lunedì 12 agosto 2013

ADUNANZE PLENARIE: la competenza del TAR Lazio sull'atto ministeriale che ha incluso un Comune nell’elenco degli enti inadempienti al Patto di stabilità (Ad. Plen., ordinanze 7 maggio 2013 nn. 11 e 12).


ADUNANZE PLENARIE: 
la competenza del TAR Lazio 
sull'atto ministeriale 
che ha incluso un Comune 
nell’elenco degli enti inadempienti al Patto di stabilità (Ad. Plen., ordinanze 7 maggio 2013 nn. 11 e 12)


Massima

1.  Sussiste la competenza del TAR Lazio nel caso di impugnazione dell’atto del Ministero che ha incluso un Comune nell’elenco degli enti inadempienti al patto di stabilità, e da sanzionare ai sensi dell’art. 7 del d.lgs n. 149 del 2011 con la riduzione dei trasferimenti di risorse statali, poiché l’atto produce effetti non solo nei confronti del medesimo Comune, ma anche nei confronti delle altre amministrazioni coinvolte nella distribuzione delle risorse resesi disponibili.

2. Il Consiglio di Stato, qualora all’esito di un regolamento di competenza ravvisi l’incompetenza del TAR adito che abbia accolto una domanda cautelare, non si può contestualmente pronunciare in grado d’appello sulla fondatezza della medesima domanda, poiché si applica la regola di cui all’art. 15, comma 7, del codice del processo amministrativo, per il quale la misura cautelare disposta dal TAR dichiarato incompetente perde effetti col decorso di 30 giorni dalla pubblicazione della ordinanza del Consiglio di Stato, salva la sua riproponibilità dinanzi al TAR individuato come competente.


Ordinanze (gemelle) per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso (per regolamento successivo di competenza) r.g.n. 12/2013/Ad. pl., proposto dal Ministero dell'interno e dal Ministero dell'economia e delle finanze, in persona dei rispettivi ministri in carica, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, in persona del sindaco in carica, n.c.; 
per regolamento di competenza
in rapporto all'ordinanza cautelare del T.a.r. Sicilia, Catania, sezione III, n. 1180/2012, resa tra le parti e concernente un regolamento di competenza su istanza di parte, in tema d’inserimento nell' elenco dei comuni inadempienti per il mancato rispetto del patto di stabilità.

Visto il regolamento di competenza chiesto dai due Ministeri di cui in epigrafe.
Visti tutti gli atti di causa e le memorie difensive.
Visti gli artt. 15 e 16, c.p.a..
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2013, il Consigliere di StatoAldo SCOLA ed udito, per i due Ministeri attuali ricorrenti, l’avvocato dello Stato Wally Ferrante.

