giovedì 23 gennaio 2014

ESPROPRIAZIONE per PUBBLICA UTILITA': la distinzione tra la rettifica e le altre figure affini (T.A.R. Lazio, Latina, sentenza 16 gennaio 2014 n. 10).


ESPROPRIAZIONE per PUBBLICA UTILITA': 
la distinzione tra la rettifica 
e le altre figure affini 
(T.A.R. Lazio, Latina, 
sentenza 16 gennaio 2014 n. 10).


Sentenza "classificatoria" dei vizi del provvedimento in materia espropriativa.


Massima

1.  Esulano dalla giurisdizione del G.A., le questioni attinenti alla determinazione dell’indennità di esproprio, la cui cognizione è riservata al G.O.: invero, le controversie relative alla determinazione dell’indennità di esproprio – in quanto attinenti ad un diritto soggettivo specificamente regolato dalla legge – sono devolute alla giurisdizione ordinaria, tanto se il privato contesti l’iter procedurale seguito dalla P.A., quanto ove contesti i criteri di liquidazione applicabili.
2.  Per la costante giurisprudenza la rettifica è il provvedimento mediante cui, di regola, si elimina l’errore materiale in cui è incorsa l’Autorità emanante nella determinazione del contenuto del provvedimento. 
Invero, la rettifica, quale provvedimento di secondo grado volto alla semplice correzione di errori materiali o di semplici irregolarità involontarie si distingue profondamente dall’annullamento d’ufficio e dalla revoca, non avendo natura di vero e proprio provvedimento di riesame e non essendo assoggettato alla disciplina di cui all’art. 21-nonies della L. n. 241/1990, in quanto:
a) non riguarda atti affetti da vizi di merito o di legittimità e non presuppone alcuna valutazione, più o meno discrezionale, in ordine alla modifica del precedente operato della P.A.  anzi secondo parte della giurisprudenza, ha natura doverosa, in luogo della discrezionalità insita nel potere di annullamento d’ufficio;
b) non coinvolge la valutazione dell’interesse pubblico sotteso all’emanazione del provvedimento di primo grado;
c) non comporta nessuna valutazione tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato;
d) non richiede una motivazione rigorosa;
e) si distingue, altresì, dalla regolarizzazione e dalla correzione, le quali, normalmente, comportano l’integrazione dell’atto.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 1285 del 2004, proposto dal sig.
Sepe Elio, rappresentato e difeso dagli avv. Ermete Sotis e Francesco Di Ciollo e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Latina, via Carducci, n. 7
contro
Comune di Fondi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Lisetti e con domicilio ex lege fissato presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4
e con l'intervento di
Sepe Arcangelo e Mancini Marisa, ambedue rappresentati e difesi dall’avv. Francesco Di Ciollo e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Latina, via Carducci, n. 7 
a) con il ricorso originario:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Fondi 17 giugno 2004, n. 42, recante approvazione definitiva della variante al P.R.G. adottata con l’approvazione del progetto di sistemazione della via Pantanelle;
- della nota del Comune di Fondi prot. n. 32602/p del 18 settembre 2004, comunicata il 2 ottobre 2004, contenente avviso al sig. Sepe Elio dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità dell’opera;
- della deliberazione della Giunta Municipale di Fondi 4 novembre 2004, n. 380, con la quale è stato approvato il progetto definitivo dell’intervento di sistemazione della via Pantanelle;
- di ogni altro atto presupposto o successivo, conseguente o connesso

b) con i motivi aggiunti depositati il 1° luglio 2005:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione e previo decreto presidenziale inaudita altera parte
del decreto del Comune di Fondi n. 3 del 3 giugno 2005, recante decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione ex art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, notificato unitamente alla nota comunale prot. n. 21626/A di pari data, recante preavviso che alla data del 5 luglio 2005 si sarebbe proceduto all’immissione nel possesso dell’area di proprietà del sig. Sepe, censita in catasto al fg. n. 45, part. n. 442

c) con i motivi aggiunti depositati il 21 luglio 2005:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione e previo decreto presidenziale inaudita altera parte
del decreto del Comune di Fondi n. 4 del 23 giugno 2005, recante decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione ex art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, inviato al sig. Sepe a mezzo del servizio postale in data 29 giugno 2005.

Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti gravati con il ricorso originario, proposta in via incidentale dal ricorrente;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione del Comune di Fondi;
Viste l’ordinanza n. 98/2005 del 29 gennaio 2005, con cui è stata respinta l’istanza di sospensione presentata con il ricorso introduttivo, e l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2372/2005 del 18 maggio 2005, con cui è stato respinto l’appello proposto contro la precedente;
Visto il ricorso per motivi aggiunti depositato il 1° luglio 2005;
Visti l’istanza di misure cautelari provvisorie presentata con i suddetti motivi aggiunti ed il decreto presidenziale n. 477/2005 del 5 luglio 2005, con cui tale istanza è stata accolta;
Vista la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con i motivi aggiunti, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Viste le memorie difensive depositate dal Comune di Fondi e dal ricorrente;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dei sigg.ri Sepe Arcangelo e Mancini Marisa;
Visti i motivi aggiunti depositati il 21 luglio 2005, con la relativa istanza cautelare;
Vista la memoria difensiva degli intervenienti;
Vista l’ordinanza n. 554/2005 del 22 luglio 2005, recante reiezione dell’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell'udienza pubblica del 19 dicembre 2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO
Con il ricorso introduttivo indicato in epigrafe il sig. Elio Sepe ha impugnato la deliberazione del Consiglio Comunale di Fondi 17 giugno 2004, n. 42, recante approvazione definitiva della variante al P.R.G. adottata con precedente deliberazione consiliare n. 91 del 10 luglio 2002 (già oggetto di distinta impugnazione) e riguardante il progetto di sistemazione ed adeguamento di via Pantanelle, in Fondi. Ha impugnato, altresì, la nota comunale recante comunicazione di avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo dell’intervento di sistemazione di via Pantanelle, nonché la deliberazione della Giunta Municipale di Fondi 4 novembre 2004, n. 380, con cui è stato approvato il suddetto progetto definitivo.
Il ricorrente lamenta che il progetto approvato andrebbe a prevedere – in luogo della realizzazione della strada di P.R.G. e P.P.E. a servizio della zona industriale “Pantanelle” – una modificazione del primo tratto dell’esistente via Pantanelle, non al servizio della predetta zona industriale (la quale va ad intersecarsi con la strada di piano non realizzata): verrebbe, anzi, creata una nuova strada ubicata sull’area agricola del ricorrente stesso – il quale patisce l’ablazione dell’intero lotto di terreno di sua proprietà – senza alcun riferimento alla zona industriale, allo stato priva di strade di effettivo rilievo urbanistico e servita da viuzze di fortuna, spesso non asfaltate e con grandi buche.
A supporto del ricorso originario, con cui ha domandato l’annullamento degli atti impugnati, previa adozione di misure cautelari, il sig. Sepe ha quindi dedotto i seguenti motivi:
- violazione dell’art. 1, quinto comma, della l. n. 1/1978, del regolamento di attuazione della l. n. 109/1994, della l. n. 1150/1942, della l. n. 167/1962, dell’art. 2 della l.r. n. 36/1987, delle norme di attuazione del P.R.G. di Fondi e del P.P.E., mancata risposta alle osservazioni critiche formulate nel corso del procedimento dalla parte interessata;
- eccesso di potere, falsità dei presupposti, sviamento, motivazione contraddittoria ed insufficiente in merito alla variazione alle previsioni del P.R.G. e del P.P.E. ed alla modificazione del progetto definitivo in danno del terreno del ricorrente, omesso esame delle osservazioni critiche dello stesso ricorrente.
In sintesi, il sig. Sepe lamenta che – in aggiunta ai vizi già dedotti con il ricorso autonomo proposto avverso i pregressi atti della sequenza procedimentale – con il progetto definitivo approvato la P.A. avrebbe irragionevolmente ampliato l’occupazione dell’appezzamento di terreno di sua proprietà, il quale verrebbe ora immotivatamente occupato per intero, senza che, peraltro, il Comune abbia dato risposta alle osservazioni critiche del medesimo sig. Sepe.
Inoltre lamenta che:
- il Comune, con gli atti impugnati, avrebbe arbitrariamente pretermesso l’originaria previsione di Piano, creando una nuova arteria a preteso servizio dell’area di P.P.E., ma posta in realtà al di fuori di siffatta area, su terreni con destinazione diversa (agricola).
