venerdì 8 maggio 2015

PROCESSO: i "rischi" del(la) C.T.U. per il ricorrente ... (T.A.R. Lazio, Roma, Sez.II, ordinanza 4 maggio 2015, n. 6301).



PROCESSO: 
i "rischi" del(la) C.T.U. 
per il ricorrente ... 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 
ordinanza 4 maggio 2015, n. 6301)



Breve commento

Fiumi d'inchiostro sulla C.T.U. nel processo amministrativo, sulla sua distanza rispetto al processo civile a causa del rarissimo "uso", sugli autolimiti che i Giudici amministrativi si impongono nel sindacare l'esercizio della discrezionalità tecnica, sul mancato passaggio ad un vero giudizio sul rapporto e non solo sull'atto, etc. etc. etc. ...
Poi il Giudice davvero accoglie l'istanza del ricorrente, nomina il C.T.U. per una perizia sui danni richiesti alla p.a. (poco più di 23.000 €) e come finisce?
Che il C.T.U. chiede esattamente il doppio (più di 11.000 € invece di di poco più di 5.000 €), credo in maniera palesemente infondata, ed il ricorrente è costretto a muovergli contro "articolate e condivisibili considerazioni" rischiando, altrimenti, di pagare solo a lui la metà di quanto chiesto alla p.a. a titolo risarcitorio (!)!.
La teoria ha ragioni che la pratica non conosce/capisce, e viceversa.
Noi, invece, abbeveriamoci alle "Fonti del Diritto".
Friederich Carl von Savigny, incipit del Sistema del diritto romano attuale (1839):
"L’attività intellettuale di ciascuno, relativamente al diritto, può seguire due diversi indirizzi: o comprendere e svolgere la scienza giuridica in generale con la dottrina, l’insegnamento, l’esposizione, o applicare le regole ai casi della vita reale. Questo duplice elemento del diritto, il teorico ed il pratico, è dunque fondato sulla generale natura del diritto stesso, ma l’evoluzione di questi ultimi due secoli, ha fatto si che questi due indirizzi si siano separati in due diversi stati e professioni sicché i giurisperiti, fatte alcune rare eccezioni, sono per loro vocazione esclusiva o principale dediti o soltanto alla teoria o soltanto alla pratica. Se dunque il vizio capitale delle nostre attuali condizioni giuridiche consiste in una sempre più marcata separazione della teoria e della pratica, non vi si può trovare rimedio che nel ristabilimento della loro naturale unità".


Ordinanza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 1612 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla società Microwave-Network Spa (Mw-N), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sebastiano Verga e Sergio Giovanni Verga, con domicilio eletto in Roma, via Palestro n. 78, presso l’avvocato Sebastiano Verga;

contro
il Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro pro tempore, per legge rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
nei confronti di
- società Telepadova Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Pacifico e Romolo Portinari, con domicilio eletto in Roma, via Giuseppe Ferrari n. 11, Scala B, Interno 7, presso l’avvocato Antonio Pacifico;
- società Teleradio Diffusione Bassano Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Contaldi La Grotteria e Antonio Bartolini, con domicilio eletto in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 24 presso l’avvocato Carlo Contaldi La Grotteria;
per l'annullamento
del provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico prot. 83626 in data 26 novembre 2010 e della nota prot. 82265 in data 21 novembre 2010;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico, della società Telepadova Spa e della società Teleradio Diffusione Bassano Srl;
Viste le memorie difensive;
Vista l’istanza di liquidazione del compenso del consulente tecnico di ufficio presentata dall’ingegner A.R. in data 19 novembre 2014;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2015 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

