ADUNANZE PLENARIE:
criteri di determinazione della competenza territoriale del Giudice amministrativo in caso di impugnativa prefettizia atipica e
di conseguente diniego di subappalto
(Ad. Plen. ord. n. 34 del 19 novembre 2012)
L’Adunanza
plenaria del Consiglio di Stato ribadisce, con la recentissima ord. n. 34 del 19/11/2012, che il principio di concentrazione processuale davanti allo stesso Giudice "non conosce sosta" (vd. Ad. Plen. n. 20/2011 sulla competenza inderogabile del T.A.R. Lazio - Roma -a decidere sugli atti di un organo statale aventi efficacia sull’intero territorio nazionale, che ha "ispirato" la riforma dell'art. 13 c.p.a. di cui infra).
La controversia atteneva all'impugnazione di un diniego di autorizzazione al subappalto emesso da amministrazione pubblica avente sede nella Regione Piemonte, avente quale atto presupposto, un’informativa antimafia atipica emessa dalla Prefettura di Agrigento (invero un atto endo-procedimentale privo di "effetti diretti").
Da qui la domanda: è competente il T.A.R. Piemonte o Sicilia?
La risposta "passa" attraverso l'art. 13 c.p.a., sulla competenza territoriale inderogabile, che stabilisce che il principio ordinario in materia di competenza territoriale inderogabile è quello della "sede", mentre quello derogatorio è quello degli "effetti diretti dell'atto".
Lo stesso art. 13 è stato recentemente modificato dall'art. 1 co. 1 lett. a) del D.L. n. 160/2012 (secondo correttivo al c.p.a.; il primo è stato il D.Lgs n. 195/2011), entrato in vigore il 3 ottobre 2012, che ha introdotto il comma 4-bis, secondo cui “La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento, tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza”.
La Plenaria ritiene tuttavia applicabile la nuova disciplina della competenza soltanto ai processi iniziati sotto la sua vigenza (quindi a partire dal 3 ottobre 2012), sulla base dell'art. 11 co. 1 disp. prel. al cod. civ. e delle pronunce Ad. plen., 7 marzo 2011 n. 1 e 5 maggio 2011 n. 5. Esclude inoltre che l'informativa antimafia predetta possa aver natura di atto "normativo" o "generale", come richiesto dal co. 4-bis (ai fini di evitare l'attrazione della competenza sull'atto presupposto da parte del T.A.R. competente sull'atto presupponente, in questo caso il diniego di autorizzazione).
Applicando l'art. 13 c.p.a. ante riforma si giunge comunque ad identica conclusione: la competenza è del T.A.R. Piemonte.
Perché è applicabile l'ordinario criterio della "sede" e non quello degli "effetti diretti", giacché l'informativa in esame è atto endo-procedimentale privo di efficacia diretta. Se anche l'avesse avuta, ad ogni modo la competenza funzionale inderogabile ex art. 14 c.p.a. avrebbe attratto quella territoriale inderogabile (vd. Ad. Plen. sentenza 25 giugno 2012, n. 23). E, in definitiva, se anche non l'avesse avuta e fosse stato applicabile il nuovo comma 4-bis, l'informativa de qua, non avendo natura normativa o generale, la competenza comunque sarebbe stata del T.A.R. Piemonte. Il co. 4-bis prevede infatti una "deroga" al principio degli "effetti diretti" tramite l'attrazione davanti al medesimo T.A.R. degli atti presupposti, paralizzata dall'ulteriore "deroga" della natura "normativa o generale" dell'atto presupposto, la quale fa rivivere la regola generale, ossia la deroga della "efficacia diretta".
E per fortuna che le nuove norme sulla competenza dovevano semplificare il processo amministrativo!
Di seguito il testo per esteso:
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso
numero di registro generale 34 di A.P. del 2012, proposto da:
S.P.
rappresentato e difeso dagli avv. Fabrizio Paoletti e Girolamo Rubino, con
domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio Paoletti in Roma, via G. Bazzoni n. 3;
contro
U.T.G. –
Prefettura di Agrigento, per legge rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato e domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
TRM s.p.a. Torino;
S.I.C.E.M.
s.c. a r.l.; C.N.I.M., in qualità di mandataria dell’a.t.i. CNIM – Unieco –
Coopsette;
per regolamento di competenza
e per la
riforma dell’ordinanza cautelare del T.A.R. SICILIA – PALERMO: SEZIONE I n.