- per quanto detto, solo in apparenza ci si troverebbe di fronte ad un variante di sistemazione della strada destinata alla viabilità dell’area industriale limitrofa. In realtà, il Comune avrebbe esorbitato dai limiti del potere di introdurre varianti al P.R.G. ed al P.P.E. già approvati, inserendo un nuovo vincolo espropriativo avulso dalle previsioni di Piano tuttora vigenti, senza adempiere all’obbligo di fornire la motivazione dell’intervenuta variazione, sebbene tale obbligo discendesse dall’incidenza della variante sui diritti di terzi non assoggettati al vincolo di Piano;
- nel caso di specie, pertanto, il Comune non solo sarebbe incorso nelle dedotte violazioni di legge e nella violazione degli strumenti urbanistici definitivi, ma la sua condotta sarebbe affetta da eccesso di potere per un uso della discrezionalità amministrativa in materia urbanistica al limite dell’arbitrio e ciò, tanto più in presenza del riferito aggravio (del tutto ingiustificato) dell’occupazione del lotto del ricorrente, conseguente all’approvazione del progetto definitivo. Da ultimo, sarebbe ravvisabile lo sviamento di potere, per avere il Comune sostituito un’opera pubblica – peraltro già approvata – con un’altra senza alcuna motivazione, ma solo con danno rilevante per il ricorrente.
Si è costituito in giudizio il Comune di Fondi, depositando memoria difensiva con documentazione allegata e resistendo alle pretese attoree.
Nella Camera di consiglio del 28 gennaio 2005 il Collegio, considerato ad un primo esame il ricorso non assistito da fumus boni juris, con ordinanza n. 98/2005 ha respinto l’istanza cautelare presentata con il ricorso introduttivo.
Detta ordinanza è stata confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, che con ordinanza n. 2372/2005 del 18 maggio 2005 ha respinto l’appello contro di essa proposto.
Con motivi aggiunti depositati il 1° luglio 2005 il sig. Sepe ha, poi, impugnato il decreto comunale di occupazione d’urgenza del lotto di terreno sua proprietà (n. 3 del 3 giugno 2005), chiedendone l’annullamento, previa sospensione e previe misure cautelari provvisorie e deducendo le seguenti doglianze:
- eccesso di potere e violazione di legge per omessa applicazione della disciplina di cui all’art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, difetto assoluto di motivazione in ordine ai motivi di particolare urgenza, inesistenza dei presupposti, giacché nel caso di specie la P.A. non avrebbe dato conto dei motivi che l’hanno indotta a disporre l’occupazione d’urgenza del fondo del ricorrente. L’occupazione, inoltre, provocando una trasformazione irreversibile dello stato dei luoghi, in danno di un appezzamento di terreno che presentava alberi di fico di gran pregio (con una notevole quantità di frutti pendenti) ed un pozzo artesiano, impedirebbe una determinazione congrua dell’indennità di esproprio;
- eccesso di potere e violazione di legge per violazione dell’art. 22-bis cit. in relazione all’art. 20 del d.P.R. n. 327/2001, difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti, illogicità, contraddittorietà e violazione dell’art. 45 del d.P.R. n. 327/2001, poiché la P.A. avrebbe determinato in via provvisoria l’indennità di esproprio senza considerare che sul terreno de quo ci sono i frutti pendenti, senza una valutazione del costo del pozzo artesiano e senza adeguare il valore del terreno al prezzo effettivo di mercato corrente nella zona. Ciò sarebbe avvenuto a causa del ricorso alla procedura d’urgenza, che non avrebbe consentito un adeguato contraddittorio procedimentale tra Ente espropriante e soggetti da espropriare, non permettendo al ricorrente di instaurare una trattativa con la P.A. finalizzata alla cessione volontaria dell’area, in modo da pervenire ad un’equa (e congrua) valutazione del suolo e del soprasuolo.
Con decreto presidenziale n. 477/2005 del 5 luglio 2005 la domanda di misure cautelari provvisorie formulata con i succitati motivi aggiunti è stata accolta.
Con atto depositato in data 15 luglio 2005 sono intervenuti ad adiuvandum i sigg.ri Sepe Arcangelo e Mancini Marisa, facendo valere la loro qualità di titolari di immobili a cui favore sussisterebbe – a carico del terreno del ricorrente – una servitù di approvvigionamento idrico.
Il Comune di Fondi ha depositato un’ulteriore memoria, con documentazione allegata, replicando ai motivi aggiunti e concludendo per il loro rigetto, previo rigetto della relativa istanza cautelare.
Infine, con motivi aggiunti depositati in data 21 luglio 2005 il ricorrente ha impugnato il decreto di occupazione d’urgenza n. 4 del 23 giugno 2005, emanato dal Comune di Fondi a parziale rettifica ed integrazione del precedente decreto n. 3 del 3 giugno 2005, impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti (poc’anzi sintetizzato).
