venerdì 24 gennaio 2014

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA': ancora sul riparto in materia; in particolare lo "sconfinamento" va dal G.O. (Cass. Civ., Sez. Un., ordinanza 24 dicembre 2013 n. 27944).


ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA': 
ancora sul riparto in materia;
in particolare lo "sconfinamento" va dal G.O.
 (Cass. Civ., Sez. Un., 
ordinanza 24 dicembre 2013 n. 27944). 


Massima 

1.  Le Sezioni Unite dopo le note decisioni 204/2004 e 191/2006 della Corte  Costituzionale hanno affermato che rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo istituita dal menzionato Legge n. 205 del 2000, articolo 7, ribadita dagli artt. 7 e 133, lett. g) C.p.A., le occupazioni illegittime  preordinate all'espropriazione attuate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano (pur se poi l'ingerenza nella proprietà privata e/o la sua utilizzazione nonché la sua irreversibile trasformazione sono avvenute senza alcun titolo che le consentiva, ovvero malgrado detto  titolo).
1.1  In concreto, vi rientrano tutte quelle in cui l'esercizio del potere si e' manifestato con l'adozione  della dichiarazione di p.u., pur se poi l'ingerenza nella proprietà privata e/o la sua utilizzazione nonché la sua irreversibile  trasformazione sono avvenute senza alcun titolo che le consentiva, ovvero malgrado detto titolo (ad esempio, il decreto di espropriazione) sia stato annullato dalla stessa P.A. che lo ha emesso oppure dal giudice amministrativo  
1.2 Vi rientrano, inoltre, quelle in cui la dichiarazione di p.u. sia stata emessa e successivamente annullata in sede amministrativa o giurisdizionale perché anche in tal caso si e' in presenza di un concreto  riconoscibile atto di esercizio del potere,pur se poi lo stesso si è rivelato illegittimo e per effetto dell'annullamento ha cessato  retroattivamente di esplicare i suoi effetti.
2.  Rientrano invece in via residuale nella giurisdizione ordinaria i "comportamenti" posti in essere in carenza di potere, ovvero in via  di "mero fatto" per averne la Consulta dichiarato costituzionalmente illegittima la  devoluzione alla giurisdizione esclusiva ad opera dell'articolo 53 del d.P.R. n. 327 del 2001; per cui in merito alla seconda di dette categorie le Sezioni Unite onde individuarne l'ambito hanno enunciato i seguenti principi:
2.2 nessuna concreta consistenza può essere attribuita alla categoria di occupazioni preordinate all'espropriazione in cui manchi del tutto la dichiarazione di p.u. posto che la Legge n. 1 del 1978, ha generalizzato le  ipotesi di dichiarazione implicita attribuendo valore di dichiarazione di p.u. ai progetti di opere pubbliche approvati alla competente  P.A. ; e che l'articolo 12 del Testo Unico ha ampliato tale previsione elencando gli atti in cui la dichiarazione deve intendersi contenuta;
2.2  la fattispecie e' invece ravvisabile nell'ipotesi cd. di sconfinamento, ricorrente in caso di collocazione di un'opera di pubblica utilità in un terreno diverso o più esteso rispetto a quello considerato dai presupposti provvedimenti amministrativi di approvazione del progetto:in quanto la dichiarazione di pubblica utilità pur emessa, e' riferibile ad aree diverse da quelle di fatto trasformate, e la occupazione e/o trasformazione del terreno non può che ritenersi di mero fatto o in carenza  assoluta di poteri autoritativi della P.A., configurando un comportamento illecito (comune) a carattere permanente, lesivo del  diritto soggettivo (c.d. occupazione usurpativa) e non diverso da quello di un privato che leda diritti dei terzi. 
Al quale  conseguentemente l'interessato può reagire davanti al giudice ordinario, sia invocando la tutela restitutoria sia, attraverso un'abdicazione implicita al diritto dominicale, optando per il risarcimento del danno ex articoli 2043 e 2058 cod. civ..


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Epigrafe
ORDINANZA

sul ricorso 16239/2011 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), per delega a margine del ricorso;  
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo
studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), per delega in calce al controricorso;
 - controricorrente -

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 6481/2005 del TRIBUNALE di MODENA;
uditi gli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) per delega dell'avvocato (OMISSIS);
 udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO.
 Udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CICCOLO Pasquale Mario, che ha concluso per la giurisdizione ordinaria.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 (OMISSIS), con citazione dell'11 agosto 2005 chiese al Tribunale di Modena la condanna dell'(OMISSIS) al risarcimento del danno
per l'avvenuta occupazione senza titolo di un fondo di sua proprieta' in (OMISSIS) (in catasto al fg. (OMISSIS)) utilizzato per la
costruzione di un'opera viaria che avrebbe dovuto sorgere su altra porzione di terreno regolarmente espropriatole con decreto
prefettizio 10 novembre 1998.
 Nella resistenza dell'(OMISSIS), la (OMISSIS) con ricorso del 25 luglio 2011 ha proposto regolamento di giurisdizione,chiedendo a
questa Corte che la stessa fosse attribuita al giudice ordinario.
 L'(OMISSIS) ha depositato memoria, con la quale ha chiesto, invece, che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice
amministrativo sia perche' nel caso trattavasi della c.d. occupazione espropriativa, pacificamente devoluta al suddetto giudice, sia
perche' la stessa controparte aveva invocato il disposto dell'articolo 43 Testo Unico espr. appr. con Decreto del Presidente della
Repubblica n. 327 del 2001, che ne conferma la giurisdizione esclusiva nella materia.

