venerdì 19 settembre 2014

PROCESSO: domanda cautelare e sospensione feriale dei termini (T.A.R. Basilicata, Sez. I, sentenza 18 luglio 2014, n. 488).


PROCESSO: 
domanda cautelare
 e sospensione feriale dei termini 
(T.A.R. Basilicata, Sez. I, 
sentenza 18 luglio 2014, n. 488)


Massima

1. La giurisprudenza amministrativa si è da tempo orientata nel senso che la norma sulla decorrenza dei termini nel procedimento cautelare - che costituisce eccezione alla sospensione feriale - va interpretata nel senso che esso legittimi semplicemente il Tribunale a fissare udienza anche nel periodo feriale, senza che la controparte possa dedurre che i termini sono sospesi, ma non legittima a ricavare da ciò conseguenze sugli oneri che incombono sulle parti nel processo principale (cfr. C.G.A.R.S., sez. giurisd., 26 gennaio 2006 , n. 29). 
2. In altri termini, la deroga prevista dall'art. 5 della legge n. 742 del 1969 non produce alcun effetto con riguardo ai termini di notifica e deposito del ricorso introduttivo e ad ogni altro successivo termine processuale finalizzato alla trattazione del gravame nel merito, per i quali trova invece piena applicazione la sospensione di cui all'art. 1 della medesima legge (cfr. T.A.R. Campania, sez. V, 4 marzo 2008 , n. 1073).


