giovedì 15 agosto 2013

AFORISMI: "Tutto è puro per chi è puro" diceva San Paolo (ed a qualche collega è sempre bene ricordarlo).


AFORISMI: 
"Tutto è puro per chi è puro" 
diceva San Paolo
(ed a qualche collega è sempre bene ricordarlo)


"Omnia munda mundis"
(San Paolo)

mercoledì 14 agosto 2013

NOVITA': Auguri a tutti di buon Ferragosto!

NOVITA': 
Auguri a tutti 
di buon Ferragosto!


A tutti i followers del blog,
un caloroso augurio
di buon Ferragosto!
FF

martedì 13 agosto 2013

ADUNANZE PLENARIE: consorzio tra società cooperative di produzione e designazione del subaffittuario (Ad. Plen., sentenza 22 maggio 2013 n. 14).


ADUNANZE PLENARIE: 
consorzio tra società cooperative di produzione 
e designazione del subaffittuario 
(Ad. Plen., sentenza 22 maggio 2013 n. 14


Massima


Se un consorzio tra società cooperative di produzione, costituito ai sensi della legge 25 giugno 1909, n. 422, ha designato per l’esecuzione dei lavori una società consorziata, che a sua volta ha indicato quale effettivo esecutore un imprenditore non consorziato (che non può in quanto tale giovarsi dei requisiti del consorzio, ai fini della partecipazione alla gara), la designazione del subaffidatario non ha rilievo e il consorzio può risultare aggiudicatario di una gara, qualora la sua offerta abbia indicato l’impresa consorziata esecutrice dei lavori.