A supporto di detto secondo ricorso per motivi aggiunti – con cui ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento gravato, nonché previe misure cautelari provvisorie, il ricorrente ha dedotto le seguenti ulteriori doglianze:
- nullità del provvedimento gravato per omessa comunicazione della data di immissione in possesso (in relazione alla non idoneità del procedimento avviato in forza del precedente decreto comunale n. 3 del 3 giugno 2005), nonché per mancanza dei presupposti per ricorrere alla procedura d’urgenza, eccesso di potere per difetto di motivazione, erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 20, 22 e 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, eccesso di potere per sviamento ed assenza dei presupposti, in quanto nel caso di specie: a) il decreto impugnato non farebbe riferimento a nessun requisito di urgenza o, comunque, recherebbe sul punto una motivazione illogica ed apparente; b) il ricorrente sarebbe stato privato della facoltà di presentare osservazioni sulla misura dell’indennità proposta; c) al ricorrente sarebbe stato impedito di convenire la cessione volontaria del bene;
- violazione del combinato disposto degli artt. 22-bis e 24 del d.P.R. n. 327/2001 per inosservanza del termine dilatorio per l’immissione nel possesso e redazione dello stato di consistenza, difetto di motivazione, atipicità, poiché l’impugnato decreto n. 4 sarebbe stato recapitato al ricorrente tra il 4 ed il 5 luglio 2005, sebbene l’immissione nel possesso fosse rimasta fissata alla medesima data del 5 luglio 2005 (dettata dal precedente decreto n. 3): perciò, la sua notificazione sarebbe intempestiva e tale da invalidare l’intera procedura espropriativa;
- nullità dell’impugnato decreto n. 4 per erronea indicazione degli intestatari del bene, in quanto nel caso di specie il provvedimento gravato indicherebbe tre intestatari diversi del terreno da occupare, senza precisarne il titolo e facendo apparire il sig. Elio Sepe come comproprietario pro indiviso del terreno stesso;
- nullità dell’impugnato decreto n. 4, in relazione all’art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, per omessa notificazione dello stesso ai terzi intervenuti, titolari del diritto di attingimento dell’acqua in favore dei terreni distinti in catasto al fg. n. 45, part.lle nn. 127, 443 e 445, giacché l’occupazione avrebbe dovuto essere notificata a tutti i titolari di diritti reali gravanti sul lotto da espropriare;
- violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art. 22-bis in relazione all’art. 20 del d.P.R. n. 327/2001, difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti, illogicità, contraddittorietà e violazione dell’art. 45 del d.P.R. n. 327/2001, per le medesime ragioni (attinenti alla determinazione del valore del terreno da espropriare) già illustrate con le doglianze contenute nel ricorso per motivi aggiunti depositato il 1° luglio 2005.
Nella Camera di consiglio del 22 luglio 2005 il Collegio, ritenuta, ad un sommario esame, l’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti non assistita da fumus boni juris, in particolare per essere il decreto impugnato adeguatamente motivato in relazione all’art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, con ordinanza n. 554/2005 ha respinto la predetta istanza.
All’udienza pubblica del 19 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
Con il ricorso originario sono impugnate la deliberazione consiliare di approvazione della variante al P.R.G. di Fondi relativa all’intervento di sistemazione ed adeguamento della via Pantanelle e la deliberazione della Giunta Comunale di approvazione del relativo progetto definitivo.
Formano oggetto dei motivi aggiunti il decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio dell’area del ricorrente – su cui va realizzato l’intervento sopra citato – e l’ulteriore decreto recante rettifica ed integrazione del precedente.
Il ricorso originario non è meritevole di accoglimento.
Deve preliminarmente evidenziarsi che il distinto ricorso rubricato al n. 379/2004 di R.G., con cui sono state impugnate le deliberazioni di adozione della variante al P.R.G. e di controdeduzioni alle osservazioni sulla variante adottata ed in relazione al quale era stata presentata istanza di riunione al ricorso in epigrafe, è stato respinto da questa Sezione con sentenza n. 566/2013 del 18 giugno 2013: stante la parziale coincidenza delle doglianze, taluni degli argomenti ivi contenuti vanno senz’altro qui riportati a confutazione delle censure sollevate dall’odierno ricorrente, sig. Elio Sepe, con l’atto introduttivo del giudizio.