I) Entrambi i Ministeri coinvolti - difesi dall’Avvocatura generale dello Stato - presentavano ricorso per regolamento di competenza ex art. 13, c.p.a., ricordando come l’art. 77-bis, d.-l. n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, avesse introdotto nell’ordinamento il principio del c.d. patto di stabilità interno, contemplante sanzioni per i comuni eventualmente inosservanti nel triennio 2008/2011; come la legge n. 42/2009 avesse delegato al Governo una serie di decreti attuativi del federalismo fiscale; come fosse sopraggiunto il d.lgs. n. 149/2011 (in particolare, con il suo art. 13), confermante (in attuazione degli artt. 2, 17 e 26, cit. legge n. 42/2009) le previsioni sanzionatorie e premiali concernenti regioni, province e comuni, non dissimili da quelli di cui al cit. art. 77-bis, d.-l. n. 112/2008, mediante una procedura pattizia munita di clausola di cedevolezza, per i casi d’inadempienza degli enti interessati ex art. 27, legge n. 42/2009: onde, già nell’anno 2011, con decreti ministeriali 24 novembre e 12 dicembre di tale anno, si erano sanzionati taluni enti locali trasgressori, anche in Sicilia (es.: Monreale), come pure accaduto nell’anno 2012, con d.m. di concerto Interno-Finanze 26 luglio 2012 n. 62257, adottato previe note ministeriali Finanze 19 giugno 2012 n. 52868 e 17 luglio 2012 n. 62530.
II) Il comune coinvolto nella vicenda veniva, in particolare, sanzionato per complessivi euro 304.694,00, ex art. 7, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 149/2011, in base alla certificazione comunale prodotta ex art. 1, comma 110, legge 13 dicembre 2010 n. 220 (legge di stabilità 2011: anno della riscontrata inosservanza, sanzionata con la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio in misura differenziale tra risultato raggiunto ed obiettivo programmatico predeterminato e, comunque, non superiore al 3% delle entrate correnti di cui al rendiconto di bilancio anno 2010, non applicandosi per l’anno 2011 la modificazione di cui all’art. 4, comma 12-bis, d.-l. 2 marzo 2012 n. 12, convertito in legge 26 aprile 2012 n. 44, riducente il fondo sperimentale in misura pari alla differenza tra risultato ottenuto ed obiettivo prefissato).
Seguivano modificazioni al cit. d.m. 26 luglio 2012, tramite il d.m. 25 settembre 2012, previa nota 19 settembre 2012 n. 76458 della Ragioneria generale dello Stato.
III) I due Ministeri ricorrenti per regolamento di competenza (attualmente divenuto solo successivo) eccepivano come, nella specie, si fossero ecceduti i limiti infraregionali dell’efficacia dei discussi provvedimenti, tenuto anche conto degli inevitabili riflessi di quelli sanzionatori su quelli premiali (previsti per gli enti virtuosi, che si sono visti ridurre gli obiettivi - per detto anno 2011, ma lo si prevede pure per l’anno 2013 - in ragione di euro 1.388.343,00 per le province ed euro 10.038.090,00 per i comuni, con effetto per l’intero territorio nazionale); in casi analoghi, tale ravvisata interdipendenza avrebbe indotto il T.a.r. per il Lazio a ritenersi territorialmente competente ed a respingere l’istanza cautelare ministeriale (cfr. ordinanze n. 4133/2012, n. 4140/2012, n. 4633/2012 e n. 4638/2012, enuncianti princìpi confermati in appello con ordinanze n. 59, n. 60 e n. 50 del 2013 del Consiglio di Stato, valorizzanti l’interesse della p.a. ad evitare rielaborazioni contabili e ridistribuzione di risorse finanziarie tra i comuni interessati), in rapporto alla ritenuta palese inammissibilità del ricorso introduttivo, per l’omessa sua notificazione ad almeno un comune controinteressato, alla luce delle ripercussioni prevedibili relativamente a tutti gli enti virtuosi del Paese (ex patto di stabilità e crescita tra gli Stati dell’U.e., di cui all’art. 104, trattato dell’Unione, ed al regolamento n. 1467/1997 del Consiglio: v. “considerando n. 21” ed art. 4, comma 2, di quest’ultimo, in riferimento anche alle sanzioni europee previste per gli Stati inadempienti).
IV) Nella specie, dall’accoglimento del presente ricorso scaturirebbe automaticamente la caducazione dell’efficacia dell’impugnata ordinanza cautelare di accoglimento del T.a.r. di Catania, nel caso di rigetto del medesimo invece impugnabile dinanzi al C.g.a. R.S. (cfr. Cons. St., Ad. pl., ordinanza n. 37/2012, resa su ricorso per regolamento di competenza proposto avverso un’ordinanza del T.a.r per la Sicilia recante rigetto della domanda cautelare, poi riformata dal C.g.a. mediante accoglimento in sede d’appello); esigenze di economia processuale (ex art. 111, Cost.) indurrebbero a ritenere che questo Consiglio di Stato possa pronunciarsi anche sulla richiesta cautelare, altrimenti riproponibile dinanzi al T.a.r. per il Lazio, Roma (ex art. 15, comma 9, c.p.a.), la cui pronuncia risulterebbe nuovamente impugnabile dinanzi allo stesso Consiglio.