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero avente di registro generale 543 del 2003, proposto da: 
- società Alcatel Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Berardengo e Walter Cassola, da intendersi domiciliata, ai sensi dell’art. 25, n.1, lett.
 a) del codice del processo amministrativo, presso la segreteria di questo Tribunale; 
contro
- Comune di Pisticci, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Anio D'Angella, da intendersi domiciliata, ai sensi dell’art. 25, n.1, lett.a) del codice del processo amministrativo, presso la segreteria di questo Tribunale; 
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- della nota prot. n. 4498 del 6 agosto 2003, con il quale il Capo Servizio Urbanistica del Comune di Pisticci ha diffidato a provvedere, entro 30 giorni, alla rimozione dell’impianto di telefonia cellulare mobile installato sull'immobile di Via Levi n.2, in Marconia, frazione del Comune di Pisticci;
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Pisticci n. 16, prot. n. 127, datata 11.4.2003, di approvazione del piano di localizzazione per gli impianti di telefonia cellulare;
- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o conseguente a quelli impugnati in via principale, ancorché allo stato non conosciuto;
nonché,
per la condanna del Comune di Pisticci al risarcimento del danno ingiusto derivante alla ricorrente dagli atti impugnati e dal comportamento tenuto dall'amministrazione intimata.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisticci;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2014 il magistrato avv. Benedetto Nappi e udito per parti resistente l’avv. Pierluigi Lapolla, per delega dell'avv. Anio D'Angella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1.1. La società Alcatel Italia s.p.a, odierna ricorrente, espone in fatto di aver presentato in data 9 gennaio 2001 istanza di autorizzazione all'installazione e all'esercizio di un impianto di “stazione radio base” per telefonia cellulare, sul lastrico solare di un edificio sito in Pisticci, frazione Marconia, alla via Levi n. 2, ai sensi dell'art. 4 della legge della Regione Basilicata 5 aprile 2000, n. 30.
1.2.1 La Regione Basilicata, con determinazione dirigenziale n. del 23 agosto 2001, prot. n. 75B12001DA54, ha autorizzato la società Alcatel Italia s.p.a. ad installare ed attivare l'impianto di cui trattasi.
1.2.2. Con successiva determinazione dirigenziale n. 448/02/54E1 datata 8 maggio 2002, vistata senza rilievi dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali, architettonici e per il Paesaggio di Potenza, con atto n. 7878 del 17 luglio 2002, la Regione Basilicata ha rilasciato anche l'autorizzazione paesaggistica ex art. 151 del g.lgs. n. 490/99.
1.2.3. La società ricorrente ha quindi proceduto ad installare ed attivare l'impianto di cui trattasi, il quale, all’epoca dei fatti, risultava l’unico afferente alla rete Wind in grado di fornire il servizio di telefonia cellulare nella zona di Marconia.
1.3.1. In data 11 aprile 2003, con deliberazione consiliare n. 127, il Comune di Pisticci ha approvato un “piano di localizzazione per gli impianti di telefonia cellulare”, con il quale ha previsto il divieto di installare qualsivoglia infrastruttura per radiotelecomunicazioni nel proprio comprensorio, individuando a tal fine tra distinte aree, rispettivamente in contrada “Trane”, con riferimento al centro urbano, in località “Porcile”, in riferimento alla frazione Marconia, e in località “48” per quanto concerne la zona costiera.
1.3.2. Detto piano ha anche previsto il trasferimento coattivo nelle sedi di cui innanzi di tutti gli impianti già installati dai gestori di telefonia mobile, ivi compreso quello realizzato dalla società ricorrente, destinato ad essere reimpiantato in località “Porcile”.
1.4. Avverso detta deliberazione la società ricorrente ha promosso un primo ricorso dinanzi a questo Tribunale, avente numero di registro generale n. 419/2003.
1.5. In data 6 agosto 2003, il Comune di Pisticci, con nota prot. n. 4488, ha diffidato la società ricorrente a provvedere alla rimozione, a proprie cure e spese, dell’impianto di cui innanzi, avvertendo che, decorsi infruttuosamente trenta giorni, avrebbe provveduto ad emettere ordinanza di rimozione dell’opera nei modi e termini di legge.
2.1. La Alcatel Italia s.p.a., col presente ricorso, notificato in data 14 novembre 2013 e depositato il successivo 28 novembre, ha impugnato detta nota prot. n. 4488 del 6 agosto 2003, nonché la stessa deliberazione consiliare n. 16/2003, riproponendo le censure già articolate nel primo ricorso avverso tale ultimo provvedimento e sostenendo la conseguente illegittimità derivata della diffida di cui è cenno.
3.1. Si è ritualmente costituito il Comune di Pisticci, eccependo in rito l’irricevibilità del ricorso per tardività e l’inammissibilità per omessa notifica di esso ad almeno un controinteressato, e nel merito, la sua infondatezza.
4.1. All’udienza pubblica straordinaria del 6 giugno 2014, sussistendone l’interesse, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO
1.1. Occorre preliminarmente scrutinare le eccezioni in rito sollevate dall’Amministrazione resistente.
1.2.1. In primo luogo, la difesa del Comune intimato chiede che il ricorso sia dichiarato irricevibile perché notificato ben oltre il termine di sessanta giorni di cui all’art. 21 della legge n. 1034/1971, applicabile ratione temporis. Infatti, il provvedimento impugnato è del 6 agosto 2003, mentre il ricorso è stato notificato soltanto il successivo 14 novembre. In tale computo, secondo la prospettazione di parte avversa, non potrebbe tenersi conto del periodo di sospensione feriale dei termini, posto che la ricorrente ha presentato anche un’incidentale istanza cautelare. In applicazione dell’art. 5 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, sarebbe esclusa la sospensione di diritto del decorso dei termini processuali in caso di procedimenti per la sospensione della esecuzione dei provvedimenti impugnati.
1.2.2. L’eccezione è priva di pregio. La giurisprudenza amministrativa si è da tempo orientata nel senso che la norma sulla decorrenza dei termini nel procedimento cautelare - che costituisce eccezione alla sospensione feriale - va interpretata nel senso che esso legittimi semplicemente il Tribunale a fissare udienza anche nel periodo feriale, senza che la controparte possa dedurre che i termini sono sospesi, ma non legittima a ricavare da ciò conseguenze sugli oneri che incombono sulle parti nel processo principale (cfr. C.G.A.R.S., sez. giurisd., 26 gennaio 2006 , n. 29). In altri termini, la deroga prevista dall'art. 5 della legge n. 742 del 1969 non produce alcun effetto con riguardo ai termini di notifica e deposito del ricorso introduttivo e ad ogni altro successivo termine processuale finalizzato alla trattazione del gravame nel merito, per i quali trova invece piena applicazione la sospensione di cui all'art. 1 della medesima legge (cfr. T.A.R. Campania, sez. V, 4 marzo 2008 , n. 1073).
1.3.1. Con una seconda eccezione, il Comune di Pisticci afferma che il presente ricorso sarebbe inammissibile, in quanto la ricorrente non avrebbe notificato il ricorso al Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale, autore dell’atto impugnato, che, in tale qualità, rivestirebbe la posizione processuale di controinteressato.
1.3.2. L’eccezione va nettamente respinta. Questo Tribunale ha già, per il passato, affermato come nella figura del Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale, ovverosia nell’autore dell’atto impugnato, manchi il requisito sostanziale della titolarità d’una posizione giuridica di vantaggio, scaturente dall’atto medesimo, che è tipica della posizione del controinteressato e indefettibile (cfr. T.A.R. Basilicata, 26 ottobre 2007, n. 650; id. 21 maggio 2007, n. 411).
1.4. Tanto premesso, il ricorso risulta tuttavia in parte improcedibile, in parte inammissibile e per il resto fondato e meritevole di accoglimento per gli argomenti appresso riportati.
1.5.1. Va in primo luogo rilevato che, con sentenza n. 411, depositata in data 21 maggio 2007, resa all’esito di altro e distinto giudizio, questo Tribunale ha già annullato l’impugnato piano comunale dei siti di installazione degli impianti di telefonia mobile e di trasferimento di quelli esistenti, in uno alla deliberazione consiliare n. 16, prot. n. 127, datata 11 aprile 2003, di approvazione dello stesso.
1.5.2. Dalla natura di atto generale del piano, discende che l’intervenuto annullamento giurisdizionale ne ha determinato la caducazione, nella sua interezza, con efficacia erga omnes. La decisione di annullamento - che per i limiti soggettivi del giudicato esplica in via ordinaria effetti soltanto fra le parti in causa - acquista infatti efficacia erga omnes nei casi di atti a contenuto generale e inscindibile, ovvero di atti a contenuto normativo, quali sono i regolamenti comunali, nei quali gli effetti dell’annullamento non sono circoscrivibili ai soli ricorrenti, essendosi in presenza di un atto a contenuto generale sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può esistere per taluni e non esistere per altri (cfr. C.d.S., sez. VI, 12 dicembre 2009, n. 7023).
1.5.3. Ne deriva l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse, nella sola parte in cui viene impugnata la ripetuta deliberazione del Consiglio Comunale di Pisticci n. 16/2003, prot. n. 127, e l’allegato piano di localizzazione.
1.6.1. Il ricorso deve invece trovare accoglimento per i profili concernenti l’impugnazione della nota prot. n. 4488 del 6 agosto 2003, di diffida alla rimozione della “stazione radio base” della ricorrente, in quanto detta nota trova esclusiva motivazione nelle previsioni del piano comunale che, come si è detto innanzi, è stato annullato in sede giurisdizionale.
2.1. Per mera completezza di trattazione, il Collegio ritiene di dover precisare che risultano irrilevanti le ulteriori considerazioni svolte in fatto dalla difesa del Comune intimato in relazione al circostanza che i lavori relativi alla realizzazione della “stazione radio base” di cui è questione sarebbero stati eseguiti dalla società ricorrente in pretesa assenza di un legittimo titolo abilitativo.
2.2. Invero, tale profilo risulta del tutto estraneo al presente giudizio, non essendo minimamente accennato né nella nota impugnata, né in quella datata 1° luglio 2003, prot. n. 3672, in essa richiamata.
3.1. Va, infine, ritenuta inammissibile la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente, in quanto del tutto generica e carente delle ragioni della sua richiesta e della prospettazione del danno, con indicazione di elementi di prova e di criteri di quantificazione.
4.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, per come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile, in parte inammissibile, e per il resto lo accoglie e, per l’effetto, annulla la nota prot. n. 4488 del 6 agosto 2003, nei sensi di cui in motivazione .
Condanna il Comune di Pisticci alla refusione delle spese di lite in favore di parte ricorrente, liquidando le stesse in euro duemila, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza, nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2014, con l'intervento dei magistrati:
Francesco Riccio, Presidente FF
Anna Bottiglieri, Consigliere
Benedetto Nappi, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


giovedì 18 settembre 2014

"MEMOIRES D'UN JURISTE": la scienza giuridica non è cumulativa (G.U. Rescigno).


