giovedì 29 maggio 2014

APPALTI: la dissociazione della ditta concorrente "ex" art. 38 co. 1 lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006 (Cons. St., Sez. V, sentenza 30 aprile 2014, n. 2271).


APPALTI: 
la dissociazione della ditta concorrente 
"ex" art. 38 co. 1 lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006 
(Cons. St., Sez. V, 
sentenza 30 aprile 2014, n. 2271).


Massima

1. La dissociazione di cui all'art. 38, co. 1, lett c) del D.Lgs. n. 163/2006, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme, ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa.
2. Ciò che rileva è che l’obiettivo di interesse pubblico perseguito non può essere eluso facendo riferimento ad argomenti di carattere formalistico, quali il venir meno della carica al momento della condanna o la mancanza di strumenti per modificare coattivamente la compagine sociale.
3. Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che, alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il Sig. XYZ era titolare del 95% del capitale sociale della società partecipante, pur non avendo esso poteri di rappresentanza verso terzi.

E’ evidente che, nel caso di specie, una mera azione di responsabilità nei confronti del medesimo, proposta da una società a base ristretta come una s.r.l., partecipata al 95% dal responsabile stesso non garantisce in alcun modo che la società si sia fattivamente dissociata dalla condotta del Sig. XYZ, occorrendo qualcosa di più significativo e preciso.
4. Ad esempio nel caso di specie, appurato che non possa ottenersi l’esclusione del socio, almeno la richiesta di un provvedimento di sequestro a garanzia dell’azione e l’individuazione di un nuovo amministratore della società che sia del tutto indipendente e che dia garanzie serie di perseguire e proseguire nell’azione di responsabilità intrapresa. 


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5491 del 2011, proposto dal Consorzio Stabile Ambrosiano, Soc. Cons. a r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via del Mascherino, 72; 
contro
Arcovent Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Guido Francesco Romanelli e Tiziano Ugoccioni, con domicilio eletto presso l’avv. Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, 5; 
nei confronti di
Centostazioni S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Vinti ed Elia Barbieri, con domicilio eletto presso l’avv. Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE II n. 888/2011, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione definitiva della progettazione esecutiva e della esecuzione dei lavori di recupero e di adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Arcovent Srl e di Centostazioni S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Zoppolato, Guido Francesco Romanelli e Paola Chirulli, su delega dell'avv. Stefano Vinti;

FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Brescia, Sez. II, con la sentenza 9 giugno 2011, n. 888, ha accolto il ricorso n. 643 del 2011 proposto dall’attuale parte appellata Arcovent Srl per l’annullamento del provvedimento emesso in data 1° aprile 2011 da Centostazioni s.p.a., di aggiudicazione definitiva della “progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di recupero ed adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo”, comunicato in data 1° aprile 2011; della comunicazione dell’esito della gara comunicato in data 1° aprile 2011; in parte qua, dei verbali di gara, ed in particolare di quello del 14 dicembre 2010 e relativi allegati, nonché della graduatoria finale stilata dalla Commissione di gara, in quanto atti presupposti, nella parte in cui l’offerta del Consorzio Stabile Ambrosiano scarl non è stata esclusa dalla procedura di gara.
Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che il ricorso meritava accoglimento sotto il profilo, principale ed assorbente, dedotto con la terza censura.
Per il TAR, l’impresa controinteressata in primo grado risultava aver puntualmente rispettato l’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, dimostrando altresì di aver provveduto ad intentare una azione di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore privo dei requisiti morali e di affidabilità.
Ciononostante, nel caso di specie, secondo il TAR, tale comportamento, in linea di principio idoneo a dimostrare la reale volontà dissociativa, non è apparso sufficiente a garantire laratio perseguita dalla norma, atteso che la compagine sociale non risulta essere stata modificata.
In ragione di ciò, ha osservato infatti il TAR, l’amministratore cessato, destinatario di condanna ostativa alla partecipazione alla gara, risultava, alla data della presentazione della domanda, titolare del 95 % del capitale sociale della società partecipante. Pur non avendo esso poteri di rappresentanza verso l’esterno, quindi, non poteva escludersi che, in tale situazione, la guida della società fosse comunque rimasta in capo al soggetto condannato, con conseguente esclusione dell’affidabilità anche dell’impresa.
L’appellante contestava la sentenza del TAR deducendo violazione dell’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; violazione dei principi generali in tema di pubbliche gare; violazione degli artt. 2380-bis e 2639 del codice civile; eccesso di potere per assenza di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e diritto, carenza di motivazione ed illogicità.
Con l’appello in esame, quindi, si chiedeva la reiezione del ricorso di primo grado.
Si costituivano l’Amministrazione appellata, chiedendo il rigetto dell’appello, e il controinteressato, che proponeva appello incidentale nel quale ripresentava le censure assorbite in primo grado.
All’udienza pubblica dell’11 marzo 2014 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO
1. La vicenda sottoposta all’esame del Collegio riguarda una procedura negoziata indetta dall’appellata Centostazioni S.p.a. avente ad oggetto la “progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di recupero ed adeguamento funzionale della stazione ferroviaria di Bergamo” per un importo complessivo a basa d’asta di Euro 3.479.528,18.
All’esito definitivo della suddetta gara, risultava aggiudicatario il Consorzio Stabile Ambrosiano Soc. Cons. a r.l., che aveva partecipato alla procedura per conto di una propria consorziata, Fenini S.r.l., con un punteggio di 70,39 mentre la società Arcovent (odierna appellata e appellante incidentale) aveva conseguito 68,18 punti.
La società Fenini S.r.l., nell’ambito della propria offerta, aveva dichiarato che il Sig. Giovanni Fenini, ex amministratore della società (cd. attuale socio al 95%), era cessato dalla carica in data 19 maggio 2010 a seguito dell’emissione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile in data 12 marzo 2010, per il reato di cui agli articoli 81 cpv. Cod. Pen. e 2 d.lgs. n. 74-2000.
Detta società aveva inoltre dichiarato che avrebbe posto in essere atti di dissociazione dalla condotta tenuta dal citato Giovanni Fenini; in particolare l’odierna appellante principale ha determinato di avviare nei confronti del sig. Giovanni Fenini un’azione di responsabilità sociale con contestuale richiesta risarcitoria di oltre Euro 250.000,00: la relativa vertenza giudiziaria è tutt’ora pendente innanzi al Tribunale di Milano (Sez. VII), ove è rubricata al n. R.G. 63427-2010.
2. Premesse tale evidenze di fatto, ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.
Sotto il profilo fattuale è indiscutibile e pacifico tra le parti sia la sussistenza dei precedenti penali (dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture per operazioni inesistenti) dell’ex amministratore della società Fenini S.r.l., Sig. Giovanni Fenini; sia la sussistenza di atti e misure che la stessa società consorziata ha posto in essere per dissociarsi dalla condotta penalmente sanzionata del suo precedente amministratore.
Nel caso in esame, infatti, dopo aver appreso della condanna riportata dal suo ex amministratore, l’assemblea dei soci della FENINI Srl, con la doverosa astensione dello stesso Sig. Giovanni Fenini, ha deliberato l’avvio di un’azione di responsabilità ai sensi dell’articolo 2476 Cod. Civ. nei confronti dell’ex amministratore in questione, con conseguente azione risarcitoria e richiesta di condanna per oltre € 250.000,00.
