APPALTI:
è inammissibile l'avvalimento
"a cascata"
(Cons. St., Sez. III,
sentenza 25 febbraio 2014 n. 887).
Massima
Nelle gare pubbliche la certificazione di qualità rientra tra i requisiti soggettivi di carattere tecnico - organizzativo che in astratto può essere oggetto di avvalimento, pur essendo in concreto difficile, se non impossibile, dimostrare l'effettiva disponibilità di un requisito che, per le sue caratteristiche, è collegato all'intera organizzazione dell'impresa, alle sue procedure interne, al bagaglio delle conoscenze utilizzate nello svolgimento delle attività.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 4360/2013 RG, proposto
dalla Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., corrente in Roma, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dal prof.
Filippo Satta e dall’avv. Anna Romano, con domicilio eletto in Roma, Foro
Traiano 1/A, presso lo Studio legale Satta & Associati,
contro
il Ministero dell'interno, in persona del
sig. Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi
n. 12,
per la riforma
della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez.
I-ter, n. 4130/2013, resa tra le parti e concernente la gara d'appalto per la
realizzazione del disaster recovery nel CEN della Polizia di
Stato in Napoli, preordinato alla gestione dei sistemi telematici di
monitoraggio del territorio;
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
del Ministero intimato;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;
Relatore all'udienza pubblica del 21
novembre 2013 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti,
l’avv. Manzi (su delega del prof. Romano) e l’Avvocato dello Stato Ferrante;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Con bando spedito alla GUCE il 31
ottobre 2012, il Ministero dell'Interno – DPS ha indetto una procedura
ristretta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, per la realizzazione del Disaster recovery presso
il Centro elettronico nazionale – CEN della Polizia di Stato in Napoli, per un
importo a base d'asta pari a € 21.365.000,00, oltre IVA.
L’appalto concerne dunque il CEN, per la
gestione dei sistemi telematici relativi al monitoraggio del territorio nelle
Regioni Obiettivo Convergenza. Il bando ha stabilito, tra l’altro,
tra i requisiti di carattere tecnico – professionale pure il possesso della
certificazione di qualità UNI EN ISO 9001 – 2008, sett. EA 33, nonché della
certificazione aziendale ISO 14001, possesso prescritto, in caso di ATI, in
capo a ciascuna impresa aderente a quest’ultima. L’art. 5, § 2), lett. d), n.
1) del bando ha altresì precisato che ogni impresa partecipante, singola,
consorziata o raggruppata, avrebbe potuto soddisfare «… la richiesta
relativa al possesso dei requisiti di carattere economico-finanziario e
tecnico-professionale avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto…» ex
art. 49 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163.
2. – La Ericsson Telecomunicazioni s.p.a.,
in qualità di impresa interessata a partecipare alla gara de qua in
ATI con altri soggetti, rende nota la risposta del 3 dicembre 2012. con cui il
Ministero ha escluso tal avvalimento per i requisiti inerenti ad entrambe le
certificazioni di qualità, giusta parere dell'AVCP n. 6 dell’8 febbraio 2012.
Detta Società fa presente pure d’aver
chiesto alla stazione appaltante il ritiro di tal chiarimento così formulato,
nonché di prorogare il termine per la presentazione delle istanze di
partecipazione, sì da consentire alle imprese di partecipare alla gara stessa,
diffidandola che, in caso contrario, avrebbe adito le vie legali.
Non avendo la sua richiesta ottenuto alcun
esito, detta Società ha dunque impugnato innanzi al TAR Lazio (ricorso n.
74/2013 RG) sia le predette risposte, sia le norme della lex specialis se
interpretate in senso ostativo all’avvalimento per tali certificazioni di
qualità. Detta Società dichiara d’avere in ogni caso presentato la domanda di
partecipazione alla gara quale capogruppo mandataria di una costituenda ATI con
altre imprese, allegando le dichiarazioni ed i contratti di avvalimento
relativi a siffatte certificazioni. Essendo intervenuto il provvedimento del 28
dicembre 2012, con il quale la stazione ne ha disposto l’esclusione dalla gara,
detta Società ha ritualmente proposto un atto per motivi aggiunti.
3. – Con sentenza n. 4130 del 24 aprile
2013, l’adito TAR ha respinto la pretesa attorea proprio con riguardo al
divieto d’avvalimento per tali certificazioni, in varia guisa assimilabili a
requisiti soggettivi. Tanto perché esse attengono ad uno specifico status dell’imprenditore
e quindi non sono trasferibili a terzi, anche in base agli artt. 49 e 50 della
dir. n. 2004/18/CE ed al citato parere della AVCP.
