SOCIETA' PUBBLICHE:
le società pubbliche a capitale
non interamente pubblico
possono operare sul mercato
(Cons. St., Sez. VI,
sentenza 25 luglio 2014, n. 3963).
Il titolo si ricava "a contrario" leggendo la massima, che il Consiglio di Stato è stato sibillino...
Massima
1. L'art. 13 del d.l. n. 223/2006 - secondo il quale le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o
partecipate dalle Amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di servizi strumentali
alle attività da esse svolte, devono operare esclusivamente con gli enti
costituenti o affidanti e non possono svolgere prestazioni (lavori, servizi,
forniture) a favore di altri soggetti pubblici o privati, né partecipare ad
altre società o enti - costituisce disposizione di carattere eccezionale,
da interpretare in stretta aderenza al suo dato letterale, senza possibilità
alcuna di applicazione oltre i casi in essa previsti.
2. Il divieto di fornire
prestazioni a enti terzi colpisce infatti le società pubbliche strumentali alle Amministrazioni regionali o locali, che
esercitano attività amministrativa in forma privatistica, e non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali esercitanti
attività d'impresa di enti pubblici, essendo esso stato posto, come sancito da
Corte Cost. n. 328 del 2008, al fine di separare le due sfere di attività, per
evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo
stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso
possa godere in quanto Pubblica amministrazione.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
5093 del 2011, proposto dal Consorzio Thermoverifiche, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Sirena, con
domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Po n. 43;
contro
Provincia di Roma, in persona del
Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanna De Maio, con
domicilio eletto in Roma, via Quattro Novembre, n. 119/A;
Multiservice s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato
e difeso dagli avvocati Stefano Vinti e Paola Chirulli, con domicilio eletto
presso lo studio del primo, in Roma, via Emilia n. 88;
Itagas Ambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale Capogruppo mandataria del R.T.I. con Promoeco SME s.r.l. e
Servizi Energia Ambiente - SEA s.r.l.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma,
Sezione II Quater, n. 36575/2010, resa tra le parti, di reiezione del ricorso
proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 5207/2010, di
aggiudicazione definitiva della gara per l’affidamento del servizio di verifica
sugli impianti termici siti negli stabili esistenti nei territori dei Comuni
della Provincia di Roma con popolazione fino a 40.000 abitanti e istituzione di
un “numero verde”, nonché degli atti connessi;
inoltre per il risarcimento del danno;
Visto il ricorso in appello con i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
della Provincia di Roma e della Multiservice s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a
sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
11 marzo 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti l’avvocato Mauro
Barberio, su delega dell'avv. Pietro Sirena, l’avvocato Giovanna De Maio e
l’avvocato Paola Chirulli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I.- Con bando pubblicato sulla GUE n. 37
del 23 febbraio 2010 e sulla GURI Suppl. n. 25 del 3 marzo 2010, la Provincia
di Roma ha indetto una gara per l’affidamento del servizio di verifica sugli
impianti termici siti negli stabili esistenti nei territori dei Comuni della
Provincia con popolazione fino a 40.000 abitanti e per l’istituzione di un
“numero verde”, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
Nella seduta pubblica del 23 giugno 2010,
la commissione di gara ha dichiarato la Multiservice s.p.a. provvisoriamente
aggiudicataria, demandando al R.U.P. le dovute verifiche dell’anomalia
dell’offerta e, con nota del 23 giugno 2010, ha richiesto a detta società le
giustificazioni ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi
dell’offerta.
Ritenute soddisfacenti le precisazioni
fornite con articolata relazione, la Provincia ha aggiudicato in via definitiva
l’appalto alla Multiservice s.p.a. con d.d. del R.U. n. 5207 del 15 luglio
2010.
La seconda classificata A.T.I. Itagas
Ambiente s.r.l ha impugnato detto provvedimento di aggiudicazione definitiva
presso il T.A.R. Lazio, che lo ha respinto con sentenza n. 33046 del 27 ottobre
2010.
II.- Con il ricorso di primo grado n. 8257
del 2010, il Consorzio Thermoverifiche, collocato in terza posizione nella
graduatoria, ha a sua volta impugnato il provvedimento di aggiudicazione
definitiva, formulando censure rivolte sia nei confronti della società
aggiudicataria che nei confronti di detta A.T.I. (per profili attinenti alla
loro mancata esclusione dalla gara per violazione dell’art. 23 bis, comma 9,
del d. l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, e per violazione
dell’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito in l. n. 248 del 2006 c.d.
