ADUNANZE PLENARIE:
ancora sulla natura del d.P.R.
che decide il ricorso straordinario
(Ad. Plen., sentenza 6 maggio 2013, n. 9
ed ordinanza 7 maggio 2013 n. 10)
ed ordinanza 7 maggio 2013 n. 10)
Massima
1. In continuità con l’avviso già espresso con la citata sentenza n. 18/2012 e con l’orientamento assunto dalla Corte di legittimità, deve premettersi che merita condivisione il primo indirizzo ermeneutico, favorevole al riconoscimento della natura sostanzialmente giurisdizionale del ricorso straordinario e dell’atto terminale della relativa procedura, ossia il d.P.R..
2. Due le tesi.
2.1 Secondo un primo, maggioritario, indirizzo, il nuovo assetto normativo avrebbe consacrato la natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio in parola, in modo da assicurare “un grado di tutela non inferiore a quello conseguibile agendo giudizialmente” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 10 giugno 2011, n. 3513; sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4638).
Dalla premessa della qualificazione del decreto decisorio che definisce la procedura innescata dalla proposizione del ricorso straordinario come decisione di giustizia avente natura sostanzialmente giurisdizionale, si trae il duplice corollario dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza al fine di assicurare l’esecuzione del decreto presidenziale e del radicamento della competenza in unico grado del Consiglio di Stato alla stregua del combinato disposto dell’art. 112, comma 2, lettera b), e 113, comma 1 , del codice del processo amministrativo (conf. Cons. Stato, Ad. Plen., 5 giugno 2012, n. 18; negli stessi termini, ex multis, Cass., sez. unite, 28 gennaio 2011).
2.2 Ad avviso di un secondo, minoritario, approccio ermeneutico (Con. Stato, sez. III, Ordinanza 4 agosto 2011, n. 4666; sez. I, parere 7 maggio 2012, n. 2131), sposato dall’ordinanza di rimessione, anche dopo le modifiche normative in precedenza passate in rassegna il rito del ricorso straordinario continuerebbe a presentare profili di specialità rispetto al procedimento schiettamente giurisdizionale - con precipuo riferimento ai nodi essenziali del contraddittorio, dell’istruzione probatoria e del doppio grado di giudizio - tali da indurre a qualificare l’atto conclusivo della procedura come provvedimento amministrativo, solo per certi aspetti equiparato ad una sentenza.
Tale indirizzo, pur ribadendo l’esperibilità del giudizio di ottemperanza per la piena esecuzione del “decisum” conseguente a ricorso straordinario, ritiene che il decreto decisorio non costituisca un provvedimento esecutivo del giudice amministrativo ex art. 112, comma 1, lettera b, c.p.a., ma debba essere sussunto nel novero dei provvedimenti equiparati alle sentenze ai sensi della successiva lettera d.
Da siffatta premessa qualificatoria si trae il corollario dell’individuazione quale giudice competente, in forza del secondo comma del successivo art. 113, del “tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza”, ossia del T.A.R. del Lazio, nella cui circoscrizione operano il Presidente della Repubblica, il Ministro proponente ed il Consiglio di Stato in sede consultiva.
A quest’ultimo riguardo si ritiene che il termine “giudice” sia utilizzato dall’art. 113 cit in senso ampio e necessariamente atecnico, come dimostrato dal fatto che l’art. 112, comma 1, lettera e), annovera nella categoria anche gli arbitri.
3. Precipitato indefettibile della collocazione del decreto che definisce il ricorso al Capo dello Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo di cui alla lettera b) dell'art. 112, comma 2, è quello per cui il ricorso per l'ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell'art. 113, comma 1, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica 'il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta'.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
CONSIGLIO DI STATO,
CONSIGLIO DI STATO,
in Adunanza Plenaria
- 6 maggio 2013, n.9 -
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6 di A.P. del 2013, proposto
da:
Franco Cevolani, rappresentato e difeso dall'avv. Anna Rita Moscioni, con domicilio eletto presso Biagio Marinelli in Roma, via Acquedotto Paolo, 22;
Franco Cevolani, rappresentato e difeso dall'avv. Anna Rita Moscioni, con domicilio eletto presso Biagio Marinelli in Roma, via Acquedotto Paolo, 22;
contro
Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, in persona del legale
rappresentante pro tempore, Generale, rappresentato e difeso
dall’Avv. Maria Morrone, domiciliato in Roma, alla via Cesare Beccaria, n.