Appella quindi la Ericsson
Telecomunicazioni s.p.a., con il ricorso in epigrafe, ribadendo in questa sede
i criteri interpretativi degli artt. 42, 43 e 49 del Dlg 163/2006 circa
l’ammissibilità di detto avvalimento anche nel caso in esame, perché inerente
ai soli requisiti tecnico – professionali. S’è costituito in giudizio il
Ministero intimato, che conclude per la sopravvenuta improcedibilità del ricorso
in epigrafe e, nel merito, l’infondatezza di questo.
Alla pubblica udienza del 21 novembre
2013, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in
decisione dal Collegio.
4. – Non convince la tesi del Ministero
appellato, secondo cui l’appellante, in ATI con le imprese collegate, sarebbe
stata ammessa con riserva alla gara de qua, senza, però, proporre
offerta.
A ben vedere, tuttavia, l’appellante non
fu ammessa con riserva alla gara stessa, né poté produrre per tempo l’offerta.
Il relativo invito è invece giunto sì nelle more del giudizio innanzi al TAR,
ma a condizione dell’esito favorevole di quest’ultimo. Sicché l’effetto
cautelare della riserva è caduto con la pubblicazione della sentenza ora
impugnata che ha così confermato la legittimità della esclusione di detta
Società.
Dal che l’inutilità, per quest’ultima, di
restare in gara senza alcun titolo, pur se provvisorio e di presentare
un’offerta divenuta in via definitiva inammissibile.
5. – Nel merito, l’appello non può esser
condiviso.
Sulla delicata questione per cui è causa,
il Collegio non può esimersi dal riscontrare una certa qual differenza di
opinioni sull’oggetto ed il limite dell’avvalimento per le certificazioni di
qualità ed ambientali, per vero non espressamente previsti dall’art. 48, § 3)
della dir. n. 2004/18/CE e dalle omeomorfe norme nazionali.
Ora, il citato art. 48, § 3), che regola
le capacità tecniche e professionali per la partecipazione agli appalti
pubblici, stabilisce che l’operatore «… può, se del caso e per un
determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a
prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi…». La
norma precisa altresì l’obbligo dell'impresa, anche se raggruppata e che vuol
avvalersi della capacità tecnica e professionale altrui, di provare «… all'amministrazione
aggiudicatrice che per l'esecuzione dell'appalto disporrà delle risorse
necessarie…». Dal canto suo, l’art. 49, c. 1 del Dlg 163/2006 ripete la
norma comunitaria, all’uopo obbligando l’impresa ausiliata «… una sua
dichiarazione verificabile ai sensi dell'articolo 48, attestante l'avvalimento
dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica
indicazione dei requisiti stessi e dell'impresa ausiliaria…». In base a
ciò, non nega il Collegio che la norma europea ha un’efficacia generale, nel
senso che ammette, senza rilevanti differenze o preclusioni, l’avvalimento per
ogni tipo di requisito tecnico professionale o finanziario (sul carattere
generale dell’istituto, anche per gli avvalimenti “plurimi”, cfr., da ultimi,
C. giust. UE, 10 ottobre 2013, causa C-94/12), limitandosi a prescrivere la
specificità dell’indicazione dei requisiti utilizzati e dell’impresa
ausiliaria.
Non fatica il Collegio a constatare che,
sul piano letterale, l’art. 49 del Dlg 163/2006, disciplinando l’istituto
dell’avvalimento, non vieta in modo categorico qual requisito soggettivo sia, o
no, dimostrabile per mezzo di tal contratto che, dunque, assume una portata
generale. È infatti noto che, nell’ottica dell’ordinamento UE, l’avvalimento
miri ad incentivare la concorrenza, nell’interesse delle imprese, agevolando
l’ingresso nel mercato di nuovi soggetti, Sicché, anche per il Collegio, va
esclusa ogni lettura aprioristicamente restrittiva dell’ambito operativo
dell’istituto, se non per quelli, ma solo perché già predefiniti ed
inderogabili, di cui agli artt. 38 e 39 del Dlg 163/2006.
Né si può sottacere l’avviso, anche di
altre Sezioni di questo Consiglio, per cui, se tutti i requisiti
tecnico-professionali possono costituire oggetto di avvalimento per il
legislatore europeo, dunque ciò può riguardare le certificazioni di qualità
aziendale. Tanto in relazione all’art. 48, § 2), lett. j-ii) della dir. n.
2004/18/CE, in virtù del quale l'operatore può dimostrare la propria capacità
tecnica per i prodotti da fornire per mezzo, tra l’altro, di certificati
rilasciati da istituti o servizi ufficiali incaricati del controllo della
qualità.