“decreto Bersani”), che è stato respinto con la sentenza in epigrafe indicata.
III.- Per l’annullamento o la riforma di
detta sentenza, ha proposto ricorso in appello il citato Consorzio,
riproponendo in primo luogo (nell’assunto che il T.A.R. non si sarebbe
pronunciato su alcune doglianze formulate nel ricorso introduttivo del giudizio
e nelle successive memorie) le seguenti censure già articolate in primo grado:
A) Con riguardo all’ATI Itagas Ambiente
s.r.l.:
A.1) sul primo motivo di ricorso:
Violazione dell’art. 23 bis, comma 9, del
d.l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008 e modificato dalla l. n.
166 del 2009, da parte della mandante e partecipante al 10 % Promoeco SME
s.r.l., che detiene la partecipazione maggioritaria al capitale sociale della
Multiservizi s.p.a., beneficiaria di affidamenti diretti e senza gara di
servizi pubblici da parte della Provincia di Enna, che ha a sua volta
costituito la Multiservizi s.r.l., che è impresa ausiliaria della Promoeco SME
s.r.l., che quindi indirettamente controlla la Multiservizi s.r.l.. A causa di
ciò l’ATI Itagas Ambiente s.r.l avrebbe dovuto essere esclusa.
A.2) Anche se la fattispecie fosse stata
inquadrabile nell’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito in l. n. 248 del
2006 e poi modificato dalla l. n. 296 del 2006, in base ad esso era vietato
alla Multiservizi s.p.a., società a capitale misto, costituita per la
produzione di servizi strumentali o per svolgere funzioni amministrative
proprie degli enti costituenti, di partecipare ad altre società o Enti, come la
Multiservizi s.r.l. (la stessa costituzione della quale contrasta con il
disposto di detto articolo perché la partecipazione azionaria della
Multiservizi s.p.a. è totalitaria, con impossibilità che essa svolga le
funzioni di impresa ausiliaria in favore della Promoeco SME s.r.l., che è il
controllore di entrambe dette società).
B) sulle censure articolate in primo grado
nei confronti della Multiservice s.p.a., a seconda se la fattispecie fosse
stata inquadrata nell’ambito di applicazione dell’art. 23 bis del d.l. n. 112
del /2008 o dell’art. 13 del d.l. 223 del 2006:
B.1) Con riguardo alla prima ipotesi:
L’affidamento da parte della Provincia di
Genova alla Multiservice s.p.a del servizio di controllo degli impianti termici
dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2010 è stato risolto, a seguito di
domanda di recesso della società, con decorrenza 31 marzo 2010, sotto
condizione della effettuazione di una serie di prestazioni, che a tale data si
sarebbero già dovute eseguire, confermata, a seguito di richiesta di proroga,
con atto n. 2023 del 2010. Ciò dimostra che la risoluzione della convenzione
rappresentava un mero ‘espediente’ per eludere il divieto di partecipazione
imposto dall’art. 23 bis del d. l. n. 112 del 2008, come confermato anche
dall’inclusione nella offerta tecnica della società del “software” che si era
impegnata a restituire, ma senza concreta utilità, dal momento il divieto posto
dal citato art. 23 bis include anche le ipotesi di gestione del servizio in via
di fatto.
B.2.- Le conclusioni sopra rappresentate
non cambiano se la fattispecie fosse ricondotta all’art. 13 del d.l. n. 223 del
2006, dovendosi in tal caso attribuire rilievo al fatto che le prestazioni
oggetto della condizione risolutiva apposta all’atto risolutivo di detta
convenzione (cioè il caricamento di 51.000 certificazioni) hanno consistenza di
un servizio reso nell’esclusivo favore della Provincia di Genova, il che rende
la Multiservice s.p.a. una società strumentale di detta Provincia, come
confermato dalla delibera della Provincia stessa n. 33 del 12 maggio 2010, in
cui riconosce che la società persegue un fine istituzionale dell’Ente e che la
richiesta di recesso era giustificata dal rischio di vedersi esclusa dalla
partecipazione a gare bandite da altri Enti Locali; ciò dimostrerebbe la
finalità elusiva della richiesta.
