ADUNANZE PLENARIE:
la competenza del TAR Lazio
sull'atto ministeriale
che ha incluso un Comune
nell’elenco degli enti inadempienti al Patto di stabilità (Ad. Plen., ordinanze 7 maggio 2013 nn. 11 e 12)
Massima
1. Sussiste
la competenza del TAR Lazio nel caso di impugnazione dell’atto del Ministero
che ha incluso un Comune nell’elenco degli enti inadempienti al patto di
stabilità, e da sanzionare ai sensi dell’art. 7 del d.lgs n. 149 del 2011 con
la riduzione dei trasferimenti di risorse statali, poiché l’atto produce
effetti non solo nei confronti del medesimo Comune, ma anche nei confronti
delle altre amministrazioni coinvolte nella distribuzione delle risorse resesi
disponibili.
2. Il
Consiglio di Stato, qualora all’esito di un regolamento di competenza ravvisi
l’incompetenza del TAR adito che abbia accolto una domanda cautelare, non si
può contestualmente pronunciare in grado d’appello sulla fondatezza della
medesima domanda, poiché si applica la regola di cui all’art. 15, comma 7, del
codice del processo amministrativo, per il quale la misura cautelare disposta
dal TAR dichiarato incompetente perde effetti col decorso di 30 giorni dalla
pubblicazione della ordinanza del Consiglio di Stato, salva la sua riproponibilità
dinanzi al TAR individuato come competente.
Ordinanze (gemelle) per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso (per regolamento successivo di competenza)
r.g.n. 12/2013/Ad. pl., proposto dal Ministero dell'interno e dal Ministero
dell'economia e delle finanze, in persona dei rispettivi ministri in carica,
entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, in persona del
sindaco in carica, n.c.;
per regolamento di competenza
in rapporto all'ordinanza cautelare del T.a.r.
Sicilia, Catania, sezione III, n. 1180/2012, resa tra le parti e concernente un
regolamento di competenza su istanza di parte, in tema d’inserimento nell'
elenco dei comuni inadempienti per il mancato rispetto del patto di stabilità.
Visto il regolamento di competenza chiesto dai due
Ministeri di cui in epigrafe.
Visti tutti gli atti di causa e le memorie difensive.
Visti gli artt. 15 e 16, c.p.a..
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 22
aprile 2013, il Consigliere di StatoAldo SCOLA ed udito, per i due
Ministeri attuali ricorrenti, l’avvocato dello Stato Wally Ferrante.
I) Entrambi i Ministeri coinvolti - difesi
dall’Avvocatura generale dello Stato - presentavano ricorso per regolamento di
competenza ex art. 13, c.p.a., ricordando come l’art. 77-bis,
d.-l. n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, avesse introdotto
nell’ordinamento il principio del c.d. patto di stabilità interno, contemplante
sanzioni per i comuni eventualmente inosservanti nel triennio 2008/2011; come
la legge n. 42/2009 avesse delegato al Governo una serie di decreti attuativi
del federalismo fiscale; come fosse sopraggiunto il d.lgs. n. 149/2011 (in
particolare, con il suo art. 13), confermante (in attuazione degli artt. 2, 17
e 26, cit. legge n. 42/2009) le previsioni sanzionatorie e premiali concernenti
regioni, province e comuni, non dissimili da quelli di cui al cit. art. 77-bis,
d.-l. n. 112/2008, mediante una procedura pattizia munita di clausola di cedevolezza,
per i casi d’inadempienza degli enti interessati ex art. 27,
legge n. 42/2009: onde, già nell’anno 2011, con decreti ministeriali 24
novembre e 12 dicembre di tale anno, si erano sanzionati taluni enti locali
trasgressori, anche in Sicilia (es.: Monreale), come pure accaduto nell’anno
2012, con d.m. di concerto Interno-Finanze 26 luglio 2012 n. 62257, adottato
previe note ministeriali Finanze 19 giugno 2012 n. 52868 e 17 luglio 2012 n.
62530.
II) Il comune coinvolto nella vicenda veniva, in
particolare, sanzionato per complessivi euro 304.694,00, ex art.
7, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 149/2011, in base alla certificazione comunale
prodotta ex art. 1, comma 110, legge 13 dicembre 2010 n. 220
(legge di stabilità 2011: anno della riscontrata inosservanza, sanzionata con
la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio in misura differenziale tra
risultato raggiunto ed obiettivo programmatico predeterminato e, comunque, non
superiore al 3% delle entrate correnti di cui al rendiconto di bilancio anno
2010, non applicandosi per l’anno 2011 la modificazione di cui all’art. 4,
comma 12-bis, d.-l. 2 marzo 2012 n. 12, convertito in legge 26 aprile
2012 n. 44, riducente il fondo sperimentale in misura pari alla differenza tra
risultato ottenuto ed obiettivo prefissato).
Seguivano modificazioni al cit. d.m. 26 luglio 2012,
tramite il d.m. 25 settembre 2012, previa nota 19 settembre 2012 n. 76458 della
Ragioneria generale dello Stato.
III) I due Ministeri ricorrenti per regolamento di
competenza (attualmente divenuto solo successivo) eccepivano come, nella
specie, si fossero ecceduti i limiti infraregionali dell’efficacia dei discussi
provvedimenti, tenuto anche conto degli inevitabili riflessi di quelli
sanzionatori su quelli premiali (previsti per gli enti virtuosi, che si sono
visti ridurre gli obiettivi - per detto anno 2011, ma lo si prevede pure per
l’anno 2013 - in ragione di euro 1.388.343,00 per le province ed euro
10.038.090,00 per i comuni, con effetto per l’intero territorio nazionale); in
casi analoghi, tale ravvisata interdipendenza avrebbe indotto il T.a.r. per il
Lazio a ritenersi territorialmente competente ed a respingere l’istanza
cautelare ministeriale (cfr. ordinanze n. 4133/2012, n. 4140/2012, n. 4633/2012
e n. 4638/2012, enuncianti princìpi confermati in appello con ordinanze n. 59,
n. 60 e n. 50 del 2013 del Consiglio di Stato, valorizzanti l’interesse della
p.a. ad evitare rielaborazioni contabili e ridistribuzione di risorse
finanziarie tra i comuni interessati), in rapporto alla ritenuta palese
inammissibilità del ricorso introduttivo, per l’omessa sua notificazione ad
almeno un comune controinteressato, alla luce delle ripercussioni prevedibili
relativamente a tutti gli enti virtuosi del Paese (ex patto di
stabilità e crescita tra gli Stati dell’U.e., di cui all’art. 104, trattato
dell’Unione, ed al regolamento n. 1467/1997 del Consiglio: v. “considerando
n. 21” ed art. 4, comma 2, di quest’ultimo, in riferimento anche alle
sanzioni europee previste per gli Stati inadempienti).
IV) Nella specie, dall’accoglimento del presente
ricorso scaturirebbe automaticamente la caducazione dell’efficacia dell’impugnata
ordinanza cautelare di accoglimento del T.a.r. di Catania, nel caso di rigetto
del medesimo invece impugnabile dinanzi al C.g.a. R.S. (cfr. Cons. St., Ad.
pl., ordinanza n. 37/2012, resa su ricorso per regolamento di competenza
proposto avverso un’ordinanza del T.a.r per la Sicilia recante rigetto della
domanda cautelare, poi riformata dal C.g.a. mediante accoglimento in sede
d’appello); esigenze di economia processuale (ex art. 111, Cost.)
indurrebbero a ritenere che questo Consiglio di Stato possa pronunciarsi anche
sulla richiesta cautelare, altrimenti riproponibile dinanzi al T.a.r. per il
Lazio, Roma (ex art. 15, comma 9, c.p.a.), la cui pronuncia
risulterebbe nuovamente impugnabile dinanzi allo stesso Consiglio.
V) Nella fattispecie, secondo i Ministeri ricorrenti,
mancherebbero i presupposti (fumuse pregiudizio, non essendo mancato il
tempo per reperire le risorse finanziarie resesi necessarie) invece ritenuti
sussistenti dal T.a.r. di Catania, in base ad un’erronea interpretazione della
sentenza n. 178/2012 della Corte cost., resa in tema di libertà di sistemi
contabili ed ininfluente nella specie, concernente profili sanzionatori (al di
fuori di ogni prospettabile eccesso di delega): cfr. Corte cost., sentt. n.
