ESPROPRIAZIONE per PUBBLICA UTILITA':
la distinzione tra la rettifica
e le altre figure affini
(T.A.R. Lazio, Latina,
sentenza 16 gennaio 2014 n. 10).
Sentenza "classificatoria" dei vizi del provvedimento in materia espropriativa.
Massima
1. Esulano dalla giurisdizione del G.A., le questioni attinenti
alla determinazione dell’indennità di esproprio, la cui cognizione è riservata
al G.O.: invero, le controversie relative alla determinazione dell’indennità di
esproprio – in quanto attinenti ad un diritto soggettivo specificamente
regolato dalla legge – sono devolute alla giurisdizione ordinaria, tanto se il
privato contesti l’iter procedurale seguito dalla
P.A., quanto ove contesti i criteri di liquidazione applicabili.
2. Per la costante giurisprudenza la rettifica è il provvedimento mediante cui, di regola, si elimina l’errore materiale in cui è incorsa l’Autorità emanante nella determinazione del contenuto del provvedimento.
Invero, la rettifica, quale provvedimento di secondo grado volto alla semplice correzione di errori materiali o di semplici irregolarità involontarie si distingue profondamente dall’annullamento d’ufficio e dalla revoca, non avendo natura di vero e proprio provvedimento di riesame e non essendo assoggettato alla disciplina di cui all’art. 21-nonies della L. n. 241/1990, in quanto:
a) non riguarda atti affetti da vizi di merito o di legittimità e non presuppone alcuna valutazione, più o meno discrezionale, in ordine alla modifica del precedente operato della P.A. anzi secondo parte della giurisprudenza, ha natura doverosa, in luogo della discrezionalità insita nel potere di annullamento d’ufficio;
b) non coinvolge la valutazione dell’interesse pubblico sotteso all’emanazione del provvedimento di primo grado;
c) non comporta nessuna valutazione tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato;
d) non richiede una motivazione rigorosa;
e) si distingue, altresì, dalla regolarizzazione e dalla correzione, le quali, normalmente, comportano l’integrazione dell’atto.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro
generale 1285 del 2004, proposto dal sig.
Sepe Elio, rappresentato e difeso dagli avv. Ermete Sotis e Francesco Di Ciollo e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Latina, via Carducci, n. 7
Sepe Elio, rappresentato e difeso dagli avv. Ermete Sotis e Francesco Di Ciollo e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Latina, via Carducci, n. 7
contro
Comune di Fondi, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Lisetti e con domicilio ex lege fissato
presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4
e con l'intervento di
Sepe Arcangelo e Mancini Marisa, ambedue rappresentati
e difesi dall’avv. Francesco Di Ciollo e con domicilio eletto presso lo studio
dello stesso, in Latina, via Carducci, n. 7
a) con il ricorso originario:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Fondi
17 giugno 2004, n. 42, recante approvazione definitiva della variante al P.R.G.
adottata con l’approvazione del progetto di sistemazione della via Pantanelle;
- della nota del Comune di Fondi prot. n. 32602/p del
18 settembre 2004, comunicata il 2 ottobre 2004, contenente avviso al sig. Sepe
Elio dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo e
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera;
- della deliberazione della Giunta Municipale di Fondi
4 novembre 2004, n. 380, con la quale è stato approvato il progetto definitivo
dell’intervento di sistemazione della via Pantanelle;
- di ogni altro atto presupposto o successivo,
conseguente o connesso
b) con i motivi aggiunti depositati il 1° luglio 2005:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione e
previo decreto presidenziale inaudita altera parte
del decreto del Comune di Fondi n. 3 del 3 giugno
2005, recante decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione
ex art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, notificato unitamente alla nota comunale
prot. n. 21626/A di pari data, recante preavviso che alla data del 5 luglio
2005 si sarebbe proceduto all’immissione nel possesso dell’area di proprietà
del sig. Sepe, censita in catasto al fg. n. 45, part. n. 442
c) con i motivi aggiunti depositati il 21 luglio 2005:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione e
previo decreto presidenziale inaudita altera parte
del decreto del Comune di Fondi n. 4 del 23 giugno
2005, recante decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione
ex art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, inviato al sig. Sepe a mezzo del
servizio postale in data 29 giugno 2005.
Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione degli
atti gravati con il ricorso originario, proposta in via incidentale dal ricorrente;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la
documentazione del Comune di Fondi;
Viste l’ordinanza n. 98/2005 del 29 gennaio 2005, con
cui è stata respinta l’istanza di sospensione presentata con il ricorso
introduttivo, e l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2372/2005 del
18 maggio 2005, con cui è stato respinto l’appello proposto contro la
precedente;
Visto il ricorso per motivi aggiunti depositato il 1°
luglio 2005;
Visti l’istanza di misure cautelari provvisorie
presentata con i suddetti motivi aggiunti ed il decreto presidenziale n.