B.3.- Era censurabile il procedimento di
verifica della anomalia della offerta formulata dalla aggiudicataria
(caratterizzata da una notevole quantità di servizi aggiuntivi, estremamente
costosi, e da dubbi sulla rimuneratività del prezzo offerto per ogni
intervento), come provato dalla circostanza che le richieste di chiarimenti e
le giustificazioni addotte non riguardavano mai detti servizi, nonostante la
loro rilevanza economica; inoltre il profilo relativo alla disponibilità del
“software” di gestione del servizio denominato “AGIT”, la cui proprietà era
riconducibile alla Provincia di Genova, è stato giustificato con il riferimento
ad un imprecisato accordo, ma in maniera insoddisfacente, dal momento non
sarebbero chiare né le ragioni per la quale la Provincia avrebbe ceduto a detta
società in esclusiva i diritti su detto “software”, dopo che la risoluzione
della convenzione in atto tra le parti era stata condizionata alla restituzione
dello stesso, né il motivo per il quale la società non sarebbe stata tenuta a
pagarne la licenza di utilizzo.
IV.- Tanto premesso, nell’assunto che la
sentenza di primo grado ha respinto la maggior parte degli argomenti addotti
senza puntualmente confutarli, ed evidenziato che la controversia riguarda la
concorrenza tra società di derivazione pubblica e società private nell’ambito
del mercato della verifica degli impianti termici, riguardo alla quale
l’ordinamento ha introdotto l’art. 23 bis del d. l. n. 112 del 2008 e l’art. 13
del d.l. 223 del 2006, sono state dedotte le seguenti censure:
1) Erroneità della tesi sostenuta in
sentenza che il servizio di verifica degli impianti termici esuli
contemporaneamente dalla nozione di servizio pubblico e da quella di servizio
strumentale o di funzione pubblica esternalizzata.
2) Stante la assimilabilità del servizio
in questione alla nozione di servizio pubblico avrebbero dovuto essere escluse
dalla partecipazione alla gara le imprese collocatesi ai primi due posti, per
violazione del richiamato art. 23 bis, e la gara avrebbe dovuto essere
aggiudicata alla appellante.
3.- Non è condivisibile la tesi del T.A.R.
secondo cui al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla
gara de qua il contratto della Multiservice s.p.a. con la Provincia di Genova
fosse già risolto e fosse cessata l’attività di verifica sugli impianti
termici.
Neppure ha considerato il primo giudice
che il divieto posto dal citato art. 23 bis si applica anche a rapporti
instaurati ed eseguiti in via di fatto e che comunque la secondarietà delle
prestazioni eseguite non esclude l’esecuzione dell’affidamento diretto.
4.- Per escludere l’applicabilità al caso
di specie del divieto posto dall’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, il T.A.R. ha
correttamente individuato la “ratio” del divieto, ma ne ha tratto erronee
conclusioni.
Comunque contraddittoriamente il T.A.R. ha
affermato a pagina 6 della sentenza che la fattispecie consiste nella
esternalizzazione di una tipica funzione pubblica, mentre poi, alla seguente
pagina 10, lo ha negato.
Non è condivisibile la tesi del primo
giudice secondo cui la non esclusività dell’oggetto sociale esclude
l’applicazione del divieto di cui al citato art. 13.
5.- Il T.A.R. ha respinto le censure
relative al sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, affermando
che le deduzioni della difesa della controinteressata eludevano l’illogicità
della valutazione compiuta dalla stazione appaltante, con argomenti postumi
rispetto al procedimento instaurato dalla s.a. per la verifica di detta
anomalia ed inadeguati a sanare le lacune da cui essa è affetta.
6.- Il secondo motivo del ricorso
introduttivo è stato respinto con motivazioni non pertinenti alla censura
proposta.
7.- La gara in questione si sarebbe dunque
dovuta aggiudicare al Consorzio appellante, perché le prime due classificate in
graduatoria non avrebbero potuto partecipare alla gara, e, essendo nelle more
stato stipulato il contratto, è stato richiesto il risarcimento in forma
specifica o, in subordine, per equivalente, nella misura del mancato utile pari
al 10% del valore della gara.
V.- Con atto depositato l’8 luglio 2011 si
è costituita in giudizio la Multiservice s.p.a., che ha eccepito la
irricevibilità, la improponibilità e la inammissibilità dell’appello, nonché ne
ha dedotto la infondatezza.
Con memoria pure depositata l’8 luglio
2011 la Multiservice s.p.a. ha eccepito la irricevibilità dell’appello per
tardività, essendo stato notificato il 10 giugno 2011, dopo la scadenza del
termine trimestrale (ex artt. 92 e 119 del c.p.a.) dalla pubblicazione della
sentenza in data 14 dicembre 2010, nonché la sua inammissibilità per carenza di
interesse, non potendo il Consorzio Thermoverifiche partecipare alla gara per
le ragioni di cui al ricorso incidentale di prime cure, che sono state
specificamente riproposte in appello, sostanzialmente deducendo l’illegittimità
della mancata esclusione dalla gara del Consorzio; essa ha quindi concluso per
la declaratoria di irricevibilità o di inammissibilità o di infondatezza.
VI.- Con memoria depositata il 20 luglio
2011, si è costituita in giudizio la Provincia di Roma, che, con successiva
memoria depositata l’11 febbraio 2014, ha eccepito la irricevibilità del
ricorso per tardività, per essere stato notificato alla Provincia solo in data
13 giugno 2011, oltre il termine previsto dall’art. 119, comma 7, del c.p.a.,
nonché ne ha dedotto la infondatezza, concludendo per la reiezione.
VII.- Con memoria depositata il 18
febbraio 2014, la Multiservice s.p.a., premesso che, essendosi nelle more
integralmente esaurita la esecuzione del contratto, non sarebbe comunque
possibile il subentro dell’appellante o il risarcimento in forma specifica, ha
ribadito le proprie tesi e richieste ed ha dedotto la infondatezza dei motivi
di appello, concludendo per la reiezione.
VIII.- Con atto depositato il 28 febbraio
2014 l’avv. Giuseppe Inglese, difensore della Multiservice s.p.a., ha dismesso
il mandato difensivo conferitogli.
IX.- Alla pubblica udienza dell’11 marzo
2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli
avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
X.- Innanzi tutto la Sezione ritiene di
potere prescindere dalla verifica della fondatezza delle eccezioni di
irricevibilità per tardività e di inammissibilità dell’appello formulate dalle
parti resistenti, stante l’infondatezza del gravame.
XI.- Con il primo motivo è stata dedotta
l’erroneità della tesi sostenuta in sentenza secondo cui il servizio di
verifica degli impianti termici esuli contemporaneamente dalla nozione di
servizio pubblico e da quella di servizio strumentale o di funzione pubblica
esternalizzata, alla quale è stata fatta conseguire la non valenza in tale
specifico mercato delle regole che tutelano il libero confronto concorrenziale
e la possibilità di partecipazione alle gare di società che godono di
affidamenti diretti, come l’A.T.I. Itagas o Multiservice s.p.a..
La tesi comporterebbe conseguenze gravi
sotto il profilo della concorrenza e comunque sussisterebbero ragioni per
sussumere il servizio di verifica degli impianti termici nell’una o nell’altra
categoria.
Il primo ed il secondo dei motivi posti a
base del ricorso introduttivo del giudizio, che riguardavano la violazione
dell’art. 23 bis del d.l. 112 del 2008 da parte della seconda classificata e
della aggiudicataria, sono stati respinti dal TAR nell’assunto che la
distinzione tra appalti di servizio e concessione di servizio pubblico invocata
dalla ricorrente era inconferente, dal momento che detta norma trova
applicazione esclusiva alla materia dei servizi pubblici locali, mentre quello
“de quo” non sarebbe un servizio pubblico perché la prestazione resa
dall’appaltatore non andrebbe a favore della generalità dei membri di una
collettività locale per promuovere lo sviluppo economico e civile, ma
consisterebbe nella esternalizzazione di una funzione pubblica consistente
nell’esercizio di attività di controllo e vigilanza su alcuni privati.
Al contrario, la prestazione viene invece
resa a favore della collettività, come si evincerebbe dalle seguenti
circostanze:
- i proprietari di impianti termici e
anche coloro che abitano nelle vicinanze traggono utilità in termini di
sicurezza dalla periodica verifica delle condizioni di esercizio e manutenzione
degli impianti;
- il corrispettivo per la prestazione resa
dall’appaltatore viene posto a carico dei cittadini;
- la periodica verifica ha come scopo
precipuo quello di contribuire alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e
quindi di tutelare la salute pubblica e la salubrità dell’ambiente, come riconosciuto
con sentenza del Consiglio di Stato n. 77 dell’11 gennaio 2011.
