PROCESSO:
"astreinte" ed esecuzione del giudicato
consistente nella condanna al pagamento
di una somma di denaro
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II,
sentenza 2 gennaio 2014 n. 14).
Massima
1. Non è possibile far ricorso alla astreinte quando l’esecuzione del giudicato consista nel pagamento di una somma di denaro, facendo leva sui requisiti negativi dell’insussistenza di profili di manifesta iniquità e dell’insussistenza di altre ragioni ostative, ossia in ragione della «iniquità della correlata condanna, consistente nel pagamento di una somma di denaro, laddove l’obbligo oggetto di domanda giudiziale di adempimento è esso stesso di natura pecuniaria, ed è già assistito, a termine del vigente ordinamento, per il caso di ritardo nel suo adempimento, dall’obbligo accessorio degli interessi legali, cui la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe ulteriormente ad aggiungersi.
Nell’avversata ipotesi, infatti, per un verso, si duplicherebbero ingiustificatamente le misure volte a ridurre l’entità del pregiudizio derivante all’interessato dalla violazione, inosservanza o ritardo nell’esecuzione del giudicato, per altro verso, si determinerebbe un ingiustificato arricchimento del soggetto già creditore, oltre che della prestazione principale, di quella accessoria» (in tal senso, T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, n. 10305/2011 cit.).
2. Deve poi aggiungere che la domanda di applicazione della misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, co. 4, lett. e) C.p.A., quando proposta unitamente alla domanda di nomina di un Commissario ad acta ai sensi dell’art. 114, co. 4, lettera d), C.p.A. (quindi seppure si prestasse adesione all’orientamento secondo il quale la misura della astreinte può trovare applicazione anche nel caso di sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro), implicherebbe il dover affrontare il problema della compatibilità di tale misura con la nomina del Commissario ad acta.
A tal riguardo la giurisprudenza ha già avuto modo di evidenziare che la nomina del commissario ad acta, per il caso di persistente inerzia dell’Amministrazione esclude la possibilità di condannare quest’ultima anche al pagamento della astreinte, perché diversamente opinando si corre il rischio di far gravare, ingiustamente, sull’amministrazione le conseguenze sanzionatorie di eventuali ulteriori ritardi imputabili non ad essa, bensì all’ausiliario del giudice.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5762 del 2013,
proposto da:
Luigi Aldo Cucinella, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Aldo Cucinella, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tar Lazio, in Roma, via Flaminia n. 189;
Luigi Aldo Cucinella, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Aldo Cucinella, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tar Lazio, in Roma, via Flaminia n. 189;
contro
il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona
del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la cui sede è per legge domiciliato in Roma, Via
dei Portoghesi, n. 12;
per l’esecuzione
del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di
Cassazione n. 3815 del 9.3.2012;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero
dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23
ottobre 2013 il cons. Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Corte di Cassazione con la sentenza in epigrafe
indicata, ritualmente notificata al Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha
condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, al pagamento in favore
dell’avv. Luigi Aldo Cucinella, in qualità di procuratore antistatrio, della
complessiva somma indicata in ricorso oltre interessi legali dalla data del
ricorso, a seguito della violazione del termine di ragionevole durata del
processo, ai sensi della legge n. 89/2001.
2. A fronte dell’inadempimento dell’Amministrazione,
il ricorrente chiede a questo Tribunale: A) di dichiarare la mancata esecuzione
del giudicato e, per l’effetto, di ordinare al Ministero dell’Economia e delle
Finanze di eseguire il pagamento della predetta somma; B) di disporre, fin
d’ora, per il caso di ulteriore inerzia dell’Amministrazione, la nomina di un
Commissario ad acta; C) di fissare la somma dovuta dal Ministero “per
ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo
nell’esecuzione del giudicato”; D) di condannare l’Amministrazione al
pagamento delle spese di giudizio, da distrarsi in favore del procuratore
antistatario;
3. La Difesa Erariale si è costituita in giudizio.
4. Il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la
decisione alla camera di consiglio del 23 ottobre 2013.
5. Il ricorso merita accoglimento, nei limiti di
seguito indicati.
Innanzi tutto risulta fondata la prima domanda
proposta dal ricorrente, perché perdura l’inadempimento dell’Amministrazione
intimata.
6. Diverse considerazioni valgono per la richiesta di
applicazione congiunta delle misura prevista dalla disposizione dell’art. 114,
comma 4, lettera d), cod. proc. amm. (che prevede la “nomina, ove occorra,
un commissario ad acta”), e delle misura prevista dalla disposizione
dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod. proc. amm. (secondo il quale “salvo
che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative,
fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni
violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione
del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo”).