00341/2012, resa tra le parti, concernente informativa prefettizia antimafia
Visto il
regolamento di competenza chiesto da Palumbo Salvatore;
Visto l’atto
di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Agrigento;
Viste le
memorie difensive;
Visti tutti
gli atti della causa;
Visti gli
artt. 15 e 16, cod. proc. amm.;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2012 il Cons. Angelica Dell’Utri
e udito per la parte istante l’avvocato Paoletti.;
FATTO e DIRITTO
1. A seguito
di gara, TRM s.p.a. di Torino affidava la realizzazione di un
termovalorizzatore nel Comune di Torino all’a.t.i. CNIM-COOPSETTE-UNIECO che, a
sua volta, intendeva subappaltare talune lavorazione all’a.t.i.
S.I.C.E.M.-M.B.P. Gruppo Isofand-Sicilservice-Si.Co.S.-Andaloro.
Richieste da
parte del R.U.P. le informative prefettizie relative a tali imprese, con nota 5
dicembre 2011 n. 0046893 la Prefettura di Agrigento comunicava l’insussistenza
di motivi ostativi alla stipula di contratti con la p.a. nei riguardi della
M.B.P., ma emetteva informativa atipica nei riguardi del rispettivo
amministratore unico, signor Salvatore Palumbo.
In ragione
di detta informativa, con nota 14 dicembre 2011 n. 0019 il R.U.P. invitava
l’a.t.i. CNIM a sostituire il detto amministratore unico della M.B.P. ovvero a
sostituire tale ditta con altra. La stessa a.t.i. CNIM rivolgeva analogo invito
all’a.t.i. S.I.C.E.M., che trasmetteva alla M.B.P. gli indicati provvedimenti.
2. Con
ricorso e successivi motivi aggiunti proposti davanti al T.A.R. Sicilia, sede
di Palermo, il signor Palumbo, pur dimessosi dalla carica menzionata, ha
impugnato gli atti predetti.
In sede
cautelare, con ordinanza 6 giugno 2012 n. 341 il T.A.R. Sicilia, sezione prima,
ha respinto l’istanza dubitando della propria competenza sull’impugnazione
della determinazione del R.U.P. e ritenendo inammissibile l’impugnazione dell’informativa
atipica.
3. Con atto
notificato in date 2, 6, 7 e 9 agosto 2012 e depositato il giorno 7 il signor
Palumbo ha chiesto il regolamento di competenza, con riforma dell’ordinanza
sopra precisata, lamentando l’omessa indicazione del T.A.R. ritenuto competente
e sostenendo la spettanza della cognizione della controversia al T.A.R. adìto
sulla base della connessione tra più provvedimenti e della natura di atto
presupposto dell’informativa antimafia.
4. Il
regolamento è stato assegnato all’Adunanza plenaria, nella composizione
integrata prevista dall’art. 10, comma 3, del d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 (Norme
di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti
l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato).
La
Prefettura di Agrigento si è costituita in giudizio ed in memoria, eccepita
l’inammissibilità del regolamento (oltreché del ricorso e dei successivi motivi
aggiunti) per omessa notificazione nei confronti del Ministero dell’interno, ha
svolto controdeduzioni.
All’odierna
camera di consiglio il regolamento è stato introitato in decisione, previa
trattazione orale da parte della difesa dell’istante.
5. In via
preliminare dev’essere disattesa l’anzidetta eccezione di inammissibilità,
poiché l’atto introduttivo del regolamento di competenza in esame risulta
ritualmente notificato ai sensi dell’art. 15, comma 2, ultima parte, cod. proc.
amm., ossia “alle altre parti” (del giudizio presso il T.A.R.), tra le
quali non figura il Ministero dell’interno, sicché il contraddittorio deve
ritenersi correttamente instaurato, mentre resta estranea alla presente fase
processuale la questione se, a fronte dell’impugnata informativa antimafia,
legittimato passivamente sia lo stesso Ministero oppure la Prefettura; questione
sulla quale deciderà, ovviamente, il giudice che sarà ritenuto competente.
6. Nel
merito, va ricordato che l’art. 13 cod. proc. amm., rubricato “Competenza
territoriale inderogabile”, recita: “1. Sulle controversie riguardanti
provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è
inderogabilmente competente il Tribunale amministrativo regionale nella cui
circoscrizione territoriale esse hanno sede. Il Tribunale amministrativo
regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti
provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui
effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il
Tribunale ha sede.
2. Per le
controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il
Tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio.