"MEMOIRES D'UN JURISTE": 
la scienza giuridica 
non è cumulativa 
(G.U. Rescigno).



Torniamo ai classici del diritto.

"La scienza giuridica non è cumulativa, non ci sono punti fermi che non vengono rimessi in discussione e che vengono sempre più accresciuti: si ricomincia sempre da capo; è molto probabile che nei secoli tornino antichi problemi , o si ripresentino oggi problemi ricorrenti: è certo che è possibile, utile, anche divertente e sicuramente stimolante, misurarsi con vecchie questioni ed antichi scritti […], così come è possibile mettere a confronto diverse metodologie e scritti di autori scaglionati nei secoli e trovare differenze, somiglianze, identità di problemi, di soluzioni, di argomenti”.

(G.U. Rescigno,  Il giurista come scienziato, in Dir. pubbl., 2003, 864).

PROCESSO: la rinuncia al ricorso dichiarata in udienza (T.A.R. Lazio, Sez. II "ter", sentenza 18 settembre 2014 n. 9838).


PROCESSO: 
la rinuncia al ricorso 
dichiarata in udienza
 (T.A.R. Lazio, Sez. II "ter", 
sentenza 18 settembre 2014 n. 9838).


Massima

1. Costituisce jus receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale il ricorrente, sino al momento in cui la causa è trattenuta per la decisione, ha piena disponibilità dell'azione e, quindi, può rinunciare al ricorso o, comunque, dichiarare di aver perduto ogni interesse alla decisione.

2. Non avendo il potere di procedere d'ufficio né quello di sostituirsi alla ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire (trattandosi di una condizione dell’azione il cui impulso è nella piena disponibilità del soggetto ricorrente), nel caso di dichiarazione della parte di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione - alla quale è assimilabile la rinuncia al ricorso non notificata a controparte - il giudice amministrativo è tenuto alla declaratoria della improcedibilità del ricorso.

mercoledì 17 settembre 2014

CONFERENZE: Unità e pluralità della giurisdizione. Presupposti costituzionali e prospettive di riforme ("Palazzaccio", 10 ottobre 2014, ore 15:00).


CONFERENZE:
 Unità e pluralità della giurisdizione. 
Presupposti costituzionali 
e prospettive di riforme 
("Palazzaccio", 10 ottobre 2014, ore 15:00).



SOCIETA' PUBBLICHE: le società pubbliche a capitale non interamente pubblico possono operare sul mercato (Cons. St., Sez. VI, sentenza 25 luglio 2014, n. 3963).


SOCIETA' PUBBLICHE: 
le società pubbliche a capitale
 non interamente pubblico 
possono operare sul mercato 
(Cons. St., Sez. VI, 
sentenza 25 luglio  2014, n. 3963). 


Il titolo si ricava "a contrario" leggendo la massima, che il Consiglio di Stato è stato sibillino...