118/2012 e n. 169/2007, in rapporto agli artt. 5, 76, 117, 119 e 120, Cost.;
infatti, le due Regioni Sicilia e Sardegna non esercitano funzioni in tema di
finanza locale e si sottraggono alla prevista disciplina pattizia, in relazione
a decreti adottati non ex art. 7, comma 2, lett. a),
e comma 4 (reso retroattivo ed integrante criteri generali di coordinamento
della pubblica finanza, mediante ridimensionamento della riduzione dei
trasferimenti erariali - comminabili agli enti trasgressori - dal 5% dei
contributi ordinari al 3% delle entrate correnti di cui all’ultimo consuntivo),
ma ex art. 13, secondo periodo, d.lgs. n. 149/2011, pure prima
del quale l’eventuale violazione del patto di stabilità risultava sanzionabile
(ex art. 1, legge ordinaria n. 689/1981, come tale derogabile da
successive leggi ordinarie, tanto più se recanti sanzioni meno gravi: cfr.
Cons. St., sezione I, parere n. 3618/2011, recante determinazione di rigetto
del ricorso dell’ente locale interessato, con assorbimento della
connessa istanza cautelare).
VI) Il comune intimato non si costituiva in giudizio
ed il ricorso per regolamento di competenza, assegnato a questa Adunanza
plenaria, passava in decisione, all’esito dell’apposita udienza in camera di
consiglio, dopo il deposito di una memoria difensiva dell’Avvocatura generale
dello Stato, in cui i due Ministeri ricorrenti citavano un precedente specifico
di questa Adunanza plenaria (cfr. ordinanza n. 6/2013), recante accoglimento
del proposto regolamento successivo di competenza, con contestuale declaratoria
d’inammissibilità dell’appello proposto avverso l’ordinanza cautelare di
accoglimento resa dal T.a.r. di Catania (su istanza del Comune di Messina).
VII) Il presente contenzioso s’iscrive nell’ambito
della disciplina relativa al c.d. patto di stabilità interno, oggetto di una
normativa molto articolata e complessa, frutto di diversi interventi
legislativi traenti origine dal regolamento U.e. n. 1467/1997 (noto anche come
“patto di stabilità e crescita”), con il quale lo Stato italiano si è impegnato
con l’Unione europea ad una progressiva riduzione del proprio debito, nel
rispetto distandard e cadenze predeterminati.
Al rispetto di tale impegno comunitario sono chiamati
a concorrere anche le regioni e gli enti locali, ai quali con una pluralità di
norme interne direttamente attuative del suindicato accordo sono stati imposti
obiettivi, periodicamente rideterminati a livello dello Stato centrale, di
riduzione della spesa: ciò è avvenuto anzitutto con l’art. 77-bis, d.-l.
25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008 n.
133, le cui previsioni sono state poi riprese, modificate ed integrate con vari
interventi successivi (per quanto attiene all’anno 2011, si fa riferimento alla
legge di stabilità 13 dicembre 2010 n. 220).
Per quanto qui rileva, è stato introdotto un
meccanismo sanzionatorio e premiale nei confronti di regioni, province e comuni
per cui si accerti, rispettivamente, il mancato rispetto ovvero l’osservanza
degli obiettivi di contenimento come sopra determinati: ciò si attua nel primo
caso con la riduzione dei trasferimenti di risorse dallo Stato agli enti
locali, e nel secondo caso attraverso un equilibrato allentamento dei
vincoli imposti alla spesa ed una rideterminazione in melius dei
livelli ed obiettivi che tali enti sono tenuti a rispettare per l’anno
finanziario di riferimento.
Sul ceppo di questa disciplina si è poi innestata la
normativa in materia di federalismo fiscale di cui alla legge
5 maggio 2009 n. 42, fra l’altro contenente una delega in attuazione della
quale è stato adottato il già citato d.lgs. n. 149/2011, disciplinante appunto
i “meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a
norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009 n. 42”.
