RISARCIMENTO:
il danno da ritardo
è risarcibile solo in caso
di "spettanza del bene della vita"
(T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I,
sentenza 20 maggio 2013 n. 470).
Una sentenza su un argomento facile facile...
Ci vuole però, anche per "staccare"!
Massima
1. Secondo la giurisprudenza prevalente (ex multis C.d.S., A.P., 15 settembre 2005, il danno da ritardo può essere riconosciuto soltanto quando sia stata accertata la spettanza del bene della vita e non già per il mero fatto del ritardo nel provvedere,
2. La conclusione negativa circa la risarcibilità del danno per il mero fatto del ritardo nel provvedere merita di essere mantenuta anche dopo l’introduzione, con l’art. 7, comma 1, lett. c), della l. 18 giugno 2009, n. 69, dell’art. 2-bis della l. n. 241/1990, poiché questo configura la responsabilità connessa al danno da ritardo in termini di responsabilità aquiliana e non da contatto sociale qualificato e, quindi, si collega alla lesione dell’interesse al bene della vita e non alla lesione di interessi strumentali-procedimentali, per la violazione di obblighi procedimentali (quale quello di concludere nei termini il procedimento) da risarcire indipendentemente dalla successiva emanazione del provvedimento richiesto e dal suo contenuto.
3. Nel caso di specie, il bene della vita sotteso all’interesse azionato consisteva non solo e non tanto nell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento rivolto alla verifica della legittimità del permesso di costruire rilasciato alla ricorrente, quanto piuttosto in un provvedimento che confermasse la legittimità del suddetto permesso di costruire, laddove invece la determinazione dirigenziale n. 184 del 25 gennaio 2013, pur escludendo gli estremi dell’annullamento in autotutela del citato titolo abilitativo, ne ha evidenziato taluni profili critici, che rendono necessarie modifiche dell’attuale situazione giuridica esistente tra le parti.
Non si può, quindi, concludere nel senso della spettanza alla ricorrente del bene della vita da questa avuto di mira, con il corollario che anche sotto questo profilo (invero dirimente) nel caso in esame non sussistono i presupposti previsti dall’art. 2-bis della l. n. 241/1990 per l’accoglimento della domanda risarcitoria.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione
Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 63 del 2013, proposto dalla
Nuova Aldo Moro Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, sig. Roberto Sigismondi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pier
Luigi Ceci ed Aldo Ceci e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.
Graziella Pol, in Latina, viale dello Statuto n. 41
contro
Comune di Frosinone, in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Marina Giannetti e con
domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Sandra Salvigni, in Latina, viale
dello Statuto n. 24
per l’accertamento
dell’illegittimità del silenzio
serbato dal Comune di Frosinone sulla conclusione del procedimento di verifica
della legittimità del permesso di costruire n. 11115/2010, intrapreso con
determinazione n. 1470 del 27 giugno 2012, comunicata con nota prot. n. 33919
di pari data
per il conseguente accertamento
dell’obbligo del Comune di Frosinone
di provvedere, concludendo il procedimento intrapreso
per la nomina,
ai sensi dell’art. 117, comma 3,
c.p.a., di un Commissario ad acta incaricato di provvedere in caso di
persistente inerzia dell’Amministrazione comunale
e per la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento
dei danni sofferti dalla ricorrente per effetto dell’inerzia e del ritardo
della stessa Amministrazione nel provvedere.
Visti il ricorso ed i relativi
allegati;
Viste la memoria di costituzione e
difensiva e la documentazione del Comune di Frosinone;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 31 e 117 del d.lgs.
n. 104/2010 (c.p.a.);
Visti, altresì, gli artt. 35, comma
1, lett. c), e 85, comma 9, c.p.a.;
Visto, ancora, l’art. 74 c.p.a.;
Nominato relatore nella Camera di
consiglio del 18 aprile 2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle
parti costituite, come specificato nel verbale
FATTO E DIRITTTO
Considerato che con il ricorso
indicato in epigrafe la ricorrente Nuova Aldo Moro Immobiliare S.r.l. ha agito:
- per l’accertamento
dell’illegittimità del silenzio tenuto dal Comune di Frosinone sulla
conclusione del procedimento di verifica della legittimità del permesso di
costruire n. 11115/2010 (rilasciato alla ricorrente per la realizzazione di un
fabbricato in via A. Moro, in zona “B” del P.R.G.), avviato con determinazione
n. 1470 del 27 giugno 2012;
- per il conseguente accertamento
dell’obbligo del Comune di Frosinone di concludere l’intrapreso procedimento
(con nomina di un Commissario ad acta ex art. 117, comma 3, c.p.a.);
- per la condanna del medesimo Comune
al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente per effetto dell’inerzia da
esso serbata nel procedimento in discorso;
Considerato che a supporto del
gravame la società ricorrente ha dedotto le seguenti doglianze:
- quanto all’illegittimità del
silenzio, violazione degli artt. 2 e ss. della l. n. 241/1990, dell’art. 1337
c.c. e dell’art. 97 Cost.;
- quanto al diritto al risarcimento
dei danni, sussistenza degli estremi di cui agli artt. 2-bis della l. n.