Sentenza per esteso



INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11 di A.P. del 2013, proposto da:
Edilerica Appalti e Costruzioni A Rl in proprio ed in qualità Capogruppo Mandataria Costituendo Rti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Nardocci e Silvio Carloni, con domicilio eletto presso Francesco Nardocci in Roma, via Oslavia 14; Rti Mcc Cerone Costruzioni Metalliche S Rl, rappresentato e difeso dagli avv. Silvio Carloni e Francesco Nardocci, con domicilio eletto presso Francesco Nardocci in Roma, via Oslavia 14; 
contro
Universita' degli Studi di Perugia, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro "Ciro Minotti" Scpa, rappresentato e difeso dagli avv. Ti Roberto Fariselli, Mirca Tognacci e Mario Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180; Serio Società Cooperativa A Rl, Moveco Srl; 
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
A.C.E.R. Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, rappresentata e difesa dall'avv. Riccardo Barberis, con domicilio eletto presso Riccardo Barberis in Roma, via Antonio Pollaiolo 3; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I n. 00450/2012, resa tra le parti, concernente procedimento per l’affidamento dei lavori di restauro e rifunzionalizzazione di un immobile sito in Perugia di proprietà dell’Università di Perugia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Università' degli Studi di Perugia e del Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro "Ciro Menotti" Scpa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2013 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Carloni, Nardocci, Sanino e dello Stato Ferrante.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. La società Edilerica Appalti e Costruzioni a r.l. e la società MCC Cerone Costruzioni Metalliche a r.l. hanno preso parte (in qualità – rispettivamente – di capogruppo mandataria e di mandante di un R.T.I. costituendo) alla procedura aperta da esperirsi con il metodo del prezzo più basso indetta dall’Università degli studi di Perugia per l’affidamento dei lavori di restauro e rifunzionalizzazione di un immobile sito in via della Tartaruga – Perugia (bando in data 28 marzo 2012).
All’esito delle operazioni di gara, l’amministrazione aggiudicatrice ha comunicato che il R.T.I. Edilerica si era classificato al secondo posto, mentre il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’ si era classificato al primo posto (la comunicazione in questione, resa ai sensi dei commi 2, lettera c) e 5 dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è stata resa con lettera raccomandata del 5 luglio 2012).
2. Il RTI guidato da Edilerica Appalti e Costruzioni s.r.l. (in seguito Edilerica) ha impugnato l’aggiudicazione dinanzi al TAR dell’Umbria con ricorso notificato il 27 settembre 2012, ossia 8 giorni dopo la scadenza del termine di trenta giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione, termine che - tenuto conto della sospensione feriale dei termini – veniva a scadenza il 19 settembre 2012.
Con riguardo al detto superamento del termine di legge, Edilerica ha rappresentato che solo a seguito dell’integrale disamina della documentazione di gara, acquisita solo il 26 luglio 2012, ha potuto rilevare l’esistenza di vizi nella formulazione dell’offerta da parte del Consorzio primo classificato i quali, ove correttamente apprezzati, ne avrebbero dovuto determinare l’esclusione dalla procedura.
In particolare, il vizio nella formulazione dell’offerta da parte del Consorzio aggiudicatario consisterebbe in ciò, di avere designato, quale consorziata che avrebbe eseguito i lavori, la Serio soc. coop. a r.l. e nel fatto che quest’ultima, a propria volta, avesse designato quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l., non appartenente al Consorzio.
3. Con sentenza adottata in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 del c.p.a. il T.A.R. dell’Umbria ha dichiarato il ricorso in questione irricevibile, ritenendo che ilterminus a quo per il computo del termine di impugnativa (pari a trenta giorni, ai sensi del comma 5 dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo) coincidesse con il momento di ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del medesimo codice.
Al riguardo i primi Giudici hanno osservato che la vigente disciplina dell’impugnazione degli atti delle procedure di evidenza pubblica, recata dall’articolo 120 del ‘codice’, ispirata alla ratio di forte accelerazione impressa dalle esigenze di adattamento alla Direttiva 2007/66/CE (costituente il principale criterio ermeneutico nell’applicazione del citato art. 120), “non consent[e] di ritenere compatibile con il richiamato dato normativo la richiamata tesi della difesa ricorrente, anche alla luce dello specifico disposto del comma 7 dello stesso art. 120”.
4.1. La sentenza è stata appellata dalla Edilerica, la quale ha dedotto che nella materia delle pubbliche gare, il termine per l’impugnativa non può farsi decorrere dalla mera conoscenza dell’atto oggetto di impugnativa, bensì dal momento (nel caso di specie, di alcuni giorni successivo) in cui il soggetto inciso ha potuto apprezzarne la lesività e la concreta illegittimità (momento che, nel caso in esame, si è verificato solo a seguito dell’accesso agli atti esperito ai sensi del comma 5-quater dell’articolo 79 del ‘codice dei contratti’).
L’appellante ha sostenuto che le disposizioni in materia di termini e modalità di impugnativa (e, segnatamente, l’articolo 120 del c.p.a.) dovrebbero essere lette e interpretate alla luce del pertinente paradigma comunitario di riferimento (e, segnatamente, dell’articolo 2-quater della direttiva 89/665/CE, secondo cui il termine previsto dalle singole legislazioni nazionali per la proposizione del ricorso deve necessariamente decorrere dalla piena conoscenza da parte dell’interessato dei “motivi pertinenti” i quali hanno condotto all’aggiudicazione).
Tale tesi sarebbe confortata dall’orientamento della giurisprudenza comunitaria e del Consiglio di Stato. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha, altresì, sancito l’obbligo per i Giudici nazionali di disapplicare le disposizioni nazionali le quali si pongano in contrasto con il principio di diritto comunitario sopra richiamato.
Opinando in senso diverso – si assume - si giungerebbe alla conseguenza (invero, inammissibile) di far gravare sul partecipante alla gara un onere particolarmente stringente – quello di impugnare gli atti entro il ridottissimo termine di 30 giorni, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti – senza porre lo stesso in condizione di disporre di tale termine in modo pieno ed effettivo, al fine di operare una scelta processuale consapevole, pur nel limitato tempo a disposizione.
4.2. Nel merito, il R.T.I. appellante ha ribadito il motivo (già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R. per avere esso ritenuto assorbente il profilo della tardività del ricorso) secondo cui il Consorzio nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’ avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per avere illegittimamente designato quale impresa consorziata che avrebbe eseguito i lavori la soc. Serio soc. coop. a r.l., mentre questa aveva – a sua volta – designato quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l. (che era stata indicata genericamente come ‘associata’ dalla cooperativa Serio).
Secondo l’appellante, il richiamato sistema di indicazione ‘a cascata’ dell’impresa esecutrice si porrebbe in contrasto con la disciplina di settore, la quale consente tale tipologia di designazione solo in caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio. Al contrario, ciò non sarebbe possibile nel caso, che qui ricorre, in cui una consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco (e che pertanto non potrebbe legittimamente giovarsi, ai fini della partecipazione alla gara, dei requisiti del Consorzio).
