CONCORSO PER MAGISTRATO ORDINARIO:
le prove orali
tra profili di specialità e di ordinarietà
(Cons. St., Sez. IV,
sentenza 29 dicembre 2014, n. 6387)
Massima
1. La disciplina delle prove (anche di quelle orali) del concorso per
uditore giudiziario deve ritenersi a carattere speciale rispetto alla normativa
generale applicabile ai concorsi pubblici, onde deve ritenersi non vincolante
la procedura di predeterminazione e sorteggio delle domande prevista all'art.
12 del D.P.R. n. 487/1994 in materia di concorsi pubblici. La prova orale nel
concorso in magistratura non si presta infatti alla definizione di parametri di
valutazione particolarmente determinati e puntuali (conferma Cons. Stato Sez.
IV, 10-06-2011, n. 3528, ma anche T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 8144/2009 T.A.R.
Lazio sentenza n. 32367/2010).
2. Le valutazioni espresse da una Commissione di concorso nelle prove
scritte e orali dei candidati costituiscono espressione di un'ampia
discrezionalità tecnica e, come tali, sfuggono al sindacato di legittimità del
Giudice Amministrativo, salvo che non siano inficiate "ictu oculi"
da eccesso di potere, sub
specie delle figure
sintomatiche dell'arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento
dei fatti (ex multis T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 12-01-2011, n. 9).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 4186 del 2013, proposto da:
G.Z., rappresentato e difeso dagli avv. Arturo Sforza, Giuseppe Abbamonte, con domicilio eletto presso Arturo Sforza in Roma, Via Ettore Rolli N.24;
G.Z., rappresentato e difeso dagli avv. Arturo Sforza, Giuseppe Abbamonte, con domicilio eletto presso Arturo Sforza in Roma, Via Ettore Rolli N.24;
contro
Ministero
della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi
legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura
Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n.
12, sono ope legis domiciliati, costituitisi in giudizio;
Lorenzo Barracco, non costituito in giudizio;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. del Lazio –sede di Roma- Sezione I n. 02915/2013, resa tra
le parti, concernente mancata idoneità alle prove orali del concorso pubblico a
350 posti di magistrato ordinario;
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di
Consiglio Superiore della Magistratura;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2014 il Consigliere Fabio Taormina
e uditi per le parti gli Avvocati Sergio Turturiello su delega dell'avvocato
Giuseppe Abbamonte, Arturo Sforza e l' Avvocato dello Stato Palatiello;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con
la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio – Sede di Roma – ha respinto il ricorso di primo grado proposto dall’
odierna parte appellante G.Z. volto ad ottenere l’annullamento del
giudizio di non idoneità espresso dalla Commissione esaminatrice alle prove
orali nel concorso pubblico a 350 posti di magistrato ordinario indetto con
D.M. 15.12.2009 di ogni altro atto connesso, fra cui i verbali del 23.11.11 e
tutti quelli della Commissione esaminatrice del concorso e la graduatoria dei
concorrenti dichiarati idonei nella parte di interesse.
Parte
appellante aveva esposto, in punto di fatto, di avere partecipato al concorso
per esami a 350 posti di magistrato ordinario, indetto con D.M. 15 dicembre
2009; di avere superato le prove scritte (conseguendo la votazione di punti 13
al Civile 12 al Penale, 13 all’ Amministrativo) e di essere stato, quindi,
convocato per sostenere 1'esame orale per il giorno 16 novembre 2011, poi
rinviato - previa informazione - al 23 novembre 2011.
Nella
circostanza aveva sostenuto le prove orali unitamente ad altri quattro
candidati, dapprima affrontando l'esame di lingua inglese alle ore 13,30 circa
e poi, quale ultimo candidato della giornata, le restanti materie tra le ore
16,50 e le 17,40. Nonostante la sua ottima preparazione professionale (laurea
in giurisprudenza con il massimo dei voti e la lode, dottorato di ricerca per
le discipline romanistiche e abilitazione all’esercizio della professione di
avvocato), era stato giudicato "non idoneo" - avendo il candidato
conseguito una valutazione di inidoneità in tutte le discipline tranne che in
inglese -.
Era
quindi insorto, prospettando tre macrocensure di violazione di legge ed eccesso
di potere.
