giovedì 29 maggio 2014

APPALTI: la dissociazione della ditta concorrente "ex" art. 38 co. 1 lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006 (Cons. St., Sez. V, sentenza 30 aprile 2014, n. 2271).


APPALTI: 
la dissociazione della ditta concorrente 
"ex" art. 38 co. 1 lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006 
(Cons. St., Sez. V, 
sentenza 30 aprile 2014, n. 2271).


Massima

1. La dissociazione di cui all'art. 38, co. 1, lett c) del D.Lgs. n. 163/2006, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme, ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa.
2. Ciò che rileva è che l’obiettivo di interesse pubblico perseguito non può essere eluso facendo riferimento ad argomenti di carattere formalistico, quali il venir meno della carica al momento della condanna o la mancanza di strumenti per modificare coattivamente la compagine sociale.
3. Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che, alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il Sig. XYZ era titolare del 95% del capitale sociale della società partecipante, pur non avendo esso poteri di rappresentanza verso terzi.

E’ evidente che, nel caso di specie, una mera azione di responsabilità nei confronti del medesimo, proposta da una società a base ristretta come una s.r.l., partecipata al 95% dal responsabile stesso non garantisce in alcun modo che la società si sia fattivamente dissociata dalla condotta del Sig. XYZ, occorrendo qualcosa di più significativo e preciso.
4. Ad esempio nel caso di specie, appurato che non possa ottenersi l’esclusione del socio, almeno la richiesta di un provvedimento di sequestro a garanzia dell’azione e l’individuazione di un nuovo amministratore della società che sia del tutto indipendente e che dia garanzie serie di perseguire e proseguire nell’azione di responsabilità intrapresa. 


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5491 del 2011, proposto dal Consorzio Stabile Ambrosiano, Soc. Cons. a r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via del Mascherino, 72; 
contro
Arcovent Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Guido Francesco Romanelli e Tiziano Ugoccioni, con domicilio eletto presso l’avv. Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, 5; 
nei confronti di
Centostazioni S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Vinti ed Elia Barbieri, con domicilio eletto presso l’avv. Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE II n. 888/2011, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione definitiva della progettazione esecutiva e della esecuzione dei lavori di recupero e di adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Arcovent Srl e di Centostazioni S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Zoppolato, Guido Francesco Romanelli e Paola Chirulli, su delega dell'avv. Stefano Vinti;

FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Brescia, Sez. II, con la sentenza 9 giugno 2011, n. 888, ha accolto il ricorso n. 643 del 2011 proposto dall’attuale parte appellata Arcovent Srl per l’annullamento del provvedimento emesso in data 1° aprile 2011 da Centostazioni s.p.a., di aggiudicazione definitiva della “progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di recupero ed adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo”, comunicato in data 1° aprile 2011; della comunicazione dell’esito della gara comunicato in data 1° aprile 2011; in parte qua, dei verbali di gara, ed in particolare di quello del 14 dicembre 2010 e relativi allegati, nonché della graduatoria finale stilata dalla Commissione di gara, in quanto atti presupposti, nella parte in cui l’offerta del Consorzio Stabile Ambrosiano scarl non è stata esclusa dalla procedura di gara.
Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che il ricorso meritava accoglimento sotto il profilo, principale ed assorbente, dedotto con la terza censura.
Per il TAR, l’impresa controinteressata in primo grado risultava aver puntualmente rispettato l’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, dimostrando altresì di aver provveduto ad intentare una azione di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore privo dei requisiti morali e di affidabilità.
Ciononostante, nel caso di specie, secondo il TAR, tale comportamento, in linea di principio idoneo a dimostrare la reale volontà dissociativa, non è apparso sufficiente a garantire laratio perseguita dalla norma, atteso che la compagine sociale non risulta essere stata modificata.
In ragione di ciò, ha osservato infatti il TAR, l’amministratore cessato, destinatario di condanna ostativa alla partecipazione alla gara, risultava, alla data della presentazione della domanda, titolare del 95 % del capitale sociale della società partecipante. Pur non avendo esso poteri di rappresentanza verso l’esterno, quindi, non poteva escludersi che, in tale situazione, la guida della società fosse comunque rimasta in capo al soggetto condannato, con conseguente esclusione dell’affidabilità anche dell’impresa.
L’appellante contestava la sentenza del TAR deducendo violazione dell’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; violazione dei principi generali in tema di pubbliche gare; violazione degli artt. 2380-bis e 2639 del codice civile; eccesso di potere per assenza di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e diritto, carenza di motivazione ed illogicità.
Con l’appello in esame, quindi, si chiedeva la reiezione del ricorso di primo grado.
Si costituivano l’Amministrazione appellata, chiedendo il rigetto dell’appello, e il controinteressato, che proponeva appello incidentale nel quale ripresentava le censure assorbite in primo grado.
All’udienza pubblica dell’11 marzo 2014 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO
1. La vicenda sottoposta all’esame del Collegio riguarda una procedura negoziata indetta dall’appellata Centostazioni S.p.a. avente ad oggetto la “progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di recupero ed adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo” per un importo complessivo a basa d’asta di Euro 3.479.528,18.
All’esito definitivo della suddetta gara, risultava aggiudicatario il Consorzio Stabile Ambrosiano Soc. Cons. a r.l., che aveva partecipato alla procedura per conto di una propria consorziata, Fenini S.r.l., con un punteggio di 70,39 mentre la società Arcovent (odierna appellata e appellante incidentale) aveva conseguito 68,18 punti.
La società Fenini S.r.l., nell’ambito della propria offerta, aveva dichiarato che il Sig. Giovanni Fenini, ex amministratore della società (cd. attuale socio al 95%), era cessato dalla carica in data 19 maggio 2010 a seguito dell’emissione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile in data 12 marzo 2010, per il reato di cui agli articoli 81 cpv. Cod. Pen. e 2 d.lgs. n. 74-2000.
Detta società aveva inoltre dichiarato che avrebbe posto in essere atti di dissociazione dalla condotta tenuta dal citato Giovanni Fenini; in particolare l’odierna appellante principale ha determinato di avviare nei confronti del sig. Giovanni Fenini un’azione di responsabilità sociale con contestuale richiesta risarcitoria di oltre Euro 250.000,00: la relativa vertenza giudiziaria è tutt’ora pendente innanzi al Tribunale di Milano (Sez. VII), ove è rubricata al n. R.G. 63427-2010.
2. Premesse tale evidenze di fatto, ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.
Sotto il profilo fattuale è indiscutibile e pacifico tra le parti sia la sussistenza dei precedenti penali (dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture per operazioni inesistenti) dell’ex amministratore della società Fenini S.r.l., Sig. Giovanni Fenini; sia la sussistenza di atti e misure che la stessa società consorziata ha posto in essere per dissociarsi dalla condotta penalmente sanzionata del suo precedente amministratore.
Nel caso in esame, infatti, dopo aver appreso della condanna riportata dal suo ex amministratore, l’assemblea dei soci della FENINI Srl, con la doverosa astensione dello stesso Sig. Giovanni Fenini, ha deliberato l’avvio di un’azione di responsabilità ai sensi dell’articolo 2476 Cod. Civ. nei confronti dell’ex amministratore in questione, con conseguente azione risarcitoria e richiesta di condanna per oltre € 250.000,00.
Ciò che rimane controvertibile tra le parti e che ha formato oggetto della sentenza impugnata non è, dunque, il principio secondo cui - per evitare che la condanna inflitta al soggetto che ha ricoperto cariche sociali si ripercuota sulla società - non è sufficiente la sola cessazione dalla carica sociale, per dimissioni o per allontanamento, potendosi trattare di mera sostituzione di facciata, ma occorre la dimostrazione che quest'ultima ha adottato "atti concreti e tangibili di dissociazione dalla condotta delittuosa, quale ad esempio l'aver iniziato verso lo stesso azione di responsabilità sociale", sicché in mancanza di detti atti di dissociazione, è illegittima l'aggiudicazione di una gara d'appalto che venga disposta nei confronti di una società il cui presidente del Consiglio di amministrazione abbia nel triennio precedente la data di pubblicazione del bando di gara subito una condanna penale ex art. 444, c.p.p. che incidono sulla sua affidabilità morale e professionale.
Ciò che rimane controvertibile tra le parti è, piuttosto, l’idoneità in concreto, in relazione alle circostanze di fatto peculiari e individualizzanti che connotano il presente giudizio e la vicenda, della condotta assunta dalla società Fenini S.r.l., ad integrare una condotta di effettiva dissociazione dall’attività penalmente rilevante, posta in essere dall’ex amministratore.
E’ evidente che, se non si richiedesse un’effettività della dissociazione, la norma che vieta la partecipazione delle imprese alle gare d’appalto i cui amministratori siano incorsi in reati incidenti sulla moralità professionale si presterebbe a facili elusioni e le attività di dissociazione rivestirebbero la qualità di mere ‘operazioni di facciata’, consentendo invece il perpetrarsi di illeciti e il rischio che si assuma quale contraente con la P.A. un soggetto che dovrebbe essere qualificabile come inaffidabile, proprio il rischio che, ai sensi dell’art. 38, il legislatore intende scongiurare.
Così perimetrato il thema decidendum, è evidente che non rileva nella specie il principio di tassatività delle cause di esclusione, codificato dall’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163-06, poiché la questione, come detto, non è relativa ad una nuova e diversa causa di esclusione rispetto a quella prevista dalla legge, ma riguarda l’idoneità dell’atto concreto adottato dalla società appellante (rectius: dalla Fenini) ad integrare l’ipotesi, normativamente prevista, di dissociazione e, quindi, a consentire la partecipazione dell’appellante alla gara d’appalto.
Né è conferente l’estensione anche ai soci delle cause di esclusione ex art. 38, comma 1, lett. b) e c)”, avvenuta solo per le gare indette dopo il 14 maggio 2011 ex art. 4, comma 3, D.L. n. 70-2011, poiché come detto, l’esclusione in contestazione riguarda il Sig. Giovanni Fenini in quanto ex amministratore e non in quanto socio.
La sua qualità di socio è dedotta soltanto quale mero elemento di fatto idoneo a dimostrare l’insufficienza dell’azione di dissociazione intrapresa nel caso concreto dalla società Fenini s.r.l.
Secondo questo Collegio, effettivamente, l’azione di dissociazione intrapresa nel caso concreto dalla società Fenini s.r.l. non è sufficiente a realizzare un’effettiva dissociazione dalla condotta dell’ex amministratore.
Infatti, come già detto, la disposizione alla stregua della quale il TAR ha ritenuto doverosa l’esclusione della società appellante è posta a tutela di un interesse che trascende quello dei soci e che si riferisce al mercato degli appalti pubblici.
Ciò vuol dire che l’obiettivo di interesse pubblico perseguito non può essere eluso facendo riferimento ad argomenti di carattere formalistico, quali il venir meno della carica al momento della condanna o la mancanza di strumenti per modificare coattivamente la compagine sociale.
La dissociazione, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme, ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa.
Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che, alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il sig. Giovanni Fenini era titolare del 95% del capitale sociale della società partecipante, pur non avendo esso poteri di rappresentanza verso terzi.
E’ evidente che, nel caso di specie, una mera azione di responsabilità nei confronti del medesimo, proposta da una società a base ristretta come una s.r.l., partecipata al 95% dal responsabile stesso non garantisce in alcun modo che la società si sia fattivamente dissociata dalla condotta del sig. Giovanni Fenini, occorrendo qualcosa di più significativo e preciso, ad esempio nel caso di specie, appurato che non possa ottenersi l’esclusione del socio, almeno la richiesta di un provvedimento di sequestro a garanzia dell’azione e l’individuazione di un nuovo amministratore della società che sia del tutto indipendente e che dia garanzie serie di perseguire e proseguire nell’azione di responsabilità intrapresa.
Solo tali ulteriori modalità possono dirsi, nel caso concreto, integrare forme di esistente, univoca e completa dissociazione dell’impresa, in un caso, come quello in oggetto, che è del tutto peculiare e specifico, rispetto alle situazioni ordinarie, ove l’azione di responsabilità può invece dirsi modalità sufficiente di dissociazione.
Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello principale deve essere respinto in quanto infondato e l’appello incidentale può, quindi, essere dichiarato improcedibile.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi (per la particolarità della situazione di fatto).

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale n. 5491 del 2011 come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

mercoledì 28 maggio 2014

PROCESSO AMMINISTRATIVO : i termini processuali ed il relativo criterio di calcolo (Cons.St., Sez. V, sentenza 31 maggio 2011, n. 3152).



PROCESSO AMMINISTRATIVO: 
i termini processuali 
ed il relativo criterio di calcolo 
(Cons.St., Sez. V, 

sentenza 31 maggio 2011, n. 3152).

Utilissima sentenza (anche se non recente, i principi affermati sono tuttora validi!).

Massima

1. In ordine alla individuazione dei termini del processo amministrativo ed ai criteri di computo degli stessi, in virtù del rinvio operato dall’art. 39, co. 1, c.p.a. trova applicazione la disciplina dettata dal codice di procedura civile salve le deroghe tipizzate dal c.p.a.
2. Ai fini del computo dei termini si estende al processo amministrativo la disciplina dettata dall’art. 155 c.p.c.; il c.p.a. aggiunge a tale disciplina alcune precisazioni in tema di giorno festivo e di sabato.
3. Quanto al caso in cui il giorno di scadenza sia festivo, la proroga di diritto al primo giorno seguente non festivo opera non solo per i termini legali, ma anche per quelli fissati dal giudice (art. 52, co. 3, c.p.a.); inoltre, nel caso di termini che si computano a ritroso (come per i giorni liberi prima dell’udienza), la scadenza viene anticipata al giorno antecedente non festivo (art. 52, co. 4, c.p.a. che recepisce un consolidato indirizzo della giurisprudenza, cfr. Cass., 12 dicembre 2003, n. 19041); è altresì pacifico che quando la legge indica il termine riferendosi ad un certo numero di giorni liberi, il suddetto numero di giorni esclude tanto il dies a quo quanto il dies ad quem (cfr., fra le tante, Cass., 12 dicembre 2003, n. 19041 cit.; 20 maggio 2002, n. 7331).
4. Il sabato è stato equiparato ai festivi (in virtù della novella di cui all’art. 2, co. 11, d.l. n. 263 del 2005, in vigore dal 1° marzo 2006); l’equiparazione opera però al solo fine del compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono di sabato, onde consentire agli avvocati di procedere ai relativi adempimenti, concernenti i termini di notifica e deposito che scadono di sabato, il successivo lunedì; a tutti gli altri effetti il sabato è considerato giorno lavorativo, anche per quanto attiene, dunque, alle attività di ufficiali giudiziari e di addetti agli uffici ricorsi, come dispone espressamente l’art. 155 c.p.c. (tanto emerge implicitamente dal decreto del presidente del Consiglio di Stato n. 83 del 2010 che ha disciplinato, con decorrenza 1° ottobre 2010, gli orari di apertura al pubblico dell’ufficio ricevimento ricorsi e delle segreterie delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato).
5. Il c.p.a. esplicita l’applicabilità della disciplina sul sabato anche al processo amministrativo (art. 52, co. 5, c.p.a., in tal senso si era già espressa la preferibile giurisprudenza, cfr. Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2008, n. 446).
6. Questa regola, però, vale solo per i termini che si calcolano in avanti, e non anche per i termini che si calcolano a ritroso; infatti l’art. 52, co. 5, c.p.a. estende al sabato solo la <<proroga di cui al comma 3>>, ossia la proroga dei giorni che scadono di giorno festivo, e dunque non anche il meccanismo di anticipazione di cui al co. 4; ne consegue che se un termine a ritroso scade di sabato, esso non va anticipato al venerdì, così come se il termine a ritroso scade di domenica, va anticipato al sabato e non al venerdì.

martedì 27 maggio 2014

CORTE DI GIUSTIZIA & APPALTI: il termine per impugnare l’aggiudicazione negli appalti in materia d’acqua ed energia (Corte giust. eur., sez. V, n. 8/5/2014, C-161/13 ).


CORTE DI GIUSTIZIA & APPALTI: 
 il termine per impugnare l’aggiudicazione 
negli appalti in materia d’acqua ed energia 
(Corte giust. eur., sez. V, 
n. 8/5/2014, C-161/13).


Massima (di Filippo De Luca)

1. Gli articoli 1, paragrafi 1 e 3, nonché 2 bis, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, devono essere interpretati nel senso che il termine per la proposizione di un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione di un appalto deve iniziare nuovamente a decorrere qualora sia intervenuta una nuova decisione dell’amministrazione aggiudicatrice, adottata dopo tale decisione di aggiudicazione ma prima della firma del contratto e che possa incidere sulla legittimità di detta decisione di attribuzione. Tale termine inizia a decorrere dalla comunicazione agli offerenti della decisione successiva o, in assenza di detta comunicazione, dal momento in cui questi ultimi ne hanno avuto conoscenza.

2. Nel caso in cui un offerente abbia conoscenza, dopo la scadenza del termine di ricorso previsto dalla normativa nazionale, di un’irregolarità asseritamente commessa prima della decisione di aggiudicazione di un appalto, il diritto di ricorso contro tale decisione gli è garantito soltanto entro tale termine, salvo espressa disposizione del diritto nazionale a garanzia di tale diritto, conformemente al diritto dell’Unione.



lunedì 26 maggio 2014

APPALTI: proroga e rinnovo (T.A.R. Piemonte, Sez. I, sentenza 17 aprile 2014 n. 674).


APPALTI: 
proroga e rinnovo 
(T.A.R. Piemonte, Sez. I, 
sentenza 17 aprile 2014 n. 674).


Massima

1. Laddove, al di là della qualifica del provvedimento quale "proroga", tra le parti si è raggiunto un accordo per l'oggetto differente del contratto e il servizio è stato affidato mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 57, co. 2, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006, vi è stata quindi una complessiva rinegoziazione del preesistente rapporto contrattuale, per cui il provvedimento non si configura come una mera "proroga" del termine finale del precedente contratto, ma come un rinnovo, in cui le parti hanno proceduto a rinegoziare il rapporto, giungendo a modificare il contenuto del servizio.

2. L'elemento che differenzia il rinnovo del contratto dalla proroga è infatti identificato proprio nella circostanza che mentre il rinnovo presuppone una rinegoziazione delle condizioni, la proroga si riduce soltanto ad un mero differimento temporale.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 201 del 2011, proposto da:
Plurima S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Scaparone, Jacopo Gendre, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Scaparone in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14; 
contro
Azienda Sanitaria Locale Vc, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso il suo studio, in Torino, via Pietro Palmieri, 40; 
per l'annullamento
della determinazione del Dirigente Responsabile della SC Provveditorato Economato dell'ASL VC 31.12.2010 n. 230, comunicata via fax in data 13.1.2011, nella parte in cui dispone a favore della Plurima spa la proroga di un anno del servizio di gestione archivio limitatamente ai soli segmenti della "archiviazione e custodia" e della "ricerca ordinaria", con esclusione dei servizi di "descaffalazione" e "fornitura scatole";
di ogni altro atto preparatorio, preordinato, presupposto, conseguenziale e comunque connesso;
nonchè per la condanna dell'Amministrazione sanitaria al risarcimento del danno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ Azienda Sanitaria Locale Vc;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2014 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La società Plurima dal 2001 gestisce il servizio di archiviazione e gestione dei documenti amministrativi per l’ASL VC di Vercelli.
Ai sensi dell’art 2 del capitolato speciale di appalto, il servizio comprende una serie di prestazioni: la preparazione e il trasferimento della documentazione nei locali a ciò destinati, servizio di catalogazione materiale, servizio di archiviazione, servizio di ricerca, consegna e riarchiviazione della documentazione richiesta e altri servizi connessi.
Scaduto il contratto, dopo sei anni, l’Amministrazione sanitaria ha prorogato l’affidamento del servizio, di anno in anno, fino al 31.12.2010.
Nelle more dell’indizione della nuova gara, dopo una trattativa, l’Azienda sanitaria ha ritenuto di prorogare, per un ulteriore anno, il servizio, limitatamente all’attività di archiviazione e custodia, nonché la ricerca ordinaria, escludendo gli altri servizi.
Parte ricorrente ha quindi impugnato la determina indicata in oggetto, chiedendo l’annullamento nella parte in cui dispone la proroga di un anno dei soli servizi di “archiviazione, custodia e ricerche ordinarie”, con esclusione degli altri, previsti dal capitolato, per i seguenti motivi:
1) violazione dei principi di buona fede, correttezza e legittimo affidamento; violazione di legge in relazione agli artt. 1325 e 1373 c.c. e al divieto di modificazione unilaterale del contratto: la proroga del contratto incide solo sulla durata del rapporto contrattuale e non potrebbe introdurre modifiche all’oggetto o alle condizioni contrattuali; in tal modo l’Amministrazione ha contravvenuto al divieto di aggiudicazione parziale del servizio.
La ricorrente chiede altresì il risarcimento dei danni per aver sottoscritto un contratto economicamente sconveniente a causa della violazione delle regole di buona fede e correttezza da parte dell’Amministrazione; il risarcimento andrebbe determinato in base al minor vantaggio ottenuto per la mancata esecuzione del servizio globale.
Si è costituita in giudizio l’Asl di Vercelli, sollevando l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse e chiedendo nel merito il suo rigetto.
All’udienza del 20 marzo 2014, il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO
1) Viene impugnato il provvedimento con cui l’Azienda sanitaria ha disposto di “prorogare il contratto in essere con Plurima”, servizio già affidato alla ricorrente, limitando l’oggetto della prestazione, ai servizi di "archiviazione e custodia e ricerca ordinaria", con esclusione dei servizi di "descaffalazione" e "fornitura scatole";
Si può prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare, in quanto il ricorso è infondato nel merito.
2) Con un unico motivo parte ricorrente lamenta la violazione dei principi di buona fede, correttezza e legittimo affidamento, nonché degli artt. artt. 1325 e 1373 c.c., nonchè del divieto di modificazione unilaterale del contratto: sostiene che la proroga del contratto incide solo sulla durata del rapporto contrattuale e non potrebbe introdurre modifiche all’oggetto o alle condizioni contrattuali: in tal modo l’Amministrazione ha contravvenuto al divieto di aggiudicazione parziale del servizio.
Va osservato che parte ricorrente non solleva alcun profilo di illegittimità del provvedimento, laddove viene approvata la proroga contrattuale, ma sostiene solo l’illegittimità di una proroga “parziale”, realizzata in violazione al divieto di modifica unilaterale delle condizioni del contratto.
Il motivo non è fondato.
Come si evince dal provvedimento, l’Amministrazione, ha stabilito di “prorogare” alcuni servizi oggetto del precedente appalto, essendo in corso “una gara aggregata a favore di tutte le ASL dell’Area di coordinamento, che avrebbe previsto l’affidamento del servizio in strutture delle singole ASL/ASO e non più presso i magazzini del fornitore”.
Il servizio che l’Azienda ha chiesto, nella fase transitoria prima di concludere la gara per l’affidamento del servizio, è differente solo dal punto di vista quantitativo, rispetto a quello affidato, scaduto da sei anni e prorogato per altri sei, in quanto si chiede di eseguire solo alcune prestazioni (l’attività di custodia e consegna delle cartelle cliniche, con esclusione dell’attività ulteriore di prelevamento di ulteriore documentazione).
Si legge però nel provvedimento che “le condizioni contrattuali hanno dovuto essere necessariamente riviste e ridefinite con l’Azienda interessata” ed emerge chiaramente dagli atti che il servizio è poi stato eseguito dalla ricorrente, secondo le condizioni pattuite.
E’ noto come il giudice non sia in linea di principio vincolato dal "nomen iuris" attribuito dalle parti al provvedimento, ma possa qualificare l’atto sulla base del potere effettivamente esercitato.
Nel caso di specie, al di là della qualifica del provvedimento quale “proroga”, l’elemento maggiormente rilevante è che venga dato atto che tra le parti si sia raggiunto un accordo per l’oggetto differente del contratto e che la società Plurima abbia poi eseguito il servizio.
Il servizio è stato affidato mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 57, comma 2, lett. c), del d.lgs. 163/2006.
Vi è stata quindi una complessiva rinegoziazione del preesistente rapporto contrattuale, per cui il provvedimento non si configura come una mera “proroga” del termine finale del precedente contratto, ma come un rinnovo, in cui le parti hanno proceduto a rinegoziare il rapporto, giungendo a modificare il contenuto del servizio, eliminando alcune parti, non più attuali.
L’elemento che differenzia il rinnovo del contratto dalla proroga è infatti identificato proprio nella circostanza che mentre il rinnovo presuppone una rinegoziazione delle condizioni, la proroga si riduce soltanto ad un mero differimento temporale. (cfr. Cons. St., sez. III nn. 2682/2012 e 1687/2012).
Pertanto, il ricorso è infondato, in quanto, riqualificato in tal modo l’atto impugnato, non si ravvisa alcuna violazione ai principi di correttezza e di buona fede, dal momento che le nuove condizioni, secondo quanto emerge dagli atti, sono state oggetto di contrattazione e sono state accettate dalla società ricorrente, che ha eseguito il servizio.
Stante la legittimità dell’operato dell’Azienda sanitaria, anche la domanda risarcitoria deve essere respinta.
3) Per le ragioni sopra esposte, il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente a liquidare a favore dell’Azienda Sanitaria Locale Vc, le spese di giudizio quantificate in € 2000,00 (duemila,00) oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Silvana Bini, Consigliere, Estensore
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

domenica 25 maggio 2014

PROCESSO & APPALTI: pregiudizialità tecnica e riparto di giurisdizione in materia d'appalti (Cons. St., Sez. IV, sentenza 14 maggio 2014 n. 2484).