29;
per l’ottemperanza
al decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 2010, reso tra le
parti, concernente rimborso di contributo versato ai sensi dell’art. 11 della
legge 8 aprile 1952, n. 212;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’INPS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2013 il Cons.
Francesco Caringella e udito l’avv. Pancari per delega di Morrone.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso per ottemperanza n. 4813 – notificato il 15.6.2012 e depositato
il 27.6.2012 – il colonnello Franco Cevolani chiedeva l’esecuzione del
giudicato formatosi sul decreto presidenziale in data 18.5.2010, emesso in
conformità al parere del Consiglio di Stato, sez. III, n. 663 del 22.2.2010, di
accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica con il
quale il Cevolani aveva contestato il mancato rimborso, da parte dell’INPDAP,
del contributo dello 0,50% di cui all’art. 11 della legge 8.4.1952, n. 212,
all’atto della cessazione del periodo di ausiliaria.
Con il ricorso n. 4813/2012 il Cevolani proponeva ricorso per ottemperanza
con il quale lamentava la mancata esecuzione del decisum.
Si costituiva nell’ambito di tale giudizio, chiedendo il rigetto del
ricorso, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), quale
successore ex legedell’INPDAP, ai sensi dell’art. 21, comma 1, del
d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito in legge 22.12.2011, n. 214.
La Sezione rimettente ha sottoposto il ricorso alla cognizione
dell’Adunanza Plenaria, ex art. 99 del codice del processo amministrativo, ai
fini della soluzione delle questioni di diritto, di particolare importanza e
fonti di contrasti giurisprudenziali, relative alla natura giuridica della
decisione resa a seguito di ricorso straordinario e del giudice competente a
pronunciarsi sul ricorso per ottemperanza ai sensi dell’art. 113 del codice del
processo amministrativo.
Alla camera di consiglio del 25 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per
la decisione.
DIRITTO
1.La Sezione rimettente sottopone al vaglio dell’Adunanza Plenaria le
questioni di diritto relative alla natura giuridica della decisione resa a
seguito di ricorso straordinario e del giudice competente a pronunciarsi sul
ricorso per ottemperanza ai sensi dell’art. 113 del codice del processo
amministrativo.
2. Prima di passare all’esame delle questioni di diritto rimesse al vaglio
dell’Adunanza, occorre passare sinteticamente in rassegna le recenti novità
normative che hanno inciso in modo significativo sulla disciplina e sulla
configurazione dell’istituto.
In prima battuta l’art. 3, comma 44, della legge 21 luglio 2000, n. 205,
recante “disposizioni in materia di giustizia amministrativa”, ha previsto,
che, nell'ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, può
essere concessa, a richiesta del ricorrente, ove siano allegati danni gravi e
irreparabili, la sospensione dell'atto impugnato, disposta con atto motivato
del Ministero competente ai sensi dell’ art. 8, del D.P.R. 24 novembre 1971, n.
1199, su 'conforme parere' del Consiglio di Stato.
L’articolo 245, comma 2, del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs.
12 aprile 2006, n. 163, ha poi sancito l'applicazione degli strumenti di
esecuzione di cui agli art. 33 e 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 con
riguardo ai decreti di accoglimento di ricorsi straordinari aventi ad oggetto
atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici e atti dell'Autorità
di vigilanza sugli stessi.
Di portata più generale sono gli interventi attuati con l’art. 69 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, recante “disposizioni per lo sviluppo economico,
la competitività nonché in materia di processo civile”.
Il primo comma ha introdotto, sotto forma di periodo aggiunto al testo
dell'art. 13, primo comma, alinea, del d.P.R. 1199/1971, una norma a tenore della
quale il Consiglio di Stato, “se ritiene che il ricorso non possa essere
deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità
costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione
del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla
segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai
sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo
1953, n. 87”.