MOTIVI DELLA DECISIONE
 La ricorrente, gia' destinataria del decreto prefettizio 10 settembre 1998 con cui le era stata espropriata una porzione di terreno
per la realizzazione della tangenziale di (OMISSIS), ha dedotto che l'opera viaria e' stata realizzata in zona diversa da quella  individuata nel progetto, avendo subito una traslazione che ne ha comportato lo spostamento lineare in altra parte del proprio  fondo estesa secondo le risultanze della c.t.u. circa mq. 1940 ed estranea al piano particellare individuato nella dichiarazione di  p.u. dell'opera: percio' ubicata in zona diversa da quella su cui si era svolto il procedimento ablatorio con ulteriori danni per i propri  terreni relitti, le cui utilizzazioni avevano subito una notevole compressione.
 Tanto premesso il Collegio deve ricordare che le Sezioni Unite dopo le note decisioni 204/2004 e 191/2006 della Corte  Costituzionale hanno affermato che rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo istituita dal menzionato Legge n. 205 del 2000, articolo 7, ribadita dalla Legge n. 104 del 2010, articolo 7 e articolo 133, lettera g), le occupazioni illegittime  preordinate all'espropriazione attuate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento  svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano (pur se poi l'ingerenza nella proprieta' privata e/o la sua  utilizzazione nonche' la sua irreversibile trasformazione sono avvenute senza alcun titolo che le consentiva, ovvero malgrado detto  titolo); e, quindi (vedi Corte Costituzionale 191/2006 cit.), tutte quelle in cui l'esercizio del potere si e' manifestato con l'adozione  della dichiarazione di p.u., pur se poi l'ingerenza nella proprieta' privata e/o la sua utilizzazione nonche' la sua irreversibile  trasformazione sono avvenute senza alcun titolo che le consentiva, ovvero malgrado detto titolo (ad esempio, il decreto di espropriazione) sia stato annullato dalla stessa autorita' amministrativa che lo ha emesso oppure dal giudice amministrativo (Cass. 16093/2009; 26798/2008; 14794/2007; 7256/2007). Nonche' quelle in cui la dichiarazione di p.u. sia stata emessa e  successivamente annullata in sede amministrativa o giurisdizionale perche' anche in tal caso si e' in presenza di un concreto  riconoscibile atto di esercizio del potere,pur se poi lo stesso si e' rivelato illegittimo e per effetto dell'annullamento ha cessato  retroattivamente di esplicare i suoi effetti (Cass. 509/2011; 1787/2010; 14954/2007; 3724/2007; 2689/2007).
 Rientrano invece in via residuale nella giurisdizione ordinaria i "comportamenti" posti in essere in carenza di potere, ovvero in via  di mero fatto" per averne la Consulta dichiarato costituzionalmente illegittima (vedi Corte Costituzionale 191/2006 cit.) la  devoluzione alla giurisdizione esclusiva ad opera dell'articolo 53 del Testo Unico appr. con Decreto del Presidente della Repubblica  n. 327 del 2001; per cui in merito alla seconda di dette categorie (che qui interessa), le Sezioni Unite onde individuarne l'ambito hanno enunciato i seguenti principi:
A) nessuna concreta consistenza puo' essere attribuita alla categoria di occupazioni preordinate all'espropriazione in cui manchi del tutto la dichiarazione di p.u. posto che la Legge n. 1 del 1978, ha generalizzato le  ipotesi di dichiarazione implicita attribuendo valore di dichiarazione di p.u. ai progetti di opere pubbliche approvati alla competente  autorita' amministrativa; e che l'articolo 12 del Testo Unico ha ampliato tale previsione elencando gli atti in cui la dichiarazione deve intendersi contenuta;
B) La fattispecie e' invece ravvisabile nell'ipotesi cd. di sconfinamento, ricorrente in caso di collocazione  di un'opera di pubblica utilita' in un terreno diverso o piu' esteso rispetto a quello considerato dai presupposti provvedimenti amministrativi di approvazione del progetto:in quanto la dichiarazione di pubblica utilita' pur emessa, e' riferibile ad aree diverse da  quelle di fatto trasformate, e la occupazione e/o trasformazione del terreno non puo' che ritenersi di mero fatto o in carenza  assoluta di poteri autoritativi della P.A., configurando un comportamento illecito (comune) a carattere permanente, lesivo del  diritto soggettivo (c.d. occupazione usurpativa) e non diverso da quello di un privato che leda diritti dei terzi. Al quale  conseguentemente l'interessato puo' reagire davanti al giudice ordinario, sia invocando la tutela restitutoria sia, attraverso un'abdicazione implicita al diritto dominicale, optando per il risarcimento del danno ex articoli 2043 e 2058 cod. civ. (Cass. sez. un.  7442/2008; 3723/2007; 27192/2006).
 Proprio quest'ultima ipotesi si e' verificata nel caso concreto in cui la proprietaria non ha ricollegato neppure mediatamente il  danno di cui chiede il risarcimento, ad atti amministrativi, ed in particolar modo al procedimento ablativo utilizzato per la costruzione dell'opera viaria e concluso con il menzionato decreto del 1998, che non ha contestato sotto alcun profilo; ma ha
lamentato un'occupazione di fatto da parte dell'(OMISSIS), in assenza di alcun progetto o di opportuna variante, e quindi al di fuori  di un procedimento di espropriazione, di altro fondo (diverso da quello espropriato) esteso mq. 1940, con conseguente istituzione  di alcuni relitti nell'ambito dei terreni rimasti di sua proprieta'. Percio' a nulla rilevando che la (OMISSIS) nella citazione introduttiva  del giudizio abbia erroneamente invocato gli effetti della c.d. occupazione espropriativa, che invece presuppone una dichiarazione di p.u. valida ed operante sull'immobile espropriando (Cass. sez. un. 3940/1988 e succ); o la liquidazione del danno come stabilita  dall'articolo 43 del Testo Unico, essendo stata la norma dichiarata costituzionalmente illegittima dalla nota decisione 293/2010 della Corte Costit..
 Ne' sul sistema del riparto come sopra delineato ha influito il sopravvenuto articolo 42 bis del Testo Unico (introdotto dal Decreto  Legge n. 98 del 2011, articolo 34, conv. dalla Legge n. 111 del 2011) avendo con esso il legislatore reintrodotto l'istituto della c.d.  acquisizione sanante, stabilendone i presupposti per l'adozione del relativo provvedimento da parte dell'amministrazione e  disciplinando specificamente la misura dell'"indennizzo" per il pregiudizio patrimoniale conseguente alla perdita definitiva  dell'immobile; sicche' la nuova norma risulta ininfluente in ordine ai criteri attributivi della giurisdizione nelle domande di risarcimento del danno da occupazione sine titulo (originaria o sopravvenuta). Senza considerare che nel caso concreto e' pacifico tra le parti che nessun provvedimento di acquisizione e' stato mai emesso dall'(OMISSIS).
Conclusivamente, le Sezioni Unite devono dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario e compensare interamente tra le parti le
spese del regolamento.

P.Q.M.
 La Corte, a Sezioni Unite dichiara la giurisdizione del giudice ordinario ed interamente compensate tra le parti le spese processuali.


Dispone la restituzione degli atti al Tribunale di Modena.

RESPONSABILITA' CONTABILE: danno ambientale, rapporti tra giudizio contabile e giudizio civile, natura dell'illecito erariale (Corte dei Conti, Sez. Giuris. Toscana, sentenza 31 maggio 2012 n. 273).


RESPONSABILITA' CONTABILE: 
danno ambientale, 
rapporti tra giudizio contabile e giudizio civile, 
natura dell'illecito erariale 
(Corte dei Conti, Sez. Giuris. Toscana, 
sentenza 31 maggio 2012 n. 273) 


Massima

1.  Dallo stesso fatto storico - nello specifico, il danneggiamento della falda idrica) -possano derivare pretese differenti conseguenti al concorrere, sull’identico bene materiale, di interessi diversi, autonomamente tutelati dall’ordinamento con distinti diritti ed azioni. 
Più in dettaglio, il T.U. Ambiente (D.Lgs. n. 205/2006) pur prevedendo la tutela dell’ambiente, come bene unitario di interesse collettivo, con alcune azioni la cui titolarità fa capo al pertinente Ministero - non ha escluso che, sulla stessa realtà fisica interessata dal danno ambientale, possano confluire altri interessi ugualmente tutelati (art. 313/7°). 
Pertanto, un’unica condotta, produttiva di un danno ambientale può, nello stesso tempo, ledere l’interesse sia dello Stato (sul bene collettivo ambiente, secondo la procedura di cui all’art. 299 e seguenti del T.U. citato) sia di quanti, soggetti privati o pubblici, abbiano la titolarità di un diritto reale sullo stesso, con le normali azioni civilistiche, previste, a tutela della proprietà e del possesso, ai sensi dell’art. 313/78.
2.  L’indipendenza del giudizio contabile da quello civile, attese le rispettive differenti finalità, sia l’inesistenza dell’obbligo della sospensione del primo anche se la somma di cui è chiesto il recupero in sede civile coincide, in tutto o in parte, con quella dedotta come illecito amministrativo-contabile
3.  Il fatto generatore di responsabilità contabile si qualifica come illecito permanente qualora provenga da un comportamento volontario che prosegue senza interruzione anche se l’autore dello stesso potrebbe, in qualsiasi momento, porre fine alla situazione produttrice di danno. E’, invece, istantaneo con effetti permanenti, l’illecito le cui conseguenze, pur perdurando nel tempo, possono essere eliminate con una nuova e diversa azione.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA


composta dai seguenti magistrati
dott.

Francesco PEZZELLA
   
Presidente
dott.

Carlo GRECO
   
Giudice
dott.

