martedì 3 settembre 2013

PUBBLICO IMPIEGO & CONCESSIONI: è illegittimo il pagamento di compensi ulteriori al lavoro straordinario ai dipendenti pubblici in relazione alla gestione diretta dell'esazione fiscale (Cons. St., Sez. V, sentenza 26 agosto 2013 n. 4268).


PUBBLICO IMPIEGO & CONCESSIONI: 
è illegittimo il pagamento di compensi 
ulteriori al lavoro straordinario 
ai dipendenti pubblici 
in relazione alla gestione diretta dell'esazione fiscale (Cons. St., Sez. V, sentenza 26 agosto 2013 n. 4268).


Massima

1. Nell’ambito del pubblico impiego l’erogazione del compenso per lavoro straordinario presuppone, in via generale, una concreta verifica della sussistenza di ragioni di pubblico interesse, così da giustificare tale forma di prestazione eccedente il normale orario di servizio, nel rispetto anche dei limiti di spesa, fissati dal bilancio di previsione (Consiglio di Stato, sez. VI, 1° settembre 2009, n. 5112).
2.  Nel caso di specie, venuta meno la gara di appalto per la gestione degli specchi d’acqua e avendo il Comune scelto di provvedervi in forma diretta, l’ente è divenuto simultaneamente gestore in proprio del servizio e datore di lavoro del personale incaricato della riscossione dei canoni nei confronti dei diportisti e da essi versati per l’utilizzo delle aree e degli specchi d’acqua oggetto della concessione demaniale.
Conseguentemente cessa qualsiasi giustificazione di un separato compenso al personale dipendente dell’ente.
3.  Resta fermo che non vi è alcuna fondata ragione per ritenere che l’attività di riscossione esuli dalle mansioni ordinarie di ufficio, né il D.lgs. n. 165/2001 giustifica compensi extra ordinem per disimpegnare il proprio lavoro in orario di ufficio; al riguardo soccorre il pagamento del lavoro straordinario.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9888 del 2001, proposto da:
Comune di Muggia, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Picasso, Mario Sanino e Maurizio Consoli, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180; 
contro
Associazione Diportisti Muggia – San Rocco, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Gianfranco Carbone, con domicilio eletto presso Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE n. 00292/2001, resa tra le parti, concernente determinazione canone di ormeggio;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Associazione Diportisti Muggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2013 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati Sanino e Carbone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il Comune di Muggia, con deliberazione della giunta comunale n. 149 del 23.3.1999, bandiva una gara, a trattativa privata, per la gestione degli specchi d’acqua concessigli dall’Autorità portuale di Trieste.
Con successiva delibera della giunta comunale n. 2 del 3.1.2000 la gara veniva aggiudicata all’Associazione amici del mare.
Con sentenza n. 151 del 26.2.2000, il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, adito al riguardo, annullava il provvedimento n. 149/1999 ed il Comune di Muggia, in via di autotutela, con delibera della giunta n. 280 del 28.6.2000, provvedeva a revocare l’aggiudicazione della gara all’Associazione Amici del Mare, effettuata con la citata delibera n. 2 del 3.1.2000.
Con il medesimo provvedimento n. 280/2000, il Comune faceva salve le disposizioni di cui ai punti 3), 4), 5) e 6) della citata delibera n. 2/2000 e disponeva altresì di affidare “intuitu personae”, ad alcuni suoi dipendenti, l’incarico di riscossione, nei confronti dei diportisti, dei canoni per l’utilizzo delle aree e specchi d’acqua, oggetto della concessione demaniale n. 725/s, relativamente al periodo 1.4 – 31.12.1999 e all’anno 2000.
Con il provvedimento n. 280 veniva, inoltre, quantificato l’ammontare complessivo delle somme dovute dai diportisti (£. 15.586.029 per l’anno 1999 e £. 40.000.000 per l’anno 2000), nonché il compenso da riconoscere a favore degli incaricati della riscossione per £. 5.625.000, da includere tra le somme da imporre a carico dei diportisti e da ricomprendere nell’onere complessivo per l’anno 2000.
Avverso tale provvedimento l’Associazione diportisti Muggia S. Rocco e il sig. Gianni Macovez proponevano ricorso al T.A.R. e ne chiedevano l’annullamento, lamentando la violazione dell’art. 37 del regolamento della navigazione marittima, approvato con D.P.R. n. 328/1952, nonché la violazione degli artt. 7 e 58 del D.lgs. n. 29/1993.