241/1990 e 2043 c.c.;
Considerato che si è costituito in
giudizio il Comune di Frosinone, depositando memoria difensiva con allegata la
relativa documentazione, tra cui la determinazione dirigenziale n. 184 del 25
gennaio 2013, avente ad oggetto la conclusione del suindicato procedimento di
verifica della legittimità del permesso di costruire n. 11115/2010;
Rilevato che, alla luce di detta
documentazione, la difesa comunale ha eccepito l’improcedibilità del ricorso
per sopravvenuta carenza di interesse alla sua decisione, nella parte relativa
all’accertamento dell’illegittimità del silenzio tenuto dalla P.A.,
riservandosi di controdedurre in ordine alla domanda risarcitoria, di cui ha,
peraltro, eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza sotto il profilo sia
dell’an, sia del quantum debeatur;
Osservato che, nella Camera di
consiglio fissata per la discussione della causa, la società ricorrente ha
insistito nella domanda di risarcimento dei danni;
Ritenuto di dover dichiarare
l’improcedibilità del ricorso, ai sensi degli artt. 35, comma 1, lett. c), e
85, comma 9, c.p.a., per sopravvenuto difetto di interesse alla sua decisione,
nella parte in cui ha ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio
serbato dal Comune di Frosinone sull’avviato procedimento di verifica della
legittimità del permesso di costruire n. 11115/2010 e dell’obbligo del predetto
Comune di concludere il procedimento, per avere il Comune stesso provveduto a
definire il procedimento in discorso con la menzionata determinazione
dirigenziale n. 184 del 25 gennaio 2013 (la quale ha comportato la chiusura del
procedimento mediante il suggerimento di alcune modifiche al rapporto
convenzionale in essere tra la ricorrente e la P.A.);
Ritenuto, inoltre, di dover
respingere la domanda di risarcimento dei danni, in quanto infondata nel
merito;
Considerato in proposito che, sebbene
questa Sezione, quando è stata chiamata a pronunciarsi sulla domanda di
risarcimento del danno proposta cumulativamente al ricorso ex art. 117 c.p.a.,
abbia in più occasioni (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 21
novembre 2012, n. 863) definito con il rito camerale l’azione avverso il
silenzio e rimesso sul ruolo la domanda risarcitoria, ai fini della sua
trattazione con il rito ordinario, ai sensi dell’art. 117, comma 6, c.p.a., non
può, però, escludersi che a certe condizioni anche la definizione della domanda
risarcitoria abbia luogo in sede camerale, giacché il succitato comma 6 si
limita ad attribuire al giudice la mera facoltà di trattare la questione
risarcitoria nelle forme ordinarie, qualora ciò risulti consono alle esigenze
istruttorie e difensive del processo (v. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 12
marzo 2012, n. 638);
Osservato, sul punto, che ad avviso
del Collegio una delle ipotesi in cui è possibile decidere in sede camerale
sulla domanda di risarcimento del danno cd. da inerzia o ritardo della P.A.,
senza doverla trattare nelle forme ordinarie ex art. 117, comma 6, c.p.a., si
verifica quando – come nel caso ora in esame – emerga sin da subito
l’infondatezza di tale domanda;
Considerato, infatti, più in
particolare, che i pregiudizi di cui si duole la ricorrente consistono: a) nei
danni conseguenti all’impossibilità di far seguire, alla conclusione dei
preliminari di compravendita delle porzioni del fabbricato ad uso commerciale o
residenziale, la stipula dei contratti definitivi; b) nei danni derivanti
dall’impossibilità, per la società, di fare fronte agli impegni assunti con l’istituto
di credito mutuante, con la relativa iscrizione presso le banche dati delle
informazioni creditizie e – lamenta la ricorrente – il connesso effetto
paralizzante sulle possibilità di accedere al credito; c) nel danno
all’immagine della società, per la lesione della reputazione commerciale della
società stessa, ormai privata di credibilità agli occhi dei potenziali
acquirenti delle unità immobiliari del fabbricato realizzato, nonché degli
altri realizzabili in futuro;
Ritenuto, tuttavia, da un lato che i
suesposti pregiudizi non possono essere ricondotti alla categoria del danno da
inerzia o ritardo della P.A. ex art. 2-bis della l. n. 241/1990, essendo invece
ascrivibili alla decisione del Comune di intraprendere il procedimento di