Il secondo comma dell’art. 69 cit. ha disposto l'aggiunta al primo periodo
del primo comma dell'art. 14 del medesimo d.P.R. n. 1199/1971 delle parole
'conforme al parere del Consiglio di Stato' e la soppressione del secondo
periodo del primo comma dello stesso articolo, nonché l'abrogazione del secondo
comma, in tal guisa eliminando la possibilità, originariamente contemplata, che
il Ministero ratione materiae competente, nel formulare la
proposta di decreto presidenziale, si discosti dal parere espresso dal
Consiglio di Stato previa sottoposizione della sua proposta al Consiglio dei
Ministri.
L’art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo di cui al D.Lgs.
2 luglio 2010, n. 104 ha, dal canto suo, stabilito che il ricorso straordinario
è ammissibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione
amministrativa (cfr., nel senso dell’inapplicabilità di detto jus
superveniens ai ricorsi proposti in un torno di tempo anteriore
all’entrata in vigore del codice, Cons. Stato, Ad gen., parere 22 febbraio
2011, n. 4520).
L'art. 48 cod. proc. amm. ha poi specificato, in termini di maggior rigore
e di accentuato parallelismo, la regola dell'alternatività tra ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica e ricorso ordinario al giudice
amministrativo, riconoscendo la facoltà di opposizione di cui all’art. 10 del
D.P.R. n. 1199/1971 in favore di tutte le parti nei cui confronti sia stato
proposto il ricorso straordinario.
3. Tanto premesso in ordine alle più pregnanti emergenze normative, le
opzioni ermeneutiche emerse nel dibattito giurisprudenziale sviluppatosi in
subiecta materia sono riassumibili come segue.
3.1. Ad avviso di un primo, maggioritario, indirizzo, il nuovo assetto
normativo avrebbe consacrato la natura sostanzialmente giurisdizionale del
rimedio in parola, in modo da assicurare “un grado di tutela non inferiore a
quello conseguibile agendo giudizialmente” (cfr., ex plurimis,
Cons. Stato, Sez. VI, 10 giugno 2011, n. 3513; sez. IV, 29 agosto 2012, n.
4638).
Dalla premessa della qualificazione del decreto decisorio che definisce la
procedura innescata dalla proposizione del ricorso straordinario come decisione
di giustizia avente natura sostanzialmente giurisdizionale, si trae il duplice
corollario dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza al fine di assicurare
l’esecuzione del decreto presidenziale e del radicamento della competenza in
unico grado del Consiglio di Stato alla stregua del combinato disposto
dell’art. 112, comma 2, lettera b), e 113, comma 1 , del codice del processo
amministrativo (conf. Cons. Stato, Ad. Plen., 5 giugno 2012, n. 18; negli
stessi termini, ex multis,Cass., sez. unite, 28 gennaio 2011, n.
2065;10 marzo 2011, n. 5684; 28 aprile 2011, n. 9447; 19 luglio 2011, n. 15765;
13 ottobre 2011, n. 21056; 22 dicembre 2011, n. 28345; 28 dicembre 2011, n.
29099; 15 marzo 2012, n. 2129, n. 2818).
3.2. Ad avviso di un secondo, minoritario, approccio ermeneutico (Con.
Stato, sez. III, Ordinanza 4 agosto 2011, n. 4666; sez. I, parere 7 maggio
2012, n. 2131), sposato dall’ordinanza di rimessione, anche dopo le modifiche
normative in precedenza passate in rassegna il rito del ricorso straordinario
continuerebbe a presentare profili di specialità rispetto al procedimento
schiettamente giurisdizionale - con precipuo riferimento ai nodi essenziali del
contraddittorio, dell’istruzione probatoria e del doppio grado di giudizio -
tali da indurre a qualificare l’atto conclusivo della procedura come
provvedimento amministrativo, solo per certi aspetti equiparato ad una
sentenza.