Con
successivi motivi aggiunti, notificati in data 16 marzo 2012, aveva ribadito le
doglianze evidenziate nel ricorso principale, argomentandole analiticamente
alla luce della documentazione concorsuale medio tempore acquisita.
Con
ordinanza collegiale n. 8557/12 del 10 ottobre 2012 il Tar aveva disposto
incombenti istruttori a carico dell’ Amministrazione, chiedendo una relazione
sui fatti di causa, con particolare riguardo alla lamentata incidenza, sulla
vicenda concorsuale dell’odierno appellante, della conoscenza da parte della
Commissione della pendenza di un procedimento penale nei confronti del
medesimo.
In
data 23 novembre 2012 l’Amministrazione aveva depositato una Relazione redatta
dal Presidente della Commissione esaminatrice, e successivamente la causa era
stata posta in decisione.
Il
primo giudice ha analiticamente e singolarmente vagliato le censure proposte
nel mezzo introduttivo, escludendone la fondatezza.
In
particolare, ha escluso la fondatezza di quella incentrata sulla violazione e
falsa applicazione degli artt. 8 D.P.R. n. 686/1957 e 15 D.P.R. n. 487/1994,
richiamati nel bando di concorso, (ivi si lamentava che i verbali della
Commissione esaminatrice del 21 aprile 2011, di approvazione dei criteri di
valutazione predisposti per le prove orali, e del 23 novembre 2011, relativo
alle prove orali sostenute, sarebbero stati illegittimamente redatti, con la
sola firma del Presidente e del Segretario, senza la contestuale sottoscrizione
di tutti gli altri componenti della Commissione presenti) alla luce dell’art. 8
dal regio decreto 1860/1925.
Detta
norma, speciale, doveva prevalere su quella, invocata dall’originario
ricorrente, dettata per la generalità dei pubblici concorsi dal D.P.R. n.
487/1994 (le cui previsioni solo in termini generali dovevano ritenersi
richiamate nella parte introduttiva del Bando di concorso).
La lex
specialis prevedeva che "Di tutto quanto sopra è disposto come
pure di tutto quanto avviene durante lo svolgimento delle prove viene redatto
processo verbale sottoscritto dal presidente, o da chi ne fa le veci, e dal
segretario", e pertanto la censura era priva di spessore.
Del
pari infondata è stata dichiarata la censura incentrata sull’asserito
malgoverno dell'art. 12 D.P.R. n. 487/1994, relativo allo svolgimento delle
prove concorsuali per l'assunzione nei pubblici impieghi (norma che, in tesi,
avrebbe imposto alla Commissione esaminatrice di predisporre, prima dell'inizio
di ciascuna prova orale, i quesiti da porre per ogni materia ai candidati, tra
cui estrarre a sorte le singole domande).
Ad
avviso del Tar, infatti, detta regola era stabilita in generale in materia di
assunzione agli impieghi civili dello Stato, mentre non poteva essere applicata
al concorso per uditore giudiziario, (concorso per il quale doveva trovare invece
applicazione la disciplina speciale già prevista dal R.D. n. 1860/1925 e dal
R.D. n. 12/1941 e poi dal d.lgs. n. 160/2006, come modificato dalla legge n.
111/2007).
Quanto
alla censura incentrata sulla supposta disparità di trattamento rispetto agli altri
candidati (per avere svolto le prove orali dinnanzi ad una Commissione composta
solo da magistrati, senza la presenza di avvocati o docenti universitari) e
sulla asserita mancanza di terzietà e di serenità della Commissione
esaminatrice conseguente alla conoscenza della pendenza di un giudizio penale a
carico dello stesso candidato, il Tar ne ha parimenti esclusa la favorevole
delibazione.
Dette
doglianze sono state scrutinate unitamente a quelle contenute nei motivi
aggiunti, con le quali si ribadivano e puntualizzavano le dette circostanze e
si denunciava altresì la sostituzione del commissario dott. Ziccone in assenza
di alcun provvedimento e senza motivazione; lo svolgimento della prova orale in
coda ai candidati ammessi con certificato medico, con pregiudizio della
resistenza dello stesso appellante ricorrente; il travisamento dei fatti,
avendo il dott. Z. risposto adeguatamente a tutte le domande formulategli
dalla Commissione esaminatrice.