Francesco D'ISANTO
   
Giudice estensore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul giudizio di responsabilità promosso, dalla locale procura regionale, nei confronti di:
- CHITI Vannino - nato a Pistoia il 26.12.1947, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo CARROZZA, elettivamente domiciliato presso lo studio Brizzi, via della Cernaia n. 31, Firenze – presidente della Giunta Regionale Toscana;
- AGRICOLA Bruno – nato a Francavilla in Sinni il 25.05.1949, rappresentato e difeso dagli avv. Mario RACCO e Domenico IARIA, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Firenze via dè Rondinelli n. 2 – presidente dell’Osservatorio Ambientale;
- BADIALI Luigi – nato a Massa il 13.04.1947, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano VICICONTE, presso il cui studio in viale Mazzini n. 60, Firenze, è elettivamente domiciliato - assessore alle politiche comunitarie presso la predetta Giunta;
- BARBINI Tito – nato a Cortona il 26.09.1945 rappresentato e difeso come il convenuto Chiti – assessore all’urbanistica ed alla casa presso la predetta Giunta;
- BENCISTÀ Alberto – nato a Greve in Chianti il 04.03.1949, rappresentato e difeso come il convenuto Badiali – assessore all’agricoltura, foreste, caccia e pesca presso la predetta Giunta;
- BENESPERI Paolo – nato a Piombino il 09.01.1947, rappresentato e difeso come il precedente convenuto – assessore all’istruzione, alla formazione ed alle politiche del lavoro presso la predetta Giunta;
- BIAGI Gianni – nato a Firenze, il 17.05.1952, rappresentato e difeso come il precedente convenuto – dirigente del dipartimento trasporti della Regione Toscana, dal 01.07.94 all’1.07.99; membro dell’Osservatorio Ambientale Nazionale per l’alta velocità dal 19.02.96 al 2000; responsabile, per la Regione Toscana, dell’istruttoria per le delibere di autorizzazione del Presidente della stessa per l’espressione del parere in conferenza dei servizi;
- BICCHI Riccardo – nato a Firenze il 04.01.1951, rappresentato e difeso come il precedente convenuto – consigliere regionale e presidente della VI Commissione ambiente, nel 1994;
- CAZZOLA Franco – nato a Torino l’11.04.1941, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo CACCIAPUOTI, elettivamente domiciliato presso lo studio Grassi in corso Italia n. 2, Firenze – assessore all’organizzazione, all’efficienza ed ai rapporti con i cittadini. Dal 30.03.98, assessore alla cultura della legalità ed alla trasparenza amministrativa, spettacolo e ricerca presso la predetta Giunta;
- DEL LUNGO Claudio – nato a Firenze il 22.07.1957, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano GRASSI presso il cui studio in corso Italia n. 2, Firenze, è elettivamente domiciliato – assessore all’ambiente presso la predetta Giunta;
- DINI Patrizia – nata a Buti il 13.04.1946, rappresentata e difesa come il convenuto Barbini – assessore alla formazione professionale ed al lavoro presso la predetta Giunta;
- FONTANELLI Paolo – nato a Santa Maria a Monte, il 05.07.1953, rappresentato e difeso come il convenuto Chiti – assessore alla presidenza ed al coordinamento delle politiche del lavoro presso la predetta Giunta;
- FRATINI Giovanni – nato a Piombino, il 24.11.1937, rappresentato e difeso come il convenuto Chiti – vicepresidente della predetta Giunta ed assessore al bilancio, alle finanze ed alla programmazione;
- GELONI Fabrizio – nato a Livorno il 27.12.1940, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo – assessore al bilancio, alla finanza ed alla programmazione presso la predetta Giunta;
- GHIANDELLI Enno – nato a Incisa Valdarno, il 13.12.1947, rappresentato e difeso come il convenuto Chiti – assessore ai trasporti ed alle infrastrutture presso la predetta Giunta;
- GIANNARELLI Paolo – nato a Seravezza l’11.06.1944, rappresentato e difeso come il convenuto Cazzola – assessore al turismo, al coordinamento ed all’attuazione delle politiche comunitarie. Dal 30.03.98, all’organizzazione, all’efficienza ed ai rapporti con i cittadini, presso la predetta Giunta;
- GINANNESCHI Mauro – nato a Castel del Piano l’11.08.1946, rappresentato e difeso come il convenuto Badiali – assessore all’industria, all’artigianato ed al commercio presso la predetta Giunta;
- MARCUCCI Marialina – nata a Barga il 28.01.1954, rappresentata e difesa come il convenuto Cazzola – vicepresidente della predetta Giunta ed assessore alla cultura ed allo spettacolo. Dal 30.03.98, anche al turismo;
- MARTINI Claudio – nato a Bardo (Tunisia) il 10.01.1951, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo – assessore al diritto alla salute presso la predetta Giunta;
- PERA Costanza – nata a Savona il 28.09.1953, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe MORBIDELLI, Anna ROMANO, Antonio LIROSI e Filippo SATTA elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Firenze, via La Marmora n. 14 – presidente delle commissioni VIA fino al settembre 1996;
- PERICCIOLI Moreno – nato a Volterra il 09.05.1953, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo – assessore all’agricoltura, alle foreste, alla caccia ed alla pesca presso la predetta Giunta;
- SILIANI Simone – nato a Firenze, il 10.06.1962, rappresentato e difeso come il convenuto Cazzola – assessore alle riforme istituzionali ed ai rapporti gli con enti locali. Dal 30.03.98, alle politiche sociali, allo sport ed al tempo libero presso la predetta Giunta;
- VENTURA Michele – nato a Sesto Fiorentino il 23.12.1943, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo – assessore alle attività economiche e produttive presso la predetta Giunta;
Visto l’atto introduttivo del giudizio, iscritto al n. 58665/R del registro di Segreteria.
Richiamata la determinazione presidenziale dell’8.11.2010, ritualmente notificata, concernete la data di fissazione dell’udienza.
Uditi, nelle pubbliche udienze del 16.03.2011 e del 07.12.2011, il cons. relatore, dott. Francesco D’ISANTO, il P.M., nella persona del procuratore regionale, dott. Angelo Canale, e gli avv. Carrozza, Viciconte, Cacciapuoti, Grassi, Satta e Perugini.
Ritenuto in