6. – Tale impostazione, che è poi la tesi
dell’appellante, non è stata condivisa sal TAR, anche in base al citato parere
dell’AVCP del 2012, nel senso, cioè, che la normativa comunitaria ed il Dlg
163/2006 dettano un differente regime circa l’avvalimento con riguardo alle
certificazioni di qualità e di gestione ambientale.
Ad avviso del TAR, gli artt. 49 e 50 della
dir. n. 2004/18/CE non prevedono espressamente l’avvalimento per tali
certificazioni, che può concernere, in modo quanto più liberale è possibile, i
requisiti di capacità tecnica ed economica.
Non così si deve dire per quei requisiti
di natura soggettiva, che riguardano, come le certificazioni di qualità,
vicende non solo organizzative, ma soprattutto di status dell’imprenditore
certificato e nella misura in cui egli, e non altri, ha ottenuto la certificazione
stessa. Dal che l’impossibilità, anche agli occhi del Collegio e fermi i
principi dianzi riferiti sull’ampia utilizzabilità dell’istituto, che tali
“qualità” siano rese disponibili e comunicabili a terzi, nelle procedure ad
evidenza pubblica che impongano il possesso delle certificazioni de
quibus. Tal assunto non è revocabile in dubbio, certo non con riguardo
all’art. 48, § 3), in virtù del quale l’operatore «… può…fare
affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica
dei suoi legami con questi ultimi…». Ma tal espressione, nella sua così
ampia formula, non è dirimente nel senso voluto dall’appellante, ma dice solo
che l’avvalimento può concernere ogni capacità altrui, ovviamente che non sia
un requisito soggettivo o di status.
Insomma, il § 3) non dice nulla più, con
un argomento per vero circolare, che l’avvalimento si può fare in tutti i casi
in cui ciò è consentito, purché se ne dia idonea contezza, senza formalità
solenni o predefinite, ma in modo verificabile e con oggetto specifico.
Neppure convince la tesi dell’appellante,
a confutazione dell’ argomento del TAR in ordine agli artt. 49 e 50 della
direttiva n. 18, secondo cui le due norme non disciplinano le misure relative
alla qualità, ma indicano i casi in cui, in assenza dei certificati, può esser
fornita la prova sull'impiego di misure equivalenti a quelle oggetto di
certificazione. Questo è materialmente vero, ma non dà risposta al quesito
oggetto del contendere.
In altri termini, il TAR (ed il Collegio,
dal canto suo) afferma l’impossibilità d’evincere dalle regole degli artt. 49 e
50 null’altro che un mero mezzo di prova sostitutiva delle certificazioni.
Nulla si dice circa la sicura utilizzabilità, da parte dell’impresa ausiliata,
di tali strumenti alternativi, donde l’irrilevanza d’ogni esegesi delle regole
stesse al fine propugnato dall’appellante. Insomma, ciò che qui è in
discussione non è affatto il quid, il quantum o il quomodo dell’avvalimento
sulle qualità certificate in tal modo, ma se queste ultime possano lecitamente
formare oggetto di avvalimento. Tanto soprattutto se si considera che i
certificati di qualità costituiscono una sorta di requisito soggettivo
speciale, dalla legge di gara espressamente previsto come una condizione, non
legale, ma pur sempre obbligatoria sia per la partecipazione alla gara per cui
è causa, sia per l'esecuzione della prestazione dedotta in appalto.
Non dura fatica il Collegio a ritenere
che, quale requisito soggettivo speciale, l’impresa titolare ne possa fornire idonea
dimostrazione anche in modo indiretto, ma ciò riguarda se stessa, non certo o
non per forza la possibilità di altri d’avvalersene grazie a tal indiretta
prova.
7. – L’avvalimento, quindi ed anche nel
caso in esame, va letto secondo la sua funzione propria (arg. ex Cons. Stato,
III, 1° ottobre 2012 n. 5161), nel senso che tal istituto risponde sì
all’esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti,
che siano privi dei requisiti richiesti dal bando, di concorrere ricorrendo ai
requisiti di altri soggetti, ma che il sotteso favore alla massima concorrenza
deve assicurare la massima garanzia per la stazione appaltante e per la sicura
ed efficiente esecuzione degli appalti.
Appunto per questo non va sminuito il
passaggio del TAR sull’evidente scissione tra titolarità del contratto
aggiudicato e responsabilità della sua materiale esecuzione, quale risultante
di un avvalimento sulle certificazioni de quibus.
Reputa al riguardo il Collegio che la
certificazione di qualità si connoti dal fine di valorizzare tutti e ciascun
elemento di eccellenza nell’organizzazione complessiva dell’impresa.
Certificando siffatta qualità, dunque, il competente organismo non fa che
constatare come tal organizzazione sia e si mostri preordinata ed abile a
raggiungere e mantenere nel tempo lostandard di qualità chiesto
dalla relativa norma tecnica. Il che è come dire che il dato di qualità è un
metodo ed un know how che trascende, perlomeno finché è in
grado di durare, la mera efficienza nella strutturazione dei fattori della
produzione e diviene l’essenza stessa dell’impresa, di per sé e coeteris
paribus non riproducibile tal quale all’esterno.
Già l’avvalimento d’ogni requisito tecnico
implica la sostituzione del sotteso dato organizzativo e produttivo dell’impresa
ausiliare a quello, inidoneo per l’interesse dedotto in appalto, dell’impresa
ausiliata. Dal che l’obbiettiva e notoria “difficoltà”, al di là dell’enfasi
liberale sull’uso dell’istituto, di precisarne l’oggetto tra le parti del
relativo contratto, nonché i parimenti conosciuti “problemi” agitati in
giurisprudenza sull’adeguatezza di siffatte precisazioni. A più forte ragione,
quando si intendano comunicare requisiti soggettivi speciali come le citate
certificazioni, il contenuto del contratto d’avvalimento resta o sfuggente (e,
dunque, nullo per indeterminabilità o assenza dell’oggetto) o impossibile
(perché tutta l’azienda ausiliare dovrebbe esser trasferita così com’è e per
tutta la durata dell’appalto). Piace allora al Collegio sul punto citare un
precedente arresto della Sezione (cfr. Cons. St., III, 18 aprile 2011 n. 2344),
il quale, pure, riconduce la certificazione di qualità tra i requisiti di
carattere tecnico – organizzativo che possono essere oggetto di avvalimento.
Ebbene, la Sezione allora affermò che «… una volta ammessa l’astratta
operatività dell’avvalimento, non può essere trascurata l’evidente difficoltà
“pratica” di dimostrare, in concreto, l’effettiva disponibilità di un requisito
che, per le sue caratteristiche, è collegato all’intera organizzazione
dell’impresa, alle sue procedure interne, al bagaglio delle conoscenze
utilizzate nello svolgimento delle attività…».
Proprio in ciò risiede la “soggettività”
dei requisiti stessi e la conseguente impossibilità di dedurli in avvalimento,
si badi, non per l’angustia della norma nazionale rispetto a quella
comunitaria, né a causa di interpretazioni fallaci o grette. L’impossibilità
dell’avvalimento si ha solo a causa della evidente, materiale
irriproducibilità, al di là, cioè, d’ogni diritto positivo o di mentalità
giuridica, della qualità fuori dal contesto in cui è generata e viene
certificata. Sussiste evidente l’intima correlazione tra l’ottimale gestione
dell’impresa nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità, cosa, questa,
che conferisce alla relativa certificazione un connotato, tutt’altro che
implicito, d’insopprimibile soggettività.
Anche ad accedere, perciò, alla tesi
dell’appellante, la rigorosa applicazione dell’art. 49 del Dlg 163/2006
implicherebbe pur sempre, per communis opinio della
giurisprudenza (cfr. appunto, Cons. St., III, n. 2344/2011, cit.), che
l’impresa ausiliaria dovrebbe prestare non il requisito “soggettivo” di qualità
quale mero valore astratto, ma tutti i fattori della produzione e tutte le
risorse proprie, necessari ad assicurare gli indispensabili livelli di qualità
nell'esecuzione dell'appalto. precisando poi i criteri d’ammissibilità come
testé esposti nel periodo precedente. Al di là del modo di confezionarne in
concreto il contratto, l’avvalimento nella specie è “difficile” non per la
modalità di redazione di quest’ultimo, ma proprio perché dimostrare la
concretezza dell’impegno, quando si deve prestare una qualità e non un altro
requisito tecnico o finanziario, non attingerà la soglia della meritevolezza e
della specificità, se non dissimulando la sostanza del subappalto. Si avrebbe
così un uso incongruo dell’avvalimento, teso, nei fatti almeno, a dissimulare
una sorta di subappalto tra impresa ausiliaria (che, per forza, deve mettere a
disposizione tutto ciò che serve a produrre e generare la qualità certificata)
e quella ausiliata.
Da ciò discende, per un verso, che
l’intima connessione tra qualità e status (non importa quanto
transeunte) dell’impresa ausiliaria comporta che l’una non è cedibile ad altre
organizzazioni se non congiuntamente all’altro, ossia in una con l’intero
complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di
qualità. Discende altresì, senza che ciò suoni a disparità di trattamento (se
non nella natura delle cose), la non assimilabilità, per oggetto, di ciò che
vale per gli appalti di lavori –per i quali l'attestazione SOA è l’inscindibile
sintesi d’un insieme eterogeneo di requisiti, tra cui quelli di qualità e come
tale deducibile in avvalimento nella sua totalità–, rispetto alle forniture ed
ai servizi, per i cui appalti la qualificazione non è predefinita, né
centralizzata. Discende infine la non necessità di rimettere la presente
questione alla Corte di giustizia UE, in quanto in realtà la questione NON attiene
all’interpretazione ed all’uso dell’avvalimento, ma riguarda il concetto stesso
di qualità che, nell’ordinamento comunitario, ha pari dignità con il predetto
istituto e va con esso temperato ed armonizzato, in relazione all’interesse
creditorio della stazione appaltante che, pure, l’avvalimento deve garantire.
8. – Nemmeno convince la tesi
dell’appellante, secondo cui, in fondo, i chiarimenti del 3 dicembre 2012,
nell’escludere l’avvalimento per la certificazione di qualità ISO 14001 e UNI
EN ISO 9001:2008 - settore EA33, avrebbero modificato in modo sostanziale la lex
specialis, innovandola su tal punto senza adeguata pubblicità (in
violazione dell’art. 70, c. 3 del Dlg 163/2006) ed in modo tale da imporre un
nuovo termine minimo per la presentazione delle domande di partecipazione e
delle offerte (per le procedure ristrette, non meno di trentasette giorni) o,
almeno, una congrua proroga di quello già in scadenza al 10 dicembre 2012.
Anzitutto, non si comprende l’utilità
ritraibile, da parte dell’appellante, dalla censura sull’omessa pubblicazione
della predetta “modifica sostanziale” nelle debite forme, visto che
l’appellante ne ha avuto tanta piena consapevolezza da spostare l’oggetto
essenziale del contendere da tale aspetto a quello della (pretesa) virtuosa
interpretazione della lex specialis, tutta incentrata
sull’avvalimento esteso anche alla qualità.
Inoltre, non v’è alcun dato testuale,
d’altronde neppure chiaramente evincibile dalla norma, che concluda per la
sicura applicabilità dell’avvalimento preteso dall’appellante alla citata legge
di gara, a fronte della chiara scelta operata nel chiedere le certificazioni di
qualità citate. Sicché non sembra assodato, né tampoco irrefutabile la
circostanza che i chiarimenti del 3 dicembre 2012 assurgano a modifiche
sostanziali della lex specialis e non siano, piuttosto,
proprio ciò che il vocabolo esprime, ossia l’avvertenza della stazione
appaltante alle imprese candidati su come confezionare l’istanza e l’offerta.
Poiché, dunque, non si tratta di null’altro che della specificazione di ciò
che, perlomeno nella volizione della stazione appaltante fu il trattamento
delle certificazioni della qualità pretesa, scolorano tutte le considerazioni
in ordine alla necessità sia della fissazione d’un nuovo termine, sia della
proroga di quello già esistente per la presentazione delle offerte.
È appena da osservare, trattandosi solo
dell’interpretazione mera delle clausole sui requisiti e non di modifiche alle
previsioni della lex specialis, che a tutto concedere, l’eventuale
maggior tempo a disposizione, che non avrebbe comunque potuto superare i
trentasette giorni dalla pubblicazione dei chiarimenti, non sarebbe stato
comunque utile all’appellante. Infatti, quand’anche si fosse realizzata
l’invocata proroga e stante l’impossibilità dell’avvalimento sulla qualità al
tempo della gara, essa non avrebbe potuto conseguire il requisito di qualità,
di cui era mancante prima della gara e che continua a non avere tuttora. Non a
caso l’appellante, se no il ricorso in epigrafe sarebbe con ogni evidenza
inammissibile per difetto d’interesse, fonda ed argomenta la sua pretesa
appunto sulla legittimazione a dedurre in contratto d’avvalimento la qualità
sottesa alle predette certificazioni, donde la contraddizione logica tra tal
argomento e la restante parte del gravame.
9. – In definitiva, l’appello va così
rigettato, ma la complessità della questione e giusti motivi suggeriscono
l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso
n. 4360/2013 RG in epigrafe), lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di
consiglio del 21 novembre 2013, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere,
Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)