In definitiva, sarebbe stato necessario disporre l’esclusione dalla gara del Consorzio Ciro Menotti per violazione della previsione di cui al comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’, secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”.
Con diversa argomentazione, il R.T.I. appellante ha ribadito il motivo (già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R. per la ritenuta tardività del ricorso) secondo cui l’Università degli Studi di Perugia avrebbe operato in modo gravemente illegittimo (e con rilevanti profili di colposità) per avere difeso il proprio operato con affermazioni ellittiche ed elusive anche quando l’odierna appellante aveva indicato, attraverso l’informativa di cui all’articolo 243-bis del ‘codice dei contratti’ l’esistenza di profili di illegittimità connessi all’aggiudicazione e la propria intenzione di proporre ricorso avverso la stessa.
L’appellante ha, altresì, articolato domanda risarcitoria finalizzata all’integrale ristoro del danno patito in conseguenza degli atti illegittimi posti in essere dall’Università degli Studi di Perugia nell’ambito della complessiva vicenda.
5. Nel giudizio di appello si è costituito il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’, il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello. In senso opposto ha concluso A.C.E.R. –Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, intervenuta ad adjuvandum.
6. Nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione, anche al fine di rendere una decisione in forma semplificata (del che è stata data puntuale comunicazione alle parti presenti).
All’esito della medesima Camera di consiglio il Collegio ha reso l’ordinanza cautelare n. 4857/2012 con cui ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe, impedendo – in particolare – la stipula del contratto con il Consorzio appellato, ma, avendo rilevato che un punto di diritto sottoposto al suo esame può dar luogo a contrasti giurisprudenziali, ha deciso di rimettere la decisione del ricorso all’Adunanza plenaria (comma 1 dell’articolo 99 del c.p.a.)..
7. In particolare sono state sottoposte all’Adunanza plenaria le seguenti questioni:
I) “Se il quadro normativo nazionale in tema di impugnativa in sede giurisdizionale degli atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica (e, segnatamente, il comma 5 dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato disposto con il comma 2, lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163) debba essere inteso, anche alla luce della matrice comunitaria che lo ispira (direttiva 89/665/CE come modificata dalla direttiva 2007/66/CE), nel senso che il termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso principale:
a) decorre dal giorno della ricezione della comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di cui al comma 5 dell’articolo 79 del ‘codice dei contratti’ nel solo caso in cui la presunta violazione delle disposizioni comunitarie e nazionali poste a fondamento del ricorso sia immediatamente percepibile dal contenuto di tale comunicazione, mentre
b) decorre dal giorno in cui è stato possibile ottenere integrale accesso agli atti della procedura ai sensi del comma 5-quater del medesimo articolo 79 (e comunque non oltre il decimo giorno dalla comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di cui al comma 5 del medesimo articolo) nel caso in cui la presunta violazione non fosse percepibile dal contenuto della dichiarazione e sia resa palese solo a seguito dell’esperito accesso agli atti”;
II) (nel caso in cui il tenore delle disposizioni della cui interpretazione si discute - e, segnatamente, del comma 5 dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato disposto con il comma 2, lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater dell’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163 – non sia suscettibile dell’interpretazione dinanzi ipotizzata sub I)) “Se si ritenga compatibile con i princìpi costituzionali di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale (articolo 24, Cost.) e con il principio comunitario dell’effetto utile il quadro normativo nazionale in tema di impugnativa in sede giurisdizionale degli atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica, per la parte in cui – per un verso – assoggetta a un termine notevolmente accelerato l’impugnativa degli atti in questione e – per altro verso – determina una ulteriore, sostanziale, riduzione dei termini per l’impugnativa nelle ipotesi in cui la presunta violazione non sia direttamente percepibile dal contenuto della dichiarazione di cui al richiamato articolo 79 e sia resa palese solo a seguito dell’esperito accesso agli atti (in tal modo ponendo a carico del soggetto ricorrente lo sfavorevole effetto processuale dell’ulteriore riduzione del termine effettivamente a disposizione ai fini dell’impugnativa e per un numero di giorni pari a quello necessario per avere piena conoscenza degli atti della gara possibile oggetto di impugnativa e dei relativi profili di illegittimità)”.
8. La Sezione remittente non ha mancato di esprimere il proprio avviso sulla soluzione del primo quesito.
Ha infatti osservato che, contemperando l’orientamento della Corte di Giustizia, la quale ipotizza una sorta di “proroga [del] termine di ricorso” jussu judicis al fine di consentire il conseguimento dell’effetto utile da parte della disposizione processuale di matrice comunitaria ( III Sezione, 28 gennaio 2010 in causa C-406/08 (Uniplex)) con l’evidente ratio di concentrazione ed accelerazione sottesa alla previsione di diritto interno in tema di termine decadenziale d’impugnativa e di accesso agli atti di gara (in particolare: comma 5-quater dell’articolo 79 del ‘Codice dei contratti’), il punto di equilibrio fra le richiamate esigenze possa essere individuato in una lettura del complessivo quadro normativo tale, per cui il dies a quo per il decorso del termine decadenziale d’impugnativa sia posticipato sino a decimo giorno dalla comunicazione di aggiudicazione ex art. 79, cit. (ossia al momento in cui il concorrente, agendo in modo diligente, potrà aver avuto conoscenza integrale della documentazione di proprio interesse, attivando le modalità semplificate di accesso agli atti di cui al medesimo comma 5-quater).
Ciò, tuttavia, dovrebbe essere possibile a due condizioni:
a) che, effettivamente, il profilo di illegittimità lamentato in sede di impugnativa non fosse in alcun modo desumibile dal tenore della comunicazione di cui all’articolo 79;
b) che il richiamato termine di dieci giorni (aggiuntivo rispetto a quello di trenta giorni per la proposizione dell’impugnativa ai sensi dell’articolo 120, comma 5 del c.p.a.) dovrebbe essere corrispettivamente ridotto nelle ipotesi in cui, esperito l’accesso agli atti della gara, la pertinente documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni di cui al più volte richiamato comma 5-quater.
9. Con riguardo alle censure di merito, la Sezione si è espressa per la fondatezza del primo motivo di appello, considerando che il comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’ (secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”) sembra ammettere la richiamata tipologia di designazione solo in caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio e non anche nell’ipotesi, che qui ricorre, in cui una consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco.