Peraltro l’appaltatore non si limiterebbe
a una mera attività di controllo, ma creerebbe anche un “database” informatico
degli stessi, attraverso il quale l’Amministrazione può tenere sotto controllo
e programmare i futuri interventi di verifica, con prestazione a favore
dell’Ente locale.
Con il secondo motivo di gravame è stato
quindi dedotto che, stante la assimilabilità del servizio in questione alla
nozione di servizio pubblico, si sarebbero dovute escludere dalla gara le
imprese collocatesi ai primi due posti, in violazione del richiamato art. 23
bis, e la gara si sarebbe dovuta aggiudicare alla appellante
XI.1.- In relazione a tali questioni, da
esaminare congiuntamente per la loro connessione osserva la Sezione che va
condivisa la statuizione del TAR, secondo il quale nella specie l’attività in
questione non è riferibile ad uno specifico e diretto interesse della
collettività, né ad un servizio svolto a favore dell’ente locale.
In realtà, si tratta della
esternalizzazione di una funzione pubblica, riguardante l’attività di controllo
e di vigilanza, per impianti potenzialmente pericolosi per l’ambiente, con
redazione dei relativi atti.
Anche se i relativi costi sono assunti da
coloro che si avvalgono del servizio, le relative attività riguardano la
acquisizione di dati da porre a base dei relativi atti e certificazioni, in
‘sostituzione’ delle corrispondenti attività che altrimenti avrebbe dovuto
porre in essere la Provincia, e il tutto con corrispondente traslazione delle
connesse competenze e responsabilità.
D’altra parte, la questione
dell’ascrivibilità dell’oggetto della gara ad una concessione di servizi
pubblici o ad un appalto di servizi è in realtà ininfluente.
Il divieto di cui al comma 9 dell’art. 23
bis del d.l. n. 112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, pur riferendosi
soggettivamente alle società che esercitano servizi pubblici locali, si estende
tuttavia oggettivamente a tutte le attività d’impresa extraterritoriali.
Esso infatti stabilisce che “Le
società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima
controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che,
in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di
atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di
affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi
del comma 2, lettera b), nonché i soggetti cui e' affidata la gestione delle
reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali,
qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire
la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, ne'
svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, ne'
direttamente, ne' tramite loro controllanti o altre società che siano da essi
controllate o partecipate, ne' partecipando a gare. Il divieto di cui al primo
periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società
quotate in mercati regolamentati e alle società da queste direttamente o
indirettamente controllate ai sensi dell' articolo 2359 del codice civile ,
nonché al socio selezionato ai sensi della lettera b) del comma 2. I soggetti
affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su
tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del
servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad
oggetto i servizi da essi forniti”.
Infine, risulta attendibile la tesi
secondo cui – con riferimento alla società Multiservice – rileva la circostanza
per cui - al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione –
il contratto a suo tempo stipulato con la Provincia di Genova era già stato
risolto, con la cessazione della attività di verifica sugli impianti termini.
Mentre le relative attività di
‘caricamento su supporto informatico delle risultanze delle attività cessate’
risultava meramente consequenziale allo scioglimento del rapporti, è decisivo
considerare che alla medesima data non vi era più la ‘gestione’ del precedente
servizio, non esistendovi il relativo obbligo.
XII.- Con il terzo motivo di appello (che
approfondisce proprio la questione concernente il precedente rapporto con la
Provincia) è stato dedotto che non sarebbe condivisibile la tesi del T.A.R.
secondo cui al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla
gara de qua il contratto della Multiservice s.p.a. con la Provincia di Genova
fosse già risolto e fosse cessata l’attività di verifica sugli impianti
termici, cui è stata fatta conseguire l’ininfluenza dello svolgimento di
operazioni di mero caricamento su supporto informatico delle risultanze di
verifiche svolte in passato e ormai cessate e dell’obbligo di materiale
restituzione di strumenti informatici, nell’assunto che trattavasi di attività
materiali e prestazioni complementari non costituenti forme di gestione del
servizio pubblico in via di affidamento diretto.
Era stato infatti dedotto in ricorso che
la costituzione dell’archivio informatico rappresentava un elemento non
complementare rispetto alla verifica degli impianti in questione, ma essenziale
della prestazione, perché senza di esso l’Amministrazione non avrebbe potuto
realizzare lo scopo perseguito dal legislatore nazionale e comunitario, resa
ben oltre la data di scadenza della presentazione delle domande di
partecipazione alla gara.