FATTO
1. Con atto introduttivo del procedimento, depositato il 27.10.2010, la Procura regionale ha citato in giudizio i signori:
- Vannino CHITI, Tito BARBINI, Enno GHIANDELLI, Paolo BENESPERI, Luigi BADIALI, Patrizia DINI, Alberto BENCISTA’, Giovanni FRATINI, Mauro GINANNESCHI, (membri della Giunta regionale della Toscana nella legislatura 1990/1995);
- Vannino CHITI, Tito BARBINI, Claudio DEL LUNGO, Claudio MARTINI, Michele VENTURA, Paolo FONTANELLI, Paolo BENESPERI, Fabrizio GELONI, Moreno PERICCIOLI, Marialina MARCUCCI, Franco CAZZOLA, Paolo GIANNARELLI, Simone SILIANI, (membri della Giunta regionale della Toscana nella legislatura 1995/2000);
- Gianni BIAGI (dirigente, a vario titolo, presso la regione Toscana dall’1.07.1994 al 2000);
- Michele VENTURA e Riccardo BICCHI (consiglieri regionali e, rispettivamente, componente e presidente della commissione ambiente);
- Costanza PERA (presidente delle commissioni VIA che resero i pareri n. 72/1992 e n. 143/1995);
- Bruno AGRICOLA (presidente dell’Osservatorio ambientale per il quadruplicamento ferroviario veloce della tratta BO-FI);
per sentirli condannare al pagamento, in favore della Regione Toscana, della somma di euro 13.698.681,00 oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
La citazione esplicita diffusamente l’incolpazione.
2. Oggetto del presente giudizio sono gli asseriti danni causati dai lavori per la realizzazione dell’alta velocità nel tratto ferroviario Firenze – Bologna. Gli accertamenti dell’ufficio requirente, iniziati a seguito di informativa della Procura della Repubblica di Firenze, hanno preso spunto anche dall’esito del procedimento penale n. 535/2004 incardinato presso il Tribunale di Firenze, sez. staccata di Pontassieve.
In particolare, secondo la tesi accusatoria, la realizzazione delle gallerie ferroviarie ha causato un ingente danno alle risorse idriche del territorio da esse attraversato, in conseguenza dell’abbassamento delle falde acquifere. Tale evento sarebbe riconducibile alla censurabile condotta di quanti concorsero all’approvazione dei relativi progetti, nonostante le loro evidenti carenze ed i pericoli reiteratamente rappresentati dagli enti locali coinvolti dai lavori nonché da associazioni, a vario titolo, interessate.
In sintesi, l’aver trascurato le conseguenze, note, che l’effetto drenante delle gallerie avrebbe avuto sulla falda acquifera, ha provocato il danno evidenziato; la relativa quantificazione fa riferimento alle consulenze disposte nei procedimenti incardinati presso l’autorità giudiziaria ordinaria.
3. Con riferimento alle singole condotte, l’ufficio requirente ritiene che il danno sia ascrivibile ai seguenti soggetti, o gruppi di soggetti, per i motivi a fianco di ciascuno indicati:
a. Giunta regionale in carica dal 1990 al 1995 (Chiti, Barbini, Ghiandelli, Benesperi, Badiali, Dini, Bencistà, Fratini, Ginanneschi).
I suoi componenti, con la proposta n. 250/1994, sottoposero, per il tramite della commissione ambiente, al consiglio regionale, che la condivise, l’approvazione del progetto esecutivo dell’opera, nonostante che, nel corso di una lunga istruttoria, fossero loro pervenuti, fin dal 1992, pareri tecnici di senso contrario;
b. Commissione ambiente presso il consiglio regionale (Ventura e Bicchi).
Essi, nonostante le indicazioni dei tecnici e il motivato parere contrario di un altro componente della stessa commissione, espressero voto favorevole alla citata proposta n. 250/1994 della Giunta;
c. Giunta regionale in carica dal 1995 al 2000 (Chiti, Barbini, Del Lungo, Martini, Ventura, Fontanelli, Benesperi, Geloni, Periccioli, Marcucci, Cazzola, Giannarelli, Siliani).
Con la delibera n. 384/1995, approvarono, previo parere positivo della Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente, il progetto esecutivo dell’opera in argomento nonostante le criticità espresse da tecnici della Regione. Agli stessi viene, altresì, addebitata la responsabilità di avere approvato, con la delibera n. 859/ 1998, il progetto relativo alla cosiddetta variante Firenze-Castello (che aggravò ulteriormente il danno) benché fossero evidenti le sue criticità, ben rappresentate dai tecnici;
d. Responsabile del procedimento e dell’istruttoria per l’emanazione del parere del presidente della Regione in conferenza dei servizi (Biagi).
Nell’espletamento delle sue importanti e plurime funzioni istituzionali, ebbe un ruolo determinante nella predisposizione del citato parere, favorevole benché gli fossero pervenute relazioni tecniche che evidenziavano i probabili negativi effetti dei lavori sulle risorse idriche.
4. Analoghi addebiti vengono ascritti all’arch. Pera, che presiedeva la Commissione V.I.A. - istituita presso il Ministero dell’Ambiente, con il compito, tra l’altro, di fare riferimento, nella valutazione dei progetti, anche alle osservazioni ed ai pareri provenienti da “qualsiasi cittadino” - il cui funzionamento, di fatto e per quanto concerne il periodo oggetto del presente giudizio, seguì una prassi che si discostò da quella strettamente regolamentata, allorchè vennero predisposti i pareri n. 72/1992, concernente l’attestazione di compatibilità ambientale del progetto di massima, e n. 143/1995, relativo alla verifica dell’avvenuta ottemperanza, nel progetto esecutivo, delle prescrizioni contenute in quello precedente.
In conclusione e con riferimento ad entrambi i pareri prodotti, la Procura ritiene che la condotta dell’arch. Pera sia stata connotata da grave colpevolezza in quanto omissiva, su fatti rilevanti ben conosciuti, e negligente, nell’attuare procedure di valutazione generiche, approssimative, lacunose.
5. La posizione dell’ing. Agricola è connessa con l’incarico di coordinatore del gruppo di lavoro, costituito nel gennaio 2002, presso il Ministero dell’Ambiente, su sollecitazione della TAV. All’alto funzionario la procura ascrive – in relazione alla cosiddetta “variante Firenze – Castello” – di avere prospettato, ai componenti dell’Osservatorio, in modo distorto, le risultanze cui era pervenuto il gruppo stesso, facendo presente, nonostante l’opposizione di uno di essi, la necessità di adeguare le prescrizioni tecniche precedentemente suggerite per i lavori progettati. Conseguentemente, l’organo citato decise che egli attivasse, in proposito, il Ministero dell’Ambiente. Tale incombenza, concretizzatasi nella predisposizione di una nota e, successivamente, di una lettera a firma del Ministro competente, non sarebbe stata eseguita correttamente.
6. In sede di invito a dedurre, alcuni amministratori e funzionari della Regione Toscana hanno evidenziato, a propria discolpa, che i lavori di cui si discute erano monitorati, con funzione di garanzia, dall’osservatorio ambientale nazionale (OAN).
Dagli accertamenti svolti in merito, è emerso che tale organismo era privo di incisivi poteri e di efficienti strutture. La sua attività (condizionata, oltre tutto, da palesi conflitti di interesse esistenti in capo ad alcuni componenti) si esplicò, di fatto, in una mera osservazione di quanto veniva deciso altrove.
Analoghe negative considerazioni vengono riferite all’attività di monitoraggio ambientale che doveva essere effettuato dall’esecutore dell’opera: la CAVET S.p.A.
7. Ulteriori elementi, a sostegno della tesi accusatoria, si rinvengono:
a. dalla sentenza n. 3503/2009 del Tribunale di Firenze, sez. staccata di Pontassieve, resa nei confronti della CAVET S.p.A., che, relativamente all’imputazione di danneggiamento colposo delle acque di falda, pur assolvendo gli imputati perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ne evidenzia responsabilità che rilevano in questa sede;