CONSIDERATO che questa Sezione con l’ordinanza n. 6617 in data 4 luglio 2013 ha disposto l’esecuzione di una consulenza tecnica d’ufficio, formulando il seguente quesito: «Letti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta, ed acquisiti tutti gli ulteriori elementi utili, il consulente accerti, ferma preliminarmente la verifica della premessa per cui l’attribuzione nel 2010 dei canali 64 e 67 oggettivamente comprometteva la possibilità di ottenere una frequenza utile anche nella gara di rassegnazione onde poter proseguire la propria attività, quale danno economico è stato patito dalla ricorrente per effetto del differenziale di valore tra gli originali canali in analogico posseduti e la c.d. indennità di rottamazione conseguita per effetto della volontaria dismissione delle frequenze assegnate in sede di switch-off 2010, avendo comunque riguardo, tra gli elementi tecnici che saranno considerati dal Consulente tecnico di ufficio, al valore economico delle frequenze di cui è questione, alla loro capacità trasmissiva, alla popolazione raggiunta ed agli anni di durata delle concessioni», designando quale consulente tecnico d’ufficio l’ingegner A.R.;
CONSIDERATO che l’ingegner A.R. in data 2 maggio 2014 ha depositato la sua relazione definitiva e in data 19 novembre 2014 ha prodotto un’istanza con la quale, dopo aver dato atto dell’attività svolta come consulente tecnico di ufficio, chiede - a titolo di compenso spettante per la sua attività - la liquidazione della somma complessiva di euro 11.282,00 (di cui euro 5.128,17 per onorari tabellari, euro 1.025,66 a titolo incremento del compenso, nella misura del 20%, ai sensi dell’art. 51 del D.P.R. n. 115/2002, ed euro 5.128,17, a titolo incremento del compenso, nella misura del 100%, ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. n. 115/2002);
CONSIDERATO che la società Microwave-Network Spa si è opposta all’accoglimento dell’istanza di liquidazione della predetta somma di euro 11.282,00 evidenziando che: A) non è chiaro quale scaglione, in base all’art. 2 del D.M. 30 maggio 2002, sia stato applicato dal C.T.U., il quale da un lato ha quantificato il valore della causa in base alla richiesta risarcitoria, formulata dalla parte ricorrente in misura pari ad euro 23.500.00, ma dall’altro ha accertato che tale valore sarebbe di gran lunga inferiore, in quanto compreso tra i 2,5 ed i 5,5 mln di euro; B) dalla predetta istanza non si evince se il C.T.U. abbia applicato il dimezzamento dell’onorario tabellare previsto dall’art. 3 del D.M. 30 maggio 2002; C) non sussistono i presupposti per riconoscere al C.T.U. l’incremento dell’onorario in misura pari al 20%, previsto dall’art. 51 del D.P.R. n. 115/2002, sia perché non sussiste l’urgenza dell’adempimento istruttorio richiesta da tale articolo sia perché in ogni caso l’incremento è ammesso solo qualora il magistrato abbia dichiarato con decreto motivato l’urgenza dell’adempimento istruttorio; D) non sussistono i presupposti per riconoscere al C.T.U. l’incremento dell’onorario in misura pari al 100%, previsto dall’art. 52 del D.P.R. n. 115/2002, sia perché l’incarico rientra nelle competenze ordinarie di un esperto di telecomunicazioni, sia perché la complessità dell’incarico non è stata motivata dal C.T.U., che si è limitato a far riferimento agli incontri con le parti (i quali, peraltro, hanno fornito al C.T.U. i dati ed i criteri per la quantificazione dei danni), sia perché sia perché l’incarico peritale è identico ad altro incarico espletata dal medesimo C.T.U. nel giudizio introdotto con il ricorso n. 1612/2011, per il quale il C.T.U. ha chiesto la liquidazione del medesimo onorario;
CONSIDERATO che l’istanza del C.T.U. può essere accolta solo in parte, alla luce delle seguenti considerazioni: A) risulta corretta la determinazione dell’onorario in misura pari a euro 5.128,17 - operata dal C.T.U. facendo applicazione del combinato disposto degli articoli 2 e 3 del D.M. del 30 maggio 2002, che disciplinano il compenso spettante per la perizia o la consulenza tecnica in materia di risarcimento danni - perché l’art. 2 del predetto D.M. per la perizia che raggiunge lo scaglione massimo ivi previsto (pari ad euro 516.456,90 e, quindi, di gran lunga inferiore rispetto sia alla richiesta risarcitoria formulata dalla parte ricorrente, sia alla quantificazione dei danni operata dal C.T.U.) fissa un onorario variabile da un minimo di euro 5.116,32 a un massimo di euro 10.256,34, che per effetto della riduzione del 50% prevista dal successivo art. 3 (relativo alla perizia o consulenza tecnica in materia di diritti a titolo di risarcimento di danni) si riduce ad un onorario variabile da un minimo di euro 2.558,16 a un massimo di euro 5.128,17; B) non sussistono i presupposti per riconoscere al C.T.U. l’incremento dell’onorario in misura pari al 100% - previsto dall’art. 52 del D.P.R. n. 115/2002, secondo il quale “per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà gli onorari possono essere aumentati sino al doppio” - perché lo stesso C.T.U. ha già quantificato il suo onorario nella misura massima prevista dall’art. 3 del D.M. del 30 maggio 2002 (pari ad euro 5.128,17) e non ha replicato alle articolate e condivisibili considerazioni svolte dalla società Microwave-Network Spa per dimostrare che la prestazione di cui trattasi non rientra tra “le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà alle quali si riferisce il predetto art. 3; C) non sussistono neppure i presupposti per riconoscere al C.T.U. l’ulteriore incremento del 20%, perché l’art. 51, comma 2, del D.P.R. n. 115/2002 dispone che gli onorari possono essere aumentati sino al venti per cento “se il magistrato dichiara l’urgenza dell’adempimento con decreto motivato”, ma con l’ordinanza n. 6617 in data 4 luglio 2013 non è stata formalmente dichiarata l’urgenza dell’adempimento istruttorio;
CONSIDERATO che, tenuto conto di quanto precede sussistono i presupposti per liquidare, in favore dell’ingegner A.R., per l’attività svolta per l’esecuzione della consulenza tecnica d’ufficio, un onorario complessivo di euro 5.128,17;