3. Negli
altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma e, per gli atti dei soggetti
pubblici a carattere ultra regionale, il Tribunale amministrativo regionale
nella cui circoscrizione ha sede il soggetto.”
La norma è
stata recentissimamente modificata ed integrata dall’art. 1, lett. a), del
d.lgs. 14 settembre 2012 n. 160, entrato in vigore il 3 ottobre 2012, in
particolare mediante introduzione del comma 4-bis , secondo cui “La
competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a
ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso
provvedimento, tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui
impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della
competenza”.
Tuttavia,
con riguardo all’applicabilità della disciplina introdotta col detto codice
rispetto a quella previgente di cui alla legge n. 1034 del 1971, sulla base
dell’art. 11, comma 1, delle disposizioni del codice civile sulla legge in
generale (ai sensi del quale “La legge non dispone che per l’avvenire: essa
non ha effetto retroattivo”) questa Adunanza plenaria ha già avuto modo di
precisare che la nuova disciplina della competenza è applicabile solo ai
processi instaurati sotto la sua vigenza (cfr. Ad. plen., 7 marzo 2011 n. 1 e 5
maggio 2011 n. 5).
Analogamente
deve concludersi con riguardo alle modificazioni al codice del processo
amministrativo rispetto alla precedente formulazione. Ne consegue
l’inapplicabilità alla fattispecie del ricordato comma 4-bis.
7. Peraltro,
il medesimo comma 4-bis in altro non consiste che nell’esplicitazione
di un principio già desumibile dal testo previgente.
Come
precisato nella relazione al ripetuto codice, con l’art. 13 si è inteso
chiarire che il criterio ordinario di riparto della competenza per territorio “è
quello della sede dell’autorità amministrativa cui fa capo l’esercizio del
potere oggetto della controversia. Tuttavia tale criterio non opera là dove gli
effetti diretti del potere siano individuabili in un ambito diverso; in tal
caso la competenza è del Tribunale nella cui circoscrizione tali effetti si
verificano. Ciò in linea con il più recente orientamento secondo cui deve in
tali ipotesi privilegiarsi il criterio connesso all’ambito territoriale di
efficacia diretta del potere esercitato, anche in ragione delle possibili
connessioni tra diversi giudizi, nonché per non accrescere oltremodo il carico
del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sul quale
altrimenti verrebbero a gravare tutte le controversie aventi ad oggetto
l’attività delle amministrazioni che hanno sede nella capitale, anche quando
tale attività riguardi in via diretta circoscritti ambiti territoriali”.
Non v’è
dubbio dunque che, anche anteriormente all’indicata modifica, in tema di
competenza territoriale inderogabile del giudice amministrativo il criterio
principale è quello della sede dell’autorità che ha emesso l’atto impugnato e
che tale criterio è sostituito da quello inerente gli effetti “diretti”
dell’atto, qualora essi si esplichino in luogo compreso in un diversa
circoscrizione territoriale di Tribunale amministrativo regionale.
8. In tale
ottica deve condividersi l’allusione, contenuta nell’ordinanza suindicata,
all’incompetenza del T.A.R. Sicilia nel caso di specie.
Invero, come
si è accennato in precedenza, la controversia di cui trattasi ha per oggetto,
in via principale, il sostanziale diniego di autorizzazione al subappalto
emesso da amministrazione pubblica avente sede nella Regione Piemonte,
relativamente a lavori affidati e da eseguirsi nella Regione stessa. In ordine
a tale provvedimento sono stati, in particolare, prospettati problemi inerenti
l’individuazione del Tribunale amministrativo regionale competente. La stessa
controversia ha poi per oggetto, quale atto presupposto, l’informativa
antimafia atipica emessa dalla Prefettura di Agrigento.
Tale secondo
provvedimento consiste, come espressamente affermato nel medesimo, in una “informativa
supplementare atipica (…) priva di efficacia interdittiva automatica”
(prevista dall’art. 1 septies del d.l. 6 settembre 1982 n.
629, conv. dalla l. 12 ottobre 1982 n. 726, abrogato, con la decorrenza ivi
indicata, dall’art. 120, co. 2, lett. a, del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159) e
volta, del pari espressamente, ad attivare “le valutazioni e le conseguenti
determinazioni nell’esercizio dei poteri discrezionali” della società TRM,
alla quale il Prefetto di Agrigento ha corrisposto appunto in tal senso,
esponendo di aver ravvisato “elementi che, pur denotando il pericolo di
collegamento tra l’impresa e la criminalità organizzata” non integrano “del
tutto il tentativo di infiltrazione”.