V) Nella fattispecie, secondo i Ministeri ricorrenti, mancherebbero i presupposti (fumuse pregiudizio, non essendo mancato il tempo per reperire le risorse finanziarie resesi necessarie) invece ritenuti sussistenti dal T.a.r. di Catania, in base ad un’erronea interpretazione della sentenza n. 178/2012 della Corte cost., resa in tema di libertà di sistemi contabili ed ininfluente nella specie, concernente profili sanzionatori (al di fuori di ogni prospettabile eccesso di delega): cfr. Corte cost., sentt. n. 118/2012 e n. 169/2007, in rapporto agli artt. 5, 76, 117, 119 e 120, Cost.; infatti, le due Regioni Sicilia e Sardegna non esercitano funzioni in tema di finanza locale e si sottraggono alla prevista disciplina pattizia, in relazione a decreti adottati non ex art. 7, comma 2, lett. a), e comma 4 (reso retroattivo ed integrante criteri generali di coordinamento della pubblica finanza, mediante ridimensionamento della riduzione dei trasferimenti erariali - comminabili agli enti trasgressori - dal 5% dei contributi ordinari al 3% delle entrate correnti di cui all’ultimo consuntivo), ma ex art. 13, secondo periodo, d.lgs. n. 149/2011, pure prima del quale l’eventuale violazione del patto di stabilità risultava sanzionabile (ex art. 1, legge ordinaria n. 689/1981, come tale derogabile da successive leggi ordinarie, tanto più se recanti sanzioni meno gravi: cfr. Cons. St., sezione I, parere n. 3618/2011, recante determinazione di rigetto del ricorso dell’ente locale interessato, con assorbimento della connessa istanza cautelare).
VI) Il comune intimato non si costituiva in giudizio ed il ricorso per regolamento di competenza, assegnato a questa Adunanza plenaria, passava in decisione, all’esito dell’apposita udienza in camera di consiglio, dopo il deposito di una memoria difensiva dell’Avvocatura generale dello Stato, in cui i due Ministeri ricorrenti citavano un precedente specifico di questa Adunanza plenaria (cfr. ordinanza n. 6/2013), recante accoglimento del proposto regolamento successivo di competenza, con contestuale declaratoria d’inammissibilità dell’appello proposto avverso l’ordinanza cautelare di accoglimento resa dal T.a.r. di Catania (su istanza del Comune di Messina).
VII) Il presente contenzioso s’iscrive nell’ambito della disciplina relativa al c.d. patto di stabilità interno, oggetto di una normativa molto articolata e complessa, frutto di diversi interventi legislativi traenti origine dal regolamento U.e. n. 1467/1997 (noto anche come “patto di stabilità e crescita”), con il quale lo Stato italiano si è impegnato con l’Unione europea ad una progressiva riduzione del proprio debito, nel rispetto distandard e cadenze predeterminati.
Al rispetto di tale impegno comunitario sono chiamati a concorrere anche le regioni e gli enti locali, ai quali con una pluralità di norme interne direttamente attuative del suindicato accordo sono stati imposti obiettivi, periodicamente rideterminati a livello dello Stato centrale, di riduzione della spesa: ciò è avvenuto anzitutto con l’art. 77-bis, d.-l. 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008 n. 133, le cui previsioni sono state poi riprese, modificate ed integrate con vari interventi successivi (per quanto attiene all’anno 2011, si fa riferimento alla legge di stabilità 13 dicembre 2010 n. 220).
Per quanto qui rileva, è stato introdotto un meccanismo sanzionatorio e premiale nei confronti di regioni, province e comuni per cui si accerti, rispettivamente, il mancato rispetto ovvero l’osservanza degli obiettivi di contenimento come sopra determinati: ciò si attua nel primo caso con la riduzione dei trasferimenti di risorse dallo Stato agli enti locali, e nel secondo caso attraverso un equilibrato allentamento dei vincoli imposti alla spesa ed una rideterminazione in melius dei livelli ed obiettivi che tali enti sono tenuti a rispettare per l’anno finanziario di riferimento.
Sul ceppo di questa disciplina si è poi innestata la normativa in materia di federalismo fiscale di cui alla legge 5 maggio 2009 n. 42, fra l’altro contenente una delega in attuazione della quale è stato adottato il già citato d.lgs. n. 149/2011, disciplinante appunto i “meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009 n. 42”.