In particolare, nella sentenza n. 566/2013 cit. si è sottolineato che la scelta effettuata dalla P.A. circa la localizzazione di un’opera pubblica, quale, nel caso ora in esame, lo sviluppo integrato di un’area periferica in condizioni di degrado, al fine del suo recupero, rientra indubbiamente nell’esercizio del potere di governo del territorio riconosciuto alla P.A. stessa: tale potere, ampiamente discrezionale, soggiace al sindacato di legittimità del G.A. soltanto se le decisioni assunte si rivelino palesemente viziate da illogicità, travisamento o contraddittorietà tra i presupposti normativi e le determinazioni conclusive. Ne deriva che – in presenza di censure che si limitino a proporre valutazioni alternative a quelle eseguite dalla P.A., od a sviluppare argomentazioni generiche – il G.A. non può sostituire il proprio apprezzamento a quello della competente Amministrazione, né può esaminare scelte, la cui valutazione fuoriesca dal succitato sindacato di legittimità.
Ciò premesso, nella fattispecie all’esame già in sede cautelare era stata rilevata l’infondatezza delle censure dedotte con il ricorso introduttivo, evidenziandosi che:
a) gli atti impugnati, alla luce delle rubricate censure e delle finalità perseguite della P.A., appaiono resistere al denunciato superamento dei limiti posti all’esercizio della discrezionalità (ampia) di cui l’Ente locale gode nell’ambito della pianificazione urbanistica;
b) i motivi dedotti si rivelano generici e privi di congrui elementi probatori, a fronte dell’interesse superiore della P.A. in termini di recupero ambientale, sicurezza ed inquinamento;
c) la variante al P.R.G., di tipo particolare e non generale, appare assistita da specifica ed adeguata motivazione.
Il Collegio ritiene di dover tener ferme le suesposte valutazioni effettuate in sede cautelare. Per ciò che riguarda, più in particolare, le ragioni sottese alla scelta urbanistica della P.A., esse si evincono dalla deliberazione n. 91/2002, di adozione della variante al P.R.G. (v. all. 4 della difesa comunale), in cui si legge che la strada da realizzare:
- si pone al servizio della zona industriale, in cui sono in fase di realizzazione diversi capannoni per attività economiche;
- va a modificare il tracciato precedentemente previsto, per evitare sbocchi sul ponte della Fontana della Volpe;
- serve a creare una viabilità alternativa, completando un semi-anello, che permette sia di aggirare il centro abitato di Fondi, deviando il traffico pesante direttamente sulla S.P. Fondi – S. Anastasia, sia di raggiungere facilmente la zona industriale e quella artigianale ubicata presso il M.O.F. (Mercato Ortofrutticolo), nonché il Mercato stesso;
- non va ad incidere sulla “Fontana della Volpe” ed incide in modo limitato sulla “Fontana Lauro”, in misura inferiore rispetto alla viabilità ipotizzata dal Piano Particolareggiato.
La deliberazione consiliare n. 91/2002 cit. ha quindi chiarito, nelle sue premesse, che:
- il progetto di sistemazione ed adeguamento della strada vicinale Pantanelle è volto a migliorare il traffico attraverso un allargamento della sede stradale e dei servizi necessari, tenendo, altresì, conto dell’impossibilità di pensare ad un intervento soltanto sui tratti più compromessi dell’arteria, senza considerare uno sviluppo integrato rispetto alla viabilità generale di concerto con i vigenti strumenti urbanistici;
- a tal fine, la Provincia di Latina ha inteso realizzare un’arteria di collegamento tra la S.S. Appia e la località S. Raffaele, per una lunghezza di circa mt. 3.000, in maniera da consentire un più fluido collegamento della citata Statale con il Mercato Ortofrutticolo e con la zona industriale, artigianale e commerciale, sgravando dal traffico l’agglomerato urbano di Fondi;
- il progetto si propone, pertanto, in definitiva gli obiettivi, da un lato, di migliorare la fluidità e la fruibilità della periferia urbana di Fondi, sede delle maggiori attività produttive, dall’altro, di dare importanti benefici in materia di recupero ambientale, sicurezza ed inquinamento.
Nella deliberazione consiliare – in questa sede gravata – n. 42/2004, di approvazione della variante al P.R.G., si legge, poi, che il progetto di sistemazione di via Pantanelle si pone anche l’obiettivo di diluire il traffico che spesso si concentra su via S. Raffaele (con i rischi per la pubblica incolumità e con i disagi che ne derivano).