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) liquida al consulente tecnica d’ufficio, per l’attività svolta in esecuzione dell’ordinanza n. 6617 in data 4 luglio 2013, un onorario complessivo di euro 5.128,17 (cinquemilacentoventotto/17).
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Elena Stanizzi, Consigliere
Carlo Polidori, Consigliere, Estensore



                                                   L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


giovedì 7 maggio 2015

APPALTI: il sindacato (debole) sulla verifica d'anomalia (Cons. St., Sez. III, sentenza 29 aprile 2015, n. 2186).


APPALTI: 
il sindacato (debole) 
sulla verifica d'anomalia 
(Cons. St., Sez. III, 
sentenza 29 aprile 2015, n. 2186)



Massima

È principio consolidato che, ove la stazione appaltante abbia ritenuto congrua l’offerta sulla base delle spiegazioni fornite dall’impresa concorrente in sede di verifica dell’anomalia, la sua valutazione deve ritenersi sufficientemente motivata con richiamo per relationem ai chiarimenti ricevuti, giacché la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile e, dunque, se dia o non serio affidamento circa la corretta esecuzione.


Sentenza per esteso

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 20 del 2015, proposto da:
Gesan s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Cundari, con domicilio eletto presso l’Avv. Filippo Bove in Roma, Via A. Fabretti, n. 9; 
contro
Azienda Sanitaria Provinciale Magna Grecia di Crotone, appellata non costituita;
nei confronti di
C.N.S. – Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Saverio Sticchi Damiani in Roma, Piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE II n. 02100/2014, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione definitiva dell’appalto di servizi igienico-sanitari alla persona e trasporto sanitario - mcp

