenna parabolica e ripristino stato sede stradale

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 il Cons. Antonio Bianchi e udito per il Comune appellato l’avv.to Pafundi, per delega dell’avv.to Giovannelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ordinanza n. 60 del 23 marzo 1990, il Sindaco del Comune di Capannori ingiungeva al Sig. Marchi di rimuovere un palo con uno specchio parabolico installato abusivamente sulla zanella stradale della via della Madonna, in prospicienza alla propria abitazione.
Ritenendo illegittima tale ordinanza, il Marchi adiva il Tar Toscana chiedendone l'annullamento.
Con sentenza n.1926 del 2003, il Tribunale adito respingeva il ricorso.
Avverso detta pronuncia il Marchi ha quindi proposto l'odierno appello, chiedendone l'integrale riforma.
Si è costituito in giudizio il Comune di Capannori intimato, chiedendo la reiezione del gravame siccome infondato.
Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione

DIRITTO
1. Con il primo mezzo di gravame, di natura procedurale, l'appellante si duole del fatto che il Tar adito, a fronte della sua richiesta di cancellazione della causa dal ruolo, abbia comunque deciso la stessa disattendendo le evidenziate esigenze “di riordino dei documenti” da produrre in giudizio.
2. La doglianza è priva di fondamento.
3. Ed invero, secondo il pacifico e consolidato insegnamento della giurisprudenza, non esiste norma giuridica o principio ordinamentale che attribuisca alla ricorrente il diritto al rinvio della discussione del ricorso, atteso che la parte interessata ha solo la facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della decisione spetta comunque al giudice.
E ciò, in quanto la richiesta di cancellazione della causa dal ruolo ovvero di rinvio della trattazione di una causa deve trovare il suo fondamento giuridico in gravi ragioni idonee ad incidere, se non tenute in considerazione, sulle fondamentali esigenze di tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite, atteso che, pur non potendo revocarsi in dubbio che anche il processo amministrativo è regolato dal principio dispositivo, deve pur sempre ricordarsi che in esso non vengono in rilievo esclusivamente interessi privati, ma trovano composizione e soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti ( cfr. Cons. St. Sez. IV 21.05.2004 n. 332 ) .
A ciò aggiungasi che già nel 1995 il ricorrente aveva chiesto ed ottenuto una prima volta la cancellazione della causa dal ruolo, per cui del tutto correttamente il primo giudice ha ritenuto di dover disattendere la seconda richiesta ritenendo “possibile esaminare nel merito il ricorso sulla base di quanto in esso riferito” .
4. Con un secondo non rubricato motivo l'appellante assume in punto di merito l'erroneità della gravata sentenza, laddove ha disatteso la censura dedotta in primo grado secondo cui “la rimozione di un'opera soggetta a semplice autorizzazione e non a concessione edilizia…. può comportare soltanto una sanzione pecuniaria e non quella della rimozione ai sensi dell'articolo 10 legge 47 del 1985” .
Precisa, al riguardo, che “la occupazione della zanella anche se ha ad oggetto una area di proprietà comunale è da considerarsi area ad uso privato” perché sarebbe “ intervenuta una concessione di suolo pubblico in via permanente e non transitoria..” che la escluderebbe “dall'uso generale della utenza e la riserva soltanto all’uso particolare ed esclusivo di chi (come il ricorrente) ha ottenuto la concessione di suolo pubblico” .
Rileva, infine, che “ anche la affermazione che non sarebbe stato necessario un preavviso per rimuovere l'opera della ricorrente non è pertinente in quanto lo specchio è di proprietà privata…” .
5. La doglianza non ha fondamento.
6. Ed invero, osserva il collegio come il manufatto per cui è causa sia stato realizzato sulla zanella posta longitudinalmente alla carreggiata stradale di via della Madonna, per lo smaltimento delle acque meteoriche e, quindi, su suolo stradale pubblico.
La zanella, infatti, si sostanzia nella “cunetta” così come definita dall'art. 3 n. 19) del Codice della Strada e rientra, come precisato nel successivo n. 46), nella “Sede stradale” , che comprende espressamente la “carreggiata e le fasce di pertinenza” .
Ciò posto, il manufatto in questione doveva necessariamente essere demolito, non potendo in ogni caso trovare applicazione l'art. 10 della legge 47 del 1985 come sostenuto dall'appellante, ma l'art. 14 della medesima legge ( in oggi articolo 35 del Testo Unico dell’Edilizia ) che disciplina espressamente il caso delle opere eseguite su suoli di proprietà degli enti pubblici disponendo, giust’appunto, la sanzione ripristinatoria.
Del tutto correttamente, pertanto, il Tar ha disatteso la censura dedotta dal ricorrente ritenendola “infondata, in quanto nel caso in esame non si tratta di un'opera realizzata su area privata, ma dell'occupazione della sede stradale, di cui la zanella fa parte” .
Né l'eventuale esistenza di una specifica, valida ed efficace concessione di suolo pubblico (peraltro oggettivamente non comprovata), sarebbe comunque idonea ad inficiare quanto statuito dal primo giudice.
La concessione di suolo pubblico, infatti, dà diritto al concessionario di godere, per un tempo limitato ed alle specifiche condizioni e limitazioni fissate della concessione stessa, di beni demaniali che rimangono comunque assoggettati alla disciplina prevista per i beni appartenenti agli enti pubblici.
La costituzione di un mero diritto reale di godimento su bene pubblico, invero, non può di per sé comportare l'assoggettamento del bene stesso alla disciplina prevista per i beni privati, poiché la titolarità del diritto dominicale rimane in capo all'amministrazione proprietaria.
Per ciò che attiene infine al rilievo per cui il palo in questione sarebbe stato rimosso senza un formale preavviso, il collegio non può che osservare come del tutto correttamente il primo giudice abbia ritenuto la doglianza inammissibile “in quanto relativa ad un mero comportamento dell'amministrazione, che risulta comunque avvenuto quasi due mesi dopo la notifica dell'ordinanza e senza accesso su area privata” .
7. In aggiunta alle censure sopra dedotte l'appellante ripropone poi “tutti i motivi dell'originario ricorso…. in considerazione del fatto che il ricorso può essere esaminato completamente in sede di gravame perché oggi vengono prodotti i documenti omessi in primo grado” .
8. Osserva al riguardo il collegio come, a prescindere dalla contestata ( da parte del Comune appellato ) possibilità di produrre nell'odierna sede i documenti già esistenti e colpevolmente non depositati in primo grado, la mera riproposizione dei motivi dedotti dinanzi al Tar sia inammissibile.
Detti motivi, infatti, sono stati tutti puntualmente esaminati e delibati dal primo giudice e, pertanto, l'appellante deve incentrare le sue doglianze nei confronti delle argomentazioni sviluppate da quest'ultimo in relazione a ciascuno di essi, non potendo ripetere semplicemente quanto già dedotto.
Del resto, in osservanza a detto onere, l'appellante, con il secondo mezzo di gravame trattato al punto 4 che precede, ha espressamente contestato la pronuncia resa dal Tar in ordine ad una parte dei motivi dedotti in primo grado, incentrando evidentemente solo su questa parte il suo specifico interesse all'odierno appello.
È ciò, rende vieppiù palese l’inammissibilità di una generica riproposizione di tutti i motivi già proposti dinanzi al Tar, senza ulteriori specificazioni o argomentazioni al riguardo.
9. Per quanto sopra esposto il ricorso si appalesa privo di fondamento e, come tale, da respingere.
10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore dell’ appellato Comune di Capannori delle spese di giudizio che si liquidano nella misura di euro 1.000,00 ( mille/00 ).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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