verifica della legittimità del permesso di costruire rilasciato alla
ricorrente, in sé e per sé considerata, e dunque trattandosi di danni che, in
disparte la loro configurabilità come danni ingiusti ex art. 2043 c.c.,
conseguono non già all’inerzia della P.A., ma alla decisione di questa di
attivare un procedimento di secondo grado;
Ritenuto, d’altro lato, che nella
fattispecie per cui è causa non siano configurabili danni ex art. 2-bis della
l. n. 241/1990, attesa la complessità, ictu oculi verificabile, del
procedimento di secondo grado avviato dal Comune di Frosinone (implicante anche
decisioni devolute agli organi politici dell’Ente locale), nonché il suo esito,
che dimostra come l’intervento comunale sia scaturito dalla necessità di
correggere l’erronea interpretazione delle N.T.A. del P.R.G. in cui erano
incorsi sia la parte privata, sia la stessa Amministrazione comunale;
Considerato, da ultimo, che, secondo
la giurisprudenza prevalente (C.d.S., A.P., 15 settembre 2005, n. 7; id., Sez.
V, 2 marzo 2009, n. 1162; id., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2035) – cui ha aderito
anche questa Sezione (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, n. 863/2012, cit.) –,
il danno da ritardo può essere riconosciuto soltanto quando sia stata accertata
la spettanza del bene della vita e non già per il mero fatto del ritardo nel
provvedere,
Rilevato, sul punto, che la
conclusione negativa circa la risarcibilità del danno per il mero fatto del
ritardo nel provvedere merita di essere mantenuta anche dopo l’introduzione,
con l’art. 7, comma 1, lett. c), della l. 18 giugno 2009, n. 69, dell’art.
2-bis della l. n. 241/1990, poiché questo configura la responsabilità connessa
al danno da ritardo in termini di responsabilità aquiliana e non da contatto
sociale qualificato e, quindi, si collega alla lesione dell’interesse al bene
della vita e non alla lesione di interessi strumentali-procedimentali, per la
violazione di obblighi procedimentali (quale quello di concludere nei termini
il procedimento) da risarcire indipendentemente dalla successiva emanazione del
provvedimento richiesto e dal suo contenuto (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-bis,
3 luglio 2012, n. 6039; T.A.R. Toscana, Sez. II, 3 giugno 2011, n. 989);
Osservato che, nel caso di specie, il
bene della vita sotteso all’interesse azionato consisteva non solo e non tanto
nell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento rivolto alla
verifica della legittimità del permesso di costruire rilasciato alla
ricorrente, quanto piuttosto in un provvedimento che confermasse la legittimità
del suddetto permesso di costruire, laddove invece la determinazione
dirigenziale n. 184 del 25 gennaio 2013, pur escludendo gli estremi
dell’annullamento in autotutela del citato titolo abilitativo, ne ha
evidenziato taluni profili critici, che rendono necessarie modifiche dell’attuale
situazione giuridica esistente tra le parti. Non si può, quindi, concludere nel
senso della spettanza alla ricorrente del bene della vita da questa avuto di
mira, con il corollario che anche sotto questo profilo (invero dirimente) nel
caso in esame non sussistono i presupposti previsti dall’art. 2-bis della l. n.
241/1990 per l’accoglimento della domanda risarcitoria;
Ritenuta, infine, la sussistenza di
giusti motivi per compensare integralmente le spese del giudizio, in ragione
sia dell’improcedibilità in parte qua del ricorso, sia, relativamente
all’azione risarcitoria, di quanto appena esposto circa l’errore in cui sono
incorse le parti in ordine all’interpretazione delle N.T.A. del P.R.G., che ha
avuto un ruolo decisivo nel rendere doveroso l’avvio del procedimento di
verifica della legittimità del permesso di costruire
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile
per quanto concerne le domande di accertamento dell’illegittimità dell’inerzia
serbata dal Comune di Frosinone e dell’obbligo del Comune stesso di provvedere,
respingendo nel contempo la domanda di risarcimento dei danni.
Compensa integralmente le spese.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera
di consiglio del giorno 18 aprile 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere,
Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2013
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO