CONCESSIONI & RIPARTO:
il criterio tradizionale
di riparto di giurisdizione
in materia di concessioni pubbliche
(Cons. St., Sez. III,
sentenza 28 agosto 2014, n. 4399).
Interessante la "critica" agli esiti applicativi cui è giunta la sentenza 20 giugno 2012, n. 10149 della Cassazione...
Massima
1. Secondo i consolidati criteri di riparto della giurisdizione, in
materia di concessioni di pubblici servizi, le controversie concernenti
indennità, canoni od altri corrispettivi, non attratte nella giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo perché riservate alla giurisdizione del
giudice ordinario, sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè
quelle nelle quali non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di
interessi generali; ove, invece, si realizzi detta ultima ipotesi, perché la
controversia coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul
rapporto sottostante, ovvero la verifica dell’esercizio di poteri discrezionali
di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri
corrispettivi, la controversia rientra nella giurisdizione del giudice
amministrativo.
2. Nella sentenza 20 giugno 2012, n. 10149 (invocata dalla sentenza appellata) pronuncia la Cassazione, invero, fa riferimento al criterio di riparto consistente nel riguardare o meno la controversia una verifica dell’azione autoritativa dell’Amministrazione - anche se poi ne trae conclusioni poco condivisibili, trascurando che alcune “modalità applicative”, in quel caso in tema di regressione tariffaria, costituiscono pur sempre esercizio di discrezionalità e non riguardano il mero accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali sull’an e sul quantum del corrispettivo.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 2849 del 2014, proposto da:
Imed S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Alessandra Mari, anche domiciliataria in Roma, piazza Santa Anastasia, 7;
Imed S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Alessandra Mari, anche domiciliataria in Roma, piazza Santa Anastasia, 7;
contro
-
Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv. Ezio Zanon, Emanuele Mio,
Cristina Zampieri, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in
Roma, via Federico Confalonieri 5;
- Azienda ULSS n. 16 di Padova;
- Azienda ULSS n. 16 di Padova;
per
l'annullamento
della
sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE III, n. 01468/2013, resa tra le
parti, concernente remunerazione tariffaria per prestazioni sanitarie erogate
in convenzione/accreditamento nell'ambito del servizio sanitario;
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti
tutti gli atti della causa;
Visti
gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 il Cons. Pierfrancesco
Ungari e uditi per le parti gli avvocati A. Mari, L. Manzi su dichiarata delega
a verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1.
L’odierna appellante ha impugnato dinanzi al TAR del Veneto:
-
gli atti con i quali l’Azienda sanitaria appellata aveva, dapprima comunicato
l’intenzione di ricalcolare le tariffe liquidate per le prestazioni di RMN alla
colonna vertebrale erogate negli anni 2008/2011; poi, chiesto la restituzione
di tariffe già liquidate per dette prestazioni; infine, provveduto a liquidare
le competenze dovute per il 2013, trattenendo dagli importi somme imputabili a
detta restituzione;
-
gli atti, presupposti ai primi, con i quali la Giunta della Regione Veneto
aveva progressivamente fornito chiarimenti e precisazioni in ordine alla
corretta applicazione del Nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni
specialistiche ambulatoriali in vigore dal 1998, ai fini della remunerazione
delle predette prestazioni di RMN alla colonna (in particolare: note prot.
118929/2012, 522380/2012 e 535677/2012, oltre alla nota prot. 214/20M00 in data
4 marzo 1998, concernente “indicazioni applicative” in ordine a detto
Nomenclatore tariffario).
Ed
ha chiesto la restituzione di quanto illegittimamente trattenuto.
2.
Con la sentenza appellata, il TAR del Veneto ha sottolineato che la
controversia, “avendo per oggetto l’accertamento della quantificazione dei
compensi, non coinvolge una verifica dell’attività autoritativa della p.a. o
l’esercizio dei poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di
indennità, canoni o altri corrispettivi; pertanto, essa esula dalla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici
servizi ed è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario”.
3.
Nell’appello, ex art. 105, comma 2, cod. proc. amm., viene prospettata
l’erroneità della pronuncia sulla giurisdizione, in violazione degli artt. 7,
9, 88 e 133, comma 1, lettera c), del cod. proc. amm. (e vengono riproposti,
cautelativamente, i motivi proposti in appello).
4.
Resiste, controdeducendo puntualmente, la Regione Veneto.
5.
L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
Il
Collegio ritiene di non condividere la qualificazione del petitum sostanziale operata dal TAR.