477/2005 del 5 luglio 2005, con cui tale istanza è stata accolta;
Vista la domanda di sospensione del provvedimento
impugnato con i motivi aggiunti, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Viste le memorie difensive depositate dal Comune di
Fondi e dal ricorrente;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dei sigg.ri
Sepe Arcangelo e Mancini Marisa;
Visti i motivi aggiunti depositati il 21 luglio 2005,
con la relativa istanza cautelare;
Vista la memoria difensiva degli intervenienti;
Vista l’ordinanza n. 554/2005 del 22 luglio 2005,
recante reiezione dell’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell'udienza pubblica del 19
dicembre 2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel
verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue
FATTO
Con il ricorso introduttivo indicato in epigrafe il
sig. Elio Sepe ha impugnato la deliberazione del Consiglio Comunale di Fondi 17
giugno 2004, n. 42, recante approvazione definitiva della variante al P.R.G.
adottata con precedente deliberazione consiliare n. 91 del 10 luglio 2002 (già
oggetto di distinta impugnazione) e riguardante il progetto di sistemazione ed
adeguamento di via Pantanelle, in Fondi. Ha impugnato, altresì, la nota
comunale recante comunicazione di avvio del procedimento di approvazione del
progetto definitivo dell’intervento di sistemazione di via Pantanelle, nonché
la deliberazione della Giunta Municipale di Fondi 4 novembre 2004, n. 380, con
cui è stato approvato il suddetto progetto definitivo.
Il ricorrente lamenta che il progetto approvato
andrebbe a prevedere – in luogo della realizzazione della strada di P.R.G. e
P.P.E. a servizio della zona industriale “Pantanelle” – una modificazione del
primo tratto dell’esistente via Pantanelle, non al servizio della predetta zona
industriale (la quale va ad intersecarsi con la strada di piano non
realizzata): verrebbe, anzi, creata una nuova strada ubicata sull’area agricola
del ricorrente stesso – il quale patisce l’ablazione dell’intero lotto di terreno
di sua proprietà – senza alcun riferimento alla zona industriale, allo stato
priva di strade di effettivo rilievo urbanistico e servita da viuzze di
fortuna, spesso non asfaltate e con grandi buche.
A supporto del ricorso originario, con cui ha
domandato l’annullamento degli atti impugnati, previa adozione di misure
cautelari, il sig. Sepe ha quindi dedotto i seguenti motivi:
- violazione dell’art. 1, quinto comma, della l. n.
1/1978, del regolamento di attuazione della l. n. 109/1994, della l. n.
1150/1942, della l. n. 167/1962, dell’art. 2 della l.r. n. 36/1987, delle norme
di attuazione del P.R.G. di Fondi e del P.P.E., mancata risposta alle
osservazioni critiche formulate nel corso del procedimento dalla parte
interessata;
- eccesso di potere, falsità dei presupposti,
sviamento, motivazione contraddittoria ed insufficiente in merito alla
variazione alle previsioni del P.R.G. e del P.P.E. ed alla modificazione del
progetto definitivo in danno del terreno del ricorrente, omesso esame delle
osservazioni critiche dello stesso ricorrente.
In sintesi, il sig. Sepe lamenta che – in aggiunta ai
vizi già dedotti con il ricorso autonomo proposto avverso i pregressi atti
della sequenza procedimentale – con il progetto definitivo approvato la P.A.
avrebbe irragionevolmente ampliato l’occupazione dell’appezzamento di terreno
di sua proprietà, il quale verrebbe ora immotivatamente occupato per intero,
senza che, peraltro, il Comune abbia dato risposta alle osservazioni critiche
del medesimo sig. Sepe.
Inoltre lamenta che:
- il Comune, con gli atti impugnati, avrebbe
arbitrariamente pretermesso l’originaria previsione di Piano, creando una nuova
arteria a preteso servizio dell’area di P.P.E., ma posta in realtà al di fuori
di siffatta area, su terreni con destinazione diversa (agricola).
- per quanto detto, solo in apparenza ci si troverebbe
di fronte ad un variante di sistemazione della strada destinata alla viabilità
dell’area industriale limitrofa. In realtà, il Comune avrebbe esorbitato dai
limiti del potere di introdurre varianti al P.R.G. ed al P.P.E. già approvati,
inserendo un nuovo vincolo espropriativo avulso dalle previsioni di Piano
tuttora vigenti, senza adempiere all’obbligo di fornire la motivazione
dell’intervenuta variazione, sebbene tale obbligo discendesse dall’incidenza
della variante sui diritti di terzi non assoggettati al vincolo di Piano;
- nel caso di specie, pertanto, il Comune non solo
sarebbe incorso nelle dedotte violazioni di legge e nella violazione degli
strumenti urbanistici definitivi, ma la sua condotta sarebbe affetta da eccesso
di potere per un uso della discrezionalità amministrativa in materia
urbanistica al limite dell’arbitrio e ciò, tanto più in presenza del riferito
aggravio (del tutto ingiustificato) dell’occupazione del lotto del ricorrente,
conseguente all’approvazione del progetto definitivo. Da ultimo, sarebbe
ravvisabile lo sviamento di potere, per avere il Comune sostituito un’opera
pubblica – peraltro già approvata – con un’altra senza alcuna motivazione, ma
solo con danno rilevante per il ricorrente.