PROCESSO & APPALTI:
 pregiudizialità tecnica 
e riparto di giurisdizione in materia d'appalti 
(Cons. St., Sez. IV, 
sentenza 14 maggio 2014 n. 2484).


Massima

1. La nozione di pregiudizialità tecnica comprende la situazione in cui un diverso rapporto giuridico (in questo caso, il rapporto concessorio della cui esistenza si discute) funge da presupposto al rapporto giuridico in contestazione (ossia è la condicio sine qua non per la legittimità della procedura di gara) è dunque applicabile alla situazione in esame e determina di conseguenza l'attribuzione alla cognizione incidentale del giudice amministrativo anche del rapporto condizionante. 
2. Tale è peraltro la posizione espressa dalla giurisprudenza di questo Consiglio, quando ha affermato, in tema contrattuale, che le condizioni di validità, efficacia, nullità o annullabilità del contratto, siano esse inerenti o estranee o sopravvenute alla struttura del contratto, comprese quelle derivanti da irregolarità o illegittimità della procedura amministrativa a monte e le fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica o sussistenza di vizi che ne affliggono singoli atti possono essere accertate incidentalmente dal giudice amministrativo, quando la loro determinazione sia funzionale all'accertamento rimesso alla cognizione del giudice amministrativo medesimo che, ai sensi dell'art. 8 citato, ha il potere di decidere, senza efficacia di giudicato, tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.
3. Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo a decidere in merito ad una controversia avente a oggetto l'impugnazione di una deliberazione con la quale la giunta comunale ha stabilito di esperire una procedura di evidenza pubblica per l'affidamento in locazione a terzi di un immobile pubblico già interessato da un contratto di locazione in corso e per il quale pende un giudizio instaurato da chi si asserisce legittimo conduttore in ragione della perdurante validità ed efficacia del contratto per effetto delle proroghe tacite, e ciò in considerazione che il petitum aveva ha ad oggetto non l'accertamento della sussistenza del vincolo di cui al contratto di locazione, quanto piuttosto il cattivo uso da parte dell'amministrazione comunale del potere di gestione dei propri beni per aver messo a gara un bene già locato, riconducendo la fattispecie all'ambito dell'art. 8 del codice del processo amministrativo.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 1105 del 2014, proposto da
Autogrill s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Libertini, Vincenzo Cerulli Irelli e Simone Cadeddu, ed elettivamente domiciliato presso il primo dei difensori in Roma, via Boezio n. 14, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Roland Berger Strategy Consultants s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
Autostrade per l’Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
SAT Società autostrada tirrenica s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Gianpaolo Ruggiero, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale Parioli n. 180, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza ter, n. 11122 del 23 dicembre 2013, resa tra le parti e concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha dichiarato il difetto di giurisdizione nella causa per l’affidamento del servizio di ristorazione, comprensivo del servizio market, nell'area di servizio lotto 218 Fine est dell’autostrada A12.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di SAT Società Autostrada Tirrenica s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2014 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Cadeddu e Salvaore, per delega dell'Avv. Ruggiero;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso iscritto al n. 1105 del 2014, Autogrill s.p.a. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza ter, n. 11122 del 23 dicembre 2013 con la quale è stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto contro Roland Berger Strategy Consultants s.r.l., Autostrade per l’Italia s.p.a. e SAT Società autostrada tirrenica s.p.a. per l'annullamento della sollecitazione alla domanda di partecipazione, pubblicata il 6 febbraio 2004, con la quale la Roland Berger Strategy Consultants s.r.l, nella sua qualità di advisor indipendente e per conto di Autostrade per l’Italia s.p.a., ha indetto la procedura competitiva per l’affidamento del servizio di ristorazione, comprensivo del servizio market nell’area di servizio “Lotto 218 Fine Est – A12”, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, ivi inclusi, per quanto occorrer possa, la lettera di richiesta di offerta vincolante, e, ove già intervenuta, l’aggiudicazione, nonché la nota SAT n. 035453 del 4 febbraio 2004, l’atto di revisione della concessione Anas SAT stipulato in data 7 ottobre 1999 con i relativi allegati tra i quali, in particolare, l’allegato G, nonché per la condanna al risarcimento del danno ingiusto mediante reintegrazione in forma specifica o, in subordine, per equivalente, nonché con atto di motivi aggiunti, depositato il 18 giugno 2004, per l’annullamento dell’aggiudicazione del Lotto 218 Fine Est – A12 alla stessa ricorrente.
Dinanzi al giudice di prime cure, con ricorso notificato in data 6 aprile 2004 e depositato il successivo 21 aprile, l’Autogrill s.p.a. ha impugnato la sollecitazione alla domanda di partecipazione, pubblicata il 6 febbraio 2004, con la quale la Roland Berger Strategy Consultants s.r.l, nella sua qualità di advisor indipendente e per conto di Autostrade per l’Italia s.p.a., ha indetto la procedura competitiva per l’affidamento del servizio di ristorazione, comprensivo del servizio market nell’area di servizio “Lotto 218 Fine Est – A12”, nonché, quale atto presupposto, la nota del 4 febbraio 2004, con la quale Società Autostrada Tirrenica s.p.a. (Sat) ha comunicato che il rapporto sub concessorio sarebbe scaduto il 31 dicembre 2006. Ha altresì chiesto la condanna al risarcimento del danno ingiusto mediante reintegrazione in forma specifica o, in subordine, per equivalente.