Se
è vero che l’interesse finale dei ricorrenti riguarda il pagamento di somme per
prestazioni sanitarie erogate in convenzione/accreditamento nell’ambito del
servizio sanitario, va sottolineato che gli atti dell’Azienda sanitaria sono
stati impugnati in quanto applicativi di orientamenti della Regione in ordine
al computo delle tariffe relative a dette prestazioni (semplificando una
problematica che, dagli atti, si presenta in realtà assai complessa, la
questione nodale di merito riguarda la spettanza o meno di corrispettivi distinti
e cumulabili, in presenza di prestazioni di RMN alla colonna vertebrale
eseguite su più segmenti della stessa).
Ed
avverso detti atti applicativi non si lamenta un errore di calcolo, meramente
aritmetico, e nemmeno un fraintendimento, bensì proprio il recepimento di
orientamenti interpretativi esternati medianti provvedimenti della Regione che
incidono sulla struttura stessa della tariffa. Dalla omessa fedele applicazione
di detti orientamenti, in parte risalenti nel tempo (ma la ricorrente sostiene non
siano stati pubblicati, né comunicati alle strutture interessate), l’Azienda
sanitaria ha fatto discendere la necessità di intervenire in autotutela
mediante la richiesta di restituzione e la trattenuta a conguaglio di somme già
liquidate per il passato, così determinando la lesione della situazione
giuridica delle strutture accreditate.
In
altri termini, ciò che viene contestato sono proprio le modalità di esercizio
ed i contenuti del potere tariffario, sia pure sotto il profilo delle linee
guida applicative (cfr. la nota regionale prot. 214/20M00 del 4 marzo 1998,
concernente “indicazioni applicative” in ordine a detto Nomenclatore
tariffario, e che in sostanza stabiliva il criterio di tariffazione contestato;
e le note regionali prot. 118929 del 13 marzo 2012, prot. 522380 del 16
novembre 2012 e prot. 535677 del 26 novembre 2012, che interpretano, comunicano
o divulgano l’interpretazione corretta di dette indicazioni applicative), che
presentano come corretto uno dei possibili significati della normativa, e
quindi assumono valore provvedimentale.
Secondo
i consolidati criteri di riparto della giurisdizione, in materia di concessioni
di pubblici servizi, le controversie concernenti indennità, canoni od altri
corrispettivi, non attratte nella giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo perché riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono
solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non
venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali; ove, invece,
si realizzi detta ultima ipotesi, perché la controversia coinvolge la verifica
dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto sottostante, ovvero la
verifica dell’esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode nella
determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi, la controversia
rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass. civ.,
SS.UU., 25 marzo 2010, n. 7160, che richiama le precedenti, 13 febbraio 2007,
n. 3046, 22 agosto 2007, n. 17829, 31 gennaio 2008, n. 2273, 27 marzo 2008, n.
7946, 18 novembre 2008, n. 27333; vedi anche, idem,
20 giugno 2012, n. 10149, invocata dalla sentenza oggi appellata, pronuncia
nella quale la Corte regolatrice fa riferimento al criterio di riparto
consistente nel riguardare o meno la controversia una verifica dell’azione
autoritativa dell’Amministrazione - anche se poi ne trae conclusioni poco
condivisibili, trascurando che alcune “modalità applicative”, in quel caso in
tema di regressione tariffaria, costituiscono pur sempre esercizio di
discrezionalità e non riguardano il mero accertamento tecnico dei presupposti
fattuali economico-aziendali sull’an e
sul quantum del
corrispettivo; cfr., infine, di recente, Cons. Stato, III, 18 luglio 2013, n.
3919).
Può
aggiungersi che le pronunce di questa Sezione altresì richiamate nella sentenza
appellata (n. 192/2013 e n. 2379/2013), facendo riferimento al medesimo
criterio di riparto, hanno declinato la giurisdizione in relazione a
controversie nelle quali si faceva questione della sola debenza dei compensi
richiesti (al di fuori, cioè, di alcuna verifica dell’azione autoritativa o
dell’esercizio di poteri discrezionali).
In
conclusione, sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo, va
annullata la sentenza appellata e va rimessa la causa in primo grado per
l’esame del ricorso, ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm..
Considerata
la natura della questione trattata, sussistono giustificati motivi per disporre
l’integrale compensazione tra le parti delle fasi di giudizio esperite.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per
l'effetto, annulla con rinvio la sentenza di primo grado.
Spese
compensate.
Ordina
che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Gianpiero
Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore
Cacace, Consigliere
Angelica
Dell'Utri, Consigliere
Dante
D'Alessio, Consigliere
Pierfrancesco
Ungari, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
28/08/2014
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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