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop.;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e udito, per il controinteressato C.N.S. – Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa, il solo Avv. Sticchi Damiani comparso in detta udienza;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Gesan s.r.l. ha impugnato avanti al T.A.R. Calabria, unitamente a tutti gli atti e ai verbali di gara presupposti e connessi, la determina n. 1050 del 15.10.2014, con la quale l’Azienda Sanitaria Provinciale Magna Grecia di Crotone ha disposto l’aggiudicazione definitiva, in favore del Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa (d’ora in poi, per brevità, C.N.S.), della gara per l’affidamento dei servizi igienico-sanitari alla persona, call center, manutenzione degli impianti e degli immobili, nel Presidio Ospedaliero San Giovanni di Dio di Crotone e sul territorio dell’Azienda Provinciale.
2. La ricorrente, deducendo la illegittimità della procedura e dell’aggiudicazione per cinque distinti profili, ne ha chiesto l’annullamento, con conseguente aggiudicazione definitiva dell’appalto in proprio favore.
3. Si sono costituiti nel primo grado di giudizio sia l’Azienda Sanitaria Provinciale che C.N.S., entrambe per resistere al ricorso.
4. Il T.A.R. Calabria, con sentenza n. 2100 del 5.12.2014, resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha respinto il ricorso.
5. Avverso tale sentenza Gesan s.r.l. ha proposto appello, deducendone l’erroneità sotto due distinti profili, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado.
6. Si è costituita la sola controinteressata C.N.S. per resistere all’appello, domandandone la reiezione, mentre non si è costituita l’Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone.
7. Con ordinanza n. 239 del 15.1.2015 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione.
8. Infine, nell’udienza del 16.4.2015, il Collegio, udito il solo difensore comparso di C.N.S., ha trattenuto la causa in decisione.
9. L’appello è infondato e va respinto.
10. L’odierna appellante, Gesan s.r.l., ha riproposto due dei cinque motivi già formulati in primo grado e respinti dal T.A.R.
10.1. In particolare Gesan s.r.l. ha dedotto che:
a) la Commissione di gara avrebbe dovuto valutare le offerte economiche sulla base della formula di cui all’art. 16 del capitolato speciale d’appalto e non sulla base del metodo aggregativo-compensatore e della formula di cui al punto 1, lett. b, del disciplinare di gara, al quale rinviava il bando di gara;
b) la presunta inattendibilità dell’offerta economica di C.N.S., ritenuta incongrua con riguardo a singole voci di costo, quali in particolare le spese per il personale.
11. Entrambe le censure qui riproposte devono essere disattese.
12. Con la prima censura (pp. 25-29 del ricorso) Gesan s.r.l. ribadisce, anche in questa sede, il contrasto tra il disciplinare di gara, che alla p. 8 prevedeva l’applicazione del metodo aggregativo-compensatore per la valutazione dell’offerta economica, e l’art. 16 del capitolato speciale, il quale contempla un diverso criterio di calcolo.
12.1. Il presunto contrasto tra le due disposizioni, sostiene l’appellante, si sarebbe dovuto risolvere in favore di quella, di cui al richiamato art. 16, con applicazione del metodo di valutazione in essa indicato, e non già, come ha ritenuto il T.A.R., dando prevalenza al criterio valutativo previsto dal disciplinare.
12.2. Applicando il criterio dell’art. 16 del capitolato, dunque, Gesan s.r.l. avrebbe ottenuto 39,60 punti che, sommati ai 60 assegnati all’offerta tecnica, le avrebbero garantito l’aggiudicazione della gara.
12.3. Il motivo, prima ancor che infondato in fatto, è infondato in diritto.
12.4. È anzitutto pacifico nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo cui le disposizioni del bando prevalgono su quelle del capitolato, chiamate ad integrare e non a modificare le prime (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 11.7.2013, n. 3735), con la conseguenza che l’art. 16 del capitolato, a torto invocato dall’appellante, non può prevalere sulla previsione del bando, che prevede l’applicazione del metodo aggregativo-compensatore.
12.5. E a conferma di quanto esposto basti qui rilevare che, come ha già rilevato l’Autorità Nazionale Anticorruzione nel parere n. 105 del 9.12.2014 espresso proprio sulla vicenda di cui è causa, la commissione di gara ha valutato correttamente le offerte economiche secondo il criterio aggregativo-compensatore prescelto dalla stazione appaltante, senza effettuare alcuna autonoma operazione matematica, moltiplicando il valore V(a) ottenuto dalla formula V(a)i=Ri/Rmax per 40.
12.6. In ogni caso, anche volendo prescindere dalle superiori decisive considerazioni, il preteso contrasto non sussiste, alla luce di una complessiva, attenta e armonica lettura degli atti di gara, posto che, come ha sottolineato il primo giudice con motivazione, peraltro, non oggetto di specifica censura, il richiamo all’art. 16 del capitolato, contenuto nel punto IV.2.1. del bando, vale solo ad individuare i parametri da tenere in considerazione e non il metodo di valutazione, metodo che, inequivocabilmente, è individuato dallo stesso bando al punto VI.3 nel metodo aggregativo-compensatore di cui all’allegato P del d.P.R. 207/2010.
12.7. Tanto basta a destituire di fondamento, in fatto oltre che in diritto, la doglianza, poiché la Commissione ha fatto legittima e doverosa applicazione dell’unico metodo previsto dalla lex specialis e, cioè, quello aggregativo-compensatore, come ha pure chiarito l’Autorità Nazionale Anticorruzione nel menzionato parere, depositato da C.N.S.
12.8. La censura, quindi, va respinta.
13. Con il secondo motivo di appello (pp. 29-31 del ricorso), poi, Gesan s.r.l. lamenta che i giudici di primo grado avrebbero errato nel ritenere infondate le sue deduzioni in ordine all’inattendibilità dell’offerta economica presentata da C.N.S.
13.1. L’appellante contesta le conclusioni del T.A.R., il quale ha ritenuto, in estrema (e forse eccessiva) sintesi, l’applicabilità del CCNL Multiservizi anche agli operatori del settore sanitario e la non macroscopica ed evidente irregolarità del calcolo sui costi generali e sulla sicurezza (p. 4 della sentenza impugnata).
13.2. Se è vero che il CCNL Multiservizi può trovare applicazione anche per i servizi ausiliari in area sanitaria, lo stesso non potrebbe certamente disciplinare l’attività lavorativa degli operatori socio-sanitari e degli autisti di ambulanza, ai quali debbono necessariamente applicarsi le disposizioni contrattuali di cui al CCNL Case di Cura Aris.
13.3. Sarebbe dunque evidente, secondo Gesan s.r.l., l’errore compiuto dal T.A.R., laddove ha genericamente ritenuto applicabile il CCNL Multiservizi a tutto il personale da impiegare nell’appalto, senza sottacere che C.N.S., nella propria offerta, aveva fatto riferimento ad ulteriori servizi offerti ed ulteriori figure professionali da impiegare nell’appalto, quali il supervisore responsabile, il contract manager e diversi controller per alcuni servizi.
13.4. Nelle giustificazioni dei costi in esame non vi sarebbe alcun riferimento a tali figure.
13.5. Ne conseguirebbe, quindi, da un lato la palese incongruità dell’offerta economica presentata da C.N.S., perché basata su errati presupposti, e dall’altro l’assoluta inattendibilità ed illegittimità della relazione dell’esperto nominato dalla stazione appaltante, dott.ssa Maria Giovanna Lodato, con la nota prot. n. 42270 del 9.6.2013, anche essa impugnata e frutto di presunta approssimatività di giudizio.
13.6. Inoltre, ha dedotto l’appellante, C.N.S. nella propria offerta economica:
a) non avrebbe fatto riferimento ai software gestionali richiesti e alle migliorie previste né avrebbe allegato offerte di eventuali fornitori di software;
b) non avrebbe indicato il valore attribuito al subappalto, al quale C.N.S. avrebbe fatto ricorso nella misura massima del 30% previsto dalla legge, pari ad € 1.128.372,00,
c) avrebbe dichiarato nell’offerta un utile di impresa pari ad € 18.000,00 lordi (€ 12.000,00 netti) – ancorché indichi nelle giustificazioni un utile pari al 4,8% dell’importo complessivo (€ 3.761.240,00) – che rappresenta lo 0,48% lordo e lo 0,32% netto.
13.7. Parimenti incongruenti, inoltre, sarebbero le voci relative alle spese generali ed economali, quantificate in € 319.759,00, di cui € 25.000,00 per oneri finanziari.
13.8. Anche tale costo di impresa, pari ad appena allo 0,66% dell’importo indicato nell’offerta (€ 3.761.240,00), dovrebbe ritenersi totalmente sottostimato e infine non parrebbe attendibile, nell’offerta di C.N.S., l’indicazione dei costi relativi alla sicurezza, in violazione dell’art. 86, comma 3-bis, e dell’art. 87, comma 4, del d. lgs. 163/2006.
13.9. In conclusione avrebbe errato il T.A.R. nel ritenere congrua l’offerta di C.N.S. perché essa, al contrario, doveva ritenersi inaffidabile, per violazione degli artt. 86 e 87 del d. lgs. 163/2006, e doveva essere esclusa dalla procedura.
14. La censura, nei termini formulati e appena riportati, è inammissibile, prima ancor che infondata.
14.1. È principio consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio che, ove la stazione appaltante abbia ritenuto congrua l’offerta sulla base delle spiegazioni fornite dall’impresa concorrente in sede di verifica dell’anomalia, la sua valutazione deve ritenersi sufficientemente motivata con richiamo per relationem ai chiarimenti ricevuti, giacché la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile e, dunque, se dia o non serio affidamento circa la corretta esecuzione (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 23.3.2015, n. 1565).
14.2. Ora nel caso di specie la stazione appaltante ha addirittura incaricato un esperto, la dott.ssa Maria Giovanna Lodato, che ha valutato la congruità dell’offerta presentata da C.N.S., anche sulla base dei chiarimenti richiesti in sede di verifica dell’anomalia, in una relazione, precisa ed esaustiva, che non è stata oggetto di specifica confutazione da parte dell’appellante, la quale solo in questa sede si è limitata a lamentarne, in modo generico e insufficiente, il giudizio approssimativo.
14.3. Le critiche dell’appellante, tuttavia, non solo appaiono inammissibili, nella misura in cui non dimostrano convincentemente l’inattendibilità dell’offerta avversaria nel suo complesso, ma nemmeno sono fondate nel merito, perché non sembrano nemmeno dimostrare convincentemente la scarsa affidabilità dei singoli costi rappresentati nell’offerta economica presentata da C.N.S.
14.4. Al riguardo, fermo quanto appena premesso sull’inammissibilità della censura, valga qui rilevare che:
a) C.N.S. ha giustificato il costo del personale per servizi igienico-sanitari facendo riferimento, correttamente, al CCNL applicato dallo stesso C.N.S. e dalle società cooperative indicate quali esecutrici del servizio e, cioè, il CCNL Pulizie servizi integrati e multiservizi, essendo esse aderenti all’associazione LEGACOOP firmataria del CCNL Pulizie appena indicato, e in ogni caso l’appellante non ha specificato in quale misura l’applicazione del diverso CCNL Aris al personale sanitario farebbe lievitare i costi del lavoro, comportando una differenza di costi che renderebbe l’offerta economica, nel complesso, inattendibile, sicché la censura, anche per tale profilo, pecca di genericità;
b) le figure professionali diverse dalle n. 130 unità di personale, indicate nel capitolato, fanno parte integrante della struttura aziendale e quindi i relativi costi sono stati considerati tra i costi generali dell’impresa;
c) lo stesso deve dirsi per i costi relativi ai software gestionali, come è stato esplicitato nella relativa tabella riepilogativa a p. 9 delle giustificazioni prodotte da C.N.S., non oggetto di specifica e convincente censura da parte dell’odierna appellante;
d) quanto all’errata indicazione dell’utile di impresa, si tratta di un mero refuso di stampa, che ha consentito tuttavia alla stazione appaltante di verificare la congruità dell’offerta, tenuto conto delle giustificazioni, nelle quali si legge che l’importo dell’utile è pari ad € 18.000,00, ritenuto adeguato da C.N.S. sulla base delle proprie valutazioni imprenditoriali e giudicato non irragionevolmente satisfattivo per l’offerente anche dalla stazione appaltante;
e) non si rileva la macroscopica incongruità delle spese generali, quantificate in € 319.759,00, di cui € 25.000,00 per oneri finanziari, e cioè nella misura, non irrilevante, del 10% del valore dell’appalto;
f) del tutto apodittica e sfornita di adeguata prova, quanto alla complessiva inaffidabilità dell’offerta, è la censura, peraltro generica, in ordine ai costi per la sicurezza aziendale, indicati in € 19.500,00 da C.N.S.
15. In conclusione, alla luce delle giustificazioni fornite da C.N.S. in sede di verifica dell’anomalia e dei rilievi contenuti nella relazione della dott.ssa Lodato, ritiene il Collegio che la valutazione di congruità e sostenibilità dell’offerta economica di C.N.S., effettuata dalla Commissione, non sia affetta da macroscopici errori, travisamenti o vizi di irragionevolezza, dovendosi qui ribadire che nelle gare pubbliche il giudizio di anomalia o di incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale, e quindi senza poter procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. St., sez. III, 13.3.2015, n. 1337).
15.1. Anche la seconda censura, al di là della sua inammissibilità, non merita quindi condivisione.
15.2. Le ulteriori censure sviluppate dall’appellante nella memoria depositata il 30.3.2015, relative al corretto inquadramento del personale nel livello III del CCNL Multiservizi anziché nel livello II, sono del tutto nuove, in quanto mai sollevate in primo grado, e sono quindi inammissibili per violazione del divieto dei nova in appello (art. 104 c.p.a.), senza dire che esse comunque, ancora una volta per la loro genericità, non appaiono in grado di porre in dubbio la attendibilità complessiva dell’offerta di C.N.S., e quindi anche sotto tale profilo palesano l’inammissibilità, in parte qua, della doglianza.
16. In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con piena conferma della sentenza impugnata.
17. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’appellante Gesan s.r.l.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Gesan s.r.l. a rifondere in favore di C.N.S. – Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa le spese del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in € 3.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
Alessandro Palanza, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


lunedì 4 maggio 2015

PROCESSO & OTTEMPERANZA: i decreti non opposti di condanna all'equa riparazione sono ricorribili al T.A.R. per la relativa ottemperanza (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, sentenza 29 aprile 2015, n. 6208).


PROCESSO & OTTEMPERANZA: 
i decreti non opposti di condanna 
all'equa riparazione 
sono ricorribili al T.A.R. 
per la relativa ottemperanza 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 
sentenza 29 aprile 2015, n. 6208)


All'inaugurazione dell'anno giudiziario del T.A.R. Lazio, Roma, il Pres. Luigi Tosti ha stigmatizzato le inefficienze "burocratiche" di altri plessi giurisdizionali (tipico il caso di specie), che inevitabilmente si riversano sul ruolo (R.G.) del Giudice amministrativo, bloccando risorse materiali e personali che ben potrebbero esser più proficuamente impiegate (v. abbattimento arretrato).
Poi parliamo (noi giuristi...) di "pluralità delle giurisdizioni", della  relativo fondamento costituzionale, dei lavori della Costituente, degli altri ordinamenti europei, dei supremi principi etc.
Sì, tutto bello e corretto, ma non si vede come in concreto il "valzer delle giurisdizioni" a fronte di un'unica fattispecie,  porta ad esigenze, problematiche e rimedi che impongono un'ottica che sempre più abbia una visione d'insieme, quindi, che si basi su "unità della giurisdizione" (in senso atecnico ovviamente)?


Massima

Ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c, il ricorso per l’ottemperanza innanzi al giudice amministrativo è esperibile anche nei confronti dei decreti non opposti di condanna all’equa riparazione previsti dall’art. 3, l. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto), avendo essi natura decisoria su diritti soggettivi e idoneità ad assumere valore ed efficacia di giudicato e, quindi, anche per il capo degli stessi decreti che condanna alle spese e agli onorari del giudizio.