Massima

1.  L'art. 13 del d.l.  n. 223/2006 - secondo il quale le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle Amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di servizi strumentali alle attività da esse svolte, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o affidanti e non possono svolgere prestazioni (lavori, servizi, forniture) a favore di altri soggetti pubblici o privati, né partecipare ad altre società o enti - costituisce disposizione di carattere eccezionale, da interpretare in stretta aderenza al suo dato letterale, senza possibilità alcuna di applicazione oltre i casi in essa previsti.
2. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi colpisce infatti le società pubbliche strumentali alle Amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, e non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali esercitanti attività d'impresa di enti pubblici, essendo esso stato posto, come sancito da Corte Cost. n. 328 del 2008, al fine di separare le due sfere di attività, per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso possa godere in quanto Pubblica amministrazione.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5093 del 2011, proposto dal Consorzio Thermoverifiche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Sirena, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Po n. 43; 
contro
Provincia di Roma, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanna De Maio, con domicilio eletto in Roma, via Quattro Novembre, n. 119/A;
Multiservice s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Vinti e Paola Chirulli, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Emilia n. 88;
Itagas Ambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale Capogruppo mandataria del R.T.I. con Promoeco SME s.r.l. e Servizi Energia Ambiente - SEA s.r.l.; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II Quater, n. 36575/2010, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 5207/2010, di aggiudicazione definitiva della gara per l’affidamento del servizio di verifica sugli impianti termici siti negli stabili esistenti nei territori dei Comuni della Provincia di Roma con popolazione fino a 40.000 abitanti e istituzione di un “numero verde”, nonché degli atti connessi;
inoltre per il risarcimento del danno;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Roma e della Multiservice s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti l’avvocato Mauro Barberio, su delega dell'avv. Pietro Sirena, l’avvocato Giovanna De Maio e l’avvocato Paola Chirulli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
I.- Con bando pubblicato sulla GUE n. 37 del 23 febbraio 2010 e sulla GURI Suppl. n. 25 del 3 marzo 2010, la Provincia di Roma ha indetto una gara per l’affidamento del servizio di verifica sugli impianti termici siti negli stabili esistenti nei territori dei Comuni della Provincia con popolazione fino a 40.000 abitanti e per l’istituzione di un “numero verde”, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nella seduta pubblica del 23 giugno 2010, la commissione di gara ha dichiarato la Multiservice s.p.a. provvisoriamente aggiudicataria, demandando al R.U.P. le dovute verifiche dell’anomalia dell’offerta e, con nota del 23 giugno 2010, ha richiesto a detta società le giustificazioni ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell’offerta.
Ritenute soddisfacenti le precisazioni fornite con articolata relazione, la Provincia ha aggiudicato in via definitiva l’appalto alla Multiservice s.p.a. con d.d. del R.U. n. 5207 del 15 luglio 2010.
La seconda classificata A.T.I. Itagas Ambiente s.r.l ha impugnato detto provvedimento di aggiudicazione definitiva presso il T.A.R. Lazio, che lo ha respinto con sentenza n. 33046 del 27 ottobre 2010.
II.- Con il ricorso di primo grado n. 8257 del 2010, il Consorzio Thermoverifiche, collocato in terza posizione nella graduatoria, ha a sua volta impugnato il provvedimento di aggiudicazione definitiva, formulando censure rivolte sia nei confronti della società aggiudicataria che nei confronti di detta A.T.I. (per profili attinenti alla loro mancata esclusione dalla gara per violazione dell’art. 23 bis, comma 9, del d. l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, e per violazione dell’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito in l. n. 248 del 2006 c.d. “decreto Bersani”), che è stato respinto con la sentenza in epigrafe indicata.
III.- Per l’annullamento o la riforma di detta sentenza, ha proposto ricorso in appello il citato Consorzio, riproponendo in primo luogo (nell’assunto che il T.A.R. non si sarebbe pronunciato su alcune doglianze formulate nel ricorso introduttivo del giudizio e nelle successive memorie) le seguenti censure già articolate in primo grado:
A) Con riguardo all’ATI Itagas Ambiente s.r.l.:
A.1) sul primo motivo di ricorso:
Violazione dell’art. 23 bis, comma 9, del d.l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008 e modificato dalla l. n. 166 del 2009, da parte della mandante e partecipante al 10 % Promoeco SME s.r.l., che detiene la partecipazione maggioritaria al capitale sociale della Multiservizi s.p.a., beneficiaria di affidamenti diretti e senza gara di servizi pubblici da parte della Provincia di Enna, che ha a sua volta costituito la Multiservizi s.r.l., che è impresa ausiliaria della Promoeco SME s.r.l., che quindi indirettamente controlla la Multiservizi s.r.l.. A causa di ciò l’ATI Itagas Ambiente s.r.l avrebbe dovuto essere esclusa.
A.2) Anche se la fattispecie fosse stata inquadrabile nell’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito in l. n. 248 del 2006 e poi modificato dalla l. n. 296 del 2006, in base ad esso era vietato alla Multiservizi s.p.a., società a capitale misto, costituita per la produzione di servizi strumentali o per svolgere funzioni amministrative proprie degli enti costituenti, di partecipare ad altre società o Enti, come la Multiservizi s.r.l. (la stessa costituzione della quale contrasta con il disposto di detto articolo perché la partecipazione azionaria della Multiservizi s.p.a. è totalitaria, con impossibilità che essa svolga le funzioni di impresa ausiliaria in favore della Promoeco SME s.r.l., che è il controllore di entrambe dette società).
B) sulle censure articolate in primo grado nei confronti della Multiservice s.p.a., a seconda se la fattispecie fosse stata inquadrata nell’ambito di applicazione dell’art. 23 bis del d.l. n. 112 del /2008 o dell’art. 13 del d.l. 223 del 2006:
B.1) Con riguardo alla prima ipotesi:
L’affidamento da parte della Provincia di Genova alla Multiservice s.p.a del servizio di controllo degli impianti termici dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2010 è stato risolto, a seguito di domanda di recesso della società, con decorrenza 31 marzo 2010, sotto condizione della effettuazione di una serie di prestazioni, che a tale data si sarebbero già dovute eseguire, confermata, a seguito di richiesta di proroga, con atto n. 2023 del 2010. Ciò dimostra che la risoluzione della convenzione rappresentava un mero ‘espediente’ per eludere il divieto di partecipazione imposto dall’art. 23 bis del d. l. n. 112 del 2008, come confermato anche dall’inclusione nella offerta tecnica della società del “software” che si era impegnata a restituire, ma senza concreta utilità, dal momento il divieto posto dal citato art. 23 bis include anche le ipotesi di gestione del servizio in via di fatto.
B.2.- Le conclusioni sopra rappresentate non cambiano se la fattispecie fosse ricondotta all’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, dovendosi in tal caso attribuire rilievo al fatto che le prestazioni oggetto della condizione risolutiva apposta all’atto risolutivo di detta convenzione (cioè il caricamento di 51.000 certificazioni) hanno consistenza di un servizio reso nell’esclusivo favore della Provincia di Genova, il che rende la Multiservice s.p.a. una società strumentale di detta Provincia, come confermato dalla delibera della Provincia stessa n. 33 del 12 maggio 2010, in cui riconosce che la società persegue un fine istituzionale dell’Ente e che la richiesta di recesso era giustificata dal rischio di vedersi esclusa dalla partecipazione a gare bandite da altri Enti Locali; ciò dimostrerebbe la finalità elusiva della richiesta.
B.3.- Era censurabile il procedimento di verifica della anomalia della offerta formulata dalla aggiudicataria (caratterizzata da una notevole quantità di servizi aggiuntivi, estremamente costosi, e da dubbi sulla rimuneratività del prezzo offerto per ogni intervento), come provato dalla circostanza che le richieste di chiarimenti e le giustificazioni addotte non riguardavano mai detti servizi, nonostante la loro rilevanza economica; inoltre il profilo relativo alla disponibilità del “software” di gestione del servizio denominato “AGIT”, la cui proprietà era riconducibile alla Provincia di Genova, è stato giustificato con il riferimento ad un imprecisato accordo, ma in maniera insoddisfacente, dal momento non sarebbero chiare né le ragioni per la quale la Provincia avrebbe ceduto a detta società in esclusiva i diritti su detto “software”, dopo che la risoluzione della convenzione in atto tra le parti era stata condizionata alla restituzione dello stesso, né il motivo per il quale la società non sarebbe stata tenuta a pagarne la licenza di utilizzo.
IV.- Tanto premesso, nell’assunto che la sentenza di primo grado ha respinto la maggior parte degli argomenti addotti senza puntualmente confutarli, ed evidenziato che la controversia riguarda la concorrenza tra società di derivazione pubblica e società private nell’ambito del mercato della verifica degli impianti termici, riguardo alla quale l’ordinamento ha introdotto l’art. 23 bis del d. l. n. 112 del 2008 e l’art. 13 del d.l. 223 del 2006, sono state dedotte le seguenti censure:
1) Erroneità della tesi sostenuta in sentenza che il servizio di verifica degli impianti termici esuli contemporaneamente dalla nozione di servizio pubblico e da quella di servizio strumentale o di funzione pubblica esternalizzata.
2) Stante la assimilabilità del servizio in questione alla nozione di servizio pubblico avrebbero dovuto essere escluse dalla partecipazione alla gara le imprese collocatesi ai primi due posti, per violazione del richiamato art. 23 bis, e la gara avrebbe dovuto essere aggiudicata alla appellante.
3.- Non è condivisibile la tesi del T.A.R. secondo cui al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara de qua il contratto della Multiservice s.p.a. con la Provincia di Genova fosse già risolto e fosse cessata l’attività di verifica sugli impianti termici.
Neppure ha considerato il primo giudice che il divieto posto dal citato art. 23 bis si applica anche a rapporti instaurati ed eseguiti in via di fatto e che comunque la secondarietà delle prestazioni eseguite non esclude l’esecuzione dell’affidamento diretto.
4.- Per escludere l’applicabilità al caso di specie del divieto posto dall’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, il T.A.R. ha correttamente individuato la “ratio” del divieto, ma ne ha tratto erronee conclusioni.
Comunque contraddittoriamente il T.A.R. ha affermato a pagina 6 della sentenza che la fattispecie consiste nella esternalizzazione di una tipica funzione pubblica, mentre poi, alla seguente pagina 10, lo ha negato.
Non è condivisibile la tesi del primo giudice secondo cui la non esclusività dell’oggetto sociale esclude l’applicazione del divieto di cui al citato art. 13.
5.- Il T.A.R. ha respinto le censure relative al sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, affermando che le deduzioni della difesa della controinteressata eludevano l’illogicità della valutazione compiuta dalla stazione appaltante, con argomenti postumi rispetto al procedimento instaurato dalla s.a. per la verifica di detta anomalia ed inadeguati a sanare le lacune da cui essa è affetta.
6.- Il secondo motivo del ricorso introduttivo è stato respinto con motivazioni non pertinenti alla censura proposta.
7.- La gara in questione si sarebbe dunque dovuta aggiudicare al Consorzio appellante, perché le prime due classificate in graduatoria non avrebbero potuto partecipare alla gara, e, essendo nelle more stato stipulato il contratto, è stato richiesto il risarcimento in forma specifica o, in subordine, per equivalente, nella misura del mancato utile pari al 10% del valore della gara.
V.- Con atto depositato l’8 luglio 2011 si è costituita in giudizio la Multiservice s.p.a., che ha eccepito la irricevibilità, la improponibilità e la inammissibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto la infondatezza.
Con memoria pure depositata l’8 luglio 2011 la Multiservice s.p.a. ha eccepito la irricevibilità dell’appello per tardività, essendo stato notificato il 10 giugno 2011, dopo la scadenza del termine trimestrale (ex artt. 92 e 119 del c.p.a.) dalla pubblicazione della sentenza in data 14 dicembre 2010, nonché la sua inammissibilità per carenza di interesse, non potendo il Consorzio Thermoverifiche partecipare alla gara per le ragioni di cui al ricorso incidentale di prime cure, che sono state specificamente riproposte in appello, sostanzialmente deducendo l’illegittimità della mancata esclusione dalla gara del Consorzio; essa ha quindi concluso per la declaratoria di irricevibilità o di inammissibilità o di infondatezza.
VI.- Con memoria depositata il 20 luglio 2011, si è costituita in giudizio la Provincia di Roma, che, con successiva memoria depositata l’11 febbraio 2014, ha eccepito la irricevibilità del ricorso per tardività, per essere stato notificato alla Provincia solo in data 13 giugno 2011, oltre il termine previsto dall’art. 119, comma 7, del c.p.a., nonché ne ha dedotto la infondatezza, concludendo per la reiezione.