Il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, con sentenza n. 292 del 20 aprile 2001, depositata il 28 maggio 2001, accoglieva il secondo motivo di ricorso e, per l’effetto, annullava la deliberazione n. 280 del 28 giugno 2000 della giunta del Comune di Muggia.
Avverso la pronuncia il Comune di Muggia ha proposto appello.
Si è costituita in giudizio l’Associazione diportisti Muggia, che ha chiesto di respingere l’appello e la conferma della sentenza impugnata.
La causa è stata assunta in decisione all’udienza pubblica del 25 giugno 2013.
Con il primo motivo di censura l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui il T.A.R. ha ritenuto che il Comune, avendo scelto di gestire in forma diretta la concessione, avrebbe così riconosciuto di possedere, nella propria organizzazione i mezzi per l’esercizio della stessa e per questo l’ente non sarebbe dovuto “ricorrere ad ulteriori affidamenti a terzi, non previsti dal Codice, che in realtà finiscono per avvantaggiare solo questi ultimi, remunerandoli per attività tipiche del lavoro d’ufficio”.
Con il secondo motivo di censura l’appellante deduce la contraddittorietà della sentenza laddove da un lato ha riconosciuto il diritto del Comune a ricavare dei proventi dalla concessione e dall’altro non ha ritenuto legittima la destinazione che lo stesso ha dato alle somme introitate, remunerando i propri dipendenti incaricati della riscossione dei canoni.
L’appello è infondato e va respinto.
L’appellante sostiene, con i due motivi di censura, che nel caso di specie l’attività di riscossione non rientrerebbe nelle mansioni ordinarie d’ufficio del personale comunale e che, pertanto, sarebbe pienamente giustificato riversare sugli utenti il costo del servizio, per compensare le professionalità interne utilizzate a tale scopo, attraverso il pagamento di lavoro straordinario in loro favore.
Il Comune, in altri termini, sostiene che una volta riconosciuta la legittimità dell’imposizione tariffaria sarebbe del tutto ininfluente la destinazione o ripartizione interna delle somme riscosse, con conseguente carenza di interesse da parte dell’associazione appellata ad agire in giudizio.
L’assunto non è condivisibile, atteso che nell’ambito del pubblico impiego l’erogazione del compenso per lavoro straordinario presuppone, in via generale, una concreta verifica della sussistenza di ragioni di pubblico interesse, così da giustificare tale forma di prestazione eccedente il normale orario di servizio, nel rispetto anche dei limiti di spesa, fissati dal bilancio di previsione. (Consiglio di Stato, sez. VI, 1° settembre 2009, n. 5112).
Nel caso di specie, venuta meno la gara di appalto per la gestione degli specchi d’acqua e avendo il Comune scelto di provvedervi in forma diretta, l’ente è divenuto simultaneamente gestore in proprio del servizio e datore di lavoro del personale incaricato della riscossione dei canoni nei confronti dei diportisti e da essi versati per l’utilizzo delle aree e degli specchi d’acqua oggetto della concessione demaniale.
Conseguentemente cessa qualsiasi giustificazione di un separato compenso al personale dipendente dell’ente.
Resta fermo che non vi è alcuna fondata ragione per ritenere che l’attività di riscossione esuli dalle mansioni ordinarie di ufficio, né il d.lgs. n. 29/1993 giustifica compensi extra ordinem per disimpegnare il proprio lavoro in orario di ufficio.
Nella fattispecie, infatti, si deve ritenere che l’attività di esazione in questo, come in qualsiasi altro caso di riscossione di entrate, rientri nelle funzioni proprie del Comune e ciò comporta che questa attività debba essere svolta dagli impiegati in possesso di adeguata professionalità, di norma durante l’orario di servizio, salva la spettanza del compenso per lavoro straordinario e degli altri compensi accessori quando ne ricorrano, di volta in volta, i presupposti, nei termini e nei limiti quantitativi previsti.
Pertanto, non può ritenersi legittima la liquidazione di compensi ai dipendenti del Comune che siano stati incaricati dei compiti in parola, compiti che sono propri dell’ente al quale sono legati da rapporto organico di servizio e dal quale sono ordinariamente retribuiti.
Conclusivamente l’appello è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in misura di €. 2.000,00 (duemila/00) in favore della Associazione Diportisti Muggia – S. Rocco.

P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in misura di E. 2000,00 (duemila/00) in favore della Associazione Diportisti Muggia – San Rocco.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



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