Alla luce di quanto esposto, le censure dedotte con il ricorso introduttivo risultano senz’altro prive di fondamento e, pertanto, da respingere. Ciò, tenuto anche conto dei limiti del sindacato del G.A. sulle scelte discrezionali della P.A. in materia di pianificazione urbanistica: limiti menzionati dalla sentenza di questa Sezione n. 566/2013, più sopra riferita, nonché dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2372/2005 del 18 maggio 2005, in sede di esame dell’appello interposto nei confronti dell’ordinanza di questa Sezione di rigetto dell’istanza cautelare proposta con il gravame originario. Il Consiglio di Stato, pur con un esame “prima facie”, ha infatti osservato che le censure articolate in primo grado dal sig. Sepe impingono nel merito dell’azione amministrativa. Il Collegio condivide l’osservazione e ritiene che impingano nel merito, in particolare, le censure del ricorrente attinenti alle dimensioni maggiori o minori del lotto di terreno di sua proprietà oggetto di procedura espropriativa per l’esecuzione dell’opera pubblica di cui si tratta.
Sul punto si richiama, del resto, l’insegnamento della costante giurisprudenza, secondo cui la scelta compiuta in un P.R.G., o in una sua variante, di imprimere una particolare destinazione urbanistica ad una determinata area, è caratterizzata da ampia discrezionalità e non necessità di una particolare motivazione (v. C.d.S., Sez. IV, 13 aprile 2005, n. 1743). Neppure in presenza di un Piano o di una variante, interessante una determinata area, si impone un obbligo di puntuale motivazione relativa a tale scelta, ove quest’ultima sia coerente con i criteri generali seguiti dal Piano o dalla variante nella loro impostazione: ed invero, l’obbligo di motivazione in materia di scelte urbanistiche sussiste solo quando la P.A., con le opzioni effettuate, produca una lesione di posizioni soggettive meritevoli di una specifica considerazione, quali le aspettative qualificate od i particolari affidamenti discendenti dall’esistenza, in favore del privato, di giudicati favorevoli, o da accordi con l’Ente locale aventi ad oggetto convenzioni di lottizzazione, o, ancora, nel caso di superamento degli standard minimi (cfr., ex multis, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 23 novembre 2010, n. 8074).
Nessuna di siffatte ipotesi è rinvenibile nel caso ora in esame. In questo, invece, la difesa comunale ha puntualizzato (ancorché in sede di difesa sui motivi aggiunti) che la realizzazione della strada de qua si è resa necessaria al fine di risolvere la questione della pericolosità della zona interessata, per effetto delle difficoltà di accesso di T.I.R. e mezzi industriali nella zona in questione, quale zona da cui si accede anche al Mercato Ortofrutticolo: la preesistente ed unica via di accesso, infatti, risulta limitata all’ingresso dal cavalcavia del binario ferroviario Roma-Napoli, da cui derivano l’esigenza di manovre pericolose di autocarri e T.I.R. ed i conseguenti ingorghi; né il ricorrente ha replicato in alcun modo a tali argomentazioni difensive.
In definitiva, pertanto, il ricorso originario è nel suo complesso infondato e da respingere.
Venendo ai ricorsi per motivi aggiunti, osserva il Collegio come gli stessi siano parimenti infondati e, perciò, entrambi da respingere.
In via preliminare, deve rilevarsi – a precisazione di quanto asserito dal ricorrente sul punto – che il decreto di occupazione d’urgenza n. 3 del 3 giugno 2005 (impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti) non è stato sostituito, ma solo rettificato ed integrato, dal decreto n. 4 del 23 giugno 2005 (gravato con il secondo ricorso per motivi aggiunti): perciò, non si è prodotta alcuna improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del primo gruppo di motivi aggiunti.
Sempre in via preliminare, deve poi rilevarsi che esulano della presente controversia e, in generale, dalla giurisdizione del G.A., le questioni attinenti alla determinazione dell’indennità di esproprio, la cui cognizione è riservata al G.O.: invero, le controversie relative alla determinazione dell’indennità di esproprio – in quanto attinenti ad un diritto soggettivo specificamente regolato dalla legge – sono devolute alla giurisdizione ordinaria, tanto se il privato contesti l’iter procedurale seguito dalla P.A., quanto ove contesti i criteri di liquidazione applicabili (così, da ultimo, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 25 luglio 2013, n. 2163).
Nel merito, osserva poi il Collegio che sono infondate tutte le censure che comunque rimandano ad una presunta carenza di motivazione, da parte dell’Amministrazione procedente, circa le ragioni per addivenire all’occupazione d’urgenza delle aree da espropriare, ai sensi dell’art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001. Secondo la giurisprudenza, infatti, l’occupazione d’urgenza è adeguatamente motivata in relazione al requisito dell’urgenza con il richiamo alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, a sua volta insita ex lege nell’atto di approvazione del progetto definitivo (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. IV, 24 settembre 2009, n. 4697; T.A.R. Molise, Sez. I, 28 gennaio 2013, n. 448; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2 luglio 2012, n. 1874).