Tale indirizzo, pur ribadendo l’esperibilità del giudizio di ottemperanza
per la piena esecuzione del “decisum” conseguente a ricorso straordinario,
ritiene che il decreto decisorio non costituisca un provvedimento esecutivo del
giudice amministrativo ex art. 112, comma 1, lettera b, c.p.a., ma debba essere
sussunto nel novero dei provvedimenti equiparati alle sentenze ai sensi della
successiva lettera d. Da siffatta premessa qualificatoria si trae il corollario
dell’individuazione quale giudice competente, in forza del secondo comma del successivo
art. 113, del “tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha
sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza”,
ossia del TAR del Lazio, nella cui circoscrizione operano il Presidente della
Repubblica, il Ministro proponente ed il Consiglio di Stato in sede consultiva.
A quest’ultimo riguardo si ritiene che il termine “giudice” sia utilizzato
dall’art. 113 cit in senso ampio e necessariamente atecnico, come dimostrato
dal fatto che l’art. 112, comma 1, lettera e), annovera nella categoria anche
gli arbitri.
4. Questa Adunanza reputa, in continuità con l’avviso già espresso con la
citata sentenza n. 18/2012 e con l’orientamento assunto dalla Corte di
legittimità, che meriti condivisione il primo indirizzo ermeneutico, favorevole
al riconoscimento della natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio in
parola e dell’atto terminale della relativa procedura.
Lo sviluppo normativo di cui si è dato conto depone, infatti, nel senso
dell’assegnazione al decreto presidenziale emesso, su conforme parere del
Consiglio di Stato, della natura sostanziale di decisione di giustizia e,
quindi, di un carattere sostanzialmente giurisdizionale. Ne deriva il
superamento della linea interpretativa tradizionalmente orientata nel senso
della natura amministrativa del decreto presidenziale, seppure contrassegnata
da profili di specialità tali da segnalare la contiguità alle pronunce del
giudice amministrativo.
4.1. Assume rilievo decisivo lo jus superveniens che ha
attribuito carattere vincolante al parere del Consiglio di Stato, con il
connesso riconoscimento della legittimazione dello stesso Consiglio a
sollevare, in detta sede, questione di legittimità costituzionale.
Una volta acquisito che la paternità effettiva della decisione è da
ricondurre all’apporto consultivo del Consiglio di Stato connotato da una
suitas giurisdizionale e che, pertanto, il provvedimento finale è meramente
dichiarativo di un giudizio formulato da un organo giurisdizionale in modo
compiuto e definitivo, si deve convenire che l’atto finale della procedura è
esercizio della giurisdizione nel contenuto espresso dal parere del Consiglio
di Stato che, in posizione di terzietà e di indipendenza e nel rispetto delle
regole del contraddittorio, opera una verifica di legittimità dell'atto
impugnato (così Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464).
In definitiva il decreto presidenziale che recepisce il parere, pur non
essendo, in ragione della natura dell’organo e della forma dell’atto, un atto
formalmente e soggettivamente giurisdizionale, è estrinsecazione sostanziale di
funzione giurisdizionale che culmina in una decisione caratterizzata dal crisma
dell’intangibilità, propria del giudicato, all’esito di una procedura in unico
grado incardinata sulla base del consenso delle parti.
4.1.1. La matrice sostanzialmente giurisdizionale del rimedio è corroborata
dalle indicazioni ricavabili dal codice del processo amministrativo di cui al
D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Merita menzione, in particolare, l’articolo 7,
comma 8, che, nel quadro di una disciplina dedicata alla definizione del
concetto e dell’estensione della giurisdizione amministrativa, limita la
praticabilità del ricorso straordinario alle sole controversie devolute alla
giurisdizione del giudice amministrativo e, quindi, ai campi nei quali, in
ragione della consistenza della posizione soggettiva azionata o in funzione
della materia di riferimento, il giudice amministrativo è dotato di
giurisdizione. La 'giurisdizione' diventa quindi presupposto generale di ammissibilità
del ricorso straordinario, non diversamente da quanto accade per il ricorso
ordinario al giudice amministrativo. In tal guisa si sancisce l’attrazione del
ricorso straordinario nel sistema della giurisdizione amministrativa di cui
costituisce forma speciale e semplificata di esplicazione.
La rimozione della possibilità che il ricorso straordinario sia promosso in
materie in cui il giudice amministrativo è privo di giurisdizione, rafforza,
poi, il connotato dell’alternatività del rimedio, cancellando l’ipotesi di un
ricorso straordinario concorrente, nelle materie estranee alla giurisdizione
amministrativa, con quello giurisdizionale e, soprattutto, eliminando
l’ostacolo che tale anomalia avrebbe rappresentato sulla strada della
sostanziale giurisdizionalizzazione di siffatta tecnica di tutela.
4.1.2. Sullo stesso solco si pone anche la disciplina recata dall’articolo
48 del codice del processo amministrativo, che, al comma 1, contempla la
facoltà di opposizione, ex art. 10 d.P.R. n. 1199/1971, in favore di qualsiasi
“parte nei cui confronti sia stato proposto il ricorso straordinario”.
La generalizzazione della facoltà di opposizione, testimoniata dall’uso di
una formula che comprende anche lo Stato, oltre alle altre pubbliche
amministrazioni, ai controinteressati e ai cointeressati, garantisce il pieno
rispetto del contraddittorio e, soprattutto, assicura la compatibilità del
nuovo assetto con la garanzia dell’effettività della di tutela giurisdizionale
(art. 24 Cost.) e con il principio del doppio grado di giudizio (art. 125 Cost)
in quanto l’unicità del grado e la caratterizzazione semplificata
dell’istruttoria trovano fondamento nell’accordo sostanziale tra le parti
secondo uno schema consensuale non dissimile da quello che permea il ricorso
per saltum ex art. 360, comma 2, c.p.c.
4.1.3. Va poi rimarcato che il successivo comma 3 dell’art. 48, laddove
prevede che il tribunale amministrativo regionale che dichiari
l’inammissibilità dell’opposizione deve disporre la restituzione del fascicolo
per la 'prosecuzione del giudizio in sede straordinaria', dà luogo ad una
speciale forma translatio iudicii che, anche sul versante
schiettamente terminologico, mostra di considerare il ricorso straordinario
come la continuazione del medesimo giudizio incardinato con il ricorso al
giudice amministrativo. Il giudizio che prosegue in sede straordinaria registra,
quindi, il mutamento del rito ma non vede modificata la sua natura
sostanzialmente giurisdizionale.
4.2. Va inoltre osservato che proprio la valorizzazione delle coordinate
normative fin qui esaminate ha di recente indotto la Corte di Legittimità ad
assegnare al decreto che definisce il ricorso straordinario la valenza di
decisione costituente esercizio della giurisdizione riferibile, nel contenuto
recato dal parere vincolante, al Consiglio di Stato, naturaliter sottoposta
al sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per soli motivi
inerenti alla giurisdizione ex artt. 111, comma 8, Cost., 362, comma 1, c.p.c.
e 110 c.p.a. (Cass., sezioni unite, 19 dicembre 2012, n. 23464).
La Corte di Cassazione ha nell’occasione osservato che il riconoscimento
della natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio, con il corollario
dell’ammissibilità del sindacato della Corte di Cassazione sul rispetto dei
limiti relativi alla giurisdizione, non contrasta con il disposto dell’articolo
125, comma 2, Cost., in materia di istituzione in ambito regionale di organi di
giustizia amministrativa di primo grado, in quanto, anche a non considerare che
la riserva elaborata dalla giurisprudenza costituzionale intende in realtà
impedire l’attribuzione ai tribunali amministrativi regionali competenze
giurisdizionali in unico grado' (Corte cost. n. 108 del 2009), in ogni caso la
garanzia del doppio grado di giurisdizione è pienamente assicurata dalla
circostanza che sono le stesse parti ad optare per il procedimento speciale che
consente l'accesso per saltum al Consiglio di Stato.
La circostanza ipotetica che il decreto presidenziale possa essere affetto
da vizi propri del procedimento successivo all'adozione del parere, connessa
alla struttura ancora composita del ricorso straordinario e radicata nelle
origini storiche dell'istituto, non inficia né indebolisce l’essenza
giurisdizionale della decisione che ha come unico sostrato motivazionale il
parere vincolante reso dal Consiglio di Stato.
Si deve per completezza osservare che, secondo il condivisibile
orientamento interpretativo assunto dalla Corte di Cassazione con la sentenza
in esame, siffatta costruzione ermeneutica è compatibile con il divieto di
istituzione di nuovi giudici speciali sancito dall’articolo 102, comma 2, Cost.
A sostegno dell’assunto depone la decisiva considerazione che, anche prima
delle riforme che ne hanno messo in risalto la caratterizzazione
giurisdizionale, la decisione sul ricorso straordinario esibiva, nel suo nucleo
essenziale, la connotazione di decisione di giustizia pur se per vari aspetti
non poteva parlarsi di 'funzione giurisdizionale' nel significato pregnante
dell'art. 102 Cost., comma 1, e art. 103 Cost., comma 1. Si deve allora
convenire che, una volta depurato il procedimento, per il tramite della
revisione operata dal legislatore ordinario, dagli aspetti non compatibili con
il riconoscimento della 'funzione giurisdizionale', la decisione del ricorso
straordinario, nella parte in cui assume come unico sostrato motivazionale il
parere del Consiglio di Stato, rientra a pieno titolo nella garanzia
costituzionale dell'art. 103 Cost., comma 1, che fa salvi, come giudici
speciali, il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa.
Per le stesse ragioni non si pone un problema di compatibilità, rispetto
alla riserva di legge costituzionale relativa alla disciplina di condizioni,
forme e termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale
(art. 137 Cost., comma 1), della ricordata previsione che legittima il
Consiglio di Stato, in sede di emissione del parere sul ricorso straordinario,
a sollevare la questione incidentale di legittimità costituzionale, dal momento
che non è precluso al legislatore ordinario - nel rispetto del divieto di
istituzione di nuovi giudici speciali - di riconoscere o confermare la natura
giurisdizionale di una sede in cui una controversia è dibattuta tra le parti in
contraddittorio ed è decisa da un giudice terzo ed imparziale ai sensi
dell’art. 1 della L cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e dall’art. 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87, art. 23.
Va soggiunto che tale 'revisione' è stata esplicitata dal legislatore con
la normativa recata in materia di contributo unificato dall’art. 37, comma 6,
del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio
2011, n. 111, che, in sede di modifica dell’art. 113, comma 6 bis,
del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115, ha dettato la disciplina del contributo unificato per il ricorso
straordinario, inserendo l’istituto de quo all’interno del
complessivo sistema giudiziario.
4.3. Non ostano alle conclusioni fin qui esposte le considerazioni svolte
nell’ordinanza di rimessione in merito alle persistenti peculiarità che il
rimedio in esame presenterebbe rispetto all’ordinario processo amministrativo,
con precipuo riferimento al perimetro delle azioni esperibili, alle forme di
esplicazione del contraddittorio, alle modalità di svolgimento dell’istruttoria
e al novero dei mezzi di prova acquisibili.
Siffatte peculiarità, lungi dall’implicare il riconoscimento della natura
amministrativa della procedura e dell’atto che la definisce, sono pienamente
coerenti con la volontà legislativa di enucleare un rimedio giurisdizionale
semplificato, in unico grado, imperniato sul sostanziale assenso delle parti.
In questo quadro spetta all’azione interpretativa della giurisprudenza e
all’eventuale percorso riformatore del legislatore individuare il punto di
equilibrio tra l’esigenza di attuazione dei canoni costituzionali ed europei
(art. 1 c.p.a.), in materia di effettività della tutela, di garanzia del pieno
contraddittorio, di diritto alla prova e di diritto ad un processo equo (art. 6
CEDU), e la preservazione dei profili di specialità che connotano, sul piano
ontologico e teleologico, un rito semplificato consensualmente accettato come
strumento semplificato di definizione della res litigiosa.
5. Tanto osservato in merito alla natura giuridica del rimedio, si può ora
passare all’esame del quesito specifico relativo all’individuazione del giudice
competente a pronunciarsi sul ricorso per ottemperanza.
5.1. La questione dell’ ammissibilità del ricorso per ottemperanza dei decreti
di accoglimento di ricorsi straordinari al Capo dello Stato, adottati a seguito
del parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, è stata già
risolta in senso positivo sia dalla giurisprudenza della Corte di cassazione
(per tutte SS.UU. n. 2065 del 28 gennaio 2011) sia dalla successiva
giurisprudenza amministrativa recepita da questa Adunanza (vedi sentenza n.
18/2012 cit), che hanno fatto leva sul rammentato riconoscimento della natura
intrinsecamente giurisdizionale di una procedura culminante in una decisione
caratterizzata, nel regime generale di alternatività, dalla stabilità tipica
del giudicato e, quindi, bisognosa di una tutela esecutiva pienamente
satisfattoria.
Tale indirizzo ha condivisibilmente affermato che il decreto presidenziale,
divenuto definitivo, è assimilabile al giudicato amministrativo e, quindi, è
suscettibile di ottemperanza sulla scorta dei lineamenti normativi enucleati
dagli articoli 112 e seguenti del codice del processo amministrativo.
5.2. Quanto alla questione di competenza, l’articolo 112 del codice del
processo amministrativo, nel dettare le 'disposizioni generali sul giudizio di
ottemperanza', dispone, al comma 2, che l'azione di ottemperanza può essere
proposta per conseguire l'attuazione delle sentenze del giudice amministrativo
passate in giudicato (lett. a), delle sentenze esecutive e degli altri
provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo (lett. b), delle sentenze
passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice
ordinario (lett. c), delle sentenze passate in giudicato e degli altri
provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio
dell'ottemperanza (lett. d) nonché dei lodi arbitrali esecutivi divenuti
inoppugnabili (lett. e).
In maniera corrispondente, il successivo art. 113, nell'individuare il
giudice competente in sede di ottemperanza, dispone che il ricorso si propone,
nel caso di cui all'art. 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha
emesso il 'provvedimento' della cui ottemperanza si tratta (essendo competente
il tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati
in appello con motivazione del tutto conforme) (comma 1), mentre nei casi di
cui all'art. 112, comma 2, lettere c), d) ed e), il ricorso va proposto al
tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice
che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l'ottemperanza (comma 2).
Si delinea così una netta distinzione fra l'ottemperanza di sentenze e
altri provvedimenti del giudice amministrativo (art. 112, comma 2, lett. a) e
b), per i quali è prevista la competenza del giudice amministrativo che ha
emesso la sentenza o il provvedimento, e quella che interessa le sentenze
passate in giudicato, o altri provvedimenti ad esse equiparati, del giudice
ordinario o di altri giudici, nonché i lodi arbitrali divenuti inoppugnabili
(art. 112, comma 2, lett. c), d) ed e)), per i quali è competente il tribunale
amministrativo regionale secondo il criterio di collegamento previsto dall'art.
113, comma 2.
5.2.1. Ebbene, le considerazioni fin qui formulate in merito alla
qualificazione della decisione su ricorso straordinario come decisione di
giustizia inquadrabile nel sistema della giurisdizione amministrativa conducono
al precipitato indefettibile della collocazione del decreto che definisce il
ricorso al Capo dello Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante
del Consiglio di Stato, nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo
di cui alla lettera b) dell'art. 112, comma 2. Ne consegue che il ricorso per
l'ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell'art. 113, comma 1, dinanzi
allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica 'il giudice che ha
emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta' (conf. per tutte,
Cass. sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065 e 15 marzo 2012, n. 2129; Cons. Stato,
Ad. Plen,. 5 giugno 2012, n. 18; sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4638; sez. VI, 10
giugno 2011, n. 3513).
5.2.2. L’assunto è corroborato, sul piano teleologico, dal rilievo che la disciplina
della competenza territoriale fissata dall’art. 113, comma 1, del codice del
processo amministrativo si connota per l’attribuzione al Tribunale
amministrativo regionale della competenza a conoscere dell’attuazione delle
proprie sentenza integralmente confermate, anche sul piano motivazionale, in
appello e per la speculare assegnazione al Consiglio di Stato della cognizione
delle domande finalizzate all’esecuzione delle proprie decisioni che
modifichino il contenuto dispositivo o conformativo della sentenza gravata. Il
criterio di regolazione della competenza è così ispirato al principio secondo
cui il giudice che ha emesso la sentenza è naturaliter il più
idoneo ad assicurare l’ interpretazione della portata effettiva e la
conseguente esecuzione satisfattoria del decisum. Ne consegue che
la locuzione “altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo”,
contenuta nell’art. 112, comma 2, lettera b), del codice del processo
amministrativo, va interpretata attribuendo rilevanza poziore non al profilo
nominalistico dell’imputazione formale dell’atto ma al dato sostanziale della
paternità ideologica della decisione. Va quindi qualificato come provvedimento
esecutivo del giudice amministrativo, ai fini della soluzione del problema di
competenza, la decisione su ricorso straordinario che, nonostante la veste
formale, abbia come unica motivazione il rinvio al contenuto della decisione
giurisdizionale resa dal Consiglio di Stato mediante l’applicazione del diritto
obiettivo in posizione di terzietà e di indipendenza.
5.3. Si deve poi osservare che alla praticabilità della diversa opzione
ricostruttiva volta a qualificare il decreto che definisce il ricorso
straordinario come provvedimento amministrativo equiparato, ai limitati fini
dell’esecuzione ex art. 112, comma 2, lettera c, ad una decisione
giurisdizionale, si oppongono argomenti di carattere letterale e sistematico.
Sul piano letterale, l’articolo 113, in sede di fissazione delle regole
della competenza, si riferisce al giudice che ha emesso la sentenza o il
provvedimento, così presupponendo la natura giurisdizionale della decisione da
eseguire. Il rimedio dell’ottemperanza è, quindi, expressis verbis finalizzato
all’attuazione di statuizioni costituenti esercizio di giurisdizione, pubblica
o privata, mentre esulano dal raggio della sua azione iniziative finalizzate
all’attuazione di determinazioni amministrative.
Si deve soggiungere, sul versante sistematico, che la lettera d) del comma
2 dell’articolo 112, è con evidenza riferita, in via residuale, alle sentenze
ed ai provvedimenti equiparati imputabili a giudici diversi dal giudice
amministrativo e dal giudice ordinario ai quali si riferiscono le lettere
precedenti dello stesso comma.
Risulta pertanto confermata, anche sotto questa angolazione, l’estraneità
al perimetro del giudizio di ottemperanza dell’attività di esecuzione di
provvedimenti amministrativi equiparati, solo a limitati fini, a decisioni
giurisdizionali.
5.4. Giova rinviare alle considerazioni svolte in precedenza (par. 4.1.2.)
al fine di escludere che l’affermazione della competenza, in executivis,
del Consiglio di Stato si ponga in contrasto con il principio costituzionale
del doppio grado di giurisdizione.
Si deve solo aggiungere il riconoscimento della competenza in unico grado
del Consiglio di Stato anche in sede di ottemperanza scongiura l’anomalia
logica della previsione di un giudizio di esecuzione in doppio grado
finalizzato all’attuazione di uno iussum iudicis perfezionatosi
all’esito di un giudizio semplificato in grado unico. Non è d’altronde chi non
veda come una simile aporia contraddirebbe, proprio nella nevralgica fase
dell’esecuzione, le esigenze perseguite dal legislatore mediante la previsione
di un rito speciale e semplificato finalizzato a consentire, nell’accordo tra
le parti, una sollecita definizione della controversia.
6. Alla luce delle considerazioni deve essere dichiarata l’ammissibilità
del ricorso per ottemperanza proposto innanzi al Consiglio di Stato.
Il ricorso va quindi rimesso alla Sezione per l'ulteriore definizione del
giudizio e per la statuizione sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
dichiara il ricorso ammissibile e lo rimette alla Sezione per l’ulteriore
definizione del giudizio e per la statuizione sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA
06/05/2013
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