b. dal procedimento penale n. 535/2004 – nel quale risultano costituiti come parti civili il Ministero dell’Ambiente e la Regione Toscana – al termine del quale il suddetto giudice ha condannato la CAVET ad una provvisionale di 150.000.000 euro. L’esecuzione del provvedimento è stata sospesa dalla Corte d’appello di Firenze con ordinanza del 23.11.2009, nella quale, tuttavia, vengono evidenziate responsabilità, non penali, di enti e di funzionari pubblici.
8. In ordine, infine, alla quantificazione del danno ed alla sua ripartizione tra i convenuti, l’ufficio requirente ritiene che:
a. in relazione alla concretezza ed all’attualità che lo caratterizzano ed all’intervenuta prescrizione (decorrente dalla notifica degli inviti a dedurre, il primo dei quali risalente al 03.11.2009) debba essere determinato, complessivamente, in euro 13.698.681,00. Tale importo è conseguenza della sommatoria di euro 3.947.200 (valore della cosiddetta riserva idrica profonda, dal novembre 2004 all’agosto 2006), di euro 5.280.759 (idem, per il periodo settembre 2005/dicembre 2009), di euro 569.530 (costi di approvvigionamento per il periodo novembre 2004/agosto 2005), di euro 3.389.289 (idem, per il periodo settembre 2005/dicembre 2009) e di euro 511.903 (idem, per il periodo gennaio 2010/dicembre 2011).
Per la predetta quantificazione, è stata utilizzata la stima effettuata dal prof. Romano Rocchi, CTU incaricato dalla procura della Repubblica di Firenze nel citato procedimento penale n. 535/2004;
b. per la sua ripartizione, si debba fare riferimento:
- nell’ambito delle due Giunte regionali coinvolte, a coloro che, per il ruolo ricoperto,avevano maggiori responsabilità decisionali: il presidente (Chiti), l’assessore alle infrastrutture ed ai trasporti (Ghiandelli, per gli anni dal 1990 al 1995, e Barbini, per il periodo 1995-2000) nonché quello all’ambiente (Del Lungo, per il periodo 1995-2000).
Per quanto concerne il Periccioli, assessore all’ambiente nella prima Giunta, la sua responsabilità deriva dalla circostanza che, al momento delle rilevanti delibere n. 3884/1995 e 859/1998, tacque le informazioni di cui era in possesso.
Viene, altresì, ritenuto rilevante il ruolo dei due consiglieri (Bicchi e Ventura) appartenenti alla commissione ambiente, in relazione all’approvazione delle delibere relative alla realizzazione dell’opera, e del dirigente regionale responsabile del procedimento e dell’istruttoria (Biagi);
- a livello centrale, all’arch. Pera ed all’ing. Agricola, il cui apporto causale al verificarsi del danno viene considerato pari a quello dei suddetti convenuti.
A tutti i predetti, il danno va addebitato nella misura del 70% di quello complessivo, da ripartirsi sulla base della lunghezza delle tratte approvate.
Del residuo 30%, dovranno rispondere gli altri convenuti, (Benisperi, Badiali, Dini, Bencistà, Fratini, Ginanneschi, Martini, Fontanelli, Geloni, Marcucci, Cazzola, Giannarelli, Siliani) anche essi in proporzione alla lunghezza delle tratte approvate.
9. Tutti i convenuti hanno presentato memorie difensive, incentrate, essenzialmente, sulle seguenti circostanze:
a. Agricola:
- apoditticità ed incoerenza delle conclusioni della Procura, che gli addossa ogni responsabilità tralasciando di approfondire la posizione di quanti hanno avuto parte nell’assumere la decisone contestata;
- inammissibilità dell’azione di responsabilità attivata, non essendogli stato notificato, nei termini di legge, l’invito a dedurre;
- competenza a giudicare della sezione Lazio piuttosto di quella Toscana, atteso che le funzioni da lui svolte – sia quale presidente dell’O.A.N. sia quale coordinatore del gruppo di lavoro – erano correlate al suo incarico di direttore generale presso il Ministero dell’Ambiente;
- intervenuta prescrizione dell’azione risarcitoria, considerato che l’asserito danno erariale (la maggiore perdita di acqua) si è verificato in epoca anteriore ai cinque anni dall’avvio dell’azione di responsabilità, che va fatta coincidere, in mancanza dell’invito a dedurre, con la notifica dell’atto di citazione;
- erroneità ed infondatezza, nel merito, delle incolpazioni;
- lacunosa e distorta interpretazione delle norme concernenti il funzionamento delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale (VIA), il cui parere non è vincolante per l’organo cui compete l’autorizzazione per l’esecuzione di un’opera pubblica;
- non rispondenza alla realtà delle dichiarazioni rese, in fase istruttoria, dal Ministro Matteoli in ordine alla presunta modica della prescrizione C18.
b. Pera:
- intervenuta prescrizione dell’azione risarcitoria, atteso che l’evento dannoso, inteso come prima perdita di riserva idrica, si è verificato nell’estate del 1998, dopo la cessazione dalla carica di presidente della commissione VIA. Le predette argomentazioni valgono anche se il danno si consideri permanente, atteso che l’obbligo di intervenire con immediatezza, alla prima manifestazione della dispersione dell’acqua, incombeva sul Ministro dell’Ambiente;
- funzioni e competenze del presidente della commissione VIA, le cui attribuzioni riguardano esclusivamente la costituzione dei gruppi di lavoro, il coordinamento dell’attività dell’organo, nonchè la trasmissione delle relazioni al Ministro;
- legittimità dei pareri n. 72/1992 e n. 143/1995 che, contrariamente a quanto affermato nell’atto di citazione, furono formulati dopo un completo dibattito;
- omessa considerazione, da parte dell’ufficio requirente, del giudicato formatosi presso il TAR Lazio (sentenza n. 2041/1997 ed ordinanza n. 551/1996), che, tra l’altro, valuta positivamente il suo operato;
- insussistenza del nesso di causalità tra la sua condotta ed il danno descritto nell’atto di citazione. La Commissione, infatti, si limitò ad esprimere un parere sull’astratta compatibilità dell’opera esaminata;
- inerzia della Regione Toscana e del Ministero dell’Ambiente, che avrebbero dovuto intervenire, con immediatezza, per eliminare o ridurre il danno evidenziatosi.
c. Chiti, Badiali, Barbini, Bencistà, Benesperi, Biagi, Bicchi, Cazzola,Del Lungo, Fontanelli, Fratini, Geloni, Ghiandelli, Giannarelli, Ginanneschi, Marcucci, Martini, Periccioli, Siliani, Ventura,
(1) quali eccezioni preliminari:
- difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in quanto, in relazione alle previsioni dell’art. 18 della legge n. 349/1986 e della parte seconda del d. lgs. n. 152/2006, la competenza a conoscere del danno ambientale spetta al giudice ordinario. Residua la giurisdizione contabile per le sole ipotesi di cui all’art. 22 del d.p.r. n. 3/1957, inconferenti rispetto al caso in esame. Infatti, il danno cui fa riferimento la Procura (la perdita d’acqua) integra una delle particolari fattispecie previste, all’art. 300/2°b del d.lgs. n. 152/2006, come danno ambientale per il cui risarcimento è competente ad attivarsi, nelle varie sedi giurisdizionali, il solo Ministro dell’Ambiente (artt. 311 – 316 d. lgs. citato). Né può portare a diverse conclusioni l’art. 313/6° del d. lgs. più volte citato, in quanto tale previsione, applicabile per i fatti successivi alla sua entrata in vigore (29 aprile 2006) prevede che la Procura competente agisca su “rapporto” del Ministero dell’Ambiente – che, nello specifico, non risulta – e solo per il “mancato perseguimento del risarcimento” del danno ambientale la cui quantificazione, comunque, è di esclusiva competenza del citato dicastero;
- intervenuta prescrizione dell’azione attivata in quanto il relativo termine quinquennale risulta ampiamente decorso rispetto alle varie deliberazioni delle Giunte regionali (risalenti, al più tardi, al luglio 1998) che approvarono il progetto e la relativa variante. Parimenti decorso è il predetto termine anche con riferimento ad altri accadimenti, quali l’accordo integrativo del luglio 1998 e l’addendum del luglio 2002.