Nel caso di specie, tanto il decreto di occupazione d’urgenza n. 3 del 3 giugno 2005, quanto quello di sua integrazione n. 4 del 23 giugno 2005, richiamano espressamente la deliberazione della Giunta Comunale di Fondi n. 380 del 4 novembre 2004, di approvazione del progetto definitivo, dalla quale discende la pubblica utilità dell’opera e sono, dunque, adeguatamente motivati in ordine al requisito dell’urgenza, con conseguente infondatezza della relativa censura.
La legittimità dell’utilizzo, da parte della P.A., dell’occupazione d’urgenza ex art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001 esclude, poi, che il mancato esperimento del procedimento ex art. 20 del d.P.R. n. 327 cit., previsto per la determinazione dell’indennità provvisoria di esproprio, sia illegittimo: infatti, è proprio l’art. 22-bis cit. ad escludere che, nei casi in cui la procedura d’urgenza trova applicazione, si possa esperire il procedimento ex art. 20, commi 1 e 2, ed a prevedere un meccanismo alternativo di determinazione della suddetta indennità. Ne discende che è infondata la doglianza del ricorrente, secondo cui l’occupazione d’urgenza del terreno, determinandone una trasformazione irreversibile, impedirebbe una stima adeguata del suo valore. Né il ricorrente ha adeguatamente spiegato i motivi per cui la suddetta occupazione gli avrebbe precluso la cessione volontaria del bene, questa essendo possibile, ai sensi dell’art. 45, comma 1, del d.P.R. n. 327/2001, da quando è dichiarata la pubblica utilità dell’opera, fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio. Si ricorda, sul punto, che la cessione volontaria è titolo definitivo per la P.A. per ottenere la disponibilità dell’immobile, mentre l’occupazione d’urgenza ex art. 22-bis cit. è titolo solamente temporaneo, in attesa dell’adozione del decreto ablativo: in questo limitato senso, allora, la cessione volontaria è alternativa all’occupazione d’urgenza (cfr. Cass. civ., SS.UU., 6 maggio 2009, n. 10362).
Per quanto concerne, poi, le doglianze proposte con i (secondi) motivi aggiunti avverso il decreto n. 4 del 23 giugno 2005, va chiarito, anzitutto, che si è trattato di un provvedimento emesso a rettifica ed integrazione del precedente n. 3, per correggere l’erronea indicazione, nell’elenco dei soggetti da espropriare ivi contenuto, dei dati catastali del terreno dell’odierno ricorrente (con indicazione della particella n. 704, anziché la n. 442), nonché l’omissione, in detto elenco, della ditta n. 33 (il terreno della SILA S.r.l. identificato al fg. n. 45, part. n. 139); per il resto – ed in specie per quanto riguarda la data di immissione, da parte della P.A., nel possesso dei terreni da occupare – il riferito decreto n. 3 è rimasto pienamente valido ed efficace. Per tale ragione, ad avviso del Collegio non vi era alcuna necessità di stabilire una nuova data per l’immissione nel possesso del terreno del sig. Elio Sepe, né questi può sostenere l’illegittimità del decreto n. 4 per la pretesa tardività della sua notificazione, in quanto avvenuta in prossimità della suddetta immissione.
Sul punto si rammenta che, per la costante giurisprudenza (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 8 ottobre 2012, n. 1973), anche di questa Sezione (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. II, 17 luglio 2013, n. 644), la rettifica è il provvedimento mediante cui, di regola, si elimina l’errore materiale in cui è incorsa l’Autorità emanante nella determinazione del contenuto del provvedimento. Invero, la rettifica, quale provvedimento di secondo grado volto alla semplice correzione di errori materiali o di semplici irregolarità involontarie (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 13 luglio 2012, n. 1548), si distingue profondamente dall’annullamento d’ufficio e dalla revoca, non avendo natura di vero e proprio provvedimento di riesame e non essendo assoggettato alla disciplina di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241/1990, in quanto:
a) non riguarda atti affetti da vizi di merito o di legittimità e non presuppone alcuna valutazione, più o meno discrezionale, in ordine alla modifica del precedente operato della P.A. (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1548/2012, cit.), anzi secondo parte della giurisprudenza, ha natura doverosa, in luogo della discrezionalità insita nel potere di annullamento d’ufficio (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 7 luglio 1988, n. 297);
b) non coinvolge la valutazione dell’interesse pubblico sotteso all’emanazione del provvedimento di primo grado (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1973/2012, cit.);
c) non comporta nessuna valutazione tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, Sez. I, 19 luglio 2009, n. 271);
d) non richiede una motivazione rigorosa (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1973/2012, cit.);
e) si distingue, altresì, dalla regolarizzazione e dalla correzione, le quali, normalmente, comportano l’integrazione dell’atto (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, n. 1548/2012, cit.). Nel caso ora esame, in verità, il decreto n. 4 reca anche un’integrazione del contenuto del precedente decreto n. 3, ma ciò è dovuto ad un’omissione presente in quest’ultimo (lì dove l’elenco dei soggetti da espropriare passa dal n. 32 al n. 34 saltando il n. 33) discendente anch’essa da una mera svista, con il corollario che si resta nell’ambito della rettifica, più che della vera e propria integrazione/correzione.