Si è costituito in giudizio il Comune di Fondi,
depositando memoria difensiva con documentazione allegata e resistendo alle
pretese attoree.
Nella Camera di consiglio del 28 gennaio 2005 il
Collegio, considerato ad un primo esame il ricorso non assistito da fumus boni
juris, con ordinanza n. 98/2005 ha respinto l’istanza cautelare presentata con
il ricorso introduttivo.
Detta ordinanza è stata confermata dal Consiglio di
Stato, Sez. IV, che con ordinanza n. 2372/2005 del 18 maggio 2005 ha respinto
l’appello contro di essa proposto.
Con motivi aggiunti depositati il 1° luglio 2005 il
sig. Sepe ha, poi, impugnato il decreto comunale di occupazione d’urgenza del
lotto di terreno sua proprietà (n. 3 del 3 giugno 2005), chiedendone l’annullamento,
previa sospensione e previe misure cautelari provvisorie e deducendo le
seguenti doglianze:
- eccesso di potere e violazione di legge per omessa
applicazione della disciplina di cui all’art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001,
difetto assoluto di motivazione in ordine ai motivi di particolare urgenza,
inesistenza dei presupposti, giacché nel caso di specie la P.A. non avrebbe
dato conto dei motivi che l’hanno indotta a disporre l’occupazione d’urgenza
del fondo del ricorrente. L’occupazione, inoltre, provocando una trasformazione
irreversibile dello stato dei luoghi, in danno di un appezzamento di terreno
che presentava alberi di fico di gran pregio (con una notevole quantità di
frutti pendenti) ed un pozzo artesiano, impedirebbe una determinazione congrua
dell’indennità di esproprio;
- eccesso di potere e violazione di legge per
violazione dell’art. 22-bis cit. in relazione all’art. 20 del d.P.R. n.
327/2001, difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti, illogicità,
contraddittorietà e violazione dell’art. 45 del d.P.R. n. 327/2001, poiché la
P.A. avrebbe determinato in via provvisoria l’indennità di esproprio senza
considerare che sul terreno de quo ci sono i frutti pendenti, senza una
valutazione del costo del pozzo artesiano e senza adeguare il valore del
terreno al prezzo effettivo di mercato corrente nella zona. Ciò sarebbe
avvenuto a causa del ricorso alla procedura d’urgenza, che non avrebbe
consentito un adeguato contraddittorio procedimentale tra Ente espropriante e
soggetti da espropriare, non permettendo al ricorrente di instaurare una
trattativa con la P.A. finalizzata alla cessione volontaria dell’area, in modo
da pervenire ad un’equa (e congrua) valutazione del suolo e del soprasuolo.
Con decreto presidenziale n. 477/2005 del 5 luglio
2005 la domanda di misure cautelari provvisorie formulata con i succitati
motivi aggiunti è stata accolta.
Con atto depositato in data 15 luglio 2005 sono
intervenuti ad adiuvandum i sigg.ri Sepe Arcangelo e Mancini Marisa, facendo
valere la loro qualità di titolari di immobili a cui favore sussisterebbe – a
carico del terreno del ricorrente – una servitù di approvvigionamento idrico.
Il Comune di Fondi ha depositato un’ulteriore memoria,
con documentazione allegata, replicando ai motivi aggiunti e concludendo per il
loro rigetto, previo rigetto della relativa istanza cautelare.
Infine, con motivi aggiunti depositati in data 21
luglio 2005 il ricorrente ha impugnato il decreto di occupazione d’urgenza n. 4
del 23 giugno 2005, emanato dal Comune di Fondi a parziale rettifica ed
integrazione del precedente decreto n. 3 del 3 giugno 2005, impugnato con il
primo ricorso per motivi aggiunti (poc’anzi sintetizzato).
A supporto di detto secondo ricorso per motivi
aggiunti – con cui ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, del
provvedimento gravato, nonché previe misure cautelari provvisorie, il
ricorrente ha dedotto le seguenti ulteriori doglianze:
- nullità del provvedimento gravato per omessa
comunicazione della data di immissione in possesso (in relazione alla non
idoneità del procedimento avviato in forza del precedente decreto comunale n. 3
del 3 giugno 2005), nonché per mancanza dei presupposti per ricorrere alla
procedura d’urgenza, eccesso di potere per difetto di motivazione, erronea
applicazione del combinato disposto degli artt. 20, 22 e 22-bis del d.P.R. n.