Sempre per quanto qui rileva, l’art. 7 di detto decreto stabilisce le conseguenze del mancato rispetto del patto di stabilità interno e, specificamente, la lett. a) del comma 2 di detto articolo contempla l’irrogazione di sanzioni ai comuni inadempienti, concretantisi nella riduzione dei trasferimenti di risorse statali: in via generale, si ha una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo di cui rispettivamente agli artt. 2 e 13, d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23 (a sua volta adottato in attuazione della legge n. 42/2009, per disciplinare i trasferimenti di parte del gettito fiscale dallo Stato alle regioni ed agli enti locali nelle more dell’entrata a regime delfederalismo fiscale), in misura pari alla “differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato”; per le Regioni Sardegna e Sicilia, cui non si applica la disciplina dei fondi suindicati, in base alla stessa lettera come modificata dalla legge 12 novembre 2011 n. 183, le sanzioni si sostanziano nella riduzione dei trasferimenti erariali (in effetti, la previsione dell’art. 7 trova applicazione anche nelle regioni a statuto speciale, a norma dell’art. 13, stesso d.lgs. n. 149/2011, a causa del mancato perfezionamento della procedura pattizia che, in base all’art. 27, legge delega, avrebbe dovuto introdurre un diverso e specifico meccanismo di sanzioni e premialità).
Ciò premesso, i provvedimenti impugnati [decreto del 26 luglio 2012 del capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno e note, citate nel decreto anzidetto, n. 52868 del 19/6/2012 e n. 62530 del 17/7/2012 del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato-Ministero dell’economia e delle finanze] dinanzi al T.a.r. di Catania concernono proprio l’inclusione del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto tra quelli da sanzionare ai sensi della citata lett. a) del comma 2 dell’art. 7: in particolare, la Ragioneria generale dello Stato, all’esito dell’esame della certificazione del saldo finanziario in termini di competenza trasmessa dall’amministrazione comunale, ha inserito tale comune nell’elenco degli enti inadempienti al patto di stabilità interno per l’anno 2011; conseguentemente, lo stesso ente locale risulta ricompreso tra quelli sanzionati con il censurato decreto del 26 luglio 2012, con specifica quantificazione della relativa sanzione (oltre a quelle ulteriori previste dal medesimo art. 7).
Orbene, premessa l’evidente natura di atti plurimi di quelli impugnati (che, in effetti, in questa sede sono stati censurati per la sola parte d’interesse del comune coinvolto), questa Adunanza plenaria condivide l’avviso della difesa erariale secondo cui le ricadute, pur estremamente rilevanti, che tali atti hanno nei confronti del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto non esauriscono gli “effetti diretti” che essi producono, ai fini della determinazione della competenza territoriale ex art. 13, comma 1, c.p.a..
Ed invero, certamente l’irrogazione delle sanzioni ha un’immediata incidenza sulle finanze del comune attuale ricorrente che, per effetto della riduzione dei trasferimenti erariali, dovrà rivedere tutta la propria politica finanziaria, modificando le previsioni di spesa per servizi ed investimenti e le determinazioni in materia di assunzione e stabilizzazione di personale dipendente.
Tuttavia, non può sottacersi che le predette sanzioni costituiscono parte di una manovra finanziaria polivalente ma unitaria, le cui ripercussioni sulla finanza pubblica statale non potrebbero mai qualificarsi come effetti indiretti non rilevanti ai fini suindicati.
In primo luogo, la stessa esistenza del patto di stabilità interno – come già accennato – deriva dagli impegni che lo Stato italiano ha assunto in sede europea per la riduzione ed il contenimento del debito pubblico, impegni la cui violazione esporrebbe a sua volta l’Italia a conseguenze e sanzioni sul piano comunitario, indipendentemente dall’ascrivibilità della violazione stessa alle regioni o ad altre sue articolazioni territoriali interne; d’altra parte, il principio del necessario concorso di regioni ed enti locali al conseguimento degli obiettivi di bilancio imposti dai vincoli ed impegni assunti al livello dell’Unione europea è oggi elevato a rango costituzionale dall’art. 119, comma 1, Cost., come modificato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1 (ancorché tale previsione non sia nella specie applicabile, essendone prevista l’efficacia a partire dall’esercizio finanziario 2014).
