venerdì 4 gennaio 2013

La responsabilità civile. penale e disciplinare dei magistrati: breve sintesi.



Tutti sappiamo che è argomento di strettissima attualità politica e giuridica (leggi ex multis interventi della Corte di Giustizia) e (forse) di prossimo interesse de iure condendo. Nondimeno, ad oggi, la disciplina è la medesima della "blanda" legge n. 117/1988.
Diamo quindi un rapido sguardo alla materia de iure condito.
P.S.: vi segnalo un'intervista del magistrato Bruno Tinti a "Italia Oggi" (pag. 5) sul CSM, additato come strumento di promozione del clientelismo e del corporativismo delle correnti della magistratura e non di "autogoverno" della stessa nell'interessa della legge, della giustizia e dei cittadini (Bruno Tinti: "CSM: crocevia di tutti i traffici").

La responsabilità civile, penale e disciplinare dei magistrati.
1. La materia della responsabilità civile dei magistrati è disciplinata dalla L. n. 117/1988. La responsabilità civile determina sempre quella disciplinare (artt. 9-10), mentre non è vero il contrario. Diversamente, la responsabilità penale implica sempre quella civile, ma non è vero il contrario.
Il co. 1 chiarisce che le disposizioni si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l'attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria.
La responsabilità civile del magistrato comunque è indiretta: si cita in giudizio lo Stato, in persona del Presidente del C.d.M., davanti al tribunale del capoluogo individuato ai sensi dell’art. 11 c.p.p.; in seguito alla condanna lo Stato agirà in rivalsa (entro 1 anno; vd. art. 7 infra).
La responsabilità civile del magistrato può verificarsi (co. 2):
1. per effetto di  […] comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni […]”. I giudici di pace ed i giudici popolari rispondono soltanto per dolo (art. 7 co. 3).
2. per diniego di giustizia, ossia (art. 3 co. 1) “[…] il rifiuto, l'omissione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell'atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria. Se il termine non è previsto, debbono in ogni caso decorrere inutilmente trenta giorni dalla data del deposito in cancelleria dell'istanza volta ad ottenere il provvedimento […]”.
Il termine di 30 giorni è derogato in due casi:
2.1  art. 3 co. 3: Quando l'omissione o il ritardo senza giustificato motivo concernono la libertà personale dell'imputato, il termine di cui al comma 1 è ridotto a cinque giorni, improrogabili, a decorrere dal deposito dell'istanza o coincide con il giorno in cui si è verificata una situazione o è decorso un termine che rendano incompatibile la permanenza della misura restrittiva della libertà personale”.
2.2  l’art. 3 co. 2[…] Il termine di trenta giorni può essere prorogato, prima della sua scadenza, dal dirigente dell'ufficio con decreto motivato non oltre i tre mesi dalla data di deposito dell'istanza. Per la redazione di sentenze di particolare complessità, il dirigente dell'ufficio, con ulteriore decreto motivato adottato prima della scadenza, può aumentare fino ad altri tre mesi il termine di cui sopra”..
Cause di esclusione della responsabilità civile: art. 2 co. 2: […] non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove.
Precisazione interpretativa: costituisce “colpa grave” ai sensi dell’art. 2 co. 3:
a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;
b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;
c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;
d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione”.
L’art. 7 disciplina invece l’azione di rivalsa dello Stato in caso di condanna del magistrato; al co. 1
prevede che “Lo Stato in concreto il Presidente del C.d.M.), entro un anno dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale stipulato dopo la dichiarazione di ammissibilità di cui all'articolo 5, esercita l'azione di rivalsa nei confronti del magistrato”.
L’art. 13 disciplina la responsabilità civile derivante da fatti costituenti reato, stabilendo al riguardo che vigono le regole ordinarie, quindi secondo l’art. 28 Cost., 22 d.P.R. n. 3/1957 e più in generale secondo l’art. 2043 c.c. sull’illecito aquiliano.
1. Chi ha subito un danno in conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato. In tal caso l'azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie.
2. All'azione di regresso dello Stato che sia tenuto al risarcimento nei confronti del danneggiato si procede altresì secondo le norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti”..
L’accertamento della responsabilità disciplinare si svolge nelle forme previste dall’art. 9 (per i giudici contabili dell’art. 10), I presupposti sono i medesimi della responsabilità civile, anche se
1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione per i magistrati ordinari o il titolare dell'azione disciplinare negli altri casi devono esercitare l'azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa all'azione di risarcimento, salvo che non sia stata già proposta, entro due mesi dalla comunicazione di cui al comma 5 dell'articolo 5. Resta ferma la facoltà del Ministro di grazia e giustizia di cui al secondo comma dell'articolo 107 della Costituzione.
2. Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di parte o d'ufficio, nel giudizio di rivalsa.
3. La disposizione di cui all'articolo 2, che circoscrive la rilevanza della colpa ai casi di colpa grave ivi previsti, non si applica nel giudizio disciplinare.
2. In merito alla responsabilità penale dei magistrati, vigono le ordinarie regole. Essendo un p.u. i reati (propri quindi) più frequenti, ovviamente, sono quelli contro l’amministrazione della giustizia e contro la P.A. Esemplificando: abuso d’ufficio, corruzione, corruzione in atti giudiziari, concussione, omissione di atti d’ufficio, etc.
Parallelamente, può rivestire la qualità di persona offesa, unitamente allo Stato, dei reati commessi dai privati in danno della pubblica amministrazione (l’ipotesi tipica è quella dell’oltraggio e, in particolare, dell’oltraggio in danno di magistrato in udienza). 
3.  Quanto alla responsabilità disciplinare, si è detto che c’è sempre in caso di responsabilità civile (e di rimando in caso di responsabilità penale), tuttavia rispetto  quest’ultima è più ampia. E’ disciplinata dal D.Lgs. n. 109/2006. E’ operata una tripartizione tra illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni (art. 2), al di fuori di esse (art. 3), e conseguenti ad un reato (art. 4).
Le sanzioni disciplinari sono (art. 5):
a) l'ammonimento;
b) la censura;
c) la perdita dell'anzianità;
d) l'incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;
e) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
f) la rimozione.
La titolarità dell’azione disciplinare spetta (art. 14 co. 1) al Ministro della Giustizia ed al Procuratore Generale presso la Cassazione. Al termine  del procedimento disciplinare decide con sentenza la Sezione disciplinare del C.S.M. (art. 19).
L’art. 20 disciplina i rapporti tra il procedimento disciplinare ed i giudizi civile e penale.
1. L'azione disciplinare è promossa indipendentemente dall'azione civile di risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, ferme restando le ipotesi di sospensione dei termini di cui all'articolo 15, comma 8.
2. Hanno autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso:
a) la sentenza penale irrevocabile di condanna;
b) la sentenza irrevocabile prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale.
3. Ha autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione
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