327/2001, eccesso di potere per sviamento ed assenza dei presupposti, in quanto
nel caso di specie: a) il decreto impugnato non farebbe riferimento a nessun
requisito di urgenza o, comunque, recherebbe sul punto una motivazione illogica
ed apparente; b) il ricorrente sarebbe stato privato della facoltà di
presentare osservazioni sulla misura dell’indennità proposta; c) al ricorrente
sarebbe stato impedito di convenire la cessione volontaria del bene;
- violazione del combinato disposto degli artt. 22-bis
e 24 del d.P.R. n. 327/2001 per inosservanza del termine dilatorio per
l’immissione nel possesso e redazione dello stato di consistenza, difetto di
motivazione, atipicità, poiché l’impugnato decreto n. 4 sarebbe stato
recapitato al ricorrente tra il 4 ed il 5 luglio 2005, sebbene l’immissione nel
possesso fosse rimasta fissata alla medesima data del 5 luglio 2005 (dettata
dal precedente decreto n. 3): perciò, la sua notificazione sarebbe intempestiva
e tale da invalidare l’intera procedura espropriativa;
- nullità dell’impugnato decreto n. 4 per erronea
indicazione degli intestatari del bene, in quanto nel caso di specie il
provvedimento gravato indicherebbe tre intestatari diversi del terreno da occupare,
senza precisarne il titolo e facendo apparire il sig. Elio Sepe come
comproprietario pro indiviso del terreno stesso;
- nullità dell’impugnato decreto n. 4, in relazione
all’art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, per omessa notificazione dello stesso
ai terzi intervenuti, titolari del diritto di attingimento dell’acqua in favore
dei terreni distinti in catasto al fg. n. 45, part.lle nn. 127, 443 e 445,
giacché l’occupazione avrebbe dovuto essere notificata a tutti i titolari di
diritti reali gravanti sul lotto da espropriare;
- violazione di legge ed eccesso di potere per
violazione dell’art. 22-bis in relazione all’art. 20 del d.P.R. n. 327/2001,
difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti, illogicità,
contraddittorietà e violazione dell’art. 45 del d.P.R. n. 327/2001, per le
medesime ragioni (attinenti alla determinazione del valore del terreno da
espropriare) già illustrate con le doglianze contenute nel ricorso per motivi
aggiunti depositato il 1° luglio 2005.
Nella Camera di consiglio del 22 luglio 2005 il
Collegio, ritenuta, ad un sommario esame, l’istanza cautelare proposta con i
motivi aggiunti non assistita da fumus boni juris, in particolare per essere il
decreto impugnato adeguatamente motivato in relazione all’art. 22-bis del
d.P.R. n. 327/2001, con ordinanza n. 554/2005 ha respinto la predetta istanza.
All’udienza pubblica del 19 dicembre 2013 la causa è
stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso originario sono impugnate la
deliberazione consiliare di approvazione della variante al P.R.G. di Fondi
relativa all’intervento di sistemazione ed adeguamento della via Pantanelle e
la deliberazione della Giunta Comunale di approvazione del relativo progetto
definitivo.
Formano oggetto dei motivi aggiunti il decreto di
occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio dell’area del ricorrente – su
cui va realizzato l’intervento sopra citato – e l’ulteriore decreto recante
rettifica ed integrazione del precedente.
Il ricorso originario non è meritevole di
accoglimento.
Deve preliminarmente evidenziarsi che il distinto
ricorso rubricato al n. 379/2004 di R.G., con cui sono state impugnate le
deliberazioni di adozione della variante al P.R.G. e di controdeduzioni alle
osservazioni sulla variante adottata ed in relazione al quale era stata
presentata istanza di riunione al ricorso in epigrafe, è stato respinto da
questa Sezione con sentenza n. 566/2013 del 18 giugno 2013: stante la parziale
coincidenza delle doglianze, taluni degli argomenti ivi contenuti vanno
senz’altro qui riportati a confutazione delle censure sollevate dall’odierno
ricorrente, sig. Elio Sepe, con l’atto introduttivo del giudizio.