Dinanzi all’Adunanza Plenaria hanno presentato memorie Edilerica e l’interveniente ad adjuvandum Associazione dei costruttori edili di Roma e Provincia.
10. Alla camera di consiglio del 22 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
1.1. Il Collegio ritiene di non dover affrontare il motivo di appello concernente la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado per due ordini di ragioni.
In primo luogo, i motivi di merito proposti dall’appellante non sono fondati, come si vedrà in seguito, e tale circostanza, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, produce l’assorbimento dei motivi di rito, salvo che sia dedotto il difetto di giurisdizione.
1.2. In secondo luogo, sebbene, ai sensi dell’art. 99, comma 5, del c.p.a. l’Adunanza Plenaria possa enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge anche in caso di ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, il Collegio, nella specie, non ritiene di avvalersi della detta facoltà.
Nelle more del giudizio, infatti, con ordinanza 23 marzo 2013 n. 427, il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione di Bari, ha rimesso alla Corte di Giustizia delle C.E, i seguenti quesiti interpretativi ai sensi dell’art. 267 del Trattato istitutivo:
A) “Se gli artt. 1, 2-bis, 2-quater e 2-septies della direttiva 1992/13/CEE vadano interpretati nel senso che il termine per proporre un ricorso, diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, decorra dalla data in cui il ricorrente ha conosciuto, o avrebbe dovuto conoscere secondo l’ordinaria diligenza, l’esistenza della violazione stessa”;
B) “Se gli artt. 1, 2-bis, 2-quater e 2-septies della direttiva 1992/13/CEE ostano a disposizioni processuali nazionali ovvero a prassi interpretative, quali quelle enunciate nella causa principale, che consentono al giudice di dichiarare irricevibile un ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, quando il ricorrente è venuto a conoscenza della violazione dopo la formale comunicazione degli estremi del provvedimento di aggiudicazione definitiva, per la condotta tenuta dall’Amministrazione aggiudicatrice.
E’ agevole constatare che le questioni proposte dal TAR Puglia si sovrappongono a quelle sollevate dall’ordinanza di rimessione qui in esame, e pertanto appare inopportuna l’enunciazione di un punto di diritto su problematica coinvolgente fonti comunitarie mentre è atteso il dictum della Corte competente ad enunciarne l’interpretazione autentica e vincolante.
2. Il principale motivo di merito proposto da Edilerica, mandataria del raggruppamento secondo classificato, tende all’accertamento dell’illegittimità della mancata esclusione del Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro “Ciro Menotti”, cui si addebita di aver presentato una offerta nella quale ha designato quale impresa consorziata che avrebbe eseguito i lavori la soc. Serio soc. coop. a r.l., mentre questa aveva – a sua volta – ha indicato quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l. (che era stata indicata genericamente come ‘associata’ dalla cooperativa Serio).
Secondo l’appellante, il sistema di indicazione ‘a cascata’ dell’impresa esecutrice si porrebbe in contrasto con la previsione di cui al comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’, secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”. Si richiama l’avviso dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, espresso con deliberazione del 10 gennaio 2007, secondo cui la citata disciplina di settore consentirebbe tale tipologia di designazione “a cascata” solo in caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio. Al contrario, ciò non sarebbe possibile nel caso, che qui ricorre, in cui una consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco (e che pertanto non potrebbe legittimamente giovarsi, ai fini della partecipazione alla gara, dei requisiti del Consorzio).
Si osserva inoltre che l’esecuzione dei lavori da parte di Moveco non sarebbe riconducibile neppure all’istituto dell’avvalimento, in quanto Moveco non può assumere la posizione di impresa ausiliaria, non essendo stati posti in essere tutti gli adempimenti di cui all’art. 49 del codice dei contratti, finalizzati ad escludere ogni ipotesi di aleatorietà nel rapporto tra le due imprese.
Sarebbe inoltre da respingere la tesi, sostenuta dall’Università degli studi di Perugia già in sede di risposta all’informativa inviata da Edilerica ai sensi dell’art. 243-bis del codice dei contratti, secondo cui al consorzio aggiudicatario di un appalto sarebbe riconosciuta la facoltà di indicare una nuova impresa nell’ipotesi in cui per motivi sopravvenuti l’impresa originariamente designata non si trovi nelle condizioni di svolgere la prestazione. Si sostiene che nella specie non si verte in ipotesi di motivi sopravvenuti, ma di vizio originario dell’offerta a causa dell’indicazione “a cascata” dell’impresa incaricata di eseguire i lavori, con conseguente violazione del principio della par condicio dei concorrenti
3.1. Il Collegio osserva che le argomentazioni dell’appellante sono in parte condivisibili, ma non consentono di pervenire all’accoglimento del motivo dedotto.
Il Consiglio di Stato, con sentenza della Sezione VI del 22 giugno 2007 n. 3477, ma con richiamo ad altro precedente (Sez. VI, 21 aprile 1983 n. 2183), sia pure pronunciata con riferimento alla disciplina di cui all’art. 13, comma 4, della legge n. 109 del 1994, ora riprodotta dall’art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006, ha avuto occasione di esaminare il problema della legittimità della designazione di secondo grado, o “a cascata”, che si verifichi quando alla gara per l’affidamento di lavori pubblici partecipi un consorzio tra società cooperative di produzione e lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909 n. 422.
Anche nelle vicende che hanno formato oggetto delle pronunce richiamate era accaduto che la società consorziata indicata per l’esecuzione dei lavori dal consorzio aggiudicatario, anziché provvedervi direttamente, aveva affidato le opere ad un diverso imprenditore non consorziato né legato al consorzio da alcun diverso rapporto.
La detta giurisprudenza ha affermato la non conformità alla legge della designazione di secondo grado, rilevando che l’art. 13, comma 4, della legge n. 109 del 1994 (ora art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 106 del 2006), al fine di salvaguardare una specifica categoria di imprese e di incentivare la mutualità, ha inteso assegnare rilievo funzionale solo al rapporto organico che lega il Consorzio concorrente alle imprese o altri consorzi in esso direttamente consorziati e che ne costituiscono, come detto, una sorta di interna corporis (sicché l’attività compiuta dai soggetti consorziati è imputata organicamente al Consorzio concorrente, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi); ma non anche al rapporto, di secondo grado, che finirebbe per collegare il Consorzio aggiudicatario ad un soggetto terzo (ancorché preventivamente designato, in sede di gara, dalla società chiamata ad eseguire i lavori dal Consorzio concorrente, poi risultato aggiudicatario), che con il primo ha solo un rapporto mediato dall’azione di un altro soggetto (che, tra l’altro, come si ripete, neppure risulta dotato, nella specie, almeno stando a quanto emerge dagli atti versati in giudizio, delle prescritte categorie d’iscrizione), associato a quello designato dall’aggiudicatario.
In tal modo il Consorzio aggiudicatario finirebbe per avvalersi, invero, dell’attività svolta da un soggetto terzo rispetto al medesimo e non da esso direttamente designato come esecutore dei lavori.
