mercoledì 28 novembre 2012

ADUNANZE PLENARIE: diritto d'accesso: un utile "excursus" normativo e giurisprudenziale sull'istituto (Ad. Plen. n. 7/2012).


ADUNANZE PLENARIE: 
diritto d'accesso: un utile "excursus" normativo e giurisprudenziale sull'istituto 
(Ad. Plen. n. 7/2012)


La massima dell'Ad. Plen. 24 aprile 2012 n. 7 ci fa soltanto capire (l'ovvietà) che il diritto d'accesso non è illimitato? Non solo. Intanto leggiamola:
"Gli associati della Società italiana degli autori ed editori, e non anche le associazioni dei consumatori, hanno titolo ad ottenere copia degli atti delle delibere con cui l’ente si è attivato per esperire le azioni necessarie per il recupero delle somme a suo tempo investite tramite la società Lehman Brother".
Il valore della pronuncia sta difatti nell'aver compiuto un esaustivo excursus normativo e giurisprudenziale sul diritto d'accesso nel nostro ordinamento. 
Tramite il link potete leggere per intero la "ricostruzione" dell'istituto (Sito della Giustizia Amministrativa).
Ma la pronuncia in esame si segnala per un'altra ragione: oltre ai limiti all'accesso "classici" (interesse attuale, personale, concreto, inammissibilità di un controllo generalizzato, limiti legali, etc.) il Supremo Consesso Amministrativo ne "rafforza" un altro (già introdotto dalla l. n. 15/2005 all'art. 24 co. 3 della l. n. 241/90): "[...] essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento.
Nell’attuale controversia, le Associazioni appellanti si dichiarano portatrici, a norma del loro Statuto, di un interesse collettivo o diffuso dei consumatori e degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, e, come tali, affermano aver diritto all’accesso ai documenti richiesti in quanto la cattiva gestione del patrimonio della Siae ha determinato un pregiudizio agli interessi delle categorie rappresentate.
Secondo lo schema logico imposto dall’art. 22 della legge n. 241 del 1990, appena ricordato, occorre verificare se gli atti, cui si chiede di accedere, siano in qualche modo collegati con la suddetta situazione giuridica, vale a dire se la conoscenza degli atti stessi, e le iniziative eventualmente conseguenti, siano in grado di concorrere alla tutela della medesima situazione giuridica.
Il quesito va risolto in senso negativo.
Come osservato in sede di esame degli appelli dei signori Rienzi e Valente, il patrimonio della Siae deve essere gestito nell’interesse dei soli associati, che, in quanto tali, possono beneficiare di incrementi patrimoniali ed essere esposti a pregiudizi per eventuali perdite.
Al contrario, la vasta ed indifferenziata platea dei consumatori e utenti del diritto d’autore, che le appellanti intendono rappresentare, non può ricevere alcun nocumento da decurtazioni del patrimonio della Siae né giovarsi in alcun modo del recupero di capitali venuti meno per effetto di investimenti pregressi, cui, invece, è legittimamente interessato il singolo associato.[...]".
E' quindi necessario un ulteriore verifica (discrezionale?) da parte della P.A.: se il documento goda di un collegamento, alla posizione sostanziale, tale da facilitarne (almeno) l'esercizio. In altre parole occorre che l'informazione veicolata dal documento sia "utile" ai fini della situazione giuridica presupposta al diritto d'accesso. 
Viene così limitata l'autonomia del diritto d'accesso in controtendenza con la vis expansiva dimostrata dallo stesso negli ultimi lustri.

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