In particolare, nella sentenza n. 566/2013 cit. si è
sottolineato che la scelta effettuata dalla P.A. circa la localizzazione di
un’opera pubblica, quale, nel caso ora in esame, lo sviluppo integrato di
un’area periferica in condizioni di degrado, al fine del suo recupero, rientra
indubbiamente nell’esercizio del potere di governo del territorio riconosciuto
alla P.A. stessa: tale potere, ampiamente discrezionale, soggiace al sindacato
di legittimità del G.A. soltanto se le decisioni assunte si rivelino
palesemente viziate da illogicità, travisamento o contraddittorietà tra i
presupposti normativi e le determinazioni conclusive. Ne deriva che – in
presenza di censure che si limitino a proporre valutazioni alternative a quelle
eseguite dalla P.A., od a sviluppare argomentazioni generiche – il G.A. non può
sostituire il proprio apprezzamento a quello della competente Amministrazione,
né può esaminare scelte, la cui valutazione fuoriesca dal succitato sindacato
di legittimità.
Ciò premesso, nella fattispecie all’esame già in sede
cautelare era stata rilevata l’infondatezza delle censure dedotte con il
ricorso introduttivo, evidenziandosi che:
a) gli atti impugnati, alla luce delle rubricate
censure e delle finalità perseguite della P.A., appaiono resistere al
denunciato superamento dei limiti posti all’esercizio della discrezionalità
(ampia) di cui l’Ente locale gode nell’ambito della pianificazione urbanistica;
b) i motivi dedotti si rivelano generici e privi di
congrui elementi probatori, a fronte dell’interesse superiore della P.A. in
termini di recupero ambientale, sicurezza ed inquinamento;
c) la variante al P.R.G., di tipo particolare e non
generale, appare assistita da specifica ed adeguata motivazione.
Il Collegio ritiene di dover tener ferme le suesposte
valutazioni effettuate in sede cautelare. Per ciò che riguarda, più in
particolare, le ragioni sottese alla scelta urbanistica della P.A., esse si
evincono dalla deliberazione n. 91/2002, di adozione della variante al P.R.G.
(v. all. 4 della difesa comunale), in cui si legge che la strada da realizzare:
- si pone al servizio della zona industriale, in cui
sono in fase di realizzazione diversi capannoni per attività economiche;
- va a modificare il tracciato precedentemente
previsto, per evitare sbocchi sul ponte della Fontana della Volpe;
- serve a creare una viabilità alternativa,
completando un semi-anello, che permette sia di aggirare il centro abitato di
Fondi, deviando il traffico pesante direttamente sulla S.P. Fondi – S.
Anastasia, sia di raggiungere facilmente la zona industriale e quella artigianale
ubicata presso il M.O.F. (Mercato Ortofrutticolo), nonché il Mercato stesso;
- non va ad incidere sulla “Fontana della Volpe” ed
incide in modo limitato sulla “Fontana Lauro”, in misura inferiore rispetto
alla viabilità ipotizzata dal Piano Particolareggiato.
La deliberazione consiliare n. 91/2002 cit. ha quindi
chiarito, nelle sue premesse, che:
- il progetto di sistemazione ed adeguamento della
strada vicinale Pantanelle è volto a migliorare il traffico attraverso un
allargamento della sede stradale e dei servizi necessari, tenendo, altresì,
conto dell’impossibilità di pensare ad un intervento soltanto sui tratti più
compromessi dell’arteria, senza considerare uno sviluppo integrato rispetto
alla viabilità generale di concerto con i vigenti strumenti urbanistici;
- a tal fine, la Provincia di Latina ha inteso
realizzare un’arteria di collegamento tra la S.S. Appia e la località S.
Raffaele, per una lunghezza di circa mt. 3.000, in maniera da consentire un più
fluido collegamento della citata Statale con il Mercato Ortofrutticolo e con la
zona industriale, artigianale e commerciale, sgravando dal traffico
l’agglomerato urbano di Fondi;
- il progetto si propone, pertanto, in definitiva gli
obiettivi, da un lato, di migliorare la fluidità e la fruibilità della
periferia urbana di Fondi, sede delle maggiori attività produttive, dall’altro,
di dare importanti benefici in materia di recupero ambientale, sicurezza ed
inquinamento.
Nella deliberazione consiliare – in questa sede
gravata – n. 42/2004, di approvazione della variante al P.R.G., si legge, poi,
che il progetto di sistemazione di via Pantanelle si pone anche l’obiettivo di
diluire il traffico che spesso si concentra su via S. Raffaele (con i rischi
per la pubblica incolumità e con i disagi che ne derivano).
Alla luce di quanto esposto, le censure dedotte con il
ricorso introduttivo risultano senz’altro prive di fondamento e, pertanto, da
respingere. Ciò, tenuto anche conto dei limiti del sindacato del G.A. sulle
scelte discrezionali della P.A. in materia di pianificazione urbanistica:
limiti menzionati dalla sentenza di questa Sezione n. 566/2013, più sopra
riferita, nonché dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, con ordinanza n.