Di fatto, la potestà assegnata dal legislatore al Consorzio concorrente di designare, sulla base di un ordinario rapporto di fiducia, l’impresa - ad esso consorziata - quale materiale esecutrice delle opere verrebbe a trasferirsi sul soggetto a tal fine designato dal Consorzio concorrente; ciò che il legislatore non ha inteso consentire allorché, con il citato art. 13, comma 4, della legge n. 109/1994, ha eccezionalmente previsto che i Consorzi di cui si tratta indichino, nell’offerta, per quali loro consorziati essi concorrano e non ha, invece, esteso anche ai soggetti (eventualmente costituiti in forma consortile) così designati di indicare, a loro volta, a cascata, i propri consorziati chiamati ad eseguire i lavori stessi.
Trattandosi, inoltre, di situazione eccezionale, non direttamente disciplinata dal legislatore, la stessa amministrazione, nel silenzio della norma, verrebbe a trovarsi in una situazione di obiettiva incertezza in merito all’esercizio delle proprie potestà operative nei confronti del soggetto beneficiario dell’affidamento di secondo grado di cui si tratta e, in particolare, in ordine alla verifica di sussistenza o meno, in capo ad essa impresa sub-designata, di tutti i requisiti di legge che legittimano l’applicabilità della disciplina speciale e di favore di cui si è detto.
Questa consente, in definitiva, al Consorzio concorrente ed aggiudicatario di avvalersi delle prestazioni di un’impresa cooperativa in esso associata e specificamente designata in sede di gara; e, in tal caso, l’impresa indicata può eseguire i lavori pur essendo priva, per le ragioni dianzi indicate, dei requisiti di qualificazione tecnica; ma non anche, a quest’ultima, di avvalersi di un’ulteriore impresa – a sua volta, in essa associata - altrimenti potendosi innescare un meccanismo di designazioni a catena destinato a beneficiare non (secondo la ratio legis) il Consorzio concorrente e le imprese cooperative in esso associate, ma, in ipotesi (come nel caso di specie) anche soggetti terzi, non concorrenti direttamente alla gara, né in questa puntualmente designati, secundum legem, dal concorrente risultato aggiudicatario, quali materiali esecutori dei lavori.
Il riferito orientamento merita di essere confermato non ravvisandosi ragioni che ne inficino la fondatezza. Ne consegue che va condivisa la tesi dell’appellante circa la illegittimità della designazione effettuata dalla consorziata Società Cooperativa Serio r.s.l. in favore della Moveco s.r.l. ai fini dell’esecuzione dei lavori in gara.
3.2. Ad avviso dell’appellante la rilevata illegittimità della designazione di secondo grado avrebbe dovuto condurre alla esclusione dalla gara del Consorzio aggiudicatario.
La tesi non merita adesione, dovendosi invece accogliere le argomentazioni difensive dell’Università degli Studi di Perugia e del Consorzio aggiudicatario, che hanno fatto leva sulle motivazioni esposte nelle sentenze sopra richiamate.
Si è osservato, infatti, che il consorzio fra società di cooperative di produzione e di lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, può partecipare alla procedura di gara utilizzando i requisiti suoi propri e, nel novero di questi, facendo valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative che costituiscono, ai fini che qui rilevano, articolazioni organiche del soggetto collettivo, ossia suoi interna corporis. Il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella incaricata dell’esecuzione dei lavori, infatti, è tale che l’attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi, per cui, diversamente da quanto accade in tema di associazioni temporanee e di consorzi stabili, la responsabilità per inadempimento degli obblighi contrattuali nei confronti della p.a. si appunta esclusivamente in capo al consorzio senza estendersi, in via solidale, alla cooperativa incaricata dell’esecuzione.
D’altronde, una diversa opzione ermeneutica che, in assenza di qualsiasi referente normativo in tale direzione, considerasse l’offerta di un consorzio radicalmente invalida a causa della indicazione di secondo livello operata dalla consorziata, si porrebbe in chiara distonia con la ratio che sorregge la costituzione di detti consorzi e che si spiega con il favore del legislatore per l’incentivazione della mutualità, favorendo, grazie alla sommatoria dei requisiti posseduti della singole imprese, la partecipazione a procedure di gara di cooperative che, isolatamente considerate, non sono in possesso dei requisiti richiesti o, comunque, non appaiono munite di effettive chances competitive.
In conformità al ricordato orientamento giurisprudenziale, è da ritenere, pertanto, che l’indicazione di una sub-affidataria dei lavori non sia ammissibile, per le ragioni esposte sopra, e tuttavia che tale operazione vitiatur sed non vitiat, nel senso che non impedisce di conservare legittimamente l’aggiudicazione in capo al Consorzio, purché questo abbia provveduto – come in effetti è avvenuto - ad indicare in sede di offerta l’impresa consorziata da cui sarebbero stati eseguiti i lavori stessi. E’ questo, infatti, l’unico specifico adempimento imposto dall’art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006, con conseguente irrilevanza dei comportamenti posti in essere sul punto dalla consorziata designata.
3.3. A corollario del precedente assunto, la giurisprudenza citata ha inoltre affermato che al Consorzio aggiudicatario va riconosciuta la facoltà di indicare, quale esecutore, una diversa propria consorziata, ove, per motivi sopravvenuti, la prima designata non sia in condizione di svolgere compiutamente la prestazione. Le parti resistenti nel presente giudizio si sono richiamate alla detta proposizione per contrastare le tesi dell’appellante.
L’appellante, sul punto, ha dedotto in primo grado, con censura assorbita, e riproposto in appello:
1) che la facoltà riconosciuta al Consorzio di effettuare una seconda designazione si risolverebbe in una palese violazione del principio della par condicio tra le concorrenti, consistendo in una modificazione dell’offerta per evitare la sanzione dell’esclusione;
2) che l’invocata giurisprudenza ha ammesso bensì la possibilità per il Consorzio aggiudicatario di effettuare una seconda scelta della società incaricata dell’esecuzione dei lavori, ma solo nel caso che sopraggiungano ragioni che impediscano l’esecuzione dei lavori da parte dell’impresa originariamente indicata, mentre nella fattispecie tale evenienza non si sarebbe verificata, versandosi in ipotesi vizio ostativo “genetico” dell’offerta, a causa della illegittima designazione a cascata.
3.4. Le dette doglianze si rivelano improcedibili per difetto di interesse.
Il principio, qui ribadito, secondo cui la designazione della sub-affidataria cade ma non rende illegittima l’offerta del Consorzio, comporta che designata per l’esecuzione dei lavori rimanga la consorziata originariamente indicata dal Consorzio stesso, ossia la Serio s.r.l., e nulla impedisce che sia appunto la designata originaria ad eseguire l’appalto. Né risulta che il Consorzio abbia esercitato la contestata facoltà di effettuare una seconda scelta.
Può aggiungersi, tuttavia, per completezza, che la designazione di una diversa consorziata per l’esecuzione dei lavori costituisce un atto doveroso ma estraneo all’offerta presentata dal Consorzio, che rimane immutata, sia sotto il profilo dei requisiti di partecipazione, di cui il concorrente ha dimostrato di disporre in proprio, sia sotto i profili progettuali e dell’entità economica, e pertanto non è ravvisabile alcuna violazione della par condicio.
5.Il rigetto dell’appello nel merito conduce al rigetto della domanda risarcitoria.
6. Sussistono valide ragioni per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2013 [...].