Né può accogliersi la tesi accusatoria secondo cui il danno contestato sarebbe permanente in quanto, al più, l’illecito sarebbe da considerarsi istantaneo con effetti permanenti. Infatti, le condotte asseritamente illecite – il fatto dannoso richiamato dall’art. 1/2° comma della legge n. 20/1994 – si sarebbero, comunque, esaurite con l’adozione dei singoli provvedimenti ritenuti illegittimi anche se il conseguente pregiudizio si è protratto per un lungo arco di tempo. Al massimo, questo andrebbe riferito al momento in cui il pregiudizio alle risorse idriche è stato conosciuto dal Ministero dell’Ambiente, unico competente ad attivarsi per l’eventuale interruzione o modifica del progetto, sia per le sue specifiche attribuzioni sia perché gli amministratori regionali, una volta cessati dal mandato, non erano più facoltizzati ad adottare eventuali provvedimenti in autotutela;
- necessità di sospendere il giudizio in attesa della definizione dell’azione civile esercitata, in sede penale, dalla Regione nei confronti del soggetto esecutore dell’opera;
(2) in punto di fatto:
- la Regione Toscana - nel lasso di tempo intercorrente tra il 1992 (presentazione del progetto di massima) ed il 19 luglio 2002 (stipulazione dell’Addendum) - non aveva poteri in ordine alla valutazione ambientale per opere di interesse nazionale, quale era quella in argomento, la cui progettazione ed esecuzione erano disciplinate da norme statali (legge n. 349/1986, DPCM n. 377/1988, legge n. 210/1985) dalle quali si evinceva, in sintesi, che la posizione dominante, in tema di competenze, era del Ministero dell’Ambiente;
- la collocazione dell’opera pubblica in argomento in un più vasto programma di rilevanza europea eseguito, nelle sue varie fasi, sotto il costante controllo degli organi centrali tra i quali emergeva, per rilevanza delle funzioni, la commissione VIA;
- le ripetute osservazioni - fatte dagli organi regionali in occasione delle conferenze dei servizi aventi ad oggetto la valutazione del progetto di massima – fornirono un fattivo contributo per la valutazione dell’impatto dell’opera sulle risorse idriche;
- la costituzione dell’osservatorio ambientale (con ampi poteri di verifica e di controllo) previste, dall’accordo procedimentale, a garanzia dell’esecuzione dell’opera in conformità del progetto esecutivo approvato nella conferenza dei servizi del luglio 1995;
- la circostanza che, secondo la relazione Boeri, “la realizzazione delle gallerie drenanti era inevitabile e gli impatti idrogeologici una conseguenza necessaria per la realizzazione dell’opera”;
- le ulteriori evenienze – conseguenti al parere n. 23/1998 del Nucleo di valutazione ambientale – riassumibili nelle deliberazioni nn. 785 e 859/1998 della Giunta regionale che, nell’aderire alla “variante Castello”, approvò, “per quanto di propria competenza” il progetto esecutivo della più volte citata opera, subordinatamente alla prescritta pronuncia di impatto ambientale che avvenne, da parte della Commissione VIA, con il parere n. 264/1998;
- il ruolo di tutela della risorsa idrica svolto dal successivo “addendum”, del luglio 2002, all’accordo del 1995 ed alle successive variazioni, volute dal Ministero dell’Ambiente, anche in violazione delle competenze della Commissione VIA, con la irrituale costituzione, nell’ambito del Gabinetto e su sollecitazione della Società TAV, di un apposito gruppo di lavoro (presieduto dall’ing. Agricola) che travalicò i propri compiti proponendo una modifica degli accordi già sottoscritti (c.d. prescrizione C.18). Quest’ultima venne inviata al Presidente della Regione Toscana che ritenne, correttamente, di essere, perciò garantito dalla firma del titolare del dicastero, inspiegabilmente non citato nel presente giudizio;
(3) nel merito:
- inammissibilità ed infondatezza dell’azione di responsabilità, atteso che la Giunta effettuò correttamente le valutazioni di sua competenza segnalando, agli organi statali interessati, le criticità che, di volta in volta, emergevano, e suggerendo, quando possibile, soluzioni innovative, per garantire la migliore esecuzione dell’opera. Gli eventuali inadempimenti sarebbero, pertanto, da addebitare ad altri soggetti;
- legittimità dei provvedimenti adottati dalla Giunta regionale in carica nella legislatura 1990/1995 in quanto, con la delibera n. 315/1992, nel trasmettere, al competente ministero, la relazione istruttoria redatta dal “gruppo interdipartimentale”, fu chiesto di tenere conto delle relative osservazioni e di apportare, al progetto, le modifiche necessarie, di sue esclusiva competenza. Le stesse considerazioni valgono per la proposta n. 250/1994 (poi divenuta deliberazione n. 573/1994) che prevedeva l’esecuzione, da parte del concessionario, di “opere di mitigazione ambientale”, come, peraltro, ribadito nell’ambito della conferenza di servizi del 1995;
- non ravvisabilità della colpa grave nei confronti dei convenuti il cui comportamento, come evidenziato, è stato diligente e corretto, pur in presenza notevoli difficoltà derivanti da un’opera pubblica di inusitata portata e di grande difficoltà tecnica e dal relativo, complesso procedimento amministrativo di autorizzazione per il quale non possono essere richiamate (come fa la Procura) le “ordinarie regole di attenzione e prudenza”.
- errata quantificazione del danno il cui importo (discutibile in quanto privo di oggettività) va ampiamente ridotto per i vantaggi conseguiti dalla collettività a seguito della realizzazione della infrastruttura nonché per il recupero dell’acqua uscita dalle gallerie. Comunque, l’eventuale danno, ai sensi dell’art. 311/3° d. lgs. n. 152/2006, dovrebbe essere quantificato dal Ministero dell’Ambiente secondo criteri desumibili da un decreto che non risulta mai emanato;
d. ulteriori argomentazioni vengono prospettate con riferimento a singole posizioni (arch. Biagi, consiglieri Marcucci, Cazzola, Del Lungo, Ventura e Bicchi).
10. Con memorie tempestivamente presentate, l’associazione ambientalistica IDRA, con sede in Firenze, ha chiesto di essere ammessa ad intervenire “ad adiuvandum” nel giudizio, ai sensi degli artt. 47 R.D. n. 1038/1933 e 105 c.p.c.
11. Nelle more del dibattimento, è pervenuta documentazione attestante il decesso, avvenuto l’11.09.2011, dell’ing. Agricola.
12. In sede di dibattimentale, tutti gli intervenuti si riportano ai rispettivi atti.
In particolare:
- il P.M. ribadisce che il danno contestato è patrimoniale (e non ambientale) e che, ai fini della decorrenza della prescrizione, è da caratterizzarsi quale permanente. Nel merito, conferma le conclusioni riportate nella citazione;
- l’avv. Grassi, nel richiamare la normativa sul danno ambientale, contesta la quantificazione del danno effettuata dalla procura;
- l’avv. Viciconte ritiene che sia opportuno sospendere il giudizio in attesa che giunga a conclusione il correlato procedimento penale;
- l’avv. Cacciapuoti si sofferma sulla problematica concernente la decorrenza della prescrizione ed evidenzia che i convenuti, cessati dalle rispettive cariche nel 2000, non erano più in condizione di far cessare gli effetti dell’eventuale illiceità loro attribuibile;
- l’avv. Satta, nel contestare che il danno si sia concretizzato, in quanto l’acqua non si è dispersa, sottolinea la correttezza dell’operato dell’arch. Pera;
- l’avv. Carrozza ribadisce la ripartizione delle competenze tra Stato ed enti locali e la posizione, spesso critica, di questi ultimi sul progetto inerente l’opera pubblica in argomento;
- la rappresentante dell’IDRA si associa alle tesi sostenute dal Procuratore regionale.