Il
Tar per un verso, infatti, quanto alla composizione della Commissione
esaminatrice, ha rilevato che la norma dell' art. 5, comma 6, D.Lgs. n.
160/2006 (presenza di almeno nove membri, di cui uno docente universitario),
era stata eliminata con l'introduzione della legge n. 111/2007; dall’altro, che
nessuna norma imponeva la presenta di rappresentanti di ogni categoria di
commissari nell’espletamento di una sessione di esami orali.
Infine,
ha osservato che la circostanza di essere stato esaminato da una Commissione
composta da soli magistrati non poteva in sé costituire un elemento di
discriminazione rispetto a tutti gli altri candidati, in assenza di puntuali
riscontri probatori, nella specie non forniti.
Quanto
alle altre doglianze, (ivi compresa quella relativa alla contraddittorietà tra
l'esito degli esami scritti e l'esito degli orali, e la asserita “prevenzione”
della commissione nei suoi confronti per essere stato questi sottoposto a
processo penale) ne ha escluso la fondatezza per difetto di prova e di
allegazione.
Conclusivamente,
il ricorso è stato dichiarato integralmente infondato.
La
odierna parte appellante, già ricorrente rimasta soccombente nel giudizio di
prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe
chiedendone la riforma.
Ha
ripercorso il contenzioso intercorso ed ha sostenuto che il Tar non aveva colto
una serie di importanti evidenze.
Quanto
alla prima censura, ha sostenuto che l’art. 8 dal regio decreto 1860/1925,D.
normava unicamente lo svolgimento delle prove scritte (il RD citato soltanto
all’art. 14 disciplinava lo svolgimento delle prove orali): non era ammissibile
una interpretazione analogica od estensiva del medesimo.
Con
la seconda censura ha ribadito che la previsione dell'art. 12 D.P.R. n.
487/1994, norma generale e posta a presidio di esigenze di trasparenza,
costituiva precetto generale e perdipiù espressamente richiamato dalla lex
specialis: inammissibilmente il Tar era pervenuto ad una interpretatio
abrogans.
Ha
poi riproposto il terzo, composito, mezzo di censura, laddove ha sostenuto che
il mutamento di composizione della commissione, il ritardo con cui era stato
accertato che l’appellante non versava in situazione ostativa alla possibilità
di sostenere l’esame, ed ulteriori evidenze sottovalutate dal Tar congiuravano
nel far ritenere sussistente il vizio di eccesso di potere e disparità di
trattamento dimostrato dalla”stranezza” del giudizio di inidoneità assoluta
attribuito al candidato.
All’adunanza
camerale fissata per la delibazione dell’incidente cautelare la Sezione, con
l’ordinanza
N.
02370/2013 ha respinto l’istanza di sospensiva alla stregua della
considerazione per cui “Considerato prima facie che:
--
i profili procedimentali dedotti appaiono insussistenti e comunque non in grado
di inficiare realmente la legittimità del giudizio;
--
che non sono ictu oculi stati introdotti elementi
concretamente idonei ad evidenziare sul piano sintomatico uno sviamento logico,
un errore di fatto o una contraddittorietà rilevante al punto di inficiare le
valutazioni espresse dalle commissioni giudicanti le prove di esame;
--
che, per consolidata giurisprudenza, la Commissione di esame essendo
espressione di un'ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto
l'idoneità tecnico/culturale/attitudinale dei candidati, non sono di norma
sindacabili dal giudice amministrativo.”.
L’appellata
amministrazione ha depositato una breve memoria chiedendo la reiezione del
gravame sulla scorta delle considerazioni già rese dalla Sezione in sede di
delibazione dell’incidente cautelare.
Alla
odierna pubblica udienza del 18 novembre 2014 la causa è stata posta in
decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.L’appello
è infondato e deve essere respinto, nei termini di cui alla motivazione che
segue.
2.La
prima doglianza, seppur argutamente formulata, non è accoglibile, in quanto non
tiene conto dell’espresso tenore dell’art. 8 del R.D. 15-10-1925 n. 1860 “Di
tutto quanto sopra è disposto come pure di tutto quanto avviene durante lo
svolgimento delle prove viene redatto processo verbale sottoscritto dal
presidente, o da chi ne fa le veci e dal segretario”
La
dizione omnicomprensiva ivi contenuta non è limitata alle prove scritte (di
tale specificazione non v’è traccia nella norma suindicata) e pertanto la
censura è infondata.