VII.- Con memoria depositata il 18 febbraio 2014, la Multiservice s.p.a., premesso che, essendosi nelle more integralmente esaurita la esecuzione del contratto, non sarebbe comunque possibile il subentro dell’appellante o il risarcimento in forma specifica, ha ribadito le proprie tesi e richieste ed ha dedotto la infondatezza dei motivi di appello, concludendo per la reiezione.
VIII.- Con atto depositato il 28 febbraio 2014 l’avv. Giuseppe Inglese, difensore della Multiservice s.p.a., ha dismesso il mandato difensivo conferitogli.
IX.- Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
X.- Innanzi tutto la Sezione ritiene di potere prescindere dalla verifica della fondatezza delle eccezioni di irricevibilità per tardività e di inammissibilità dell’appello formulate dalle parti resistenti, stante l’infondatezza del gravame.
XI.- Con il primo motivo è stata dedotta l’erroneità della tesi sostenuta in sentenza secondo cui il servizio di verifica degli impianti termici esuli contemporaneamente dalla nozione di servizio pubblico e da quella di servizio strumentale o di funzione pubblica esternalizzata, alla quale è stata fatta conseguire la non valenza in tale specifico mercato delle regole che tutelano il libero confronto concorrenziale e la possibilità di partecipazione alle gare di società che godono di affidamenti diretti, come l’A.T.I. Itagas o Multiservice s.p.a..
La tesi comporterebbe conseguenze gravi sotto il profilo della concorrenza e comunque sussisterebbero ragioni per sussumere il servizio di verifica degli impianti termici nell’una o nell’altra categoria.
Il primo ed il secondo dei motivi posti a base del ricorso introduttivo del giudizio, che riguardavano la violazione dell’art. 23 bis del d.l. 112 del 2008 da parte della seconda classificata e della aggiudicataria, sono stati respinti dal TAR nell’assunto che la distinzione tra appalti di servizio e concessione di servizio pubblico invocata dalla ricorrente era inconferente, dal momento che detta norma trova applicazione esclusiva alla materia dei servizi pubblici locali, mentre quello “de quo” non sarebbe un servizio pubblico perché la prestazione resa dall’appaltatore non andrebbe a favore della generalità dei membri di una collettività locale per promuovere lo sviluppo economico e civile, ma consisterebbe nella esternalizzazione di una funzione pubblica consistente nell’esercizio di attività di controllo e vigilanza su alcuni privati.
Al contrario, la prestazione viene invece resa a favore della collettività, come si evincerebbe dalle seguenti circostanze:
- i proprietari di impianti termici e anche coloro che abitano nelle vicinanze traggono utilità in termini di sicurezza dalla periodica verifica delle condizioni di esercizio e manutenzione degli impianti;
- il corrispettivo per la prestazione resa dall’appaltatore viene posto a carico dei cittadini;
- la periodica verifica ha come scopo precipuo quello di contribuire alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e quindi di tutelare la salute pubblica e la salubrità dell’ambiente, come riconosciuto con sentenza del Consiglio di Stato n. 77 dell’11 gennaio 2011.
Peraltro l’appaltatore non si limiterebbe a una mera attività di controllo, ma creerebbe anche un “database” informatico degli stessi, attraverso il quale l’Amministrazione può tenere sotto controllo e programmare i futuri interventi di verifica, con prestazione a favore dell’Ente locale.
Con il secondo motivo di gravame è stato quindi dedotto che, stante la assimilabilità del servizio in questione alla nozione di servizio pubblico, si sarebbero dovute escludere dalla gara le imprese collocatesi ai primi due posti, in violazione del richiamato art. 23 bis, e la gara si sarebbe dovuta aggiudicare alla appellante
XI.1.- In relazione a tali questioni, da esaminare congiuntamente per la loro connessione osserva la Sezione che va condivisa la statuizione del TAR, secondo il quale nella specie l’attività in questione non è riferibile ad uno specifico e diretto interesse della collettività, né ad un servizio svolto a favore dell’ente locale.
In realtà, si tratta della esternalizzazione di una funzione pubblica, riguardante l’attività di controllo e di vigilanza, per impianti potenzialmente pericolosi per l’ambiente, con redazione dei relativi atti.
Anche se i relativi costi sono assunti da coloro che si avvalgono del servizio, le relative attività riguardano la acquisizione di dati da porre a base dei relativi atti e certificazioni, in ‘sostituzione’ delle corrispondenti attività che altrimenti avrebbe dovuto porre in essere la Provincia, e il tutto con corrispondente traslazione delle connesse competenze e responsabilità.
D’altra parte, la questione dell’ascrivibilità dell’oggetto della gara ad una concessione di servizi pubblici o ad un appalto di servizi è in realtà ininfluente.
Il divieto di cui al comma 9 dell’art. 23 bis del d.l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, pur riferendosi soggettivamente alle società che esercitano servizi pubblici locali, si estende tuttavia oggettivamente a tutte le attività d’impresa extraterritoriali.
Esso infatti stabilisce che “Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b), nonché i soggetti cui e' affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, ne' svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, ne' direttamente, ne' tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, ne' partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società da queste direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell' articolo 2359 del codice civile , nonché al socio selezionato ai sensi della lettera b) del comma 2. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti”.
Infine, risulta attendibile la tesi secondo cui – con riferimento alla società Multiservice – rileva la circostanza per cui - al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione – il contratto a suo tempo stipulato con la Provincia di Genova era già stato risolto, con la cessazione della attività di verifica sugli impianti termini.
Mentre le relative attività di ‘caricamento su supporto informatico delle risultanze delle attività cessate’ risultava meramente consequenziale allo scioglimento del rapporti, è decisivo considerare che alla medesima data non vi era più la ‘gestione’ del precedente servizio, non esistendovi il relativo obbligo.
XII.- Con il terzo motivo di appello (che approfondisce proprio la questione concernente il precedente rapporto con la Provincia) è stato dedotto che non sarebbe condivisibile la tesi del T.A.R. secondo cui al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara de qua il contratto della Multiservice s.p.a. con la Provincia di Genova fosse già risolto e fosse cessata l’attività di verifica sugli impianti termici, cui è stata fatta conseguire l’ininfluenza dello svolgimento di operazioni di mero caricamento su supporto informatico delle risultanze di verifiche svolte in passato e ormai cessate e dell’obbligo di materiale restituzione di strumenti informatici, nell’assunto che trattavasi di attività materiali e prestazioni complementari non costituenti forme di gestione del servizio pubblico in via di affidamento diretto.
