lunedì 20 gennaio 2014

PROCESSO: "astreinte" ed esecuzione del giudicato consistente nella condanna al pagamento di una somma di denaro (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, sentenza 2 gennaio 2014 n. 14).


PROCESSO: 
"astreinte" ed esecuzione del giudicato 
consistente nella condanna al pagamento 
di una somma di denaro 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 
sentenza 2 gennaio 2014 n. 14).


Massima

1.  Non è possibile far ricorso alla astreinte quando l’esecuzione del giudicato consista nel pagamento di una somma di denaro, facendo leva sui  requisiti negativi dell’insussistenza di profili di manifesta iniquità e dell’insussistenza di altre ragioni ostative, ossia in ragione della «iniquità della correlata condanna, consistente nel pagamento di una somma di denaro, laddove l’obbligo oggetto di domanda giudiziale di adempimento è esso stesso di natura pecuniaria, ed è già assistito, a termine del vigente ordinamento, per il caso di ritardo nel suo adempimento, dall’obbligo accessorio degli interessi legali, cui la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe ulteriormente ad aggiungersi. 
Nell’avversata ipotesi, infatti, per un verso, si duplicherebbero ingiustificatamente le misure volte a ridurre l’entità del pregiudizio derivante all’interessato dalla violazione, inosservanza o ritardo nell’esecuzione del giudicato, per altro verso, si determinerebbe un ingiustificato arricchimento del soggetto già creditore, oltre che della prestazione principale, di quella accessoria» (in tal senso, T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, n. 10305/2011 cit.).
2.  Deve poi aggiungere che la domanda di applicazione della misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, co. 4, lett. e) C.p.A., quando proposta unitamente alla domanda di nomina di un Commissario ad acta ai sensi dell’art. 114, co. 4, lettera d), C.p.A. (quindi seppure si prestasse adesione all’orientamento secondo il quale la misura della astreinte può trovare applicazione anche nel caso di sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro), implicherebbe il dover affrontare il problema della compatibilità di tale misura con la nomina del Commissario ad acta
A tal riguardo la giurisprudenza ha già avuto modo di evidenziare che la nomina del commissario ad acta, per il caso di persistente inerzia dell’Amministrazione esclude la possibilità di condannare quest’ultima anche al pagamento della astreinte, perché diversamente opinando si corre il rischio di far gravare, ingiustamente, sull’amministrazione le conseguenze sanzionatorie di eventuali ulteriori ritardi imputabili non ad essa, bensì all’ausiliario del giudice.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5762 del 2013, proposto da:
Luigi Aldo Cucinella, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Aldo Cucinella, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tar Lazio, in Roma, via Flaminia n. 189;
contro
il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede è per legge domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per l’esecuzione
del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 3815 del 9.3.2012;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 il cons. Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. La Corte di Cassazione con la sentenza in epigrafe indicata, ritualmente notificata al Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, al pagamento in favore dell’avv. Luigi Aldo Cucinella, in qualità di procuratore antistatrio, della complessiva somma indicata in ricorso oltre interessi legali dalla data del ricorso, a seguito della violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della legge n. 89/2001.
2. A fronte dell’inadempimento dell’Amministrazione, il ricorrente chiede a questo Tribunale: A) di dichiarare la mancata esecuzione del giudicato e, per l’effetto, di ordinare al Ministero dell’Economia e delle Finanze di eseguire il pagamento della predetta somma; B) di disporre, fin d’ora, per il caso di ulteriore inerzia dell’Amministrazione, la nomina di un Commissario ad acta; C) di fissare la somma dovuta dal Ministero “per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato”; D) di condannare l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio, da distrarsi in favore del procuratore antistatario;
3. La Difesa Erariale si è costituita in giudizio.
4. Il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione alla camera di consiglio del 23 ottobre 2013.
5. Il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati.
Innanzi tutto risulta fondata la prima domanda proposta dal ricorrente, perché perdura l’inadempimento dell’Amministrazione intimata.
6. Diverse considerazioni valgono per la richiesta di applicazione congiunta delle misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, comma 4, lettera d), cod. proc. amm. (che prevede la “nomina, ove occorra, un commissario ad acta”), e delle misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod. proc. amm. (secondo il quale “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo”).