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2013
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione


lunedì 12 agosto 2013

ADUNANZE PLENARIE: nelle gare per la concessioni di servizi si applica sempre l'art. 84 commi 4 e 10 del D.Lgs. n. 163/06 (Ad. Plen., sentenza 7 maggio 2013 n. 13).


ADUNANZE PLENARIE: 
nelle gare per la concessioni di servizi 
si applica sempre l'art. 84 commi 4 e 10 
del D.Lgs. n. 163/06 
(Ad. Plen., sentenza 7 maggio 2013 n. 13)


Massima

1.  Qualora sia indetta una gara per l’affidamento di concessioni di servizi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche in assenza di un espresso richiamo nel bando sono applicabili le disposizioni di cui all’art 84, comma 4 (relativo alle incompatibilità dei componenti della commissione giudicatrice) e comma 10 (relativo ai tempi di nomina della commissione), del Codice dei contratti pubblici, espressive dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, richiamati dall’art. 30, comma 3, del medesimo Codice.

2. La regola della posteriorità della nomina della commissione rispetto al termine di presentazione delle offerte - sancita dall’art. 84, comma 10, del Codice dei contratti pubblici – costituisce un corollario dei  principi di trasparenza e di imparzialità, poiché si evita che il contenuto delle offerte sia influenzato dalle preferenze che potrebbero essere attribuite ai commissari già nominati, ovvero da loro suggerimenti o da loro contatti comunque presi con ‘imprese amiche’.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8 di A.P. del 2013, proposto da:
Acsm - Agam Reti Gas Acqua S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Danilo Tassan Mazzocco, Giorgio Lezzi, Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2; 
contro
G6 Rete Gas Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso Giuseppe Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta, 142; 
nei confronti di
Comune di Lomazzo; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 01171/2012, resa tra le parti, concernente affidamento in concessione del servizio pubblico locale di distribuzione del gas naturale

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G6 Rete Gas Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Tassan Mazzocco e Ferrari.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
In primo grado la G6 Rete gas s.p.a., concessionaria del servizio di distribuzione del gas naturale per il Comune di Lomazzo, impugnava davanti al TAR Lombardia – sede di Milano, il bando pubblicato in data 22 febbraio 2011 con cui l’amministrazione comunale aveva indetto una gara per l’affidamento di detto servizio, nonché, con motivi aggiunti, l’aggiudicazione definitiva del servizio a favore della ditta Acsm-Agam Reti Gas Acqua s.r.l.
La ricorrente deduceva che la commissione di gara era stata illegittimamente formata in violazione dell’art. 84, comma 10, d.lgs. 163 del 2006, per essere stata nominata prima dello spirare del termine stabilito per la presentazione delle offerte; deduceva altresì violazione del comma 4 dell’art.84 su menzionato, in quanto un componente del predetto organo, ing. Nicola Bufalo, aveva prestato la sua opera professionale per la predisposizione degli atti della procedura di gara, redigendo il relativo disciplinare ed individuando i sub-criteri di aggiudicazione.
Il primo giudice accoglieva entrambe le censure ed annullava la gara.
Superata l’eccezione di inammissibilità, dedotta per mancata specifica impugnazione del disciplinare di gara, nella parte in cui aveva escluso il rinvio alle norme del codice dei contratti pubblici non richiamate dal citato art. 84, perché tale regola aveva funzione integrativa della legge speciale, il Giudice di primo grado reputava le norme invocate dalla società ricorrente espressive dei principi di imparzialità e trasparenza.
In particolare, al comma 10 veniva attribuita la funzione di prevenire “possibili contatti fra imprese interessate a partecipare alla gara ed i commissari” in sede di formulazione dell’offerta tecnica, a presidio quindi del leale confronto concorrenziale che deve attuarsi anche nelle gare per l’affidamento di concessioni, ed a nulla rilevando in contrario che la nomina dell’organo era avvenuta quando le manifestazioni di interesse erano in fatto già tutte pervenute all’amministrazione aggiudicatrice.
In relazione alla regola di cui al quarto comma, se ne desumeva la generale operatività dal testuale riferimento a “qualsiasi attività in grado di interferire con il giudizio di merito sull'appalto”, e pertanto applicabile al caso di specie, visto che il citato professionista era stato incaricato dal Comune di predisporre la legge di gara.
Con l’appello la Acsm-Agam riproponeva l’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa rispetto ai contenuti della legge speciale e, nel merito, deduceva l’erronea applicazione del comma 10 del ridetto art. 84, avendo la sentenza reputato decisivo ai fini della legittimità il momento della nomina della commissione di gara, e, sotto l’altro profilo, perchè il predetto ing. Bufalo si era limitato alla predisposizione del bando e del disciplinare di gara. Inoltre, lamentava l’erroneità della sentenza per avere disposto la rinnovazione della gara senza previa formale dichiarazione di inefficacia del contratto nel frattempo stipulato.
L’appellata G6 Rete Gas dal canto suo riproponeva ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm.: 1) la censura di violazione del principio di concentrazione delle sedute di gara (oltre quattro mesi impiegati dalla commissione per le valutazione delle offerte, dei quali oltre due per le offerte tecniche), che il primo giudice aveva ritenuto assorbita in ragione dell’accoglimento delle altre censure; 2) la domanda di inefficacia ex art. 122 cod. proc. amm. del contratto stipulato dall’amministrazione resistente con la controinteressata.
Su quest’ultima riproposizione la società appellante prendeva posizione eccependone a sua volta l’inammissibilità, a causa della sua mancata riproposizione in questo grado di giudizio a mezzo di appello incidentale, in base al principio secondo cui la dichiarazione di inefficacia non sarebbe conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, con conseguente impossibilità per il giudice d’appello di pronunciarla in assenza di relativa devoluzione a mezzo di rituale impugnazione.
A ciò l’appellata G6 Rete Gas replicava facendo leva sulla nota in data 21 giugno 2012, con cui il Comune di Lomazzo si era determinato nel senso di riattivare il procedimento di gara in seguito all’annullamento giurisdizionale (salvo poi riferire di una successiva sospensione in ragione del presente giudizio d’appello), argomentando da tale comportamento che l’amministrazione aggiudicatrice aveva “annullato e/o dichiarato inefficace” il contratto concluso con la controinteressata Acsm-Agam.
Con la ordinanza di rimessione a questa Adunanza Plenaria, la Quinta Sezione ha esaminato dapprima il motivo di appello consistente nella deduzione di inammissibilità del ricorso di primo grado a causa dell’omessa specifica impugnativa da parte della GG Rete Gas del disciplinare, nella parte in cui non ha fatto richiamo all’art. 84 del codice dei contratti pubblici.
La sezione rimettente ha rigettato tale motivo sul rilievo che la clausola della legge di gara in questione è in realtà riproduttiva del disposto di legge.
Il paragrafo 1 del disciplinare contiene infatti la precisazione che, in quanto preordinata all’affidamento di una concessione di servizi, la gara è assoggettata agli artt. 30 e 216 del codice dei contratti, con esclusione delle restanti disposizioni di tale testo normativo “salvi gli espressi richiami al medesimo d.lgs. n. 163/2006 contenuti nel presente disciplinare”.
La previsione, secondo la ordinanza di rimessione, è dunque sovrapponibile a quella di legge, visto che anche il predetto art. 30 sancisce la non applicabilità delle disposizioni del codice dei contratti, mentre la salvezza di quelle richiamate altro non sarebbe che la esplicitazione di una pacifica facoltà della amministrazione aggiudicatrice di conformare la legge di gara attraverso il rinvio a precetti normativi puntuali.
Con riguardo alla domanda volta alla declaratoria di inefficacia del contratto, la Sezione rimettente ha osservato come essa fosse stata formulata dalla G6 Rete Gas in modo perplesso, ivi prospettandosi come fatto meramente eventuale la stipula del contratto con la controinteressata odierna appellante; inoltre, vengono trovati condivisibili i rilievi secondo cui tale domanda avrebbe dovuto essere proposta con appello incidentale, a fronte di una espressa statuizione del TAR che demanderebbe alla “rinnovazione parziale” della procedura di gara il conseguimento del bene della vita anelato con l’impugnativa di primo grado.
Con l’ordinanza di rimessione, la Quinta Sezione ha quindi deferito l’esame dell’appello all’Adunanza plenaria, evidenziando il contrasto tra due opposti orientamenti interpretativi, emersi di recente nella giurisprudenza di questo Consiglio, in ordine al campo di applicazione dei commi 4 e 10 dell’articolo 84 del codice dei contratti pubblici anche alle concessioni di servizi.
Secondo la tesi dell’appellante, l’art. 84, commi 10 e comma 4, del d.lgs n. 163 del 2006 non sarebbe applicabile alla gara oggetto di giudizio, tanto perché la relativa lex specialis non lo richiama (in particolare il citato art. 1 del disciplinare), quanto perché le relative prescrizioni non potrebbero essere ritenute dei precipitati dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, principi dichiarati (solo essi) applicabili alle concessioni di servizi dal comma 3 dell’art. 30.
Secondo la ordinanza di rimessione, in caso di soluzione del quesito in senso affermativo, sarebbe necessario poi ancora stabilire, con riguardo al comma 10, se sia illegittima anche la commissione costituita dopo la presentazione effettiva della domanda di partecipazione ma prima della scadenza del termine per la presentazione dell’offerta; mentre, in merito alla fattispecie di cui al comma 4, se determini la preclusione a far parte della commissione aggiudicatrice la predisposizione del progetto posto a base della gara da parte di uno dei commissari.
La rimessione espone quindi gli orientamenti contrastanti della giurisprudenza del Consiglio di Stato
Un primo indirizzo (sentenza della III Sezione n. 5547 del 2011) ha negato l’esistenza di un nesso di inscindibilità tra il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e le regole di cui all’art. 84 sulla nomina della commissione di gara. Ancorché resa in una procedura di affidamento di servizi di cui all’all. II B del codice del contratti, detto precedente rileva nel presente giudizio, in quanto l’art. 27 opera per detta tipologia di contratti un richiamo ai principi generali non dissimile da quello dell’art. 30.
La sentenza della quinta sezione n. 4311 del 2010 ha perentoriamente escluso che l’art. 84, comma 10, sia applicabile alle concessioni di servizi in generale (e con riguardo all’art. 84 in generale, la pronuncia 3 maggio 2012, n. 2552 della quinta sezione; v. anche sent. 4 gennaio 2011, n. 2 della medesima sezione).
In senso contrario, la stessa quinta sezione, oltre a ritenere applicabile l’art. 84 nel suo complesso alle concessioni di servizi pubblico (con sentenza 17 gennaio 2011, n. 224), dapprima a livello di obiter dictum (con sentenza 22 marzo 2011, n. 1784), poi con statuizione pienamente rientrante nella ratio decidendi (con sentenze 23 maggio 2011, n. 3086 e 27 ottobre 2011, n. 5740), ha giudicato operante nelle procedure di affidamento di detti contratti la regola della posteriorità della nomina della commissione di gara rispetto alla presentazione delle offerte stabilita dall’art. 84, comma 10.
Con l’ordinanza di rimessione n.803 del 2013, la quinta sezione, nel rimettere la soluzione del contrasto alla Adunanza Plenaria, conclude propendendo chiaramente nel senso della più ampia applicazione delle regole contenute nei commi 4 e 10 dell’art. 84 anche alle procedure di affidamento nelle concessioni di servizi, in quanto entrambe da ritenere riconducibili al principio di trasparenza testualmente richiamato dall’art. 30 del medesimo codice, sulla base di argomenti sia letterali, sia logici e sistematici.
Alla udienza pubblica del 22 aprile 2013 la causa, dopo discussione orale, è stata trattenuta in decisione.