Per
altro verso, condivisibilmente, già in passato era stato posto in luce (Tar
Lazio Sez. I, sentenza n. 1627 del 5 marzo 2002) che “la specifica previsione
dettata per il concorso per uditore giudiziario dall’art. 8, ult. comma, R.D.
n. 1860 del 1925,è norma speciale che prevale sulla diversa regola generale
della sottoscrizione da parte di tutti i commissari contemplata dall’art. 15
d.p.r. n. 487\1994.”.
3.Quanto
alla seconda doglianza, essa collide espressamente con la giurisprudenza della
Sezione, dalla quale non si ha motivo di discostarsi, secondo cui (Cons. Stato
Sez. IV, 10-06-2011, n. 3528, ma anche T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 8144/2009
T.A.R. Lazio sentenza n. 32367/2010) “la disciplina delle prove (anche di
quelle orali) del concorso per uditore giudiziario deve ritenersi a carattere
speciale rispetto alla normativa generale applicabile ai concorsi pubblici,
onde deve ritenersi non vincolante la procedura di predeterminazione e
sorteggio delle domande prevista all'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 in materia
di concorsi pubblici. La prova orale nel concorso in magistratura non si presta
alla definizione di parametri di valutazione particolarmente determinati e
puntuali”.
Il
Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi da tale consolidato approdo.
4.Non
miglior sorte merita la congerie di argomenti prospettata nel terzo motivo
laddove, tra l’altro, si asserisce che vi sarebbe stata una disparità di
trattamento rispetto agli altri candidati per avere svolto le prove orali per
ultimo e dinnanzi ad una Commissione composta solo da magistrati (senza la
presenza di avvocati o docenti universitari) una presunta carenza di terzietà e
di serenità della Commissione esaminatrice, conseguente alla conoscenza della
pendenza di un giudizio penale a suo carico, ed in ordine ad un vizio della
discrezionalità tecnica esercitata dalla Commissione.
4.1.
Quanto al primo profilo, l’appellante erroneamente continua a fare riferimento
alla norma di cui all’art. 5, comma 6, d.Lgs. n. 160/2006 (che come è noto
prevedeva una particolare composizione della Commissione esaminatrice -presenza
di almeno nove membri, di cui uno docente universitario-) trascurando di
considerare che essa era inapplicabile, per essere stata abrogata con
l’introduzione della legge n. 111 del 2007.
Peraltro
del tutto incomprensibile, per il vero, risulta essere il processo logico in
base al quale l’appellante avrebbe ricavato nocumento dalla assenza di
rappresentanti di ogni categoria di commissari nell’espletamento di
un’ordinaria sessione di esami orali. Il fatto di essere stato esaminato da una
Commissione composta da soli magistrati appare del tutto neutro: non si vede in
cosa riposi la disparità di trattamento dell’odierno appellante rispetto a
tutti gli altri candidati.
E
la circostanza che all’esame del predetto non abbia preso parte, -in qualità di
esaminatore- l’Avvocato cassazionista, in quanto evenienza del tutto legittima
e “possibile”, non inficia certo la regolarità dell’esame.
Quanto
alla presunta carenza di terzietà e di serenità della Commissione esaminatrice
(determinata dalla notizia della pendenza di un procedimento penale a carico
dell’appellante) essa appare costituire mera illazione: la Commissione
esaminatrice non aveva (e non ha) competenza su simili questioni, come rimasto
esaustivamente chiarito dalla nota del Presidente della stessa per cui non si
vede perché da esse avrebbe dovuto farsi influenzare in sfavor dell’appellante.
L’appellante
contesta la detta nota in quanto non sottoscritta dal predetto Presidente dott.
Carcano: ma in disparte che dubbio non v’è sulla provenienza della stessa, ivi
non si fa che ribadire quanto risulta dalle norme primarie: la Commissione
esaminatrice non ha alcun potere in ordine alla esclusione o meno di un
candidato dal concorso per carenza dei requisiti morali.