Esponeva, in fatto, di essere titolare, in forza di una Convenzione stipulata il 15 settembre 1991 con Sat, di un diritto autonomo alla gestione delle aree di servizio oggetto di gara fino al 31 dicembre 2012, e non sino al 31 dicembre 2006, come scritto nelle impugnate Sollecitazioni. In effetti l’effettiva durata delle Convenzioni era oggetto di controversia arbitrale, con la conseguenza che, ad avviso della ricorrente, nelle more della procedura sarebbe stato opportuno non procedere all’indizione della gara.
Avverso i predetti provvedimenti la ricorrente ha dedotto motivi di violazione e falsa applicazione dei principi in materia di concessioni – Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, contraddittorietà fra provvedimenti, illogicità ed ingiustizia manifeste, difetto di motivazione nonché violazione dei principi di proporzionalità e affidamento.
La tesi svolta era che Roland Berger Strategy Consultants s.r.l, nella sua qualità di advisor di Autostrade per l’Italia s.p.a., avesse leso il diritto della ricorrente a mantenere la gestione dei servizi di ristoro sull’area di servizio denominata Savalano ben oltre il 31 dicembre 2006, e cioè almeno sino al 31 dicembre 2012.
L’art. 8 della Convenzione-contratto stipulata il 15 settembre 1991 con la Sat prevedeva infatti che la stessa sarebbe durata dieci anni decorrenti dal giorno di effettiva entrata in esercizio dell’intera autostrada Livorno-Civitavecchia, condizione quest’ultima che alla data dell’adozione del provvedimento impugnato non si era ancora verificata. Di conseguenza alla ricorrente non può essere opposta una eventuale nuova scadenza fissata nella Convenzione stipulata tra Sat e Anas il 7 ottobre 1999, scadenza peraltro non prevista.
Con atto di motivi aggiunti, notificato il 5 giugno 2004 e depositato il successivo 18 giugno, Autogrill s.p.a. ha impugnato l’aggiudicazione della gara disposta nei propri confronti, in quanto viziata per illegittimità derivata, avendo essa diritto a gestire il servizio in forza della Convenzione-contratto stipulata nel 1991.
Costituitesi le parti intimate e rinviato al merito l’esame dell’istanza di sospensione cautelare, all’udienza del 17 dicembre 2013 la causa è stata discussa e decisa con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione proposta, in considerazione che la questione principale dedotta in giudizio fosse proprio quella relativa alla durata del rapporto sub concessorio, esaurendosi in questa questione tutta la res litigiosa.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione all’esistenza della giurisdizione ammistrativa, riproponendo le proprie originarie doglianze.
Nel giudizio di appello, si è costituita SAT Società autostrada tirrenica s.p.a., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza in camera di consiglio del giorno 8 aprile 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO
1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. - Occorre osservare come la ragione della dichiarazione di difetto di giurisdizione, data dal giudice di prime cure nella sentenza gravata, si fondi, una volta esaminata la natura del giudizio, sulla ritenuta non applicabilità dell’art. 8 del codice del processo amministrativo.
Afferma, infatti, il T.A.R.: “Giova aggiungere che non sembra potersi invocare neanche l’art. 8 c.p.a., che autorizza il giudice amministrativo a decidere incidentalmente (e senza efficacia di giudicato) tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, sulle quali è carente di giurisdizione, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale, atteso che nel caso all’esame la questione principale è proprio quella relativa alla durata del rapporto sub concessorio e in questa questione si esaurisce la res litigiosa, relativa proprio alla verifica della legittimità dell’impugnata nota del 4 febbraio 2004, che ha dichiarato esaurito, al 31 dicembre 2006, il rapporto convenzionale-contrattuale e che, sulla base di questo assunto, ha dato luogo all’indizione della gara. Ed invero, i limiti all'accertamento incidentale effettuato ai sensi dell'art. 8 c.p.a. (e, prima ancora, dell’art. 8, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, di contenuto analogo al cit. art. 8 c.p.a.), non possono sconfinare nella vera e propria tutela dei diritti e consistere, quindi, nella soluzione di controversie riservate all'autorità giudiziaria ordinaria, con conseguente circoscrizione del sindacato giurisdizionale di cui trattasi al contenuto oggettivo degli atti, che siano fonte costitutiva o anche meramente ricognitiva di un diritto, senza che il sindacato stesso possa estendersi ad ulteriori atti o fatti modificativi delle situazioni giuridiche, come usucapioni, prescrizioni, devoluzioni o manifestazioni atipiche di volontà contrattuale (Cons. St., sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 713; Tar Bari, sez. I, 3 maggio 2013, n. 684).
“Una volta che l’organo giudiziario adito (indipendentemente se il Collegio arbitrale o il giudice ordinario) abbia deciso sulla durata del rapporto sub concessorio, ne conseguirà in via immediata e diretta la legittimità o non della gara bandita da Autostrade per l’Italia s.p.a.; e se sarà accertata la fondatezza della prospettazione difensiva di Autogrill, la sollecitazione ad inviare le offerte, impugnata con l’atto introduttivo del giudizio, e l’aggiudicazione della gara alla stessa Autogrill, impugnata nella via dei motivi aggiunti, risulteranno inficiate per illegittimità caducante, trovando entrambi gli atti il loro unico presupposto nella nota del 4 febbraio 2004 che ha ritenuto la Convenzione in scadenza il 31 dicembre 2006.”