Quanto alla misura prevista dalla disposizione
dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod. proc. amm., il Collegio non ritiene di
doversi uniformare all’orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 14
maggio 2012, n. 2744; T.A.R. Lazio, Sez. I, 24 ottobre 2012, n. 8476; idem, 12
novembre 2012, n. 9265) - secondo il quale tale misura ha un portata
applicativa più ampia che nel processo civile e può trovare applicazione anche
nel caso di sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro, perché la
predetta disposizione non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di
rito civile (art. 614-bis cod. proc. civ.), della riferibilità del meccanismo
al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o
un fare infungibile - alla luce delle seguenti considerazioni.
Questa Sezione (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 5 dicembre
2012, n. 9037) ha recentemente prestato adesione al diverso orientamento
giurisprudenziale (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 15 aprile 2011,
n. 2162; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 29 dicembre 2011, n. 10305) secondo il
quale non è possibile far ricorso alla astreinte quando
l’esecuzione del giudicato consista (come nel caso in esame) nel pagamento di
una somma di denaro, facendo leva sui predetti requisiti negativi (costituiti
dall’insussistenza di profili di manifesta iniquità e dall’insussistenza di
altre ragioni ostative), ossia in ragione della «iniquità della correlata
condanna, consistente nel pagamento di una somma di denaro, laddove l’obbligo
oggetto di domanda giudiziale di adempimento è esso stesso di natura
pecuniaria, ed è già assistito, a termine del vigente ordinamento, per il caso
di ritardo nel suo adempimento, dall’obbligo accessorio degli interessi legali,
cui la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe
ulteriormente ad aggiungersi. Nell’avversata ipotesi, infatti, per un verso, si
duplicherebbero ingiustificatamente le misure volte a ridurre l’entità del
pregiudizio derivante all’interessato dalla violazione, inosservanza o ritardo
nell’esecuzione del giudicato, per altro verso, si determinerebbe un
ingiustificato arricchimento del soggetto già creditore, oltre che della
prestazione principale, di quella accessoria» (in tal senso, T.A.R. Lazio Roma,
Sez. I, n. 10305/2011 cit.).
Deve poi aggiungere che, nel caso in esame, la domanda
di applicazione della misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, comma
4, lettera e), cod. proc. amm. è stata proposta unitamente alla domanda di
nomina di un Commissario ad acta ai sensi dell’art. 114, comma
4, lettera d), cod. proc. amm. e, quindi, seppure si prestasse adesione
all’orientamento secondo il quale la misura della astreinte può
trovare applicazione anche nel caso di sentenze di condanna al pagamento di
somme di denaro, si dovrebbe affrontare il problema della compatibilità di tale
misura con la nomina del Commissario ad acta. Ebbene, a tal
riguardo la giurisprudenza (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, 21 dicembre 2012,
n. 1386) ha già avuto modo di evidenziare che la nomina del commissario ad
acta, per il caso di persistente inerzia dell’Amministrazione esclude la
possibilità di condannare quest’ultima anche al pagamento della astreinte,
perché diversamente opinando si corre il rischio di far gravare, ingiustamente,
sull’amministrazione le conseguenze sanzionatorie di eventuali ulteriori
ritardi imputabili non ad essa, bensì all’ausiliario del giudice.
7. Tenuto conto delle suesposte considerazioni il
Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per accedere alla richiesta
di applicazione della misura prevista dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod.
proc. amm. e che si debba piuttosto nominare sin d’ora un Commissario ad
acta - nella persona del Dirigente responsabile dell’Ufficio IX della
Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell’Amministrazione
Generale, del Personale e dei Servizi del Ministero dell’Economia e delle
Finanze - affinché provveda, in sostituzione dell’amministrazione, entro il
termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine di trenta giorni già
assegnato al Ministero intimato per provvedere al pagamento delle somme dovute
al ricorrente, a dare corso al pagamento medesimo, compiendo tutti gli atti
necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese
dell’Amministrazione inadempiente.
8 Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza e, giusta quanto stabilito dall’art. 93, comma 1, cod.
proc. civ., devono essere distratte in favore del procuratore antistatario,
come dallo stesso richiesto nell’atto introduttivo del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda), pronunciando sul ricorso e indicato, lo accoglie nei limiti
indicati in motivazione e, per l’effetto, ordina all’Amministrazione resistente
di provvedere, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione/notificazione
della presente sentenza, al pagamento delle somme dovute al ricorrente in forza
della sentenza della Corte di Cassazione in epigrafe indicata, nonché degli
interessi fino all’effettivo soddisfo.
Nomina, per il caso di perdurante inadempimento
dell’Amministrazione resistente oltre il predetto termine di 30 giorni, un
Commissario ad acta, nella persona del dirigente del Ministero
dell’Economia e delle Finanze indicato in motivazione, affinché provveda, in
sostituzione dell’Amministrazione, entro il termine di 60 giorni a dare corso
al pagamento delle somme dovute al ricorrente, compiendo tutti gli atti
necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese
dell’Amministrazione inadempiente.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento, in
favore del procuratore dichiaratosi antistatario, delle spese di giudizio, che
si liquidano complessivamente in euro 500,00 (cinquecento/00), oltre i.v.a. e
c.p.a. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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