Quanto alla misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod. proc. amm., il Collegio non ritiene di doversi uniformare all’orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 14 maggio 2012, n. 2744; T.A.R. Lazio, Sez. I, 24 ottobre 2012, n. 8476; idem, 12 novembre 2012, n. 9265) - secondo il quale tale misura ha un portata applicativa più ampia che nel processo civile e può trovare applicazione anche nel caso di sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro, perché la predetta disposizione non ha riprodotto il limite, stabilito della norma di rito civile (art. 614-bis cod. proc. civ.), della riferibilità del meccanismo al solo caso di inadempimento degli obblighi aventi per oggetto un non fare o un fare infungibile - alla luce delle seguenti considerazioni.
Questa Sezione (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 5 dicembre 2012, n. 9037) ha recentemente prestato adesione al diverso orientamento giurisprudenziale (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 15 aprile 2011, n. 2162; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 29 dicembre 2011, n. 10305) secondo il quale non è possibile far ricorso alla astreinte quando l’esecuzione del giudicato consista (come nel caso in esame) nel pagamento di una somma di denaro, facendo leva sui predetti requisiti negativi (costituiti dall’insussistenza di profili di manifesta iniquità e dall’insussistenza di altre ragioni ostative), ossia in ragione della «iniquità della correlata condanna, consistente nel pagamento di una somma di denaro, laddove l’obbligo oggetto di domanda giudiziale di adempimento è esso stesso di natura pecuniaria, ed è già assistito, a termine del vigente ordinamento, per il caso di ritardo nel suo adempimento, dall’obbligo accessorio degli interessi legali, cui la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe ulteriormente ad aggiungersi. Nell’avversata ipotesi, infatti, per un verso, si duplicherebbero ingiustificatamente le misure volte a ridurre l’entità del pregiudizio derivante all’interessato dalla violazione, inosservanza o ritardo nell’esecuzione del giudicato, per altro verso, si determinerebbe un ingiustificato arricchimento del soggetto già creditore, oltre che della prestazione principale, di quella accessoria» (in tal senso, T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, n. 10305/2011 cit.).
Deve poi aggiungere che, nel caso in esame, la domanda di applicazione della misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod. proc. amm. è stata proposta unitamente alla domanda di nomina di un Commissario ad acta ai sensi dell’art. 114, comma 4, lettera d), cod. proc. amm. e, quindi, seppure si prestasse adesione all’orientamento secondo il quale la misura della astreinte può trovare applicazione anche nel caso di sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro, si dovrebbe affrontare il problema della compatibilità di tale misura con la nomina del Commissario ad acta. Ebbene, a tal riguardo la giurisprudenza (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, 21 dicembre 2012, n. 1386) ha già avuto modo di evidenziare che la nomina del commissario ad acta, per il caso di persistente inerzia dell’Amministrazione esclude la possibilità di condannare quest’ultima anche al pagamento della astreinte, perché diversamente opinando si corre il rischio di far gravare, ingiustamente, sull’amministrazione le conseguenze sanzionatorie di eventuali ulteriori ritardi imputabili non ad essa, bensì all’ausiliario del giudice.
7. Tenuto conto delle suesposte considerazioni il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per accedere alla richiesta di applicazione della misura prevista dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod. proc. amm. e che si debba piuttosto nominare sin d’ora un Commissario ad acta - nella persona del Dirigente responsabile dell’Ufficio IX della Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi del Ministero dell’Economia e delle Finanze - affinché provveda, in sostituzione dell’amministrazione, entro il termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine di trenta giorni già assegnato al Ministero intimato per provvedere al pagamento delle somme dovute al ricorrente, a dare corso al pagamento medesimo, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente.
8 Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e, giusta quanto stabilito dall’art. 93, comma 1, cod. proc. civ., devono essere distratte in favore del procuratore antistatario, come dallo stesso richiesto nell’atto introduttivo del giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), pronunciando sul ricorso e indicato, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, ordina all’Amministrazione resistente di provvedere, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza, al pagamento delle somme dovute al ricorrente in forza della sentenza della Corte di Cassazione in epigrafe indicata, nonché degli interessi fino all’effettivo soddisfo.
Nomina, per il caso di perdurante inadempimento dell’Amministrazione resistente oltre il predetto termine di 30 giorni, un Commissario ad acta, nella persona del dirigente del Ministero dell’Economia e delle Finanze indicato in motivazione, affinché provveda, in sostituzione dell’Amministrazione, entro il termine di 60 giorni a dare corso al pagamento delle somme dovute al ricorrente, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore del procuratore dichiaratosi antistatario, delle spese di giudizio, che si liquidano complessivamente in euro 500,00 (cinquecento/00), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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