APPALTI:
la dissociazione della ditta concorrente
"ex" art. 38 co. 1 lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006
(Cons. St., Sez. V,
sentenza 30 aprile 2014, n. 2271).
Massima
1. La dissociazione di cui all'art. 38, co. 1, lett c) del D.Lgs. n. 163/2006, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme, ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa.
2. Ciò che rileva è che l’obiettivo di interesse pubblico perseguito
non può essere eluso facendo riferimento ad argomenti di carattere
formalistico, quali il venir meno della carica al momento della condanna o la
mancanza di strumenti per modificare coattivamente la compagine sociale.
3. Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che, alla data
della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il Sig. XYZ era titolare del 95% del capitale sociale della società partecipante,
pur non avendo esso poteri di rappresentanza verso terzi.
E’ evidente che, nel caso di specie, una mera azione di
responsabilità nei confronti del medesimo, proposta da una società a base
ristretta come una s.r.l., partecipata al 95% dal responsabile stesso non
garantisce in alcun modo che la società si sia fattivamente dissociata dalla
condotta del Sig. XYZ, occorrendo qualcosa di più significativo e
preciso.
4. Ad esempio nel caso di specie, appurato che non possa ottenersi
l’esclusione del socio, almeno la richiesta di un provvedimento di sequestro a
garanzia dell’azione e l’individuazione di un nuovo amministratore della
società che sia del tutto indipendente e che dia garanzie serie di perseguire e
proseguire nell’azione di responsabilità intrapresa.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 5491 del 2011, proposto dal Consorzio
Stabile Ambrosiano, Soc. Cons. a r.l., rappresentato e difeso dall'avv.
Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via del
Mascherino, 72;
contro
Arcovent
Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Guido Francesco Romanelli e Tiziano
Ugoccioni, con domicilio eletto presso l’avv. Guido Francesco Romanelli in
Roma, via Cosseria, 5;
nei confronti di
Centostazioni
S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Vinti ed Elia Barbieri, con
domicilio eletto presso l’avv. Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88;
per la riforma
della
sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE II n.
888/2011, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione definitiva della
progettazione esecutiva e della esecuzione dei lavori di recupero e di
adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo.
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di Arcovent Srl e di Centostazioni S.p.A.;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò
Lotti e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Zoppolato, Guido Francesco
Romanelli e Paola Chirulli, su delega dell'avv. Stefano Vinti;
FATTO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Brescia, Sez. II, con la
sentenza 9 giugno 2011, n. 888, ha accolto il ricorso n. 643 del 2011 proposto
dall’attuale parte appellata Arcovent Srl per l’annullamento del provvedimento
emesso in data 1° aprile 2011 da Centostazioni s.p.a., di aggiudicazione
definitiva della “progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di recupero
ed adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo”, comunicato in
data 1° aprile 2011; della comunicazione dell’esito della gara comunicato in
data 1° aprile 2011; in parte qua, dei verbali di gara, ed in
particolare di quello del 14 dicembre 2010 e relativi allegati, nonché della graduatoria
finale stilata dalla Commissione di gara, in quanto atti presupposti, nella
parte in cui l’offerta del Consorzio Stabile Ambrosiano scarl non è stata
esclusa dalla procedura di gara.
Il
TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che il ricorso meritava
accoglimento sotto il profilo, principale ed assorbente, dedotto con la terza
censura.
Per
il TAR, l’impresa controinteressata in primo grado risultava aver puntualmente
rispettato l’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38 del Codice dei
contratti pubblici, dimostrando altresì di aver provveduto ad intentare una
azione di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore privo dei
requisiti morali e di affidabilità.
Ciononostante,
nel caso di specie, secondo il TAR, tale comportamento, in linea di principio
idoneo a dimostrare la reale volontà dissociativa, non è apparso sufficiente a
garantire laratio perseguita dalla norma, atteso che la compagine
sociale non risulta essere stata modificata.
In
ragione di ciò, ha osservato infatti il TAR, l’amministratore cessato,
destinatario di condanna ostativa alla partecipazione alla gara, risultava,
alla data della presentazione della domanda, titolare del 95 % del capitale
sociale della società partecipante. Pur non avendo esso poteri di
rappresentanza verso l’esterno, quindi, non poteva escludersi che, in tale
situazione, la guida della società fosse comunque rimasta in capo al soggetto
condannato, con conseguente esclusione dell’affidabilità anche dell’impresa.
L’appellante
contestava la sentenza del TAR deducendo violazione dell’art. 38, comma 1,
lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; violazione dei principi generali
in tema di pubbliche gare; violazione degli artt. 2380-bis e 2639 del codice
civile; eccesso di potere per assenza di istruttoria, travisamento dei
presupposti di fatto e diritto, carenza di motivazione ed illogicità.
Con
l’appello in esame, quindi, si chiedeva la reiezione del ricorso di primo
grado.
Si
costituivano l’Amministrazione appellata, chiedendo il rigetto dell’appello, e
il controinteressato, che proponeva appello incidentale nel quale ripresentava
le censure assorbite in primo grado.
All’udienza
pubblica dell’11 marzo 2014 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.
La vicenda sottoposta all’esame del Collegio riguarda una procedura negoziata
indetta dall’appellata Centostazioni S.p.a. avente ad oggetto la “progettazione
esecutiva e l’esecuzione dei lavori di recupero ed adeguamento funzionale della
stazione ferroviaria di Bergamo” per un importo complessivo a basa d’asta di
Euro 3.479.528,18.
All’esito
definitivo della suddetta gara, risultava aggiudicatario il Consorzio Stabile
Ambrosiano Soc. Cons. a r.l., che aveva partecipato alla procedura per conto di
una propria consorziata, Fenini S.r.l., con un punteggio di 70,39 mentre la
società Arcovent (odierna appellata e appellante incidentale) aveva conseguito 68,18
punti.
La
società Fenini S.r.l., nell’ambito della propria offerta, aveva dichiarato che
il Sig. Giovanni Fenini, ex amministratore della società (cd. attuale socio al
95%), era cessato dalla carica in data 19 maggio 2010 a seguito dell’emissione
di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p.,
divenuta irrevocabile in data 12 marzo 2010, per il reato di cui agli articoli
81 cpv. Cod. Pen. e 2 d.lgs. n. 74-2000.
Detta
società aveva inoltre dichiarato che avrebbe posto in essere atti di
dissociazione dalla condotta tenuta dal citato Giovanni Fenini; in particolare
l’odierna appellante principale ha determinato di avviare nei confronti del
sig. Giovanni Fenini un’azione di responsabilità sociale con contestuale
richiesta risarcitoria di oltre Euro 250.000,00: la relativa vertenza
giudiziaria è tutt’ora pendente innanzi al Tribunale di Milano (Sez. VII), ove
è rubricata al n. R.G. 63427-2010.
2.
Premesse tale evidenze di fatto, ritiene il Collegio che l’appello sia
infondato.
Sotto
il profilo fattuale è indiscutibile e pacifico tra le parti sia la sussistenza
dei precedenti penali (dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture per
operazioni inesistenti) dell’ex amministratore della società Fenini S.r.l.,
Sig. Giovanni Fenini; sia la sussistenza di atti e misure che la stessa società
consorziata ha posto in essere per dissociarsi dalla condotta penalmente
sanzionata del suo precedente amministratore.
Nel
caso in esame, infatti, dopo aver appreso della condanna riportata dal suo ex
amministratore, l’assemblea dei soci della FENINI Srl, con la doverosa
astensione dello stesso Sig. Giovanni Fenini, ha deliberato l’avvio di
un’azione di responsabilità ai sensi dell’articolo 2476 Cod. Civ. nei confronti
dell’ex amministratore in questione, con conseguente azione risarcitoria e
richiesta di condanna per oltre € 250.000,00.
Ciò
che rimane controvertibile tra le parti e che ha formato oggetto della sentenza
impugnata non è, dunque, il principio secondo cui - per evitare che la condanna
inflitta al soggetto che ha ricoperto cariche sociali si ripercuota sulla
società - non è sufficiente la sola cessazione dalla carica sociale, per
dimissioni o per allontanamento, potendosi trattare di mera sostituzione di
facciata, ma occorre la dimostrazione che quest'ultima ha adottato "atti
concreti e tangibili di dissociazione dalla condotta delittuosa, quale ad
esempio l'aver iniziato verso lo stesso azione di responsabilità sociale",
sicché in mancanza di detti atti di dissociazione, è illegittima l'aggiudicazione
di una gara d'appalto che venga disposta nei confronti di una società il cui
presidente del Consiglio di amministrazione abbia nel triennio precedente la
data di pubblicazione del bando di gara subito una condanna penale ex art. 444,
c.p.p. che incidono sulla sua affidabilità morale e professionale.
Ciò
che rimane controvertibile tra le parti è, piuttosto, l’idoneità in concreto,
in relazione alle circostanze di fatto peculiari e individualizzanti che
connotano il presente giudizio e la vicenda, della condotta assunta dalla
società Fenini S.r.l., ad integrare una condotta di effettiva dissociazione
dall’attività penalmente rilevante, posta in essere dall’ex amministratore.