Sempre per quanto qui rileva, l’art. 7 di detto
decreto stabilisce le conseguenze del mancato rispetto del patto di stabilità
interno e, specificamente, la lett. a) del comma 2 di detto
articolo contempla l’irrogazione di sanzioni ai comuni inadempienti,
concretantisi nella riduzione dei trasferimenti di risorse statali: in via
generale, si ha una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del
fondo perequativo di cui rispettivamente agli artt. 2 e 13, d.lgs. 14 marzo
2011 n. 23 (a sua volta adottato in attuazione della legge n. 42/2009, per
disciplinare i trasferimenti di parte del gettito fiscale dallo Stato alle
regioni ed agli enti locali nelle more dell’entrata a regime delfederalismo
fiscale), in misura pari alla “differenza tra il risultato registrato e
l’obiettivo programmatico predeterminato”; per le Regioni Sardegna e Sicilia,
cui non si applica la disciplina dei fondi suindicati, in base alla stessa
lettera come modificata dalla legge 12 novembre 2011 n. 183, le sanzioni si
sostanziano nella riduzione dei trasferimenti erariali (in effetti, la
previsione dell’art. 7 trova applicazione anche nelle regioni a statuto
speciale, a norma dell’art. 13, stesso d.lgs. n. 149/2011, a causa del mancato
perfezionamento della procedura pattizia che, in base all’art. 27, legge
delega, avrebbe dovuto introdurre un diverso e specifico meccanismo di sanzioni
e premialità).
Ciò premesso, i provvedimenti impugnati [decreto del
26 luglio 2012 del capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali
del Ministero dell’interno e note, citate nel decreto anzidetto, n. 52868 del
19/6/2012 e n. 62530 del 17/7/2012 del Dipartimento della ragioneria generale
dello Stato-Ministero dell’economia e delle finanze] dinanzi al T.a.r. di
Catania concernono proprio l’inclusione del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto
tra quelli da sanzionare ai sensi della citata lett. a) del
comma 2 dell’art. 7: in particolare, la Ragioneria generale dello Stato,
all’esito dell’esame della certificazione del saldo finanziario in termini di
competenza trasmessa dall’amministrazione comunale, ha inserito tale comune
nell’elenco degli enti inadempienti al patto di stabilità interno per l’anno
2011; conseguentemente, lo stesso ente locale risulta ricompreso tra quelli
sanzionati con il censurato decreto del 26 luglio 2012, con specifica
quantificazione della relativa sanzione (oltre a quelle ulteriori previste dal
medesimo art. 7).
Orbene, premessa l’evidente natura di atti plurimi di
quelli impugnati (che, in effetti, in questa sede sono stati censurati per la
sola parte d’interesse del comune coinvolto), questa Adunanza plenaria
condivide l’avviso della difesa erariale secondo cui le ricadute, pur
estremamente rilevanti, che tali atti hanno nei confronti del Comune di
Barcellona Pozzo di Gotto non esauriscono gli “effetti diretti” che essi
producono, ai fini della determinazione della competenza territoriale ex art.
13, comma 1, c.p.a..
Ed invero, certamente l’irrogazione delle sanzioni ha
un’immediata incidenza sulle finanze del comune attuale ricorrente che, per
effetto della riduzione dei trasferimenti erariali, dovrà rivedere tutta la
propria politica finanziaria, modificando le previsioni di spesa per servizi ed
investimenti e le determinazioni in materia di assunzione e stabilizzazione di
personale dipendente.
Tuttavia, non può sottacersi che le predette sanzioni
costituiscono parte di una manovra finanziaria polivalente ma unitaria, le cui
ripercussioni sulla finanza pubblica statale non potrebbero mai qualificarsi
come effetti indiretti non rilevanti ai fini suindicati.
In primo luogo, la stessa esistenza del patto di
stabilità interno – come già accennato – deriva dagli impegni che lo Stato
italiano ha assunto in sede europea per la riduzione ed il contenimento del
debito pubblico, impegni la cui violazione esporrebbe a sua volta l’Italia a
conseguenze e sanzioni sul piano comunitario, indipendentemente
dall’ascrivibilità della violazione stessa alle regioni o ad altre sue
articolazioni territoriali interne; d’altra parte, il principio del necessario
concorso di regioni ed enti locali al conseguimento degli obiettivi di bilancio
imposti dai vincoli ed impegni assunti al livello dell’Unione europea è oggi
elevato a rango costituzionale dall’art. 119, comma 1, Cost., come modificato
dalla legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1 (ancorché tale previsione non
sia nella specie applicabile, essendone prevista l’efficacia a partire
dall’esercizio finanziario 2014).