Si tratta,
dunque, di atto endoprocedimentale, non dotato di efficacia immediatamente
lesiva e, pertanto, neppure di effetti “diretti”, onde già questo solo
aspetto rientra nella sfera di cognizione del T.A.R. al quale compete di
conoscere del provvedimento contenente quelle determinazioni finali.
D’altra
parte, di recente da questa Adunanza plenaria è pervenuta ad analoghe
conclusioni in fattispecie relativa all’interdittiva di cui all’art. 10 del
d.P.R. 30 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la
semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e
delle informazioni antimafia), a norma del quale le informazioni del
Prefetto “sono richieste dall’amministrazione interessata” (comma 3) e
se, come in quel caso, a seguito delle verifiche disposte dalla stessa autorità
emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa, sono
esclusivamente “le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni”
che “non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o i
subcontratti …” (comma 2). Tanto nel rilievo che l’interdittiva non è atto
avente portata generale e tanto meno normativa, né ha efficacia sull’intero
territorio nazionale, bensì opera in seno al singolo rapporto cui afferisce e,
pertanto, spiega i suoi effetti “diretti” nell’esclusivo ambito della
circoscrizione territoriale ove quest’ultimo è costituito e si svolge, con
l’ulteriore conseguenza della competenza a conoscerne del T.A.R. di quella
circoscrizione territoriale. E’ stato inoltre rilevato come ciò non tolga che
il Prefetto possa corrispondere con analoghe informazioni alla richiesta di
altra amministrazione pubblica, ma si tratterà pur sempre di diverso
provvedimento, il quale avrà specifica efficacia inibitoria della stipulazione,
approvazione o autorizzazione nei riguardi di quella amministrazione ed in relazione
a quel rapporto in ragione del quale la richiesta sia stata avanzata (cfr. Ad.
plen., ord. 24 settembre 2012 n. 33).
9. In
definitiva, nella specie va riconosciuta la competenza del Tribunale
amministrativo regionale del Piemonte sull’intera controversia, cioè sia sul
provvedimento del R.U.P. che sull’informativa prefettizia.
Esula perciò
nel caso in esame alcuna possibile problematica di spostamento della competenza
per ragioni di connessione (che condurrebbe peraltro ad identico risultato,
attesa la natura funzionale da riconoscersi alla competenza del Tribunale
amministrativo regionale del Piemonte in virtù dell’art. 14, comma 3, del
codice del processo amministrativo, rientrando il giudizio esperito dinanzi ad
esso nell’ambito della previsione di cui al successivo art. 119 del medesimo
codice: cfr. per i rapporti tra competenza funzionale e competenza territoriale
inderogabile la sentenza di questa Adunanza plenaria 25 giugno 2012, n. 23).
10. È da
aggiungere che all’esposta conclusione non osta la mancata indicazione espressa
del giudice ritenuto competente da parte del Tribunale amministrativo regionale
siciliano. Stante, invero, la natura inderogabile annessa dal codice del
processo amministrativo alla competenza dei tribunali regionali,
l’individuazione in concreto della stessa non può dipendere dalla
prospettazione formulata in sede di regolamento o dall’avviso del primo
giudice, espresso o meno, ma deve necessariamente promanare dall’applicazione
obiettiva delle regole dell’ordinamento.
11. Quanto
all’appello cautelare, formulato contestualmente al regolamento di competenza,
ne è evidente l’inammissibilità perché l’indicata ordinanza del T.A.R. per la
Sicilia andava appellata davanti non al Consiglio di Stato, ma al Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione siciliana ai sensi dell’art. 4, comma
3, del citato d.lgs. n. 373 del 2003, secondo cui “In sede giurisdizionale
il Consiglio di giustizia amministrativa esercita le funzioni di giudice di
appello contro le pronunce del Tribunale amministrativo regionale per la
Sicilia”.
12. Quanto,
infine, alle spese relative all’esaminato regolamento di competenza ed
all’appello cautelare, si ravvisano ragioni affinché possa esserne disposta la
compensazione tra le parti in considerazione dell’intervento solo recente della
richiamata pronuncia di questa Adunanza plenaria in materia.
Il Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria), definitivamente
pronunciando sul regolamento di competenza in epigrafe, dichiara competente il
Tribunale amministrativo regionale del Piemonte.
Dichiara
inammissibile l’appello cautelare.
Spese
compensate.
Così deciso
in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2012.
Depositata in cancelleria in data 19 novembre 2012