Neppure avrebbe considerato il primo
giudice che il divieto posto dal citato art. 23 bis si applica anche a rapporti
instaurati ed eseguiti in via di fatto, il che nel caso di specie sarebbe
pacificamente avvenuto, e comunque la secondarietà delle prestazioni eseguite
non escluderebbe l’esecuzione dell’affidamento diretto.
XII.1.- Osserva in proposito il Collegio
che deve ritenersi incontestabile la circostanza che la Multiservice s.p.a.
alla data di scadenza per la presentazione della delle offerte per la gara
indetta dalla Provincia di Roma, il 12 aprile 2010, non avesse alcun formale
rapporto in corso con altri Enti Locali, essendo stato risolto anticipatamente
l’affidamento da parte della Provincia di Genova alla Multiservice s.p.a del
servizio di controllo degli impianti termici dal 1° gennaio 2007 fino al 31
dicembre 2010, a seguito di domanda di recesso della società, con
determinazione dirigenziale n. 20233 del 31 marzo 2010 e decorrenza da tale
data.
Non è infatti suscettibile di favorevole
apprezzamento la tesi prospettata dall’appellante Consorzio, secondo cui
l’effetto risolutivo non si sarebbe verificato perché subordinato alla
condizione risolutiva del pagamento delle quote per gli anni 2009 e 2010 non
ancora versate, del caricamento di 51.000 certificazioni e della restituzione
del “software”, da effettuarsi entro un termine non rispettato dalla Multiservice
s.p.a., che ne aveva chiesto la proroga.
Tali prestazioni non costituivano invero
un evento futuro e incerto cui era subordinata l’efficacia del vincolo
negoziale, ma prestazioni dovute in base al rapporto contrattuale risolto da
svolgersi in favore della Provincia di Genova.
Esse non implicavano, quindi, né la
sospensione dell’effetto risolutivo dell’accordo, né attestavano lo svolgimento
di fatto dell’attività dedotta nel contratto oggetto di esplicita risoluzione
consensuale, trovando ragione proprio nella cessazione del contratto.
Sta di fatto, poi, che la Provincia di
Genova, contestualmente alla risoluzione anticipata del contratto, ha avviato
la gestione del servizio in via diretta, il che smentisce in maniera
incontestabile l’assunto della parte appellante.
XIII.- Con il quarto motivo d’appello, è
stato dedotto che, per escludere l’applicabilità al caso di specie del divieto
posto dall’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. nella l. 4 agosto
2006, n. 248, il T.A.R. ha correttamente individuato la “ratio” del divieto
(consistente nell’intento di scongiurare i potenziali effetti discorsivi della
concorrenza e la violazione del principio di parità degli operatori connessi
all’operare delle società miste che possano avere una posizione privilegiata,
determinata dallo svolgimento di servizi strumentali agli Enti pubblici da cui
sono partecipate), ma ne avrebbe tratto erronee conclusioni, affermando che la
Multiservice s.p.a., non avendo un oggetto sociale esclusivo (come desumibile
dal fatto che opera nel mercato in diretta concorrenza con altre imprese
pubbliche o private), non rientrava nel divieto contenuto nella norma suddetta,
per la cui interpretazione non è possibile il ricorso all’analogia.
In realtà l’applicabilità del divieto
posto dall’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 non dipenderebbe dall’unico
elemento dell’esclusività dell’oggetto sociale, ma, come evincibile dalla
lettera della norma, il presupposto essenziale consisterebbe nella
qualificabilità dell’attività posta in essere come attività strumentale alla
P.A., ovvero come una funzione amministrativa esternalizzata, presupposti che,
nel caso di specie ricorrerebbero entrambi, dal momento che il servizio in
questione, se non inquadrabile nella nozione di servizio pubblico (perché non
reso alla collettività), dovrebbe necessariamente rientrare in dette attività o
funzione.
Escluderle entrambe non sarebbe possibile,
dal momento che non ricorrerebbe nel caso di specie un ipotesi tipica di
appalto di servizi.
Comunque contraddittoriamente il T.A.R.
avrebbe affermato a pagina 6 della sentenza che la fattispecie consiste in una
esternalizzazione di una tipica funzione pubblica, mentre poi, alla seguente
pagina 10, lo avrebbe negato.