2372/2005 del 18 maggio 2005, in sede di esame dell’appello interposto nei confronti
dell’ordinanza di questa Sezione di rigetto dell’istanza cautelare proposta con
il gravame originario. Il Consiglio di Stato, pur con un esame “prima facie”,
ha infatti osservato che le censure articolate in primo grado dal sig. Sepe
impingono nel merito dell’azione amministrativa. Il Collegio condivide
l’osservazione e ritiene che impingano nel merito, in particolare, le censure
del ricorrente attinenti alle dimensioni maggiori o minori del lotto di terreno
di sua proprietà oggetto di procedura espropriativa per l’esecuzione dell’opera
pubblica di cui si tratta.
Sul punto si richiama, del resto, l’insegnamento della
costante giurisprudenza, secondo cui la scelta compiuta in un P.R.G., o in una
sua variante, di imprimere una particolare destinazione urbanistica ad una
determinata area, è caratterizzata da ampia discrezionalità e non necessità di
una particolare motivazione (v. C.d.S., Sez. IV, 13 aprile 2005, n. 1743).
Neppure in presenza di un Piano o di una variante, interessante una determinata
area, si impone un obbligo di puntuale motivazione relativa a tale scelta, ove
quest’ultima sia coerente con i criteri generali seguiti dal Piano o dalla
variante nella loro impostazione: ed invero, l’obbligo di motivazione in
materia di scelte urbanistiche sussiste solo quando la P.A., con le opzioni
effettuate, produca una lesione di posizioni soggettive meritevoli di una
specifica considerazione, quali le aspettative qualificate od i particolari
affidamenti discendenti dall’esistenza, in favore del privato, di giudicati
favorevoli, o da accordi con l’Ente locale aventi ad oggetto convenzioni di
lottizzazione, o, ancora, nel caso di superamento degli standard minimi (cfr.,
ex multis, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 23 novembre 2010, n. 8074).
Nessuna di siffatte ipotesi è rinvenibile nel caso ora
in esame. In questo, invece, la difesa comunale ha puntualizzato (ancorché in
sede di difesa sui motivi aggiunti) che la realizzazione della strada de qua si
è resa necessaria al fine di risolvere la questione della pericolosità della
zona interessata, per effetto delle difficoltà di accesso di T.I.R. e mezzi
industriali nella zona in questione, quale zona da cui si accede anche al
Mercato Ortofrutticolo: la preesistente ed unica via di accesso, infatti, risulta
limitata all’ingresso dal cavalcavia del binario ferroviario Roma-Napoli, da
cui derivano l’esigenza di manovre pericolose di autocarri e T.I.R. ed i
conseguenti ingorghi; né il ricorrente ha replicato in alcun modo a tali
argomentazioni difensive.
In definitiva, pertanto, il ricorso originario è nel
suo complesso infondato e da respingere.
Venendo ai ricorsi per motivi aggiunti, osserva il
Collegio come gli stessi siano parimenti infondati e, perciò, entrambi da
respingere.
In via preliminare, deve rilevarsi – a precisazione di
quanto asserito dal ricorrente sul punto – che il decreto di occupazione
d’urgenza n. 3 del 3 giugno 2005 (impugnato con il primo ricorso per motivi
aggiunti) non è stato sostituito, ma solo rettificato ed integrato, dal decreto
n. 4 del 23 giugno 2005 (gravato con il secondo ricorso per motivi aggiunti):
perciò, non si è prodotta alcuna improcedibilità per sopravvenuta carenza di
interesse del primo gruppo di motivi aggiunti.
Sempre in via preliminare, deve poi rilevarsi che
esulano della presente controversia e, in generale, dalla giurisdizione del
G.A., le questioni attinenti alla determinazione dell’indennità di esproprio,
la cui cognizione è riservata al G.O.: invero, le controversie relative alla
determinazione dell’indennità di esproprio – in quanto attinenti ad un diritto
soggettivo specificamente regolato dalla legge – sono devolute alla
giurisdizione ordinaria, tanto se il privato contesti l’iter procedurale
seguito dalla P.A., quanto ove contesti i criteri di liquidazione applicabili
(così, da ultimo, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 25 luglio 2013, n. 2163).
Nel merito, osserva poi il Collegio che sono infondate
tutte le censure che comunque rimandano ad una presunta carenza di motivazione,
da parte dell’Amministrazione procedente, circa le ragioni per addivenire
all’occupazione d’urgenza delle aree da espropriare, ai sensi dell’art. 22-bis
del d.P.R. n. 327/2001. Secondo la giurisprudenza, infatti, l’occupazione
d’urgenza è adeguatamente motivata in relazione al requisito dell’urgenza con
il richiamo alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, a sua volta
insita ex lege nell’atto di approvazione del progetto definitivo (cfr., ex
multis, C.d.S., Sez. IV, 24 settembre 2009, n. 4697; T.A.R. Molise, Sez. I, 28
gennaio 2013, n. 448; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2 luglio 2012, n.
1874).