2.1. - La ricostruzione appena proposta non può essere condivisa.
L’art. 8 del codice del processo amministrativo, recante “Cognizione incidentale e questioni pregiudiziali”, prevede:
“Il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.
“Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso.”
Si tratta di uno strumento, comune ad altre discipline processuali, che consente al giudice di risolvere in un unico contesto, ma senz’altro valore che quello interno a quel giudizio, questioni che altrimenti sarebbero sottoposte a altri organi giurisdizionali. Occorre quindi valutare se la situazione qui in esame, ossia il legame esistente tra la controversia sull’essere o meno esaurito il rapporto privatistico convenzionale -contrattuale Sat - Autogrill al 31 dicembre 2006, come dedotto da Sat nell’impugnata nota del 4 febbraio 2004 (come definito dal primo giudice) e l’impugnazione della sollecitazione alla domanda di partecipazione, pubblicata il 6 febbraio 2004, al fine di farne dichiarare l’illegittimità per carenza del presupposto, dato proprio dall’inesistenza di un rapporto concessorio scaduto, rientri o meno nell’ambito applicativo del citato art. 8 del codice del processo amministrativo.
Occorre notare, senza peraltro poter qui esaminare i vari aspetti del fenomeno, che il rapporto di pregiudizialità può riguardare due tipologie di fenomeni giuridici diversi: in primo luogo, la cd. pregiudizialità logica, ossia quella che si manifesta sempre all'interno del medesimo rapporto giuridico e dove viene in evidenza la relazione tra l’intero rapporto e un singolo aspetto di questo, costituito a sua volta da una autonoma situazione giuridica sostanziale; in secondo luogo, la cd. pregiudizialità tecnica, ossia quella dove il nesso collega rapporti giuridici diversi, in modo che vi sono ricompresi tutti i casi in cui un diritto o un rapporto giuridico diventa elemento costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo in una fattispecie che, a sua volta, esplica un effetto giuridico su un diverso diritto o rapporto.
In questa seconda evenienza, che è qui rilevante, l'esistenza dell'effetto o rapporto giuridico oggetto di scrutinio giurisdizionale in via principale dipende, secondo un meccanismo di condizionamento o di derivazione, dalla situazione a monte, ossia dall’esistenza o dall’inesistenza del diritto o rapporto costitutivo, impeditivo, modificativo, estintivo.
Questa nozione di pregiudizialità tecnica, che comprende appunto la situazione in cui un diverso rapporto giuridico (in questo caso, il rapporto concessorio della cui esistenza si discute) funge da presupposto al rapporto giuridico in contestazione (ossia è la condicio sine qua non per la legittimità della procedura di gara) è dunque applicabile alla situazione in esame e determina di conseguenza l’attribuzione alla cognizione incidentale del giudice amministrativo anche del rapporto condizionante.
Tale è peraltro la posizione espressa dalla giurisprudenza di questo Consiglio, quando ha affermato, in tema contrattuale, che le condizioni di validità, efficacia, nullità o annullabilità del contratto, siano esse inerenti o estranee o sopravvenute alla struttura del contratto, comprese quelle derivanti da irregolarità o illegittimità della procedura amministrativa a monte e le fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica o sussistenza di vizi che ne affliggono singoli atti possono essere accertate incidentalmente dal giudice amministrativo, quando la loro determinazione sia funzionale all'accertamento rimesso alla cognizione del giudice amministrativo medesimo che, ai sensi dell'art. 8 citato, ha il potere di decidere, senza efficacia di giudicato, tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale (Consiglio di Stato, sez. V, 7 giugno 2013 n. 3133; Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2012, n. 6400).
O ancora, quando si è precisato (Consiglio di Stato, sez. V, 13/12/2012 n. 6400) che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo a decidere in merito ad una controversia avente a oggetto l'impugnazione di una deliberazione con la quale la giunta comunale ha stabilito di esperire una procedura di evidenza pubblica per l'affidamento in locazione a terzi di un immobile pubblico già interessato da un contratto di locazione in corso e per il quale pende un giudizio instaurato da chi si asserisce legittimo conduttore in ragione della perdurante validità ed efficacia del contratto per effetto delle proroghe tacite, e ciò in considerazione che il petitum aveva ha ad oggetto non l'accertamento della sussistenza del vincolo di cui al contratto di locazione, quanto piuttosto il cattivo uso da parte dell'amministrazione comunale del potere di gestione dei propri beni per aver messo a gara un bene già locato, riconducendo la fattispecie all’ambito dell’art. 8 del codice del processo amministrativo.
3. - Conclusivamente, l’appello deve essere accolto, con rimessione al primo giudice della causa ai sensi dell’art. 105 del codice del processo amministrativo, per aver erroneamente dichiarato il proprio difetto di giurisdizione. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 1105 del 2014 e, per l’effetto, annulla con rinvio al primo giudice la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza ter, n. 11122 del 23 dicembre 2013;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)