Alla argomentazione del primo giudice,
secondo cui la non esclusività dell’oggetto sociale esclude l’applicazione del
divieto di cui all’art. 13, sarebbe obiettabile, ad avviso del Consorzio
appellante, che in tal caso l’applicazione della disciplina sarebbe rimessa
alla libera disponibilità dell’impresa, che potrebbe sottrarsi al divieto
estendendo l’ambito della propria attività a mercati al di fuori di quello
oggetto del rapporto con la P.A., mentre il criterio per distinguere l’attività
strumentale o la funzione pubblica esternalizzata dovrebbe poggiare su elementi
oggettivi ed indisponibili da parte del soggetto sottoposto alla disciplina.
XIII.1.- Rileva in proposito la Sezione
che l’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 (secondo il quale le società a capitale
interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni
pubbliche regionali e locali per la produzione di servizi strumentali alle
attività da esse svolte, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti
o affidanti e non possono svolgere prestazioni - lavori, servizi, forniture - a
favore di altri soggetti pubblici o privati, né partecipare ad altre società o
enti) costituisce disposizione dal carattere eccezionale, che non può che
essere interpretata in stretta aderenza al suo dato letterale, senza
possibilità alcuna di applicazione oltre i casi in essa previsti (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 29 dicembre 2011, n. 6974; 22 marzo 2010, n. 1651; 7 luglio
2009, n. 4346; sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 215).
Esso non poteva quindi applicarsi al caso
di specie, in quanto la Multiservice s.p.a. non era caratterizzata dai
caratteri di strumentalità e funzionalità individuati dalla legge, ma operava
nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese ed ha nel proprio
capitale sociale una partecipazione minoritaria di Enti locali che non hanno
influenza sulle decisioni societarie.
Infatti nello statuto della s.p.a. non è
indicata alcuna attività strumentale da prestarsi in favore di un Ente pubblico
specifico, ma una serie di attività di natura imprenditoriale diversificate sia
per la natura che per i clienti destinatari; in particolare, è ivi indicato che
la società ha come oggetto sociale attività quali “la prestazione di servizi
tecnici integrati per le imprese e per enti pubblici e privati nei settori
amministrativi, tecnologici, informatici e archivistici” e che essa opera in
diverse sedi le diverse attività.
Quindi, in conformità con le sopra citate
decisioni giurisprudenziali, il tenore di detto art. 13 del d.l. n. 223 del
2006 induce a ritenere che la qualificazione differenziale tra attività
strumentale e gestione dei servizi pubblici deve essere riferita non
all’oggetto della gara, bensì all’oggetto sociale delle imprese partecipanti ad
essa.
Il divieto di fornire prestazioni a enti
terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni
regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma
privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali
esercitanti attività d’impresa di enti pubblici, essendo esso stato posto, come
sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 328 del 2008, al fine di
separare le due sfere di attività, per evitare che un soggetto che svolge
attività amministrativa eserciti allo stesso tempo attività d’impresa,
beneficiando dei privilegi dei quali esso possa godere in quanto pubblica
amministrazione (cfr. Cons. Stato, V, 29 dicembre 2011, n. 6974; 22 marzo 2010,
n. 1651, cit.).
Il motivo in esame va quindi respinto.
XIV.- Con il quinto motivo di gravame, è
stato dedotto che il T.A.R. ha respinto le censure relative al sub procedimento
di verifica dell’anomalia dell’offerta affermando che le deduzioni della difesa
della controinteressata escludevano l’illogicità della valutazione compiuta
dalla stazione appaltante, ma detti argomenti sarebbero stati postumi rispetto
al procedimento instaurato dalla stazione appaltante per la verifica di detta
anomalia e sarebbero inadatti a sanare le lacune da cui essa è affetta.
La fondamentale circostanza che il
“software” AGIT era stato richiesto dalla Provincia e non poteva più essere
utilizzato dalla Multiservice s.p.a. non sarebbe stata oggetto né di
chiarimenti in sede di verifica dell’offerta, né di delibazione da parte del
giudice di prime cure.
XIV.1.- Tali censure sulla impossibilità
di integrazione sopravvenuta della motivazione del provvedimento impugnato non
sono fondate, dal momento che – come il T.A.R. ha condivisibilmente evidenziato
con la sentenza impugnata - il giudizio di congruità della offerta non deve
essere analiticamente motivato (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 3 novembre
2010, n. 7759) e che comunque, nella specie, le giustificazioni addotte in
merito alla “disponibilità della sede e delle attrezzature, dei programmi di
gestione del catasto impianti e della possibilità di ottimizzare le risorse in
ragione della presenza in organico di personale qualificato” non erano
generiche, ma conseguenti ad una adeguata considerazione delle circostanze in
cui versava la Multiservice s.p.a.