E’
evidente che, se non si richiedesse un’effettività della dissociazione, la
norma che vieta la partecipazione delle imprese alle gare d’appalto i cui
amministratori siano incorsi in reati incidenti sulla moralità professionale si
presterebbe a facili elusioni e le attività di dissociazione rivestirebbero la
qualità di mere ‘operazioni di facciata’, consentendo invece il perpetrarsi di
illeciti e il rischio che si assuma quale contraente con la P.A. un soggetto
che dovrebbe essere qualificabile come inaffidabile, proprio il rischio che, ai
sensi dell’art. 38, il legislatore intende scongiurare.
Così
perimetrato il thema decidendum, è evidente che non rileva nella
specie il principio di tassatività delle cause di esclusione, codificato
dall’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163-06, poiché la questione, come
detto, non è relativa ad una nuova e diversa causa di esclusione rispetto a
quella prevista dalla legge, ma riguarda l’idoneità dell’atto concreto adottato
dalla società appellante (rectius: dalla Fenini) ad integrare l’ipotesi,
normativamente prevista, di dissociazione e, quindi, a consentire la
partecipazione dell’appellante alla gara d’appalto.
Né
è conferente l’estensione anche ai soci delle cause di esclusione ex art. 38,
comma 1, lett. b) e c)”, avvenuta solo per le gare indette dopo il 14 maggio
2011 ex art. 4, comma 3, D.L. n. 70-2011, poiché come detto, l’esclusione in
contestazione riguarda il Sig. Giovanni Fenini in quanto ex amministratore e
non in quanto socio.
La
sua qualità di socio è dedotta soltanto quale mero elemento di fatto idoneo a
dimostrare l’insufficienza dell’azione di dissociazione intrapresa nel caso
concreto dalla società Fenini s.r.l.
Secondo
questo Collegio, effettivamente, l’azione di dissociazione intrapresa nel caso
concreto dalla società Fenini s.r.l. non è sufficiente a realizzare un’effettiva
dissociazione dalla condotta dell’ex amministratore.
Infatti,
come già detto, la disposizione alla stregua della quale il TAR ha ritenuto
doverosa l’esclusione della società appellante è posta a tutela di un interesse
che trascende quello dei soci e che si riferisce al mercato degli appalti
pubblici.
Ciò
vuol dire che l’obiettivo di interesse pubblico perseguito non può essere eluso
facendo riferimento ad argomenti di carattere formalistico, quali il venir meno
della carica al momento della condanna o la mancanza di strumenti per
modificare coattivamente la compagine sociale.
La
dissociazione, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo
in svariate forme, ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa.
Nel
caso di specie, non è revocabile in dubbio che, alla data della presentazione
della domanda di partecipazione alla gara, il sig. Giovanni Fenini era titolare
del 95% del capitale sociale della società partecipante, pur non avendo esso
poteri di rappresentanza verso terzi.
E’
evidente che, nel caso di specie, una mera azione di responsabilità nei
confronti del medesimo, proposta da una società a base ristretta come una
s.r.l., partecipata al 95% dal responsabile stesso non garantisce in alcun modo
che la società si sia fattivamente dissociata dalla condotta del sig. Giovanni
Fenini, occorrendo qualcosa di più significativo e preciso, ad esempio nel caso
di specie, appurato che non possa ottenersi l’esclusione del socio, almeno la
richiesta di un provvedimento di sequestro a garanzia dell’azione e
l’individuazione di un nuovo amministratore della società che sia del tutto
indipendente e che dia garanzie serie di perseguire e proseguire nell’azione di
responsabilità intrapresa.
Solo
tali ulteriori modalità possono dirsi, nel caso concreto, integrare forme di
esistente, univoca e completa dissociazione dell’impresa, in un caso, come
quello in oggetto, che è del tutto peculiare e specifico, rispetto alle
situazioni ordinarie, ove l’azione di responsabilità può invece dirsi modalità
sufficiente di dissociazione.
Conclusivamente,
alla luce delle predette argomentazioni, l’appello principale deve essere
respinto in quanto infondato e l’appello incidentale può, quindi, essere
dichiarato improcedibile.
Le
spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo
giusti motivi (per la particolarità della situazione di fatto).
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente
pronunciando sull’appello principale n. 5491 del 2011 come in epigrafe
proposto, lo respinge.
Dichiara
improcedibile l’appello incidentale.
Compensa
le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Luigi
Maruotti, Presidente
Paolo
Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore
Antonio
Amicuzzi, Consigliere
Antonio
Bianchi, Consigliere
Raffaele
Prosperi, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
30/04/2014
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)