La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che la procedura espropriativa legittimamente si svolge, per quanto riguarda il soggetto passivo, nei confronti dei proprietari iscritti negli atti catastali (cfr. Cass. civ., Sez. I, 15 novembre 2004, n. 21622), tanto è vero che lo svolgimento dell’espropriazione nei confronti del proprietario catastale e l’omessa notificazione del decreto di esproprio al proprietario effettivo comportano solo che questi non sia soggetto al termine di decadenza per l’opposizione alla stima, ma non costituiscono motivo di carenza del potere espropriativo.
Il sig. Sepe, quindi, non può dolersi del fatto che in ambedue i decreti di occupazione d’urgenza (sia il n. 3, sia il n. 4) egli risulti quale titolare del terreno da espropriare, al n. 13 dell’elenco dei relativi soggetti, accanto ad altri due comproprietari, essendo un onere del privato interessato curare l’esatta corrispondenza delle risultanze catastali alla reale situazione giuridica del bene oggetto di procedura ablatoria, tanto che è legittima la notifica dell’avviso di immissione nel possesso a colui che risulti il proprietario catastale del fondo (cfr. C.d.S., Sez. IV, 17 dicembre 2003, n. 8289, secondo cui tale regola incontra un’eccezione solo nel caso in cui la P.A. abbia una sicura ed esatta conoscenza della situazione dominicale e, così, instauri un contraddittorio nel procedimento con i proprietari effettivi, notificando a questi altri atti della procedura).
Da ultimo, per quanto concerne le doglianze incentrate sull’esistenza, nel terreno da espropriare, di un pozzo artesiano gravato da servitù di approvvigionamento idrico in favore di immobili limitrofi (ed in specie di quelli di proprietà degli intervenienti ad adiuvandum), la difesa comunale ha versato in atti una relazione del C.T. del Comune di Fondi da cui si evince l’estraneità del pozzo stesso, per la sua ubicazione, ai lavori di realizzazione della strada.
Peraltro, gli intervenienti si riferiscono al terreno gravato dalla servitù de qua identificandolo con la particella n. 447 ed affermando che trattasi della particella da espropriare nei confronti del sig. Elio Sepe. Tuttavia, sia il succitato decreto n. 4, sia la planimetria delle particelle da espropriare allegata al progetto definitivo, sia il piano particellare di esproprio (documenti, questi, prodotti dal ricorrente in allegato al secondo ricorso per motivi aggiunti) dimostrano con evidenza che il lotto di terreno di proprietà del sig. Sepe assoggettato ad esproprio per la realizzazione dell’intervento di sistemazione di via Pantanelle è distinto in catasto al fg. n. 45, particella n. 442, e non alla n. 447: ne discende la palese infondatezza delle doglianze formulate sul punto dal ricorrente, così come l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, in quanto svolto da soggetti che risultano non dover soffrire nessun pregiudizio per effetto dell’intervento di cui si discute.
Da quanto esposto si desume, in definitiva, l’infondatezza dei due ricorsi per motivi aggiunti, ferma restando, per il sig. Sepe, la possibilità di far valere (eventuali) doglianze avverso la determinazione dell’indennità di esproprio davanti al Giudice Ordinario.
In ultima analisi, quindi, il ricorso originario ed i motivi aggiunti sono nel loro complesso infondati e, in quanto tali, interamente da respingere, mentre l’atto di intervento ad adiuvandum va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso originario e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Dichiara inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum.
Condanna indivisamente il ricorrente e gli intervenienti ad adiuvandum al pagamento in favore del Comune di Fondi delle spese ed onorari di causa, che liquida in misura forfettaria in complessivi € 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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