In secondo luogo, è del tutto evidente che l’individuazione di un minor importo di risorse finanziarie da trasferire ai sensi della normativa sul federalismo fiscale incide direttamente sul complessivo equilibrio finanziario dello Stato, sotto il profilo della generale disponibilità di risorse da destinare agli altri obiettivi della più generale politica economica e finanziaria.
Infine, è vero anche che esiste una correlazione tra l’entità delle sanzioni irrogate agli enti inadempienti e l’importo complessivo delle premialità da riconoscere, atteso che l’art. 1, comma 122, citata legge n. 220/2010, stabilisce che le seconde siano determinate commisurandole agli “effetti finanziari derivanti dall’applicazione delle sanzioni”: tale disposizione, la cui ratio palesemente si estrinseca nell’esigenza di evitare che l’attribuzione dei benefici agli enti in regola si traduca a sua volta nel mancato rispetto degli equilibri generali imposti alla finanza statale, costituisce conseguenza e conferma dei più generali rilievi testé svolti in ordine all’unitarietà della manovra finanziaria ed all’inscindibilità degli effetti che questa produce non solo sul comune interessato dalla singola sanzione (o dalla singola premialità), ma a livello nazionale.
Per queste assorbenti ragioni, può prescindersi dall’esame degli argomenti eventualmente prospettabili in questa sede sul profilo più specifico della connessione tra sanzioni e premialità (e, quindi, della posizione processuale dei comuni interessati agli uni ed alle altre), in conseguenza della particolare insistenza della difesa erariale su tale punto nel proprio ricorso per regolamento di competenza.
In definitiva, il ricorso va accolto per la parte qui rilevante e va individuato comecompetente il T.a.r. per il Lazio, Roma, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassuntatempestivamente.
VIII) Diverse considerazioni vanno svolte per il secondo motivo di ricorso, con il quale i due Ministeri ricorrenti introducono una domanda diversa, chiedendo che questo Consiglio di Stato si pronunci anche sull’eventuale fondatezza della domanda cautelare proposta nel ricorso introduttivo del giudizio ed accolta dal T.a.r. per la Sicilia, Catania.
Tale domanda è inammissibile, atteso che ai sensi dell’art. 15, comma 7, c.p.a., la misura cautelare disposta dal T.a.r. qui dichiarato incompetente è destinata a perdere efficacia automaticamente entro 30 giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza, salva la sua riproponibilità dinanzi al T.a.r. individuato come competente.
È proprio tale evenienza che la difesa erariale intenderebbe scongiurare, proponendo un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme processuali in materia di rilevanza dell’incompetenza e misure cautelari che consenta a questa Adunanza plenaria di esprimere immediatamente il proprio avviso, omisso medio, anche sull’accoglibilità dell’istanza di sospensione formulata dal comune ricorrente in prima istanza.
Siffatti rilievi non convincono questa Adunanza, atteso che nessuna operazione ermeneutica può autorizzare la sostanziale obliterazione del richiamato disposto ex art. 15, comma 7, c.p.a., il quale appare ispirato dall’evidente ratio di assicurare in ogni casoil doppio grado di competente giudizio anche in sede cautelare.
D’altra parte, se è pacifico che l’impostazione complessiva del codice processuale, una volta affermata l’inderogabilità della competenza per territorio, è quella di escludere che il giudice incompetente possa mai aver titolo a pronunciarsi (anche solo) sull’istanza cautelare, a maggior ragione ne deriva che non è consentito al Consiglio di Stato pronunciarsi in grado d’appello in rapporto ad una misura cautelare disposta da un giudice poi riconosciuto incompetente.
IX) In considerazione della complessità della questione esaminata, oltre che del soloparziale accoglimento delle richieste di parte ricorrente (dunque, con reciproca soccombenza parziale), sussistono giusti motivi per compensare tra le parti tutti gli oneri processuali della presente fase.

P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza plenaria, accoglie il ricorso per regolamento successivo di competenza (r.g.n. 12/2013/Ad. pl.) e dichiara competente il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, con automatica caducazione della misura cautelare disposta in primo grado e non riesaminabile nella presente sede.
Oneri processuali di questa fase compensati tra le parti costituite in giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2013, con l'intervento dei giudici:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



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