DIRITTO
1. Prima di procedere all’esame delle numerose e complesse problematiche connesse al presente giudizio, il Collegio, preso anche atto dell’orientamento del P.M. espresso in sede di discussione orale, dichiara l’estinzione dell’azione di responsabilità nei confronti dell’ing. Bruno Agricola, deceduto prima dell’inizio della fase dibattimentale, tenuto conto che non ricorre l’ipotesi di un suo illecito arricchimento (SS.RR. nn. 22/1996 e 74/1997, sez. 1^ C.le n. 137/2008).
2. Tanto premesso, prima di esaminare nel merito la tesi accusatoria esposta in citazione, si ritiene di dover affrontare le numerose eccezioni proposte dalle difese dei convenuti. Esse, in dettaglio, riguardano:
- il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti.
La giurisdizione circa l’esistenza del danno ambientale, quale contestato dalla Procura, spetterebbe, ad avviso dei convenuti, al giudice ordinario, ai sensi del combinato disposto dell’art. 18 della legge n. 349/1986e della parte seconda del d. lgs. n. 152/2006; solo dopo l’entrata in vigore di tale ultima norma si potrebbe configurare, con l’osservanza di una specifica procedura che prevede l’intervento del Ministero dell’Ambiente, la competenza della Corte.
La tesi accusatoria, che definisce patrimoniale il danno conseguente al danneggiamento delle risorse idriche, è supportata dall’orientamento del Tribunale di Firenze - sez. staccata di Pontassieve rinvenibile nella sentenza n. 3503/2009 che richiama alcune norme, tra le quali gli artt. 1 della legge n. 36/1994 e 144 del più volte citato d. dls. N. 152/2006.
In punto di fatto, il Collegio ritiene provato che il danno alle risorse idriche, come prospettato dall’ufficio requirente, si sia verificato atteso che, sulla specifica circostanza (sia pure in una diversa ottica) concorda anche la difesa dei convenuti, come da relazione tecnica di parte, datata settembre 2011.
Rimane, pertanto, da definire come tale avvenimento sia qualificabile, ai fini della competenza a giudicare, considerato che, fino all’entrata in vigore del d. lgs. n. 152/2006 avente ad oggetto “norme in campo ambientale” (29 aprile 2006), consolidata ed univoca giurisprudenza individuava in quello ordinario il giudice competente a conoscere del danno ambientale (ex multis, Corte Cost.le n. 641/1987, Cass. sez. un. n. 10733/1998, C.d.C. sez. 2^ C.le n. 509/2009).
In linea di principio, il Collegio ritiene che, dallo stesso fatto storico (nello specifico, il danneggiamento della falda idrica), possano derivare pretese differenti conseguenti al concorrere, sull’identico bene materiale, di interessi diversi, autonomamente tutelati dall’ordinamento con distinti diritti ed azioni. Più in dettaglio, il d. lgs. più volte citato – pur prevedendo la tutela dell’ambiente, come bene unitario di interesse collettivo, con alcune azioni la cui titolarità fa capo al pertinente Ministero - non ha escluso che, sulla stessa realtà fisica interessata dal danno ambientale, possano confluire altri interessi ugualmente tutelati (art. 313/7°). Pertanto, un’unica condotta, produttiva di un danno ambientale può, nello stesso tempo, ledere l’interesse sia dello Stato (sul bene collettivo ambiente, secondo la procedura di cui all’art. 299 e seguenti del più volte citato d. lgs.) sia di quanti, soggetti privati o pubblici, abbiano la titolarità di un diritto reale sullo stesso, con le normali azioni civilistiche, previste, a tutela della proprietà e del possesso, ai sensi dell’art. 313/78 (nei termini, sez. giur. Tr. A.A. n. 35/2009).
In concreto, e con riferimento al presente giudizio, preso atto che:
- il danno è stato causato da soggetti di cui risulta incontrovertibile, anche perché non contestato, il rapporto di servizio con la pubblica amministrazione;
- nei loro confronti, in ragione del principio di specialità rispetto al citato art. 313/7°, può proporsi l’azione di responsabilità amministrativa di cui al R.D. n. 1214/1934;
il Collegio ritiene che il titolo della pretesa risarcitoria sia dato dalla lesione non del diritto all’ambiente in senso stretto, ma di quello di proprietà dello Stato sulle falde acquifere, bene di interesse collettivo, caratterizzato, perciò, dall’essere patrimoniale.
Pur tuttavia, anche a volere condividere la tesi difensiva circa la qualificazione come ambientale (e, perciò, soggetto, per il suo perseguimento, alla particolare disciplina di cui all’art. 313 del d. lgs. n. 152/2006) del danno contestato dalla Procura, la giurisdizione di questa Corte dei Conti, a decorrere dall’entrata in vigore del più volte citato d. lgs., sarebbe ugualmente rinvenibile, anche in mancanza del “rapporto” del competente ministro, alla procura regionale, attesa l’impossibilità, in assenza di una specifica norma, di considerare tale atto quale condizione di procedibilità per l’attivazione dell’azione per danno erariale (nei termini, sez. giur. Molise n. 144/2010). In conclusione, nel respingere l’eccezione, il Collegio afferma, relativamente al presente giudizio, la giurisdizione di questa Corte.
3. La seconda eccezione concerne la richiesta di sospensione del giudizio in attesa che, nell’ambito del correlato processo penale in corso, vengano assunte le pertinenti decisioni in ordine all’azione civile esercitata dalla Regione Toscana nei confronti del soggetto esecutore dell’opera.
L’eccezione è priva di pregio, atteso che:
- in punto di fatto, la controversia sottoposta al vaglio del giudice ordinario è relativa a problematiche riferite, essenzialmente, ad aspetti (quali la gestione non autorizzata di rifiuti da parte del consorzio che si era aggiudicata l’esecuzione dell’opera) diversi dal danno erariale prodotto dai convenuti nella loro qualità di soggetti legati da rapporto di servizio con la pubblica amministrazione;
- nel merito, la giurisprudenza di questa Corte è univoca nell’affermare sia l’indipendenza del giudizio contabile da quello civile, attese le rispettive differenti finalità, sia l’inesistenza dell’obbligo della sospensione del primo anche se la somma di cui è chiesto il recupero in sede civile coincide, in tutto o in parte, con quella dedotta come illecito amministrativo-contabile (nei termini, sez. 2^ C.le nn. 149/2008 e 285/2001, sez. giur. Toscana n. 325/2009).
4. Rimane da esaminare l’ultima eccezione difensiva: la prescrizione, sulla cui avvenuta maturazione concordano sia l’accusa sia la difesa, pur con una differente qualificazione (rilevante ai fini della decorrenza) del fatto illecito (permanente o istantaneo con effetti permanenti) da cui è conseguito il danno contestato.
Sul punto, la giurisprudenza della Cassazione è concorde nel definire permanente il fatto illecito derivante da un comportamento, attivo o omissivo, che, dopo aver prodotto l’effetto dannoso, perdura nel tempo. Di contro, l’illecito viene considerato istantaneo con effetti permanenti quando, pur esauritosi il comportamento che lo ha generato, continua ad esistere autonomamente protraendo i suoi effetti (ex multis, sez. lav. n. 13046/2006, sez. 3^ civ. n. 16009/2000 e n. 5383/1980).
I predetti principi sono stati autorevolmente richiamati in alcune decisioni di questa Corte. Tra le altre, viene in evidenza la sentenza n. 362/2010 della 2^ sez. Centrale, in cui viene statuito che il fatto generatore di responsabilità contabile si qualifica come illecito permanente qualora provenga da un comportamento volontario che prosegue senza interruzione anche se l’autore dello stesso potrebbe, in qualsiasi momento, porre fine alla situazione produttrice di danno. E’, invece, istantaneo con effetti permanenti, l’illecito le cui conseguenze, pur perdurando nel tempo, possono essere eliminate con una nuova e diversa azione.
Nello specifico, dall’esame degli atti e dalle risultanze dibattimentali, è emerso, in modo inequivocabile, che il comportamento, da cui è derivato il danno erariale contestato dalla procura (correttamente definito patrimoniale in quanto relativo all’accertata dispersione delle ingenti risorse idriche), è quello tenuto, per la parte di rispettiva competenza, dai convenuti che, come dettagliatamente indicato nell’atto di citazione, agendo con censurabile superficialità, insolita pervicacia ed in violazione ad elementari norme di diligenza, - pur avendo un’adeguata conoscenza dell’opera e delle conseguenze che avrebbe causato alle risorse idriche, in virtù della consistente mole di informazioni pervenute nella fase istruttoria e volutamente trascurate o non adeguatamente veicolate, - procedettero all’approvazione dei progetti.
La loro condotta, dunque, non può che qualificarsi come gravemente colposa e, come tale, definirsi, ai fini evidenziati, quale originatrice del fatto illecito da cui è promanato il danno il cui verificarsi, secondo la prospettazione accusatoria, va fatto risalire al periodo in cui essi rivestivano i rispettivi incarichi istituzionali che vanno identificati:
- per i componenti delle due giunte regionali, nelle legislature che coprono l’arco di tempo dal 1990 al 2000;
- per l’arch. Biagi, dal luglio 1994 al 2000;
- per l’arch. Pera, dal novembre 1992 al settembre 1996.
Da tali incarichi i predetti risultano cessati nelle date a fianco di ciascuno indicate, tutte precedenti al periodo coperto da prescrizione, i cui effetti, come evidenziato dallo stesso ufficio requirente, coprono il lasso di tempo che va dal verificarsi dell’evento al novembre 2004.
Sulla base delle predette considerazioni e tenuto conto della citata giurisprudenza, il Collegio, condividendo la tesi difensiva, ritiene di dover definire quale istantaneo con effetti permanenti l’illecito da cui è derivato il danno contestato, con la conseguenza che la prescrizione comincia a decorrere sin dal momento in cui il danno ha cominciato inizialmente a manifestarsi.
Del resto, nemmeno gioverebbe alla Procura sostenere che l’illecito, da cui il danno contestato, ha, invece, carattere permanente e non istantaneo, giacché le condotte lesive, evidenziate nell’atto di citazione e racchiuse nell’adozione degli atti ritenuti illegittimi (le deliberazioni n. 3384/1995, n. 785/1998 e n. 859/1998 nonché tutti gli atti presupposti, concomitanti e successivi, l’ultimo dei quali, l’accordo integrativo, è del luglio 1998) sono cessate e, quindi, è cessata la permanenza nel momento in cui i convenuti, in conseguenza della cessazione dalle funzioni ricoperte, non avevano, più la possibilità d’intervento per eliminarne le conseguenze dannose: interrompendo l’attivazione del progetto o stabilendo sue nuove e diverse modalità di esecuzione (cfr. Cass. n.7272 del 2011)
Inconferenti sono da ritenersi le prospettazioni difensive concernenti la posizione del Ministro pro-tempore dell’Ambiente, non convenuto nel presente giudizio, benché titolare delle specifiche competenze ed attribuzioni di cui all’art. 6 legge n. 349/1986 integrato dall’art. 4 del D.P.C.M. n. 377/1988 e, successivamente, al d. lgs. n. 152/2006. In merito, tuttavia, il Collegio non può non evidenziare che – nell’ambito del dicastero – le problematiche derivanti dell’importante opera pubblica erano certamente note, come risulta, tra l’altro, dalla corrispondenza risalente al periodo marzo-agosto 2002 e diretta ad alti rappresentanti istituzionali, con cui si ravvisa la necessità di integrare gli accordi intercorsi e si trasmette il cosiddetto “addendum” del luglio 2002, documento che, tra l’altro, evidenzia le criticità emerse nell’esecuzione dell’opera, con particolare riferimento alle risorse idriche.
In conclusione, l’azione attivata con l’atto di citazione in argomento è da ritenersi, in base alla giurisprudenza sopracitata, prescritta, in quanto proposta oltre il termine quinquennale previsto dall’art. 1/2° della legge n. 20/1994, sia che il dies a quo si faccia decorrere dal momento in cui ha cominciato a manifestarsi il danno, sia che il dies a quo si faccia decorrere dal momento in cui i convenuti, in conseguenza della cessazione dalle funzioni ricoperte, non avevano più la possibilità d’intervento per eliminarne le conseguenze dannose.
5. Relativamente alle spese sostenute, dai convenuti, per la difesa, il Collegio evidenzia che la specifica normativa (art. 3 comma 2 bis del d. l. n. 543/1996, convertito nella l. n. 639/1996, autenticamente integrata dalla l. n. 102/2009) prevede che esse possano essere rimborsate qualora il giudizio si sia concluso con un “proscioglimento nel merito”, condizione indispensabile per escludere ogni possibile conflitto di interessi tra il convenuto e l’amministrazione di appartenenza.
Tale condizione non sussiste nel caso di dichiarazione della prescrizione, statuizione, che, prescindendo da ogni accertamento, nel merito, dell’insussistenza dei presupposti della responsabilità amministrativa, non comporta l’obbligo di liquidazione delle spese stesse da parte del giudice contabile attesa la non spettanza del loro rimborso da parte dell’amministrazione di appartenenza (SS.RR. n. 3/2008).
6. Analoga decisione il Collegio ritiene di adottare con riferimento all’istanza di liquidazione dei compensi, presentata, in udienza, dal difensore dell’associazione Idra, con riferimento al provvedimento concessivo del beneficio del gratuito patrocinio adottato a suo favore dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Firenze.
Infatti, deve considerarsi - a prescindere dall’ammissibilità del gratuito patrocinio anche nell’ipotesi di intervento adesivo dipendente - che l’associazione IDRA non ha dedotto, nel suo atto di intervento, la titolarità di nessuna posizione giuridica che avrebbe potuto essere pregiudicata dal mancato riconoscimento delle ragioni addotte dalla Procura Regionale e, quindi, dal disconoscimento dell’esistenza di un danno avente, come si è detto, natura erariale e non ambientale.
Ne consegue la necessità di revocare ex tunc, ai sensi dell’art. 136 del T.U. n. 115 del 2002, per mancanza dei necessari presupposti, l'ammissione al gratuito patrocinio dell’associazione IDRA provvisoriamente disposta dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Firenze.
Alla revoca si provvede, per economia, con la sentenza conclusiva del giudizio invece che con il previsto decreto.
7. Ai sensi dell’art. 89 c.p.c. l’istanza, datata 22.03.2011, prodotta dal P.M. dott. Paolo Crea e finalizzata alla cancellazione di alcune frasi contenute nella memoria prodotta dalla difesa dell’ing. Agricola, è accolta, in parte, con esclusivo riferimento a quanto riportato nella pag. 3, (la frase che va da “ciò può indurre……….” a “……..responsabile ministeriale”) atteso il suo tenore palesemente offensivo ed ultroneo rispetto alle esigenze difensive.
La stessa caratteristica non si rileva, di contro, in quanto riportato alla pag. 50 dello stesso scritto.