Era stato infatti dedotto in ricorso che la costituzione dell’archivio informatico rappresentava un elemento non complementare rispetto alla verifica degli impianti in questione, ma essenziale della prestazione, perché senza di esso l’Amministrazione non avrebbe potuto realizzare lo scopo perseguito dal legislatore nazionale e comunitario, resa ben oltre la data di scadenza della presentazione delle domande di partecipazione alla gara.
Neppure avrebbe considerato il primo giudice che il divieto posto dal citato art. 23 bis si applica anche a rapporti instaurati ed eseguiti in via di fatto, il che nel caso di specie sarebbe pacificamente avvenuto, e comunque la secondarietà delle prestazioni eseguite non escluderebbe l’esecuzione dell’affidamento diretto.
XII.1.- Osserva in proposito il Collegio che deve ritenersi incontestabile la circostanza che la Multiservice s.p.a. alla data di scadenza per la presentazione della delle offerte per la gara indetta dalla Provincia di Roma, il 12 aprile 2010, non avesse alcun formale rapporto in corso con altri Enti Locali, essendo stato risolto anticipatamente l’affidamento da parte della Provincia di Genova alla Multiservice s.p.a del servizio di controllo degli impianti termici dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2010, a seguito di domanda di recesso della società, con determinazione dirigenziale n. 20233 del 31 marzo 2010 e decorrenza da tale data.
Non è infatti suscettibile di favorevole apprezzamento la tesi prospettata dall’appellante Consorzio, secondo cui l’effetto risolutivo non si sarebbe verificato perché subordinato alla condizione risolutiva del pagamento delle quote per gli anni 2009 e 2010 non ancora versate, del caricamento di 51.000 certificazioni e della restituzione del “software”, da effettuarsi entro un termine non rispettato dalla Multiservice s.p.a., che ne aveva chiesto la proroga.
Tali prestazioni non costituivano invero un evento futuro e incerto cui era subordinata l’efficacia del vincolo negoziale, ma prestazioni dovute in base al rapporto contrattuale risolto da svolgersi in favore della Provincia di Genova.
Esse non implicavano, quindi, né la sospensione dell’effetto risolutivo dell’accordo, né attestavano lo svolgimento di fatto dell’attività dedotta nel contratto oggetto di esplicita risoluzione consensuale, trovando ragione proprio nella cessazione del contratto.
Sta di fatto, poi, che la Provincia di Genova, contestualmente alla risoluzione anticipata del contratto, ha avviato la gestione del servizio in via diretta, il che smentisce in maniera incontestabile l’assunto della parte appellante.
XIII.- Con il quarto motivo d’appello, è stato dedotto che, per escludere l’applicabilità al caso di specie del divieto posto dall’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. nella l. 4 agosto 2006, n. 248, il T.A.R. ha correttamente individuato la “ratio” del divieto (consistente nell’intento di scongiurare i potenziali effetti discorsivi della concorrenza e la violazione del principio di parità degli operatori connessi all’operare delle società miste che possano avere una posizione privilegiata, determinata dallo svolgimento di servizi strumentali agli Enti pubblici da cui sono partecipate), ma ne avrebbe tratto erronee conclusioni, affermando che la Multiservice s.p.a., non avendo un oggetto sociale esclusivo (come desumibile dal fatto che opera nel mercato in diretta concorrenza con altre imprese pubbliche o private), non rientrava nel divieto contenuto nella norma suddetta, per la cui interpretazione non è possibile il ricorso all’analogia.
In realtà l’applicabilità del divieto posto dall’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 non dipenderebbe dall’unico elemento dell’esclusività dell’oggetto sociale, ma, come evincibile dalla lettera della norma, il presupposto essenziale consisterebbe nella qualificabilità dell’attività posta in essere come attività strumentale alla P.A., ovvero come una funzione amministrativa esternalizzata, presupposti che, nel caso di specie ricorrerebbero entrambi, dal momento che il servizio in questione, se non inquadrabile nella nozione di servizio pubblico (perché non reso alla collettività), dovrebbe necessariamente rientrare in dette attività o funzione.
Escluderle entrambe non sarebbe possibile, dal momento che non ricorrerebbe nel caso di specie un ipotesi tipica di appalto di servizi.
Comunque contraddittoriamente il T.A.R. avrebbe affermato a pagina 6 della sentenza che la fattispecie consiste in una esternalizzazione di una tipica funzione pubblica, mentre poi, alla seguente pagina 10, lo avrebbe negato.
Alla argomentazione del primo giudice, secondo cui la non esclusività dell’oggetto sociale esclude l’applicazione del divieto di cui all’art. 13, sarebbe obiettabile, ad avviso del Consorzio appellante, che in tal caso l’applicazione della disciplina sarebbe rimessa alla libera disponibilità dell’impresa, che potrebbe sottrarsi al divieto estendendo l’ambito della propria attività a mercati al di fuori di quello oggetto del rapporto con la P.A., mentre il criterio per distinguere l’attività strumentale o la funzione pubblica esternalizzata dovrebbe poggiare su elementi oggettivi ed indisponibili da parte del soggetto sottoposto alla disciplina.
XIII.1.- Rileva in proposito la Sezione che l’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 (secondo il quale le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di servizi strumentali alle attività da esse svolte, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o affidanti e non possono svolgere prestazioni - lavori, servizi, forniture - a favore di altri soggetti pubblici o privati, né partecipare ad altre società o enti) costituisce disposizione dal carattere eccezionale, che non può che essere interpretata in stretta aderenza al suo dato letterale, senza possibilità alcuna di applicazione oltre i casi in essa previsti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2011, n. 6974; 22 marzo 2010, n. 1651; 7 luglio 2009, n. 4346; sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 215).
Esso non poteva quindi applicarsi al caso di specie, in quanto la Multiservice s.p.a. non era caratterizzata dai caratteri di strumentalità e funzionalità individuati dalla legge, ma operava nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese ed ha nel proprio capitale sociale una partecipazione minoritaria di Enti locali che non hanno influenza sulle decisioni societarie.