In secondo luogo, è del tutto evidente che
l’individuazione di un minor importo di risorse finanziarie da trasferire ai
sensi della normativa sul federalismo fiscale incide
direttamente sul complessivo equilibrio finanziario dello Stato, sotto il
profilo della generale disponibilità di risorse da destinare agli altri
obiettivi della più generale politica economica e finanziaria.
Infine, è vero anche che esiste una correlazione tra
l’entità delle sanzioni irrogate agli enti inadempienti e l’importo complessivo
delle premialità da riconoscere, atteso che l’art. 1, comma 122, citata legge
n. 220/2010, stabilisce che le seconde siano determinate commisurandole agli
“effetti finanziari derivanti dall’applicazione delle sanzioni”: tale
disposizione, la cui ratio palesemente si estrinseca
nell’esigenza di evitare che l’attribuzione dei benefici agli enti in regola si
traduca a sua volta nel mancato rispetto degli equilibri generali imposti alla
finanza statale, costituisce conseguenza e conferma dei più generali rilievi
testé svolti in ordine all’unitarietà della manovra finanziaria ed
all’inscindibilità degli effetti che questa produce non solo sul comune
interessato dalla singola sanzione (o dalla singola premialità), ma a livello
nazionale.
Per queste assorbenti ragioni, può prescindersi
dall’esame degli argomenti eventualmente prospettabili in questa sede sul profilo
più specifico della connessione tra sanzioni e premialità (e, quindi, della
posizione processuale dei comuni interessati agli uni ed alle altre), in
conseguenza della particolare insistenza della difesa erariale su tale punto
nel proprio ricorso per regolamento di competenza.
In definitiva, il ricorso va accolto per
la parte qui rilevante e va individuato comecompetente il T.a.r.
per il Lazio, Roma, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassuntatempestivamente.
VIII) Diverse considerazioni vanno svolte per il
secondo motivo di ricorso, con il quale i due Ministeri ricorrenti introducono
una domanda diversa, chiedendo che questo Consiglio di Stato si pronunci anche
sull’eventuale fondatezza della domanda cautelare proposta nel ricorso
introduttivo del giudizio ed accolta dal T.a.r. per la Sicilia, Catania.
Tale domanda è inammissibile, atteso che
ai sensi dell’art. 15, comma 7, c.p.a., la misura cautelare disposta dal T.a.r.
qui dichiarato incompetente è destinata a perdere efficacia automaticamente
entro 30 giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza, salva la sua
riproponibilità dinanzi al T.a.r. individuato come competente.
È proprio tale evenienza che la difesa erariale
intenderebbe scongiurare, proponendo un’interpretazione costituzionalmente
orientata delle norme processuali in materia di rilevanza
dell’incompetenza e misure cautelari che consenta a questa Adunanza plenaria di
esprimere immediatamente il proprio avviso, omisso medio, anche
sull’accoglibilità dell’istanza di sospensione formulata dal comune ricorrente
in prima istanza.
Siffatti rilievi non convincono questa Adunanza,
atteso che nessuna operazione ermeneutica può autorizzare la sostanziale
obliterazione del richiamato disposto ex art. 15, comma 7,
c.p.a., il quale appare ispirato dall’evidente ratio di
assicurare in ogni casoil doppio grado di competente giudizio anche in sede
cautelare.
D’altra parte, se è pacifico che l’impostazione
complessiva del codice processuale, una volta affermata l’inderogabilità della
competenza per territorio, è quella di escludere che il giudice incompetente
possa mai aver titolo a pronunciarsi (anche solo) sull’istanza cautelare, a
maggior ragione ne deriva che non è consentito al Consiglio di Stato pronunciarsi
in grado d’appello in rapporto ad una misura cautelare disposta da un giudice
poi riconosciuto incompetente.
IX) In considerazione della complessità della
questione esaminata, oltre che del soloparziale accoglimento delle
richieste di parte ricorrente (dunque, con reciproca soccombenza
parziale), sussistono giusti motivi per compensare tra le
parti tutti gli oneri processuali della presente fase.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Adunanza plenaria, accoglie il ricorso per regolamento successivo
di competenza (r.g.n. 12/2013/Ad. pl.) e dichiara competente il
T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, con automatica caducazione della
misura cautelare disposta in primo grado e non riesaminabile nella presente
sede.
Oneri processuali di questa fase compensati tra
le parti costituite in giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 22 aprile 2013, con l'intervento dei giudici:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
Nessun commento:
Posta un commento