                                                           DIRITTO
1.Per risolvere la controversia, occorre esaminare dapprima l’istituto della concessione di servizi e la disciplina scarna che ad essa riserva il codice, distinguendo tra principi e disposizioni ad esso istituto applicabili e tenendo conto, quanto ai primi, che alle concessioni di pubblici servizi sono applicabili sia i principi desumibili dal Trattato, sia i principi generali relativi ai contratti pubblici.
Successivamente, sulla base della ragione intrinseca delle due disposizioni relative alla nomina della commissione giudicatrice, contenute nei commi 4 e 10 dell’art. 84, occorrerà valutarne la estensibilità o meno alle commissioni di gara per l’affidamento di concessioni di pubblici servizi, argomentando sulla natura di norme di principio o esplicative di principi generali oppure di mere disposizioni, applicabili soltanto specificamente alle fattispecie richiamate.
1.1.Nell’ordinamento comunitario il tratto distintivo della concessione viene individuato nelle modalità di remunerazione del soggetto affidatario e nella attribuzione o meno in capo al soggetto stesso del rischio economico connesso alla gestione economico-funzionale dell’opera o del servizio.
Con riguardo alla definizione, la concessione di servizi viene definita dalla direttiva 2004/18/CE, nonché dal Codice dei contratti pubblici (art. 3, comma 12) come «il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo».
Più specificamente, l'art. 30 del medesimo Codice al comma 2 afferma che nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio.
La distinzione attiene alla struttura del rapporto, che nell’appalto di servizi intercorre tra due soggetti (la prestazione è a favore dell’amministrazione), mentre nella concessione di servizi pubblici intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta al pubblico o agli utenti.
Sebbene le direttive appalti abbiano tendenzialmente escluso dal proprio ambito di applicazione le concessioni di servizi, l’affidamento delle stesse, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale, non può essere sottratto ai principi espressi dal Trattato in tema di concorrenza.
Tale regola viene codificata nell’articolo 30, comma 3, il quale, unitamente alla definizione dell’istituto stesso (al comma 2), recepisce gli orientamenti espressi dalla Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000 (in GUCE C-121 del 29 aprile 2000) nonché, nell’ordinamento interno, dalle circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri n.3944 del 1 marzo 2002 e n.8756 del 6 giugno 2002 (rispettivamente in GURI n.102 del 3 maggio 2002 e n.178 del 31 luglio 2002).
2. Sulla base di quanto prevede il primo comma del menzionato articolo 30 – “Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi” – l’interprete deve porsi il problema della differenza tra principi e disposizioni (principi desumibili, come si è accennato, dal Trattato ma anche principi generali relativi ai contratti pubblici), certamente applicabili anche alle concessioni di servizi e disposizioni del codice, viceversa espressamente escluse dal campo di applicazione.
Per effettuare in modo compiuto tale distinzione tra principi generali e disposizioni, non può trascurarsi di rilevare che i principi non sono soltanto quelli che il codice definisce, di massima nelle sue parti iniziali (v. in specie l’art. 2), come principi generali di una data materia, nel senso di superprincipi o valori o finalità teleologiche del sistema.
Come è infatti noto, l’aspetto rilevante di un codice, anche nel senso ristretto della nuova codificazione moderna secondo codici di settore, è la sua aspirazione ad essere un “sistema”; il sistema consente di spostare l’attenzione anche su principi, che rendono possibile la comprensione delle singole parti connettendole al tutto e che, finalmente, rendono intellegibile il disegno armonico, organico ed unitario sotteso rispetto alla frammentarietà delle parti.
I principi generali di un settore esprimono valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico, che hanno una memoria del tutto che le singole e specifiche disposizioni non possono avere e ai quali esse sono riconducibili; sono inoltre caratterizzati da una eccedenza di contenuto deontologico in confronto con le singole norme, anche ricostruite nel loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione genetica (“nomogenetica”) rispetto alle singole norme.
Sotto tale profilo, sulla base di quanto dispone l’art. 30, non potrebbe sostenersi l’applicabilità di tutte le disposizioni del codice, in quanto tutte le norme di dettaglio costituiscono una più o meno immediata applicazione di principi generali.
E’ evidente, tuttavia, che i principi generali comunitari o di rilievo nazionale, secondo gli articoli 2 e 30 del codice dei contratti pubblici, abbisognano anche di declinazioni in disposizioni specifiche legislative, che trovano la propria ratio immediata nei medesimi principi, sia pure calati rispetto ad esigenze più particolari e che a loro volta si caratterizzano, questo è il punto centrale, per essere tradizionalmente considerati principi generali della specifica materia (nella specie, dei contratti pubblici).
Secondo il terzo comma dell’art. 30, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.
Sulla base di tali principi, è pacifico, per esempio, che la scelta del concessionario debba essere conseguente ad una procedura competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal Trattato istitutivo.
L’art. 2 comma 1 del codice prevede che l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nello stesso codice.
Inoltre nella interpretazione della giurisprudenza comunitaria la normativa di principio di derivazione comunitaria trova applicazione non limitatamente agli appalti di lavori, servizi e forniture ma presenta una valenza pressoché generalizzata nel settore dei contratti pubblici.
3. Occorre ora esaminare la funzione (sia la ratio che il fine) delle disposizioni che l’articolo 84 riserva alla formazione della commissione, al momento della nomina e alle specifiche incompatibilità.
Nella fattispecie vengono in rilievo le disposizioni di cui ai commi 4 e 10 dell’articolo 84, dedicati alla commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il quarto comma prevede che i commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.
Il decimo comma prevede che la nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte.
Occorre ora individuare le intrinseche rationes di tali disposizioni, al fine di qualificarne la natura di principio generale, o di stretta derivazione da tali principi, oppure, alternativamente, di mere disposizioni procedurali che, ove ritenute tali, non possono applicarsi tout court alle procedure per le concessioni di servizi, alle quali non si applica il codice inteso nella sua interezza.
La tesi della sentenza appellata è nel senso della applicabilità delle su indicate regole alle concessioni di servizi come conseguenza della loro riconducibilità ai principi generali del codice dei contratti pubblici e dei principi generali del procedimento amministrativo, quali l’imparzialità e trasparenza, espressamente contemplati anche dal comma 3 dell’art. 2 del codice dei contratti.
L’articolo 30, come detto, stabilisce che alle concessioni di servizi, salvo quanto disposto dallo stesso articolo, non si applicano le disposizioni del codice.
L’appellante argomenta a contrario, per esempio, dall’articolo 206 del codice, che, riferendosi ai contratti pubblici di cui al capo interessato (nei settori speciali, più precisamente), nel richiamare un lungo elenco di parti e di articoli, richiama, tra i tanti, anche l’articolo 84, che qui interessa.
Pertanto, ad un ragionamento puro e semplice, che dovesse far riferimento al richiamo o meno della disciplina specifica riguardante, tra l’altro, le regole sulla nomina e sui componenti della commissione giudicatrice, l’interprete dovrebbe rispondere in senso negativo e cioè nel senso che tali disposizioni non sono applicabili alle concessioni di servizi, alle quali il codice non si applica e perché non sono espressamente richiamate (salva l’ipotesi del richiamo o autolimite nella legge di gara).
Tuttavia, il problema consiste nel verificare, come propone la ordinanza di rimessione, se tali regole siano in qualche modo corrispondenti o almeno riconducibili a taluno dei principi comunitari o nazionali (“desumibili dal Trattato e…relativi ai contratti pubblici”) o espressione di principi generali e quindi da ritenere applicabili e da applicare anche nella specie.
Come ha osservato l’ordinanza di rimessione, nell’ottica della possibile natura imperativa – nel caso fossero individuate come disposizioni inderogabili – delle regole contenute nei commi su richiamati, non sarebbe rilevante una eventuale mancanza di impugnativa rispetto alla lex specialis che nulla avesse stabilito al riguardo o che non avesse provveduto a richiamare ad hoc l’articolo 84 o le sue regole – e in tal senso pertanto non sarebbero decisivi orientamenti che argomentassero sulla base della previsione o omissione della regola di gara oppure della sua tempestiva impugnazione -, proprio perché su tale mancato richiamo prevarrebbe, secondo la tesi della ordinanza di rimessione, la imperatività o inderogabilità del precetto normativo.
Con riguardo alla funzione e agli obiettivi di tali disposizioni, deve osservarsi quanto segue.
La previsione di legge di cui al comma 4, come il precedente storico contenuto nell’art. 21 comma 5 legge n.109 del 1994, è evidentemente destinata a prevenire il pericolo concreto di possibili effetti disfunzionali derivanti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti (progettisti, dirigenti che abbiano emanato atti del procedimento di gara e così via) che siano intervenuti a diverso titolo nella procedura concorsuale.
Tale regola mira ad impedire la partecipazione alla Commissione di soggetti che, nell’interesse proprio o in quello privato di alcuna delle imprese concorrenti, abbiano assunto o possano avere assunto compiti di progettazione, di esecuzione o di direzione di lavori oggetto della procedura di gara e ciò a tutela del diritto delle parti del procedimento ad una decisione amministrativa adottata da un organo terzo ed imparziale.
