PROCEDIMENTO:
i presupposti del silenzio-inadempimento
(T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II,
sent. 16 gennaio 2013 n. 330)
Qualche breve cenno/distinzione sul
silenzio-inadempimento (o "silenzio-rifiuto") per quanti fossero alle
prime armi con il Diritto amministrativo (dalla Dispensa del 14.09.2012 del CORSO
FRASCA 2012).
Il silenzio della P.A. può essere significativo o non
significativo.
1. il primo a sua volta si distingue in silenzio-assenso (la
cui norma “generale” è l’art. 20 della l. n. 241/90), silenzio-diniego (ex
multis vd. l’art. 25 della . 241/90 in materia d’accesso). Il primo è
un istituto “generale” e rappresenta una forma di tutela preventiva dinanzi
all’inerzia della P.A., che “consuma” il suo potere per silentium.
e può nuovamente provvedere solo in autotutela (in revoca od annullamento). Il
secondo è eccezionale (quindi ammesso solo nelle ipotesi tassativamente
indicate dalla legge).
Nel ricorso giurisdizionale si chiede
pertanto l’annullamento del silenzio formatosi; nel silenzio-assenso è il terzo
ad esser legittimato (interesse pretensivo), nel silenzio-diniego è lo stesso
soggetto leso (interesse oppositivo).
2. il silenzio “non significativo” consiste nel silenzio-inadempimento,
detto anche “silenzio-rifiuto”; è un istituto “eccezionale” che
costituisce una forma di tutela successiva, predisposta dal legislatore a
favore del cittadino. La P.A. conserva il suo potere per tutta la durata
dell’inadempimento; se lo esercita a giudizio instaurato, il processo si
estingue per sopravvenuta carenza di interesse (il ricorso diviene
improcedibile) se il provvedimento è favorevole al ricorrente, altrimenti
prosegue, se sfavorevole, con la proposizione del ricorso per motivi aggiunti
(in mancanza il ricorso viene dichiarato similmente improcedibile).
3. Un tertium genus è il silenzio-rigetto di
cui all’art. 6 del d.P.R. n. 1199/71, disciplinante i procedimenti giustiziali
(ricorso gerarchico, in opposizione, straordinario), secondo cui “Decorso il
termine di novanta giorni dalla data di presentazione del
ricorso senza che l'organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si
intende respinto a tutti gli effetti, e contro il provvedimento impugnato è
esperibile il ricorso all'autorità giurisdizionale competente, o quello
straordinario al Presidente della Repubblica”.
I predetti termini non sono affatto quindi
sinonimi, e l’errato utilizzo può denotare una mancata conoscenza o, nel caso
in cui la traccia verta proprio sulla materia de qua, soluzioni
errate sul piano logico-giuridico, dal momento che i vari “silenzi” non solo
hanno differenti discipline, ma anche diversi presupposti e termini di
impugnabilità, oltre a differenti (possibili) esiti processuali.
Ma torniamo alla sentenza n. 330/13 del T.A.R. Campania, Napoli...
Massima
Il presupposto sostanziale del
silenzio-inadempimento ricorribile ex art. 117 c.p.a. è la sussistenza di
un obbligo di provvedere a fronte dell'istanza del privato, ossia di adottare
un provvedimento amministrativo autoritativo, in ossequio al precetto dell'art.
2, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
In altri termini, l'omessa emanazione
del provvedimento finale in tanto assume il valore di silenzio-rifiuto, in
quanto sussista un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una
pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell'organo
amministrativo destinatario della richiesta, mediante avvio di un procedimento
amministrativo volto all'adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa
del diritto pubblico.
In mancanza di un simile presupposto, l'inerzia
dell'amministrazione non può qualificarsi in termini di silenzio rifiuto.
Il rimedio processuale in parola non è, quindi,
esperibile contro qualsiasi tipologia di omissione amministrativa: restano
esclusi dalla sua sfera applicativa non solo i casi di silenzio significativo
(assenso o rigetto), ma anche gli obblighi di eseguire che richiedono, per il
loro assolvimento, un'attività materiale e non provvedimentale.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione
Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 117 c.p.a,
sul ricorso numero di registro generale 2582 del 2012, proposto da Mario
Santaniello e Giovanna Catalano, rappresentati e difesi dall’avv. Armando
Profili, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, via San
Giacomo, n.40;
contro
il Comune di Afragola, in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandra
Iroso, con domicilio ex lege (art. 25 c.p.a.) presso la
Segreteria di questo T.A.R;
per
- la declaratoria di illegittimità del
silenzio serbato dall’amministrazione sull’atto notificato in data 25 maggio
2011, con il quale Mario Santaniello e Giovanna Catalano hanno richiesto la
restituzione dell’area catastalmente censita al foglio n. 16, particella n.332,
acquisita dal Comune di Afragola a seguito dell’inottemperanza alle ordinanze
di demolizione di opere abusive;
nonché:
- per l’accertamento dell’obbligo del
Comune di Afragola di concludere il procedimento con l’adozione di un
provvedimento espresso;
- per l’accertamento della fondatezza
della pretesa;
- per il risarcimento dei danni subiti in
conseguenza dell’inerzia illegittimamente serbata dall’amministrazione;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio
del Comune di Afragola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del
giorno 13 dicembre 2012 la Dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Mario Santaniello e Giovanna Catalano
hanno realizzato abusivamente un immobile da destinare ad abitazione sul
terreno in proprietà sito nel Comune di Afragola, alla 9° traversa San Marco;
tali opere sono state sanzionate dall’amministrazione comunale con le ordinanze
di demolizione n. 138/05, 157/05 e 180/05 e, successivamente sono state anche
adottati i provvedimenti di acquisizione al patrimonio comunale delle opere
medesime e della relativa area di sedime. I suddetti provvedimenti sono stati
impugnati innanzi a questo Tribunale ed il relativo giudizio è stato definito
con sentenza di rigetto n. 16537 del 2010, impugnata innanzi al Consiglio di
Stato con ricorso, allo stato, pendente.
2. Con atto notificato all’amministrazione
comunale il 25 novembre 2011, Mario Santaniello e Giovanna Catalano hanno
diffidato l’amministrazione comunale alla restituzione dell’area catastalmente
censita al foglio 16, particella n. 332 sino alla concorrenza di mq. 325 e
richiesto anche, in considerazione dell’avvenuta demolizione, di procedere alla
restituzione dell’intera area. Ciò, tra l’altro, sul presupposto
dell’illegittimità delle ordinanze di acquisizione contestata anche nel ricorso
in appello proposto avverso la prefata sentenza di questo Tribunale, nonché in
considerazione del’oggetto dell’acquisizione, limitato alle opere abusive,
aventi una superficie di circa mq. 275 ed alla relativa area di sedime e non
esteso all’intero lotto, avente una consistenza complessiva di 600 mq..
3. Con il ricorso introduttivo del
presente giudizio Mario Santaniello e Giovanna Catalano hanno agito per
l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato sulla suddetta istanza,
la condanna dell’amministrazione intimata a provvedere e l’accertamento della
fondatezza della pretesa, proponendo anche la domanda risarcitoria per i danni
subiti in conseguenza dell’inerzia illegittimamente serbata
dall’amministrazione.
4. Il Comune di Agrafola si è costituito
in giudizio concludendo per il rigetto del ricorso in quanto infondato. La
difesa dell’amministrazione comunale ha sostenuto, in particolare, che nella
fattispecie il silenzio deve essere qualificato in termini di rigetto, con
conseguente inammissibilità del rito del silenzio anche in relazione al
richiesto accertamento della fondatezza della pretesa. Pare resistente,
inoltre, ha prodotto in giudizio la nota di trascrizione nei registri
immobiliari del provvedimento di acquisizione prot. n. 153 del 4 maggio 2006;
nel relativo quadro D viene specificato l’aggetto dell’acquisizione. Tra la
documentazione prodotta, inoltre, figura una successiva ordinanza di
demolizione, prot. n. 159 del 16 maggio 2008, con la quale sono state
sanzionate opere abusive ulteriori; a tale provvedimento ha fatto seguito
l’adozione, in data 9 gennaio 2009, di un successivo provvedimento di
acquisizione, riferito a subalterni della particella n. 642 dello stesso foglio
16, sempre in proprietà degli odierni ricorrenti.
5. Alla camera di consiglio del 13 dicembre
2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
6. Il ricorso non merita accoglimento.
7. L’atto notificato all’amministrazione
comunale si sostanzia, invero, in una richiesta di riesame diretta ad ottenere
una rivalutazione delle determinazioni già assunte dall’amministrazione nonché,
con riferimento alla diffida, nella richiesta di materiale restituzione di
parte del bene.
8. A prescindere dalle evidenze che
emergono dalla documentazione prodotta dalla difesa di parte resistente e dalla
natura vincolata dei provvedimenti adottati dall’amministrazione, il Collegio
ritiene di condividere il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al
quale non è ravvisabile alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su
un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo
coercibile ab extra l'attivazione del procedimento di riesame
della legittimità di atti amministrativi mediante l'istituto del
silenzio-rifiuto, giacché l'esercizio del potere di autotutela costituisce
facoltà ampiamente discrezionale dell'Amministrazione; ne deriva che essa non
ha alcun obbligo di provvedere su istanze che ne sollecitino l'esercizio, per
cui sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a
dichiararne l'illegittimità, è da ritenersi inammissibile (cfr. T.A.R. Lazio,
Sez. II, 27 giugno 2011 n. 5661; TAR Campania Napoli, Sez. III, 1 marzo 2011 n.
1260; TAR Puglia Lecce, Sez. I, 24 febbraio 2011 n. 368; TAR Lazio Roma, Sez.
II, 4 febbraio 2011 n. 1073; TAR Marche, Sez. I, 8 novembre 2010 n. 3373; TAR
Puglia Bari, Sez. II, 14 dicembre 2006 n. 4348; TAR Lombardia Milano, Sez. II,
24 marzo 2005 n. 702). Tale orientamento è avallato anche dal giudice
d’appello, il quale pure ha ribadito che l’amministrazione non ha l'obbligo, ma
il potere discrezionale, di agire in autotutela, con la conseguenza che istanze
volte a sollecitare l'esercizio di tale potere hanno una funzione di mera
denuncia o sollecitazione, ma non creano in capo alla P.A. alcun obbligo di
provvedere e non danno luogo a formazione di silenzio-inadempimento in caso di
mancata definizione dell'istanza (Cons. St., sez. VI, 11 febbraio 2011 n. 919;
id., 6 luglio 2010 n. 4308).
9. Con specifico riferimento alla parte
dell’istanza contenente la diffida all’amministrazione a procedere alla
restituzione dell’area, si evidenzia, altresì, che tale richiesta ha ad oggetto
una mera attività materiale, sicché il ricorso si palesa, in parte qua,
inammissibile.
9.1. Ed invero, presupposto sostanziale
del silenzio inadempimento ricorribile ex art. 117 c.p.a. è la sussistenza di
un obbligo di provvedere a fronte dell'istanza del privato, ossia di adottare
un provvedimento amministrativo autoritativo, in ossequio al precetto dell'art.
2, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (cfr. Cons. St., sez. IV, 20 luglio
2005, n. 3909; sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5325; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I
quater, 1° aprile 2005, n. 2398).
9.2. In altri termini, l'omessa emanazione
del provvedimento finale in tanto assume il valore di silenzio rifiuto, in
quanto sussista un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una
pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell'organo
amministrativo destinatario della richiesta, mediante avvio di un procedimento
amministrativo volto all'adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa
del diritto pubblico (Cons. Stato, sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2458). In
mancanza di un simile presupposto, l'inerzia dell'amministrazione non può
qualificarsi in termini di silenzio rifiuto.
9.3. Il rimedio processuale in parola non
è, quindi, esperibile contro qualsiasi tipologia di omissione amministrativa:
restano esclusi dalla sua sfera applicativa non solo i casi di silenzio
significativo (assenso o rigetto), ma anche gli obblighi di eseguire che
richiedono, per il loro assolvimento, un'attività materiale e non
provvedimentale (Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5500; T.A.R.
Sicilia Catania, sez. III, 16 settembre 2009, n. 1511; T.A.R. Campania Napoli,
sez. VIII, 27 maggio 2009, n. 2971;T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 24 marzo
2006 n. 1727; TAR Lazio, Roma, sez. II, 16 luglio 2007, n. 6470; TAR Molise,
Campobasso, sez. I, 2 luglio 2008, n. 655).
10. Alla luce delle considerazioni sopra
svolte il ricorso va respinto.
11. Le spese di lite seguono la
soccombenza e sono determinate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Campania, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in
epigrafe indicato, lo respinge.
Condanna parte ricorrente alla rifusione
delle spese di giudizio a favore del Comune di Afragola, liquidandole
complessivamente in € 1.000,00 (mille/00) di cui € 200,00 per spese anticipate
ed il residuo per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di
consiglio del giorno 13 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Carlo D'Alessandro, Presidente
Leonardo Pasanisi, Consigliere
Brunella Bruno, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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