P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Toscana, definitivamente pronunciando in relazione all’atto di citazione depositato il 27.10.2010 ed iscritto al n. 58665/R del registro di Segreteria
- dichiara estinta l’azione di responsabilità attivata nei confronti di AGRICOLA Bruno;
- assolve, per intervenuta prescrizione dell’azione, CHITI Vannino, BADIALI Luigi, BARBINI Tito, BENCISTÀ Alberto, BENESPERI Paolo, BIAGI Gianni, BICCHI Riccardo, CAZZOLA Franco, DEL LUNGO Claudio, DINI Patrizia, FONTANELLI Paolo, FRATINI Giovanni, GELONI Fabrizio, GHIANDELLI Enno, GIANNARELLI Paolo, GINANNESCHI Mauro, MARCUCCI Marialina, MARTINI Claudio, PERA Costanza, PERICCIOLI Moreno. SILIANI Simone, VENTURA Michele;
- revoca l’ammissione al gratuito patrocinio dell’Associazione IDRA
- dispone la cancellazione dell’espressione contenuta a pag. 3 della memoria difensiva Agricola nei sensi in cui parte motiva nell’originale e in tutte le copie in atti.
Nulla per le spese.
Manda alla Segreteria per le incombenze di rito.

Così deciso, in Firenze, nelle Camere di Consiglio del 13.01.2012 e del 29.02.2012.