Infatti nello statuto della s.p.a. non è indicata alcuna attività strumentale da prestarsi in favore di un Ente pubblico specifico, ma una serie di attività di natura imprenditoriale diversificate sia per la natura che per i clienti destinatari; in particolare, è ivi indicato che la società ha come oggetto sociale attività quali “la prestazione di servizi tecnici integrati per le imprese e per enti pubblici e privati nei settori amministrativi, tecnologici, informatici e archivistici” e che essa opera in diverse sedi le diverse attività.
Quindi, in conformità con le sopra citate decisioni giurisprudenziali, il tenore di detto art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 induce a ritenere che la qualificazione differenziale tra attività strumentale e gestione dei servizi pubblici deve essere riferita non all’oggetto della gara, bensì all’oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa.
Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali esercitanti attività d’impresa di enti pubblici, essendo esso stato posto, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 328 del 2008, al fine di separare le due sfere di attività, per evitare che un soggetto che svolge attività amministrativa eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso possa godere in quanto pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, V, 29 dicembre 2011, n. 6974; 22 marzo 2010, n. 1651, cit.).
Il motivo in esame va quindi respinto.
XIV.- Con il quinto motivo di gravame, è stato dedotto che il T.A.R. ha respinto le censure relative al sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta affermando che le deduzioni della difesa della controinteressata escludevano l’illogicità della valutazione compiuta dalla stazione appaltante, ma detti argomenti sarebbero stati postumi rispetto al procedimento instaurato dalla stazione appaltante per la verifica di detta anomalia e sarebbero inadatti a sanare le lacune da cui essa è affetta.
La fondamentale circostanza che il “software” AGIT era stato richiesto dalla Provincia e non poteva più essere utilizzato dalla Multiservice s.p.a. non sarebbe stata oggetto né di chiarimenti in sede di verifica dell’offerta, né di delibazione da parte del giudice di prime cure.
XIV.1.- Tali censure sulla impossibilità di integrazione sopravvenuta della motivazione del provvedimento impugnato non sono fondate, dal momento che – come il T.A.R. ha condivisibilmente evidenziato con la sentenza impugnata - il giudizio di congruità della offerta non deve essere analiticamente motivato (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 3 novembre 2010, n. 7759) e che comunque, nella specie, le giustificazioni addotte in merito alla “disponibilità della sede e delle attrezzature, dei programmi di gestione del catasto impianti e della possibilità di ottimizzare le risorse in ragione della presenza in organico di personale qualificato” non erano generiche, ma conseguenti ad una adeguata considerazione delle circostanze in cui versava la Multiservice s.p.a.
La valutazione di congruità operata dalla stazione appaltante in merito all’affidabilità dell’offerta non è affetta dai vizi dedotti, non essendosi limitata ad una presa d’atto delle favorevoli condizioni indicate dall’offerente, ma avendo, invece, effettuato un’adeguata considerazione delle specifiche circostanze rappresentate con una dettagliata relazione di giustificazione dall’interessata, che (operando da lungo tempo nel settore delle verifiche di impianti termici, disponendo di una sede operativa e attrezzata nel Comune di Roma ed avendo già svolto il servizio di verifica degli impianti nel biennio 2006-2008) poteva contare sulla specifica conoscenza del territorio e su pregressi accordi vantaggiosi con i fornitori, che le consentivano di abbattere le spese iniziali e di beneficiare di economie di scala.
D’altra parte, il capitolato di gara non indicava le caratteristiche delle quali il “software” doveva essere dotato, né richiedeva la prova del possesso della licenza d’uso, ma solo di illustrarne le caratteristiche; inoltre la Multiservice s.p.a. aveva prodotto un’autodichiarazione da cui risultava che, “per il programma informatico di gestione del catasto impianti proposto, applicativo Gestione Impianti Termici (AGIT) – grazie agli accordi in essere con la ditta che ha creato il programma (AGIT), Multiservice è svincolata dal pagare licenze di utilizzo” ed in effetti risulta dalla documentazione in atti che, in base ad un accordo sottoscritto tra la Eudata s.a.s (titolare dei diritti di “copyrihgt” del “software”) e la Multiservice s.p.a., questa non era tenuta a pagare alcun corrispettivo per l’utilizzo di detto “copyrght” e doveva solo sostenere le spese di personalizzazione dell’applicativo AGIT necessarie per renderlo rispondente alle esigenze della stazione appaltante, sicché la circostanza dedotta dall’appellante non denota irragionevolezza dell’effettuata valutazione di congruità dell’offerta.
XV.- Con il sesto motivo di appello, è stato dedotto che il secondo motivo del ricorso introduttivo - respinto perché il divieto riconosciuto applicabile alla Multiservizi s.p.a. non si estenderebbe alla Promoeco SME s.r.l., mandante dell’ATI Itagas, non essendo la norma di applicazione estensiva – in realtà non faceva riferimento alla applicazione analogica del divieto di cui all’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, ma alla circostanza che le conseguenze dirette del divieto, consistenti nella impossibilità per la Multiservizi s.p.a., in base ad esso art. 13, di costituire la Multiservizi s.r.l., si riverberavano anche nei confronti della Promoeco SME, che si era avvalsa della Multiservice s.r.l. (che se non fosse stata costituita non avrebbe potuto fungere da impresa ausiliaria alla Promoeco SME s.r.l.), atteso che l’avvalimento è stato reso possibile dal trasferimento del ramo d’azienda relativo alla gestione del servizio, che aveva costituito oggetto di affidamento diretto da parte della Provincia, con evidente intento elusivo del divieto ed esclusione della validità di detto avvalimento con cui la Promoeco SME s.r.l. ha dimostrato il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.
XV.1.- La Sezione ritiene che anche tali censure assenso siano infondate, atteso che l’art. 13, che limita il proprio ambito soggettivo di operatività alle società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle Amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali dell’attività di tali Enti in funzione della loro attività, è norma di carattere eccezionale e quindi di stretta interpretazione, con inapplicabilità della stessa anche alle imprese ausiliarie di quelle concorrenti alle gare pubbliche.
XVI.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione; ciò comporta la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei motivi di ricorso incidentale non esaminati in prime cure e riproposti in questa sede dalla Multiservice sp.a. (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 18 agosto 2009, n. 4957).
XVII - Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame n. 5093 del 2011.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)