Il
ritardo nel trasmettere il “nulla osta” da parte del Csm, non si vede come
possa avere compromesso alcunché, ove si consideri che l’appellante ha svolto
le prove; in carenza di provvedimento espulsivo ciò costituiva il naturale
sviluppo della procedura; la Commissione, era “sollevata” da qualsivoglia
incombenza valutativa sul punto (quella cioè di stabilire se la pendenza del
procedimento penale a carico dell’appellante ostasse alla partecipazione di
questi alle prove): non si vede perché si sarebbe dovuta fare condizionare da
tale elemento.
Ma
in ogni caso, risulta troncante -per smentire sotto il profilo logico l’assioma
di parte appellante - la circostanza che nessun provvedimento escludente venne
mai reso in pregiudizio del dott. Z.: a questo punto, posto che la
Commissione sapeva che per il CSM nulla ostava a che il predetto candidato –ove
avesse superato le prove- potesse essere immesso in ruolo, non si vede perché
la Commissione si sarebbe dovuta fare carico di adottare un trattamento
discriminatorio escludente nei confronti del predetto.
4.2.
Anche le ulteriori doglianze prospettate nell’ atto di appello non appaiono
positivamente delibabili. Esse, per il vero, sembrano più affermazioni dettate
dalla –certamente comprensibile, si badi – amarezza per non avere superato
l’esame orale che da valutazioni giuridiche. Rammentato che la costante
giurisprudenza amministrativa, anche di merito ha sempre affermato (ex aliis T.A.R.
Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 12-01-2011, n. 9) che le valutazioni espresse da
una Commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati
costituiscono espressione di un'ampia discrezionalità tecnica e, come tali,
sfuggono al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo, salvo che non
siano inficiate "ictu oculi" da eccesso di potere, sub
specie delle figure sintomatiche dell'arbitrarietà, irragionevolezza,
irrazionalità e travisamento dei fatti, l’appellante si duole del giudizio di
insufficienza “assoluto” reso dalla Commissione e si interroga, retoricamente
in ordine alla compatibilità di un tale dato con il brillante esito delle prove
scritte.
Ma
tale “discrasia”, lungi da provare alcuna forma di eccesso di potere, trascura
di considerare che la prova orale è comunque un segmento importante del
complesso esame previsto per superare il prestigioso concorso de quo;
che, seppur rara, è fisiologica l’evenienza che nel corso della prova orale il
candidato non riesca ad esprimere il suo sapere; che in tale evenienza la
Commissione non può che prendere atto della circostanza che la prova è stata
insufficiente, e da ciò trarre le doverose conclusioni.
L’appellante
sostiene che in virtù della propria specializzazione in diritto romano, e della
propria solida preparazione nelle altre materie “non avrebbe potuto” essere
valutato con un giudizio di insufficienza, quantomeno nelle materie “contigue”
a quelle praticate con continuità: è evidente che una simile tesi, non
suffragata da alcuna prova, nella sostanza postula la assoluta inutilità delle
prove orali ed una prevenzione dolosa della Commissione inspiegabile,
inspiegata, e neppure provata a livello indiziario.
4.3.
La circostanza che egli fece l’esame per ultimo ed in ora tarda non si
inserisce causalmente in alcun elemento dimostrativo; la seduta rimase
pubblica, e la circostanza che non fossero presenti terzi non rileva in senso
contrario, posto che la pubblicità implica “apertura all’esterno”, ma non certo
effettiva presenza di terzi.
4.4.
Conclusivamente, l’appello tenta di dimostrare una dolosa e preordinata
attività della Commissione tesa ad escludere il candidato (in tale congettura
si inseriscono gli asseriti ed indimostrabili richiami ad una “severità” del
Presidente nel porre le domande, etc) e si fonda in parte su dati congetturali
ed ipotetici in parte su un ragionamento secondo cui il detto esito negativo
sarebbe stato impossibile alla luce della preparazione del candidato e
dell’esito degli scritti: nessun argomento critico è stato seppur
embrionalmente provato, dal che discende la reiezione del mezzo, mentre tutti
gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio
ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare
una conclusione di tipo diverso.
5.
Quanto alle spese, esse possono essere compensate, principalmente avuto
riguardo alla particolare natura della controversia.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese
processuali compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Riccardo
Virgilio, Presidente
Sandro
Aureli, Consigliere
Fabio
Taormina, Consigliere, Estensore
Diego
Sabatino, Consigliere
Giuseppe
Castiglia, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
29/12/2014
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)