Nel caso di specie, tanto il decreto di occupazione
d’urgenza n. 3 del 3 giugno 2005, quanto quello di sua integrazione n. 4 del 23
giugno 2005, richiamano espressamente la deliberazione della Giunta Comunale di
Fondi n. 380 del 4 novembre 2004, di approvazione del progetto definitivo,
dalla quale discende la pubblica utilità dell’opera e sono, dunque,
adeguatamente motivati in ordine al requisito dell’urgenza, con conseguente
infondatezza della relativa censura.
La legittimità dell’utilizzo, da parte della P.A.,
dell’occupazione d’urgenza ex art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001 esclude, poi,
che il mancato esperimento del procedimento ex art. 20 del d.P.R. n. 327 cit.,
previsto per la determinazione dell’indennità provvisoria di esproprio, sia
illegittimo: infatti, è proprio l’art. 22-bis cit. ad escludere che, nei casi
in cui la procedura d’urgenza trova applicazione, si possa esperire il
procedimento ex art. 20, commi 1 e 2, ed a prevedere un meccanismo alternativo
di determinazione della suddetta indennità. Ne discende che è infondata la
doglianza del ricorrente, secondo cui l’occupazione d’urgenza del terreno,
determinandone una trasformazione irreversibile, impedirebbe una stima adeguata
del suo valore. Né il ricorrente ha adeguatamente spiegato i motivi per cui la
suddetta occupazione gli avrebbe precluso la cessione volontaria del bene,
questa essendo possibile, ai sensi dell’art. 45, comma 1, del d.P.R. n.
327/2001, da quando è dichiarata la pubblica utilità dell’opera, fino alla data
in cui è eseguito il decreto di esproprio. Si ricorda, sul punto, che la
cessione volontaria è titolo definitivo per la P.A. per ottenere la
disponibilità dell’immobile, mentre l’occupazione d’urgenza ex art. 22-bis cit.
è titolo solamente temporaneo, in attesa dell’adozione del decreto ablativo: in
questo limitato senso, allora, la cessione volontaria è alternativa
all’occupazione d’urgenza (cfr. Cass. civ., SS.UU., 6 maggio 2009, n. 10362).
Per quanto concerne, poi, le doglianze proposte con i
(secondi) motivi aggiunti avverso il decreto n. 4 del 23 giugno 2005, va
chiarito, anzitutto, che si è trattato di un provvedimento emesso a rettifica
ed integrazione del precedente n. 3, per correggere l’erronea indicazione,
nell’elenco dei soggetti da espropriare ivi contenuto, dei dati catastali del
terreno dell’odierno ricorrente (con indicazione della particella n. 704,
anziché la n. 442), nonché l’omissione, in detto elenco, della ditta n. 33 (il
terreno della SILA S.r.l. identificato al fg. n. 45, part. n. 139); per il
resto – ed in specie per quanto riguarda la data di immissione, da parte della
P.A., nel possesso dei terreni da occupare – il riferito decreto n. 3 è rimasto
pienamente valido ed efficace. Per tale ragione, ad avviso del Collegio non vi
era alcuna necessità di stabilire una nuova data per l’immissione nel possesso
del terreno del sig. Elio Sepe, né questi può sostenere l’illegittimità del
decreto n. 4 per la pretesa tardività della sua notificazione, in quanto
avvenuta in prossimità della suddetta immissione.
Sul punto si rammenta che, per la costante
giurisprudenza (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 8 ottobre
2012, n. 1973), anche di questa Sezione (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. II, 17
luglio 2013, n. 644), la rettifica è il provvedimento mediante cui, di regola,
si elimina l’errore materiale in cui è incorsa l’Autorità emanante nella
determinazione del contenuto del provvedimento. Invero, la rettifica, quale
provvedimento di secondo grado volto alla semplice correzione di errori
materiali o di semplici irregolarità involontarie (cfr. T.A.R. Sicilia,
Palermo, Sez. II, 13 luglio 2012, n. 1548), si distingue profondamente
dall’annullamento d’ufficio e dalla revoca, non avendo natura di vero e proprio
provvedimento di riesame e non essendo assoggettato alla disciplina di cui
all’art. 21-nonies della l. n. 241/1990, in quanto:
a) non riguarda atti affetti da vizi di merito o di
legittimità e non presuppone alcuna valutazione, più o meno discrezionale, in
ordine alla modifica del precedente operato della P.A. (cfr. T.A.R. Sicilia,
Palermo, Sez. II, n. 1548/2012, cit.), anzi secondo parte della giurisprudenza,
ha natura doverosa, in luogo della discrezionalità insita nel potere di
annullamento d’ufficio (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 7 luglio 1988, n. 297);
b) non coinvolge la valutazione dell’interesse
pubblico sotteso all’emanazione del provvedimento di primo grado (cfr. T.A.R.
Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1973/2012, cit.);
c) non comporta nessuna valutazione tra l’interesse
pubblico e quello privato sacrificato (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige,
Bolzano, Sez. I, 19 luglio 2009, n. 271);
d) non richiede una motivazione rigorosa (T.A.R.
Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1973/2012, cit.);
e) si distingue, altresì, dalla regolarizzazione e
dalla correzione, le quali, normalmente, comportano l’integrazione dell’atto
(T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1548/2012, cit.). Nel caso ora esame, in
verità, il decreto n. 4 reca anche un’integrazione del contenuto del precedente
decreto n. 3, ma ciò è dovuto ad un’omissione presente in quest’ultimo (lì dove
l’elenco dei soggetti da espropriare passa dal n. 32 al n. 34 saltando il n.
33) discendente anch’essa da una mera svista, con il corollario che si resta
nell’ambito della rettifica, più che della vera e propria
integrazione/correzione.
La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che la
procedura espropriativa legittimamente si svolge, per quanto riguarda il
soggetto passivo, nei confronti dei proprietari iscritti negli atti catastali
(cfr. Cass. civ., Sez. I, 15 novembre 2004, n. 21622), tanto è vero che lo
svolgimento dell’espropriazione nei confronti del proprietario catastale e
l’omessa notificazione del decreto di esproprio al proprietario effettivo
comportano solo che questi non sia soggetto al termine di decadenza per
l’opposizione alla stima, ma non costituiscono motivo di carenza del potere
espropriativo.
Il sig. Sepe, quindi, non può dolersi del fatto che in
ambedue i decreti di occupazione d’urgenza (sia il n. 3, sia il n. 4) egli
risulti quale titolare del terreno da espropriare, al n. 13 dell’elenco dei
relativi soggetti, accanto ad altri due comproprietari, essendo un onere del
privato interessato curare l’esatta corrispondenza delle risultanze catastali
alla reale situazione giuridica del bene oggetto di procedura ablatoria, tanto
che è legittima la notifica dell’avviso di immissione nel possesso a colui che
risulti il proprietario catastale del fondo (cfr. C.d.S., Sez. IV, 17 dicembre
2003, n. 8289, secondo cui tale regola incontra un’eccezione solo nel caso in
cui la P.A. abbia una sicura ed esatta conoscenza della situazione dominicale
e, così, instauri un contraddittorio nel procedimento con i proprietari
effettivi, notificando a questi altri atti della procedura).
Da ultimo, per quanto concerne le doglianze incentrate
sull’esistenza, nel terreno da espropriare, di un pozzo artesiano gravato da
servitù di approvvigionamento idrico in favore di immobili limitrofi (ed in
specie di quelli di proprietà degli intervenienti ad adiuvandum), la difesa
comunale ha versato in atti una relazione del C.T. del Comune di Fondi da cui
si evince l’estraneità del pozzo stesso, per la sua ubicazione, ai lavori di
realizzazione della strada.
Peraltro, gli intervenienti si riferiscono al terreno
gravato dalla servitù de qua identificandolo con la particella n. 447 ed
affermando che trattasi della particella da espropriare nei confronti del sig.
Elio Sepe. Tuttavia, sia il succitato decreto n. 4, sia la planimetria delle
particelle da espropriare allegata al progetto definitivo, sia il piano
particellare di esproprio (documenti, questi, prodotti dal ricorrente in
allegato al secondo ricorso per motivi aggiunti) dimostrano con evidenza che il
lotto di terreno di proprietà del sig. Sepe assoggettato ad esproprio per la
realizzazione dell’intervento di sistemazione di via Pantanelle è distinto in
catasto al fg. n. 45, particella n. 442, e non alla n. 447: ne discende la
palese infondatezza delle doglianze formulate sul punto dal ricorrente, così
come l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, in quanto svolto da
soggetti che risultano non dover soffrire nessun pregiudizio per effetto
dell’intervento di cui si discute.
Da quanto esposto si desume, in definitiva,
l’infondatezza dei due ricorsi per motivi aggiunti, ferma restando, per il sig.
Sepe, la possibilità di far valere (eventuali) doglianze avverso la
determinazione dell’indennità di esproprio davanti al Giudice Ordinario.
In ultima analisi, quindi, il ricorso originario ed i
motivi aggiunti sono nel loro complesso infondati e, in quanto tali, interamente
da respingere, mentre l’atto di intervento ad adiuvandum va dichiarato
inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio –
Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul
ricorso originario e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li
respinge.
Dichiara inammissibile l’atto di intervento ad
adiuvandum.
Condanna indivisamente il ricorrente e gli
intervenienti ad adiuvandum al pagamento in favore del Comune di Fondi delle
spese ed onorari di causa, che liquida in misura forfettaria in complessivi €
3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del
giorno 19 dicembre 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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