Tale motivo di incompatibilità riguarda soltanto i commissari diversi dal presidente.
La ratio consiste nella volontà di conservare, almeno in parte, la distinzione tra i soggetti che hanno definito i contenuti e le regole della procedura e quelli che ne fanno applicazione nella fase di valutazione delle offerte.
L’interesse pubblico rilevante diventa quindi non tanto e non solo quello della imparzialità, cui è in ogni caso riconducibile, (anche se la deroga per il presidente ne costituisce evidente attenuazione), ma anche la volontà di assicurare che la valutazione sia il più possibile “oggettiva” e cioè non “influenzata” dalle scelte che la hanno preceduta, se non per ciò che è stato dedotto formalmente negli atti di gara.
A sua volta la regola della posteriorità della nomina della commissione rispetto alla scadenza del termine di presentazione delle offerte risponde alla convinzione diffusa che tale vincolo temporale sia posto a presidio della trasparenza (intesa in senso più lato rispetto al senso della generale accessibilità alla attività amministrativa) e della imparzialità della procedura, tanto che l’orientamento più rigoroso ne fa discendere dalla inosservanza la invalidità (per annullabilità) degli atti successivi alla nomina (tra tante, Cons. Stato, V, 29 aprile 2009, n.2738).
In pratica, la posticipazione della nomina dovrebbe evitare situazioni in cui le offerte siano influenzate dalle preferenze, anche solo presunte o supposte, dei commissari, o da loro suggerimenti e che vi possano essere tentativi di collusione o anche solo di contatti con imprese “amiche”.
Tale regola deve essere ritenuta, dunque, pur essa espressione di un principio generale della materia dei contratti pubblici, inerente il corretto funzionamento delle procedure selettive di scelta dell’affidatario.
4.Esaminate la ragione e la funzione di tali precetti normativi, non si può non concludere nel senso che, in quanto tese ad evitare il pericolo concreto di violazione della imparzialità della commissione e quindi poste a tutela della correttezza del procedimento, della trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, tali regole possano ben essere intese come imperative e come tali inderogabili e nel sistema applicabili, perché implicitamente richiamate, anche per la disciplina delle concessioni di servizi, sulla base di canoni di interpretazione sistematica, letterale (solo in apparenza di segno contrario, per la mancanza di un espresso richiamo) e logica.
Il principio generale nel quale sussumere le disposizioni interessate è quindi quello della trasparenza e imparzialità, a maggior ragione considerando che l’articolo 2 al comma 3 prevede che debbano essere rispettate – “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo…” - anche le disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n.241, a sua volta contenente all’art. 1 i principi generali dell’azione amministrativa (art.1 Principi generali dell'attività amministrativa “L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario”).
Pertanto, l’imparzialità, sicuramente principio generale, non richiamato espressamente dall’articolo 2 del codice contratti pubblici, ma richiamato a mezzo del rinvio alla legge n.241 del 1990, deve ritenersi vincolante, unitamente alla sua declinazione immediata (lo stesso principio di imparzialità è invece compreso nei principi enunciati dall’articolo 27 del codice, tra i principi relativi ai contratti esclusi).
L’art. 30 si inserisce nell’ottica di una progressiva assimilazione delle concessioni agli appalti, con l’obiettivo, di matrice europea, di vincolare i soggetti aggiudicatori a rispettare anche nelle procedure di affidamento delle prime i principi dell’evidenza pubblica comunitaria, tra i quali i canoni di trasparenza invalsi nelle seconde attraverso una procedura tipica di gara, nella quale si impone l’esigenza che il confronto competitivo sia effettivo e leale, pena altrimenti la vanificazione delle finalità stesse del procedimento selettivo di stampo concorsuale.
Stante la tendenziale assimilazione delle diverse fattispecie, almeno sotto il profilo del procedimento di scelta dell’altro contraente, dal punto di vista sistematico, il mancato rinvio da parte della legge di gara non può quindi ritenersi decisivo al fine di escludere l’operatività di precetti che dovessero ritenersi, proprio per la loro natura di derivazione diretta da principi generali, norme imperative, espressive di principi generali e consolidati della materia e quindi come tali, in grado di integrare e sovrapporsi alla lex specialis.
Deve ritenersi, quindi, che le regole, quali quelle contenute nell’art. 84 sui “tempi” della formazione e sulla “regolare composizione” di un organo amministrativo (tali regole aventi natura sostanziale e non ogni diversa disposizione procedurale) siano un predicato dei principi di trasparenza e di imparzialità, per cui le disposizioni di cui ai commi 4 e 10 devono ritenersi espressione di principio generale del codice e, pertanto, applicabile, ai sensi dello stesso articolo 30, anche alle concessioni di servizi pubblici.
Tra l’altro, nella pratica e nel senso comune della esperienza di tali procedure per la scelta dell’altro contraente, la valenza generale della regola sulla posteriorità della nomina si ritiene a maggior ragione invocabile quando il sistema di gara, come nella specie, sia quello della offerta economicamente più vantaggiosa, stante da un canto la lata discrezionalità della valutazione e dall’altro canto, conseguentemente, il minore ambito di profondità di sindacato giurisdizionale.
Dal punto di vista logico, d’altra parte, come non ha mancato di rilevare la ordinanza di rimessione, le disposizioni di cui ai commi 4 e 10, che hanno una loro logica ratio, non presentano grandi svantaggi e non costituiscono oneri amministrativi e procedurali di particolare gravità né riguardo al rispetto delle stesse si appalesano particolari controindicazioni, a fronte invece di indubbi vantaggi a tutela della trasparenza, imparzialità, buon andamento dell’operare amministrativo, assurto, nell’ordinamento, anche e ben oltre la disciplina degli affidamenti, a valore fondante del sistema.
Inoltre, in presenza di minime se non assenti maggiori attenzioni procedurali, poiché il principio generale di giustizia impone di trattare giuridicamente in modo eguale situazioni equivalenti, sarebbe irragionevole trattare diversamente situazioni tutto sommato sostanzialmente assimilabili e che sotto il profilo esaminato (cioè delle regole sulla nomina della commissione) non presentano significative differenze.
5.Sotto il secondo dei profili esaminati, deve ravvisarsi la situazione di incompatibilità del componente della commissione giudicatrice, ing. Del Bufalo, professionista precedentemente incaricato della redazione del bando e del disciplinare di gara (dell’ “assistenza specialistica […] per l’espletamento della procedura di gara relativa all’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale”, comprendente tra l’altro l’individuazione dei criteri di valutazione delle offerte e dei relativi sub criteri, secondo la determina n. 48 dell’11 febbraio 2011).
Il dettato della disposizione codicistica (comma 4 dell’art. 84) risponde alla esigenza di rigida separazione della fase di preparazione della documentazione di gara con quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità dei componenti degli organi amministrativi.
6.Il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata esime questo Collegio giudicante dall’esame degli ulteriori motivi di censura riproposti dalla parte appellata.
E’ naturale che, secondo i principi generali, la caducazione della nomina, ove si accerti, come nella specie, essere stata effettuata in violazione delle regole di cui all’art. 84, comma 4 e 10, comporterà in modo caducante il travolgimento per illegittimità derivata di tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del servizio ed impone quindi la rinnovazione dell’intero procedimento.
Il primo giudice ha specificato nella sentenza appellata (pagina 10, rigo settimo e quartultimo rigo) come si imponeva la rinnovazione integrale della procedura e come ciò costituisse il vero ristoro per la ricorrente.
Si tratta cioè di ipotesi in cui il vizio dell’aggiudicazione comporta l’obbligo di rinnovare la gara integralmente (arg. ex art. 122 c.p.a., che fa riferimento proprio “alla luce dei vizi riscontrati” per i casi in cui il vizio dell’aggiudicazione determini necessariamente “l’obbligo di rinnovare la gara”) e non potrebbe essere altrimenti, a differenza di quanto sostiene parte appellante, a prescindere dalla declaratoria formale di inefficacia del contratto.
7.Sono assorbite tutte le altre censure, come in particolare quella di violazione del principio di concentrazione delle sedute di gara (oltre quattro mesi impiegati dalla commissione per le valutazione delle offerte, dei quali oltre due per le offerte tecniche), che il primo giudice ha ritenuto assorbita in ragione dell’accoglimento delle altre censure e che la G6 Rete Gas aveva dal canto suo riproposto ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm.
8.Per le sopra esposte considerazioni, va rigettato l’appello, con conseguente conferma dell’appellata sentenza e con l’enunciazione del seguente principio di diritto:
“In sede di affidamento di una concessione di servizi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sono applicabili le disposizioni di cui all’art. 84, comma 4 (relativo alle incompatibilità dei componenti della commissione giudicatrice) e 10 (relativo ai tempi di nomina della commissione) del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto espressive dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, richiamati dall’art. 30, comma 3, del medesimo d.lgs.”.
A causa della diversità di opinioni giurisprudenziali, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede: rigetta l’appello, confermando l’appellata sentenza.
Spese del presente grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere


IL PRESIDENTE



L'ESTENSORE
IL SEGRETARIO





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2013
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione