ADUNANZE PLENARIE:
consorzio tra società cooperative di produzione
e designazione del subaffittuario
(Ad. Plen., sentenza 22 maggio 2013 n. 14
Massima
Se un consorzio tra società cooperative di produzione, costituito
ai sensi della legge 25 giugno 1909, n. 422, ha designato per l’esecuzione dei
lavori una società consorziata, che a sua volta ha indicato quale effettivo
esecutore un imprenditore non consorziato (che non può in quanto tale giovarsi
dei requisiti del consorzio, ai fini della partecipazione alla gara), la
designazione del subaffidatario non ha rilievo e il consorzio può risultare
aggiudicatario di una gara, qualora la sua offerta abbia indicato l’impresa
consorziata esecutrice dei lavori.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11 di A.P. del
2013, proposto da:
Edilerica Appalti e Costruzioni A Rl in proprio ed in qualità Capogruppo Mandataria Costituendo Rti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Nardocci e Silvio Carloni, con domicilio eletto presso Francesco Nardocci in Roma, via Oslavia 14; Rti Mcc Cerone Costruzioni Metalliche S Rl, rappresentato e difeso dagli avv. Silvio Carloni e Francesco Nardocci, con domicilio eletto presso Francesco Nardocci in Roma, via Oslavia 14;
Edilerica Appalti e Costruzioni A Rl in proprio ed in qualità Capogruppo Mandataria Costituendo Rti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Nardocci e Silvio Carloni, con domicilio eletto presso Francesco Nardocci in Roma, via Oslavia 14; Rti Mcc Cerone Costruzioni Metalliche S Rl, rappresentato e difeso dagli avv. Silvio Carloni e Francesco Nardocci, con domicilio eletto presso Francesco Nardocci in Roma, via Oslavia 14;
contro
Universita' degli Studi di Perugia, rappresentata e
difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via
dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Consorzio Nazionale di Cooperative di Produzione e
Lavoro "Ciro Minotti" Scpa, rappresentato e difeso dagli avv. Ti
Roberto Fariselli, Mirca Tognacci e Mario Sanino, con domicilio eletto presso
Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180; Serio Società Cooperativa A Rl,
Moveco Srl;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
A.C.E.R. Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, rappresentata e difesa dall'avv. Riccardo Barberis, con domicilio eletto presso Riccardo Barberis in Roma, via Antonio Pollaiolo 3;
A.C.E.R. Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia, rappresentata e difesa dall'avv. Riccardo Barberis, con domicilio eletto presso Riccardo Barberis in Roma, via Antonio Pollaiolo 3;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA:
SEZIONE I n. 00450/2012, resa tra le parti, concernente procedimento per
l’affidamento dei lavori di restauro e rifunzionalizzazione di un immobile sito
in Perugia di proprietà dell’Università di Perugia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della
Università' degli Studi di Perugia e del Consorzio Nazionale di Cooperative di
Produzione e Lavoro "Ciro Menotti" Scpa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22
aprile 2013 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Carloni,
Nardocci, Sanino e dello Stato Ferrante.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
1. La società Edilerica Appalti e Costruzioni a r.l. e
la società MCC Cerone Costruzioni Metalliche a r.l. hanno preso parte (in
qualità – rispettivamente – di capogruppo mandataria e di mandante di un R.T.I.
costituendo) alla procedura aperta da esperirsi con il metodo del prezzo più
basso indetta dall’Università degli studi di Perugia per l’affidamento dei
lavori di restauro e rifunzionalizzazione di un immobile sito in via della
Tartaruga – Perugia (bando in data 28 marzo 2012).
All’esito delle operazioni di gara, l’amministrazione
aggiudicatrice ha comunicato che il R.T.I. Edilerica si era classificato al
secondo posto, mentre il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro
‘Ciro Menotti’ si era classificato al primo posto (la comunicazione in questione,
resa ai sensi dei commi 2, lettera c) e 5 dell’articolo 79 del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è stata resa con lettera raccomandata del 5
luglio 2012).
2. Il RTI guidato da Edilerica Appalti e Costruzioni
s.r.l. (in seguito Edilerica) ha impugnato l’aggiudicazione dinanzi al TAR
dell’Umbria con ricorso notificato il 27 settembre 2012, ossia 8 giorni dopo la
scadenza del termine di trenta giorni dal ricevimento della suddetta
comunicazione, termine che - tenuto conto della sospensione feriale dei termini
– veniva a scadenza il 19 settembre 2012.
Con riguardo al detto superamento del termine di
legge, Edilerica ha rappresentato che solo a seguito dell’integrale disamina
della documentazione di gara, acquisita solo il 26 luglio 2012, ha potuto
rilevare l’esistenza di vizi nella formulazione dell’offerta da parte del
Consorzio primo classificato i quali, ove correttamente apprezzati, ne
avrebbero dovuto determinare l’esclusione dalla procedura.
In particolare, il vizio nella formulazione
dell’offerta da parte del Consorzio aggiudicatario consisterebbe in ciò, di
avere designato, quale consorziata che avrebbe eseguito i lavori, la Serio soc.
coop. a r.l. e nel fatto che quest’ultima, a propria volta, avesse designato
quale impresa esecutrice la Moveco soc. coop. a r.l., non appartenente al
Consorzio.
3. Con sentenza adottata in forma semplificata ai
sensi dell’articolo 60 del c.p.a. il T.A.R. dell’Umbria ha dichiarato il
ricorso in questione irricevibile, ritenendo che ilterminus a quo per
il computo del termine di impugnativa (pari a trenta giorni, ai sensi del comma
5 dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo) coincidesse con il
momento di ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del medesimo
codice.
Al riguardo i primi Giudici hanno osservato che la
vigente disciplina dell’impugnazione degli atti delle procedure di evidenza
pubblica, recata dall’articolo 120 del ‘codice’, ispirata alla ratio di forte
accelerazione impressa dalle esigenze di adattamento alla Direttiva 2007/66/CE
(costituente il principale criterio ermeneutico nell’applicazione del citato
art. 120), “non consent[e] di ritenere compatibile con il richiamato
dato normativo la richiamata tesi della difesa ricorrente, anche alla luce
dello specifico disposto del comma 7 dello stesso art. 120”.
4.1. La sentenza è stata appellata dalla Edilerica, la
quale ha dedotto che nella materia delle pubbliche gare, il termine per
l’impugnativa non può farsi decorrere dalla mera conoscenza dell’atto oggetto
di impugnativa, bensì dal momento (nel caso di specie, di alcuni giorni
successivo) in cui il soggetto inciso ha potuto apprezzarne la lesività e la
concreta illegittimità (momento che, nel caso in esame, si è verificato solo a
seguito dell’accesso agli atti esperito ai sensi del comma 5-quater
dell’articolo 79 del ‘codice dei contratti’).
L’appellante ha sostenuto che le disposizioni in
materia di termini e modalità di impugnativa (e, segnatamente, l’articolo 120
del c.p.a.) dovrebbero essere lette e interpretate alla luce del pertinente
paradigma comunitario di riferimento (e, segnatamente, dell’articolo 2-quater
della direttiva 89/665/CE, secondo cui il termine previsto dalle singole
legislazioni nazionali per la proposizione del ricorso deve necessariamente
decorrere dalla piena conoscenza da parte dell’interessato dei “motivi
pertinenti” i quali hanno condotto all’aggiudicazione).
Tale tesi sarebbe confortata dall’orientamento della
giurisprudenza comunitaria e del Consiglio di Stato. La giurisprudenza della
Corte di giustizia ha, altresì, sancito l’obbligo per i Giudici nazionali di
disapplicare le disposizioni nazionali le quali si pongano in contrasto con il
principio di diritto comunitario sopra richiamato.
Opinando in senso diverso – si assume - si giungerebbe
alla conseguenza (invero, inammissibile) di far gravare sul partecipante alla
gara un onere particolarmente stringente – quello di impugnare gli atti entro
il ridottissimo termine di 30 giorni, salva la possibilità di proporre motivi
aggiunti – senza porre lo stesso in condizione di disporre di tale termine in
modo pieno ed effettivo, al fine di operare una scelta processuale consapevole,
pur nel limitato tempo a disposizione.
4.2. Nel merito, il R.T.I. appellante ha ribadito il
motivo (già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R. per avere esso
ritenuto assorbente il profilo della tardività del ricorso) secondo cui il
Consorzio nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’ avrebbe
dovuto essere escluso dalla gara per avere illegittimamente designato quale
impresa consorziata che avrebbe eseguito i lavori la soc. Serio soc. coop. a
r.l., mentre questa aveva – a sua volta – designato quale impresa esecutrice la
Moveco soc. coop. a r.l. (che era stata indicata genericamente come ‘associata’
dalla cooperativa Serio).
Secondo l’appellante, il richiamato sistema di
indicazione ‘a cascata’ dell’impresa esecutrice si porrebbe in contrasto con la
disciplina di settore, la quale consente tale tipologia di designazione solo in
caso di consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio. Al
contrario, ciò non sarebbe possibile nel caso, che qui ricorre, in cui una
consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi
quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la soc. Moveco), la
quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né
con la cooperativa Moveco (e che pertanto non potrebbe legittimamente giovarsi,
ai fini della partecipazione alla gara, dei requisiti del Consorzio).
In definitiva, sarebbe stato necessario disporre
l’esclusione dalla gara del Consorzio Ciro Menotti per violazione della
previsione di cui al comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’,
secondo cui “i consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti
ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”.
Con diversa argomentazione, il R.T.I. appellante ha
ribadito il motivo (già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R.
per la ritenuta tardività del ricorso) secondo cui l’Università degli Studi di
Perugia avrebbe operato in modo gravemente illegittimo (e con rilevanti profili
di colposità) per avere difeso il proprio operato con affermazioni ellittiche
ed elusive anche quando l’odierna appellante aveva indicato, attraverso
l’informativa di cui all’articolo 243-bis del ‘codice dei contratti’
l’esistenza di profili di illegittimità connessi all’aggiudicazione e la
propria intenzione di proporre ricorso avverso la stessa.
L’appellante ha, altresì, articolato domanda
risarcitoria finalizzata all’integrale ristoro del danno patito in conseguenza
degli atti illegittimi posti in essere dall’Università degli Studi di Perugia
nell’ambito della complessiva vicenda.
5. Nel giudizio di appello si è costituito il
Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro ‘Ciro Menotti’, il quale
ha concluso nel senso della reiezione dell’appello. In senso opposto ha
concluso A.C.E.R. –Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia,
intervenuta ad adjuvandum.
6. Nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2012
il ricorso è stato trattenuto in decisione, anche al fine di rendere una
decisione in forma semplificata (del che è stata data puntuale comunicazione
alle parti presenti).
All’esito della medesima Camera di consiglio il
Collegio ha reso l’ordinanza cautelare n. 4857/2012 con cui ha accolto
l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe,
impedendo – in particolare – la stipula del contratto con il Consorzio appellato,
ma, avendo rilevato che un punto di diritto sottoposto al suo esame può dar
luogo a contrasti giurisprudenziali, ha deciso di rimettere la decisione del
ricorso all’Adunanza plenaria (comma 1 dell’articolo 99 del c.p.a.)..
7. In particolare sono state sottoposte all’Adunanza
plenaria le seguenti questioni:
I) “Se il quadro normativo nazionale in tema di
impugnativa in sede giurisdizionale degli atti relativi a procedure di
aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica (e, segnatamente, il comma 5
dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato disposto con il comma 2,
lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater dell’articolo 79 del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n, 163) debba essere inteso, anche alla luce della
matrice comunitaria che lo ispira (direttiva 89/665/CE come modificata dalla
direttiva 2007/66/CE), nel senso che il termine di trenta giorni per la
proposizione del ricorso principale:
a) decorre dal giorno della ricezione della
comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di cui al comma 5 dell’articolo
79 del ‘codice dei contratti’ nel solo caso in cui la presunta violazione delle
disposizioni comunitarie e nazionali poste a fondamento del ricorso sia
immediatamente percepibile dal contenuto di tale comunicazione, mentre
b) decorre dal giorno in cui è stato possibile
ottenere integrale accesso agli atti della procedura ai sensi del comma
5-quater del medesimo articolo 79 (e comunque non oltre il decimo giorno dalla
comunicazione di cui al comma 2, lettera c) e di cui al comma 5 del medesimo
articolo) nel caso in cui la presunta violazione non fosse percepibile dal
contenuto della dichiarazione e sia resa palese solo a seguito dell’esperito
accesso agli atti”;
II) (nel caso in cui il tenore delle disposizioni
della cui interpretazione si discute - e, segnatamente, del comma 5
dell’articolo 120 del c.p.a., letto in combinato disposto con il comma 2,
lettera c), con il comma 5 e con il comma 5-quater dell’articolo 79 del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n, 163 – non sia suscettibile dell’interpretazione
dinanzi ipotizzata sub I)) “Se si ritenga compatibile con i princìpi
costituzionali di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale
(articolo 24, Cost.) e con il principio comunitario dell’effetto utile il
quadro normativo nazionale in tema di impugnativa in sede giurisdizionale degli
atti relativi a procedure di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica, per
la parte in cui – per un verso – assoggetta a un termine notevolmente
accelerato l’impugnativa degli atti in questione e – per altro verso –
determina una ulteriore, sostanziale, riduzione dei termini per l’impugnativa
nelle ipotesi in cui la presunta violazione non sia direttamente percepibile
dal contenuto della dichiarazione di cui al richiamato articolo 79 e sia resa
palese solo a seguito dell’esperito accesso agli atti (in tal modo ponendo a
carico del soggetto ricorrente lo sfavorevole effetto processuale
dell’ulteriore riduzione del termine effettivamente a disposizione ai fini
dell’impugnativa e per un numero di giorni pari a quello necessario per avere
piena conoscenza degli atti della gara possibile oggetto di impugnativa e dei
relativi profili di illegittimità)”.
8. La Sezione remittente non ha mancato di esprimere
il proprio avviso sulla soluzione del primo quesito.
Ha infatti osservato che, contemperando l’orientamento
della Corte di Giustizia, la quale ipotizza una sorta di “proroga [del] termine
di ricorso” jussu judicis al fine di consentire il conseguimento dell’effetto
utile da parte della disposizione processuale di matrice comunitaria ( III
Sezione, 28 gennaio 2010 in causa C-406/08 (Uniplex)) con l’evidente ratio di
concentrazione ed accelerazione sottesa alla previsione di diritto interno in
tema di termine decadenziale d’impugnativa e di accesso agli atti di gara (in
particolare: comma 5-quater dell’articolo 79 del ‘Codice dei contratti’), il
punto di equilibrio fra le richiamate esigenze possa essere individuato in una
lettura del complessivo quadro normativo tale, per cui il dies a quo per il decorso
del termine decadenziale d’impugnativa sia posticipato sino a decimo giorno
dalla comunicazione di aggiudicazione ex art. 79, cit. (ossia al momento in cui
il concorrente, agendo in modo diligente, potrà aver avuto conoscenza integrale
della documentazione di proprio interesse, attivando le modalità semplificate
di accesso agli atti di cui al medesimo comma 5-quater).
Ciò, tuttavia, dovrebbe essere possibile a due
condizioni:
a) che, effettivamente, il profilo di illegittimità
lamentato in sede di impugnativa non fosse in alcun modo desumibile dal tenore
della comunicazione di cui all’articolo 79;
b) che il richiamato termine di dieci giorni
(aggiuntivo rispetto a quello di trenta giorni per la proposizione
dell’impugnativa ai sensi dell’articolo 120, comma 5 del c.p.a.) dovrebbe
essere corrispettivamente ridotto nelle ipotesi in cui, esperito l’accesso agli
atti della gara, la pertinente documentazione sia stata resa disponibile in un
termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni di cui al più volte
richiamato comma 5-quater.
9. Con riguardo alle censure di merito, la Sezione si
è espressa per la fondatezza del primo motivo di appello, considerando che il
comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’ (secondo cui “i consorzi di
cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti ad indicare, in sede di
offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”) sembra ammettere la
richiamata tipologia di designazione solo in caso di consorzio il quale – a
propria volta – designi un altro consorzio e non anche nell’ipotesi, che qui
ricorre, in cui una consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la
soc. Serio) indichi quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la
soc. Moveco), la quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio
Ciro Menotti, né con la cooperativa Moveco.
Dinanzi all’Adunanza Plenaria hanno presentato memorie
Edilerica e l’interveniente ad adjuvandum Associazione dei costruttori edili di
Roma e Provincia.
10. Alla camera di consiglio del 22 aprile 2013 la
causa è stata trattenuta in decisione.
1.1. Il Collegio ritiene di non dover affrontare il
motivo di appello concernente la statuizione di inammissibilità del ricorso di
primo grado per due ordini di ragioni.
In primo luogo, i motivi di merito proposti
dall’appellante non sono fondati, come si vedrà in seguito, e tale circostanza,
secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, produce
l’assorbimento dei motivi di rito, salvo che sia dedotto il difetto di
giurisdizione.
1.2. In secondo luogo, sebbene, ai sensi dell’art. 99,
comma 5, del c.p.a. l’Adunanza Plenaria possa enunciare il principio di diritto
nell’interesse della legge anche in caso di ricorso irricevibile, inammissibile
o improcedibile, il Collegio, nella specie, non ritiene di avvalersi della
detta facoltà.
Nelle more del giudizio, infatti, con ordinanza 23
marzo 2013 n. 427, il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione
di Bari, ha rimesso alla Corte di Giustizia delle C.E, i seguenti quesiti
interpretativi ai sensi dell’art. 267 del Trattato istitutivo:
A) “Se gli artt. 1, 2-bis, 2-quater e 2-septies della
direttiva 1992/13/CEE vadano interpretati nel senso che il termine per proporre
un ricorso, diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di
aggiudicazione di appalti pubblici, decorra dalla data in cui il ricorrente ha
conosciuto, o avrebbe dovuto conoscere secondo l’ordinaria diligenza,
l’esistenza della violazione stessa”;
B) “Se gli artt. 1, 2-bis, 2-quater e 2-septies della
direttiva 1992/13/CEE ostano a disposizioni processuali nazionali ovvero a
prassi interpretative, quali quelle enunciate nella causa principale, che
consentono al giudice di dichiarare irricevibile un ricorso diretto a far
accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti
pubblici, quando il ricorrente è venuto a conoscenza della violazione dopo la
formale comunicazione degli estremi del provvedimento di aggiudicazione
definitiva, per la condotta tenuta dall’Amministrazione aggiudicatrice.
E’ agevole constatare che le questioni proposte dal
TAR Puglia si sovrappongono a quelle sollevate dall’ordinanza di rimessione qui
in esame, e pertanto appare inopportuna l’enunciazione di un punto di diritto
su problematica coinvolgente fonti comunitarie mentre è atteso il dictum della
Corte competente ad enunciarne l’interpretazione autentica e vincolante.
2. Il principale motivo di merito proposto da
Edilerica, mandataria del raggruppamento secondo classificato, tende
all’accertamento dell’illegittimità della mancata esclusione del Consorzio
Nazionale di Cooperative di Produzione e Lavoro “Ciro Menotti”, cui si addebita
di aver presentato una offerta nella quale ha designato quale impresa
consorziata che avrebbe eseguito i lavori la soc. Serio soc. coop. a r.l.,
mentre questa aveva – a sua volta – ha indicato quale impresa esecutrice la
Moveco soc. coop. a r.l. (che era stata indicata genericamente come ‘associata’
dalla cooperativa Serio).
Secondo l’appellante, il sistema di indicazione ‘a
cascata’ dell’impresa esecutrice si porrebbe in contrasto con la previsione di
cui al comma 7 dell’articolo 37 del ‘Codice dei contratti’, secondo cui “i
consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b) sono tenuti ad indicare,
in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”. Si richiama
l’avviso dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, espresso con
deliberazione del 10 gennaio 2007, secondo cui la citata disciplina di settore
consentirebbe tale tipologia di designazione “a cascata” solo in caso di
consorzio il quale – a propria volta – designi un altro consorzio. Al
contrario, ciò non sarebbe possibile nel caso, che qui ricorre, in cui una
consorziata (che non è essa stessa un Consorzio, come la soc. Serio) indichi
quale impresa esecutrice una semplice associata (quale la soc. Moveco), la
quale non è legata da un rapporto organico né con il Consorzio Ciro Menotti, né
con la cooperativa Moveco (e che pertanto non potrebbe legittimamente giovarsi,
ai fini della partecipazione alla gara, dei requisiti del Consorzio).
Si osserva inoltre che l’esecuzione dei lavori da
parte di Moveco non sarebbe riconducibile neppure all’istituto
dell’avvalimento, in quanto Moveco non può assumere la posizione di impresa
ausiliaria, non essendo stati posti in essere tutti gli adempimenti di cui
all’art. 49 del codice dei contratti, finalizzati ad escludere ogni ipotesi di
aleatorietà nel rapporto tra le due imprese.
Sarebbe inoltre da respingere la tesi, sostenuta
dall’Università degli studi di Perugia già in sede di risposta all’informativa
inviata da Edilerica ai sensi dell’art. 243-bis del codice dei contratti,
secondo cui al consorzio aggiudicatario di un appalto sarebbe riconosciuta la
facoltà di indicare una nuova impresa nell’ipotesi in cui per motivi sopravvenuti
l’impresa originariamente designata non si trovi nelle condizioni di svolgere
la prestazione. Si sostiene che nella specie non si verte in ipotesi di motivi
sopravvenuti, ma di vizio originario dell’offerta a causa dell’indicazione “a
cascata” dell’impresa incaricata di eseguire i lavori, con conseguente
violazione del principio della par condicio dei concorrenti
3.1. Il Collegio osserva che le argomentazioni
dell’appellante sono in parte condivisibili, ma non consentono di pervenire
all’accoglimento del motivo dedotto.
Il Consiglio di Stato, con sentenza della Sezione VI
del 22 giugno 2007 n. 3477, ma con richiamo ad altro precedente (Sez. VI, 21
aprile 1983 n. 2183), sia pure pronunciata con riferimento alla disciplina di
cui all’art. 13, comma 4, della legge n. 109 del 1994, ora riprodotta dall’art.
37, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006, ha avuto occasione di esaminare il
problema della legittimità della designazione di secondo grado, o “a cascata”,
che si verifichi quando alla gara per l’affidamento di lavori pubblici
partecipi un consorzio tra società cooperative di produzione e lavoro
costituito a norma della legge 25 giugno 1909 n. 422.
Anche nelle vicende che hanno formato oggetto delle
pronunce richiamate era accaduto che la società consorziata indicata per
l’esecuzione dei lavori dal consorzio aggiudicatario, anziché provvedervi
direttamente, aveva affidato le opere ad un diverso imprenditore non
consorziato né legato al consorzio da alcun diverso rapporto.
La detta giurisprudenza ha affermato la non conformità
alla legge della designazione di secondo grado, rilevando che l’art. 13, comma
4, della legge n. 109 del 1994 (ora art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 106 del
2006), al fine di salvaguardare una specifica categoria di imprese e di incentivare
la mutualità, ha inteso assegnare rilievo funzionale solo al rapporto organico
che lega il Consorzio concorrente alle imprese o altri consorzi in esso
direttamente consorziati e che ne costituiscono, come detto, una sorta di
interna corporis (sicché l’attività compiuta dai soggetti consorziati è
imputata organicamente al Consorzio concorrente, come unico ed autonomo centro
di imputazione e di riferimento di interessi); ma non anche al rapporto, di
secondo grado, che finirebbe per collegare il Consorzio aggiudicatario ad un
soggetto terzo (ancorché preventivamente designato, in sede di gara, dalla
società chiamata ad eseguire i lavori dal Consorzio concorrente, poi risultato
aggiudicatario), che con il primo ha solo un rapporto mediato dall’azione di un
altro soggetto (che, tra l’altro, come si ripete, neppure risulta dotato, nella
specie, almeno stando a quanto emerge dagli atti versati in giudizio, delle
prescritte categorie d’iscrizione), associato a quello designato
dall’aggiudicatario.
In tal modo il Consorzio aggiudicatario finirebbe per
avvalersi, invero, dell’attività svolta da un soggetto terzo rispetto al
medesimo e non da esso direttamente designato come esecutore dei lavori.
Di fatto, la potestà assegnata dal legislatore al
Consorzio concorrente di designare, sulla base di un ordinario rapporto di
fiducia, l’impresa - ad esso consorziata - quale materiale esecutrice delle
opere verrebbe a trasferirsi sul soggetto a tal fine designato dal Consorzio
concorrente; ciò che il legislatore non ha inteso consentire allorché, con il
citato art. 13, comma 4, della legge n. 109/1994, ha eccezionalmente previsto
che i Consorzi di cui si tratta indichino, nell’offerta, per quali loro
consorziati essi concorrano e non ha, invece, esteso anche ai soggetti
(eventualmente costituiti in forma consortile) così designati di indicare, a
loro volta, a cascata, i propri consorziati chiamati ad eseguire i lavori
stessi.
Trattandosi, inoltre, di situazione eccezionale, non
direttamente disciplinata dal legislatore, la stessa amministrazione, nel
silenzio della norma, verrebbe a trovarsi in una situazione di obiettiva
incertezza in merito all’esercizio delle proprie potestà operative nei
confronti del soggetto beneficiario dell’affidamento di secondo grado di cui si
tratta e, in particolare, in ordine alla verifica di sussistenza o meno, in
capo ad essa impresa sub-designata, di tutti i requisiti di legge che
legittimano l’applicabilità della disciplina speciale e di favore di cui si è
detto.
Questa consente, in definitiva, al Consorzio
concorrente ed aggiudicatario di avvalersi delle prestazioni di un’impresa
cooperativa in esso associata e specificamente designata in sede di gara; e, in
tal caso, l’impresa indicata può eseguire i lavori pur essendo priva, per le
ragioni dianzi indicate, dei requisiti di qualificazione tecnica; ma non anche,
a quest’ultima, di avvalersi di un’ulteriore impresa – a sua volta, in essa
associata - altrimenti potendosi innescare un meccanismo di designazioni a
catena destinato a beneficiare non (secondo la ratio legis) il Consorzio
concorrente e le imprese cooperative in esso associate, ma, in ipotesi (come
nel caso di specie) anche soggetti terzi, non concorrenti direttamente alla
gara, né in questa puntualmente designati, secundum legem, dal concorrente
risultato aggiudicatario, quali materiali esecutori dei lavori.
Il riferito orientamento merita di essere confermato
non ravvisandosi ragioni che ne inficino la fondatezza. Ne consegue che va
condivisa la tesi dell’appellante circa la illegittimità della designazione
effettuata dalla consorziata Società Cooperativa Serio r.s.l. in favore della
Moveco s.r.l. ai fini dell’esecuzione dei lavori in gara.
3.2. Ad avviso dell’appellante la rilevata
illegittimità della designazione di secondo grado avrebbe dovuto condurre alla
esclusione dalla gara del Consorzio aggiudicatario.
La tesi non merita adesione, dovendosi invece
accogliere le argomentazioni difensive dell’Università degli Studi di Perugia e
del Consorzio aggiudicatario, che hanno fatto leva sulle motivazioni esposte
nelle sentenze sopra richiamate.
Si è osservato, infatti, che il consorzio fra società
di cooperative di produzione e di lavoro costituito a norma della legge 25
giugno 1909, n. 422, può partecipare alla procedura di gara utilizzando i
requisiti suoi propri e, nel novero di questi, facendo valere i mezzi nella
disponibilità delle cooperative che costituiscono, ai fini che qui rilevano,
articolazioni organiche del soggetto collettivo, ossia suoi interna corporis.
Il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella
incaricata dell’esecuzione dei lavori, infatti, è tale che l’attività compiuta
dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo
centro di imputazione e di riferimento di interessi, per cui, diversamente da
quanto accade in tema di associazioni temporanee e di consorzi stabili, la
responsabilità per inadempimento degli obblighi contrattuali nei confronti
della p.a. si appunta esclusivamente in capo al consorzio senza estendersi, in
via solidale, alla cooperativa incaricata dell’esecuzione.
D’altronde, una diversa opzione ermeneutica che, in
assenza di qualsiasi referente normativo in tale direzione, considerasse
l’offerta di un consorzio radicalmente invalida a causa della indicazione di
secondo livello operata dalla consorziata, si porrebbe in chiara distonia con
la ratio che sorregge la costituzione di detti consorzi e che si spiega con il
favore del legislatore per l’incentivazione della mutualità, favorendo, grazie
alla sommatoria dei requisiti posseduti della singole imprese, la
partecipazione a procedure di gara di cooperative che, isolatamente
considerate, non sono in possesso dei requisiti richiesti o, comunque, non
appaiono munite di effettive chances competitive.
In conformità al ricordato orientamento
giurisprudenziale, è da ritenere, pertanto, che l’indicazione di una
sub-affidataria dei lavori non sia ammissibile, per le ragioni esposte sopra, e
tuttavia che tale operazione vitiatur sed non vitiat, nel senso che
non impedisce di conservare legittimamente l’aggiudicazione in capo al
Consorzio, purché questo abbia provveduto – come in effetti è avvenuto - ad
indicare in sede di offerta l’impresa consorziata da cui sarebbero stati
eseguiti i lavori stessi. E’ questo, infatti, l’unico specifico adempimento
imposto dall’art. 37, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006, con conseguente
irrilevanza dei comportamenti posti in essere sul punto dalla consorziata
designata.
3.3. A corollario del precedente assunto, la
giurisprudenza citata ha inoltre affermato che al Consorzio aggiudicatario va
riconosciuta la facoltà di indicare, quale esecutore, una diversa propria
consorziata, ove, per motivi sopravvenuti, la prima designata non sia in
condizione di svolgere compiutamente la prestazione. Le parti resistenti nel
presente giudizio si sono richiamate alla detta proposizione per contrastare le
tesi dell’appellante.
L’appellante, sul punto, ha dedotto in primo grado,
con censura assorbita, e riproposto in appello:
1) che la facoltà riconosciuta al Consorzio di
effettuare una seconda designazione si risolverebbe in una palese violazione
del principio della par condicio tra le concorrenti, consistendo in una
modificazione dell’offerta per evitare la sanzione dell’esclusione;
2) che l’invocata giurisprudenza ha ammesso bensì la
possibilità per il Consorzio aggiudicatario di effettuare una seconda scelta
della società incaricata dell’esecuzione dei lavori, ma solo nel caso che
sopraggiungano ragioni che impediscano l’esecuzione dei lavori da parte
dell’impresa originariamente indicata, mentre nella fattispecie tale evenienza
non si sarebbe verificata, versandosi in ipotesi vizio ostativo “genetico”
dell’offerta, a causa della illegittima designazione a cascata.
3.4. Le dette doglianze si rivelano improcedibili per
difetto di interesse.
Il principio, qui ribadito, secondo cui la
designazione della sub-affidataria cade ma non rende illegittima l’offerta del
Consorzio, comporta che designata per l’esecuzione dei lavori rimanga la consorziata
originariamente indicata dal Consorzio stesso, ossia la Serio s.r.l., e nulla
impedisce che sia appunto la designata originaria ad eseguire l’appalto. Né
risulta che il Consorzio abbia esercitato la contestata facoltà di effettuare
una seconda scelta.
Può aggiungersi, tuttavia, per completezza, che la
designazione di una diversa consorziata per l’esecuzione dei lavori costituisce
un atto doveroso ma estraneo all’offerta presentata dal Consorzio, che rimane
immutata, sia sotto il profilo dei requisiti di partecipazione, di cui il
concorrente ha dimostrato di disporre in proprio, sia sotto i profili
progettuali e dell’entità economica, e pertanto non è ravvisabile alcuna
violazione della par condicio.
5.Il rigetto dell’appello nel merito conduce al rigetto
della domanda risarcitoria.
6. Sussistono valide ragioni per disporre la
compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di
primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 22 aprile 2013 [...].
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2013
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
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