PROVVEDIMENTO:
l'interpretazione degli atti amministrativi
(Cons. St., Sez. V, sent. 16 gennaio 2013 n. 238)
Gli atti amministrativi si interpretano come gli "atti" (negozi, contratti, atti unilaterali, etc.) privati.
E' quanto ribadito dal Cons. Stato, Sez. V, sentenza 16 gennaio 2013 n. 238. Di seguito la massima.
Massima
Come è noto, per conforme
giurisprudenza di questo Consiglio, l'interpretazione degli atti
amministrativi, ivi compreso il bando di gara pubblica, soggiace alle stesse
regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti,
tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione
letterale in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, dovendo in
ogni caso il giudice ricostruire l'intento dell'Amministrazione, ed il potere
che essa ha inteso esercitare, in base al contenuto complessivo dell'atto (cd.
interpretazione sistematica), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il
suo dispositivo e del fatto che, secondo il criterio di interpretazione di
buona fede ex art. 1366 c.c., gli effetti degli atti amministrativi devono
essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente
intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che
impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini
regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare
conseguenze negative (cfr., ex
multis, Consiglio di Stato, sez. V, 5 settembre 2011, n. 4980).
Da
tale premessa, deriva, quale diretto corollario, la regola secondo la quale
solo in caso di oscurità ed equivocità delle clausole del bando e degli atti
che regolano i rapporti tra cittadini e Amministrazione può ammettersi una
lettura idonea a tutela dell'affidamento degli interessati in buona fede, non
potendo generalmente addebitarsi al cittadino un onere di ricostruzione
dell'effettiva volontà dell'Amministrazione mediante complesse indagini
ermeneutiche ed integrative.
Nessun commento:
Posta un commento