Ciò che rimane controvertibile tra le parti e che ha formato oggetto della sentenza impugnata non è, dunque, il principio secondo cui - per evitare che la condanna inflitta al soggetto che ha ricoperto cariche sociali si ripercuota sulla società - non è sufficiente la sola cessazione dalla carica sociale, per dimissioni o per allontanamento, potendosi trattare di mera sostituzione di facciata, ma occorre la dimostrazione che quest'ultima ha adottato "atti concreti e tangibili di dissociazione dalla condotta delittuosa, quale ad esempio l'aver iniziato verso lo stesso azione di responsabilità sociale", sicché in mancanza di detti atti di dissociazione, è illegittima l'aggiudicazione di una gara d'appalto che venga disposta nei confronti di una società il cui presidente del Consiglio di amministrazione abbia nel triennio precedente la data di pubblicazione del bando di gara subito una condanna penale ex art. 444, c.p.p. che incidono sulla sua affidabilità morale e professionale.
Ciò che rimane controvertibile tra le parti è, piuttosto, l’idoneità in concreto, in relazione alle circostanze di fatto peculiari e individualizzanti che connotano il presente giudizio e la vicenda, della condotta assunta dalla società Fenini S.r.l., ad integrare una condotta di effettiva dissociazione dall’attività penalmente rilevante, posta in essere dall’ex amministratore.
E’ evidente che, se non si richiedesse un’effettività della dissociazione, la norma che vieta la partecipazione delle imprese alle gare d’appalto i cui amministratori siano incorsi in reati incidenti sulla moralità professionale si presterebbe a facili elusioni e le attività di dissociazione rivestirebbero la qualità di mere ‘operazioni di facciata’, consentendo invece il perpetrarsi di illeciti e il rischio che si assuma quale contraente con la P.A. un soggetto che dovrebbe essere qualificabile come inaffidabile, proprio il rischio che, ai sensi dell’art. 38, il legislatore intende scongiurare.
Così perimetrato il thema decidendum, è evidente che non rileva nella specie il principio di tassatività delle cause di esclusione, codificato dall’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163-06, poiché la questione, come detto, non è relativa ad una nuova e diversa causa di esclusione rispetto a quella prevista dalla legge, ma riguarda l’idoneità dell’atto concreto adottato dalla società appellante (rectius: dalla Fenini) ad integrare l’ipotesi, normativamente prevista, di dissociazione e, quindi, a consentire la partecipazione dell’appellante alla gara d’appalto.
Né è conferente l’estensione anche ai soci delle cause di esclusione ex art. 38, comma 1, lett. b) e c)”, avvenuta solo per le gare indette dopo il 14 maggio 2011 ex art. 4, comma 3, D.L. n. 70-2011, poiché come detto, l’esclusione in contestazione riguarda il Sig. Giovanni Fenini in quanto ex amministratore e non in quanto socio.
La sua qualità di socio è dedotta soltanto quale mero elemento di fatto idoneo a dimostrare l’insufficienza dell’azione di dissociazione intrapresa nel caso concreto dalla società Fenini s.r.l.
Secondo questo Collegio, effettivamente, l’azione di dissociazione intrapresa nel caso concreto dalla società Fenini s.r.l. non è sufficiente a realizzare un’effettiva dissociazione dalla condotta dell’ex amministratore.
Infatti, come già detto, la disposizione alla stregua della quale il TAR ha ritenuto doverosa l’esclusione della società appellante è posta a tutela di un interesse che trascende quello dei soci e che si riferisce al mercato degli appalti pubblici.
Ciò vuol dire che l’obiettivo di interesse pubblico perseguito non può essere eluso facendo riferimento ad argomenti di carattere formalistico, quali il venir meno della carica al momento della condanna o la mancanza di strumenti per modificare coattivamente la compagine sociale.
La dissociazione, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme, ma è certo che deve risultare esistente, univoca e completa.
Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che, alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il sig. Giovanni Fenini era titolare del 95% del capitale sociale della società partecipante, pur non avendo esso poteri di rappresentanza verso terzi.
E’ evidente che, nel caso di specie, una mera azione di responsabilità nei confronti del medesimo, proposta da una società a base ristretta come una s.r.l., partecipata al 95% dal responsabile stesso non garantisce in alcun modo che la società si sia fattivamente dissociata dalla condotta del sig. Giovanni Fenini, occorrendo qualcosa di più significativo e preciso, ad esempio nel caso di specie, appurato che non possa ottenersi l’esclusione del socio, almeno la richiesta di un provvedimento di sequestro a garanzia dell’azione e l’individuazione di un nuovo amministratore della società che sia del tutto indipendente e che dia garanzie serie di perseguire e proseguire nell’azione di responsabilità intrapresa.
Solo tali ulteriori modalità possono dirsi, nel caso concreto, integrare forme di esistente, univoca e completa dissociazione dell’impresa, in un caso, come quello in oggetto, che è del tutto peculiare e specifico, rispetto alle situazioni ordinarie, ove l’azione di responsabilità può invece dirsi modalità sufficiente di dissociazione.
Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello principale deve essere respinto in quanto infondato e l’appello incidentale può, quindi, essere dichiarato improcedibile.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi (per la particolarità della situazione di fatto).

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale n. 5491 del 2011 come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Nessun commento:

Posta un commento