La valutazione di congruità operata dalla
stazione appaltante in merito all’affidabilità dell’offerta non è affetta dai
vizi dedotti, non essendosi limitata ad una presa d’atto delle favorevoli
condizioni indicate dall’offerente, ma avendo, invece, effettuato un’adeguata
considerazione delle specifiche circostanze rappresentate con una dettagliata
relazione di giustificazione dall’interessata, che (operando da lungo tempo nel
settore delle verifiche di impianti termici, disponendo di una sede operativa e
attrezzata nel Comune di Roma ed avendo già svolto il servizio di verifica
degli impianti nel biennio 2006-2008) poteva contare sulla specifica conoscenza
del territorio e su pregressi accordi vantaggiosi con i fornitori, che le
consentivano di abbattere le spese iniziali e di beneficiare di economie di
scala.
D’altra parte, il capitolato di gara non
indicava le caratteristiche delle quali il “software” doveva essere dotato, né
richiedeva la prova del possesso della licenza d’uso, ma solo di illustrarne le
caratteristiche; inoltre la Multiservice s.p.a. aveva prodotto
un’autodichiarazione da cui risultava che, “per il programma informatico di
gestione del catasto impianti proposto, applicativo Gestione Impianti Termici
(AGIT) – grazie agli accordi in essere con la ditta che ha creato il programma
(AGIT), Multiservice è svincolata dal pagare licenze di utilizzo” ed in effetti
risulta dalla documentazione in atti che, in base ad un accordo sottoscritto
tra la Eudata s.a.s (titolare dei diritti di “copyrihgt” del “software”) e la
Multiservice s.p.a., questa non era tenuta a pagare alcun corrispettivo per
l’utilizzo di detto “copyrght” e doveva solo sostenere le spese di
personalizzazione dell’applicativo AGIT necessarie per renderlo rispondente
alle esigenze della stazione appaltante, sicché la circostanza dedotta
dall’appellante non denota irragionevolezza dell’effettuata valutazione di
congruità dell’offerta.
XV.- Con il sesto motivo di appello, è
stato dedotto che il secondo motivo del ricorso introduttivo - respinto perché
il divieto riconosciuto applicabile alla Multiservizi s.p.a. non si estenderebbe
alla Promoeco SME s.r.l., mandante dell’ATI Itagas, non essendo la norma di
applicazione estensiva – in realtà non faceva riferimento alla applicazione
analogica del divieto di cui all’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, ma alla
circostanza che le conseguenze dirette del divieto, consistenti nella
impossibilità per la Multiservizi s.p.a., in base ad esso art. 13, di
costituire la Multiservizi s.r.l., si riverberavano anche nei confronti della
Promoeco SME, che si era avvalsa della Multiservice s.r.l. (che se non fosse
stata costituita non avrebbe potuto fungere da impresa ausiliaria alla Promoeco
SME s.r.l.), atteso che l’avvalimento è stato reso possibile dal trasferimento
del ramo d’azienda relativo alla gestione del servizio, che aveva costituito oggetto
di affidamento diretto da parte della Provincia, con evidente intento elusivo
del divieto ed esclusione della validità di detto avvalimento con cui la
Promoeco SME s.r.l. ha dimostrato il possesso dei requisiti di partecipazione
alla gara.
XV.1.- La Sezione ritiene che anche tali
censure assenso siano infondate, atteso che l’art. 13, che limita il proprio
ambito soggettivo di operatività alle società a capitale interamente pubblico o
misto, costituite o partecipate dalle Amministrazioni pubbliche regionali e
locali per la produzione di beni e servizi strumentali dell’attività di tali
Enti in funzione della loro attività, è norma di carattere eccezionale e quindi
di stretta interpretazione, con inapplicabilità della stessa anche alle imprese
ausiliarie di quelle concorrenti alle gare pubbliche.
XVI.- L’appello deve essere
conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione; ciò
comporta la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei motivi di
ricorso incidentale non esaminati in prime cure e riproposti in questa sede
dalla Multiservice sp.a. (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 18 agosto 2009, n.
4957).
XVII - Nella complessità e parziale novità
delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per
compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del
c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello
in esame n. 5093 del 2011.
Compensa le spese del presente grado di
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)